Risoluzione del Parlamento europeo del 12 settembre 2012 sulla riforma della politica comune della pesca – comunicazione generale (2011/2290(INI))
Il Parlamento europeo,
– visto l'accordo del 1995 ai fini dell'applicazione delle disposizioni della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982, relative alla conservazione e alla gestione degli stock ittici transzonali e degli stock ittici altamente migratori («accordo di New York», approvato il 4 agosto 1995),
– visto il Codice di condotta della FAO per una pesca responsabile, adottato il 31 ottobre 1995,
– vista la sua risoluzione del 17 gennaio 2002 sul Libro verde della Commissione sul futuro della politica comune della pesca(1),
– vista la dichiarazione finale del Vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile svoltosi dal 26 agosto al 4 settembre 2002 a Johannesburg,
– visto il regolamento (CE) n. 2371/2002 del Consiglio, del 20 dicembre 2002, relativo alla conservazione e allo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nell'ambito della politica comune della pesca(2),
– viste la comunicazione della Commissione dal titolo «Conseguire la sostenibilità della pesca nell'UE tramite l'applicazione del rendimento massimo sostenibile» (COM(2006)0360) e la risoluzione del Parlamento del 6 settembre 2007 sul conseguimento della sostenibilità della pesca nell'UE tramite l'applicazione del rendimento massimo sostenibile(3),
– vista la sua risoluzione del 12 dicembre 2007 sull'organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura(4),
– viste la comunicazione della Commissione dal titolo «Una politica per ridurre le catture accessorie ed eliminare i rigetti nella pesca europea» (COM(2007)0136) e la risoluzione del Parlamento del 31 gennaio 2008 su una politica per ridurre le catture accessorie ed eliminare i rigetti nella pesca europea(5),
– vista la relazione speciale della Corte dei conti europea n. 12/2011 dal titolo «Le misure dell'UE hanno contribuito ad adeguare la capacità delle flotte pescherecce alle possibilità di pesca?»,
– vista la direttiva 2008/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria nel campo della politica per l'ambiente marino (direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente marino)(6),
– viste la comunicazione della Commissione dal titolo «Il ruolo della PCP nell'attuazione di un approccio ecosistemico alla gestione dell'ambiente marino» (COM(2008)0187) e la risoluzione del Parlamento del 13 gennaio 2009 sulla PCP e l'approccio ecosistemico alla gestione della pesca(7),
– viste la comunicazione della Commissione del 3 settembre 2008 dal titolo «Una strategia europea per la ricerca marina e marittima – Uno Spazio europeo della ricerca coerente per promuovere l'uso sostenibile degli oceani e dei mari» (COM(2008)0534) e la sua risoluzione del 19 febbraio 2009 sulla ricerca applicata nel campo della politica comune della pesca(8),
– vista la sua risoluzione del 24 aprile 2009 sulla governance nell'ambito della PCP: il Parlamento europeo, i consigli consultivi regionali e gli altri attori(9),
– visti il trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) e la sua risoluzione del 7 maggio 2009 sulle nuove competenze e prerogative del Parlamento nell'applicazione del trattato di Lisbona(10),
– vista la comunicazione della Commissione dal titolo «Costruire un futuro sostenibile per l'acquacoltura – Un nuovo impulso alla strategia per lo sviluppo sostenibile dell'acquacoltura europea» (COM(2009)0162),
– visto il Libro verde della Commissione del 22 aprile 2009 sulla riforma della politica comune della pesca (COM(2009)0163),
– vista la sua risoluzione del 25 febbraio 2010 sul Libro verde sulla riforma della politica comune della pesca(11),
– visto l'obiettivo 6 degli obiettivi di Aichi del protocollo di Nagoya pubblicato al termine del vertice di Nagoya sulla biodiversità, tenutosi tra il 18 e il 29 ottobre 2010,
– visti la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla politica comune della pesca (COM(2011)0425), presentata dalla Commissione il 13 luglio 2011, e il documento di lavoro dei servizi della Commissione che accompagna la proposta (SEC(2011)0891),
– vista la comunicazione della Commissione dal titolo «Riforma della politica comune della pesca» (COM(2011)0417),
– vista la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (COM(2011)0804),
– vista la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura (COM(2011)0416),
– vista la comunicazione della Commissione sulla dimensione esterna della politica comune della pesca (COM(2011)0424),
– vista la relazione della Commissione concernente gli obblighi di comunicazione ai sensi del regolamento (CE) n. 2371/2002 del Consiglio, del 20 dicembre 2002, relativo alla conservazione e allo sfruttamento sostenibile delle risorse della politica comune della pesca (COM(2011)0418),
– vista la sua risoluzione del 16 febbraio 2012 sul contributo della politica comune della pesca alla produzione di beni pubblici(12),
– vista la sua risoluzione del 12 maggio 2011 sulla crisi del settore europeo della pesca dovuta all'aumento del prezzo del petrolio(13),
– vista la comunicazione della Commissione dal titolo «Europa 2020» (COM(2010)2020),
– visto l'articolo 48 del suo regolamento,
– visti la relazione della commissione per la pesca e i pareri della commissione per lo sviluppo e della commissione per lo sviluppo regionale (A7-0253/2012),
A. considerando che, per la prima volta nella storia della politica comune della pesca (PCP), il Parlamento assume il ruolo di colegislatore nella riforma della PCP;
B. considerando l'importanza strategica del settore della pesca per l'approvvigionamento pubblico di prodotti della pesca e per l'equilibrio della bilancia alimentare di diversi Stati membri e della stessa Unione europea, nonché il suo importante contributo per il benessere socioeconomico delle comunità costiere, lo sviluppo locale, l'occupazione, la preservazione e la creazione di attività economiche a monte e a valle e la preservazione delle tradizioni culturali locali;
C. considerando che, nonostante taluni progressi compiuti a seguito della revisione della PCP effettuata nel 2002, la presente comunicazione ricorda che la PCP precedente non ha saputo realizzare alcuni dei suoi principali obiettivi: numerosi stock ittici sono sovrasfruttati, la situazione economica di alcuni segmenti della flotta dell'UE è instabile malgrado i sussidi erogati, l'occupazione nel settore della pesca sta diminuendo e non presenta grosse attrattive, soprattutto agli occhi dei giovani che fanno il loro ingresso nel settore, e la situazione di molte comunità costiere che dipendono dalla pesca e dall'acquacoltura è precaria;
D. considerando che la PCP precedente ha avuto nondimeno ricadute positive, consentendo la ricostituzione di taluni stock e la creazione dei consigli consultivi regionali (CCR);
E. considerando che è fondamentale che la PCP mantenga un approccio al settore produttivo della pesca che tenga conto delle dimensioni ecologica ed economica e sociale (i tre pilastri della riforma della PCP), in modo che si pervenga sempre a un compromesso tra la situazione delle risorse esistenti nelle diverse zone marittime e la tutela del tessuto socioeconomico delle comunità costiere che dipendono dalla pesca di prossimità per garantire l'occupazione e la prosperità;
F. considerando che l'UE rappresenta circa il 4,6% della produzione mondiale del settore della pesca e dell'acquacoltura ed è, pertanto, il quarto produttore al mondo; considerando che, ciononostante, l'UE importa più del 60% dei prodotti ittici che consuma;
G. considerando che, nonostante la mancanza riconosciuta di dati scientifici, secondo le stime della Commissione il 75% degli stock ittici dell'UE sono sovrasfruttati, che per oltre il 60% degli stock presenti nelle acque europee le catture superano il rendimento massimo sostenibile e che ogni anno l'UE perde un reddito potenziale pari a circa 1,8 miliardi di euro a causa della sua incapacità di gestire la pesca in modo sostenibile;
H. considerando che, ciononostante, alcune attività di pesca dell'UE sono riconosciute come sostenibili, il che dimostra che la cooperazione tra autorità di governo, settore ittico e altre parti interessate può dare risultati soddisfacenti;
I. considerando che, secondo la Commissione, dal 2003 le decisioni prese dal Consiglio hanno superato le raccomandazioni scientifiche in media del 47% e che, attualmente, sono sovrasfruttati il 63% degli stock stimati nell'Atlantico, l'82% di quelli nel Mediterraneo e quattro su sei di quelli nel Baltico;
J. considerando che, sebbene tra il 2002 e il 2007 abbia registrato un calo del 30% dell'occupazione a causa del cattivo stato degli stock ittici, della caduta dei prezzi provocata dal costo inferiore delle importazioni e dei progressi tecnologici, secondo le stime il settore della pesca nell'UE (compresa l'acquacoltura) in detto periodo ha continuato a generare utili per 34,2 miliardi di euro l'anno e a creare oltre 350 000 posti di lavoro nei settori sia a monte sia a valle, vale a dire nella pesca, nella trasformazione e nella commercializzazione, soprattutto nelle regioni costiere e periferiche e nelle isole, dove produce «beni pubblici» di cui non si è tenuto debitamente conto; considerando che, malgrado il calo dell'occupazione, la capacità di pesca delle flotte è considerevolmente aumentata grazie ai progressi tecnologici;
K. considerando che i dati disponibili sull'effettiva capacità della flotta peschereccia europea non sono attendibili in quanto non tengono conto degli sviluppi tecnologici e gli Stati membri non provvedono a fornire informazioni precise in merito;
L. considerando l'insicurezza dei redditi e dei salari degli operatori della pesca, derivante dalle modalità di commercializzazione nel settore, dalle modalità di formazione dei prezzi di prima vendita e dalle caratteristiche discontinue delle attività, il che comporta la necessità di mantenere un finanziamento pubblico, a livello nazionale e dell'UE, adeguato al settore;
M. considerando che le flotte artigianali e su piccola scala, comprendenti gli operatori impegnati nella raccolta dei molluschi e in altre attività dell'acquacoltura tradizionale ed estensiva, da un lato, e, dall'altro, le più grandi flotte industriali costituiscono realtà profondamente diverse, come lo sono in effetti le flotte delle varie regioni dell'UE, a prescindere dalle dimensioni delle imbarcazioni; considerando che pertanto non è possibile far rientrare i rispettivi problemi e gli appropriati strumenti di gestione in un approccio uniforme, e che le diverse flotte esigono quindi trattamenti differenziati;
N. considerando che la riforma della PCP deve assicurare la sopravvivenza e la prosperità future delle flotte pescherecce artigianali e su piccola scala e delle regioni costiere, comprese le regioni ultraperiferiche, che dipendono fortemente dalla pesca e che ciò può rendere necessario un sostegno socioeconomico temporaneo nel quadro della nuova PCP, ma non deve comportare un aumento della capacità totale delle flotte;
O. considerando la necessità di coinvolgere i rappresentanti delle flotte industriali e su piccola scala e del settore dell'acquacoltura nella definizione e nello sviluppo della nuova PCP;
P. considerando che le donne svolgono un ruolo fondamentale nei settori della trasformazione e dell'acquacoltura, nell'espletamento delle relative mansioni di gestione e amministrazione nonché nella raccolta dei molluschi; considerando che esse sono altresì attive, benché in misura minore, nel settore delle catture; considerando che, tuttavia, il loro importante contributo molto spesso non è debitamente riconosciuto e ricompensato;
Q. considerando l'obbligo, sancito dal trattato di Lisbona, di assicurare la coerenza delle politiche dell'Unione, anche nell'ambito della riforma della politica comune della pesca;
R. considerando che i prodotti della pesca e dell'acquacoltura, essendo alimenti sani e ricchi di proteine, svolgono un ruolo importante nella dieta delle persone, in Europa come nel mondo;
S. considerando che, sin dalle prime fasi dell'apprendimento, è importante insegnare ai bambini in età scolare a conoscere la grande varietà di specie ittiche disponibili e la stagionalità delle stesse;
T. considerando che i consumatori devono essere continuamente informati della grande varietà di specie disponibili, al fine di ridurre la pressione esercitata su determinati stock;
U. considerando che la PCP dovrà farsi carico del finanziamento dei propri costi, in particolare per le decisioni e le misure adottate nel suo ambito;
OBIETTIVI DELLA RIFORMA Sostenibilità ambientale Misure per la conservazione delle risorse biologiche marine
1. considera obiettivi primari di qualsiasi politica della pesca garantire l'approvvigionamento pubblico di prodotti della pesca per le popolazioni e assicurare lo sviluppo delle comunità costiere, promuovendo l'occupazione e il miglioramento delle condizioni di vita degli operatori della pesca, in un quadro di garanzia della sostenibilità e della buona conservazione delle risorse;
2. ritiene che la PCP debba essere riformata in modo radicale e ambizioso (per quanto riguarda sia la pesca estrattiva sia l'acquacoltura) se l'UE vuole garantire la sostenibilità ambientale a lungo termine del settore della pesca e dell'acquacoltura dell'Unione, che costituisce uno dei presupposti per assicurarne anche la sostenibilità economica e sociale; sostiene la necessità di un più stretto coordinamento di tale politica riformata con le altre politiche dell'UE, quali la politica di coesione, la politica ambientale, la politica agricola e la politica esterna, e afferma che i futuri accordi internazionali di pesca sostenibile dovranno essere coerenti con essa; rileva a tale proposito l'importanza di strumenti come la politica marittima integrata e l'approccio macroregionale, che sono in grado di offrire un'integrazione più stretta;
3. sottolinea che qualsiasi politica della pesca dovrà considerare molteplici dimensioni – sociale, ambientale, economica – le quali esigono un approccio integrato ed equilibrato, incompatibile con una concezione che le collochi in una gerarchia basata su una definizione aprioristica delle priorità;
4. rileva che il settore della pesca estrattiva e dell'acquacoltura nell'UE, se gestito all'insegna di una sostenibilità globale, potrebbe dare un maggiore contributo alla soddisfazione delle esigenze della società europea in termini di sicurezza e qualità alimentare, di occupazione, di protezione dell'ambiente nonché di mantenimento di comunità di pesca e costiere dinamiche e varie;
5. riconosce che da molte generazioni la pesca dà lavoro a numerose comunità, spesso economicamente fragili, situate lungo le coste europee; reputa che tutte queste comunità, a prescindere dalle loro dimensioni, meritino di essere tutelate nell'ambito della politica europea della pesca e che occorra mantenere il legame storico tra esse e le acque in cui hanno tradizionalmente pescato;
6. ritiene che, adottando il concetto di condizionalità, occorra offrire incentivi ai pescatori che pescano, o raccolgono molluschi, in modo sostenibile avvalendosi di attrezzi e metodi ecocompatibili, selettivi e a basso impatto, al fine di assicurare un ampio ricorso a tali pratiche alieutiche e lo sviluppo sostenibile delle comunità costiere; ritiene che il settore della pesca stesso debba svolgere un ruolo chiave nello sviluppo di metodi di pesca sostenibili e che tutti i relativi incentivi debbano essere offerti a un livello vicino alle parti interessate e con la collaborazione dei pescatori e di altri organismi interessati; osserva che ciò significa anche sostenere il ricorso volontario a un marchio di qualità ecologica dell'UE, il cui rilascio potrebbe essere delegato agli enti di certificazione esistenti, al fine di garantire condizioni di equità a pescatori e produttori sia all'esterno che all'interno dell'UE;
7. è persuaso che la riforma della PCP debba definire strumenti adeguati ed efficaci per promuovere una gestione della pesca basata sugli ecosistemi; ritiene, pertanto, che i piani di gestione pluriennali debbano tener conto di un tale approccio ecosistemico; è del parere che sia indispensabile porre fine alla situazione di stallo istituzionale in cui versano detti piani di gestione pluriennali e che si debba applicare la procedura legislativa ordinaria; ritiene inoltre che sia necessario delegare reali poteri di microgestione agli Stati membri che cooperano a livello regionale;
8. ribadisce che lo sviluppo nelle aree marine e costiere deve sempre rispettare le normative ambientali, come la direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente marino e le direttive sulla tutela della biodiversità, dal momento che un buono stato ecologico dovrebbe rappresentare un presupposto per ogni attività svolta nelle regioni marine e costiere;
9. sottolinea che la PCP deve applicare l'approccio precauzionale alla gestione delle risorse ittiche e deve far sì che lo sfruttamento sostenibile delle risorse biologiche marine vive ricostituisca e mantenga le popolazioni di tutti gli stock delle specie pescate a livelli prossimi a quelli in grado di offrire il rendimento massimo sostenibile; rileva che occorre stabilire nel regolamento di base un calendario preciso, comprendente una scadenza definitiva; sottolinea che è necessario prevedere mezzi economici adeguati per l'attuazione della PCP se si vuole eliminare progressivamente lo sfruttamento eccessivo degli stock ovunque esso si verifichi e assicurare una conservazione sostenibile di questi ultimi, per la quale sono necessari dati scientifici affidabili;
10. ritiene che debba essere attuato immediatamente l'obiettivo di assicurare un rendimento massimo sostenibile sulla base del tasso di mortalità alieutico, dal momento che tale approccio contribuirà significativamente a fare un passo nella giusta direzione verso la sostenibilità degli stock; invita la Commissione e gli Stati membri a realizzare tale obiettivo in modo operativo, basandosi su dati scientifici affidabili e tenendo conto delle conseguenze socioeconomiche;
11. evidenzia, tuttavia, le difficoltà legate all'attuazione del principio del rendimento massimo sostenibile, soprattutto nel caso della pesca mista o nei casi in cui i dati scientifici sugli stock ittici non siano disponibili o comunque non siano affidabili; chiede, pertanto, che importi adeguati siano destinati alla ricerca scientifica e alla raccolta di dati in vista dell'attuazione di una politica della pesca sostenibile;
12. invita la Commissione a prevedere l'istituzione di piani di gestione a lungo termine per tutta la pesca nell'UE basando tutti questi piani su un approccio ecosistemico, con obiettivi chiaramente definiti e norme per il controllo delle catture che svolgano un ruolo fondamentale nell'ambito di ciascun piano, consistente nello stabilire disposizioni volte a determinare lo sforzo di pesca annuale, tenendo conto della differenza tra le attuali dimensioni dello stock e struttura dell'attività di pesca e l'obiettivo fissato in termini di stock; esorta a tale proposito il Consiglio a perseguire senza eccezioni gli obiettivi previsti dai piani di gestione a lungo termine;
13. sottolinea il legame diretto tra rigetti, catture accessorie e sovrasfruttamento indesiderati e comprende le ragioni e le necessità che hanno portato la Commissione a elaborare un'efficiente politica di divieto dei rigetti a livello dell'UE in base alla quale l'Agenzia comunitaria di controllo della pesca (ACCP) deve disporre di maggiori poteri al fine di assicurare un sistema equo di norme e sanzioni conformemente al principio della parità di trattamento;
14. propone, pertanto, di rendere obbligatoria una documentazione esaustiva dei quantitativi delle specie pescati oltre un certo volume e non sbarcati, al fine di rispondere alle esigenze della ricerca scientifica e consentire di sviluppare attrezzature selettive per i pescherecci con piena cognizione di causa;
15. è convinto che l'eliminazione graduale dei rigetti dovrebbe basarsi sulle attività di pesca e dipendere dalle caratteristiche e dalle realtà delle diverse modalità e attività di pesca, tenendo presente che è più facile conseguirla in talune attività di pesca di specie singole e che presenta alcune sfide per la pesca mista che devono essere superate; rileva che si dovrebbero prendere in considerazione le organizzazioni di produttori e di pescatori, che dovrebbero essere attivamente coinvolte; rileva che l'eliminazione dei rigetti dovrebbe essere accompagnata da misure tecniche volte a ridurre o eliminare le catture accessorie e da incentivi intesi a incoraggiare le pratiche di pesca selettiva; ritiene che l'obiettivo prioritario debba essere in primo luogo evitare le catture accessorie, piuttosto che gestirle; è preoccupato, a tale proposito, dell'eventuale nascita di un mercato parallelo del pesce di rigetto, il quale rappresenterebbe un pericolo per l'ecosistema e per il settore della pesca europeo; evidenzia che occorrerebbe quindi introdurre salvaguardie adeguate; sottolinea inoltre la necessità di coinvolgere le parti interessate e di definire con attenzione i contorni dell'obbligo di sbarco e del successivo trattamento onde evitare che il problema delle catture accessorie sia semplicemente spostato dal mare a terra;
16. sottolinea la necessità di potenziare la ricerca scientifica e di destinare a quest'ultima mezzi finanziari adeguati, nonché di sviluppare attrezzi e tecniche di pesca in grado di evitare le catture accessorie; chiede alla Commissione di proporre misure sufficienti e appropriate e di fornire agli Stati membri un sostegno finanziario a tale scopo; sottolinea a tal fine l'importanza di affrontare la gestione della pesca mista; osserva che l'efficacia della tecnologia impiegata attualmente per ridurre o eliminare i rigetti varia a seconda del tipo di pesca; invita, a tale proposito, la Commissione a promuovere i partenariati tra esperti scientifici e pescatori, a tenere conto dei loro pareri nell'elaborazione delle sue politiche e ad assistere gli Stati membri nello sviluppo di nuove tecniche di pesca;
17. invita la Commissione e gli Stati membri a condurre immediatamente «progetti pilota» volti a migliorare la selettività degli attrezzi da pesca;
18. osserva che la presenza di specifiche pratiche di pesca e di particolari condizioni climatiche e geologiche rendono difficoltosa l'applicazione di una misura volta a eliminare i rigetti nel caso di attività di pesca mista, anche, ma non solo, nel Mediterraneo; ritiene necessario condurre ulteriori consultazioni al fine di risolvere le difficoltà legate alla realizzazione delle necessarie infrastrutture per la raccolta e la trasformazione delle catture accessorie, così come proposto dalla Commissione; chiede che siano introdotte misure supplementari volte a ridurre le catture di novellame e a scoraggiarne la commercializzazione;
19. invita la Commissione, al fine di preservare le risorse vive e assicurare una sostenibilità ambientale sul lungo periodo, a valutare la possibilità di istituire una rete di zone chiuse in cui siano vietate tutte le attività di pesca per un determinato periodo, al fine di aumentare la produttività ittica e di conservare le risorse acquatiche vive e l'ecosistema marino
20. sottolinea la specificità delle regioni ultraperiferiche, fortemente dipendenti dalla pesca sul piano economico, sociale e anche demografico, caratterizzate da una prevalenza della pesca su piccola scala e circondate da un mare profondo; ritiene necessario limitare l'accesso alle proprie zone marittime biogeograficamente sensibili alle flotte regionali che utilizzino attrezzature di pesca rispettose dell'ambiente;
21. esprime i propri dubbi in merito alle proposte relative al mercato delle catture accessorie e sottolinea che, qualora fossero attuate, occorrerebbe introdurre salvaguardie adeguate onde evitare la nascita di un mercato parallelo che finirebbe per incentivare i pescatori ad accrescere le loro catture;
22. ritiene che il divieto di rigetto debba essere introdotto gradualmente affinché il settore della pesca possa adeguarvisi più facilmente; sottolinea che occorre coinvolgere attivamente le organizzazioni di produttori nell'attuare gradualmente tale divieto;
23. chiede alla Commissione di aiutare gli Stati membri a far fronte alle varie ripercussioni che l'introduzione di un divieto di rigetti avrebbe a livello socioeconomico;
24. sottolinea che l'introduzione di misure volte a ridurre gradualmente i rigetti richiederebbe una riforma radicale del sistema di controllo e di esecuzione; chiede alla Commissione di assistere gli Stati membri in tal senso, al fine di assicurare un'esecuzione uniforme in tutto il territorio; è convinto che l'ACCP debba essere adeguatamente sostenuta e dotata di poteri e risorse sufficienti ad adempiere i propri compiti e quindi ad assistere gli Stati membri nell'applicazione dei loro sistemi normativi e sanzionatori;
25. chiede alla Commissione di studiare la riduzione degli stock ittici dovuta a predatori naturali quali foche, pinnipedi e cormorani e di elaborare e attuare tempestivamente, in collaborazione con gli Stati membri interessati, piani di gestione per il controllo di queste popolazioni;
26. invita la Commissione ad attuare programmi volti a istruire i bambini in età scolare e i consumatori in merito alla varietà di specie disponibili e all'importanza del consumo di pesce che sia prodotto in modo sostenibile;
27. ricorda l'obbligo, sancito dal trattato di Lisbona, di assicurare la coerenza delle politiche dell'Unione, anche nella riforma della PCP;
Monitoraggio e raccolta di dati di qualità
28. ritiene che la disponibilità e l'affidabilità dei dati scientifici e delle valutazioni dell'impatto socioeconomico relativi ai diversi stock nei diversi bacini marittimi e ai loro rispettivi ecosistemi, nonché il miglioramento e l'uniformazione dei modelli applicati, debbano rappresentare una delle massime priorità della riforma; è preoccupato perché non sono disponibili dati scientifici affidabili, necessari per formulare un parere scientifico solido;
29. sottolinea che la ricerca scientifica in materia di pesca è uno strumento essenziale per la gestione della pesca, indispensabile per individuare i fattori che condizionano l'evoluzione delle risorse alieutiche, procedere alla valutazione quantitativa delle medesime e sviluppare modelli che consentano di prevederne l'evoluzione nonché per migliorare le attrezzature di pesca, le imbarcazioni e le condizioni di lavoro e di sicurezza dei pescatori, alla luce delle loro conoscenze e della loro esperienza;
30. invita la Commissione ad avanzare proposte per raccogliere in modo efficace e armonizzato a livello dell'UE dati di qualità per gli esperti scientifici; esorta, al contempo, la Commissione a definire un quadro che consenta di prendere le decisioni necessarie in quei casi in cui i dati sono insufficienti e a proporre modelli scientifici su cui fondare una gestione della pesca multispecifica; sottolinea la necessità di coinvolgere, oltre agli esperti scientifici, anche i pescatori e le parti interessate affinché contribuiscano alla raccolta e all'analisi delle informazioni e alla promozione attiva di partenariati di ricerca;
31. osserva che i motivi principali della scarsità di dati scientifici fondamentali per la maggior parte degli stock sono la comunicazione inadeguata da parte degli Stati membri, la mancanza di finanziamenti adeguati e la limitatezza di risorse umane e tecniche negli Stati membri; invita la Commissione a istituire, a tale proposito, un sistema inteso a sanzionare gli Stati membri che non adempiono i loro obblighi di raccolta e trasmissione di dati; ritiene che il nuovo Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) debba aiutare gli Stati membri a livello tecnico e finanziario, se necessario, nel raccogliere e nell'analizzare dati affidabili, e che debbano essere stanziate risorse finanziarie adeguate a favore delle relative attività di ricerca scientifica svolte negli Stati membri;
32. osserva che attualmente il contributo dell'Unione al finanziamento per la raccolta, il trattamento e la divulgazione dei dati biologici, al fine di favorire una gestione basata sulla conoscenza, non supera il 50%; sollecita, pertanto, maggiori sforzi dell'Unione in questo settore;
33. chiede alla Commissione di stabilire una definizione di sovraccapacità a livello dell'UE che concili le definizioni regionali, tenendo conto delle peculiarità locali; invita inoltre la Commissione a ridefinire la capacità di pesca in modo tale da assumere come base sia la capacità di pesca del peschereccio sia il suo sforzo di pesca reale; rileva inoltre la necessità di definire la pesca artigianale al fine di distinguerla dalla pesca industriale;
Sostenibilità socioeconomica
34. sottolinea che le risorse marine vive sono un bene pubblico comune, che non può essere privatizzato; si oppone alla creazione di diritti di proprietà privata per l'accesso allo sfruttamento di tale bene pubblico;
35. osserva che la proposta avanzata nel regolamento di base e tesa a introdurre «concessioni di pesca trasferibili» quale unico strumento per risolvere il problema della sovraccapacità potrebbe dar vita a pratiche anticoncorrenziali, speculative e di concentrazione, ed è pertanto convinto che debba essere di natura volontaria e facoltativa per gli Stati membri, come lo è attualmente; rileva che l'esperienza diretta di alcuni Stati membri che hanno già introdotto sistemi di concessioni di pesca trasferibili senza restrizioni e salvaguardie efficaci dimostra una correlazione diretta fra l'introduzione di detti sistemi e un aumento della concentrazione dei diritti di pesca nelle mani pochi operatori, con un conseguente incremento dei prezzi dei prodotti della pesca; constata che, sebbene in alcuni paesi l'introduzione di sistemi di concessioni di pesca trasferibili abbia dato luogo a una riduzione della capacità delle flotte, ciò è avvenuto principalmente a discapito della pesca costiera artigianale e su piccola scala, che non rappresenta i segmenti di flotta più distruttivi dal punto di vista ambientale, bensì il tipo di pesca maggiormente vulnerabile da un punto di vista economico e, al contempo, la fonte principale di posti di lavoro e la principale attività economica nelle regioni costiere; ricorda inoltre che una riduzione della capacità di pesca può non significare necessariamente una riduzione dello sforzo di pesca, ma solamente la concentrazione dello sfruttamento delle risorse alieutiche nelle mani degli operatori più competitivi dal punto di vista economico; mette in rilievo, tuttavia, che qualora fossero introdotti sistemi di concessioni di pesca trasferibili, occorrerebbe istituire salvaguardie adeguate per tutelare la pesca artigianale e costiera;
36. ritiene che debba essere previsto un accesso prioritario ai fondali di pesca per quei pescatori che operano in modo responsabile da un punto di vista sociale e ambientale; rileva che una riduzione della capacità di alcune tipologie di pesca si possa conseguire senza far ricorso a sistemi di concessioni di pesca trasferibili; invita gli Stati membri ad attuare le misure più appropriate alla loro realtà per ridurre la capacità ove necessario;
37. ritiene che la sostenibilità economica del settore della pesca sia minacciata, tra l'altro, dalla volatilità dei prezzi del petrolio; invita la Commissione a proporre misure adeguate volte a promuovere un uso efficiente dei carburanti nel settore della pesca e dell'acquacoltura senza incrementare la capacità di pesca, a migliorare la difficile situazione economica in cui versano i pescatori e gli acquacoltori europei nonché a proporre un piano d'azione per le regioni costiere e per le isole, in particolare le regioni ultraperiferiche, in tale ambito;
38. ricorda che gli oceani, grazie alla pesca, non sono soltanto fonte di nutrimento, sicurezza alimentare e sostentamento per 500 milioni di persone in tutto il mondo, fornendo almeno il 50% delle proteine animali consumate da 400 milioni di persone nei paesi più poveri, ma sono anche fondamentali per la mitigazione del cambiamento climatico, in quanto i serbatoi di carbonio blu costituiscono i maggiori serbatoi di carbonio a lungo termine, rendono possibili i trasporti e costituiscono il 90% dell'habitat degli organismi viventi sulla Terra;
39. ribadisce la necessità di garantire un controllo e una certificazione rigorosi dei prodotti della pesca immessi nel mercato dell'Unione, ivi compresi quelli importati, che ne garantiscano la provenienza da attività di pesca sostenibili e che, nel caso di prodotti importati, il rispetto dei medesimi requisiti osservati dai produttori dell'Unione, ad esempio riguardo all'etichettatura, alla tracciabilità, alle norme fitosanitarie e alle dimensioni minime;
Un futuro per l'occupazione nel settore della pesca e dell'acquacoltura
40. crede fermamente che la riforma della PCP non debba essere avulsa dal contesto socioeconomico e ambientale in cui si iscrive; ritiene che i settori della pesca e dell'acquacoltura estensiva debbano essere considerati importanti risorse per la creazione di posti di lavoro diretti e indiretti per le nostre regioni marittime, di cui dinamizzano e strutturano l'intera economia, concorrendo anche alla sicurezza alimentare dell'Unione europea; osserva che, a tal fine, la PCP deve contribuire a migliorare il tenore di vita delle comunità dipendenti dalla pesca, garantendo migliori condizioni di lavoro ai pescatori, in particolare grazie al rispetto della legislazione vigente in materia di salute e sicurezza e delle norme stabilite dai contratti di lavoro collettivi;
41. è preoccupato per il fatto che il settore delle catture nell'ultimo decennio ha registrato un calo dell'occupazione superiore al 30%; ritiene che la riduzione degli stock ittici, la mancanza di un salario minimo garantito, il basso valore di prima vendita e le difficili condizioni di lavoro ostacolino il necessario avvicendamento dei lavoratori del settore;
42. osserva con soddisfazione che, secondo alcuni studi, un incremento degli stock ittici a livelli superiori alle quantità capaci di offrire il rendimento massimo sostenibile comporterebbe benefici socioeconomici considerevoli, tra cui un aumento dell'occupazione e delle catture, oltre a una maggiore redditività;
43. ritiene che il settore della pesca potrà continuare a essere sostenibile solo se si troverà un equilibrio tra gli aspetti socioeconomici e quelli ambientali e se si potrà contare su un numero sufficiente di lavoratori adeguatamente formati e qualificati; ritiene che, per conseguire tale obiettivo, l'occupazione nel settore della pesca debba presentare attrattive e le qualifiche e la formazione richieste debbano rispettare i requisiti internazionali ed europei; invita la Commissione a promuovere programmi di formazione e di istruzione adeguati concernenti le migliori prassi e la biologia marina nei diversi ambiti del settore, in modo da attirare così i giovani e contribuire allo sviluppo di un settore della pesca e dell'acquacoltura competitivo ed ecocompatibile; ritiene altresì che occorra prevedere la possibilità di pacchetti per l'avvio di nuove imprese per far sì che fra le nuove generazioni vi siano giovani che decidono di dedicarsi alla pesca artigianale;
44. accoglie con favore la proposta della Commissione di lanciare l'iniziativa «Crescita blu: crescita sostenibile a partire dagli oceani, dai mari e dalle coste»; ritiene che una maggiore mobilità dei professionisti del settore della pesca, la diversificazione dei posti di lavoro e l'identificazione di strumenti che consentano di allineare le competenze, le qualifiche e i programmi di istruzione alle necessità del settore siano importanti per la crescita dei settori marittimo, della pesca e dell'acquacoltura;
45. reputa opportuno accordare al ruolo delle donne nel settore della pesca un maggiore riconoscimento dal punto di vista giuridico e sociale e compensi più elevati; ribadisce che le donne operanti in questo settore devono godere degli stessi diritti degli uomini sotto ogni aspetto, per esempio per quanto concerne l'appartenenza a organizzazioni di rappresentanza e l'eleggibilità all'interno degli organi che le governano; reputa altresì opportuno riconoscere de facto alle consorti e alle compagne dei pescatori impegnate in aziende familiari uno status giuridico e prestazioni sociali equivalenti a quelli di cui godono i lavoratori autonomi, secondo il disposto della direttiva 2010/41/UE; è inoltre persuaso che sia necessario destinare parte dei finanziamenti del FEP e del futuro FEAMP a progetti di formazione specificamente mirati alle donne che lavorano nel settore della pesca;
46. teme che la riforma della PCP possa comportare, in assenza di misure di accompagnamento adeguate, la perdita di posti di lavoro nel breve termine, soprattutto nei settori delle catture e della trasformazione a terra, compromettendo così definitivamente la fragile crescita delle comunità costiere e delle isole, in particolare delle regioni ultraperiferiche; sottolinea, a tale proposito, che è necessario introdurre misure socioeconomiche di accompagnamento che includano la cooperazione professionale e un piano occupazionale, per far fronte agli effetti temporanei del raggiungimento del rendimento massimo sostenibile, per rendere il settore più attraente agli occhi dei giovani e per incentivare l'ingresso nel settore; invita la Commissione a esplorare e a promuovere la collaborazione con la Banca europea degli investimenti per incentivare gli investimenti nel settore;
47. ritiene necessario promuovere lo sviluppo di innovazioni e attività connesse al settore della pesca che possano fungere da contrappeso alla perdita di posti di lavoro causata dagli adeguamenti derivanti dalla riforma della PCP; esorta la Commissione a sviluppare programmi specifici dedicati allo sviluppo del turismo alieutico e ad altri ambiti di sviluppo economico legati al mare e all'attività di pesca;
Regionalizzazione
48. conviene con la Commissione che è necessario, come sostenuto nella proposta, introdurre misure specifiche e di adattamento che riflettano le diverse realtà di cui si compone il settore della pesca e dell'acquacoltura in Europa, in particolare nel caso delle regioni costiere e ultraperiferiche dell'Unione; appoggia l'idea di fare della regionalizzazione uno dei principali strumenti di questa nuova forma di governance intesa a rispondere in modo adeguato alle esigenze di ciascun bacino marittimo e a incentivare il rispetto delle norme adottate a livello europeo;
49. è convinto che la riforma debba rappresentare un'opportunità ai fini di una significativa transizione verso una nuova forma di cooperazione tra la comunità scientifica, il settore industriale e le parti sociali, volta a realizzare il processo di regionalizzazione;
50. sottolinea l'importanza del settore della pesca per la situazione socioeconomica, l'occupazione e la promozione della coesione economica e sociale nelle regioni ultraperiferiche, caratterizzate da economie soggette a vincoli strutturali permanenti e dotate di possibilità di diversificazione limitate;
51. è convinto che, per quanto riguarda la regionalizzazione, occorra definire norme chiare e semplici al livello appropriato, in modo da favorirne il rispetto; è inoltre fermamente convinto che i CCR, con una più ampia rappresentanza e maggiori responsabilità, debbano promuovere ulteriormente il dialogo e la collaborazione tra le parti interessate dando un contributo attivo alla definizione dei piani di gestione pluriennali; ricorda il ruolo dei colegislatori nell'adozione di tali piani;
52. ritiene, più in generale, che occorra rafforzare il ruolo dei CCR in termini di rappresentatività e di poteri; esorta la Commissione, a tale proposito, a presentare una nuova proposta volta a rafforzare la partecipazione delle parti interessate e degli operatori della pesca artigianale e su piccola scala, per assicurare una vera e propria regionalizzazione della PCP; accoglie con favore, a tale proposito, la proposta della Commissione di istituire un Consiglio consultivo per il Mar Nero; sottolinea al tempo stesso che la Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo (CGPM) non è il quadro adeguato per la gestione del Mar Nero e che è necessaria una nuova organizzazione regionale di gestione della pesca; esorta la Commissione a intensificare il dialogo con gli Stati litoranei del Mar Nero, segnatamente per quanto concerne lo sfruttamento e la conservazione delle risorse della pesca; chiede l'istituzione di un Consiglio consultivo per le regioni ultraperiferiche, è convinto che, conformemente agli orientamenti della Commissione relativi ai principi di regionalizzazione e di sussidiarietà, debba essere presa in considerazione l'istituzione di un Consiglio consultivo regionale per le regioni ultraperiferiche, tenendo conto della natura sensibile delle peculiarità di queste ultime; rileva inoltre che i CCR devono fornire consulenza al Parlamento europeo e al Consiglio nell'adozione dei piani pluriennali, contando sulla partecipazione di scienziati all'adozione delle loro decisioni;
53. è del parere che la regionalizzazione della PCP debba riflettere la dimensione geografica delle attività di pesca gestiste, in base a obiettivi e principi adottati dai colegislatori dell'UE e a misure di gestione dettagliate decise quanto più possibile a livello locale, il che significa che per alcuni tipi di pesca ciò avverrebbe tra diversi Stati membri, mentre per altri potrebbe avvenire all'interno di un solo Stato membro; riconosce che potrebbe essere necessario creare nuove strutture per consentire il funzionamento di un tale sistema;
54. reputa importante valorizzare maggiormente taluni segmenti del settore europeo della pesca, come ad esempio la pesca costiera artigianale, che in determinate realtà geografiche quali il Mar Mediterraneo contribuisce alla prosperità e all'occupazione;
55. è convinto che occorra una visione più olistica e integrata dell'ambiente marino e che una pianificazione dello spazio marino a livello locale e regionale, che coinvolga tutte le parti interessate, sia uno strumento necessario al fine di applicare un autentico approccio ecosistemico alla gestione;
56. rileva che una pianificazione efficace a livello regionale o locale agevolerà l'uso più appropriato delle risorse marine, tenendo conto delle condizioni locali, delle esigenze del mercato, di impieghi delle risorse tra loro confliggenti, della necessità di aree protette e dell'identificazione di aree specifiche in cui sia consentito soltanto l'utilizzo di attrezzature di pesca compatibili con le migliori prassi ecc.;
57. sottolinea che una riforma ambiziosa e concreta della PCP potrà essere agevolata se per il prossimo decennio saranno messe a disposizione risorse finanziarie sufficienti per sostenere tutte le misure di riforma e affrontare i problemi di natura socioeconomica e ambientale che possono sorgere; respinge ogni iniziativa degli Stati membri volta a tentare di ridurre il livello dei finanziamenti dell'UE a favore della pesca e dell'acquacoltura;
58. evidenzia in particolare l'importanza delle sinergie tra il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), lo Strumento europeo di vicinato e partenariato (ENPI) e il Fondo europeo per la pesca (FEP) per la pianificazione territoriale delle zone costiere; ritiene che le strategie macroregionali, i programmi di cooperazione territoriale europea e i programmi relativi ai bacini marittimi siano strumenti pertinenti per attuare strategie integrate di sviluppo dei territori costieri dell'UE;
59. insiste sulla necessità che il futuro FEAMP conceda aiuti alla modernizzazione delle flotte di pesca – per ragioni di sicurezza, tutela ambientale o riduzione dei consumi di carburante;
60. sottolinea che alle nuove politiche, agli obiettivi o alle priorità aventi ripercussioni sull'ambiente marino dovranno corrispondere nuove risorse finanziarie; respinge l'idea che il finanziamento di tali nuovi obiettivi, priorità o politiche (come la politica marittima integrata) possa andare a discapito dei fondi necessari per la politica della pesca;
61. ricorda l'obbligo di cui all'articolo 208 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea in base al quale l'Unione europea deve tenere conto degli obiettivi della cooperazione allo sviluppo nell'attuazione delle politiche che possono avere incidenze sui paesi in via di sviluppo, tra cui in particolare la PCP;
62. sottolinea che i prodotti della pesca e dell'acquacoltura d'importazione dovrebbero essere soggetti alle stesse norme ambientali, igieniche e sociali della produzione interna europea, compresa l'intera tracciabilità «dalla cattura alla tavola» e ritiene che i paesi in via di sviluppo avranno bisogno di assistenza tecnica e finanziaria tanto per potersi conformare alle stesse norme quanto per lottare più efficacemente contro la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata;
63. sottolinea che qualsiasi accesso alle risorse della pesca nei paesi in via di sviluppo deve non solo rispettare l'articolo 62 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) riguardante le eccedenze, ma anche gli articoli 69 e 70 sui diritti degli Stati senza sbocco al mare e geograficamente svantaggiati nella regione, soprattutto per quanto riguarda le esigenze nutrizionali e socioeconomiche delle popolazioni locali;
64. riafferma la condizione basilare dell'eccedenza, quale figura nell'UNCLOS, in caso di accesso agli stock ittici nelle acque di paesi terzi; sottolinea l'importanza di stabilire l'eccedenza in modo corretto e scientifico; sottolinea che la PCP deve provvedere alla trasparenza e allo scambio di tutte le informazioni pertinenti tra l'UE e i paesi terzi partner in merito allo sforzo di pesca totale per gli stock interessati dalle navi nazionali e, se del caso, da quelle straniere;
65. ribadisce che la futura PCP deve essere orientata ai principi di buon governo, che comprendono la trasparenza e l'accesso alle informazioni, in conformità della Convenzione di Aarhus, e la valutazione degli accordi di pesca sostenibile (APS);
66. sottolinea che l'UE dovrebbe promuovere una gestione sostenibile delle risorse nei paesi terzi, e invita pertanto l'UE a rafforzare le misure per combattere le attività di pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata; sottolinea che gli accordi di pesca sostenibile dovrebbero concentrarsi di più su ricerca scientifica e raccolta dei dati, monitoraggio, controllo e sorveglianza; ritiene opportuno, a tal fine, che l'UE destini idonee risorse finanziarie, tecniche e umane ai paesi terzi partner;
67. ribadisce che la PCP deve essere in linea con le politiche ambientali e di sviluppo, compresa la tutela degli ecosistemi marini; chiede pertanto interventi finalizzati a migliorare e ad ampliare le conoscenze scientifiche, come pure una più solida cooperazione internazionale al fine di garantire risultati migliori;
68. ribadisce che tutti i cittadini dell'Unione europea, ovunque operino, sono tenuti a osservare le norme e i regolamenti della PCP, compresi i regolamenti in materia ambientale e sociale;
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69. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.