Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 5 luglio 2012 sul progetto di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il protocollo sullo statuto della Corte di giustizia dell'Unione europea e l'allegato I al medesimo (02074/2011 – C7-0090/2011 – 2011/0901A(COD))
– vista la richiesta della Corte di giustizia presentata al Parlamento europeo e al Consiglio (02074/2011),
– visti l'articolo 257, primo e secondo comma, e l'articolo 281, secondo comma, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, a norma dei quali il progetto di atto gli è stato sottoposto (C7-0090/2011),
– visto l'articolo 294, paragrafi 3 e 15, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visto il parere della Commissione (COM(2011)0596),
– vista la lettera della Corte di giustizia dell'8 maggio 2012,
– vista la lettera della Commissione del 30 maggio 2012,
– visto l'impegno assunto dal rappresentante del Consiglio, con lettera del 31 maggio 2012, di approvare la posizione del Parlamento europeo, in conformità dell'articolo 294, paragrafo 4, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visto l'articolo 55 del proprio regolamento,
– visti la relazione della commissione giuridica e i pareri della commissione per i bilanci e della commissione per gli affari costituzionali (A7-0185/2012),
1. adotta la posizione in prima lettura figurante in appresso;
2. rileva che, in considerazione del rinnovo parziale della Corte di giustizia del 7 ottobre 2012 e dell'urgente necessità di trovare una soluzione che garantisca il corretto funzionamento del Tribunale della funzione pubblica, è necessario che le modifiche proposte allo statuto riguardanti l'organizzazione della Corte di giustizia, del Tribunale e del Tribunale della funzione pubblica siano adottate senza ulteriori indugi, come sottolineato nella lettera del presidente della Corte di giustizia dell'Unione europea dell'8 maggio 2012;
3. si riserva di esaminare in una fase successiva la parte della richiesta relativa alla composizione del Tribunale, presentata dalla Corte;
4. decide di tenere nel prossimo futuro una discussione in Aula sull'opportunità di introdurre la possibilità di pubblicare pareri dissenzienti in seno alla Corte di giustizia;
5. incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio, alla Corte di giustizia, alla Commissione e ai parlamenti nazionali.
Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 5 luglio 2012 in vista dell'adozione del regolamento (UE, Euratom) n. .../2012 del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il protocollo sullo statuto della Corte di giustizia dell'Unione europea e il relativo allegato I
(Dato l'accordo tra il Parlamento e il Consiglio, la posizione del Parlamento corrisponde all'atto legislativo finale, il regolamento (UE, Euratom) n. 741/2012)
Giudici ad interim del Tribunale della funzione pubblica dell'Unione europea ***I
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 5 luglio 2012 sul progetto di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai giudici ad interim del Tribunale della funzione pubblica dell'Unione europea (01923/2011 – C7-0091/2011 – 2011/0902(COD))
– vista la richiesta della Corte di giustizia presentata al Parlamento europeo e al Consiglio (01923/2011),
– visti gli articoli 257 e 281 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, a norma del quale il progetto di atto gli è stato sottoposto (C7-0091/2011),
– visto l'articolo 294, paragrafi 3 e 15, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visto il parere della Commissione (COM(2011)0596),
– visto l'impegno assunto dal rappresentante del Consiglio, con lettera del 31 maggio 2012, di approvare la posizione del Parlamento europeo, in conformità dell'articolo 294, paragrafo 4, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visto l'articolo 55 del suo regolamento,
– vista la relazione della commissione giuridica (A7-0184/2012),
1. adotta la posizione in prima lettura figurante in appresso;
2. incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio, alla Corte di giustizia e alla Commissione nonché ai parlamenti nazionali.
Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 5 luglio 2012 in vista dell'adozione del regolamento (UE, Euratom) n. .../2012 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai giudici ad interim del Tribunale della funzione pubblica dell'Unione europea
(Dato l'accordo tra il Parlamento e il Consiglio, la posizione del Parlamento corrisponde all'atto legislativo finale, il regolamento (UE, Euratom) n. 979/2012)
Contributo finanziario nel settore delle reti transeuropee dei trasporti e dell'energia ***I
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 5 luglio 2012 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la decisione n. 1639/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma quadro per la competitività e l'innovazione (2007-2013) e il regolamento (CE) n. 680/2007 che stabilisce i principi generali per la concessione di un contributo finanziario della Comunità nel settore delle reti transeuropee dei trasporti e dell'energia (COM(2011)0659 – C7-0372/2011 – 2011/0301(COD))
– vista la proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2011)0659),
– visti l'articolo 294, paragrafo 2, e gli articoli 172 e 173, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, a norma dei quali la proposta gli è stata presentata dalla Commissione (C7-0372/2011),
– visto l'articolo 294, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visto il parere del Comitato economico e sociale europeo del 23 febbraio 2012(1),
– previa consultazione del Comitato delle regioni,
– visto l'impegno assunto dal rappresentante del Consiglio, con lettera del 30 maggio 2012, di approvare la posizione del Parlamento europeo, in conformità dell'articolo 294, paragrafo 4, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visto l'articolo 55 del suo regolamento,
– visti la relazione della commissione per i bilanci e i pareri della commissione per l'industria, la ricerca e l'energia e della commissione per i trasporti e il turismo (A7-0150/2012),
1. adotta la posizione in prima lettura figurante in appresso;
2. chiede alla Commissione di presentargli nuovamente la proposta qualora intenda modificarla sostanzialmente o sostituirla con un nuovo testo;
3. incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione nonché ai parlamenti nazionali.
Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 5 luglio 2012 in vista dell'adozione del regolamento (UE) n. .../2012 del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la decisione n. 1639/2006/CE che istituisce un programma quadro per la competitività e l'innovazione (2007-2013) e il regolamento (CE) n. 680/2007 che stabilisce i principi generali per la concessione di un contributo finanziario della Comunità nel settore delle reti transeuropee dei trasporti e dell'energia
(Dato l'accordo tra il Parlamento e il Consiglio, la posizione del Parlamento corrisponde all'atto legislativo finale, il regolamento (UE) n. 670/2012)
Progetto di bilancio rettificativo n. 3/2012: eccedenza derivante dall'esecuzione dell'esercizio 2011
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Risoluzione del Parlamento europeo del 5 luglio 2012 concernente la posizione del Consiglio sul progetto di bilancio rettificativo n. 3/2012 dell'Unione europea per l'esercizio 2012, sezione III – Commissione (11113/2012 – C7-0147/2012 – 2012/2071(BUD))
– visti il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare gli articoli 310 e 314, e il trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica, in particolare l'articolo 106 bis,
– visto il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee(1) (il regolamento finanziario), in particolare gli articoli 15, 37 e 38,
– visto il bilancio generale dell'Unione europea per l'esercizio 2012, definitivamente adottato il 1° dicembre 2011(2),
– vista la posizione del Consiglio in merito alla richiesta di storno DEC 9/2012, adottata il 7 giugno 2012,
– visto l'accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria(3),
– visto il progetto di bilancio rettificativo n. 3/2012 dell'Unione europea per l'esercizio 2012, presentato dalla Commissione il 16 aprile 2012 (COM(2012)0181),
– vista la posizione sul progetto di bilancio rettificativo n. 3/2012 adottata dal Consiglio l'11 giugno 2012 (11113/2012 – C7-0147/2012),
– vista la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio annuale dell'Unione, presentata dalla Commissione il 22 dicembre 2010 (COM(2010)0815),
– visto gli articoli 75 ter e 75 sexies del suo regolamento,
– vista la relazione della commissione per i bilanci (A7-0206/2012),
A. considerando che il progetto di bilancio rettificativo n. 3/2012 mira a iscrivere nel bilancio 2012 l'eccedenza derivante dall'esecuzione dell'esercizio 2011, pari a 1 496 968 014 EUR;
B. considerando che le componenti principali di tale eccedenza sono una sottoesecuzione delle spese pari a 0,73 miliardi di EUR, un risultato positivo sul lato delle entrate pari a oltre 0,67 miliardi di EUR e una differenza di cambio positiva pari a 0,1 miliardi di EUR;
C. considerando che la parte principale per quanto concerne le entrate (0,45 miliardi di EUR su 0,67 miliardi di EUR) deriva da ammende e interessi di mora;
D. considerando che la sottoesecuzione delle spese, che riguarda gli stanziamenti di bilancio 2011 per un importo patri a 0,56 miliardi di EUR e i riporti dall'esercizio 2010 per 0,17 miliardi di EUR, non è dovuta a difficoltà di assorbimento o a una cattiva gestione, bensì alle norme vigenti per l'adeguamento della ripartizione dei pagamenti a seconda delle esigenze, soprattutto durante le ultime settimane dell'esercizio;
E. considerando che, al contrario, tutti gli indicatori disponibili segnalano in questo esercizio una carenza di pagamenti in molte aree di intervento dell'Unione, soprattutto perché nel 2011, per il secondo esercizio consecutivo, l'autorità di bilancio ha ridotto il livello degli stanziamenti di pagamento per il 2012 nel bilancio dell'Unione di oltre 3 miliardi di EUR, anche nel settore della ricerca e della politica di coesione, rispetto alle stime iniziali della Commissione;
F. considerando che, nella sua posizione in merito alla richiesta di storno DEC 9/2012, il Consiglio ha ridotto drasticamente gli stanziamenti di pagamento trasferiti al settore della ricerca, in cui si segnala un urgente bisogno di pagamenti per tener fede a precedenti impegni, sebbene stia da ultimo riconsiderando tale posizione nel contesto della richiesta di storno DEC 19/2012;
G. considerando che l'articolo 15 del regolamento finanziario prevede che la differenza rispetto alle stime debba iscriversi nel bilancio dell'Unione attraverso un bilancio rettificativo destinato esclusivamente a tale differenza;
1. prende atto del progetto di bilancio rettificativo n. 3/2012, che mira unicamente a iscrivere in bilancio l'eccedenza derivante dall'esecuzione dell'esercizio 2011, in conformità dell'articolo 15 del regolamento finanziario; sottolinea che quest'ultimo lascia un margine di discrezionalità per quanto concerne la destinazione dell'eccedenza;
2. prende atto che le componenti principali di tale eccedenza sono una sottoesecuzione delle spese pari a 0,73 miliardi di EUR, un risultato positivo sul lato delle entrate pari a oltre 0,67 miliardi di EUR e una differenza di cambio positiva pari a 0,1 miliardi di EUR;
3. sottolinea che la sottoesecuzione delle spese (0,73 miliardi di EUR) non è dovuta ad alcuna difficoltà di assorbimento né a una cattiva gestione, bensì alle attuali norme vigenti per l'adeguamento della ripartizione dei pagamenti a seconda delle esigenze; ritiene pertanto che ciò dovrebbe richiedere un trattamento diverso rispetto alla parte di eccedenza derivante dalle variazioni nelle entrate; sottolinea inoltre che una parte consistente di questa sottoesecuzione è dovuta alla decisione del Consiglio di non adottare l'adeguamento delle retribuzioni e delle pensioni previsto dallo statuto dei funzionari;
4. deplora che, nonostante le disposizioni dell'articolo 310, paragrafo 5, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea in merito alla sana gestione finanziaria e la dichiarazione comune sugli stanziamenti di pagamento concordata da tutte e tre le istituzioni nel quadro della procedura di bilancio 2012, il Consiglio abbia deciso in un primo momento di ridurre di due terzi il livello della richiesta di storno DEC 9/2012, pari a 485 milioni di EUR, dai progetti energetici sottoutilizzati agli aiuti a favore della ripresa economica per consolidare tre linee di bilancio nel quadro della Cooperazione del 7° PQ;
5. sottolinea che ciò avrebbe fatto aumentare artificialmente la sottoesecuzione dei pagamenti per il 2012 e, di conseguenza, l'eccedenza derivante dall'esecuzione dell'esercizio 2012, quando tutti gli indicatori disponibili già segnalano in questo esercizio una carenza di pagamenti nel campo della ricerca e in altre aree di intervento dell'Unione; plaude pertanto alla decisione del Consiglio di rivedere la sua posizione mediante l'adozione della richiesta di storno DEC 19/2012;
6. approva senza modifiche la posizione del Consiglio sul progetto di bilancio rettificativo n. 3/2012;
7. incarica il suo Presidente di constatare che il bilancio rettificativo n. 3/2012 è definitivamente adottato e di provvedere alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea;
8. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai parlamenti nazionali.
– viste le sue precedenti risoluzioni, in particolare quelle del 29 settembre 2011 sulla situazione in Palestina(1), del 16 febbraio 2012 sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione della Convenzione regionale sulle norme di origine preferenziali paneuromediterranee(2) e del 9 settembre 2010 sulla situazione del fiume Giordano, con particolare riferimento alla regione del Basso Giordano(3),
– viste le conclusioni del Consiglio del 14 maggio 2012, del 18 luglio e 23 maggio 2011 e dell'8 dicembre 2009 sul processo di pace in Medio Oriente,
– visto il discorso sugli ultimi sviluppi in Medio Oriente e in Siria pronunciato dal VP/AR Catherine Ashton durante la seduta plenaria del Parlamento europeo del 12 giugno 2012,
– viste le dichiarazioni del VP/AR Catherine Ashton, in particolare quella dell'8 giugno 2012 sull'espansione degli insediamenti, del 25 aprile 2012 sulla decisione delle autorità israeliane per quanto riguarda lo status degli insediamenti di Sansana, Rechelim e Bruchin nel territorio palestinese occupato e del 22 febbraio 2012 sull'approvazione degli insediamenti israeliani,
– viste le relazioni dei capimissione dell'UE del gennaio 2012 su Gerusalemme Est, del luglio 2011 sul settore C e la costruzione dello Stato palestinese, e dell'aprile 2011 sulla violenza da parte dei coloni nonché la nota di accompagnamento dei capimissione dell'UE sulla violenza da parte dei coloni del febbraio 2012,
– vista la quarta Convenzione di Ginevra del 1949 sulla protezione delle persone civili in tempo di guerra,
– vista la Carta delle Nazioni Unite,
– viste le risoluzioni dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite 181 (1947) e 194 (1948), e le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 242 (1967), 252 (1968), 338 (1973), 476 (1980), 478 (1980), 1397 (2002), 1515 (2003) e 1850 (2008),
– visto il Patto internazionale delle Nazioni Unite sui diritti civili e politici del 1966,
– viste le dichiarazioni del Quartetto per il Medio Oriente, in particolare quelle dell'11 aprile 2012 e del 23 settembre 2011,
– vista la dichiarazione congiunta di Israele e dell'Autorità palestinese del 12 maggio 2012,
– visto il parere consultivo della Corte internazionale di giustizia, del 9 luglio 2004, intitolato «Conseguenze giuridiche della costruzione di un muro nei territori palestinesi occupati»,
– visto il piano biennale per la creazione di uno Stato, dal titolo «Mettere fine all'occupazione, creare uno Stato», del primo ministro palestinese Salam Fayyad, dell'agosto 2009,
– visto l'accordo interinale del 18 settembre 1995 sulla Cisgiordania e la Striscia di Gaza,
– visti gli accordi di Oslo del 13 settembre 1993 («Dichiarazione dei principi riguardanti progetti di autogoverno ad interim»),
– visto l'articolo 110, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,
A. considerando che l'UE ha ripetutamente confermato il proprio sostegno alla soluzione a due Stati, con lo Stato di Israele dotato di confini sicuri e riconosciuti e uno Stato di Palestina indipendente, democratico, territorialmente contiguo e capace di esistenza autonoma che convivono fianco a fianco in pace e sicurezza e ha dichiarato che non saranno riconosciute modifiche ai confini precedenti al 1967 diverse da quelle concordate tra le parti, anche per quanto riguarda Gerusalemme quale capitale dei due Stati; considerando questioni indiscutibili sia il diritto dei palestinesi all'autodeterminazione e a un proprio Stato sia il diritto di Israele di esistere entro confini sicuri;
B. considerando che le conclusioni del Consiglio del 14 maggio 2012 hanno sottolineato che i mutamenti in corso nel mondo arabo rendono ancora più urgente la necessità di progressi nel processo di pace in Medio Oriente e che tenere conto delle aspirazioni dei popoli della regione, comprese quelle dei palestinesi alla statualità e quelle degli israeliani alla sicurezza, è un elemento essenziale per la pace, la stabilità e la prosperità durature nella regione;
C. considerando che i colloqui di pace diretti tra le parti sono entrati in una fase di stallo e che tutti i recenti tentativi di riprendere i negoziati sono falliti; considerando che l'UE ha chiesto alle parti di perseguire azioni che favoriscano la creazione del clima di fiducia necessario ad assicurare negoziati significativi, di astenersi da azioni che pregiudichino la credibilità del progetto e di contrastare le provocazioni;
D. considerando che il 12 maggio 2012 Israele e l'Autorità palestinese hanno emesso una dichiarazione congiunta in cui affermano di essere impegnati a conseguire la pace ed auspicano che lo scambio di lettere tra il Presidente Abbas e il Primo ministro Netanyahu contribuirà al raggiungimento di tale obiettivo;
E. considerando che alla Cisgiordania, comprese Gerusalemme Est e la Striscia di Gaza, sono pienamente applicabili il diritto internazionale sui diritti umani e il diritto internazionale umanitario, compresa la quarta Convenzione di Ginevra; che Israele è obbligato, tra l'altro, a garantire in buona fede che i bisogni primari della popolazione palestinese occupata siano soddisfatti, a gestire la sua occupazione in modo da recare beneficio alla popolazione locale, a proteggere e preservare i beni di carattere civile nonché a evitare il trasferimento della propria popolazione nel territorio occupato e della popolazione del territorio occupato nel proprio territorio;
F. considerando che le recenti relazioni dei capimissione dell'UE sul settore C e la costruzione dello Stato palestinese, su Gerusalemme Est e sulla violenza da parte dei coloni hanno confermato ancora una volta gli sviluppi allarmanti e potenzialmente irreversibili sul terreno nelle zone interessate; che il ministro degli Affari esteri israeliano respinge le affermazioni contenute nei documenti dell'UE, criticando tali documenti in quanto non favoriscono l'avanzamento del processo di pace;
G. considerando che, in seguito agli accordi di Oslo del 1995, la Cisgiordania è stata divisa amministrativamente in tre zone o settori; che il settore C rappresenta la parte territorialmente più vasta della Cisgiordania e che lo sviluppo sociale ed economico di tale zona è fondamentale ai fini dell'esistenza autonoma di un futuro Stato palestinese;
H. considerando che la presenza palestinese in Cisgiordania, in particolare nel settore C, e a Gerusalemme Est è stata minata dalle politiche del governo israeliano, nello specifico quelle di costruzione ed espansione degli insediamenti; che, in virtù del diritto internazionale, gli insediamenti israeliani sono illegali e costituiscono un grave ostacolo agli sforzi di pace mentre sono sovvenzionati dal governo israeliano con considerevoli incentivi in ambito fiscale nonché di alloggi, infrastrutture, strade, accesso all'acqua, istruzione, assistenza sanitaria ecc.;
I. considerando che Israele, nella sua «Legge fondamentale: Gerusalemme, capitale di Israele» del 1980, ha dichiarato Gerusalemme capitale completa e unita di Israele, in violazione della risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 478 del 1980; che le conclusioni del Consiglio del 14 maggio 2012 hanno ribadito ancora una volta che si dovrà trovare, tramite negoziati, un modo per risolvere lo status di Gerusalemme quale futura capitale di due Stati; che gli sviluppi in corso a Gerusalemme Est rendono di fatto sempre più improbabile e impraticabile che Gerusalemme diventi la futura capitale di due Stati; che la separazione tra Gerusalemme Est e la Cisgiordania continua ad aumentare, così come quella tra il «bacino storico» all'interno di Gerusalemme e il resto di Gerusalemme Est;
J. considerando che, mentre i palestinesi residenti a Gerusalemme Est rappresentano il 37% della popolazione di Gerusalemme e producono il 36% delle entrate fiscali del Comune, solo il 10% del bilancio comunale viene destinato a Gerusalemme Est, in cui la prestazione di servizi è altamente inadeguata; che a Gerusalemme Est la maggior parte delle istituzioni palestinesi, tra cui la «Orient House», sono state chiuse dalle autorità israeliane, creando nella popolazione palestinese locale un vuoto istituzionale e di leadership che rimane una delle principali preoccupazioni;
K. considerando che i palestinesi residenti a Gerusalemme Est hanno lo status di residente permanente, che può essere trasferito ai figli solo a determinate condizioni e non si trasferisce automaticamente col matrimonio, impedendo ai coniugi e ai figli di molti residenti permanenti di Gerusalemme Est di vivere insieme ai loro familiari; che, d'altra parte, circa 200 000 coloni israeliani vivono a Gerusalemme Est o nei suoi pressi;
L. considerando che proteggere la popolazione palestinese e i suoi diritti in Cisgiordania, in particolare nel settore C, e a Gerusalemme Est è della massima importanza per preservare la fattibilità della soluzione basata su due Stati; che l'espansione in atto degli insediamenti e la violenza dei coloni, le restrizioni di pianificazione e la conseguente acuta carenza di abitazioni, le demolizioni di case, gli sfratti e i trasferimenti forzati, la confisca di terre, le difficoltà di accesso alle risorse naturali nonché la mancanza di servizi sociali di base e di assistenza esercitano un grave impatto negativo sulle condizioni di vita dei palestinesi; che la situazione economica in queste zone, aggravata dalle restrizioni in materia di accesso, circolazione e pianificazione, resta una grave fonte di preoccupazione; che, secondo la relazione annuale dell'OIL, il 53,5% delle donne e il 32,3% degli uomini cisgiordani di età compresa tra i 15 e i 24 anni è disoccupato;
M. considerando che la popolazione palestinese della Cisgiordania, specialmente del settore C, e di Gerusalemme Est è afflitta da gravi problemi di scarsità idrica; che gli agricoltori palestinesi sono gravemente colpiti dalla mancanza di acqua per l'irrigazione, dovuta al fatto che la maggior parte dell'acqua in questione è consumata da Israele e dai coloni israeliani; che la disponibilità di risorse idriche sufficienti è essenziale per l'esistenza autonoma di un futuro Stato palestinese;
N. considerando che il muro di separazione costruito da Israele, il quale non segue la Linea verde, isola sezioni considerevoli dei territori palestinesi sia in Cisgiordania che a Gerusalemme Est; che nel parere consultivo del 2004 della Corte internazionale di giustizia sulle conseguenze giuridiche della costruzione di un muro nei territori palestinesi occupati si dichiara che «la costruzione del muro eretto da Israele (...), e il regime ad esso applicato, sono contrari al diritto internazionale»;
O. considerando che il Parlamento ha ripetutamente espresso il suo sostegno agli sforzi del presidente Mahmoud Abbas e del primo ministro Salam Fayyad per la costruzione di uno Stato e ha riconosciuto e accolto con compiacimento il successo del piano biennale di costruzione dello Stato del primo ministro Salam Fayyad; che il settore C e Gerusalemme Est devono continuare a costituire una priorità nei piani palestinesi di sviluppo nazionale, in particolare per rispondere ai sentimenti di isolamento percepiti dai palestinesi che vi abitano;
P. considerando che oltre 4 500 prigionieri palestinesi, tra cui 24 membri del Consiglio legislativo palestinese, circa 240 bambini e oltre 300 palestinesi sottoposti a misure di detenzione amministrativa sono attualmente incarcerati nelle prigioni e nei centri di detenzione israeliani;
Q. considerando che i beduini arabi sono una popolazione dedita a una vita sedentaria e tradizionalmente agricola nei loro territori ancestrali e che chiedono un riconoscimento ufficiale e permanente della loro situazione e del loro status unici; che le comunità di beduini arabi, minacciate dalle politiche israeliane che minano le loro fonti di sussistenza e comportano trasferimenti forzati, sono una popolazione particolarmente vulnerabile sia nei territori palestinesi occupati che nel Negev;
R. considerando che, secondo la relazione del Displacement Working Group (gruppo di lavoro sui trasferimenti) pubblicata il 14 maggio 2012 e la newsletter mensile Humanitarian Monitor dell'OCHA, oltre 60 strutture, compresi pannelli solari, cisterne d'acqua ed edifici agricoli, finanziate dall'Unione europea e da diversi Stati membri sono state distrutte dalle forze israeliane dal 2011 e che oltre 100 progetti simili rischiano di essere demoliti;
S. considerando che, in molte occasioni tra cui nelle conclusioni del Consiglio del 14 maggio 2012, l'UE e gli Stati membri hanno ribadito il loro impegno fondamentale a favore della sicurezza di Israele, hanno condannato con la massima fermezza gli atti di violenza deliberatamente diretti alla popolazione civile, compreso il lancio di razzi dalla Striscia di Gaza, e chiesto la prevenzione efficace del contrabbando di armi verso Gaza;
T. considerando che l'articolo 2 dell'accordo di associazione UE-Israele afferma che le relazioni tra le parti si basano sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici, che guida le loro politiche interne e esterne e costituisce un elemento essenziale dell'accordo;
U. considerando che il blocco e la crisi umanitaria della Striscia di Gaza perdurano dal 2007, nonostante i numerosi appelli lanciati dalla comunità internazionale per l'apertura immediata, duratura e incondizionata dei valichi per consentire il flusso di aiuti umanitari, merci e persone da e verso la striscia di Gaza, come ribadito anche nelle conclusioni del Consiglio del 14 maggio 2012;
1. rinnova il proprio fermo sostegno alla soluzione fondata su due Stati, sulla base dei confini del 1967, che prevede Gerusalemme quale capitale di entrambi, lo Stato di Israele, all'interno di confini sicuri e riconosciuti, e uno Stato di Palestina indipendente, democratico, territorialmente contiguo e capace di esistenza autonoma che vivano fianco a fianco in pace e sicurezza;
2. accoglie favorevolmente le conclusioni del Consiglio sul processo di pace in Medio Oriente del 14 maggio 2012 e le conclusioni sulla Cisgiordania e Gerusalemme Est ivi contenute e ribadisce che l'UE non riconoscerà alcun cambiamento dei confini precedenti al 1967, anche per quanto riguarda Gerusalemme, che non abbia l'accordo delle parti; accoglie altresì con favore la dichiarazione del Quartetto per il Medio Oriente dell'11 aprile 2012;
3. sottolinea che la conclusione del conflitto è un interesse fondamentale dell'UE, oltre che delle parti stesse e della regione in generale, e che può essere raggiunta attraverso un accordo globale di pace, basato sulle pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, sui principi di Madrid (compreso il principio «territori in cambio della pace»), sulla tabella di marcia, sugli accordi precedentemente stipulati dalle parti e sull'iniziativa di pace araba; insiste sul fatto che qualsiasi soluzione risultante non dovrebbe pregiudicare la dignità di nessuna delle parti; osserva che l'Unione europea, quale maggior donatore dell'Autorità palestinese e uno dei principali partner commerciali di Israele, dispone di strumenti per incoraggiare più attivamente le due parti a ricercare una soluzione; invita entrambe le parti a collaborare con l'UE, che dovrebbe compiere ogni sforzo necessario per la soluzione del conflitto; rammenta l'applicabilità del diritto internazionale umanitario nei territori palestinesi occupati, compresa l'applicabilità della quarta Convenzione di Ginevra per la protezione delle persone civili in tempo di guerra;
4. sottolinea la necessità che i negoziati diretti tra Israele e Palestina, volti a raggiungere una soluzione fondata su due Stati, riprendano senza indugio nel rispetto del calendario auspicato dal Quartetto, al fine di superare l'inaccettabile situazione attuale; plaude allo scambio di lettere tra le parti iniziato il 17 aprile 2012 e alla dichiarazione congiunta di Israele e dell'Autorità palestinese del 12 maggio 2012;
5. esprime profonda preoccupazione per gli sviluppi sul terreno nel settore C della Cisgiordania e a Gerusalemme Est, descritti nelle relazioni dei capimissione dell'UE del luglio 2011 sul settore C e la costruzione dello Stato palestinese e del gennaio 2012 su Gerusalemme Est;
6. sottolinea l'importanza di proteggere la popolazione palestinese e i suoi diritti nel settore C e a Gerusalemme Est, fattore essenziale per preservare la fattibilità della soluzione fondata su due Stati;
7. ribadisce che tutti gli insediamenti sono illegali in base al diritto internazionale e invita il governo israeliano a sospendere completamente la loro costruzione ed estensione in Cisgiordania e a Gerusalemme Est nonché a smantellare tutti gli avamposti costruiti dal marzo 2001;
8. condanna con fermezza tutti gli atti di estremismo, violenza e molestia commessi dai coloni contro la popolazione civile palestinese e invita il governo e le autorità israeliani ad assicurare i colpevoli alla giustizia e a renderli responsabili delle loro azioni;
9. chiede una piena ed effettiva attuazione della vigente legislazione dell'Unione e degli accordi bilaterali UE-Israele per garantire che il meccanismo di controllo dell'UE, ossia gli «accordi tecnici», non consenta ai prodotti degli insediamenti israeliani di essere importati nel mercato europeo alle condizioni preferenziali previste dall'accordo di associazione UE-Israele;
10. invita il governo e le autorità israeliani a rispettare i loro obblighi previsti dal diritto internazionale umanitario, in particolare:
–
a garantire l'immediata cessazione delle demolizioni di edifici, degli sfratti e dei trasferimenti forzati dei palestinesi,
–
ad agevolare le attività palestinesi di pianificazione e costruzione e la realizzazione dei progetti di sviluppo palestinesi,
–
ad agevolare l'accesso e la circolazione,
–
ad agevolare l'accesso dei palestinesi ai terreni agricoli e ai pascoli,
–
a garantire un'equa distribuzione delle risorse idriche per soddisfare le esigenze della popolazione palestinese,
–
a migliorare l'accesso della popolazione palestinese a servizi sociali e di assistenza adeguati, in particolare nei settori dell'istruzione e della sanità pubblica, nonché
–
ad agevolare le operazioni umanitarie nel settore C e a Gerusalemme Est;
11. chiede che sia messa fine alla detenzione amministrativa senza accuse formali o processo da parte delle autorità israeliane nei confronti dei palestinesi, che sia garantito l'accesso a un processo equo per tutti i detenuti palestinesi e che siano rilasciati i prigionieri politici palestinesi, in particolare i membri del Consiglio legislativo palestinese, tra cui Marwan Barghouti, e le persone sottoposte a misure di detenzione amministrativa; chiede inoltre l'immediata liberazione di Nabil Al-Raee, direttore artistico del teatro Libertà del campo profughi di Jenin, arrestato il 6 giugno 2012 e da allora detenuto; accoglie favorevolmente l'accordo raggiunto il 14 maggio 2012, che ha portato alla conclusione dello sciopero della fame dei prigionieri palestinesi, e ne chiede la piena e immediata attuazione;
12. chiede la protezione delle comunità beduine della Cisgiordania e del Negev nonché il pieno rispetto dei loro diritti da parte delle autorità israeliane, e ne condanna ogni violazione (ad esempio la demolizione di abitazioni, i trasferimenti forzati, le limitazioni del servizio pubblico); chiede inoltre, in tale contesto, il ritiro del piano Prawer da parte del governo israeliano;
13. incoraggia il governo e le autorità palestinesi a dedicare maggiore attenzione al settore C e a Gerusalemme Est nei piani e progetti palestinesi di sviluppo nazionale onde migliorare la situazione e le condizioni di vita della popolazione palestinese che vi abita;
14. sottolinea ancora una volta che l'unico modo per conseguire una soluzione sostenibile al conflitto israelo-palestinese consiste nel ricorso a strumenti pacifici e non violenti; continua a sostenere, in detto contesto, la politica di resistenza non violenta del Presidente Mahmoud Abbas e a incoraggiare la riconciliazione intrapalestinese e la costruzione di uno Stato palestinese, riconoscendo che le elezioni presidenziali e parlamentari costituiscono elementi importanti di questo processo;
15. ribadisce il suo forte impegno a favore della sicurezza dello Stato di Israele; condanna tutti gli atti di violenza compiuti da entrambe le parti deliberatamente diretti alla popolazione civile ed esprime sgomento per il lancio di razzi dalla Striscia di Gaza;
16. invita il Consiglio e la Commissione a continuare a sostenere le istituzioni palestinesi e i progetti di sviluppo nel settore C e a Gerusalemme Est e a fornire loro assistenza al fine di proteggere e rafforzare la popolazione palestinese; chiede un miglior coordinamento tra l'UE e gli Stati membri in questo campo; sottolinea la necessità che Israele metta fine alla pratica di trattenere le entrate doganali e fiscali appartenenti all'Autorità palestinese;
17. invita il SEAE e la Commissione a verificare sul posto tutte le denunce riguardanti la distruzione e il danneggiamento delle strutture e dei progetti finanziati dall'UE nei territori occupati e a trasmettere i risultati al Parlamento;
18. invita il Consiglio e la Commissione a continuare a trattare questi problemi a tutti i livelli nelle relazioni bilaterali dell'UE con Israele e l'Autorità palestinese; sottolinea che l'impegno di Israele a rispettare i propri obblighi previsti dal diritto internazionale umanitario e in materia di diritti umani nei confronti della popolazione palestinese deve essere tenuto in piena considerazione nell'ambito delle relazioni bilaterali dell'UE con il paese;
19. esorta nuovamente l'UE e gli Stati membri a svolgere un ruolo politico più attivo, anche in seno al Quartetto, nell'ambito degli sforzi volti a conseguire una pace giusta e duratura tra israeliani e palestinesi; sottolinea ancora una volta il ruolo centrale del Quartetto e continua a sostenere gli sforzi dell'Alto rappresentate volti a dar vita a una prospettiva credibile per il rilancio del processo di pace;
20. ribadisce il suo appello per la cessazione immediata, duratura e incondizionata del blocco della Striscia di Gaza per quanto concerne le persone e il flusso di aiuti umanitari e di merci, come pure per l'adozione di misure che consentano la ricostruzione e la ripresa economica della regione; chiede altresì che sia creato un meccanismo efficace di controllo che impedisca il contrabbando delle armi dirette a Gaza, riconoscendo le legittime esigenze di Israele in termini di sicurezza; prende atto della decisione del Consiglio di prolungare il mandato della missione dell'UE di assistenza alle frontiere per il valico di Rafah fino al 30 giugno 2013 e si attende che adempia i propri compiti e svolga un ruolo decisivo ed efficace per quanto concerne la gestione quotidiana delle relazioni transfrontaliere e il rafforzamento della fiducia tra Israele e l'Autorità palestinese; invita Hamas a riconoscere lo Stato di Israele e a fornire il proprio appoggio alla soluzione fondata su due Stati; invita inoltre Hamas a porre fine alle violenze esercitate sia internamente che esternamente nei confronti dello Stato di Israele;
21. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al rappresentante speciale dell'Unione europea per il processo di pace in Medio Oriente, al presidente dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, ai governi e ai parlamenti dei membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, all'inviato del Quartetto per il Medio Oriente, alla Knesset e al governo israeliano, al presidente dell'Autorità palestinese e al Consiglio legislativo palestinese.
Violenza contro le lesbiche e diritti degli LGBT in Africa
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Risoluzione del Parlamento europeo del 5 luglio 2012 sulla violenza contro le donne lesbiche e sui diritti di lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali (LGBTI) in Africa (2012/2701(RSP))
– viste la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (UDHR), la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR) e la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli (ACHPR),
– viste la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW) e la piattaforma d'azione di Pechino, che sottolineano il diritto di tutte le donne a esercitare il controllo sulle questioni relative alla loro sessualità e decidere liberamente e in modo responsabile in merito, senza coercizioni, stigmatizzazioni e violenze,
– viste la risoluzione del Consiglio dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite A/HRC/17/19, del 17 giugno 2011, sui diritti umani, l'orientamento sessuale e l'identità di genere, e la relazione dell'alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, del 17 novembre 2011, sulle leggi e pratiche discriminatorie e gli atti di violenza contro singoli individui fondati sull'orientamento sessuale e l'identità di genere,
– vista la discussione a livello di esperti in seno al Consiglio dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite in merito ai diritti umani, all'orientamento sessuale e all'identità di genere, del 7 marzo 2012,
– vista la dichiarazione di Navanethem Pillay, alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, al gruppo di esperti in materia di diritti umani, orientamento sessuale e identità di genere, in occasione della 19a sessione del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani tenutasi il 7 marzo 2012,
– vista la relazione annuale 2012 di Amnesty International sulla situazione dei diritti umani nel mondo, secondo cui l'intolleranza nei confronti di lesbiche, gay, bisessuali e transgender (LGBT) è aumentata in Africa,
– viste la seconda revisione dell'accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro (accordo di Cotonou), e le clausole sui diritti umani ivi contenute, in particolare l'articolo 8, paragrafo 4, e l'articolo 9,
– visti l'articolo 2, l'articolo 3, paragrafo 5, e l'articolo 21 del trattato sull'Unione europea (TUE) e l'articolo 10 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), che sanciscono l'impegno dell'Unione europea e degli Stati membri a favore della difesa e della promozione dei diritti umani universali nonché della tutela dei singoli individui, nell'ambito delle loro relazioni con il resto del mondo,
– visto il piano d'azione dell'Unione europea sulla parità di genere e l'emancipazione delle donne nello sviluppo (2010-2015),
– viste le dichiarazioni del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e del presidente del Parlamento europeo in occasione della giornata internazionale contro l'omofobia nel 2010, 2011 e 2012,
– visto lo strumentario per la promozione e la tutela dell'esercizio di tutti i diritti umani da parte di lesbiche, gay, bisessuali e transgender (LGBT) adottato dal Consiglio (strumentario LGBT),
– viste la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce uno strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo, presentata dalla Commissione il 7 dicembre 2011 (COM(2011)0840), e la comunicazione della Commissione, del 13 ottobre 2011, dal titolo «Potenziare l'impatto della politica di sviluppo dell'Unione europea: un programma di cambiamento» (COM(2011)0637),
– viste le sue risoluzioni del 17 dicembre 2009 sulla proposta di legge contro l'omosessualità in Uganda(1), del 16 dicembre 2010 sulla cosiddetta «legge Bahati» e la discriminazione nei confronti della popolazione LGBT in Uganda(2), del 17 febbraio 2011 sull'uccisione di David Kato in Uganda(3) e del 28 settembre 2011 sui diritti umani, l'orientamento sessuale e l'identità di genere nel quadro delle Nazioni Unite(4),
– vista la sua risoluzione del 7 maggio 2009 sull'integrazione della dimensione di genere nelle relazioni esterne dell'Unione europea e nel consolidamento della pace/dello Stato(5),
– visti l'articolo 122, paragrafo 5, e l'articolo 110, paragrafo 4 del suo regolamento,
A. considerando che tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti; che tutti gli Stati hanno l'obbligo di prevenire la violenza e l'incitamento all'odio fondati sull'orientamento sessuale, l'identità di genere e l'espressione di genere nonché di rispettare i principi di parità tra donne e uomini;
B. considerando che le donne lesbiche, bisessuali, transgender e intersessuali godono dei medesimi diritti di tutte le altre donne e di tutti gli altri uomini, e che tali diritti vanno tutelati a prescindere dall'orientamento sessuale, dall'identità di genere o dall'espressione di genere;
C. considerando che alcuni paesi africani hanno svolto un ruolo di primo piano nelle azioni volte a difendere i diritti umani e le libertà fondamentali; che la costituzione post-apartheid del Sud Africa è stata la prima al mondo a vietare la discriminazione basata sull'orientamento sessuale e che il Sud Africa è stato il promotore della risoluzione del Consiglio dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite A/HRC/17/19 sui diritti umani, l'orientamento sessuale e l'identità di genere;
D. considerando che vi sono leader e movimenti politici in grado di guidare il processo verso il cambiamento e il rafforzamento dei diritti umani e di quelli delle donne, nonché di lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali (LGBTI) in Africa;
E. considerando la crescente stigmatizzazione e violenza contro le donne lesbiche, bisessuali, transgender e intersessuali, nonché contro le donne percepite come tali, da parte delle forze pubbliche e di polizia, delle famiglie delle interessate e dei membri della comunità in Africa, ovvero un fenomeno che costituisce una preoccupazione condivisa come testimoniano le numerose dichiarazioni del Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon, e dell'alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Navanethem Pillay, nonché la risoluzione A/HRC/17/19, adottata dal Consiglio per i diritti dell'uomo delle Nazioni Unite sui diritti umani, l'orientamento sessuale e l'identità di genere;
F. considerando che in occasione della discussione annuale sulle donne impegnate nella difesa dei diritti umani, tenutasi il 25 e 26 giugno 2012 in seno al Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti dell'uomo, Margret Sekaggya, relatore speciale delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani, ha sottolineato che le violazioni nei confronti delle donne impegnate nella difesa dei diritti umani assumono una forma specifica legata al genere e spaziano dall'abuso verbale basato sul genere all'abuso sessuale e allo stupro; che le donne sono considerate come oppositrici delle norme sociali consolidate, della cultura o delle tradizioni oppure delle prescrizioni religiose, e di conseguenza sono stigmatizzate; che le donne impegnate nella difesa dei diritti umani necessitano di un'attenzione particolare poiché le sofferenze alle quali sono sottoposte nel loro lavoro in alcuni casi superano quelle dei colleghi uomini;
G. considerando che le donne che violano le norme sociali e culturali rischiano di essere etichettate come lesbiche e quindi di cadere vittime di comportamenti violenti da parte di uomini e/o di trattamenti degradanti e che ciò ha l'effetto di reprimere l'espressione della sessualità e la libertà di scelta di tutte le donne, anche eterosessuali; che i diritti in materia di sessualità sono legati all'autonomia fisica e alla libertà di scelta di tutte le donne;
H. considerando che in Africa l'omosessualità femminile è legale in 27 paesi e illegale in altri 27, che l'omosessualità maschile è legale in 16 paesi e illegale in 38, che l'omosessualità è punita con la pena di morte in Mauritania e Sudan nonché in parti della Somalia e della Nigeria, e che un deputato ha presentato al parlamento ugandese un disegno di legge che prevede la pena di morte per l'omosessualità;
I. considerando che le leggi che definiscono reato le relazioni tra persone dello stesso sesso e l'omosessualità contribuiscono a creare un clima che favorisce la violenza contro le donne lesbiche o considerate tali;
J. considerando che si registrano in tutte le regioni del mondo uccisioni, torture, detenzioni, violenze, stigmatizzazioni e incitazioni all'odio nei confronti delle persone LGBTI, talvolta legittimate dalla legge; che si sono verificati ripetuti atti di violenza e aggressione contro le lesbiche in diversi paesi africani;
K. considerando che la lotta per l'uguaglianza e la giustizia nonché per la visibilità e i diritti delle lesbiche è strettamente legata alla lotta globale a favore dei diritti umani delle donne; che anche le lesbiche, al pari di molte altre donne, subiscono violenze, non solo in quanto donne ma anche in ragione del loro orientamento sessuale;
L. considerando che nel febbraio 2012 in Camerun dieci donne sono state arrestate e altre tre sono state accusate per la prima volta per comportamenti omosessuali; che gli arresti e i pestaggi da parte della polizia proseguono e che l'ultimo caso documentato risale al 24 giugno 2012; che l'avvocato Alice Nkom ha subito in numerose occasioni minacce di morte e di violenza per aver difeso persone accusate di omosessualità; che una riunione di persone LGBTI a Yaoundé è stata violentemente interrotta da una banda il 19 maggio 2012;
M. considerando che il senato della Liberia sta attualmente discutendo una proposta per estendere ulteriormente il divieto imposto sulle relazioni omosessuali previsto dalla legislazione in vigore; che aumentano le intimidazioni da parte dei media e del pubblico nei confronti delle persone LGBTI; che uomini armati hanno recentemente attaccato due donne lesbiche in Liberia;
N. considerando che in Malawi l'omosessualità femminile è stata vietata per la prima volta nel gennaio 2011; che il nuovo presidente Joyce Banda ha dichiarato l'intenzione di invitare il parlamento ad abrogare le leggi che definiscono reato l'omosessualità;
O. considerando che la Nigeria intende definire reato la registrazione, il funzionamento e la sussistenza di determinate organizzazioni nonché i relativi incontri o cortei, vietando così attività che rientrano strettamente nella sfera privata;
P. considerando che in Sud Africa i cosiddetti «stupri correttivi» di lesbiche e donne transgender non accennano a diminuire; che le discussioni sulla tutela costituzionale delle vittime di discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale stanno fomentando le violenze nei confronti delle persone LGBTI; considerando che l'attivista gay Thapelo Makutle è stato recentemente torturato e ucciso, che la ventiduenne lesbica Phumeza Nkolonzi ha ricevuto un colpo di arma da fuoco alla testa in ragione del suo orientamento sessuale e che Neil Daniels è stato pugnalato, mutilato e arso vivo in quanto gay;
Q. considerando che lo Swaziland si sta impegnando attivamente per la prevenzione e la cura dell'HIV/AIDS presso le categorie a rischio, anche per quanto concerne le donne, e gli uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini, nonostante nel paese l'omosessualità sia considerata reato;
R. considerando che in Uganda, nel febbraio e nel giugno 2012, le forze di polizia e il ministero dell'Etica e dell'integrità hanno interrotto riunioni private di attivisti dei diritti umani senza mandato e in violazione della libertà di riunione dei cittadini; che il ministro prevede la messa al bando di 38 organizzazioni ritenute attive nel settore dei diritti umani delle persone LGBTI; che il disegno di legge contro l'omosessualità presentato nel 2009 è tuttora in fase di discussione e che lo stesso potrebbe comprendere disposizioni inaccettabili tra cui la pena di morte; che dai processi e dalle indagini condotti in Uganda e negli Stati Uniti è emerso il ruolo svolto, tra gli altri, da Scott Lively e da Abiding Truth Ministries, un gruppo fondamentalista evangelico statunitense, nell'ambito non solo della diffusione dell'odio e dell'intolleranza fondati sull'orientamento sessuale ma anche dell'introduzione della legge;
Discriminazioni e violenze nei confronti delle lesbiche in Africa
1. condanna in maniera decisa qualunque forma di violenza e discriminazione contro le lesbiche nei paesi africani interessati dal fenomeno, ivi incluse le manifestazioni estreme come gli stupri «correttivi» e le altre forme di violenza sessuale;
2. esprime il proprio deciso sostegno per le campagne e le iniziative finalizzate all'abolizione di tutte le leggi discriminatorie nei confronti delle donne e delle persone LGBTI; invita i paesi africani dove tuttora sono in vigore leggi discriminatorie ad abrogarle immediatamente, anche per quanto concerne quelle che vietano l'omosessualità o che legittimano le discriminazioni nei confronti delle donne dal punto di vista dei diritti in materia di stato civile, proprietà e successione;
3. conferma che la lotta per i diritti fondamentali e i diritti umani delle lesbiche in Africa è strettamente connessa alla tutela della salute di tutte le donne in ambito sessuale e riproduttivo; invita pertanto l'Unione europea ad assumere un deciso impegno, in termini di risorse e politiche, a sostegno della salute in ambito sessuale e riproduttivo nel quadro delle relazioni con i paesi partner africani;
4. invita le competenti autorità africane a tutelare efficacemente tutte le donne dagli omicidi, dai cosiddetti stupri «correttivi» e dalle altre forme di violenza sessuale assicurando altresì i responsabili alla giustizia;
5. rileva che la stigmatizzazione e le violenze nei confronti delle donne lesbiche, bisessuali, transgender e intersessuali spesso sono strettamente legate alla discriminazione;
6. esprime la propria solidarietà e il proprio sostegno per tutti gli attori che si battono per un più deciso programma di interventi a favore dei diritti delle donne;
7. invita la Commissione e gli Stati membri a sostenere le organizzazioni africane delle donne e quelle di LGBTI nella loro lotta per la parità, l'autonomia fisica e il diritto alla libertà sessuale per tutte le donne e le persone LGBTI; evidenzia, nel contempo, la necessità di riservare particolare attenzione alle lesbiche appartenenti al movimento che riunisce donne e LGBTI, oltre che ad altri movimenti sociali, al fine di denunciare le doppie e talvolta molteplici discriminazioni cui sono soggette le lesbiche nei paesi africani;
8. invita la Commissione, il Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) e gli Stati membri ad accelerare la realizzazione degli obiettivi stabiliti dal piano d'azione dell'Unione europea sulla parità di genere e l'emancipazione delle donne nello sviluppo, riservando particolare attenzione ai diritti delle donne lesbiche, bisessuali, transgender e intersessuali, sia nell'ambito delle relazioni con i paesi terzi che in sede di concessione del loro sostegno alle organizzazioni non governative e ai difensori dei diritti umani;
I diritti delle persone LGBTI in Africa
9. invita tutti i 76 paesi del mondo in cui l'omosessualità è illegale, ivi inclusi i 38 paesi africani, a depenalizzarla;
10. denuncia l'incitamento all'odio e alla violenza fondati sull'orientamento sessuale, l'identità di genere o l'espressione di genere; invita i summenzionati paesi a rispettare il diritto delle persone LGBTI alla vita e alla dignità; condanna qualunque atto di violenza, discriminazione, stigmatizzazione e umiliazione nei loro confronti;
11. invita i leader politici e religiosi a condannare le persecuzioni e le discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale e a prendere posizione in maniera decisa contro l'omofobia unendosi all'appello alla solidarietà e alla giustizia, in contrapposizione all'ingiustizia e al pregiudizio, formulato dall'arcivescovo Desmond Tutu;
12. invita il SEAE, la Commissione e gli Stati membri a ricordare ai paesi africani, nell'ambito del dialogo politico con questi ultimi, l'obbligo di tenere fede agli impegni assunti in virtù di strumenti e convenzioni internazionali vincolanti in materia di diritti umani, e in particolare di rispettare e sostenere il diritto alla non discriminazione per motivi legati all'orientamento sessuale e all'identità di genere;
13. accoglie favorevolmente il fatto che alcuni paesi africani, tra cui Capo Verde, la Repubblica centrafricana, il Gabon, la Guinea-Bissau, il Malawi, le isole Maurizio, il Ruanda, Sao Tomé e Principe, il Sud Africa e lo Swaziland, si sono detti contrari a considerare reato l'omosessualità, oppure si sono impegnati a depenalizzarla, o ancora hanno garantito alle persone LGBTI l'accesso all'assistenza sanitaria;
14. invita il gruppo dei paesi ACP ad avviare un dialogo aperto, costruttivo e improntato al rispetto reciproco;
15. invita i paesi africani a garantire l'incolumità dei difensori dei diritti di LGBTI e chiede all'UE di sostenere la società civile africana con programmi finalizzati allo sviluppo di capacità;
16. esorta la Commissione, il SEAE e gli Stati membri ad avvalersi dello strumentario LGBT nella sua totalità per incoraggiare i paesi terzi a depenalizzare l'omosessualità, contribuire a ridurre le violenze e le discriminazioni nonché tutelare i difensori dei diritti umani delle persone LGBTI;
17. invita la Commissione, e in particolare il suo vicepresidente nonché alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Catherine Ashton, a intraprendere iniziative concrete, avvalendosi di tutti gli strumenti a disposizione, per esercitare pressioni a favore della tutela dalle discriminazioni e dalle persecuzioni fondate sull'orientamento sessuale e per sollevare le questioni in esame nell'ambito delle relazioni e dei dialoghi dell'UE con i paesi terzi;
o o o
18. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, agli Stati membri, al Segretario generale del gruppo dei paesi ACP, a tutti gli ambasciatori di detti paesi presso l'Unione europea, al parlamento sudafricano, all'Unione africana e alle sue istituzioni.
– viste le sue precedenti risoluzioni sulla Bielorussia, in particolare quelle del 29 marzo 2012(1), del 16 febbraio 2012(2), del 15 settembre 2011(3), del 12 maggio 2011(4), del 10 marzo 2011(5), del 20 gennaio 2011(6), del 10 marzo 2010(7) e del 17 dicembre 2009(8),
– vista la dichiarazione resa il 28 giugno 2012 dall'alto rappresentante dell'Unione, Catherine Ashton, sulla situazione in Bielorussia,
– visto il comunicato stampa rilasciato il 22 giugno 2012 da Dunja Mijatovic, rappresentante dell'OSCE per la libertà dei mezzi d'informazione, sull'arresto del giornalista polacco-bielorusso Andrzej Poczobut,
– vista la dichiarazione scritta n. 523 rilasciata il 26 giugno 2012 dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, nella quale si chiede la liberazione del giornalista polacco-bielorusso Andrzej Poczobut incarcerato in Bielorussia,
– viste le conclusioni del Consiglio europeo del 1° e 2 marzo 2012, in cui viene espressa profonda preoccupazione per l'ulteriore deterioramento della situazione in Bielorussia,
– vista la decisione di esecuzione del Consiglio 2012/126/PESC, del 28 febbraio 2012, che attua la decisione 2010/639/PESC relativa a misure restrittive nei confronti della Bielorussia(9),
– viste le conclusioni del Consiglio sull'avvio di un dialogo europeo in materia di modernizzazione con la società bielorussa (3157ª sessione del Consiglio «Affari esteri» svoltasi il 23 marzo 2012 a Bruxelles),
– visto il regolamento (UE) n. 354/2012 del Consiglio, del 23 aprile 2012, che modifica il regolamento (CE) n. 765/2006 relativo a misure restrittive nei confronti della Bielorussia(10),
– vista la dichiarazione resa il 28 febbraio 2012 dall'alto rappresentante Catherine Ashton in merito alla sua decisione di richiamare il capo della delegazione dell'UE a Minsk e alla decisione del governo polacco di richiamare il proprio ambasciatore in Bielorussia,
– vista la decisione 2012/36/PESC del Consiglio, del 23 gennaio 2012, recante modifica della decisione 2010/639/PESC relativa a misure restrittive nei confronti della Bielorussia(11),
– vista la risoluzione 1857(2012) dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, del 25 gennaio 2012, sulla situazione in Bielorussia, in cui vengono condannate le continue persecuzioni cui sono sottoposti i membri dell'opposizione e le vessazioni cui sono soggetti gli attivisti della società civile, i mezzi d'informazione indipendenti e i difensori dei diritti umani in Bielorussia,
– vista la relazione dell' dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani del 10 aprile 2012 e la risoluzione n. 17/24 del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti dell'uomo del 17 giugno 2011 sulla situazione dei diritti umani in Bielorussia,
– viste la dichiarazione del vertice per il partenariato orientale tenutosi a Praga dal 7 al 9 maggio 2009 e la dichiarazione sulla situazione in Bielorussia approvata durante il vertice per il partenariato orientale svoltosi a Varsavia il 30 settembre 2011,
– vista la dichiarazione congiunta rilasciata dai ministri degli Affari esteri dei paesi del gruppo di Visegrad e di Estonia, Lettonia e Lituania il 5 marzo 2012 a Praga,
– vista la dichiarazione della piattaforma nazionale bielorussa in seno al forum della società civile sul partenariato orientale, rilasciata il 2 marzo 2012 a Minsk,
– viste le conclusioni sulla Bielorussia adottate dal Consiglio durante la 3101a riunione del Consiglio «Affari esteri», il 20 giugno 2011 a Bruxelles,
– vista la dichiarazione resa il 10 aprile 2011 dal portavoce dell'alto rappresentante dell'UE, Catherine Ashton, sulla repressione dei mezzi d'informazione indipendenti in Bielorussia,
– visti l'articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, l'articolo 19 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e l'articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
– visti l'articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948 e la dichiarazione delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani del dicembre 1998,
– visti l'articolo 122, paragrafo 5, e l'articolo 110, paragrafo 4, de son règlement,
A. considerando che il 21 giugno 2012 è stato arrestato nella città di Grodno, in Bielorussia, il corrispondente del quotidiano polacco Gazeta Wyborcza Andrzej Poczobut, figura di spicco fra gli attivisti della minoranza polacca in Bielorussa e presidente del consiglio dell'Unione dei polacchi di Bielorussia;
B. considerando che l'appartamento di Poczobut a Grodno è stato perquisito dall'Ufficio del procuratore e gli sono stati confiscati materiali; che le forze dell'ordine hanno quindi perquisito la sede di Grodno dell'Unione dei polacchi, di cui Poczobut è il locatario ufficiale, dove hanno sequestrato attrezzature informatiche;
C. considerando che considerando che Andrzej Poczobut è stato accusato di presunta diffamazione nei confronti del Presidente Alyaksandr Lukashenko ai sensi dell'articolo 367 del codice penale della Repubblica di Bielorussia, in ragione di dodici articoli pubblicati sui siti web di Charter 97 e Belarusian Partisan, imperniati, fra l'altro, sul processo agli autori dell'attentato nella metropolitana dell'anno scorso;
D. considerando che Poczobut ha già scontato, in passato, tre mesi di carcere ed è già stato condannato a una pena di tre anni con la sospensione condizionale per il medesimo capo d'accusa, ovvero le presunte calunnie al Presidente contenute in un articolo pubblicato sul quotidiano Gazeta Wyborcza e su un sito web bielorusso; che rischia una condanna a provvedimenti restrittivi o alla reclusione fino a sette anni e nove mesi, compresa la pena con la sospensione condizionale;
E. considerando che il 30 giugno 2012 Poczobut è stato rilasciato dal carcere con la condizionale, dietro la firma di una dichiarazione in cui si impegna a non lasciare il suo domicilio;
F. considerando che il 5 luglio 2011 il tribunale Leninski di Grodno ha emesso un verdetto di non colpevolezza nei confronti di Poczobut a norma dell'articolo 368, parte I, del codice penale per l'accusa di insulto al Presidente, dichiarandolo tuttavia colpevole, a norma dell'articolo 367, parte I, del medesimo codice per l'accusa di diffamazione nei confronti del Presidente;
G. considerando che l'ultimo arresto di Poczobut il 21 giugno 2012 ha coinciso con una protesta pacifica, organizzata dall'Unione dei polacchi sotto la sua guida, contro la «russificazione» forzata di una scuola polacca di Grodno da parte del regime di Lukashenko, durante la quale sono state arrestate circa venti persone;
H. considerando che la legge sui mezzi d'informazione bielorussa, entrata in vigore nel 2008, è per sua stessa natura restrittiva, in quanto prevede il controllo delle attività giornalistiche mediante vari provvedimenti, quali la censura televisiva e radiofonica, la sorveglianza dell'attività dei giornalisti indipendenti e il controllo esercitato sulle case editrici;
I. considerando che, secondo l'articolo 19 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, ogni individuo ha diritto a non essere molestato per le proprie opinioni e ha diritto alla libertà di espressione, mentre l'articolo 34 della Costituzione bielorussa garantisce la libertà di parola; che osservatori e giornalisti di mezzi d'informazione indipendenti e internazionali hanno ripetutamente denunciato le limitazioni attuate dal governo ai danni della libertà di parola e dei mezzi d'informazione;
J. considerando che, in seguito al suo arresto nell'aprile 2011, Poczobut è stato riconosciuto da Amnesty International (come) prigioniero di coscienza;
K. considerando che il caso di Andrzej Poczobut rientra in un contesto più ampio di continue e incessanti vessazioni ai danni della società civile, della minoranza polacca e dei difensori dei diritti umani che ha fatto seguito alle elezioni presidenziali del dicembre 2010, determinando un drastico peggioramento della situazione dei diritti umani e delle libertà civili e politiche in Bielorussia;
L. considerando che vengono costantemente segnalate vessazioni sistematiche nei confronti di rappresentanti della società civile in Bielorussia; che di recente si sono verificati altri casi di arresto, nei confronti di personaggi come gli attivisti dell'opposizione democratica Alyaksandr Artsybashaw, Paval Vinahradaw e Siarhei Kavalenka, come pure la detenzione dei giornalisti Aliaksandr Barazenka, Siarhei Balai, Alina Radachynskaya e Ina Studzinskay e degli attivisti dell'organizzazione Tell the Truth Hanna Kurlovich, Mikhail Pashkevich, Aliaksandr Ulitsionak e Siarhei Vazniak;
M. considerando che Ales Bialiatski, presidente dell'associazione Viasna e vicepresidente della Federazione internazionale dei diritti umani, detenuto in una colonia penale nella città di Bobruiks, è stato recentemente sottoposto a nuove pressioni e misure restrittive illegali da parte dell'amministrazione giudiziaria, nel chiaro intento di obbligarlo ad ammettere la propria presunta colpevolezza;
N. considerando che il 24 maggio 2012 Aleh Volchek, ex presidente di Legal Aid to the Population, un'organizzazione che, fino alla sua chiusura nel 2003, forniva assistenza legale, è stato arrestato da agenti di polizia in borghese che l'hanno accusato di «turpiloquio in luogo pubblico»; che lo stesso giorno è stato condannato a scontare nove giorni di detenzione amministrativa a norma dell'articolo 17, paragrafo 1, del codice degli illeciti amministrativi («ingiuria a pubblico ufficiale»); che Volchek era stato precedentemente condannato, nel gennaio 2012, a quattro giorni di detenzione amministrativa con l'accusa di aver usato un linguaggio osceno in pubblico; che il suo nome figura nell'elenco delle persone cui è proibito lasciare la Bielorussia;
O. considerando che, dall'inizio del marzo 2012, quindici politici dell'opposizione, giornalisti indipendenti e difensori dei diritti umani si sono visti negare il diritto di lasciare il Paese con diversi pretesti, mentre le autorità bielorusse starebbero considerando la possibilità di stilare un elenco di 108 difensori dei diritti umani e oppositori al fine di interdire loro l'uscita dal Paese;
P. considerando che il 14 giugno 2012 il Parlamento bielorusso ha approvato una serie di emendamenti alla legge sugli organi di sicurezza dello Stato, che conferiscono ampi poteri al KGB della Bielorussia, tra cui il libero ricorso a misure coercitive; che, in virtù della nuova legislazione, il KGB è autorizzato a violare liberamente il domicilio privato e ad arrestare, senza alcuna restrizione, cittadini bielorussi, diplomatici e rappresentanti di istituzioni internazionali;
Q. considerando che nel corso del 2011 almeno 95 giornalisti sono stati detenuti durante le «manifestazioni silenziose», 22 giornalisti sono stati processati e 13 sono stati condannati alla detenzione amministrativa di diversa durata; che alla fine del 2011 le autorità bielorusse hanno ulteriormente inasprito i controlli su Internet, anche mediante l'introduzione di nuove misure di regolamentazione della rete;
R. considerando il timore che i tentativi delle autorità bielorusse di avviare procedimenti penali nei confronti dei militanti dell'opposizione siano divenuti un pretesto per impedire legalmente a questi ultimi di lasciare il Paese e di interagire con le Nazioni Unite e altri organismi;
1. condanna fermamente il recente arresto di Andrzej Poczobut, un giornalista del quotidiano polacco Gazeta Wyborcza, e le accuse mosse nei suoi confronti;
2. si compiace per la liberazione di Andrzej Poczobut e insiste affinché siano abbandonate le indagini e ritirate le accuse nei suoi confronti;
3. esprime profonda preoccupazione per il deterioramento della situazione degli attivisti per i diritti umani in Bielorussia e condanna tutte le minacce cui sono esposti i giornalisti e chiunque eserciti il proprio diritto alla libertà di espressione;
4. invita i ministri degli Esteri del partenariato orientale, che terranno la loro quarta riunione il 23 e 24 luglio 2012 a Bruxelles, a esaminare e a discutere il deterioramento della situazione dei diritti umani in Bielorussia e il caso di Andrzej Poczobut;
5. chiede la cessazione delle vessazioni giudiziarie nei confronti di giornalisti, attivisti della società civile e difensori dei diritti umani e invita le autorità bielorusse a porre fine alle loro attuali politiche repressive;
6. ritiene, in tale contesto e tenuto conto della repressione senza precedenti nei confronti della società civile in Bielorussia in seguito alle elezioni presidenziali del dicembre 2010 e all'indomani delle stesse (durante le quali almeno 21 cronisti sono stati picchiati e 27 giornalisti sono stati posti in stato di fermo, 13 dei quali successivamente condannati a una pena detentiva di 10-15 giorni), che il procedimento intentato nei confronti di Andrzej Poczobut abbia una matrice politica e sia inteso a ostacolare la sua attività legittima di giornalista e di leader di una minoranza nazionale;
7. esprime viva preoccupazione per la sospensione condizionale della pena detentiva di tre anni inflitta ad Andrzej Poczobut per presunti «reati» analoghi; teme che la sospensione possa essere revocata, in quanto la «sospensione condizionale» implica la possibilità di tornare in prigione, in qualsiasi momento, a totale discrezione del regime di Lukashenko, qualora le autorità decidano che Andrzej Poczobut abbia nuovamente «violato la legge» nell'esercizio della sua attività giornalistica; ritiene che ciò costituisca a tutti gli effetti una forma di intimidazione e un tentativo di obbligarlo ad autocensurarsi;
8. deplora che le autorità bielorusse impediscano di fatto ai giornalisti di svolgere il loro lavoro, emanando leggi repressive volte a ridurre al silenzio la società civile e minacciando di ricorrere alle sanzioni penali per intimidire i difensori dei diritti umani e gli attivisti di minoranza;
9. ritiene che le autorità bielorusse abbiano di proposito utilizzato in maniera impropria e strumentalizzato la legislazione bielorussa e i meccanismi internazionali;
10. invita le autorità bielorusse a garantire, in qualsiasi circostanza, il rispetto dei principi democratici, dei diritti umani e delle libertà fondamentali, conformemente alla dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e agli strumenti internazionali e regionali sui diritti umani ratificati dalla Bielorussia; sottolinea che la libertà mediatica e la libertà d'espressione figurano tra i fondamenti della democrazia che le autorità bielorusse si sono impegnate a rispettare;
11. esorta le autorità bielorusse a riformare il diritto e a conformare la legislazione del Paese, segnatamente quella in materia di libertà di associazione e di espressione, alle norme internazionali, ad abolire la prassi della censura e dell'autocensura, nonché ad astenersi dal compiere ulteriori abusi di legge, quali ad esempio l'incarcerazione di oppositori politici, la riduzione al silenzio di giornalisti, le vessazioni nei confronti di avvocati difensori indipendenti e l'applicazione di misure di controllo su Internet;
12. esorta le autorità della Bielorussia ad abrogare gli emendamenti a diversi atti normativi adottati dal parlamento nell'ottobre 2011, volti a limitare ulteriormente la libertà di associazione, di riunione, di opinione e di espressione;
13. esorta altresì le autorità bielorusse a porre fine alle detenzioni arbitrarie di breve durata e alle interdizioni arbitrarie di viaggio, che sembrano essere finalizzate a intimidire i difensori dei diritti umani, i media, l'opposizione politica e gli attivisti della società civile, impedendo loro di svolgere il proprio lavoro;
14. ritiene che il trasferimento di Mykola Statkevych in segregazione cellulare costituisca un atto di repressione e un tentativo di obbligarlo a firmare la richiesta di grazia; invita pertanto la Commissione e il SEAE a intervenire a tale riguardo;
15. invita le autorità bielorusse a porre immediatamente termine a qualsiasi forma di pressione sui giornalisti e i professionisti dei media e a ritirare tutte le accuse nei confronti di giornalisti perseguiti per la loro attività professionale, nonché ad adottare misure volte a riabilitarli; chiede alle medesime autorità di garantire la libertà d'espressione e di creare un ambiente legale e prassi giuridiche che favoriscano l'effettiva libertà dei media, di abolire la pratica della censura e dell'autocensura, nonché di garantire che le misure di controllo su Internet non superino un livello minimo e che la regolamentazione del settore non comporti la censura dei media elettronici e della libertà di parola;
16. sottolinea che un eventuale impegno dell'Unione europea nei confronti della Bielorussia è soggetto a condizioni rigorose e subordinato all'impegno da parte bielorussa a rispettare i diritti umani e lo Stato di diritto, come affermato nella dichiarazione comune del vertice di Praga per il partenariato orientale del 7 maggio 2009, sottoscritta anche dal governo bielorusso;
17. invita il Consiglio e la Commissione a intensificare il loro impegno nei confronti delle organizzazioni della società civile in Bielorussia e a promuovere i contatti interpersonali;
18. chiede agli Stati membri dell'Unione europea che siedono attualmente nel Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite a non tralasciare alcuno sforzo in seno a tale organo al fine di istituire, per un periodo minimo di due anni, un mandato specifico, come ad esempio un relatore speciale, sulla situazione dei diritti umani in Bielorussia; rileva che un siffatto meccanismo svolgerebbe altresì un ruolo importante nel documentare le violazioni in maniera indipendente e nel verificare l'attuazione delle raccomandazioni di diversi organismi delle Nazioni Unite, in particolare di quelle formulate nell'ultimo rapporto dell'Alto commissario per i diritti umani;
19. ribadisce la necessità di approfondire i rapporti e il dialogo politico tra l'Unione europea e i paesi limitrofi orientali nel quadro del partenariato orientale, ivi inclusa la sua dimensione parlamentare, l'Assemblea parlamentare Euronest, nel comune intento di garantire le riforme democratiche in Bielorussia;
20. esorta le autorità bielorusse, in vista delle elezioni politiche del 2012, a proseguire la riforma della legge e della prassi elettorale, tenendo conto di tutte le raccomandazioni formulate dall'Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani dell'OSCE e dalla Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto, attenendosi nel contempo a tutte le norme democratiche internazionali;
21. invita gli Stati membri a valutare l'efficacia delle vigenti misure restrittive nei confronti della Bielorussia e a considerare la possibilità di inasprire le sanzioni in vigore, ampliando l'elenco dei cittadini bielorussi soggetti al divieto di rilascio del visto e al congelamento dei beni;
22. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al Consiglio, alla Commissione, nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, alle assemblee parlamentari dell'OSCE e del Consiglio d'Europa e al parlamento e al governo della Bielorussia.
– viste le relazioni presentate nel quadro della Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW) e del relativo protocollo opzionale, nonché la Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti,
– vista la Convenzione sui diritti del fanciullo,
– vista la Conferenza internazionale sulla popolazione e lo sviluppo (ICPD), tenutasi al Cairo nel 1994,
– viste la politica del figlio unico e la normativa in materia di aborto in vigore in Cina,
– visti l'articolo 122, paragrafo 5, e l'articolo 110, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che il 2 giugno 2012 nella contea di Zhenping (provincia di Shanxi) una donna al settimo mese di gravidanza, Feng Jianmei, è stata prelevata dalla sua abitazione e costretta a subire un aborto forzato, e che la sua vicenda ha scatenato un'ondata di indignazione e condanna in Cina e nel mondo intero;
B. considerando che la normativa cinese sancisce il divieto di abortire oltre il sesto mese di gravidanza; che, secondo le conclusioni di un'inchiesta condotta dalle autorità della città di Ankang, i funzionari della contea di Zhenping hanno fatto uso di «mezzi primitivi» e «persuaso» la donna ad abortire; che il rapporto d'inchiesta precisa che questa decisione costituisce una violazione dei suoi diritti; che le autorità di Ankang hanno annunciato che i responsabili locali della pianificazione familiare coinvolti nel caso saranno soggetti a sanzioni, tra cui il licenziamento;
C. considerando che, secondo l'inchiesta, i funzionari locali hanno chiesto alla famiglia di Feng Jianmei un «deposito di garanzia» di 40 000 RMB che, secondo il marito della donna, costituiva un'ammenda per il secondo figlio; che la richiesta delle autorità locali di incassare tale deposito è priva di fondamento giuridico; che Feng Jianmei è stata costretta a firmare un modulo in cui dava il consenso all'interruzione della gravidanza per non pagare l'ammenda, ed è stata trattenuta all'ospedale da guardie;
D. considerando che, come conseguenza della politica del figlio unico, in Cina si praticano diffusamente aborti illegali selettivi in base al sesso e si viene così a creare uno squilibrio tra il numero di uomini e donne;
E. considerando che l'UE ha erogato e continua a erogare fondi alle organizzazioni coinvolte nelle politiche di pianificazione familiare in Cina;
1. sottolinea con forza che, in base al piano d'azione della Conferenza internazionale sulla popolazione e lo sviluppo, i programmi di pianificazione familiare devono essere finalizzati a consentire alle coppie e ai soggetti di prendere decisioni libere, responsabili e informate per quanto concerne la procreazione e a fornire un'ampia gamma di metodi di pianificazione familiare sicuri, efficaci e accettabili tra cui scegliere, senza lasciare spazio a nessuna forma di coercizione;
2. ribadisce il diritto fondamentale di tutte le donne di accedere ai sistemi pubblici di assistenza sanitaria, in particolare alle cure sanitarie primarie, ginecologiche e ostetriche secondo quanto stabilito dall'Organizzazione mondiale della sanità;
3. esprime il suo cordoglio alle famiglie delle vittime, condanna fermamente le vessazioni di cui sono oggetto e chiede che beneficino di protezione pubblica;
4. deplora con forza la decisione di costringere Feng Jianmei ad abortire e condanna la pratica delle sterilizzazioni e degli aborti forzati nel suo complesso, e in particolare nel contesto della politica del figlio unico;
5. valuta positivamente la decisione delle autorità della città di Ankang di risarcire la famiglia di Feng Jianmei e di punire con fermezza i funzionari locali coinvolti nel caso;
6. osserva che grazie a Internet il caso di Feng Jianmei ha avuto ampia risonanza e sottolinea l'importanza della libertà di espressione, anche online; accoglie con favore l'emergere di una sfera pubblica di dibattito, in parte grazie al microblogging;
7. rileva l'importanza del dibattito in corso tra intellettuali ed esponenti del mondo universitario in merito all'opportunità o meno di mantenere la politica del figlio unico in Cina;
8. esorta la Commissione a garantire che i suoi finanziamenti ai progetti non violino le osservazioni di cui alla sezione III, titolo 21, del bilancio generale dell'Unione europea per l'esercizio 2012;
9. invita la Commissione e il Servizio europeo per l'azione esterna a iscrivere l'aborto forzato all'ordine del giorno del prossimo dialogo bilaterale con la Cina in materia di diritti umani;
10. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, alla delegazione dell'Unione europea alle Nazioni Unite e al governo e al parlamento della Repubblica popolare cinese.
Educazione allo sviluppo e cittadinanza globale attiva
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Dichiarazione del Parlamento europeo del 5 luglio 2012 su educazione allo sviluppo e cittadinanza globale attiva
– visto il Consenso europeo in materia di sviluppo, in cui si sottolinea che «l'UE dedicherà particolare attenzione all'educazione allo sviluppo e ad una maggiore sensibilizzazione»,
– viste le conclusioni del Dialogo strutturato per quanto riguarda il ruolo della società civile e delle autorità locali in materia di sviluppo, che invita gli Stati membri dell'UE e la Commissione europea a rafforzare i propri sforzi relativamente all'educazione allo sviluppo e ad una maggiore sensibilizzazione,
– visto l'articolo 123 del suo regolamento,
A. considerando che l'educazione allo sviluppo e la sensibilizzazione sono aspetti fondamentali delle politiche europee per lo sviluppo, come indicato nel Consenso europeo in materia di sviluppo («Consenso europeo sullo sviluppo: il contributo dell'educazione allo sviluppo e della sensibilizzazione»);
B. considerando che, nonostante sia tra i principali finanziatori dell'educazione allo sviluppo in Europa, l'Unione europea non ha ancora elaborato una strategia mirata in questo settore;
C. considerando che in tempi di austerità, crisi e ascesa di movimenti nazionalisti e populisti, è particolarmente importante promuovere una cittadinanza globale attiva;
1. invita la Commissione e il Consiglio ad elaborare una strategia europea a lungo termine e intersettoriale in materia di educazione allo sviluppo, sensibilizzazione e cittadinanza globale attiva;
2. invita gli Stati membri ad elaborare o potenziare le proprie strategie nazionali in materia di educazione allo sviluppo;
3. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente dichiarazione, con l'indicazione dei nomi dei firmatari(1), alla Commissione, al Consiglio e ai parlamenti degli Stati membri.
A. considerando che la normativa europea sta evolvendo nella direzione di garantire la qualità dei prodotti alimentari e che tra i prodotti lattiero-caseari freschi il gelato artigianale rappresenta un'eccellenza in termini di qualità e sicurezza alimentare, che valorizza i prodotti agro-alimentari di ogni singolo Stato membro;
B. considerando che le scelte dei consumatori si orientano sempre di più verso alimenti sani, più nutrienti, più gustosi e ottenuti con metodi tradizionali che non si ripercuotano sull'ambiente;
C. considerando che il settore contribuisce al diretto impiego, soprattutto giovanile, di circa 300 000 lavoratori in circa 50 000 gelaterie in tutta Europa e che il consumo di gelato si sta progressivamente destagionalizzando, creando così un fatturato di centinaia di milioni di euro esteso durante tutto l'anno;
1. invita gli Stati membri a sostenere la produzione di qualità rappresentata dal gelato artigianale quale settore di competitività per l'economia europea, che rappresenta un'opportunità su cui puntare data l'attuale crisi che colpisce tra gli altri anche il settore lattiero-caseario;
2. istituisce la Giornata europea del gelato artigianale, da celebrarsi il 24 marzo, per contribuire alla promozione di questo prodotto e allo sviluppo della tradizione gastronomica di questo settore;
3. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente dichiarazione, con l'indicazione dei nomi dei firmatari(1), ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.