Raccomandazione del Parlamento europeo al Consiglio del 18 aprile 2013 recante una proposta di raccomandazione del Parlamento europeo destinata al Consiglio concernente il principio della «responsabilità di proteggere» (R2P) delle Nazioni Unite (2012/2143(INI))
Il Parlamento europeo,
– visti i valori, gli obiettivi, i principi e le politiche dell'Unione europea sanciti, tra l'altro, dagli articoli 2, 3 e 21 del trattato sull'Unione europea,
– vista la Carta delle Nazioni Unite,
– vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo,
– vista la Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio del 9 dicembre 1948,
– visto lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale (CPI),
– vista la risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite (UNGA) sulla responsabilità di proteggere (A/RES/63/308), del 7 ottobre 2009,
– vista la risoluzione 1674 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite dell'aprile 2006 e la risoluzione 1894 del novembre 2009 sulla protezione dei civili nei conflitti armati(1),
– viste le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 1325 (2000) e 1820 (2008) sulle donne, la pace e la sicurezza, 1888 (2009) sulla violenza sessuale contro donne e bambini in situazioni di conflitto armato, 1889 (2009) volta a rafforzare l'attuazione e il monitoraggio della risoluzione 1325 (2000) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, nonché 1960 (2010) che introduce un meccanismo per la compilazione dei dati e di un elenco relativi agli autori di violenza sessuale nei conflitti armati;
– vista la risoluzione 1970 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla Libia, del 26 febbraio 2011, che fa riferimento alla responsabilità di proteggere e autorizza varie misure non coercitive per evitare l'aggravarsi delle atrocità, e la risoluzione 1973 sulla situazione in Libia, del 17 marzo 2011, che autorizza gli Stati membri ad adottare tutte le misure necessarie per proteggere la popolazione civile e le aree abitate da civili e per la prima volta nella storia contiene un esplicito riferimento al primo pilastro della responsabilità di proteggere, cui hanno fatto seguito riferimenti analoghi nelle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 1975 sulla Costa d'Avorio, 1996 sul Sudan e 2014 sullo Yemen,
– visti i paragrafi 138 e 139 sui risultati del vertice mondiale delle Nazioni Unite del 2005(2),
– viste la relazione intitolata «The Responsibility to Protect» («La responsabilità di proteggere») (2011) della Commissione internazionale sull'intervento e la sovranità dello Stato, la relazione «A more secure world: our shared responsibility» («Un mondo più sicuro: la nostra responsabilità collettiva») (2004) (3) del gruppo di lavoro ad alto livello sui rischi, sulle sfide e sul cambiamento, e la relazione del Segretario generale delle Nazioni Unite dal titolo «In larger freedom: towards development, security and human rights for all» («In una più ampia libertà: verso lo sviluppo, la sicurezza e i diritti umani per tutti») (2005) (4),
– viste le relazioni del Segretario generale delle Nazioni Unite riguardanti «Implementing the Responsibility to Protect» («Attuare la responsabilità di proteggere») del 2009(5), «Early warning, assessment and the responsibility to protect» («L'allarme rapido, la valutazione e la responsabilità di proteggere») del 2010(6), «The role of regional and subregional arrangements in implementing the responsibility to protect» («Il ruolo degli accordi regionali e subregionali nell'attuazione della responsabilità di proteggere») del 2011(7) e «Responsibility to protect: timely and decisive response» («Responsabilità di proteggere: una risposta tempestiva e decisiva») del 2012(8),
– vista la relazione del novembre 2012 del comitato di valutazione interna del Segretario generale delle Nazioni Unite sulle azioni dell'ONU in Sri Lanka, che indaga sulla mancata protezione dei civili da parte della comunità internazionale dalle violazioni su larga scala del diritto umanitario e della legislazione in materia di diritti umani e che formula raccomandazioni circa le future azioni dell'ONU per far fronte in modo efficace a situazioni analoghe in cui sono perpetrati atroci crimini di massa,
– vista la relazione del Segretario generale dell'ONU dal titolo «Strengthening the role of mediation in the peaceful settlement of disputes, conflict prevention and resolution» («Rafforzare il ruolo della mediazione nella risoluzione pacifica delle controversie, nella prevenzione e nella risoluzione dei conflitti») del 25 luglio 2012,
– vista l'iniziativa del Brasile presentata alle Nazioni Unite il 9 settembre 2011 dal titolo «Responsibility while protecting: elements for the development and promotion of a concept» («Responsabilità mentre si protegge: elementi per lo sviluppo e la promozione di un concetto»),
– visto il programma dell'UE per la prevenzione dei conflitti violenti (programma di Göteborg) del 2011 e le relazioni annuali in merito alla sua attuazione,
– viste le priorità dell'UE per la 65a sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 25 maggio 2010(9),
– visto il Premio Nobel per la pace 2012, che non solo rende onore al contributo storico dell'UE per un'Europa e un mondo pacifici, ma accresce anche le aspettative quanto al suo futuro impegno ai fini di un ordine mondiale più pacifico basato sulle norme del diritto internazionale,
– visto il «Consenso europeo in materia di sviluppo»(10) e il «Consenso europeo sull'aiuto umanitario»(11),
– viste le sue raccomandazioni, destinate al Consiglio, dell'8 giugno 2011 sulla 66a sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite(12) e del 13 giugno 2012 sulla 67a sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite(13),
– vista la sua risoluzione del 16 febbraio 2012 sulla 19a sessione del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani(14),
– vista la sua risoluzione dell'11 maggio 2011 sull'UE quale attore globale: il suo ruolo nell'ambito delle organizzazioni multilaterali(15),
– vista la sua risoluzione del 19 febbraio 2009 sulla strategia europea in materia di sicurezza e PESD(16),
– visti l'articolo 121, paragrafo 3, e l'articolo 97 del suo regolamento,
– visti la relazione della commissione per gli affari esteri e il parere della commissione per lo sviluppo (A7-0130/2013),
A. considerando che il documento finale del vertice mondiale delle Nazioni Unite del 2005 offre per la prima volta una definizione comune del principio della responsabilità di proteggere; considerando che il principio della responsabilità di proteggere di cui ai paragrafi 138 e 139 del documento finale del vertice mondiale delle Nazioni Unite rappresenta un importante passo in avanti verso un mondo più pacifico in quanto stabilisce l'obbligo degli Stati di proteggere i propri cittadini dal genocidio, dai crimini di guerra, dalla pulizia etnica e dai crimini contro l'umanità, nonché l'obbligo della comunità internazionale di aiutare gli Stati ad assumersi questa responsabilità e a reagire ove non riuscissero a proteggere i propri cittadini da queste quattro specifiche violazioni e fattispecie di reato;
B. considerando che il principio della «responsabilità di proteggere» si fonda su tre pilastri, ossia: (i) lo Stato detiene la responsabilità principale di proteggere la sua popolazione dal genocidio, dai crimini di guerra, dai crimini contro l'umanità e dalla pulizia etnica; (ii) la comunità internazionale deve assistere gli Stati nell'adempimento dei loro obblighi di protezione; (iii) quando uno Stato non riesce chiaramente a proteggere la sua popolazione o è di fatto autore di tali reati, spetta alla comunità internazionale intraprendere un'azione collettiva;
C. considerando che, conformemente al lavoro svolto in merito alla responsabilità di proteggere che precede l'accordo sul documento finale del vertice mondiale del 2005, e specificamente nella relazione del 2001 sulla responsabilità di proteggere della Commissione internazionale sull'intervento e la sovranità dello Stato, il principio della responsabilità di proteggere è stato ulteriormente definito in modo da includere le componenti della responsabilità di prevenire, della responsabilità di agire e della responsabilità di ricostruire, introdotte nella suddetta relazione;
D. accoglie favorevolmente lo sviluppo del concetto della responsabilità di proteggere, che chiarisce e rafforza l'obbligo che incombe attualmente agli Stati di garantire la protezione delle popolazioni civili; sottolinea che tale concetto, nato dai fallimenti della comunità internazionale in Ruanda nel 1994, è fondamentale per la sopravvivenza della comunità di nazioni;
E. considerando che nei casi in questione l'uso legittimo della forza deve essere esercitato in modo prudente, proporzionato e limitato;
F. considerando che la diffusione del principio della responsabilità di proteggere rappresenta un importante passo avanti verso la previsione, la prevenzione e il contrasto del genocidio, dei crimini di guerra, della pulizia etnica e dei crimini contro l'umanità e verso il rispetto dei principi fondamentali del diritto internazionale, in particolare del diritto internazionale umanitario e del diritto in materia di rifugiati e diritti umani; che occorre applicare i principi nel modo più coerente e uniforme possibile e che, a tal fine, è essenziale che l'allarme rapido e la valutazione siano posti in essere in modo equo, prudente e professionale e che l'uso della forza resti una misura di ultima istanza;
G. considerando che a oltre un decennio dalla nascita del concetto della responsabilità di proteggere e otto anni dopo la sua approvazione da parte della comunità internazionale in occasione del vertice mondiale delle Nazioni Unite del 2005, eventi recenti hanno nuovamente posto in primo piano l'importanza, e le conseguenti sfide, di garantire risposte tempestive e decisive alle quattro tipologie principali di reati che rientrano in tale concetto, nonché la necessità di concretizzare detto principio onde applicarlo in modo efficace ed evitare atrocità di massa;
H. considerando che lo sviluppo del principio della responsabilità di proteggere, in particolare la sua componente preventiva, può anticipare gli sforzi globali verso un mondo più pacifico dal momento che molte atrocità di massa si verificano durante periodi di conflitti violenti e ciò rende necessaria la creazione di efficaci capacità di prevenzione strutturale e operativa dei conflitti, riducendo al minimo la necessità dell'uso della forza come misura di ultima istanza;
I. considerando che l'utilizzo di tutti gli strumenti disponibili ai sensi dei capi VI, VII e VIII della Carta, che vanno dalle risposte non coercitive all'azione collettiva, riveste un'importanza fondamentale per l'ulteriore sviluppo e legittimità del principio della responsabilità di proteggere;
J. considerando che la forma più efficace di prevenzione dei conflitti, della violenza e della sofferenza umana consiste nel promuovere il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, l'attuazione dello Stato di diritto, il buon governo, lo sviluppo economico, l'eliminazione della povertà, l'inclusività, le pari opportunità e i valori e pratiche democratici nonché la riduzione delle diseguaglianze economiche;
K. considerando che l'intervento militare del 2011 in Libia ha mostrato la necessità di chiarire il ruolo delle organizzazioni regionali e subregionali nell'applicazione del principio della «responsabilità di proteggere»; che dette organizzazioni possono essere sia legittimatori sia agenti operativi per l'attuazione del suddetto principio, ma sono spesso prive di capacità e risorse;
L. considerando che i diritti umani rivestono la massima importanza nelle relazioni internazionali;
M. sottolinea la necessità di modificare l'approccio adottato nei confronti della responsabilità di proteggere al fine di prevederne l'integrazione in tutti i regimi europei concernenti la cooperazione allo sviluppo, gli aiuti umanitari e la gestione delle crisi, e di basarsi su programmi che già prevedono la responsabilità di proteggere;
N. considerando che una più coerente attuazione della componente preventiva del principio della responsabilità di proteggere, incluse le misure di mediazione e la diplomazia preventiva in una fase iniziale, potrebbe prevenire o ridurre la possibilità di conflitti e violenza e concorrere a evitarne l'aggravarsi, contribuendo quindi potenzialmente a evitare l'intervento internazionale nell'ambito della componente reattiva; considerando che la diplomazia a doppio binario è uno strumento importante nella diplomazia preventiva che si basa sulla dimensione umana degli sforzi di riconciliazione;
O. considerando che la responsabilità di proteggere è innanzitutto una dottrina preventiva e che l'intervento militare dovrebbe rappresentare l'ultima risorsa nelle situazioni in cui tale principio viene applicato; che, ogniqualvolta possibile, la responsabilità di proteggere deve essere applicata in via prioritaria attraverso attività diplomatiche e attività di sviluppo a lungo termine, incentrate sulla creazione di capacità nel settore dei diritti umani, del buon governo, dello Stato di diritto e della riduzione della povertà, dando enfasi all'istruzione e alla salute, alla prevenzione dei conflitti attraverso l'istruzione e l'espansione degli scambi commerciali, al controllo efficace delle armi e alla prevenzione del loro commercio illecito nonché al rafforzamento dei sistemi di allerta rapida; considerando inoltre che esistono numerose alternative coercitive non militari, quali la diplomazia preventiva, le sanzioni, i meccanismi di responsabilizzazione e la mediazione; che l'UE deve continuare a esercitare un ruolo guida nell'ambito della prevenzione dei conflitti;
P. considerando che la cooperazione con le organizzazioni regionali rappresenta una dimensione importante dell'attività nell'ambito della responsabilità di proteggere; che è pertanto necessario chiedere che siano rafforzate le capacità regionali in termini di prevenzione e definite politiche efficaci per la prevenzione dei quattro crimini summenzionati; che il futuro vertice UE-Africa, che si terrà nel 2014, offrirà una buona opportunità per esprimere il nostro sostegno alla leadership dell'Unione africana e promuovere la titolarità africana della responsabilità di proteggere;
Q. considerando che le linee guida dell'ONU per una mediazione efficace individuano il dilemma legato al fatto che i mandati di arresto emessi dalla Corte penale internazionale, i regimi di sanzioni nonché le politiche antiterrorismo nazionali e internazionali incidono anche sulle modalità in cui alcune parti del conflitto possono partecipare a un processo di mediazione; che la definizione, nel diritto internazionale, dei reati che richiedono una reazione immediata da parte della comunità internazionale ha compiuto notevoli passi avanti sin dall'istituzione della Corte penale internazionale, sebbene (e questo è un aspetto cruciale) non esista ancora un meccanismo che consenta di valutare in maniera indipendente quando tali definizioni siano effettivamente soddisfatte; che l'applicazione dello statuto di Roma potenzierebbe l'efficacia del regime della Corte penale internazionale; che lo statuto di Roma non è stato ratificato da tutti gli Stati della comunità internazionale;
R. considerando che la Corte penale internazionale e la responsabilità di proteggere sono interconnessi dal momento che entrambe mirano a prevenire il genocidio, i crimini contro l'umanità e i crimini di guerra; che la responsabilità di proteggere rafforza da un lato la missione della Corte penale internazionale di lottare contro l'impunità esortando gli Stati a onorare la propria responsabilità dal punto di vista giuridico, e dall'altro il principio di complementarità della Corte penale internazionale, in base al quale la responsabilità primaria di perseguire i crimini incombe agli Stati;
S. considerando che la Corte penale internazionale svolge un ruolo fondamentale non solo nella prevenzione di reati, ma anche nella ricostruzione di paesi e nei processi di mediazione;
T. considerando che l'Unione europea ha sempre promosso attivamente il principio della responsabilità di proteggere a livello internazionale; che essa deve rafforzare il proprio ruolo di attore politico globale, difendendo i diritti umani e il diritto umanitario nonché traducendo tale sostegno politico nelle proprie politiche;
U. considerando che anche gli Stati membri dell'UE hanno approvato il principio della responsabilità di proteggere e che solo alcuni di essi hanno incorporato il concetto nei propri testi nazionali;
V. considerando che le più recenti esperienze relative a crisi specifiche, come quelle in Sri Lanka, Costa d'Avorio, Libia e Siria, hanno messo in evidenza le sfide persistenti che si frappongono al conseguimento di una comprensione comune delle modalità di attuazione del principio della responsabilità di proteggere, generando al tempo stesso anche una volontà politica comune e un'effettiva capacità di prevenire o far cessare il genocidio, i crimini di guerra, la pulizia etnica e i crimini contro l'umanità, per mano di autorità nazionali e locali o attori non statali, e le molteplici morti di civili che ne conseguono;
W. considerando che nelle situazioni in cui è applicato il principio della responsabilità di proteggere è della massima importanza mantenere la distinzione dei mandati fra attori militari e attori umanitari, onde preservare l'idea della neutralità e dell'imparzialità di tutti gli attori umanitari ed evitare di mettere a repentaglio la fornitura efficace degli aiuti e dell'assistenza medica o di altro genere, l'accesso ai beneficiari o la sicurezza personale degli operatori umanitari sul campo;
X. considerando che la proposta lanciata dal Brasile relativa alla responsabilità mentre si protegge («Responsibility while Protecting») rappresenta un contributo positivo al necessario sviluppo di criteri ai quali attenersi nell'attuazione di un mandato nell'ambito della responsabilità di proteggere, inclusi la proporzionalità della portata e della durata degli interventi, un rigoroso equilibrio tra le conseguenze, chiarezza ex ante degli obiettivi politici e trasparenza dei motivi che hanno condotto all'intervento; che i meccanismi di monitoraggio e revisione dei mandati adottati dovrebbero essere rafforzati, anche mediante i consulenti speciali del Segretario generale dell'ONU sulla prevenzione del genocidio e sulla responsabilità di proteggere nonché attraverso l'Alto commissario dell'ONU per i diritti umani, e dovrebbero essere condotti in modo equo, prudente e professionale, senza interferenze politiche o disparità di criteri(17);
Y. considerando che la definizione, nel diritto internazionale, dei reati che richiedono una reazione immediata della comunità internazionale ha compiuto notevoli passi avanti dalla creazione della Corte penale internazionale, sebbene (e questo è un aspetto cruciale) non esistano ancora meccanismi che consentano di valutare in maniera indipendente quando tali definizioni siano effettivamente applicabili;
Z. considerando che l'Alto commissario dell'ONU per i diritti umani svolge un'importante funzione di sensibilizzazione in merito ai casi attuali di atrocità di massa; che il Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani svolge un ruolo sempre più rilevante nell'attuazione della responsabilità di proteggere, anche autorizzando missioni conoscitive e commissioni di inchiesta per raccogliere e valutare le informazioni correlate alle quattro tipologie di reati e violazioni specificati nonché attraverso una maggiore disponibilità a ricorrere alla responsabilità di proteggere in situazioni di crisi come in Libia e in Siria;
AA. considerando che un approccio limitato ma profondo all'attuazione del principio della responsabilità di proteggere dovrebbe limitarne l'applicazione alle quattro tipologie di crimini di massa e violazioni specificati;
AB. considerando che il principio della responsabilità di proteggere non deve essere applicato nel contesto delle emergenze umanitarie e delle catastrofi naturali; che l'azione umanitaria non dovrebbe fungere da pretesto per l'azione politica e che lo spazio umanitario deve essere rispettato da tutti gli attori coinvolti;
AC. considerando che è opportuno prestare assistenza completa nelle situazioni postbelliche; che sono necessari maggiori sforzi al fine di confermare l'obbligo di rendere conto per quanto concerne gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario e per garantire la lotta contro l'impunità;
1. rivolge le seguenti raccomandazioni all'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza/vicepresidente della Commissione, al SEAE, alla Commissione, agli Stati membri e al Consiglio:
a)
riconfermare l'impegno dell'UE nei confronti del principio della responsabilità di proteggere adottando un consenso interistituzionale su tale principio, tra cui un'intesa comune circa le implicazioni della responsabilità di proteggere per l'azione esterna dell'Unione europea e il ruolo che le sue azioni e i suoi strumenti possono svolgere in situazioni problematiche, che dovrà essere elaborato congiuntamente dal Consiglio, dal SEAE, dalla Commissione e dal Parlamento, tenendo previamente conto dei pareri delle parti interessate, compresi quelli degli attori della società civile e delle ONG;
b)
includere nella relazione annuale dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza/vicepresidente della Commissione destinata al Parlamento un capitolo sulla PESC concernente le azioni dell'UE in materia di prevenzione dei conflitti e di mitigazione nell'applicazione del principio di responsabilità di proteggere; analizzare in questo capitolo l'utilità degli strumenti e delle strutture amministrative pertinenti nell'attuazione del principio della responsabilità della protezione, anche individuando le necessarie revisioni; preparare questo capitolo in collaborazione con il Rappresentante speciale dell'Unione europea per i diritti umani tenendo conto delle diverse posizioni assunte dal Parlamento su questioni specifiche in materia di prevenzione dei conflitti e tutela dei diritti umani; discutere i risultati con il Parlamento;
c)
integrare il principio della responsabilità di proteggere nell'assistenza allo sviluppo dell'UE; rafforzare la professionalità e potenziare la diplomazia preventiva, la mediazione, la prevenzione delle crisi e le capacità di reazione dell'Unione, in particolare la raccolta e lo scambio di informazioni nonché i sistemi di allarme rapido; migliorare il coordinamento tra le varie strutture della Commissione, del Consiglio e del SEAE riguardo a tutti gli aspetti della responsabilità di proteggere e informare regolarmente il Parlamento europeo in merito alle iniziative intraprese a sostegno di tale principio;
d)
garantire in grado sufficiente una pianificazione delle politiche, concetti operativi e obiettivi di sviluppo delle capacità in seno alla politica di sicurezza e di difesa comune così da consentire all'Unione di attuare pienamente la responsabilità di proteggere in stretta collaborazione internazionale all'interno delle Nazioni Unite e delle organizzazioni regionali;
e)
sviluppare ulteriormente le capacità di prevenzione e mitigazione dei conflitti dell'UE, incluse le capacità di riserva di esperti giuridici, funzionari di polizia e analisti regionali e la creazione di un istituto europeo per la pace autonomo inteso a fornire all'UE consulenza e capacità di mediazione, diplomazia a doppio binario e scambio delle migliori prassi in materia di pace e allentamento delle tensioni; rafforzare gli elementi preventivi degli strumenti esterni dell'UE, in particolare dello strumento per la stabilità;
f)
rafforzare i collegamenti tra allarme rapido, pianificazione delle politiche e processo decisionale ad alto livello nel SEAE e nel Consiglio;
g)
includere una valutazione sistematica dei fattori di rischio di genocidio, crimini di guerra, pulizia etnica e crimini contro l'umanità nei documenti strategici regionali e nazionali e includere la loro prevenzione nei dialoghi con i paesi terzi che rischiano questi crimini e violazioni;
h)
sviluppare la cooperazione con il personale delle delegazioni dell'Unione e delle ambasciate degli Stati membri nonché delle missioni civili e militari, e la formazione dello stesso, nei settori dei diritti umani internazionali, del diritto umanitario e del diritto penale, compresa la loro capacità di individuare potenziali situazioni che presentino le quattro tipologie specifiche di crimini e violazioni, tra l'altro mediante scambi regolari con la società civile; garantire che i rappresentanti speciali dell'UE difendano il principio della responsabilità di proteggere ogniqualvolta sia necessario ed estendere il mandato del rappresentante speciale dell'Unione europea per i diritti umani alle questioni relative a tale principio; individuare un punto di contatto dell'UE per la responsabilità di proteggere nel SEAE all'interno di strutture e risorse esistenti, incaricato in particolare di sensibilizzare in merito alle implicazioni della responsabilità di proteggere e di garantire flussi di informazioni tempestivi tra tutti gli attori interessati su situazioni problematiche, incoraggiando nel contempo anche la creazione di punti di contatto nazionali per la responsabilità di proteggere negli Stati membri; rafforzare le professionalità e potenziare la diplomazia preventiva e la mediazione;
i)
avviare e promuovere il dibattito interno all'UE sulla riforma del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che è l'unico organo legittimo a livello internazionale in grado di sanzionare gli interventi basati sul principio della responsabilità di proteggere senza il consenso del paese di destinazione;
j)
coinvolgere e formare i rappresentanti della società civile e delle ONG, che potrebbero contribuire alla diplomazia informale (Track-II diplomacy) al fine di promuovere scambi di buone prassi nel settore in questione;
k)
rafforzare la cooperazione con le organizzazioni regionali e subregionali, anche migliorando le loro misure di prevenzione, di creazione di capacità e di risposta in relazione alla responsabilità di proteggere;
l)
garantire una rapida ratifica da parte di tutti gli Stati membri dell'UE delle modifiche agli statuti della Corte penale internazionale relative alla definizione del reato di aggressione, dal momento che la Corte può svolgere un ruolo cruciale nella prevenzione delle atrocità di massa nonché nelle azioni volte a garantire l'obbligo di rendere conto;
m)
insistere sul rispetto della clausola della Corte penale internazionale negli accordi con i paesi terzi e prendere in considerazione la possibilità di sottoporre a revisione gli accordo con i paesi che non si conformano ai mandati di arresto emessi dalla Corte penale internazionale;
n)
sostenere una duplice strategia che contempli la promozione dell'accettazione universale della responsabilità di proteggere, incoraggiando al contempo gli Stati a sostenere e assistere la Corte penale internazionale;
2. esorta l'Alto rappresentante/vicepresidente e il Consiglio a:
a)
contribuire attivamente al dibattito sul principio della responsabilità di proteggere, sulla base del vigente diritto internazionale in materia di diritti umani e delle convenzioni di Ginevra, al fine di rafforzare l'attenzione della comunità internazionale sulla componente preventiva di suddetto principio e sull'applicazione universale di strumenti non coercitivi, e sviluppare un piano d'azione concreto a tal fine, che comprenda anche considerazioni sulla responsabilità/necessità di ricostruire;
b)
promuovere in seno all'ONU il principio della responsabilità di proteggere e favorirne la diffusione universale, in quanto elemento essenziale di un modello di sicurezza collettiva basato sul multilateralismo e sul primato dell'ONU e connesso al rafforzamento della Corte penale internazionale; ricorda che la responsabilità di proteggere comporta la responsabilità di lottare contro l'impunità;
c)
sostenere le azioni del Segretario generale delle Nazioni Unite finalizzate a rinvigorire e migliorare la comprensione delle implicazioni del principio della responsabilità di proteggere e a collaborare con altri membri dell'ONU che desiderano potenziare le capacità della comunità internazionale nella prevenzione e nel contrasto delle atrocità di massa che rientrano nel principio della responsabilità di proteggere;
d)
invitare il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a recepire la proposta del Brasile relativa alla responsabilità mentre si protegge («Responsibility while Protecting»), al fine di garantire la più efficace applicazione del principio della responsabilità di proteggere causando il minor danno possibile, e contribuire al necessario sviluppo di criteri ai quali attenersi negli interventi volti all'attuazione in particolare del terzo pilastro della responsabilità di proteggere, inclusi la proporzionalità della portata e della durata degli interventi, un rigoroso equilibrio delle conseguenze, la chiarezza ex ante degli obiettivi politici e la trasparenza dei motivi che hanno condotto all'intervento; siccome lo sviluppo di tali criteri può fornire garanzie che potrebbero convincere i paesi attualmente reticenti rispetto alla dottrina della responsabilità di proteggere e alla sua applicabilità, rafforzare i meccanismi di monitoraggio e di revisione dei mandati adottati, anche attraverso i consiglieri speciali del Segretario generale dell'ONU sulla prevenzione del genocidio e sulla responsabilità di proteggere e l'Alto commissario dell'ONU per i diritti umani, e mettere in atto questi meccanismi in modo equo, prudente e professionale, senza interferenze politiche o disparità di criteri(18);
e)
trarre insegnamento, in cooperazione con gli Stati membri e i partner internazionali dell'Unione, dall'esperienza della responsabilità di proteggere in Libia nel 2011 e dall'attuale incapacità di agire in Siria;
f)
proporre ai cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di adottare un codice di condotta volontario che limiti l'esercizio del diritto di veto in caso di genocidio, crimini di guerra, pulizia etnica o crimini contro l'umanità;
g)
collaborare con i partner regionali dell'UE per definire più chiaramente il ruolo delle organizzazioni regionali e subregionali nell'applicazione del principio della responsabilità di proteggere;
h)
attivarsi a favore dell'istituzione del principio della responsabilità di proteggere come nuova norma di diritto internazionale, entro l'ambito di applicazione concordato dagli Stati membri delle Nazioni Unite al vertice mondiale del 2005;
i)
richiamare l'attenzione del Consiglio di sicurezza sul fatto che sancire la responsabilità di proteggere, principio attualmente emergente, come norma di diritto internazionale non limiterebbe la sua capacità decisionale;
j)
contribuire a rafforzare, a livello dell'ONU, il quadro e le capacità in materia di mediazione, diplomazia a doppio binario e scambio delle migliori prassi in materia di risoluzione pacifica dei conflitti emergenti, allentamento delle tensioni e sistemi di allarme rapido, come quelle dell'Unità di supporto alla mediazione del dipartimento degli Affari politici delle Nazioni Unite; rafforzare l'ufficio del consigliere speciale sulla prevenzione del genocidio e del consigliere speciale sulla responsabilità di proteggere; coinvolgere il Consiglio per i diritti umani nel dibattito sulla responsabilità di proteggere;
k)
garantire, in collaborazione con gli Stati membri dell'UE che hanno un seggio nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e tutti i partner internazionali, la piena coerenza tra i possibili ulteriori sviluppi del concetto di responsabilità di proteggere e il diritto internazionale umanitario, e sostenere e monitorare il pieno rispetto del diritto internazionale umanitario nei casi futuri in cui trovi applicazione la responsabilità di proteggere;
l)
trattare la questione di un unico seggio dell'UE nel Consiglio di sicurezza dell'ONU e di un bilancio comune per le missioni della PESC sotto mandato delle Nazioni Unite;
m)
integrare maggiormente le donne, in particolare le donne leader e i gruppi femminili, in tutte le azioni di prevenzione e mitigazione nonché risoluzione dei conflitti, conformemente alle risoluzioni 1325 e 1820 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite;
n)
collaborare con le Nazioni Unite all'istituzione di un chiaro legame tra l'attuazione del principio della responsabilità di proteggere e la lotta all'impunità per i reati più gravi che rientrano in tale concetto;
3. invita l'Alto rappresentante/vicepresidente:
a)
a presentare alla commissione per gli affari esteri del Parlamento europeo, entro sei mesi dall'adozione della presente raccomandazione, un piano d'azione concreto sul seguito da dare alle proposte del Parlamento, delineando in particolare le misure necessarie per il raggiungimento di un consenso sulla responsabilità di proteggere;
4. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente raccomandazione al Consiglio e, per conoscenza, alla Commissione, all'Alto rappresentate/vicepresidente, al SEAE nonché agli Stati membri.
Articolo 51, «Responsibility to protect: timely and decisive response» («Responsabilità di proteggere: una risposta tempestiva e decisiva»), relazione del Segretario generale delle Nazioni Unite, 25 luglio 2012 (A/66/874-S/2012/578).
Articolo 51, «Responsibility to protect: timely and decisive response» («Responsabilità di proteggere: una risposta tempestiva e decisiva»), relazione del Segretario generale delle Nazioni Unite, 25 luglio 2012 (A/66/874-S/2012/578).