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Procedura : 2013/2110(INI)
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A7-0375/2013

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Mercoledì 11 dicembre 2013 - Strasburgo
Resilienza e riduzione del rischio di catastrofi nei paesi in via di sviluppo
P7_TA(2013)0578A7-0375/2013

Risoluzione del Parlamento europeo dell'11 dicembre 2013 sull'approccio dell'UE alla resilienza e la riduzione del rischio di catastrofi nei paesi in via di sviluppo: imparare dalle crisi della sicurezza alimentare (2013/2110(INI))

Il Parlamento europeo,

–  visto l'articolo 210 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE),

–  visto il consenso europeo in materia di sviluppo del 20 dicembre 2005,

–  visto il consenso europeo in materia di aiuto umanitario del 18 dicembre 2007,

–  vista la comunicazione della Commissione dell'8 dicembre 2010 intitolata "Revisione intermedia del piano d'azione per il Consenso europeo sull'aiuto umanitario: per un'azione umanitaria dell'Unione efficace e fondata sui principi" (COM(2010)0722),

–  vista la comunicazione della Commissione del 3 ottobre 2012 intitolata "L'approccio dell'Unione alla resilienza: imparare dalle crisi della sicurezza alimentare" (COM(2012)0586 – nel prosieguo: comunicazione sulla resilienza del 2012),

–  visto il documento di lavoro dei servizi della Commissione del 19 giugno 2013 dal titolo "Piano d'azione per la resilienza nei paesi soggetti a crisi 2013-2020" (SWD(2013)0227),

–  viste le conclusioni del Consiglio del 28 maggio 2013 sull'approccio dell'Unione alla resilienza,

–  vista la comunicazione della Commissione del 23 febbraio 2009 intitolata "Strategia dell'UE a sostegno della riduzione del rischio di catastrofi nei paesi in via di sviluppo" (COM(2009)0084),

–  visto il documento di lavoro dei servizi della Commissione del 16 febbraio 2011 intitolato "Piano di attuazione della strategia dell'UE per il sostegno alla riduzione dei rischi di catastrofi nei paesi in via di sviluppo 2011‑2014" (SEC(2011)0215),

–  viste le conclusioni del Consiglio del 18 maggio 2009 su una strategia dell'UE a sostegno della riduzione del rischio di catastrofi nei paesi in via di sviluppo,

–  visti il quadro d'azione di Hyogo 2005-2015 delle Nazioni Unite, approvato nell'ambito della conferenza mondiale sulla riduzione del rischio di catastrofi nel gennaio 2005 a Hyogo, Giappone, e sostenuto dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nella sua risoluzione A/RES/60/195, nonché la relativa revisione intermedia,

–  vista la comunicazione della Commissione del 23 aprile 2001 dal titolo "Collegare l'aiuto, il risanamento e lo sviluppo – Valutazione" (COM(2001)0153),

–  vista la comunicazione della Commissione del 20 agosto 2012 intitolata "La protezione sociale nella cooperazione allo sviluppo dell'Unione europea" (COM(2012)0446),

–  vista la sua risoluzione del 21 settembre 2010 sulla comunicazione della Commissione "Un approccio comunitario alla prevenzione delle catastrofi naturali e di origine umana"(1),

–  vista la sua risoluzione del 27 settembre 2011 dal titolo "Potenziare la reazione europea alle catastrofi: il ruolo della protezione civile e dell'assistenza umanitaria"(2),

–  vista la comunicazione della Commissione del 27 febbraio 2013 dal titolo "Un'esistenza dignitosa per tutti: sconfiggere la povertà e offrire al mondo un futuro sostenibile" (COM(2013)0092),

–  viste la comunicazione della Commissione del 13 ottobre 2011 dal titolo "Potenziare l'impatto della politica di sviluppo dell'Unione europea: un programma di cambiamento" (COM(2011)0637) e le conclusioni del Consiglio al riguardo, del 14 maggio 2012,

–  visto il nuovo patto per l'impegno negli Stati fragili, definito nell'ambito del partenariato di Busan per un'efficace cooperazione allo sviluppo e approvato in occasione del quinto forum ad alto livello sull'efficacia degli aiuti tenutosi a Busan, Corea del Sud, dal 29 novembre al 1° dicembre 2011,

–  vista la sua risoluzione del 13 giugno 2013 sugli obiettivi di sviluppo del Millennio – elaborazione del quadro post 2015(3),

–  viste le conclusioni del Consiglio del 25 giugno 2013 sull'agenda globale post 2015,

–  vista la conferenza delle Nazioni Unite sul tema "Sviluppo sostenibile – Il futuro che vogliamo", tenutasi nel giugno 2012 a Rio de Janeiro, Brasile (Rio+20), e in particolare le decisioni adottate in questa sede in merito alla riduzione del rischio di catastrofi,

–  vista la quarta sessione della piattaforma globale per la riduzione del rischio di catastrofi, tenutasi a Ginevra, Svizzera, dal 19 al 23 maggio 2013,

–  vista la comunicazione della Commissione del 12 marzo 2013 dal titolo "Migliorare l'alimentazione materna e infantile nell'assistenza esterna: un quadro strategico dell'Unione" (COM(2013)0141),

–  visto l'articolo 48 del suo regolamento,

–  vista la relazione della commissione per lo sviluppo (A7-0375/2013),

A.  considerando che, nella sua comunicazione sulla resilienza del 2012, la Commissione ha definito la resilienza come "l'abilità di un individuo, una famiglia, una comunità, un paese o una regione di sopportare stress e shock, adattarsi e riprendersi velocemente";

B.  considerando che la riduzione del rischio di catastrofi è una componente fondamentale per il conseguimento della resilienza; che la riduzione del rischio di catastrofi presuppone l'analisi e la gestione dei rischi al fine di ridurre la vulnerabilità a tali eventi, e include attività a favore della preparazione, della prevenzione e della mitigazione a tutti i livelli, dalla dimensione locale a quella internazionale;

C.  considerando che il collegamento tra l'aiuto, il risanamento e lo sviluppo rappresenta uno strumento importante nell'approccio alla resilienza, che aiuta a superare i divari operativi e di finanziamento tra le fasi dell'aiuto e dello sviluppo;

D.  considerando che il quadro d'azione di Hyogo è uno strumento di inestimabile valore ai fini del progresso dell'agenda di riduzione del rischio di catastrofi nel mondo, e che esso scade nel 2015; che si prevede che il quadro post 2015 per la riduzione del rischio di catastrofi sarà adottato in occasione della conferenza mondiale sulla riduzione del rischio di catastrofi, che si terrà in Giappone all'inizio del 2015;

E.  considerando che, secondo quanto emerge dalla revisione intermedia del consenso europeo sull'aiuto umanitario, nonostante i passi avanti compiuti nella riduzione del rischio di catastrofi è fondamentale realizzare un ulteriore progresso pratico;

F.  considerando che, secondo le Nazioni Unite, dal 1992 4,4 miliardi di persone sono state vittime di catastrofi, sono stati riportati danni del valore di 2 000 miliardi di dollari e si sono registrati 1,3 milioni di decessi; che nel 2011 il costo delle perdite causate dalle catastrofi supera i 300 miliardi di dollari; che, secondo le stime della Banca asiatica di sviluppo, un dollaro investito nella riduzione del rischio di catastrofi in un'area soggetta a crisi consente successivamente di risparmiare almeno quattro dollari in costi di soccorso e ricostruzione;

G.  considerando che, nell'odierno mondo globalizzato, l'interconnessione delle catene di fornitura determina ripercussioni globali delle perdite economiche subite in una determinata regione; che secondo le stime, ad esempio, le inondazioni verificatesi in Thailandia nel 2011 avrebbero comportato un calo della produzione industriale mondiale pari al 2,5%;

H.  considerando che il costo delle catastrofi è in aumento a fronte di fenomeni atmosferici più violenti provocati dal cambiamento climatico, come pure di un'urbanizzazione rapida e gestita in modo inadeguato, dell'aumento demografico, del degrado del territorio e della penuria di risorse naturali; che le crisi alimentari e nutrizionali diventano sempre più frequenti in molte regioni in via di sviluppo;

I.  considerando che gli sforzi a favore della resilienza e della riduzione del rischio di catastrofi devono integrare, e non sostituire, gli sforzi profusi dai paesi sviluppati per ridurre il loro contributo al cambiamento climatico;

J.  considerando che nei periodi di consolidamento finanziario è essenziale impiegare le risorse in modo efficace ed efficiente; che i finanziamenti per la riduzione del rischio di catastrofi dovrebbero iscriversi in una prospettiva a lungo termine e rispecchiare i rischi reali, prestando particolare attenzione alla necessità di fornire assistenza ai soggetti più vulnerabili agli shock;

K.  considerando che la Cina ha investito 3,15 miliardi di dollari USA nella riduzione dell'impatto delle inondazioni, evitando così perdite per un valore stimato di 12 miliardi di dollari; che altri esempi di casi di successo includono il Bangladesh, Cuba, il Vietnam e il Madagascar, i quali sono stati in grado di ridurre notevolmente l'impatto di rischi meteorologici quali tempeste tropicali e inondazioni mediante sistemi di allerta precoce più efficienti, una maggiore preparazione alle catastrofi e altre misure per la riduzione del rischio;

L.  considerando che nella maggior parte dei paesi gli investimenti del settore privato rappresentano un'elevata quota degli investimenti complessivi, e che lo sviluppo economico nazionale e la resilienza alle catastrofi dipendono da investimenti del settore privato che tengano conto del rischio di catastrofi;

M.  considerando che le Nazioni Unite prevedo un aumento della popolazione urbana mondiale del 72% entro il 2050, concentrato prevalentemente nei paesi meno sviluppati, il che determina un notevole incremento del numero di persone esposte al rischio di catastrofi;

N.  considerando che le catastrofi possono contribuire a una serie di ulteriori problemi quali la povertà estrema, l'insicurezza alimentare e la denutrizione;

O.  considerando che una pianificazione dello sviluppo non sostenibile e le pratiche del passato hanno comportato una maggiore vulnerabilità alle catastrofi per molte popolazioni; che la valutazione del rischio di catastrofi deve essere una condizione preliminare per la pianificazione dello sviluppo e i relativi programmi;

P.  considerando che l'assenza di coordinamento tra gli Stati membri dell'UE e altri paesi donatori nelle situazioni post crisi riduce l'impatto degli sforzi combinati; che un maggiore coordinamento tra i donatori, sia nelle situazioni post crisi sia negli sforzi di rafforzamento della resilienza, può generare risparmi significativi e determinare una maggiore efficienza nel conseguimento degli obiettivi di sviluppo;

Q.  considerando che la relazione globale di valutazione è ormai riconosciuta quale fonte globale attendibile per l'analisi dei rischi e degli indici di vulnerabilità; che l'assenza di dati accurati sulle perdite causate dalle catastrofi rimane comunque un problema rilevante;

R.  considerando che l'integrazione regionale è fonte di progresso economico, politico e sociale;

S.  considerando che la pratica della cessione dei terreni dovrebbe essere oggetto di regolamentazione affinché non danneggi le popolazioni rurali;

Approccio dell'UE alla resilienza

1.  plaude alla comunicazione della Commissione sulla resilienza del 2012 e ai suoi obiettivi; incoraggia la Commissione a perseguire attivamente gli obiettivi proposti nella comunicazione e a garantire l'ulteriore sviluppo di un approccio a lungo termine al rafforzamento della resilienza e alla riduzione del rischio di catastrofi, che includa sia il fronte umanitario sia quello dello sviluppo, con un chiaro collegamento tra i due ambiti;

2.  plaude al piano d'azione per la resilienza nei paesi soggetti a crisi 2013-2020 e alle sue priorità; esorta la Commissione, insieme al Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE), a dare attuazione alle proposte e alle priorità ivi indicate e a garantire che siano realizzati progressi costanti nel conseguimento dei relativi obiettivi;

3.  manifesta apprensione in merito al fatto che la resilienza, e più in particolare la riduzione del rischio di catastrofi, siano oggetto solo di una breve menzione nelle conclusioni del Consiglio sull'agenda globale post 2015; ritiene necessario porre maggiormente l'accento su tali tematiche nell'agenda post 2015;

4.  invita la Commissione a integrare attivamente le misure in materia di resilienza negli aspetti della programmazione relativi sia agli aiuti umanitari che allo sviluppo; sottolinea che è necessario stabilire un legame più stretto tra le risposte umanitarie a breve termine e la programmazione dello sviluppo di lungo periodo, e che tale collegamento dovrebbe inserirsi nell'approccio generale dell'UE alla resilienza;

5.  ritiene che l'approccio dell'UE alla resilienza debba incentrarsi in via prioritaria sulle popolazioni più vulnerabili, povere ed emarginate, che presentano un'elevata esposizione ai rischi, in particolare alle catastrofi naturali, e minori difese agli shock, inclusi gli eventi a insorgenza lenta; sottolinea che un approccio alla resilienza di lungo termine deve affrontare le cause di fondo della vulnerabilità e ridurre in misura significativa i fattori di rischio a monte;

6.  sottolinea che l'approccio a lungo termine dell'UE alla resilienza dovrebbe affrontare il deterioramento degli ecosistemi, in particolare nei settori dell'agricoltura, delle risorse idriche, della biodiversità e delle risorse ittiche, e invita l'UE ad adottare una politica coerente volta a ridurre la vulnerabilità attraverso la propria strategia di riduzione dei rischi, che può essere conseguita adottando metodi e sistemi di produzione agricola sostenibili, quali la rotazione delle colture, l'agroecologia, l'agrosilvicoltura, l'agricoltura biologica e l'agricoltura su piccola scala;

7.  invita la Commissione a concentrarsi sui paesi fragili e soggetti a crisi nella sua agenda in materia di resilienza e a investire nel rafforzamento delle istituzioni locali per ottenere stabilità e garantire l'erogazione di servizi di base a favore delle popolazioni vulnerabili;

8.  sottolinea che il divario tra le fasi degli aiuti e dello sviluppo può essere superato grazie al collegamento tra l'aiuto, il risanamento e lo sviluppo, che mira ad assicurare una sinergia tra gli interventi umanitari e di sviluppo; reputa importante affrontare più nel dettaglio le strategie di transizione e i collegamenti paralleli tra gli aiuti umanitari e la cooperazione allo sviluppo, in particolare nei paesi esposti al rischio di catastrofi, nel contesto di crisi prolungate o nei paesi reduci da catastrofi;

9.  ribadisce che i paesi esposti al rischio di catastrofi dovrebbero svolgere un ruolo guida ed essere gli attori principali nella definizione delle proprie priorità e strategie di transizione dagli aiuti umanitari a una strategia di sviluppo di lungo termine, dal momento che essi si trovano nella posizione migliore per conoscere le realtà locali e determinare quindi la migliore soluzione per le proprie comunità;

10.  sottolinea che il cambiamento climatico sta aggravando i fattori di rischio a monte e deve pertanto essere preso in considerazione nelle strategie di resilienza, in particolare per quanto concerne l'adattamento climatico;

Riduzione del rischio di catastrofi quale componente essenziale della resilienza

11.  sottolinea che gli investimenti preventivi nelle misure di riduzione del rischio di catastrofi sono molto più efficaci sul piano dei costi rispetto al finanziamento della risposta alle catastrofi; incoraggia pertanto maggiori investimenti nelle strategie in materia di resilienza e riduzione del rischio di catastrofi nei paesi in via di sviluppo, in particolare nelle aree più vulnerabili, e sollecita la loro inclusione nei piani di sviluppo nazionali;

12.  sottolinea che una gestione efficace della reazione alle catastrofi deve prendere in considerazione la predisposizione di un quadro che consenta la mobilitazione immediata di tutte le risorse necessarie;

13.  sottolinea che la riduzione del rischio di catastrofi dovrebbe pertanto risultare prioritaria nella programmazione futura per lo sviluppo ed essere integrata nella programmazione dell'aiuto umanitario e dello sviluppo in tutti i paesi fragili e a rischio;

14.  invita l'UE, gli Stati membri e i governi dei paesi partner a migliorare e sviluppare strategie di riduzione del rischio di catastrofi nei paesi in via di sviluppo attuando programmi di valutazione del rischio e potenziando i sistemi di allerta precoce, in particolare nei paesi fragili e soggetti a crisi, rafforzando la preparazione alle catastrofi ai fini di una reazione efficace a tutti i livelli e promuovendo una pianificazione dello sviluppo più sostenibile nei paesi partner;

15.  invita i paesi partner a istituire sistemi che consentano di registrare le perdite locali e di condividere le informazioni tra i livelli locale e nazionale a fini statistici e di pianificazione; osserva che un certo grado di standardizzazione può contribuire a una migliore registrazione delle perdite a livello regionale, sostenendo così la cooperazione regionale;

16.  invita l'UE e gli Stati membri, nonché i paesi partner, a tenere conto della sostenibilità ambientale e della gestione dei rischi di catastrofi nei programmi di riforma della governance fondiaria e nei meccanismi di registrazione catastale dei terreni;

17.  osserva che la riduzione del rischio di catastrofi e l'adattamento al cambiamento climatico sono questioni interconnesse e invita pertanto la Commissione e tutti gli attori coinvolti a garantire una maggiore integrazione delle strategie in materia di riduzione del rischio di catastrofi e adattamento al cambiamento climatico, tra cui i programmi d'azione nazionali di adattamento esistenti, a includere tali strategie nella fase di pianificazione relativa all'undicesimo FES, a sollecitare un sostegno finanziario concreto, ad esempio attraverso l'attuazione dell'Alleanza mondiale contro il cambiamento climatico, e a coordinare gli sforzi per l'armonizzazione di tali attività;

18.  sostiene l'adozione di un approccio complementare e coerente ai quadri post 2015 relativi agli obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM) e alla riduzione del rischio di catastrofi; ritiene che i processi che faranno seguito agli OSM e al quadro d'azione di Hyogo debbano tenere conto dei risultati dei quadri attuali e delle esperienze dei soggetti maggiormente colpiti da crisi e catastrofi; ribadisce la necessità di una piena integrazione nel quadro post 2015 della riduzione del rischio di catastrofi, della gestione del rischio climatico e della resilienza;

Sviluppo sostenibile, protezione sociale e resilienza della comunità

19.  sottolinea che l'approccio alla resilienza deve recare benefici sostenibili ai segmenti più vulnerabili della società, in particolare a chi si trova in condizioni di povertà estrema, alle persone che vivono in insediamenti non ufficiali o baraccopoli e alle popolazioni locali che presentano un'elevata esposizione al rischio di catastrofi;

20.  sottolinea che lo sviluppo sostenibile deve essere visto come un elemento essenziale della riduzione del rischio di catastrofi; riconosce che è possibile realizzare progressi a lungo termine solo se si affrontano i fattori di fondo che rendono più vulnerabili comunità e individui, quali una gestione ambientale inefficace, infrastrutture inadeguate, degrado del territorio e una pianificazione urbanistica carente;

21.  rileva che nei paesi in via di sviluppo, soprattutto in quelli a basso reddito, un'elevata percentuale di famiglie vive in uno stato di povertà permanente e beneficia di una protezione sociale molto limitata o nulla, e risulta pertanto ancora più esposta alle catastrofi naturali o di origine umana; invita la Commissione a promuovere ulteriormente le attività di protezione sociale nei propri programmi di cooperazione allo sviluppo, prevedendo attività specifiche volte a migliorare i sistemi statali, misure di prevenzione e assicurazioni in caso di catastrofi naturali e di origine umana;

22.  chiede che sia prestata maggiore attenzione alle catastrofi su piccola scala quale obiettivo chiave nell'approccio alla resilienza, e invita ad accrescere la visibilità dei danni che esse arrecano alle comunità come pure del loro impatto sulla popolazione;

23.  sottolinea la necessità di consolidare e sviluppare l'istruzione nel contesto delle catastrofi e delle emergenze e di migliorare la diffusione, la compilazione e la comunicazione di informazioni e conoscenze che possano contribuire a rafforzare la resilienza della comunità e a promuovere cambiamenti comportamentali nonché una cultura di preparazione alle catastrofi;

24.  pone l'accento sull'importante ruolo che le autorità locali e le organizzazioni della società civile locali e nazionali possono svolgere in termini di rafforzamento della resilienza, in particolare nei paesi fragili e soggetti a crisi, e incoraggia le autorità locali a sviluppare, in consultazione con le comunità locali e le organizzazioni della società civile, processi coerenti e coordinati per l'attuazione delle strategie di resilienza;

25.  sottolinea che occorre istituire solidi meccanismi di assunzione delle responsabilità e misure di controllo, con la partecipazione delle autorità locali, dei partner allo sviluppo, degli scienziati, della società civile, dei mezzi di comunicazione e del pubblico, al fine di migliorare l'accesso all'informazione e sensibilizzare in merito alla necessità di strategie in materia di riduzione del rischio di catastrofi e di resilienza; chiede la raccolta su base regolare di dati, tra cui dati meteorologici e dati concernenti i raccolti, l'allevamento, il funzionamento dei mercati, le condizioni nutrizionali dei bambini e dei membri più poveri della società, i meccanismi di riduzione del rischio di catastrofi in vigore e l'accesso ai servizi di base; incoraggia la comunicazione e la pubblicazione regolare di tali dati su piattaforme accessibili al pubblico al fine di facilitare l'accesso alle informazioni, l'allarme rapido e il miglioramento della situazione;

Imparare dalle crisi della sicurezza alimentare e dalle catastrofi precedenti

26.  evidenzia come catastrofi ed emergenze provochino spesso crisi alimentari e malnutrizione presso le popolazioni colpite, in particolare tra i bambini; sottolinea inoltre che le crisi alimentari sono catastrofi di per sé e che l'approccio alla resilienza, incentrato sul potenziamento della sicurezza alimentare e della nutrizione, deve essere integrato sistematicamente nelle decisioni di programmazione;

27.  invita l'UE a trarre gli opportuni insegnamenti dalla politica di cooperazione attuata nei decenni passati e ad avanzare proposte volte a promuovere la coerenza delle politiche per lo sviluppo nella pratica, collegando gli aiuti allo sviluppo e gli altri ambiti politici dell'Unione, quali l'agricoltura, gli scambi commerciali, la tassazione, il cambiamento climatico e gli investimenti;

28.  esorta la Commissione a integrare la questione della sottrazione dei terreni nel dialogo politico con i paesi in via di sviluppo al fine di fare della coerenza delle politiche l'elemento fondamentale della cooperazione per lo sviluppo a livello nazionale e internazionale e di evitare gli espropri ai danni dei piccoli agricoltori, un aumento della vulnerabilità dei poveri nelle zone rurali e l'utilizzo non sostenibile dei terreni e delle risorse idriche;

29.  osserva che le crisi alimentari e nutrizionali stanno diventando più frequenti nelle regioni del Sahel e del Corno d'Africa, dove milioni di persone non hanno accesso a risorse alimentari adeguate; sottolinea che le crisi alimentari del 2011 nel Corno d'Africa e del 2012 nel Sahel hanno dimostrato che l'assistenza umanitaria, da sola, non è in grado di rompere il ciclo della malnutrizione e della fame cronica né di affrontarne le cause di fondo; pone l'accento sull'importanza di affrontare le cause di fondo della persistente insicurezza alimentare di tali regioni, ossia uno scarso accesso a servizi di base adeguati e all'istruzione, povertà acuta, un sostegno inadeguato a favore dell'agricoltura e dell'allevamento su piccola scala, problemi di accesso ai terreni, degrado ambientale, rapido aumento demografico, fallimenti di mercato, riduzione della produzione alimentare pro capite e governance inefficace; sottolinea che le cause di fondo che danno origine alle crisi alimentari sono oggi più complesse che in passato in quanto, per esempio, gli shock legati al mercato e ai prezzi sono più frequenti e tendono a colpire maggiormente i poveri;

30.  osserva che l'insicurezza alimentare e nutrizionale cronica è il primo e più importante fattore di vulnerabilità alle crisi alimentari, in quanto riduce la capacità della popolazione di prepararsi ai rischi, di resistere alle crisi e di riprendersi in seguito alle stesse; osserva inoltre che l'insicurezza alimentare e nutrizionale cronica genera effetti negativi a lungo termine che riducono il capitale umano arrestando la crescita dei bambini e ripercuotendosi sulla capacità di sviluppo delle società; riconosce che le crisi dei prezzi dei prodotti alimentari, elevati ed estremamente volatili, sono onerose e difficili da affrontare; rileva che l'approccio alla resilienza definito dalla Commissione sta procedendo nella direzione giusta per affrontare le cause di fondo della vulnerabilità, le più importanti delle quali includono l'insicurezza alimentare e nutrizionale cronica;

31.  è del parere che il piano d'azione dell'UE per la resilienza debba mirare all'attuazione della coerenza delle politiche per lo sviluppo e affrontare questioni relative alla sicurezza alimentare e alla resilienza climatica eliminando pratiche non sostenibili quali il dumping di prodotti agricoli e le norme commerciali sleali; invita l'UE ad affrontare con un approccio olistico il tema dell'agricoltura sostenibile a livello nazionale e internazionale;

32.  plaude all'approccio congiunto sul piano umanitario e dello sviluppo nonché all'approccio regionale dell'iniziativa UE "Sostenere la resilienza del Corno d'Africa" (SHARE) e del partenariato mondiale per la resilienza del Sahel (AGIR) guidato dall'UE; invita a prestare un'attenzione ancora maggiore a tali regioni e chiede che siano messi in atto una cooperazione e un coordinamento ancor più efficaci tra i governi nazionali, i donatori internazionali, la società civile e il settore privato al fine di abbattere le barriere tra gli approcci incentrati sugli aiuti umanitari e sullo sviluppo, tra la politica "abituale" e di risposta alle crisi;

33.  invita ad adottare un approccio efficace alla resilienza, che deve essere multi-istituzionale, coordinato, globale e sistematico e deve includere una serie di elementi quali la predisposizione di reti di sicurezza sociali mirate e prevedibili per i più vulnerabili, che non solo assicurino alle famiglie un accesso immediato alle risorse alimentari durante le crisi, ma garantiscano anche una ripresa rapida e la resilienza a shock futuri; invita a porre la riduzione della denutrizione infantile al centro della resilienza mediante piani nazionali coordinati mirati in via prioritaria ai bambini sotto i due anni e alle donne in gravidanza;

34.  osserva che l'esperienza di Niger, Burkina Faso e Mali dimostra che le tecniche agroecologiche a basso costo, in particolare l'agrosilvicoltura e la conservazione del suolo e delle risorse idriche, hanno migliorato la resilienza all'insicurezza alimentare dei piccoli agricoltori; sottolinea tuttavia che l'agricoltura agroecologica, da sola, non può offrire una soluzione alle cause strutturali dell'insicurezza alimentare; invita a integrare negli interventi agricoli componenti non agricole e ad assicurare che il miglioramento della nutrizione costituisca un esplicito obiettivo dei programmi agricoli; chiede inoltre la garanzia che anche gli agricoltori di sesso femminile possano beneficiare dei programmi, assicurando che nella definizione dei programmi agricoli si tenga conto delle barriere create dalle disparità di genere (in termini, fra gli altri, di accesso al terreno, credito, servizi di divulgazione e accesso alle risorse);

Miglioramento dei metodi di finanziamento e del coordinamento degli sforzi

35.  mette in evidenza l'importanza cruciale di un migliore coordinamento delle attività umanitarie e di sviluppo da parte degli Stati membri e delle istituzioni dell'UE, come pure della loro collaborazione ai fini di una maggiore efficacia degli aiuti; pone l'accento sui risultati dello studio del Parlamento europeo del giugno 2013 relativo al costo della non Europa nella politica di sviluppo, secondo cui sarebbe possibile risparmiare 800 milioni di euro all'anno in costi di transazione se i donatori concentrassero gli aiuti a favore di un minor numero di paesi e attività, e sarebbe possibile realizzare un ulteriore risparmio annuo di 8,4 miliardi di euro grazie a schemi di attribuzione più efficaci tra i vari paesi;

36.  prende atto del contributo significativo apportato dagli allevatori nomadi su piccola scala nella produzione di carne, latte e sangue nelle zone che non si prestano ad altre forme di agricoltura; sottolinea l'importante ruolo da essi svolto nel fornire sostentamento alle comunità nonché il contributo positivo apportato alla sicurezza alimentare e alla nutrizione, come comprovato dal fatto che, nelle regioni aride e semiaride, i bambini delle zone pastorizie tendono a beneficiare di una maggiore sicurezza alimentare rispetto a quelli che vivono in città o villaggi; chiede pertanto che i diritti e le esigenze di queste popolazioni pastorizie siano presi in considerazione durante l'elaborazione degli interventi e dei programmi agricoli;

37.  sottolinea la necessità di rafforzare la capacità delle piccole imprese agricole incoraggiando l'investimento pubblico-privato, in particolare attraverso il microcredito a favore delle donne;

38.  ritiene che i risparmi realizzati grazie a un migliore coordinamento dei donatori possano ad esempio essere destinati ad attività per la riduzione del rischio di catastrofi, le quali genererebbero a loro volta un ritorno notevole creando così un circolo virtuoso;

39.  plaude alla proposta avanzata dalla Commissione nel piano d'azione per la resilienza 2013 in merito all'organizzazione di un forum annuale dell'UE sulla resilienza; reputa che si tratti di un'opportunità per il coordinamento degli sforzi in materia di resilienza da parte delle istituzioni pubbliche, inclusi i parlamenti nazionali e il Parlamento europeo, il settore privato, le ONG e la società civile, al fine di compiere progressi coordinati nell'ambito della riduzione del rischio di catastrofi e della resilienza, con la collaborazione di tutti gli attori coinvolti;

40.  incoraggia una maggiore collaborazione tra i settori pubblico e privato nel campo della riduzione del rischio di catastrofi e della resilienza; invita la Commissione ad agevolare il coinvolgimento del settore privato con la creazione di incentivi e di un ambiente favorevole alla condivisione dell'esperienza delle entità private in materia di rafforzamento della resilienza e riduzione del rischio; esorta tuttavia la Commissione, a tale proposito, a elaborare una proposta che stabilisca le norme relative ai partenariati pubblico-privati, comprese le valutazioni dell'impatto sociale ed ecologico, al fine di prevenire, tra l'altro, l'inasprimento dei conflitti sull'uso dei terreni o sull'accesso alle risorse idriche, in particolare nell'ottica di proteggere i piccoli agricoltori; invita inoltre a offrire sostegno ai paesi ACP per quanto concerne il controllo dei contratti con gli investitori multinazionali; sollecita altresì la trasparenza degli investimenti e obiettivi di investimento realistici su piattaforme accessibili alla società civile;

41.  raccomanda una maggiore collaborazione con i paesi non membri dell'UE e le istituzioni regionali e internazionali per quanto concerne la preparazione alle catastrofi, la reazione a tali eventi e le attività di ricostruzione; è favorevole al potenziamento della cooperazione tra la Commissione e l'Ufficio delle Nazioni Unite per la riduzione del rischio di catastrofi (UNISDR) nella prospettiva di migliorare l'azione dell'UE in materia di riduzione del rischio di catastrofi;

42.  sottolinea che, nonostante i progressi che l'UE e le organizzazioni internazionali possono compiere nei paesi in via di sviluppo nell'ambito della riduzione del rischio di catastrofi e della resilienza attraverso i propri programmi, la responsabilità di garantire la sicurezza dei cittadini compete innanzitutto ai governi nazionali, e che pertanto i paesi partner devono assumere un forte impegno politico a favore del sostegno e dell'attuazione di attività che permettano di rafforzare la resilienza e la riduzione del rischio di catastrofi;

o
o   o

43.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.

(1) GU C 50 E del 21.2.2012, pag. 30.
(2) GU C 56 E del 26.2.2013, pag. 31.
(3) Testi approvati, P7_TA(2013)0283.

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