Risoluzione del Parlamento europeo del 4 febbraio 2014 sulle donne migranti prive di documenti nell'Unione europea (2013/2115(INI))
Il Parlamento europeo,
– vista la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, in particolare gli articoli 24 e 28,
– vista la Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW) del 1979,
– visto il rapporto del Segretario generale delle Nazioni Unite all'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 23 luglio 2013 intitolato "Violence against women migrant workers" ("La violenza contro le lavoratrici migranti"),
– visto l'articolo 12 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali delle Nazioni Unite,
– vista la Raccomandazione generale n. 26 del Comitato per l'eliminazione della discriminazione contro le donne delle Nazioni Unite, del 5 dicembre 2008, sulle lavoratrici migranti,
– vista la Convenzione internazionale delle Nazioni Unite sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie,
– vista l'Osservazione generale n. 2 del Comitato per i lavoratori migranti delle Nazioni Unite sui diritti dei lavoratori migranti in situazione irregolare e dei membri delle loro famiglie,
– vista la Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU),
– vista la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica,
– vista la Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) sul lavoro dignitoso per le lavoratrici e i lavoratori domestici,
– vista l'interpretazione degli articoli 13 e 17 della Carta sociale europea da parte del Comitato europeo per i diritti sociali,
– visti gli articoli 79, 153 e 168 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– vista la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in particolare gli articoli 1, 14, 31, 35 e 47,
– visto il "programma di Stoccolma – Un'Europa aperta e sicura al servizio e a tutela dei cittadini"(1),
– vista la direttiva 2002/90/CE del Consiglio, del 28 novembre 2002, volta a definire il favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno illegali(2),
– vista la direttiva 2009/52/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare(3),
– vista la direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare(4),
– vista la direttiva 2004/81/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, riguardante il titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittime della tratta di esseri umani o coinvolti in un'azione di favoreggiamento dell'immigrazione illegale che cooperino con le autorità competenti(5),
– vista la relazione 2011 dell'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali intitolata "Diritti fondamentali dei migranti in situazione irregolare nell'Unione europea",
– visti gli orientamenti del 2012 dell'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali su "L'arresto dei migranti irregolari – considerazioni sui diritti fondamentali",
– visto il progetto di ricerca europeo Clandestino e il progetto UWT (Undocumented Worker Transitions), entrambi finanziati dalla Commissione nell'ambito del Sesto programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico,
– vista la comunicazione della Commissione del 17 giugno 2013 dal titolo "Quarta relazione annuale sull'immigrazione e l'asilo (2012)" (COM(2013)0422),
– vista la propria risoluzione dell'8 marzo 2011 sulla riduzione delle disuguaglianze sanitarie nell'UE(6),
– vista la propria risoluzione del 4 luglio 2013 sull'impatto della crisi sull'accesso delle categorie vulnerabili all'assistenza(7),
– visto l'articolo 48 del proprio regolamento,
– visti la relazione della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere e il parere della commissione per l'occupazione e gli affari sociali (A7-0001/2014),
A. considerando che il termine "migrante senza documenti" indica il cittadino di un paese terzo la cui presenza nel territorio di uno Stato membro non soddisfa, o non soddisfa più, le condizioni d'ingresso di cui all'articolo 5 del codice frontiere Schengen o altre condizioni d'ingresso, di soggiorno o di residenza in tale Stato membro(8) e la cui individuazione da parte delle autorità competenti per l'immigrazione porterebbe a una decisione di rimpatrio o a un'espulsione;
B. considerando che le complesse circostanze determinate dalle guerre e inasprite dalle crisi umanitarie su scala mondiale stanno contribuendo a far aumentare i flussi di rifugiati, fra cui un gran numero di donne e bambini privi di documenti;
C. considerando che uno Stato membro ha il diritto di decidere le proprie politiche in materia d'immigrazione; che tuttavia i diritti fondamentali degli immigrati devono essere tutelati e garantiti in conformità del diritto unionale e internazionale, a cui gli Stati membri sono vincolati;
D. considerando che i migranti privi di documenti spesso non dispongono di mezzi economici, il che li espone al rischio di malnutrizione e di un deterioramento delle condizioni di salute, costringendoli a cercare soluzioni inaccettabili pur di garantirsi i mezzi di sussistenza; che inoltre le donne sono spesso accompagnate da bambini a cui devono provvedere, il che rappresenta un'ulteriore motivazione a cercare in ogni modo mezzi di sussistenza e sopravvivenza;
E. considerando che, a causa della loro condizione giuridica, ai migranti privi di documenti viene spesso negato l'accesso ad alloggi decorosi, ai servizi sanitari di base e d'urgenza e alla scolarizzazione; che il fatto di essere privi di documenti fa sì che essi non siano tutelati contro lo sfruttamento nel luogo di lavoro o i maltrattamenti fisici e psicologici; che la loro condizione giuridica non consente loro di avere accesso alla giustizia;
F. considerando che le donne migranti prive di documenti e le persone a loro carico sono particolarmente vulnerabili ai rischi derivanti dalla loro condizione giuridica, essendo esposte più degli uomini alla possibilità di maltrattamenti fisici, sessuali e psicologici, alle cattive condizioni di lavoro, allo sfruttamento lavorativo da parte dei datori di lavoro e a una doppia discriminazione basata sulla razza e sul genere;
G. considerando che le donne migranti prive di documenti possono essere particolarmente vulnerabili nei confronti dei trafficanti e quindi divenire vittime della tratta di esseri umani;
H. considerando che i migranti privi di documenti hanno un accesso limitato all'edilizia popolare e restano dipendenti dal mercato degli alloggi privati; che le donne migranti prive di documenti corrono un rischio maggiore di maltrattamenti sotto forma di violenze fisiche o sessuali perpetrate da proprietari di abitazioni private;
I. considerando che le donne migranti prive di documenti hanno maggiori probabilità di subire violenze e maltrattamenti, compresi abusi sessuali, e sono potenziali vittime dello sfruttamento sessuale e della tratta di esseri umani in generale; che l'accesso ai centri di accoglienza per donne gestiti dallo Stato è subordinato all'obbligo di esibire un valido documento d'identità o un permesso di soggiorno, e che di conseguenza le vittime non hanno altra scelta che restare nella situazione in cui subiscono maltrattamenti o finire in strada, mentre se contattano la polizia rischiano l'espulsione;
J. considerando che gli stereotipi di genere sono più profondamente radicati nelle comunità di immigrati e che le donne migranti sono più spesso vittime dei vari tipi di violenza nei confronti delle donne, in particolare i matrimoni forzati, le mutilazioni genitali femminili, i cosiddetti "delitti d'onore", i maltrattamenti nelle relazioni con persone intime, le molestie sessuali sul luogo di lavoro e anche la tratta e lo sfruttamento sessuale;
K. considerando che vi sono grandi differenze fra gli Stati membri nel livello di accesso ai servizi sanitari accordati ai migranti irregolari e nelle condizioni imposte agli operatori sanitari per quanto riguarda, tra l'altro, la segnalazione dei migranti privi di documenti;
L. considerando che il bisogno di cure sanitarie urgenti delle donne prive di documenti, in tutto l'arco della loro vita, le espone a un rischio sproporzionato di addebito di somme elevatissime per le cure ospedaliere nei paesi in cui non sono ammesse all'assistenza sovvenzionata; che la paura di vedersi addebitare tali somme spinge molte di loro a partorire in casa senza assistenza medica;
M. considerando che l'accesso ai servizi sanitari più essenziali, come le cure d'urgenza, è gravemente limitato, se non impossibile, per i migranti privi di documenti, a causa dell'obbligo d'identificazione, del prezzo elevato delle cure e del timore di essere individuati e segnalati alle autorità; che le donne migranti prive di documenti sono particolarmente a rischio, dato che non ricevono le cure specifiche di genere come l'assistenza prenatale, per il parto e postnatale; che alcuni migranti privi di documenti non sono neppure a conoscenza dei loro diritti sanitari nel paese di destinazione;
N. considerando che il timore di essere individuate e segnalate alle autorità impedisce sostanzialmente alle donne migranti prive di documenti di chiedere aiuto, in situazioni di maltrattamento, persino alle ONG specializzate nella consulenza legale agli immigrati; che, di conseguenza, tali migranti sono di fatto private della conoscenza dei propri diritti e della possibilità di ottenere che essi siano loro garantiti; che per gli stessi motivi è difficile per le organizzazioni della società civile offrire loro aiuto e sostegno;
O. considerando che i mercati e l'industria della prostituzione in Europa sono alimentati in larga misura dalla vulnerabilità delle donne e delle ragazze migranti e che molte donne che praticano la prostituzione sono prive di documenti, aspetto che va ad aggiungersi agli abusi e alla vulnerabilità già insiti nell'industria della prostituzione;
P. considerando che ai bambini e alle bambine migranti di famiglie prive di documenti viene impedito di andare a scuola per il timore che siano individuati e per l'impossibilità di fornire documenti ufficiali per l'iscrizione; che le adolescenti prive di documenti incontrano grossi ostacoli per accedere all'istruzione superiore o post-secondaria e alla formazione professionale;
Q. considerando che l'aumento della domanda di lavoratori nel settore domestico e assistenziale sta attirando un gran numero di donne migranti, molte delle quali prive di documenti; che le donne prive di documenti che lavorano in questo settore sono molto esposte al rischio di essere sottopagate, di subire maltrattamenti psicologici, di vedersi negare la retribuzione e il passaporto e, talvolta, anche di essere vittima di maltrattamenti fisici da parte dei datori di lavoro; che le donne prive di documenti difficilmente cercano di ottenere giustizia in tribunale;
R. considerando che le donne lavoratrici migranti prive di documenti hanno a disposizione ben pochi rimedi per reclamare condizioni di lavoro e retribuzioni eque, a causa dell'isolamento economico e sociale, della mancata conoscenza dei propri diritti fondamentali e del timore dell'espulsione;
S. considerando che i migranti privi di documenti si trovano in un limbo giuridico(9);
T. considerando che le donne migranti prive di documenti sono particolarmente esposte ad abusi fisici, psicologici e sessuali al momento dell'arresto e nei centri di permanenza temporanea;
Raccomandazioni
1. ricorda che la necessità di tutelare i diritti fondamentali dei migranti privi di documenti è stata ripetutamente sottolineata da organizzazioni internazionali come l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa e negli strumenti internazionali per i diritti umani dell'ONU nonché nel diritto dell'UE; si richiama a questo proposito alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, che vieta le discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale, sull'identità di genere, sullo status di migrante o di rifugiato o su qualunque altra condizione;
2. ricorda che la politica d'immigrazione e la gestione dei flussi migratori sono materie di responsabilità comune e solidale degli Stati membri;
3. evidenzia che le migranti lesbiche, bisessuali e transessuali senza documenti legali sono vittime di una doppia discriminazione e che la loro fragile condizione di straniere senza documenti aggrava ulteriormente la loro già complicata situazione;
4. sottolinea che l'immigrazione è un fenomeno estremamente attuale e che è necessario un quadro giuridico comune per le politiche in materia di migrazioni, al fine di proteggere i migranti e le potenziali vittime, specialmente donne e bambini, che sono vulnerabili di fronte alle diverse forme di criminalità organizzata nel contesto delle migrazioni e della tratta di esseri umani;
5. condanna il fatto che molte donne migranti sono raggirate nei rispettivi paesi d'origine con la promessa di contratti di lavoro nei paesi sviluppati, e alcune sono addirittura rapite a fini di sfruttamento sessuale da parte di organizzazioni criminali e reti della tratta di esseri umani; chiede agli Stati membri di raddoppiare i propri sforzi per combattere queste pratiche turpi e disumane;
6. esorta gli Stati membri ad applicare la direttiva sul favoreggiamento in modo da non restringere la possibilità per i migranti privi di documenti di affittare abitazioni sul libero mercato, al fine di ridurre il rischio di situazioni di sfruttamento o maltrattamento;
7. ricorda l'articolo 8 della CEDU in merito al rispetto dell'integrità fisica della persona, ed esorta pertanto gli Stati membri a rinunciare, nel caso dei migranti privi di documenti in situazioni di massima vulnerabilità, ad obbligarli a presentare documenti per poter accedere ai centri di accoglienza gestiti dallo Stato, con particolare attenzione ai bisogni speciali delle donne incinte, delle donne con bambini piccoli e delle donne che assistono altre persone;
8. ribadisce che si deve tener conto della particolare vulnerabilità delle persone con bisogni specifici, come i bambini e gli adolescenti, gli anziani, i disabili, gli analfabeti, le persone appartenenti a minoranze, gli immigrati perseguitati nei paesi d'origine per le loro convinzioni, il loro orientamento sessuale, le loro caratteristiche fisiche ecc., e le donne vittime di violenza di genere;
9. ricorda che il diritto alla salute è un diritto umano fondamentale e perciò esorta gli Stati membri a disgiungere le politiche sanitarie dal controllo dell'immigrazione e, di conseguenza, a non imporre agli operatori sanitari l'obbligo di segnalare i migranti privi di documenti; li esorta inoltre a garantire cure e assistenza adeguate per le specifiche esigenze di genere; esorta analogamente gli Stati membri a fornire una formazione specifica sulle questioni di genere ai pubblici ufficiali che sono in contatto con le donne migranti prive di documenti e a non richiedere alle scuole di segnalare gli alunni figli di migranti privi di documenti;
10. esorta gli Stati Membri a fornire alle donne prive di documenti un adeguato sostegno psicologico, sanitario e legale;
11. ricorda che i diritti previsti dalla direttiva sulle vittime non sono subordinati allo status delle vittime in materia di soggiorno(10); esorta perciò fortemente gli Stati membri a disgiungere il perseguimento dei reati di violenza contro le donne migranti prive di documenti dal controllo dell'immigrazione, in modo che le vittime possano denunciare i reati senza correre alcun rischio;
12. condanna tutte le forme di violenza, tratta di esseri umani, maltrattamenti e discriminazione a danno di donne prive di documenti; sottolinea la necessità di dare accesso alle forme di aiuto disponibili in queste situazioni senza che le vittime debbano temere che ciò dia luogo direttamente a misure volte a porre fine al soggiorno;
13. chiede l'attuazione della convenzione n. 29 dell'ILO sul lavoro forzato; invita a prestare attenzione alla specifica situazione delle donne costrette al lavoro forzato – incluse non soltanto la prostituzione forzata ma ogni forma di lavoro non volontario, anche in ambito domestico – e a fornire protezione alle donne migranti prive di documenti interessate;
14. invita gli Stati membri ad adottare le misure necessarie per evitare l'ulteriore diffusione della prostituzione e del lavoro forzato tra le donne migranti;
15. invita gli Stati membri a garantire la corretta attuazione della tutela contenuta nell'articolo 6 della direttiva sulle sanzioni nei confronti dei datori di lavoro, che impone agli Stati membri di rendere disponibili meccanismi che consentano ai lavoratori migranti privi di documenti di presentare domanda giudiziale nei confronti del datore di lavoro per il pagamento delle retribuzioni arretrate; invita gli Stati membri, le ONG e tutte le altre organizzazioni della società civile che si occupano di migranti privi di documenti a lanciare campagne di sensibilizzazione per informare di tale diritto i migranti privi di documenti;
16. invita gli Stati membri a porre fine alle pratiche discriminatorie, a contrastare il lavoro sommerso e lo sfruttamento del lavoro, anche tramite ispezioni del lavoro, consentendo l'accesso ai servizi sanitari di base;
17. invita gli Stati membri a istituire idonei corsi di formazione – destinati alle forze di polizia e ad altri servizi statali che possono essere chiamati a occuparsi di donne migranti prive di documenti – sulla violenza di genere e lo sfruttamento sessuale di cui queste donne possono essere vittime;
18. raccomanda vivamente alla Commissione, nell'ambito di una futura revisione della direttiva sulle sanzioni nei confronti dei datori di lavoro, di introdurre la possibilità di meccanismi che consentano ai migranti irregolari di presentare denunce formali anonime contro un datore di lavoro autore di abusi;
19. sollecita tutti gli Stati membri a ratificare la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (convenzione di Istanbul) e ad applicarne correttamente le disposizioni, in particolare l'articolo 59, il quale stabilisce chiaramente che le Parti devono adottare le misure necessarie per sospendere le procedure di espulsione e/o per rilasciare un titolo autonomo di soggiorno, in caso di scioglimento del matrimonio, a beneficio delle donne migranti il cui status di residente dipende da quello del coniuge;
20. raccomanda agli Stati membri di cercare soluzioni per riconoscere il valore del lavoro svolto da donne che prestano servizi utili contribuendo al funzionamento della società ospitante;
21. invita gli Stati membri a garantire che tutte le donne migranti, anche quelle prive di documenti, che sono state vittime di maltrattamenti o violenza di genere – comprese le donne migranti sfruttate nell'industria della prostituzione – ricevano protezione e sostegno e siano considerate come aventi particolari ragioni per ottenere l'asilo o un permesso di soggiorno per motivi umanitari;
22. invita gli Stati membri ad attuare pienamente la direttiva sui rimpatri e a rilasciare la certificazione relativa al rinvio dell'allontanamento, come prescrive la direttiva, per evitare la situazione di limbo giuridico;
23. sottolinea l'importanza di raccogliere dati sulle esperienze specifiche delle donne prive di documenti e pone un forte accento sulla necessità di dati attendibili, esatti, tempestivi e comparabili sulle vulnerabilità legate al genere delle donne prive di documenti e sulla loro mancanza di accesso alla giustizia e ai servizi nell'Unione europea, dati da utilizzare per l'elaborazione e la gestione di politiche pubbliche coerenti;
24. invita la Commissione, in sede di valutazione della direttiva sui rimpatri, a rivederla rafforzando la tutela dei diritti fondamentali dei migranti in stato di trattenimento;
25. sottolinea che gli aspetti delle politiche di esecuzione delle norme sull'immigrazione relativi all'individuazione dei migranti irregolari non devono mai ledere la dignità umana e i diritti fondamentali né esporre le donne a un rischio maggiore di violenza e maltrattamenti; invita pertanto la Commissione europea a modificare la direttiva sui rimpatri in modo da garantire il rispetto dei diritti umani dei migranti irregolari, specialmente delle donne incinte e dei minori;
26. ricorda che, in base alla direttiva sui rimpatri, gli Stati membri hanno l'obbligo di trattare i cittadini di paesi terzi nei centri di permanenza temporanea "in modo umano e dignitoso", nel pieno rispetto dei diritti fondamentali delle persone trattenute; deplora le violenze contro le donne che sono state segnalate in tali centri; invita pertanto gli Stati membri a indagare su ogni denuncia di maltrattamenti fisici nei confronti delle persone in stato di trattenimento;
27. sollecita gli Stati membri a tener conto di ogni indizio di coercizione o trattamento inumano nei confronti di donne migranti senza documenti;
28. invita gli Stati membri a rafforzare la collaborazione con le ONG e le organizzazioni della società civile che si occupano di questo problema per trovare alternative ai centri di permanenza temporanea, e ad adoperarsi per garantire che le donne migranti senza documenti non debbano aver paura di interagire con le persone che dovrebbero fornire loro assistenza;
29. invita la Commissione ad assicurare che le norme stabilite dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo rimangano al centro di ogni azione relativa ai diritti dei minori, e invita pertanto gli Stati membri a porre fine totalmente e rapidamente al trattenimento dei minori motivato dalla loro condizione di migranti, a proteggere i minori dalle violazioni come elemento delle politiche e procedure in materia di migrazioni e ad adottare misure alternative al trattenimento che consentano ai minori di restare con dei familiari e/o tutori;
30. invita la Commissione e gli Stati membri a colmare, mediante l'estensione e la maggiore integrazione della ricerca, le lacune esistenti in termini di dati affidabili e conoscenze disponibili riguardo al numero e alla situazione delle persone prive di documenti nell'UE, a richiamare l'attenzione della Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (Eurofound) sulla situazione delle donne prive di documenti, e a tenere maggiormente conto di questa categoria di donne nell'attuazione degli obiettivi di inclusione della strategia Europa 2020;
31. invita la Commissione e gli Stati membri a sviluppare campagne di sensibilizzazione su scala unionale per informare dei loro diritti le donne migranti prive di documenti;
32. invita, nel quadro degli sforzi volti a prevenire le migrazioni fornendo aiuti allo sviluppo ai paesi d'origine dei migranti, a concentrare l'attenzione sull'istruzione e i diritti delle donne;
33. invita la Commissione e gli Stati membri a prevedere una quantità sufficiente di personale femminile tra le persone di contatto, gli operatori sanitari, i funzionari, i consulenti e altre categorie di personale; chiede tali misure per rispetto verso altre religioni e culture e per le esigenze di protezione contro le discriminazioni;
o o o
34. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.
Ciò avviene quando i migranti privi di documenti sono arrestati e identificati dalle autorità competenti per l'immigrazione e viene loro notificata una decisione di allontanamento che è poi rinviata, ma non sono in possesso di alcun documento che attesti il rinvio della decisione di allontanamento.
Considerando 10 della direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato.