Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 13 marzo 2014 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Fondo Asilo e migrazione (COM(2011)0751 – C7-0443/2011 – 2011/0366(COD))
– vista la proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2011)0751),
– visti l'articolo 294, paragrafo 2, l'articolo 78, paragrafo 2, e l'articolo 79, paragrafi 2 e 4, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, a norma dei quali la proposta gli è stata presentata dalla Commissione (C7‑0443/2011),
– visto l'articolo 294, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visto il parere del Comitato economico e sociale europeo dell'11 luglio 2012(1)
– visto il parere del Comitato delle regioni del 18 luglio 2012(2),
– vista la sua decisione del 17 gennaio 2013 sull'avvio di negoziati interistituzionali riguardanti la proposta e sul relativo mandato(3),
– visto l'impegno assunto dal rappresentante del Consiglio, con lettera del 20 dicembre 2013, di approvare la posizione del Parlamento europeo, in conformità dell'articolo 294, paragrafo 4, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visto l'articolo 55 del suo regolamento,
– visti la relazione della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni e i pareri della commissione per gli affari esteri, della commissione per lo sviluppo e della commissione per i bilanci (A7-0022/2014),
1. adotta la posizione in prima lettura figurante in appresso;
2. approva le sue dichiarazioni allegate alla presente risoluzione;
3. prende atto della dichiarazione del Consiglio e delle dichiarazioni della Commissione allegate alla presente risoluzione;
4. chiede alla Commissione di presentargli nuovamente la proposta qualora intenda modificarla sostanzialmente o sostituirla con un nuovo testo;
5. incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio, alla Commissione, all'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo e ai parlamenti nazionali.
Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 13 marzo 2014 in vista dell'adozione del regolamento (UE) n. .../2014 del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Fondo Asilo, migrazione e integrazione, che modifica la decisione 2008/381/CE del Consiglio e che abroga le decisioni n. 573/2007/CE e n. 575/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la decisione 2007/435/CE del Consiglio
(Dato l'accordo tra il Parlamento e il Consiglio, la posizione del Parlamento corrisponde all'atto legislativo finale, il regolamento (UE) n. 516/2014)
ALLEGATO ALLA RISOLUZIONE LEGISLATIVA
Dichiarazione del Parlamento europeo
Articolo 80 TFUE:
"Il Parlamento europeo, alla luce della necessità di adottare il regolamento in oggetto in tempo per l'attuazione del Fondo Asilo, migrazione e integrazione ("il Fondo") dall'inizio del 2014, allo scopo di trovare un accordo a tal fine, e alla luce dell'intransigenza del Consiglio, ha accettato il testo del regolamento quale sopra concordato. Ciononostante, il Parlamento europeo ribadisce il suo punto di vista - che ha sostenuto durante tutta la durata dei negoziati sul regolamento in questione - secondo il quale la base giuridica appropriata per il Fondo comprende l'articolo 80, seconda frase, del TFUE come base giuridica concorrente . Tale base giuridica ha lo scopo di dare applicazione al principio di solidarietà enunciato all'articolo 80, prima frase, del TFUE. In particolare, il Fondo attua il principio di solidarietà nelle sue disposizioni sul trasferimento dei richiedenti protezione internazionale e dei beneficiari di tale protezione (articoli 7 e 18) e in quelle sul reinsediamento (articolo 17). Il Parlamento europeo sottolinea il fatto che l'adozione di questo regolamento non pregiudica in alcun modo il ventaglio delle basi giuridiche a disposizione del colegislatore in futuro, con riferimento in particolare all'articolo 80 del TFUE ".
Ricollocazione:
"Con l'obiettivo di promuovere la ricollocazione come strumento di solidarietà e di migliorare le condizioni ad essa attinenti, il Parlamento europeo invita l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (EASO) ad elaborare, in cooperazione con la Commissione europea (CE), un manuale e una metodologia per la ricollocazione, a seguito di una mappatura delle migliori pratiche degli Stati membri in materia di ricollocazione, compresi i sistemi di organizzazione interna e le condizioni di accoglienza e integrazione. Al fine di creare un incentivo per la ricollocazione e facilitare le operazioni di ricollocazione per gli Stati membri partecipanti, il Parlamento europeo chiede inoltre all'EASO di fornire competenze in materia di ricollocazione e coordinare, in collaborazione con la CE, una rete di esperti nel campo della ricollocazione, che potrebbe tenere periodicamente delle riunioni tecniche su specifiche questioni pratiche e legislative, nonché fornire supporto per l'uso del Fondo Asilo, migrazione e integrazione a fini di ricollocazione. Il Parlamento europeo invita la CE a monitorare l'evoluzione e il miglioramento del sistema di asilo negli Stati membri che beneficiano della ricollocazione e a riferire regolarmente in merito."
Dichiarazione del Consiglio
Articolo 80 TFUE:
"Il Consiglio sottolinea l'importanza del principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità che, conformemente all'articolo 80 del TFUE, è garantito negli atti dell'Unione adottati in virtù del capo del TFUE sulle politiche relative ai controlli alle frontiere, all'asilo e all'immigrazione. Il regolamento che istituisce il Fondo Asilo e migrazione contiene misure appropriate ai fini dell'applicazione di tale principio. Tuttavia, il Consiglio ribadisce la sua opinione secondo cui l'articolo 80 del TFUE non costituisce una base giuridica ai sensi del diritto dell'Unione. A norma di detto capo, solo l'articolo 77, paragrafi 2 e 3, l'articolo 78, paragrafi 2 e 3 e l'articolo 79, paragrafi 2, 3 e 4 del TFUE contengono basi giuridiche che consentono alle pertinenti istituzioni dell'Unione di adottare atti giuridici dell'UE."
Dichiarazioni della Commissione
Articolo 80 TFUE:
"In uno spirito di compromesso e al fine di permettere l'adozione immediata della proposta, la Commissione appoggia il testo finale; osserva tuttavia che ciò lascia impregiudicato il suo diritto di iniziativa riguardo alla scelta delle basi giuridiche, in particolare per quanto concerne il futuro ricorso all'articolo 80 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea."
Rete europea sulle migrazioni (REM):
"In uno spirito di compromesso, la Commissione appoggia il testo finale dell'articolo 23, che garantisce un sostegno finanziario continuativo alle attività della rete europea sulle migrazioni mantenendone la struttura, gli obiettivi e la governance attuali disposti con decisione 2008/381/CE del Consiglio del 14 maggio 2008. Osserva tuttavia che ciò lascia impregiudicato il suo diritto di iniziativa riguardo a una futura revisione più completa dell'assetto e del funzionamento della rete, quale era prevista all'articolo 23 della proposta iniziale."
Convenzione internazionale di Hong Kong per un riciclaggio delle navi sicuro e compatibile con l'ambiente ***
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Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 13 marzo 2014 relativa al progetto di decisione del Consiglio concernente la ratifica della convenzione internazionale di Hong Kong (2009) per un riciclaggio delle navi sicuro e compatibile con l'ambiente, o l'adesione ad essa, da parte degli Stati membri nell'interesse dell'Unione europea (15902/2013 – C7-0485/2013 – 2012/0056(NLE))
– visto il progetto di decisione del Consiglio (15902/2013),
– vista la convenzione internazionale di Hong Kong del 2009, per un riciclaggio delle navi sicuro,
– visto il regolamento (UE) n. 1257/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, relativo al riciclaggio delle navi e che modifica il regolamento (CE) n. 1013/2006 e la direttiva 2009/16/CE(1),
– vista la richiesta di approvazione presentata dal Consiglio a norma dell'articolo 192, paragrafo 1, e dell'articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, lettera a), punto v), e paragrafo 8, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (C7‑0485/2013),
– visti l'articolo 81, paragrafo 1, primo e terzo comma, l'articolo 81, paragrafo 2, e l'articolo 90, paragrafo 7, del suo regolamento,
– vista la raccomandazione della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (A7-0166/2014),
1. dà la sua approvazione al progetto di decisione del Consiglio ;
2. incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.
Ruolo e attività della troika relativamente ai paesi della zona euro oggetto di un programma
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Risoluzione del Parlamento europeo del 13 marzo 2014 relativa all'indagine sul ruolo e le attività della troika (BCE, Commissione e FMI) relativamente ai paesi dell'area dell'euro oggetto di programmi (2013/2277(INI))
– visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 7, l'articolo 136 in combinato disposto con l'articolo 121, e l'articolo 174,
– vista la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
– visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 3,
– visto il regolamento (UE) n. 472/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri nella zona euro che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria(1),
– visto il trattato sul Meccanismo europeo di stabilità (MES),
– vista la sua risoluzione del 16 giugno 2010 sulla strategia UE 2020(2),
– vista la sua risoluzione del 23 ottobre 2013 sul semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche: attuazione delle priorità per il 2013(3),
– vista la sua risoluzione del 4 luglio 2013 sulle priorità del Parlamento europeo per il programma di lavoro della Commissione per il 2014(4),
– vista la sua risoluzione del 12 giugno 2013 sul rafforzamento della democrazia europea nell'ambito dell'Unione economica e monetaria (UEM) del futuro(5),
– vista la sua risoluzione del 20 novembre 2012 recante raccomandazioni alla Commissione sulla relazione dei presidenti del Consiglio europeo, della Commissione europea, della Banca centrale europea e dell'Eurogruppo dal titolo "Verso un'autentica Unione economica e monetaria"(6),
– vista la sua relazione del 6 luglio 2011 sulla crisi finanziaria, economica e sociale: raccomandazioni sulle misure e le iniziative da adottare(7),
– vista la sua relazione del 20 ottobre 2010 sulla crisi finanziaria, economica e sociale: raccomandazioni sulle misure e le iniziative da adottare (relazione intermedia)(8),
– visto l'articolo 48 del suo regolamento,
– visti la relazione della commissione per i problemi economici e monetari e i pareri della commissione per il controllo dei bilanci e della commissione per gli affari costituzionali (A7-0149/2014),
A. considerando che la troika, composta da Commissione europea, Banca centrale europea (BCE) e Fondo monetario internazionale (FMI) e avente origine nella decisione del 25 marzo 2010 dei capi di Stato e di governo dell'area dell'euro per varare un programma comune ed erogare prestiti bilaterali condizionali alla Grecia sulla base (tra l'altro) delle raccomandazioni del Consiglio Ecofin, opera da detta data anche in Portogallo, Irlanda e Cipro; che si registra un significativo coinvolgimento dei ministri delle Finanze dell'area dell'euro nelle decisioni relative alla definizione dei particolari relativi ai prestiti bilaterali;
B. considerando che la troika e il suo ruolo sono stati definiti dal regolamento (UE) n. 472/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2013 e sono stati menzionati nel trattato relativo al MES;
C. considerando che la Corte di giustizia europea (CGE) ha confermato, con la sentenza Pringle/Irlanda (causa C-370/12), che la Commissione e la BCE possono svolgere i compiti assegnati loro con il trattato MES;
D. considerando che all'interno della troika la Commissione è incaricata, in veste di agente dell'Eurogruppo, di negoziare le condizioni di assistenza finanziaria per gli Stati membri dell'area dell'euro "di concerto con la BCE" e, "ove possibile, insieme all'FMI" (nel prosieguo "assistenza UE-FMI"), ma che il Consiglio è politicamente responsabile dell'approvazione dei programmi di aggiustamento macroeconomico; che ciascun membro della troika ha seguito il proprio iter procedurale;
E. considerando che la troika è stata finora la struttura di base per la negoziazione tra i finanziatori ufficiali e i governi dei paesi beneficiari, nonché per il riesame dell'attuazione dei programmi di aggiustamento economico; che per la parte europea, in caso di sostegno del Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF) e del MES, le decisioni definitive per quanto riguarda l'assistenza finanziaria e la condizionalità sono prese dall'Eurogruppo, che si assume pertanto la responsabilità politica dei programmi;
F. considerando l'esistenza di un ampio accordo politico per evitare un default disordinato degli Stati membri dell'UE, soprattutto nell'area dell'euro, e per prevenire il caos sociale ed economico, che comporterebbe l'impossibilità di pagare le pensioni e gli stipendi dei dipendenti pubblici e produrrebbe effetti devastanti sull'economia, il sistema bancario e la previdenza sociale, causando anche la totale esclusione di Stati sovrani dai mercati dei capitali per un periodo prolungato di tempo;
G. considerando che la troika è anche responsabile insieme allo Stato membro interessato della preparazione delle decisioni ufficiali dell'Eurogruppo;
H. considerando che numerosi Stati membri non appartenenti all'area dell'euro hanno già ricevuto o stanno ricevendo assistenza ai sensi dell'articolo 143 TFUE, fornita dall'UE congiuntamente con l'FMI;
I. considerando che l'UE e i suoi Stati membri hanno creato vari meccanismi ad hoc per fornire assistenza finanziaria ai paesi dell'area dell'euro, innanzitutto attraverso prestiti bilaterali anche da diversi paesi non appartenenti all'area dell'euro, poi attraverso fondi di emergenza a carattere temporaneo, ossia il FESF e il Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (MESF) creati per gli Stati membri in difficoltà, e infine, attraverso il MES, destinato a sostituire tutti gli altri meccanismi;
J. considerando che la Corte di giustizia dell'Unione europea, richiamandosi all'articolo 13, paragrafo 3, del trattato MES, ha recentemente confermato (nella causa Pringle) che è dovere della Commissione per via della sua partecipazione al trattato MES "[promuovere] l'interesse generale dell'Unione" e "monitorare la compatibilità con il diritto dell'Unione dei protocolli d'intesa conclusi dal MES";
K. considerando che la Corte di giustizia ha statuito con la sentenza Pringle che il MES è compatibile con il TFUE aprendo così la porta a una possibile integrazione di tale meccanismo nell'acquis comunitario, nei limiti degli attuali trattati;
L. considerando che un memorandum d'intesa è per definizione un accordo frutto di negoziati tra lo Stato membro interessato e la troika, in virtù del quale uno Stato membro s'impegna a svolgere una serie ben precisa di azioni in cambio di assistenza finanziaria; che la Commissione firma il memorandum d'intesa per conto dei ministri delle Finanze dell'area dell'euro; che tuttavia l'opinione pubblica non è a conoscenza di come vengono condotti in pratica i negoziati tra la troika e lo Stato membro interessato e che non vi è trasparenza circa l'influenza che lo Stato richiedente l'assistenza è in grado di esercitare sull'esito dei negoziati stessi; che il trattato sul MES prevede che lo Stato membro che richiede l'assistenza MES rivolga ove possibile un'apposita domanda all'FMI;
M. considerando che l'ammontare complessivo dei pacchetti di assistenza finanziaria nei quattro programmi è senza precedenti, come lo sono la durata, la forma e il contesto dei programmi, il che ha determinato una delicata situazione in cui l'assistenza ha quasi esclusivamente sostituito il consueto finanziamento da parte dei mercati, evitando in tal modo perdite al settore bancario grazie al trasferimento di ingenti quote di debito sovrano del paese interessato dal bilancio del settore privato al bilancio del settore pubblico;
N. considerando che la Corte di giustizia europea ha statuito nella causa Pringle che il divieto sancito dall'articolo 125 TFUE assoggetta gli Stati membri alla logica del mercato quando contraggono un debito, poiché questo dovrebbe spingerli a mantenere una certa disciplina di bilancio e che il rispetto di tale disciplina contribuisce al conseguimento di un superiore obiettivo unionale, ossia il mantenimento della stabilità dell'unione monetaria; che tuttavia la Corte di giustizia sottolinea che l'articolo 125 TFUE non vieta che uno o più Stati membri concedano assistenza finanziaria a un altro Stato membro, che rimane responsabile per gli impegni assunti nei confronti dei creditori, a patto che le condizioni alle quali l'assistenza è concessa siano tali da spingere lo Stato membro ad attuare una sana politica di bilancio;
O. considerando che la crisi finanziaria ha causato una crisi economica e sociale; che tale situazione economica e altri recenti sviluppi hanno prodotto effetti imprevisti di una certa gravità sulle cifre e la qualità dell'occupazione, sull'accesso al credito, sui livelli di reddito, sulla protezione sociale e sugli standard di salute e sicurezza, con patenti disagi economici e sociali; che tali impatti negativi avrebbero potuto essere molto più gravi senza l'assistenza finanziarie UE-FMI e che l'intervento a livello europeo ha contribuito ad evitare che la situazione peggiorasse ulteriormente;
P. considerando che l'articolo 151 TFUE stabilisce che le azioni intraprese dall'UE e dai suoi Stati membri devono essere coerenti con i diritti sociali fondamentali definiti nella Carta sociale europea del 1961 e nella Carta comunitaria dei diritti fondamentali dei lavoratori del 1989, al fine anche di migliorare il dialogo sociale;
Q. considerando che secondo l'articolo 152 TFUE "l'Unione riconosce e promuove il ruolo delle parti sociali al suo livello, tenendo conto delle diversità dei sistemi nazionali" e che "essa facilita il dialogo tra tali parti, nel rispetto della loro autonomia";
R. considerando che il costo dei servizi per l'utenza in alcuni Stati membri è in aumento, il che significa che molti cittadini non sono più in grado di fruire di un livello adeguato di servizi per far fronte ai bisogni fondamentali, incluso l'accesso a trattamenti vitali;
S. considerando che la task force per la Grecia è stata istituita per rafforzare la capacità dell'amministrazione greca di elaborare, attuare e imporre riforme strutturali, al fine di migliorare la competitività e il funzionamento dell'economia, della società e dell'amministrazione e di instaurare le condizioni per una ripresa sostenuta e per la creazione di posti di lavoro, nonché di accelerare in Grecia l'assorbimento dei fondi strutturali e di coesione premettendo l'utilizzo di risorse cruciali per finanziare gli investimenti;
T. considerando che, nella sua risoluzione del 20 novembre 2012, il Parlamento ha chiesto che alle istituzioni UE facenti parte della troika siano applicati standard elevati di responsabilità democratica a livello nazionale e unionale; che tale responsabilità, fondamentale per la credibilità dei programmi di assistenza, richiede che i parlamenti nazionali siano maggiormente coinvolti e che i membri UE della troika siano ascoltati al Parlamento europeo prima di assumere le loro funzioni sulla base di un chiaro mandato e siano soggetti all'obbligo di riferire regolarmente al Parlamento europeo e di sottoporsi al suo sindacato democratico;
U. considerando che i programmi avevano nel breve periodo principalmente lo scopo di evitare un default disordinato e di mettere un freno alla speculazione sul debito sovrano e che nel medio termine l'obiettivo era di garantire il rimborso del denaro prestato, evitando così ingenti perdite finanziarie a spese dei contribuenti dei paesi fornitori di assistenza e garanti dei fondi; che ciò richiede che i programmi siano in grado di instaurare una crescita sostenibile e un'efficace riduzione del debito nel medio e lungo termine; che i programmi in questione non erano tuttavia idonei a correggere interamente gli squilibri macroeconomici accumulatisi in alcuni casi nel corso di decenni;
Situazione economica dei paesi partecipanti ai programmi all'inizio della crisi
1. ritiene che i fattori scatenanti le crisi fossero diversi in ognuno dei quattro Stati membri sebbene si possano osservare dinamiche comuni come il rapido aumento dei flussi di capitale in entrata e l'instaurarsi in tutta l'UE di squilibri macroeconomici negli anni precedenti la crisi; sottolinea che gli elementi cruciali al riguardo siano stati il debito pubblico e/o privato, salito a livelli eccessivi e ormai insostenibili, e l'iperreattività dei mercati finanziari uniti alla speculazione e alla perdita di competitività e che nessuno di essi avrebbe potuto essere neutralizzato dall'attuale quadro di governance economica dell'UE; nota inoltre che le crisi del debito sovrano sono state sempre messe in stretta relazione con la crisi finanziaria globale causata da regolamentazioni lassiste e da comportamenti poco ortodossi dell'industria finanziaria;
2. osserva che la situazione delle finanze pubbliche dell'Europa era compromessa già prima della crisi e che dagli anni '70 il livello del debito pubblico degli Stati membri è lievitato progressivamente per effetto delle varie congiunture economiche negative che hanno attraversato la UE; rileva che il costo dei piani di risanamento, il calo delle entrate fiscali e gli elevati costi della previdenza sociale sono state altrettante cause di aggravamento del debito pubblico e della sua incidenza sul PIL in tutti gli Stati membri, anche se in misura non uniforme;
3. ricorda il "triangolo di vulnerabilità", con la politica squilibrata di bilancio di taluni Stati membri responsabile dell'amplificazione dei disavanzi pubblici pre-crisi, il loro notevole aggravamento a causa della crisi finanziaria e le successive tensioni sui mercati del debito sovrano in alcuni Stati membri;
4. sottolinea che la recente crisi finanziaria, economica e bancaria è la peggiore dalla Seconda guerra mondiale; riconosce che, senza azioni adottate a livello europeo, la crisi avrebbe potuto avere conseguenze ancora più gravi; osserva in tal senso che l'ex presidente della BCE Jean-Claude Trichet in un'audizione pubblica ha espresso il timore che senza un intervento rapido e deciso la crisi del debito sovrano avrebbe potuto scatenare una crisi di dimensioni analoghe alla Grande depressione del 1929;
5. rileva che, prima dell'avvio nella primavera 2010 del programma di assistenza UE-FMI, sussisteva il duplice timore della "insolvenza" e della "non sostenibilità" delle finanze pubbliche della Grecia a causa del costante declino della competitività dell'economia e di un bilancio da tempo fuori parametri a causa della bassa efficacia della riscossione dell'imposta sulle società, con un disavanzo pubblico attestatosi al 15,7% del PIL nel 2009 (dopo il -6,5% del 2007) e un rapporto debito-PIL che proseguiva la tendenza al rialzo dal 2003 (97,4%) raggiungendo il 129,7% nel 2009 e il 156,9% nel 2012; è del parere che la situazione problematica della Grecia fosse dovuta anche alle manipolazioni statistiche operate negli anni precedenti il varo del programma; si compiace del decisivo intervento del governo greco, che ha deciso di affrontare con urgenza ed efficacia detti problemi, anche attraverso l'istituzione nel marzo 2010 di un'autorità statistica ellenica indipendente; nota che la progressiva scoperta dei falsi statistici in Grecia si è tradotta nella necessità di adattare moltiplicatori, previsioni e proposte di interventi; ricorda che grazie all'insistenza del Parlamento europeo, Eurostat (l'ufficio statistico dell'Unione europea) ha ora i poteri e i mezzi per fornire una base solida di dati statistici obiettivi e affidabili;
6. osserva che la Grecia è entrata in recessione nel 4° trimestre del 2008 e che in sei dei sette trimestri che hanno portato all'attivazione del programma di assistenza il paese ha conosciuto una crescita negativa del PIL; osserva la stretta correlazione tra gli effetti della crisi finanziaria e l'aumento del debito pubblico da un lato e l'aumento del debito nazionale e la congiuntura economica negativa dall'altro, con il debito pubblico aumentato dai 254,7 miliardi di euro della fine del 3° trimestre 2008 ai 314,1 miliardi di euro della fine del 2° trimestre 2010;
7. nota che dopo la richiesta di assistenza finanziaria presentata dalla Grecia nell'aprile 2010 i mercati hanno proceduto a una nuova valutazione dei fondamentali economici e della solvibilità di altri Stati membri dell'area euro; per conseguenza le tensioni sulle obbligazioni sovrane portoghesi hanno presto spinto i costi di finanziamento del Portogallo a livelli insostenibili;
8. osserva che i dati economici inizialmente utilizzati dal governo durante i negoziati hanno dovuto essere rivisti;
9. fa notare che, anteriormente all'avvio del programma di assistenza UE-FMI, l'economia portoghese ha accusato per un certo numero di anni bassi livelli di PIL e di crescita della produttività con ingenti flussi di capitali in entrata, e che tali trend, unitamente all'accelerazione della spesa - in particolare di quella discrezionale - su livelli sempre superiori alla crescita del PIL e all'impatto della crisi finanziaria globale, hanno provocato un forte disavanzo di bilancio e un debito pubblico e privato consistente, cui si è aggiunto il contagio della crisi greca, facendo salire a livelli insostenibili i costi di rifinanziamento del Portogallo sui mercati dei capitali ed escludendo di fatto il settore pubblico dall'accesso ai mercati; sottolinea che nel 2010, prima che della richiesta di assistenza finanziaria del 7 aprile 2011, il tasso di crescita del Portogallo era sceso all'1,9%, il suo disavanzo di bilancio aveva raggiunto il 9,8% (2010), il livello d'indebitamento il 94% (2010) e il disavanzo delle partite correnti il 10,6% del PIL, con un tasso di disoccupazione pari al 12%; rileva in proposito che i fondamentali macroeconomici generali si sono deteriorati molto rapidamente dai livelli pre-crisi, relativamente buoni, del 2007 – quando il tasso di crescita del Portogallo era del 2,4%, il deficit di bilancio del 3,1%, il livello d'indebitamento del 62,7% e il disavanzo delle partite correnti del 10,2% del PIL con un tasso di disoccupazione pari all'8,1% – facendo precipitare il paese in una recessione profonda senza precedenti;
10. osserva che, prima del programma di assistenza UE-FMI, l'economia irlandese aveva appena subito una crisi bancaria ed economica di dimensioni senza precedenti dovuta soprattutto all'esposizione del settore finanziario irlandese alla crisi americana dei "mutui subprime", all'irresponsabile assunzione di rischi da parte delle banche irlandesi e all'uso diffuso di titoli ABS (asset-backed securities) il che, dopo l'introduzione del regime di garanzia globale (blanket guarantee) e il successivo "salvataggio" (bailout), ha avuto l'effetto di escludere il settore pubblico dall'accesso al mercato dei capitali, provocando la caduta del PIL irlandese del 6,4% nel 2009 (1,1% nel 2010) dopo il risultato positivo (5%) del 2007; l'aumento della disoccupazione dal 4,7% del 2007 al 13,9% nel 2010, e un deficit del saldo di bilancio delle amministrazioni pubbliche che nel 2010 ha raggiunto il 30,6% dopo il surplus dello 0,2% registrato nel 2007; nota che la crisi bancaria è stata in parte provocata da inadeguata regolamentazione, da aliquote fiscali troppo basse e dal sovradimensionamento del settore; riconosce che le perdite private delle banche irlandesi sono state prese in carico dallo Stato per evitare il collasso del sistema bancario nazionale nonché per minimizzare il rischio di contagio in tutta l'area dell'euro e che nel reagire alla crisi bancaria il governo irlandese ha agito nel preminente interesse dell'Unione; osserva inoltre che, nel decennio precedente il programma di assistenza, l'economia irlandese aveva registrato un prolungato periodo di tassi d'interesse reali negativi;
11. mette in risalto l'inesistenza di squilibri fiscali prima della crisi in Irlanda e il livello estremamente basso del debito pubblico; sottolinea altresì il livello notevole di flessibilità del mercato del lavoro prima della crisi; rileva che inizialmente la troika aveva chiesto una diminuzione dei salari; richiama l'attenzione su un modello bancario non sostenibile e un sistema tributario che dipendeva eccessivamente dalle entrate derivanti da bolle immobiliari e dei beni, il che ha privato lo Stato di gettito al momento del loro scoppio;
12. osserva che una cifra pari a quasi il 40% del PIL irlandese è stata iniettata nel settore bancario da parte dei contribuenti quando il salvataggio dall'interno non era possibile, il che ha dato adito a un accesso dibattito in seno alla troika;
13. chiede la piena attuazione dell'impegno assunto nel giugno 2012 dai leader europei di spezzare il circolo vizioso tra banche e debito sovrano e di approfondire l'analisi della situazione del settore finanziario irlandese in modo da alleviare in modo sostanziale l'oneroso indebitamento bancario dell'Irlanda;
14. prende atto che, per quanto attiene alla partecipazione del settore privato in Grecia, non si è tenuto adeguatamente conto delle ripercussioni sul sistema bancario cipriota, che era già sull'orlo del collasso per il cedimento del modello bancario, e che si ipotizza che le attività relative ad alcuni degli Stati membri più grandi siano state ancora protette;
15. rileva che nel maggio 2011, Cipro ha perso l'accesso ai mercati internazionali a causa del significativo deterioramento delle finanze pubbliche, della notevole esposizione del settore bancario cipriota all'economia greca e della ristrutturazione del debito pubblico greco che ha provocato considerevoli perdite a Cipro; ricorda che, diversi anni prima dell'inizio del programma di assistenza UE-FMI nel 2013, erano stati sollevati seri timori in merito all'instabilità sistemica nell'economia cipriota imputabile, tra l'altro, all'eccessivo indebitamento e all'imprudenza del settore bancario e alla sua esposizione a società immobiliari locali eccessivamente indebitate, alla crisi del debito greco, al declassamento dei titoli di Stato ciprioti da parte delle agenzie internazionali di rating, all'incapacità di rifinanziare la spesa pubblica attraverso i mercati internazionali, nonché alla riluttanza delle autorità pubbliche cipriote a ristrutturare il settore finanziario in crisi, preferendo invece affidarsi a una massiccia iniezione di capitali provenienti dalla Russia; ricorda inoltre che la situazione è stata resa più complicata dall'eccessivo affidamento sui risparmi dei cittadini russi e sul ricorso a un prestito erogato dalle autorità russe; rileva altresì che a Cipro il rapporto debito pubblico-PIL, pari al 58,8% nel 2007, è passato all'86,6% nel 2012, mentre l'avanzo generale della pubblica amministrazione pari al 3,5% del PIL nel 2007 si è tramutato in un deficit del 6,4% nel 2012;
Assistenza finanziaria UE-FMI, contenuto del memorandum d'intesa e politiche attuate
16. rileva che il 23 aprile 2010 è stata presentata la prima richiesta di assistenza finanziaria da parte della Grecia e che il 2 maggio 2010 è stato adottato l'accordo iniziale tra le autorità greche da una parte e l'Unione europea e il Fondo monetario internazionale, dall'altra, nei memorandum d'intesa in questione contenenti la condizionalità politica per l'assistenza finanziaria UE-FMI; rileva inoltre che, a seguito di cinque revisioni e dello scarso esito positivo del primo programma, si è resa necessaria l'adozione di un secondo programma nel marzo 2012, che da allora è stato rivisto tre volte; prende atto che l'FMI non ha tenuto conto in modo efficace delle obiezioni di un terzo dei membri del consiglio per quanto concerne la distribuzione di benefici e oneri derivanti dal primo programma greco;
17. rileva che il primo accordo del maggio 2010 non poteva contenere disposizioni relative a una ristrutturazione del debito greco, sebbene ciò fosse stato proposto per primo dall'FMI, il quale, conformemente alla sua prassi abituale, avrebbe preferito una ristrutturazione tempestiva del debito; ricorda la riluttanza della BCE a prendere in considerazione qualsiasi forma di ristrutturazione del debito nel 2010 e nel 2011 che avrebbe dato a un effetto di contagio verso altri Stati membri, nonché il suo rifiuto di partecipare alla ristrutturazione concordata nel febbraio 2012; osserva che nel novembre 2010 la Banca centrale greca ha contribuito a intensificare le turbolenze di mercato avvertendo pubblicamente gli investitori che le operazioni di sostegno alla liquidità della BCE non potevano più essere date per scontate nel caso del debito sovrano greco; ricorda altresì l'impegno preso dagli Stati membri secondo cui le loro banche avrebbero mantenuto le proprie esposizioni al mercato dei titoli di Stato greci, un impegno cui non hanno potuto tener fede;
18. rileva che il 7 aprile 2011 è stata presentata la prima richiesta di assistenza finanziaria da parte del Portogallo e che il 17 maggio 2011 è stato adottato l'accordo iniziale tra le autorità portoghesi, da una parte, e l'Unione europea e il Fondo monetario internazionale, dall'altra, nei memorandum d'intesa in questione contenenti la condizionalità politica per l'assistenza finanziaria UE-FMI; rileva inoltre che da allora il programma portoghese è stato rivisto periodicamente per adeguare gli obiettivi e le finalità, visti gli obiettivi irrealizzabili fissati inizialmente, il che ha portato alla positiva decima revisione del programma di aggiustamento economico del Portogallo, con buone prospettive in vista di un suo imminente completamento;
19. ricorda le presunte pressioni bilaterali esercitate dalla BCE sulle autorità irlandesi prima che fosse adottato l'accordo iniziale tra le queste ultime e l'UE e l'FMI, rispettivamente il 7 dicembre 2010 e il 16 dicembre 2010, nei relativi memorandum d'intesa contenenti la condizionalità politica per l'assistenza UE-FMI; osserva che il programma era fondamentalmente basato sul piano di ripresa del governo irlandese per il periodo 2011-2014 pubblicato il 24 novembre 2010; osserva inoltre che da allora il programma irlandese è stato rivisto periodicamente, il che ha portato a una dodicesima e ultima revisione il 9 dicembre 2013 e che tale programma è stato completato il 15 dicembre 2013;
20. rileva che il 29 giugno 2012 il Consiglio europeo ha deciso di concedere al MES l'opzione di ricapitalizzare le banche direttamente, a seguito di regolare decisione e purché fosse messo a punto un efficace meccanismo unico di vigilanza; rileva inoltre che il quadro operativo per uno strumento di ricapitalizzazione diretto, soggetto a condizionalità, è stato definito dall'Eurogruppo il 20 giugno 2013;
21. osserva che le posizioni riguardo al bail-in si sono evolute nel tempo; rileva che, nel caso dell'Irlanda nel 2010, il bail-in di detentori di obbligazioni di rango superiore non era un'opzione disponibile alle autorità irlandesi, mentre a Cipro nel 2013 il bail-in di depositanti garantiti è stato proposto quale misura politica, il che ha accresciuto le disparità tra gli strumenti utilizzati per alleviare la crisi bancaria e la crisi del debito sovrano;
22. ricorda che Cipro ha presentato la sua domanda iniziale di assistenza finanziaria il 25 giugno 2012, ma che le divergenze tra le posizioni in merito alla condizionalità, nonché la reiezione da parte del parlamento cipriota il 19 marzo 2013 di un progetto di programma iniziale comprendente il bail-in dei depositanti garantiti, in quanto contrario al diritto europeo poiché prevedeva tagli sui piccoli depositi inferiori a 100 000 EUR, hanno ritardato l'accordo finale sul programma di assistenza UE-FMI fino, rispettivamente, al 24 aprile 2013 (UE) e al 15 maggio 2013 (FMI), mentre il 30 aprile 2013 la camera dei rappresentanti cipriota ha finalmente approvato l'accordo; rileva che nel caso di Cipro vi erano inizialmente proposte di programma contrastanti tra i diversi membri della troika e sottolinea la mancanza di spiegazioni sufficienti su come l'inclusione dei depositanti assicurati sia stata approvata dalla Commissione europea e dai ministri delle Finanze dell'UE; deplora inoltre che le autorità cipriote abbiano affermato di aver incontrato difficoltà nel convincere i rappresentanti della troika dei loro timori nel corso del processo negoziale nonché il fatto che il governo cipriota sarebbe stato obbligato ad accettare lo strumento di bail-in sui depositi bancari in considerazione del livello eccezionalmente elevato del debito privato in relazione al PIL; sottolinea che, nel periodo in cui la Banca centrale di Cipro e il comitato ministeriale partecipavano attivamente al negoziato e alla formulazione del programma di assistenza finanziaria e infine il governatore della Banca centrale ha siglato il memorandum d'intesa con il ministro delle Finanze, va osservato che i tempi erano estremamente stretti per qualsiasi ulteriore negoziato dettagliato sugli aspetti del memorandum d'intesa;
23. osserva i gravi effetti collaterali dell'applicazione dello strumento del bail-in, tra cui l'imposizione di controlli sui capitali; sottolinea che l'economia reale cipriota continua a dover fronteggiare gravi sfide poiché la chiusura delle linee di credito sta colpendo i settori produttivi dell'economia;
24. fa notare che l'FMI è l'istituzione internazionale avente il compito di fornire assistenza finanziaria condizionale agli Stati che riscontrano problemi relativi alla bilancia dei pagamenti; sottolinea il fatto che tutti gli Stati membri sono membri dell'FMI e hanno quindi il diritto di chiedere la sua assistenza, in collaborazione con le istituzioni dell'UE, alla luce della valutazione degli interessi dell'UE e dello Stato membro in questione; osserva che alla luce della portata della crisi, il solo affidamento ai mezzi finanziari dell'FMI non sarebbe stato sufficiente a far fronte ai problemi dei paesi che avevano bisogno di assistenza finanziaria;
25. prende atto che l'FMI ha chiaramente evidenziato i rischi del programma greco, in particolare per quanto riguarda la sostenibilità del debito; osserva che oltre ad accettare che il programma sia messo a punto e negoziato dalla troika, l'FMI ha deciso di modificare il suo criterio per l'accesso eccezionale sulla sostenibilità del debito per permettere l'erogazione di prestiti a Grecia, Irlanda e Portogallo;
26. richiama l'attenzione sui timori espressi in merito alla vigilanza da parte della BCE della prestazione di assistenza di emergenza in materia di liquidità; ritiene che il concetto di solvibilità impiegato dalla BCE manca di trasparenza e prevedibilità;
27. prende atto dell'impreparazione delle istituzioni internazionali e dell'UE dinanzi a una crisi del debito sovrano di vasta portata nei mercati finanziari mondiali nonché le sue cause e conseguenze diverse all'interno della zona euro che derivano, tra l'altro, da ciò si configura come la più grave crisi finanziaria dal 1929; deplora l'assenza di una valida base giuridica per far fronte a una crisi di tale natura; riconosce gli sforzi esplicati per reagire in modo rapido e deciso, ma deplora il ripetuto rifiuto da parte del Consiglio di elaborare un approccio globale, a lungo termine e sistemico; deplora altresì che i Fondi strutturali dell'UE e le politiche finalizzate a una convergenza economica a lungo termine in seno all'Unione non abbiano prodotto i risultati auspicati;
28. sottolinea che i tassi di cofinanziamento per i Fondi strutturali europei sono stati aumentati fino al 95% per alcuni degli Stati membri maggiormente colpiti dalla crisi e che hanno ricevuto assistenza finanziaria nel quadro di un programma di aggiustamento; sottolinea che è necessario potenziare le capacità delle amministrazioni locali e nazionali di applicare la legislazione e attuare i programmi dell'Unione europea al fine di accelerare l'assorbimento dei finanziamenti dei Fondi strutturali;
29. riconosce, ciononostante, che l'immensa sfida affrontata dalla troika nel periodo precedente la crisi è stata senza precedenti a causa, fra l'altro, del cattivo stato delle finanze pubbliche, della necessità di riforme strutturali in alcuni Stati membri, dell'insufficiente regolamentazione dei servizi finanziari a livello europeo e nazionale e dei grandi squilibri macroeconomici accumulatisi negli anni, nonché a causa degli insuccessi istituzionali e del fatto che la maggior parte degli strumenti macroeconomici quali la politica di bilancio o la svalutazione esterna non era disponibile per via dei vincoli dell'unione monetaria e la natura incompleta della zona euro; prende atto, inoltre, della notevole urgenza dovuta, in parte, al fatto che le richieste di assistenza finanziaria sono state avanzate in genere in un momento in cui i paesi erano già vicini al default e avevano già perso l'accesso ai mercati e in una situazione in cui era necessario superare ostacoli giuridici, la paura di un collasso della zona euro era palpabile, era palese l'esigenza di raggiungere accordi politici e prendere decisioni sulle riforme, l'economia mondiale era in grave recessione e diversi paesi chiamati a fornire un sostegno finanziario hanno visto il loro debito pubblico e privato crescere in modo allarmante;
30. denuncia la mancanza di trasparenza nei negoziati relativi al memorandum d'intesa; rileva la necessità di valutare se i documenti ufficiali sono stati chiaramente comunicati ed esaminati in tempo utile nei parlamenti nazionali e nel Parlamento europeo e opportunamente discussi con le parti sociali; rileva altresì il possibile impatto negativo di tali pratiche, che consistono nella mancata diffusione di informazioni sui diritti dei cittadini, sulla stabilità della situazione politica nei paesi interessati e sulla fiducia dei cittadini nella democrazia e nel progetto europeo;
31. rileva che le raccomandazioni contenute nei memorandum d'intesa sono in contrasto con la politica di modernizzazione equilibrata elaborata con la strategia di Lisbona e la Strategia Europa 2020; rileva altresì che gli Stati membri aderenti ai memorandum d'intesa sono stati esonerati dalle procedure di rendicontazione del Semestre europeo, compresa la rendicontazione nel quadro degli obiettivi di lotta alla povertà e inclusione sociale, e non hanno ricevuto le raccomandazioni specifiche per paese, tranne che in merito all'attuazione dei loro memorandum d'intesa; ricorda che i memorandum d'intesa devono essere adattati per tener conto delle prassi e dei meccanismi di formazione salariale nonché del programma nazionale di riforma dello Stato membro interessato nel contesto della strategia dell'Unione per la crescita e l'occupazione quale stabilita nel regolamento (UE) n. 472/2013 (articolo 7, paragrafo 1); chiede con insistenza che ciò sia fatto laddove non si sia ancora provveduto; sottolinea, tuttavia, che questo in parte può essere spiegato, anche se non pienamente giustificato, dal fatto che i programmi dovevano essere attuati in tempi notevolmente ristretti in un contesto politico, economico e finanziario difficile;
32. si rammarica che nei programmi per la Grecia, l'Irlanda e il Portogallo sia stata inserita una serie di prescrizioni dettagliate relative alla riforma dei sistemi sanitari e a tagli alla spesa; deplora che i programmi non siano vincolati dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea o dalle disposizioni dei trattati, in particolare l'articolo 168, paragrafo 7, TFUE;
33. sottolinea che i ministri delle Finanze dell'Unione europea hanno approvato i programmi di aggiustamento macroeconomico;
L'attuale situazione economica e sociale
34. deplora che le misure attuate abbiano fatto aumentare nel breve periodo le diseguaglianze in termini di distribuzione del reddito; prende atto che si è registrato un aumento sopra la media di tali diseguaglianze nei quattro paesi; rileva che i tagli apportati alle prestazioni e ai servizi sociali e l'aumento della disoccupazione a seguito delle misure contenute nei programmi atti a intervenire sulla situazione macroeconomica, nonché la riduzione delle retribuzioni, stanno provocando un aumento dei livelli di povertà;
35. pone l'accento sul livello inaccettabile di disoccupazione, disoccupazione di lunga durata e disoccupazione giovanile, in particolare nei quattro Stati membri nel quadro dei programmi di assistenza; sottolinea che l'elevato tasso di disoccupazione giovanile compromette le opportunità di futuro sviluppo economico, come dimostra il flusso di giovani migranti provenienti dall'Europa meridionale e dall'Irlanda che rischia di provocare una fuga dei cervelli; ricorda che l'istruzione, la formazione e un solido bagaglio scientifico e tecnologico sono sistematicamente identificati come il percorso critico per il recupero strutturale di queste economie; accoglie pertanto con favore le recenti iniziative a livello dell'Unione in materia di istruzione e occupazione giovanile, il programma Erasmus +, l'iniziativa a favore dell'occupazione giovanile e i 6 miliardi di euro per il sistema UE di garanzia per i giovani, ma chiede un'attenzione politica ed economica ancora più marcata agli interventi su tali problematiche; sottolinea che il settore dell'occupazione rimane prevalentemente nell'ambito delle competenze degli Stati membri; esorta pertanto gli Stati membri a modernizzare ulteriormente i loro sistemi nazionali di istruzione e a impegnarsi nella lotta alla disoccupazione giovanile;
36. plaude alla conclusione del programma in Irlanda, in quanto le missioni della troika sono terminate e il paese è stato in grado di accedere ai mercati obbligazionari il 7 gennaio 2014, nonché alla prevista conclusione per il Portogallo; riconosce il risanamento di bilancio senza precedenti operato in Grecia, ma deplora i risultati eterogenei conseguitinel paese, nonostante le radicali riforme intraprese; riconosce gli sforzi molto impegnativi richiesti ai singoli, alle famiglie, alle imprese e alle altre istituzioni della società civile dei paesi interessati dai programmi di aggiustamento; prende atto dei primi segnali di parziale miglioramento dell'economia in taluni paesi soggetti al programma; sottolinea, tuttavia, che i tassi di disoccupazione tuttora elevati incidono sulla ripresa economica e che occorrono ancora sforzi continui e ambiziosi sia a livello nazionale che a livello dell'Unione;
La troika: dimensione economica, base teorica e impatto delle decisioni
37. sottolinea che al fine di elaborare programmi di aggiustamento credibili ed efficienti sono necessari adeguati modelli economici specifici per paese e per la zona euro, basati su ipotesi prudenti, dati indipendenti, sulla partecipazione dei soggetti parti interessati e sulla trasparenza, ma che occorre riconoscere nel contempo che le previsioni economiche contengono solitamente un certo grado di incertezza e imprevedibilità; deplora il fatto che non sempre sono state disponibili statistiche e informazioni adeguate;
38. si compiace che l'assistenza finanziaria abbia centrato nel breve periodo l'obiettivo di evitare un default non controllato sul debito sovrano che avrebbe avuto conseguenze economiche e sociali estremamente gravi e presumibilmente peggiori di quelle attuali, nonché ripercussioni per gli altri paesi di portata incalcolabile, e probabilmente l'uscita forzata dei paesi dalla zona euro; rileva tuttavia che non vi è alcuna garanzia che questo sarà evitato nel lungo termine; rileva altresì che l'assistenza finanziaria e il programma di aggiustamento in Grecia non hanno impedito un default ordinato o un effetto di contagio della crisi sugli altri Stati membri e che la fiducia nel mercato è stata ripristinata e i differenziali sul debito sovrano hanno iniziato a calare solo quando la BCE ha completato le azioni già intraprese nell'ambito del operazioni monetarie definitive nell'agosto 2012; deplora che la crisi economica e sociale si siano palesate quando le correzioni fiscali e macroeconomiche sono state messe in atto; prende atto che senza l'assistenza tecnica e finanziaria UE-FMI, le conseguenze economiche e sociali sarebbero state ben più gravi;
39. rileva che fin dall'inizio la troika ha pubblicato documenti esaurienti concernenti la diagnosi, la strategia per superare i problemi di portata senza precedenti, una serie di misure politiche elaborate insieme al governo nazionale interessato e previsioni economiche, il tutto periodicamente aggiornato; osserva che tali documenti non hanno permesso al pubblico di formarsi un'opinione complessiva dei negoziati e che pertanto ciò non costituisce uno strumento sufficiente di rendicontabilità;
40. deplora il fatto che le ipotesi talvolta eccessivamente ottimistiche formulate dalla troika, in particolare in materia di crescita e disoccupazione, derivanti tra l'altro dallo scarso riconoscimento delle ripercussioni transfrontaliere (come riconosciuto dalla Commissione nella sua relazione sul risanamento dei conti pubblici e le ricadute alla periferia e al centro dell'area dell'euro), le resistenze politiche al cambiamento in taluni Stati membri e l'impatto sociale ed economico dell'aggiustamento; deplora che ciò abbia interessato anche l'analisi della troika sull'interazione tra risanamento delle finanze pubbliche e crescita; osserva che di conseguenza gli obiettivi di bilancio non potevano essere soddisfatti nell'arco di tempo previsto;
41. apprende dalle audizioni che esiste una stretta relazione tra la durata del programma di aggiustamento e gli aiuti messi a disposizione attraverso fondi specifici come il MES, il che significa che un periodo di aggiustamento più lungo avrebbe inevitabilmente comportato importi notevolmente più elevati messi a disposizione e garantiti dagli altri paesi dell'area dell'euro e dal Fondo monetario internazionale, ipotesi che non era politicamente fattibile in considerazione degli importi già molto elevati in gioco; sottolinea che i programmi di aggiustamento e i periodi di rimborso hanno una durata nettamente superiore rispetto ai consueti programmi di assistenza finanziaria dell'FMI;
42. si compiace della riduzione dei disavanzi strutturali in tutti i paesi partecipanti al programma dall'inizio dei rispettivi programmi di assistenza; deplora che ciò non ha ancora portato a una riduzione dei rapporti tra debito pubblico e PIL; osserva che il rapporto debito pubblico-PIL è ha subito invece subito un'impennata in tutti i paesi interessati dal programma, in quanto la riscossione di prestiti condizionali determina ovviamente un aumento del debito pubblico e le politiche adottate hanno un impatto recessivo nel breve termine; ritiene altresì che la stima precisa dei moltiplicatori fiscali sia di vitale importanza affinché il risanamento dei conti pubblici riesca a ridurre il rapporto tra debito e PIL; rileva che anche la progressione verso livelli più sostenibili di debito privato è necessaria per la stabilità a lungo termine; riconosce che in genere sono necessari diversi anni prima che le riforme strutturali possano apportare un contributo significativo in termini di incremento della produzione e dell'occupazione;
43. ritiene che i moltiplicatori fiscali siano difficili da valutare con certezza; ricorda a tale proposito che l'FMI ha ammesso di aver sottovalutato il moltiplicatore fiscale nelle sue previsioni di crescita prima dell'ottobre 2012; osserva che in questo periodo sono stati conclusi tutti i memorandum d'intesa iniziali oggetto della presente relazione tranne uno; ricorda che la Commissione ha dichiarato, nel novembre 2012, che gli errori di previsione non erano dovuti alla sottovalutazione dei moltiplicatori fiscali; sottolinea, tuttavia, che la Commissione ha affermato, nella sua risposta al questionario, che i moltiplicatori fiscali tendono a essere più elevati nella congiuntura attuale che non in circostanze normali; comprende che i moltiplicatori fiscali sono parzialmente endogeni ed evolvono in funzione del mutare delle condizioni macroeconomiche; sottolinea che a tale manifestazione di disaccordo pubblico tra la Commissione e l'FMI sulle dimensioni del moltiplicatore fiscale non è seguita l'assunzione di una posizione comune da parte della troika;
44. richiama l'attenzione sul fatto che, se l'obiettivo dichiarato del FMI nelle sue operazioni di assistenza nel quadro della troika è la svalutazione interna, anche tramite riduzioni salariali e tagli alle pensioni, la Commissione non ha mai esplicitamente approvato questo obiettivo; rileva che la finalità sulla quale la Commissione ha posto l'accento in tutti e quattro i paesi oggetto di programma e interessati dall'indagine è stata piuttosto quella del risanamento fiscale; riconosce queste divergenze in termini di priorità tra il FMI e la Commissione e prende atto di detta incoerenza iniziale fra gli obiettivi delle due istituzioni; osserva che si era comunemente deciso di basarsi su un mix di entrambi gli strumenti, così come sulle riforme strutturali, integrando tale approccio con altre misure; rileva che la combinazione di una politica di risanamento di bilancio e di una politica salariale restrittiva ha provocato un calo della domanda, sia pubblica che privata; osserva che all'obiettivo di riformare la base industriale e le strutture istituzionali dei paesi oggetto di programmi per renderle più sostenibili ed efficaci è stata dedicata un'attenzione inferiore a quelle riservata agli obiettivi sopramenzionati;
45. ritiene che sia stata accordata un'attenzione troppo scarsa all'attenuazione dell'impatto negativo, a livello sociale e politico, delle strategie di aggiustamento nei paesi oggetto di programmi; ricorda le origini della crisi e deplora il fatto che, troppo spesso, l'approccio universale adottato per la gestione della crisi non abbia tenuto pienamente conto dell'equilibrio tra l'impatto economico e l'impatto sociale delle misure prescritte;
46. sottolinea che la titolarità a livello nazionale è fondamentale e che la mancata attuazione delle misure concordate produce conseguenze a livello dei risultati attesi, causando al paese interessato difficoltà supplementari per un periodo ancora più lungo; osserva che, secondo l'esperienza dell'FMI, la titolarità nazionale può essere considerata in assoluto il fattore più importante per il successo di qualsiasi programma di assistenza finanziaria; sottolinea tuttavia che tale titolarità non può essere conseguita senza un adeguato grado di legittimità e responsabilità democratiche a livello sia nazionale che unionale; richiama l'attenzione, a tale proposito, sul fatto che la discussione sul bilancio e sulle leggi di attuazione dei programmi di aggiustamento economico in seno ai parlamenti nazionali è fondamentale per garantire responsabilità e trasparenza a livello nazionale;
47. sottolinea che il rafforzamento della parità di genere è un elemento centrale per costruire economie più forti e che tale fattore non dovrebbe mai venir trascurato nell'ambito delle analisi o delle raccomandazioni economiche;
La troika: dimensione istituzionale e legittimità democratica
48. osserva che, a causa della natura evolutiva della risposta dell'UE alla crisi, del ruolo non ben definito della BCE in seno alla troika e della natura del processo decisionale di quest'ultima, la percezione è che il mandato della troika sia poco chiaro e carente sotto il profilo della trasparenza e del controllo democratico;
49. sottolinea tuttavia che l'adozione del regolamento (UE) n. 472/2013, il 21 maggio 2013, rappresenta un primo passo – per quanto insufficiente – per la codificazione delle procedure di vigilanza da utilizzare nella zona euro per i paesi che si trovano in difficoltà finanziarie e che tale regolamento conferisce un mandato alla troika; valuta positivamente, fra le altre cose, le disposizioni relative alla valutazione della sostenibilità del debito pubblico, le procedure più trasparenti relative all'adozione dei programmi di aggiustamento macroeconomico – incluse la necessità di tener conto degli effetti di ricaduta negativi nonché degli shock macroeconomici e finanziari e le competenze di controllo conferite al Parlamento europeo –, le disposizioni relative al coinvolgimento delle parti sociali, le prescrizioni che impongono di tenere esplicitamente conto della prassi e dei meccanismi di formazione salariale nazionali, l'esigenza di assicurare risorse sufficienti a politiche fondamentali, come l'istruzione e l'assistenza sanitaria, e le deroghe agli obblighi derivanti dal patto di stabilità e crescita accordate agli Stati membri che ricevono assistenza;
50. prende nota della dichiarazione del presidente dell'Eurogruppo, e cioè che l'Eurogruppo conferisce un mandato alla Commissione europea affinché questa negozi a suo nome i dettagli delle condizioni cui l'assistenza è subordinata, tenendo conto dei pareri degli Stati membri su questioni chiave legate alla condizionalità e, in considerazione dei loro vincoli di bilancio, sulla portata dell'assistenza finanziaria; osserva che la procedura summenzionata con cui l'Eurogruppo conferisce un mandato alla Commissione non è specificata nel diritto dell'Unione, in quanto l'Eurogruppo non è un'istituzione ufficiale dell'Unione europea; sottolinea che, sebbene la Commissione agisca a nome degli Stati membri, la responsabilità politica definitiva per l'elaborazione e approvazione dei programmi di aggiustamento macroeconomico è dei ministri delle finanze dell'UE e dei loro governi; deplora l'assenza di legittimità democratica e di obblighi di rendicontazione dell'Eurogruppo a livello dell'UE quando esso assume competenze esecutive su scala unionale;
51. richiama l'attenzione sul carattere ad hoc del meccanismo di salvataggio e della troika e deplora che non fosse disponibile un fondamento giuridico adeguato per istituire la troika sulla base del diritto primario dell'Unione, il che ha portato alla creazione di meccanismi intergovernativi che hanno preso la forma del MESF e quindi del MES; chiede che qualsiasi soluzione futura si basi sul diritto primario dell'Unione; riconosce che ciò potrebbe rendere necessaria una modifica dei trattati;
52. si dichiara allarmato dal fatto che l'ex presidente dell'Eurogruppo abbia ammesso di fronte al Parlamento europeo che l'Eurogruppo ha approvato le raccomandazioni della troika senza esaminare in profondità le loro specifiche implicazioni politiche; sottolinea che, se è così, ciò non esonera i ministri delle finanze della zona euro dalla loro responsabilità politica per i programmi di aggiustamento macroeconomico e i memorandum d'intesa; sottolinea che tale ammissione getta una luce preoccupante sulla portata non ben definita dei ruoli di "consulente tecnico" e "agenzia dell'Eurogruppo" delegati sia alla Commissione che alla BCE in relazione all'elaborazione, attuazione e valutazione dei programmi di assistenza; deplora in questo contesto il fatto che il Consiglio e l'Eurogruppo non abbiano fornito alla Commissione mandati puntuali chiari e rendicontabili;
53. contesta il duplice ruolo della Commissione nell'ambito della troika in quanto agente degli Stati membri e istituzione dell'UE; sostiene che esiste un potenziale conflitto di interessi in seno alla Commissione tra il suo ruolo nell'ambito della troika e la sua responsabilità di custode dei trattati e dell'acquis communautaire, in particolare in settori come la politica in materia di concorrenza e aiuti di Stato e la coesione sociale, nonché in relazione alle politiche sociali e salariali degli Stati membri – settore questo in cui la Commissione non ha competenze – e al rispetto della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea; sottolinea che tale situazione è in contrasto con il normale ruolo della Commissione, che consiste nell'agire come istanza indipendente che tutela gli interessi dell'UE e garantisce l'attuazione della normativa dell'Unione entro i limiti stabiliti dai trattati;
54. segnala parimenti il potenziale conflitto d'interessi tra l'attuale ruolo di "consulente tecnico" ricoperto dalla BCE in seno alla troika e la sua posizione di creditore dei quattro Stati membri, nonché in relazione al suo mandato ai sensi del trattato, poiché ha subordinato le proprie azioni a decisioni cui essa partecipa direttamente; valuta nondimeno positivamente il suo contributo alla gestione della crisi, ma chiede un attento esame dei potenziali conflitti d'interesse della BCE, in particolare per quanto riguarda la politica in materia di liquidità, che è essenziale; osserva che durante tutto il corso della crisi la BCE disponeva di informazioni cruciali sulla salute del settore bancario e sulla stabilità finanziaria in generale, e che in seguito, sulla base di tali informazioni, ha esercitato pressioni politiche sui responsabili decisionali, almeno nel caso della ristrutturazione del debito greco – in occasione della quale la BCE ha insistito sulla soppressione delle clausola di azione collettiva (CAC) relativamente alle obbligazioni del governo greco da essa detenute –, delle operazioni cipriote di erogazione di liquidità di emergenza e della non inclusione degli obbligazionisti privilegiati nel bail‑in irlandese; invita la BCE a pubblicare la lettera in data 19 novembre 2010 di Jean-Claude Trichet all'allora ministro delle Finanze irlandese, come richiesto dal Mediatore europeo;
55. rileva che il ruolo della BCE non è sufficientemente definito, in quanto secondo il trattato che istituisce il MES e il regolamento (UE) n. 472/2013 la Commissione deve lavorare "d'intesa con la BCE", il che riduce il ruolo della BCE a un ruolo di consulenza; rileva che l'Eurogruppo ha chiesto il coinvolgimento della BCE affinché integri con l'apporto delle proprie conoscenze tecniche le valutazioni degli altri membri della troika e che nella causa Pringle la Corte di giustizia europea ha stabilito che le funzioni assegnate alla BCE dal trattato MES sono conformi ai vari compiti che il TFUE e lo statuto del SEBC [e della BCE] conferiscono alla BCE, a condizione che sia costantemente rispettata una serie di condizioni; richiama l'attenzione sulla responsabilità dell'Eurogruppo nel consentire alla BCE di essre associata ai lavori della troika, ma ricorda che il mandato della BCE è circoscritto dal TFUE agli ambiti della politica monetaria e della stabilità finanziaria e che i trattati non prevedono la partecipazione della BCE al processo decisionale su questioni relative alle politiche di bilancio, fiscali e strutturali; ricorda che, a norma dell'articolo 127 TFUE, fatto salvo l'obiettivo della stabilità dei prezzi, il SEBC sostiene le politiche economiche generali nell'Unione al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell'Unione definiti nell'articolo 3 del TUE;
56. sottolinea che, a livello nazionale, la responsabilità democratica della troika nei paesi oggetto di programmi è generalmente scarsa; osserva, tuttavia, che questa responsabilità democratica varia da paese a paese, in funzione della volontà dei governi nazionali e dell'effettiva capacità di controllo dei parlamenti nazionali, come dimostrato dalla bocciatura del memorandum d'intesa originale da parte del parlamento cipriota; rileva tuttavia che, quando sono stati consultati, i parlamenti nazionali sono stati costretti a scegliere tra dichiarare da ultimo il default del proprio debito o accettare memorandum d'intesa negoziati dalla troika con le autorità nazionali; segnala che, nel caso del Portogallo, il memorandum d'intesa non è stato ratificato dal parlamento nazionale; prende atto con preoccupazione del fatto che la troika si compone di tre istituzioni indipendenti, con una distribuzione non equilibrata delle responsabilità tra le medesime, cui si aggiungono mandati differenti e strutture negoziali e decisionali con diversi livelli di responsabilità, il che si traduce in una mancanza di controllo adeguato e di responsabilità democratica della troika nel suo insieme;
57. deplora il fatto che, in virtù del suo statuto, il FMI non può comparire formalmente dinanzi ai parlamenti nazionali o al Parlamento europeo né presentare loro relazioni scritte; osserva che la struttura di governance del FMI prevede che esso renda conto del proprio operato ai 188 paesi membri attraverso il proprio consiglio d'amministrazione; sottolinea che il coinvolgimento del FMI quale prestatore di ultima istanza che eroga fino a un terzo dei fondi pone l'istituzione in una posizione di minoranza;
58. osserva che, al termine dei lavori preparatori della troika, le decisioni formali sono prese separatamente, in conformità del rispettivo statuto giuridico e ruolo, dall'Eurogruppo e dal FMI, ciascuno dei quali diviene dunque politicamente responsabili delle azioni della troika; prende altresì atto del ruolo cruciale ora conferito al MES in quanto organizzazione competente a decidere in merito all'assistenza finanziaria concessa dagli Stati membri della zona euro, il che pone gli esecutivi di tali Stati membri, inclusi i governi dei paesi direttamente interessati, al centro di tutte le decisioni prese;
59. osserva che la legittimità democratica della troika a livello nazionale discende dalla responsabilità politica dei membri dell'Eurogruppo e dell'Ecofin dinanzi ai rispettivi parlamenti nazionali; deplora che la troika, a causa della sua struttura, manchi di strumenti che ne garantiscano la legittimità democratica a livello dell'UE;
60. deplora il modo in cui sono presentate le istituzioni dell'UE, assurte a capro espiatorio per gli effetti negativi dell'aggiustamento macroeconomico negli Stati membri, mentre sono i ministri delle finanze degli Stati membri a essere politicamente responsabili della troika e del suo operato; sottolinea che ciò può portare a un aumento dell'euroscetticismo, sebbene le responsabilità si situino al livello nazionale e non a quello europeo;
61. invita l'Eurogruppo, il Consiglio e il Consiglio europeo ad assumersi la piena responsabilità delle operazioni della troika;
62. sottolinea che il MES è un organismo intergovernativo che non è parte integrante della struttura giuridica dell'Unione europea e che è vincolato dalla regola dell'unanimità nella procedura ordinaria; ritiene che, per questa ragione, sia necessario uno spirito di reciproco impegno e solidarietà; rileva che il trattato che istituisce il MES ha introdotto il principio della condizionalità del prestito sotto forma di un programma di aggiustamento macroeconomico; fa notare che nel trattato MES non è specificato ulteriormente il contenuto della condizionalità o dei programma di aggiustamento, il che lascia quindi ampio margine di manovra nelle raccomandazioni relative a tale condizionalità;
63. si attende che le Corti dei conti nazionali si assumano pienamente le loro responsabilità giuridiche per quanto attiene alla certificazione della legalità e della regolarità delle operazioni finanziarie e dell'efficacia dei sistemi di supervisione e di controllo; invita le massime istituzioni di controllo a rafforzare a tale riguardo la loro cooperazione, in particolare attraverso lo scambio delle migliori prassi;
Proposte e raccomandazioni
64. plaude alla volontà della Commissione, della BCE, del presidente dell'Eurogruppo, del FMI, dei governi nazionali e delle banche centrali di Cipro, Irlanda, Grecia e Portogallo, nonché delle parti sociali e dei rappresentati della società civile di cooperare e partecipare alla valutazione, da parte del Parlamento europeo, del ruolo e delle attività della troika, in particolare rispondendo al questionario dettagliato e/o partecipando ad audizioni formali e informali;
65. deplora il fatto che il Consiglio europeo non abbia adeguatamente tenuto conto delle proposte contenute nella sua risoluzione del 6 luglio 2011 sulla crisi finanziaria, economica e sociale; sottolinea che la loro attuazione avrebbe favorito la convergenza economica e sociale nell'Unione economica e monetaria e conferito piena legittimità democratica alle misure volte a coordinare le politiche economiche e di bilancio;
Breve e medio termine
66. chiede che, come primo passo, vengano introdotte disposizioni procedurali chiare, trasparenti e vincolanti per l'interazione tra le istituzioni in seno alla troika e la ripartizione di compiti e responsabilità al suo interno; nutre la ferma convinzione che sia necessaria una chiara definizione e suddivisione dei compiti al fine di accrescere la trasparenza, consentire un maggiore controllo democratico sul lavoro della troika e rafforzare la credibilità del suo operato;
67. chiede che sia messa a punto una migliore strategia di comunicazione per i programmi di assistenza finanziaria attuali e futuri; esorta ad attribuire a tale esigenza la massima priorità, dal momento che l'inazione su questo fronte finirà per ledere l'immagine dell'Unione;
68. sollecita una valutazione trasparente dell'assegnazione di contratti a consulenti esterni, della mancanza di gare pubbliche, dei compensi estremamente elevati corrisposti e dei potenziali conflitti d'interesse;
Impatto economico e sociale
69. ricorda che la posizione del Parlamento europeo sul regolamento (UE) n. 472/2013 comportava l'introduzione di disposizioni in base alle quali i programmi di aggiustamento macroeconomico devono includere piani di emergenza nel caso in cui gli scenari di riferimento previsti non si materializzino e nel caso di scostamenti dovuti a circostanze che esulano dal controllo dello Stato membro beneficiario dell'assistenza, quali shock economici internazionali inattesi; sottolinea che tali piani sono un prerequisito per una politica prudente, stanti la fragilità e la scarsa affidabilità dei modelli economici su cui si basano le previsioni dei programmi, come si è potuto constatare in tutti gli Stati membri oggetto di programmi di assistenza;
70. esorta l'UE a monitorare da vicino l'evoluzione finanziaria, economica e di bilancio negli Stati membri e a creare un sistema istituzionalizzato di incentivi positivi per premiare adeguatamente quanti si attengono alle migliori prassi in tale ambito e quanti ottemperano integralmente ai propri programmi di aggiustamento;
71. esige che la troika faccia il punto sul dibattito in corso sui moltiplicatori fiscali e prenda in considerazione una revisione dei memorandum d'intesa sulla base degli ultimi risultati empirici;
72. invita la troika a procedere a nuove valutazioni della sostenibilità del debito e ad affrontare con urgenza la necessità di ridurre l'onere del debito pubblico greco nonché l'ingente fuoriuscita di capitali dalla Grecia, che contribuiscono in misura significativa ad alimentare il circolo vizioso dell'attuale depressione economica nel paese; ricorda che esiste una serie di possibilità per la ristrutturazione del debito, oltre a quella di uno scarto di garanzia sui sottostanti obbligazionari, tra cui swap di obbligazioni, estensione delle scadenze delle obbligazioni e riduzione delle cedole; ritiene che le diverse possibilità di ristrutturazione del debito debbano essere ponderate attentamente;
73. insiste sulla necessità che i memorandum d'intesa vengano allineati, qualora non lo siano, agli obiettivi dell'Unione europea, che secondo l'articolo 151 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea sono la promozione dell'occupazione, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, che consenta la loro parificazione nel progresso, una protezione sociale adeguata, il dialogo sociale, uno sviluppo delle risorse umane atto a consentire un livello occupazionale elevato e duraturo e la lotta contro l'emarginazione; appoggia la cauta estensione dei calendari per l'aggiustamento fiscale applicati, essendosi ridotti i timori di un tracollo generale; è favorevole a prendere in considerazione ulteriori aggiustamenti in funzione della futura evoluzione macroeconomica;
74. deplora il fatto che l'onere non sia stato ripartito tra tutti coloro che hanno agito in modo irresponsabile e che la protezione dei detentori di obbligazioni sia stata vista come una necessità dell'UE nell'interesse della stabilità finanziaria; chiede al Consiglio di attivare il quadro da esso deciso sul trattamento delle attività preesistenti, in modo da spezzare il circolo vizioso tra debito sovrano e banche e alleviare l'onere del debito pubblico in Irlanda, Grecia, Portogallo e Cipro; esorta l'Eurogruppo a tener fede all'impegno di esaminare la situazione del settore finanziario irlandese al fine di migliorare ulteriormente la sostenibilità dell'aggiustamento in Irlanda e, alla luce di quanto detto in precedenza, lo invita a onorare l'impegno assunto nei confronti dell'Irlanda di affrontare l'onere del debito bancario; ritiene che occorra prestare particolare attenzione all'applicazione del patto di stabilità e crescita al debito pregresso, dal momento in Irlanda essa viene avvertita come un'ingiustizia e come un onere imposto al paese nel contesto delle disposizioni in materia di flessibilità del patto riformato; è del parere che, a lungo termine, la distribuzione dei costi dovrebbe riflettere la distribuzione dei detentori di obbligazioni tutelati; prende atto della richiesta da parte delle autorità irlandesi di trasferire al MES una quota del debito pubblico corrispondente al costo del bail-out del settore finanziario;
75. raccomanda che la Commissione, l'Eurogruppo e l'FMI studino ulteriormente il concetto di "contingent convertible bond", ossia obbligazioni che si convertono in azioni al verificarsi di un evento specifico, in base al quale i rendimenti dei nuovi titoli di debito sovrano emessi negli Stati membri oggetto di assistenza sono vincolati alla crescita economica;
76. ricorda la necessità di misure per salvaguardare le entrate fiscali, in particolare per i paesi oggetto di programmi, come sancito nel regolamento (UE) n. 472/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2013 sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri nella zona euro che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria (relazione Gauzès), adottando, "in stretta cooperazione con la Commissione e d'intesa con la BCE e, se del caso, l'FMI, misure volte a rafforzare l'efficienza e l'efficacia della riscossione tributaria e della lotta contro la frode e l'evasione, al fine di incrementare le proprie entrate fiscali"; rammenta l'opportunità di adottare rapidamente misure efficaci per combattere e prevenire la frode fiscale sia all'interno che all'esterno dell'UE; raccomanda l'attuazione di misure intese a far sì che tutte le parti contribuiscano equamente al gettito fiscale;
77. chiede che sia pubblicato l'uso fatto dei fondi di salvataggio; sottolinea che dovrebbe essere chiarita la quantità di fondi erogati per finanziare i disavanzi e i governi e per rimborsare i creditori privati;
78. chiede un reale coinvolgimento delle parti sociali nell'elaborazione e nell'attuazione dei programmi di aggiustamento attuali e futuri; reputa che gli accordi conseguiti dalle parti sociali nel quadro dei programmi dovrebbero essere rispettati nella misura in cui sono compatibili con i programmi stessi; sottolinea che il regolamento (UE) n. 472/2013 prevede che i programmi di assistenza rispettino la prassi e i meccanismi nazionali di formazione salariale;
79. chiede che la BEI sia coinvolta nell'elaborazione e nell'attuazione delle misure connesse agli investimenti per contribuire alla ripresa economica e sociale;
80. si rammarica che i programmi non siano vincolati alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e alla Carta sociale europea, in virtù del fatto che non sono basati sul diritto primario dell'Unione;
81. sottolinea che le istituzioni europee devono rispettare il diritto unionale, compresa la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in tutte le circostanze;
82. sottolinea che il perseguimento della stabilità economica e finanziaria negli Stati membri e nell'Unione nel suo complesso non deve minare la stabilità sociale, il modello sociale europeo o i diritti sociali dei cittadini dell'UE; sottolinea che la partecipazione delle parti sociali al dialogo economico a livello europeo, quale sancita dai trattati, deve figurare nell'agenda politica; chiede il necessario coinvolgimento delle parti sociali nell'elaborazione e nell'attuazione dei programmi di adeguamento attuali e futuri;
Commissione
83. chiede che il regolamento (UE) n. 472/2013 sia attuato in modo completo e con piena titolarità; chiede alla Commissione di avviare negoziati interistituzionali con il Parlamento al fine di definire una procedura comune per informare la commissione competente del Parlamento sulle conclusioni tratte dal monitoraggio del programma di aggiustamento macroeconomico nonché sui progressi compiuti nell'elaborazione di un progetto di programma di aggiustamento macroeconomico previsto all'articolo 7 del regolamento (UE) n. 472/2013; ricorda alla Commissione di effettuare e pubblicare valutazioni ex-post delle sue raccomandazioni e della sua partecipazione alla troika; chiede alla Commissione di includere tali valutazioni nella relazione di revisione prevista all'articolo 19 del regolamento (UE) n. 472/2013; ricorda al Consiglio e alla Commissione che l'articolo 16 del regolamento (UE) n. 472/2013 stabilisce che gli Stati membri che beneficiano di assistenza finanziaria al 30 maggio 2013 siano soggetti al citato regolamento a decorrere da tale data; esorta il Consiglio e la Commissione, in conformità dell'articolo 265 TFUE, ad agire al fine di semplificare e allineare i programmi di assistenza finanziaria ad hoc alle procedure e agli atti di cui al regolamento (UE) n. 472/2013; esorta la Commissione e i colegislatori a trarre i pertinenti insegnamenti dall'esperienza della troika nell'elaborazione e nell'attuazione delle prossime fasi dell'UEM, anche nella revisione del regolamento (UE) n. 472/2013;
84. ricorda alla Commissione e al Consiglio la sua posizione adottata in Aula riguardo al regolamento (UE) n. 472/2013; sottolinea, in particolare, di aver stabilito in tale posizione disposizioni intese ad accrescere ulteriormente la trasparenza e la responsabilità del processo decisionale che conduce all'adozione dei programmi di aggiustamento macroeconomico, contribuendo a chiarire e delimitare in modo migliore il mandato e il ruolo complessivo della Commissione; chiede alla Commissione di rivedere tali disposizioni e integrarle nel quadro in caso di una futura proposta intesa a modificare il regolamento (UE) n. 472/2013; ribadisce, in tale prospettiva, che la preparazione dei futuri programmi di assistenza dovrebbe rientrare tra le responsabilità della Commissione che, se del caso, dovrebbe ricorrere alla consulenza di terzi quali la BCE, il FMI e altri organismi;
85. chiede che la Commissione sia pienamente responsabile in linea con il regolamento (UE) n. 472/2013 e oltre tale regolamento quando opera in veste di membro del meccanismo di assistenza dell'UE; chiede che i rappresentanti della Commissione in tale meccanismo siano ascoltati dal Parlamento prima di assumere le proprie funzioni e che siano tenuti a riferire regolarmente al Parlamento;
86. suggerisce che per ciascun paese oggetto di un programma la Commissione istituisca una "task force per la crescita" composta, tra gli altri, da esperti provenienti, ad esempio, dagli Stati membri e dalla BEI, in associazione con rappresentanti del settore privato e della società civile al fine di consentire la titolarità e suggerire opzioni intese a promuovere la crescita che integrerebbero il consolidamento fiscale e le riforme strutturali; la suddetta task force avrebbe l'obiettivo di ripristinare la fiducia e pertanto di permettere gli investimenti; ritiene opportuno che la Commissione parta dall'esperienza acquisita con lo strumento di gemellaggio per la cooperazione tra amministrazioni pubbliche degli Stati membri e dei paesi beneficiari;
87. è del parere che la situazione dell'area dell'euro nel suo insieme (inclusi gli effetti di ricaduta delle politiche nazionali su altri Stati membri) dovrebbe essere tenuta in maggiore considerazione in fase di esame della procedura per gli squilibri macroeconomici o di elaborazione da parte della Commissione dell'analisi annuale della crescita;
88. ritiene che la procedura per gli squilibri macroeconomici dovrebbe anche valutare con chiarezza l'eventuale dipendenza eccessiva di uno Stato membro da un determinato settore di attività;
89. chiede alla Commissione di procedere a un esame approfondito delle immissioni di liquidità del Sistema europeo delle banche centrali, alla luce delle norme sugli aiuti di Stato;
90. incarica la Commissione, in veste di "custode dei trattati", di presentare uno studio dettagliato sulle conseguenze economiche e sociali dei programmi di adeguamento nei quattro paesi interessati entro la fine del 2015, allo scopo di fornire un quadro preciso dell'impatto dei programmi sia a breve che a lungo termine, facendo così in modo che le informazioni derivanti dallo studio possano essere utilizzate per le misure di assistenza future; chiede alla Commissione di fare ricorso, nell'elaborazione dello studio, a tutti gli organismi consultivi pertinenti, compresi il comitato economico e finanziario, il comitato per l'occupazione e il comitato per la protezione sociale, e di cooperare pienamente con il Parlamento; ritiene che anche la valutazione dell'Agenzia europea per i diritti fondamentali dovrebbe trovare riscontro nella relazione della Commissione;
91. invita la Commissione e il Consiglio a garantire la partecipazione di tutte le pertinenti Direzioni generali (DG) della Commissione e dei ministeri nazionali nelle discussioni e nelle decisioni sui memorandum d'intesa; sottolinea in particolare il ruolo che la DG Occupazione dovrebbe svolgere insieme alla DG ECFIN e alla DG MARKT nel garantire che alla dimensione sociale sia attribuita un'importanza centrale nei negoziati e che sia tenuto conto anche dell'impatto sociale;
BCE
92. chiede che, in ogni riforma dell'assetto della troika, il ruolo della BCE sia attentamente analizzato affinché sia conforme con il suo mandato; chiede in particolare che alla BCE sia conferito lo status di osservatore silenzioso con funzioni consultive trasparenti e chiaramente definite ma non quello di partner negoziale a pieno titolo, e che sia posta fine alla prassi in virtù della quale la BCE è cofirmataria delle dichiarazioni di intenti;
93. chiede alla BCE di effettuare e pubblicare valutazioni ex-post dell'impatto delle sue raccomandazioni e della sua partecipazione alla troika;
94. raccomanda alla BCE di aggiornare gli orientamenti sull'assistenza di emergenza in materia di liquidità e le sue norme sulle garanzie, per rafforzare la trasparenza delle immissioni di liquidità negli Stati membri che beneficiano di assistenza e incrementare la certezza giuridica in merito al concetto di solvibilità applicato dal Sistema europeo delle banche centrali;
95. chiede alla BCE e alle banche centrali nazionali di pubblicare tempestivamente informazioni esaustive sull'assistenza di emergenza in materia di liquidità, anche per quanto riguarda le condizioni per la concessione del sostegno quali la solvibilità, il modo in cui l'assistenza di emergenza in materia di liquidità è finanziata dalle banche centrali nazionali, il quadro giuridico e il funzionamento pratico;
FMI
96. ritiene che, dopo anni di esperienza nell'elaborazione e nell'attuazione di programmi finanziari, le istituzioni europee abbiano acquisito le competenze necessarie per elaborarli e attuarli autonomamente e che la partecipazione del FMI dovrebbe essere ridefinita secondo le linee proposte nella presente relazione;
97. chiede che ogni futura partecipazione del FMI nell'area dell'euro resti facoltativa;
98. esorta il FMI a ridefinire la portata di ogni sua futura partecipazione nei programmi di assistenza connessi all'UE, assumendo il ruolo di catalizzatore e prestatore di finanziamenti minimi e competenze al paese debitore e alle istituzione dell'UE, con la possibilità di abbandonare il programma in questione in caso di disaccordo;
99. chiede alla Commissione, conformemente all'articolo 138 TFUE, di proporre le misure opportune per garantire una rappresentanza unificata dell'area dell'euro nell'ambito delle istituzioni e conferenze finanziarie internazionali e in particolare del FMI, al fine di sostituire l'attuale sistema di rappresentanza individuale degli Stati membri a livello internazionale; osserva che ciò presuppone una modifica dello statuto del FMI;
100. chiede che il Parlamento sia consultato sul coinvolgimento del FMI nell'area dell'euro in modo puntuale;
Consiglio ed Eurogruppo
101. chiede un riesame del processo decisionale dell'Eurogruppo affinché sia prevista un'adeguata responsabilità democratica sia a livello nazionale che europeo; chiede che siano elaborati orientamenti europei volti a garantire un controllo democratico adeguato sull'attuazione delle misure a livello nazionale che tenga conto della qualità dell'occupazione, della protezione sociale, della sanità e dell'istruzione e garantisca a tutti l'accesso ai sistemi sociali; propone che la carica di presidente permanente dell'Eurogruppo costituisca una responsabilità a tempo pieno; suggerisce che il presidente dell'Eurogruppo sia uno dei vicepresidenti della Commissione e che debba rendere conto al Parlamento; chiede l'avvio nel breve termine di un dialogo regolare tra la troika e il Parlamento;
102. invita l'Eurogruppo, il Consiglio e il Consiglio europeo ad assumersi la piena responsabilità delle azioni della troika; auspica, in particolare, che sia migliorato l'obbligo di rendicontabilità per le decisioni dell'Eurogruppo in materia di assistenza finanziaria, dal momento che i ministri delle Finanze hanno la responsabilità politica definitiva per i programmi di adeguamento macroeconomico e per la loro attuazione senza tuttavia dover spesso rendere conto direttamente né al rispettivo parlamento nazionale né al Parlamento europeo per specifiche decisioni; ritiene che, prima di concedere l'assistenza finanziaria, il presidente dell'Eurogruppo debba essere ascoltato dal Parlamento europeo e i ministri delle Finanze degli Stati membri dal rispettivo parlamento nazionale; sottolinea che il presidente dell'Eurogruppo e i ministri delle Finanze dovrebbero riferire regolarmente al Parlamento europeo e ai parlamenti nazionali;
103. esorta tutti gli Stati membri ad aumentare la titolarità a livello nazionale nei lavori e nelle decisioni del Semestre europeo e ad attuare tutte le misure e le riforme da essi concordate nel quadro delle raccomandazioni specifiche per paese; ricorda che la Commissione ha individuato progressi significativi rispetto agli anni precedenti soltanto nel 15% delle quasi 400 raccomandazioni specifiche per paese;
MES
104. sottolinea che, con la graduale cessazione delle attività della troika, sarà necessaria un'istituzione che assuma il controllo delle riforme in atto;
105. sottolinea che la creazione del FESF e del MES al di fuori delle istituzioni dell'Unione rappresenta un regresso nello sviluppo dell'Unione, sostanzialmente a scapito del Parlamento, della Corte dei conti e della Corte di giustizia;
106. chiede che il MES sia inserito nel quadro giuridico dell'Unione e si evolva verso un meccanismo basato sul metodo comunitario, come previsto dal trattato MES; chiede che il MES debba rendere conto al Parlamento europeo e al Consiglio europeo, anche per quanto riguarda le decisioni di concessione sia dell'assistenza finanziaria che di nuove quote del prestito; sottolinea che gli Stati membri, fintanto che contribuiscono direttamente al MES dal proprio bilancio nazionale, dovrebbero approvare l'assistenza finanziaria; chiede che il MES sia ulteriormente sviluppato, con adeguate capacità di erogare e contrarre prestiti, che sia istituito un dialogo tra il consiglio dei governatori del MES e le parti sociali europee e che il MES sia integrato nel bilancio dell'UE; chiede ai membri del MES, fintanto che le summenzionate richieste non sia state realizzate, ad astenersi dall'applicare il requisito di unanimità nel breve termine in modo tale che le decisioni standard siano adottate a maggioranza qualificata anziché all'unanimità e di consentire la concessione di assistenza a titolo precauzionale;
107. chiede al Consiglio e all'Eurogruppo di tenere fede all'impegno assunto dal presidente del Consiglio europeo di negoziare un accordo interistituzionale con il Parlamento europeo per l'istituzione di un adeguato meccanismo transitorio inteso ad accrescere la responsabilità del MES; chiede altresì in tale contesto che sia garantita una maggiore trasparenza nelle azioni del consiglio dei governatori del MES;
108. sottolinea che la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea relativa alla causa "Pringle" offre la possibilità di integrare il MES nel quadro comunitario, a trattato costante sulla base dell'articolo 352 TFUE; chiede pertanto alla Commissione di presentare entro la fine del 2014 una proposta legislativa a tale scopo;
Medio e lungo termine
109. chiede che i memorandum siano inseriti nel quadro della normativa comunitaria in modo da promuovere una strategia di consolidamento credibile e sostenibile, contribuendo in tal modo anche al conseguimento degli obiettivi della strategia per la crescita dell'Unione e degli obiettivi dichiarati di coesione sociale e occupazione; raccomanda che, affinché ai programmi di assistenza sia conferita adeguata legittimità democratica, i mandati negoziali siano sottoposti al voto del Parlamento e che quest'ultimo sia consultato sui memorandum d'intesa che ne derivano;
110. ribadisce il suo appello affinché le decisioni relative al rafforzamento dell'UEM siano adottate sulla base del trattato sull'Unione europea; è del parere che qualsiasi scostamento dal metodo comunitario con un accresciuto ricorso agli accordi intergovernativi (come gli accordi contrattuali) divida, indebolisca e metta in discussione la credibilità dell'Unione, ivi compresa l'area dell'euro; è consapevole del fatto che il pieno rispetto del metodo comunitario nelle successive riforme del meccanismo di assistenza dell'Unione possa implicare una modifica del trattato e sottolinea che qualsiasi modifica del genere debba prevedere il pieno coinvolgimento del PE ed essere sottoposta a una convenzione;
111. è dell'avviso che debba essere presa in considerazione l'opzione di una modifica del trattato che consenta l'estensione del campo di applicazione dell'attuale articolo 143 TFUE a tutti gli Stati membri, anziché limitarsi agli Stati membri non appartenenti all'area dell'euro;
112. chiede la creazione di un Fondo monetario europeo (FME) sulla base del diritto dell'Unione, che sia soggetto al metodo comunitario; ritiene che un FME di questo tipo dovrebbe coniugare le risorse finanziarie del MES intese a sostenere i paesi che riscontrano problemi di bilancia dei pagamenti o si trovano in situazione di insolvenza di Stato con le risorse e l'esperienza che la Commissione ha maturato in tale ambito nel corso degli ultimi anni; sottolinea che un tale quadro eviterebbe i possibili conflitti d'interesse inerenti all'attuale ruolo della Commissione quale agente dell'Eurogruppo e al suo ruolo notevolmente più ampio di "custode dei trattati"; reputa che il FME debba essere soggetto ai massimi standard democratici di responsabilità e legittimità; ritiene che un tale quadro garantirebbe la trasparenza del processo decisionale e la piena assunzione delle responsabilità per le proprie azioni da parte di tutte le istituzioni interessate;
113. è del parere che sarà necessaria una revisione del trattato al fine di ancorare pienamente il quadro dell'UE in materia di prevenzione e risoluzione delle crisi su basi giuridicamente solide ed economicamente sostenibili;
114. è del parere che dovrebbe essere valutata l'opzione di mettere a punto un meccanismo con un iter procedurale chiaro per i paesi che sono a rischio di insolvenza, seguendo le norme del six pack e del two pack; incoraggia in tale contesto il FMI e chiede alla Commissione e al Consiglio di condurre l'FMI a una posizione comune per riaccendere il dibattito su un meccanismo internazionale di ristrutturazione del debito sovrano al fine di adottare un approccio multilaterale equo e sostenibile in tale ambito;
115. riassume la sua raccomandazione di chiarire i ruoli e i compiti rispettivi di ciascun partecipante alla troika secondo le seguenti modalità:
a)
un Fondo monetario europeo, che riunisca gli strumenti finanziari del MES e le risorse umane acquisite dalla Commissione nel corso degli ultimi anni, assumerebbe il ruolo della Commissione mentre quest'ultima opererebbe in conformità dell'articolo 17 del TUE e in particolare agirebbe quale custode dei trattati;
b)
la BCE parteciperebbe in qualità di osservatore silenzioso durante il processo negoziale per poter essere in grado di sollevare, nel suo ruolo consultivo, le questioni che destano grande preoccupazione alla Commissione e successivamente, se del caso, al Fondo monetario europeo;
c)
il FMI, qualora il suo coinvolgimento fosse assolutamente necessario, fungerebbe da prestatore marginale e potrebbe pertanto abbandonare il programma in caso di disaccordo;
116. ritiene che dovrebbe essere dato seguito al lavoro avviato con la presente relazione; chiede al prossimo Parlamento di proseguire i lavori della presente relazione ed elaborarne ulteriormente i risultati principali nonché di approfondire l'esame della questione;
o o o
117. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio europeo, al Consiglio, all'Eurogruppo, alla Commissione, alla Banca centrale europea e al FMI.
Occupazione e aspetti sociali del ruolo e delle attività della troika
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Risoluzione del Parlamento europeo del 13 marzo 2014 su aspetti occupazionali e sociali del ruolo e delle attività della troika (BCE, Commissione e FMI) relativamente ai paesi dell'area dell'euro oggetto di un programma (2014/2007(INI))
– visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) e in particolare gli articoli 9, 151, 152 e 153,
– vista la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in particolare il titolo IV (Solidarietà),
– vista la Carta sociale europea (riveduta), in particolare l'articolo 30 sul diritto alla protezione contro la povertà e l'esclusione sociale,
– vista l'audizione pubblica della commissione per l'occupazione e gli affari sociali, del 9 gennaio 2014, sul "ruolo e le attività della troika relativamente ai paesi dell'area dell'euro oggetto di un programma: aspetti occupazionali e sociali",
– visti i quattro progetti di documenti di politica generale contenenti le valutazioni degli aspetti e delle sfide sociali e occupazionali in Grecia, Portogallo, Irlanda e Cipro, preparati nel gennaio 2014 dall'unità Sostegno alla governance economica del dipartimento tematico Politiche economiche e scientifiche della DG IPOL,
– visti il dialogo economico e lo scambio di opinioni con il ministro greco delle Finanze e il ministro greco del Lavoro e della previdenza sociale organizzati congiuntamente dalle commissioni EMPL ed ECON il 13 novembre 2012,
– viste le cinque decisioni del comitato europeo per i diritti sociali del Consiglio d'Europa del 22 aprile 2013 relative ai regimi pensionistici in Grecia(1),
– vista la 365a relazione del comitato sulla libertà di associazione dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL),
– vista la sua risoluzione dell'8 ottobre 2013 sugli effetti dei vincoli di bilancio per le autorità regionali e locali con riferimento alla spesa dei Fondi strutturali dell'UE negli Stati membri(2),
– vista la sua risoluzione del 4 luglio 2013 sull'impatto della crisi sull'accesso delle categorie vulnerabili all'assistenza(3),
– vista la sua risoluzione dell'11 giugno 2013 sull'edilizia popolare nell'Unione europea(4),
– vista la sua risoluzione del 15 febbraio 2012 sull'occupazione e gli aspetti sociali nell'analisi annuale della crescita 2012(5),
– visti la comunicazione della Commissione, del 13 novembre 2013, intitolata "Analisi annuale della crescita 2014" (COM(2013)0800) e il progetto di relazione comune sull'occupazione allegato alla stessa,
– vista la sua risoluzione del 23 ottobre 2013 sul semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche: attuazione delle priorità per il 2013(6),
– vista la comunicazione della Commissione, del 2 ottobre 2013, intitolata "Potenziare la dimensione sociale dell'Unione economica e monetaria" (COM(2013)0690),
– viste l'interrogazione orale O-000122/2013 – B7-0524/2013 alla Commissione e la risoluzione ad essa collegata del Parlamento, del 21 novembre 2013, sulla comunicazione della Commissione intitolata "Potenziare la dimensione sociale dell'Unione economica e monetaria (UEM)"(7),
– visto il parere EMPL in vista della sua risoluzione del 20 novembre 2012 sulla relazione dei Presidenti del Consiglio europeo, della Commissione europea, della Banca centrale europea e dell'Eurogruppo dal titolo "Verso un'autentica Unione economica e monetaria"(8),
– vista la comunicazione della Commissione del 16 dicembre 2010 dal titolo "La Piattaforma europea contro la povertà e l'esclusione sociale: un quadro europeo per la coesione sociale e territoriale" (COM(2010)0758), e la sua relazione del 15 novembre 2011 sul tema(9),
– vista la sua risoluzione del 20 novembre 2012 sul patto per gli investimenti sociali come risposta alla crisi(10),
– vista la relazione di Eurofund del 12 dicembre 2013 dal titolo "Industrial relations and working conditions in Europe 2012" (Relazioni industriali e condizioni di lavoro in Europa nel 2012),
– vista la comunicazione della Commissione del 20 febbraio 2013 intitolata "Investire nel settore sociale a favore della crescita e della coesione, in particolare attuando il Fondo sociale europeo nel periodo 2014-2020" (COM(2013)0083),
– viste l'interrogazione orale O-000057/2013 – B7-0207/2013 alla Commissione e la risoluzione ad essa collegata del Parlamento, del 12 giugno 2013, sulla comunicazione della Commissione "Investire nel settore sociale a favore della crescita e della coesione, in particolare attuando il Fondo sociale europeo nel periodo 2014-2020"(11),
– vista la quarta relazione di monitoraggio del Comitato delle regioni sulla strategia Europa 2020 dell'ottobre 2013,
– visto il documento di lavoro n. 49 dell'OIL del 30 aprile 2013 dal titolo "The impact of the eurozone crisis on Irish social partnership: A political economy analysis" (L'impatto della crisi della zona euro sulla partnership sociale irlandese: un'analisi economico-politica),
– visto il documento di lavoro n. 38 dell'OIL dell'8 marzo 2012 dal titolo "Social dialogue and collective bargaining in times of crisis: The case of Greece" (Dialogo sociale e contrattazione collettiva in tempi di crisi: il caso della Grecia),
– vista la relazione dell'OIL del 30 ottobre 2013 dal titolo "Tackling the job crisis in Portugal" (Come affrontare la crisi occupazionale in Portogallo),
– vista la relazione Bruegel del 17 giugno 2013 dal titolo "EU-IMF assistance to euro-area countries: an early assessment" (Assistenza UE-FMI ai paesi dell'area dell'euro: una valutazione precoce, Bruegel Blueprint 19),
– visti i comunicati stampa di Eurostat sugli indicatori in euro del 12 febbraio 2010 (22/2010) e del 29 novembre 2013 (179/2013),
– visto il documento di politica economica n. 1 dell'OCSE del 12 aprile 2012 dal titolo: "Fiscal consolidation: How much, how fast and by what means? – An Economic Outlook Report" (Risanamento del bilancio: in che misura, con che velocità e con quali mezzi? Relazione sulle prospettive economiche),
– vista la comunicazione della Commissione del 3 marzo 2010 intitolata "Europa 2020: Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva" (COM(2010)2020),
– visto il documento di lavoro dell'istituto sindacale europeo (ETUI) del maggio 2013 dal titolo "The Euro crisis and its impact on national and European social policies" (La crisi dell'euro e il suo impatto sulle politiche sociali nazionali ed europee),
– vista la relazione della Commissione del giugno 2013 dal titolo "Labour Market Developments in Europe 2013" (Sviluppi del mercato del lavoro in Europa 2013, serie European Economy n. 6/2013),
– visto il documento di Caritas Europa del febbraio 2013 dal titolo "The impact of the European Crisis: a study of the impact of the crisis and austerity on the people, with a special focus on Greece, Ireland, Italy, Portugal and Spain" (L'impatto della crisi europea: uno studio dell'impatto della crisi e dell'austerità sulle persone, con particolare attenzione a Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo e Spagna),
– visto il documento di Oxfam del settembre 2013 dal titolo "A cautionary tale: the true cost of austerity and inequality in Europe" (Un racconto moraleggiante: i costi reali dell'austerità e della disparità in Europa),
– visto l'articolo 48 del suo regolamento,
– vista la relazione della commissione per l'occupazione e gli affari sociali (A7-0135/2014),
A. considerando che la crisi economica e finanziaria senza precedenti che ha messo in luce la fragilità delle finanze pubbliche di alcuni Stati membri e le misure del programma di aggiustamento economico adottate in risposta alla situazione in cui versano Grecia (maggio 2010 e marzo 2012), Irlanda (dicembre 2010), Portogallo (maggio 2011) e Cipro (giugno 2013) hanno avuto un impatto diretto e indiretto sui livelli occupazionali e sul tenore di vita di molte persone; considerando che, sebbene siano stati formalmente firmati dalla Commissione, tutti i programmi sono stati progettati congiuntamente dall'FMI, dall'Eurogruppo, dalla Banca centrale europea (BCE), dalla Commissione e dagli Stati membri interessati dagli interventi, che ne hanno stabilito la condizionalità;
B. considerando che una volta garantita la sostenibilità economica e di bilancio dei quattro paesi di cui sopra, si dovrebbero concentrare gli sforzi sugli aspetti sociali, prestando particolare attenzione alla creazione di posti di lavoro;
C. considerando che l'articolo 9 del TFUE stabilisce che "nella definizione e nell'attuazione delle sue politiche e azioni, l'Unione tiene conto delle esigenze connesse con la promozione di un elevato livello di occupazione, la garanzia di un'adeguata protezione sociale, la lotta contro l'esclusione sociale e un elevato livello di istruzione, formazione e tutela della salute umana";
D. considerando che l'articolo 151 del TFUE stabilisce che le azioni intraprese dall'UE e dai suoi Stati membri devono essere coerenti con i diritti sociali fondamentali definiti nella Carta sociale europea del 1961 e nella Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori del 1989 al fine di migliorare, tra l'altro, il dialogo sociale; considerando che l'articolo 152 del TFUE stabilisce che "l'Unione riconosce e promuove il ruolo delle parti sociali al suo livello, tenendo conto delle diversità dei sistemi nazionali. Essa facilita il dialogo tra tali parti, nel rispetto della loro autonomia";
E. considerando che l'articolo 36 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea impegna l'Unione a riconoscere e rispettare "l'accesso ai servizi d'interesse economico generale quale previsto dalle legislazioni e prassi nazionali", conformemente ai trattati, al fine di promuovere la coesione sociale e territoriale dell'Unione; considerando che l'articolo 14 del TFUE dispone che "in considerazione dell'importanza dei servizi di interesse economico generale nell'ambito dei valori comuni dell'Unione, nonché del loro ruolo nella promozione della coesione sociale e territoriale, l'Unione e gli Stati membri, secondo le rispettive competenze e nell'ambito del campo di applicazione dei trattati, provvedano affinché tali servizi funzionino in base a principi e condizioni, in particolare economiche e finanziarie, che consentano loro di assolvere i propri compiti"; considerando che l'articolo 345 del TFUE stabilisce che i trattati lasciano del tutto impregiudicato "il regime di proprietà esistente negli Stati membri"; considerando inoltre che il protocollo n. 26 sui servizi di interesse generale specifica i valori comuni dell'Unione con riguardo al settore dei servizi di interesse economico generale;
F. considerando che l'articolo 6, paragrafo 1, del trattato sull'Unione europea (TUE) stabilisce che "l'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000 (...), che ha lo stesso valore giuridico dei trattati", e che i paragrafi 2 e 3 dello stesso articolo sanciscono l'adesione alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e stabiliscono che tali diritti costituiscono principi generali del diritto dell'Unione;
G. considerando che la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea sancisce, tra l'altro, il diritto di negoziazione e di azioni collettive (articolo 28), la tutela in caso di licenziamento ingiustificato (articolo 30), condizioni di lavoro giuste ed eque (articolo 31), il riconoscimento e il rispetto del diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale e ai servizi sociali e, al fine di "lottare contro l'esclusione sociale e la povertà", il diritto a "un'esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti" (articolo 34), il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e il diritto di ottenere cure mediche (articolo 35) e il riconoscimento e il rispetto del diritto di accesso ai servizi d'interesse economico generale (articolo 36);
H. considerando che la strategia Europa 2020 proposta dalla Commissione il 3 marzo 2010 e approvata dal Consiglio europeo del 17 giugno 2010 include, fra i suoi cinque obiettivi principali da raggiungere entro il 2020: tasso di occupazione per donne e uomini di età compresa tra 20 e 64 anni al 75%; riduzione dell'abbandono scolastico al di sotto del 10% e almeno il 40% dei 30-34enni che abbia completato un'istruzione universitaria (o equivalente); riduzione della povertà con almeno 20 milioni di persone a rischio di povertà o emarginazione in meno;
I. considerando che, secondo l'esame trimestrale della Commissione di ottobre 2013, dal titolo "EU Employment and Social Situation" (Situazione sociale e occupazionale nell'UE), la grave caduta del PIL di Grecia, Portogallo e Irlanda si è tradotta principalmente in un declino dell'occupazione;
J. considerando che, nella sua risoluzione del 21 novembre 2013, il Parlamento ha accolto con favore la comunicazione della Commissione del 2 ottobre 2013 intitolata "Potenziare la dimensione sociale dell'Unione economica e monetaria" e la sua proposta di istituire un quadro di valutazione degli indicatori occupazionali e sociali essenziali, a completamento della procedura per gli squilibri macroeconomici e della relazione comune sull'occupazione, quale passo in avanti verso una dimensione sociale dell'UEM; considerando che tali indicatori dovrebbero essere sufficienti a garantire una copertura esaustiva e trasparente della situazione sociale e occupazionale negli Stati membri; considerando che la risoluzione ha evidenziato la necessità di garantire che tale monitoraggio sia inteso a ridurre le divergenze sociali tra gli Stati membri e a promuovere la convergenza sociale verso l'alto e il progresso sociale;
K. considerando che, secondo i dati a disposizione, nei quattro paesi si registra una regressione nel raggiungimento degli obiettivi sociali di Europa 2020 (cfr. l'allegato 1), fatta eccezione per gli obiettivi relativi all'abbandono scolastico precoce ed alla formazione e al conseguimento di un diploma d'istruzione superiore;
L. considerando che le prospettive economiche di lungo termine di tali paesi stanno migliorando e che ciò dovrebbe iniziare a contribuire alla creazione di nuovi posti di lavoro nelle loro economie e invertire la tendenza al declino dell'occupazione;
1. rileva che le istituzioni dell'UE (BCE, Commissione ed Eurogruppo) sono anch'esse responsabili delle condizioni relative ai programmi di aggiustamento economico; nota altresì la necessità di garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche e di assicurare che i cittadini beneficino di una protezione sociale adeguata;
2. si rammarica del fatto che il Parlamento sia stato completamente emarginato durante tutte le fasi dei programmi: fase preparatoria, sviluppo dei mandati e monitoraggio dell'impatto dei risultati conseguiti dai programmi e dalle relative misure; nota che, benché la partecipazione del Parlamento europeo non fosse obbligatoria data la mancanza di una base giuridica, l'assenza delle istituzioni europee e dei meccanismi finanziari europei ha fatto sì che i programmi dovessero essere improvvisati ed ha portato alla conclusione di accordi finanziari ed istituzionali al di fuori del metodo comunitario; nota, a tale proposito, che la BCE ha adottato decisioni che esulano dal suo mandato; ricorda il ruolo di guardiana dei trattati della Commissione ed il fatto che tale ruolo dovrebbe sempre essere rispettato; ritiene che solo le istituzioni responsabili autenticamente democratiche debbano guidare il processo politico di progettazione e attuazione dei programmi di aggiustamento per i paesi che versano in gravi difficoltà finanziarie;
3. deplora il fatto che i programmi in questione siano stati progettati senza mezzi sufficienti per valutarne le conseguenze, mediante studi d'impatto o attraverso un coordinamento con il comitato per l'occupazione, il comitato per la protezione sociale, il Consiglio "Occupazione, politica sociale, salute e consumatori" (EPSCO) o il Commissario per l'Occupazione e gli affari sociali; deplora altresì il fatto che l'OIL non sia stata consultata e il fatto che, nonostante le importanti implicazioni sociali, gli organi consultivi istituiti dal trattato, in particolare il Comitato economico e sociale europeo (CESE) e il Comitato delle regioni (CdR), non siano stati consultati;
4. si rammarica del fatto che la condizionalità imposta in cambio dell'assistenza finanziaria abbia minacciato gli obiettivi sociali dell'UE per una serie di ragioni:
–
l'Unione europea era poco preparata e male equipaggiata per affrontare i problemi emersi, non da ultimo la gravissima crisi del debito sovrano, situazione che richiedeva una risposta immediata al fine di evitare il fallimento;
–
benché i programmi abbiano una durata determinata, alcune misure previste da tali programmi non avrebbero dovuto essere a lungo termine;
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le misure sono particolarmente onerose, soprattutto perché l'aggravarsi della crisi economica e sociale non è stato rilevato in tempo, perché è stato concesso poco tempo per l'attuazione di dette misure e perché non sono state eseguite valutazioni di impatto adeguate del loro effetto distributivo su diverse fasce della società;
–
nonostante le richieste della Commissione europea, i fondi UE residui del quadro 2007-2013 non sono stati utilizzati in modo tempestivo;
–
le misure avrebbero potuto essere accompagnate da maggiori sforzi per tutelare i gruppi vulnerabili, tra cui misure volte ad evitare livelli elevati di povertà, privazione e disuguaglianze sanitarie derivanti dal fatto che i gruppi a basso reddito dipendono fortemente dai sistemi di sanità pubblica;
Occupazione
5. nota che la gravità della crisi economica e finanziaria e le politiche di aggiustamento nei quattro paesi in questione hanno contribuito ad aumentare la disoccupazione e le percentuali di posti di lavoro persi nonché il numero dei disoccupati di lungo periodo ed hanno determinato in alcuni casi un peggioramento delle condizioni di lavoro; sottolinea che i tassi di occupazione svolgono un ruolo essenziale riguardo alla sostenibilità dei regimi di protezione sociale e pensionistici nonché riguardo al conseguimento degli obiettivi sociali e occupazionali di Europa 2020;
6. constata che le aspettative di una ripresa della crescita e di nuovi posti di lavoro mediante la svalutazione interna per riacquistare competitività non si sono realizzate; sottolinea che la mancata realizzazione di tali aspettative riflette una tendenza a sottovalutare il carattere strutturale della crisi nonché l'importanza di mantenere la domanda interna, gli investimenti e il sostegno creditizio all'economia reale; evidenzia la natura prociclica delle misure di austerità ed il fatto che esse non sono state accompagnate da cambiamenti e riforme strutturali caso per caso, in cui si presti particolare attenzione alle fasce vulnerabili della società al fine di conseguire una crescita che sia seguita da coesione sociale e occupazione;
7. constata che gli alti tassi di disoccupazione e sotto occupazione, uniti ai tagli agli stipendi del settore pubblico e privato e, in alcuni casi, all'assenza di un'azione efficace per contrastare l'evasione fiscale riducendo nel contempo le aliquote contributive, stanno minando la sostenibilità e l'adeguatezza dei sistemi pubblici di previdenza sociale a causa della carenza di finanziamenti per la sicurezza sociale;
8. nota che il deteriorarsi delle condizioni e la scomparsa di PMI sono tra le cause principali della perdita di posti di lavoro e tra le principali minacce alla ripresa futura; rileva che le politiche di aggiustamento non hanno tenuto conto dei settori strategici che avrebbero dovuto essere presi in considerazione al fine di preservare la crescita futura e la coesione sociale; osserva che ciò ha portato a significative perdite di posti di lavoro in settori strategici come l'industria e il settore di ricerca, sviluppo e innovazione; sottolinea che i quattro paesi devono fare uno sforzo per creare le condizioni favorevoli necessarie per consentire alle imprese, e in particolare alle PMI, di poter sviluppare la propria attività in modo sostenibile e a lungo termine; sottolinea che si sono persi molti posti di lavoro nell'amministrazione pubblica e in particolare in settori di base quali sanità, istruzione e servizi sociali;
9. deplora il fatto che sono i giovani a subire i livelli di disoccupazione più elevati, con situazioni in paesi come la Grecia (dove il tasso è superiore al 50%) o il Portogallo e l'Irlanda (dove ha superato il 30% nel 2012) o ancora a Cipro (dove si attesta al 26,4% circa) che sono particolarmente gravi; rileva che tali dati persistono a cinque anni dall'inizio della crisi; si rammarica del fatto che, anche quando i giovani trovano un lavoro, molti di essi – in media il 43% rispetto al 13% dei lavoratori adulti – spesso si trovano a lavorare in condizioni precarie o con contratti a tempo parziale, il che difficilmente consente loro di emanciparsi dalle famiglie e determina una perdita di risorse in termini di innovazione ed esperienza con conseguenze sulla produzione e la crescita;
10. osserva che i gruppi più vulnerabili sul mercato del lavoro – i disoccupati di lunga durata, le donne, i lavoratori migranti e i disabili – hanno sofferto di più e stanno sperimentando tassi di disoccupazione più elevati rispetto alle medie nazionali; constata il grave aumento del tasso di disoccupazione di lungo termine di donne e lavoratori anziani nonché le ulteriori difficoltà che questi lavoratori dovranno affrontare nel momento in cui cercheranno di tornare sul mercato del lavoro quando vi sarà infine una ripresa dell'economia; sottolinea che tali lavoratori necessitano di misure mirate;
11. avverte che, se non sanate, queste enormi divergenze, soprattutto nel caso delle giovani generazioni, possono tradursi nel lungo periodo in un danno strutturale al mercato del lavoro dei quattro paesi interessati, limitare la loro capacità di ripresa, provocare una migrazione involontaria che esacerba ulteriormente gli effetti della continua fuga di cervelli e aumentare le divergenze persistenti tra gli Stati membri che offrono occupazione e quelli che forniscono forza lavoro a basso costo; deplora che sviluppi socioeconomici negativi costituiscano una delle principali ragioni che spingono i giovani a emigrare e a esercitare il loro diritto alla libertà di circolazione;
12. è preoccupato per il fatto che, in taluni casi e settori, oltre alla perdita di posti di lavoro si assiste a un peggioramento della qualità del lavoro, alla crescita del lavoro precario e al deterioramento delle norme fondamentali in materia di lavoro; sottolinea la necessità che gli Stati membri affrontino in maniera specifica il problema dell'aumento dei contratti a tempo parziale e temporanei imposti, dei tirocini e apprendistati non retribuiti, del falso lavoro autonomo, nonché delle attività dell'economia sommersa; rileva inoltre che, sebbene la fissazione delle retribuzioni non sia di competenza dell'Unione europea, i programmi hanno avuto un'incidenza sulla retribuzione minima: l'Irlanda è stata costretta a ridurla del 12% circa (malgrado la decisione sia poi stata modificata) e in Grecia ne è stato decretato un taglio radicale del 22%;
13. rammenta che la strategia Europa 2020 indica con precisione che la cifra da prendere in considerazione è il tasso di occupazione, il quale indica la disponibilità delle risorse umane e finanziarie per garantire la sostenibilità del nostro modello economico e sociale; chiede di non scambiare il rallentamento del tasso di disoccupazione con il recupero dei posti di lavoro persi, dal momento che non si tiene assolutamente conto dell'aumento dell'emigrazione; osserva che il calo dell'occupazione industriale era un problema già prima dell'avvio dei programmi; pone in evidenza la necessità di creare un maggior numero di posti di lavoro e di migliore qualità; ricorda che negli ultimi quattro anni la perdita di posti di lavoro ha raggiunto quota 2 milioni, pari al 15% dei posti di lavoro presenti nel 2009; si compiace per il fatto che dati recenti indicano un lieve incremento delle cifre relative all'occupazione per quanto riguarda l'Irlanda, Cipro e il Portogallo;
Povertà ed esclusione sociale
14. esprime preoccupazione per il fatto che, fra le condizioni per la concessione di assistenza finanziaria, i programmi includono raccomandazioni di tagli specifici alla spesa sociale reale in settori fondamentali, quali le pensioni, i servizi di base, l'assistenza sanitaria e, in taluni casi, i medicinali per la protezione di base dei più vulnerabili, nonché alla protezione dell'ambiente, anziché raccomandazioni che lascino ai governi nazionali un margine di flessibilità nel decidere dove realizzare risparmi; teme che le suddette misure incidano soprattutto sulla lotta alla povertà, in particolare quella infantile; ribadisce che la lotta alla povertà, in particolare quella infantile, deve restare uno degli obiettivi da conseguire da parte degli Stati membri e che le politiche di risanamento di bilancio non devono ostacolare tale finalità;
15. manifesta la propria inquietudine per il fatto che, in sede di preparazione e attuazione dei piani di aggiustamento economico, si sia prestata scarsa attenzione all'impatto della politica economica sull'occupazione o alle sue implicazioni sociali e che, nel caso della Grecia, l'ipotesi di lavoro si è rivelata fondata su una congettura errata riguardo all'effetto economico moltiplicatore, il che si è tradotto in un mancato intervento tempestivo per proteggere i soggetti più vulnerabili dalla povertà in generale, dalla povertà lavorativa e dall'esclusione sociale; invita la Commissione a tenere conto degli indicatori sociali anche per rinegoziare i programmi di aggiustamento economico e sostituire le misure raccomandate per ogni Stato membro, così da garantire le condizioni necessarie per la crescita e la piena conformità ai principi e valori sociali fondamentali dell'Unione europea;
16. rileva che, benché la Commissione abbia sottolineato, nella sua rassegna trimestrale sull'occupazione e la situazione sociale nell'UE, l'importanza della spesa previdenziale quale garanzia dai rischi sociali, dopo il 2010 la Grecia, l'Irlanda e il Portogallo hanno subito i maggiori tagli alla spesa sociale dell'intera Unione europea;
17. pone in rilievo la comparsa di nuove forme di povertà che interessano il ceto medio e quello lavoratore in taluni casi in cui le difficoltà legate al pagamento dei mutui e agli elevati prezzi dell'energia creano povertà energetica e incrementano gli sfratti e i pignoramenti; è preoccupato per il comprovato incremento del numero delle persone senza fissa dimora e delle vittime dell'esclusione abitativa; ricorda che ciò costituisce una violazione dei diritti fondamentali; raccomanda agli Stati membri e ai loro enti locali di varare politiche di alloggio neutrali, che favoriscano l'edilizia popolare e accessibile, fronteggino il problema delle abitazioni vuote e attuino politiche di prevenzione efficaci volte a ridurre il numero degli sfratti;
18. teme che la situazione socioeconomica in questi paesi (a livello micro e macro) stia aggravando le disparità regionali e territoriali, minando così l'obiettivo dichiarato dell'Unione di rafforzare la coesione regionale interna;
19. prende atto dell'ammonimento delle organizzazioni internazionali e sociali circa l'impatto sul divario di genere della nuova tabella retributiva e dei nuovi sistemi di inquadramento e di licenziamento nel settore pubblico; rileva che l'OIL si è detto preoccupato per l'impatto sproporzionato sulla retribuzione femminile delle nuove forme di impiego flessibili; rileva altresì che l'OIL ha chiesto ai governi di monitorare l'impatto dell'austerità sulla retribuzione degli uomini e delle donne nel settore privato; osserva con preoccupazione gli scarsi segni di progresso nell'eliminazione del divario retributivo di genere nei paesi interessati dai programmi di aggiustamento, in cui le disuguaglianze sono superiori alla media UE; afferma che occorre prestare maggiore attenzione alle disparità retributive e alla diminuzione del tasso di occupazione femminile negli Stati membri interessati dai programmi di aggiustamento;
20. rileva che i dati dell'Eurostat e della Commissione, oltre a diversi altri studi, dimostrano che in taluni casi la disparità di distribuzione del reddito è cresciuta tra il 2008 e il 2012 e che i tagli alle prestazioni sociali e alle indennità di disoccupazione, nonché la riduzione delle retribuzioni dettati dalle riforme strutturali, stanno innalzando i livelli di povertà; rileva, inoltre, che la relazione della Commissione ha riscontrato livelli relativamente elevati di povertà lavorativa a causa dei tagli o congelamenti delle retribuzioni minime;
21. si rammarica del fatto che sia aumentato, nella maggior parte dei casi, il livello delle persone a rischio di povertà o di esclusione sociale; osserva, inoltre, che tali statistiche nascondono una realtà molto più aspra, ovvero che quando diminuisce il PIL pro capite, si abbassa anche la soglia di povertà, il che significa che ora non si considerano più povere persone che fino a poco tempo fa erano ritenute tali; ricorda che nei paesi inseriti in programmi di aggiustamento e colpiti dalla crisi di bilancio, il calo del PIL, il crollo degli investimenti pubblici e privati e i minori investimenti in R&S comportano una contrazione del PIL potenziale e creano povertà a lungo termine;
22. accoglie con favore il fatto che, nei predetti studi, la Commissione ammetta che solo una netta inversione dell'attuale tendenza consentirà all'intera Unione europea di raggiungere gli obiettivi previsti dalla strategia Europa 2020;
23. deplora che, almeno per la Grecia, l'Irlanda e il Portogallo, i programmi includessero una serie di prescrizioni dettagliate sulla riforma del sistema sanitario e tagli alla spesa che incidono significativamente sulla qualità e sull'accessibilità universale dei servizi sociali, specialmente per quanto riguarda l'assistenza sanitaria e sociale, sebbene l'articolo 168, paragrafo 7, del TFUE disponga che l'Unione "rispetta le responsabilità degli Stati membri"; esprime preoccupazione per il fatto che, a causa di ciò, a diverse persone, in taluni casi, è stata negata la copertura assicurativa sanitaria o l'accesso alla protezione sociale, aumentando pertanto il rischio di povertà estrema ed esclusione sociale, come risulta dal crescente numero di indigenti e senzatetto e dalla mancanza di accesso ai beni e servizi di prima necessità;
24. deplora l'assenza di sforzi mirati per individuare le inefficienze dei sistemi sanitari e delle decisioni di operare tagli lineari ai bilanci sanitari; avverte che l'imposizione del pagamento di un ticket potrebbe spingere i pazienti a ritardare le cure mediche, trasferendo pertanto l'onere finanziario sulle famiglie; avverte altresì che i tagli alle retribuzioni degli operatori sanitari potrebbero incidere negativamente sulla sicurezza dei pazienti e spingere tali operatori a emigrare;
25. ribadisce che l'articolo 12 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (ICESCR) prevede il diritto universale al più elevato livello possibile di salute psicofisica; rileva che i quattro paesi in questione sono firmatari del Patto e che, pertanto, hanno riconosciuto il diritto universale alla salute;
26. ricorda che il Consiglio d'Europa ha già condannato i tagli al sistema pensionistico pubblico della Grecia, considerandoli una violazione dell'articolo 12 della Carta sociale europea del 1961 e dell'articolo 4 del relativo protocollo, affermando che il fatto che le contestate disposizioni di diritto interno cerchino di soddisfare i requisiti di altri obblighi giuridici non le sottrae all'ambito di applicazione della Carta(12); rileva che tale dottrina di mantenere il sistema pensionistico a un livello soddisfacente per consentire ai pensionati una vita dignitosa, è generalmente applicabile in tutti e quattro i paesi e avrebbe dovuto essere presa in considerazione;
27. deplora i tagli alle risorse mirate all'autonomia delle persone con disabilità;
28. fa osservare che, in sede di valutazione dell'applicazione della convenzione n. 102 nel caso delle riforme greche, il comitato di esperti dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) ha fortemente criticato le riforme radicali del sistema pensionistico e che questa stessa osservazione critica è stata inserita nella sua 29ª relazione annuale relativa al 2011; ricorda che la convenzione n. 102 è generalmente applicabile in tutti e quattro i paesi e avrebbe dovuto essere presa in considerazione;
29. sottolinea che l'aumento della povertà sociale nei quattro paesi sta anche dando vita a una maggiore solidarietà tra i gruppi più vulnerabili grazie all'impegno di privati, alle reti familiari e alle organizzazioni di assistenza; sottolinea inoltre che questo tipo di interventi non deve diventare la soluzione strutturale del problema, anche se allevia la situazione degli indigenti e mette in luce le qualità della cittadinanza europea;
30. constata con preoccupazione l'aumento progressivo del coefficiente di Gini rispetto alla tendenza generale alla diminuzione nella zona euro, il che significa un aumento delle disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza nei paesi inseriti in programmi di aggiustamento;
Abbandono scolastico
31. accoglie con favore il fatto che nei quattro paesi i livelli di abbandono scolastico stiano diminuendo; rileva che ciò potrebbe essere parzialmente riconducibile alle difficoltà incontrate dai giovani nel trovare un lavoro; ricorda l'urgente necessità di recuperare sistemi di formazione professionale di qualità, essendo questo uno dei modi più indicati per migliorare l'occupabilità dei giovani;
32. si compiace dell'aumento dei livelli di conseguimento di un diploma d'istruzione superiore nei quattro paesi; rileva che ciò può essere parzialmente riconducibile all'esigenza dei giovani di migliorare le loro prospettive sul mercato del lavoro;
33. si rammarica del fatto che, soprattutto a causa dei tagli alla spesa pubblica, la qualità dei sistemi d'istruzione non stia seguendo tale andamento positivo, esacerbando i problemi incontrati dai giovani che non frequentano la scuola, sono senza lavoro o non seguono una formazione professionale (NEET) e dai bambini con le esigenze speciali; constata che tali misure potrebbero avere ricadute concrete per la qualità dell'istruzione, come pure per le risorse materiali e umane disponibili, il numero di studenti per classe, i programmi di studio e la concentrazione delle scuole;
Dialogo sociale
34. sottolinea che sarebbe stato opportuno consultare le parti sociali a livello nazionale sulla concezione iniziale dei programmi; deplora il fatto che i programmi concepiti per i quattro paesi consentano alle imprese, in alcuni casi, di derogare ai contratti collettivi e di rivedere gli accordi salariali di settore, il che incide direttamente sulla struttura e sui valori dei contratti collettivi stabiliti nelle rispettive costituzioni nazionali; rileva che il comitato di esperti dell'OIL ha richiesto il ripristino del dialogo sociale; condanna l'indebolimento del principio della rappresentanza collettiva, che pone in causa il rinnovo automatico dei contratti collettivi che, in alcuni paesi, riveste una grande importanza, con la conseguenza che il numero di accordi collettivi in vigore ha subito un tracollo; condanna il taglio alla retribuzione minima e il congelamento della retribuzione minima nominale; sottolinea che tale situazione è conseguente alle riforme strutturali che si sono limitate esclusivamente alla deregolamentazione dei rapporti di lavoro e ai tagli retributivi, il che è contrario agli obiettivi generali dell'UE e alle politiche della strategia Europa 2020;
35. fa osservare che non esiste una soluzione unica per tutti gli Stati membri;
Raccomandazioni
36. invita la Commissione a condurre uno studio dettagliato delle conseguenze sociali ed economiche della crisi economica e finanziaria e dei programmi di aggiustamento effettuati in risposta alla stessa nei quattro paesi, al fine di comprendere esattamente gli effetti a breve e a lungo termine sull'occupazione e sui sistemi di protezione sociale, nonché sull'acquis sociale europeo, con particolare riferimento alla lotta alla povertà, al mantenimento di un buon dialogo sociale e all'equilibrio tra flessibilità e sicurezza nei rapporti di lavoro; invita la Commissione a utilizzare i propri organi consultivi in sede di concezione del suddetto studio, nonché il comitato per l'occupazione e il comitato per la protezione sociale; propone di invitare il CESE a elaborare una relazione specifica;
37. invita la Commissione a chiedere all'OIL e al Consiglio d'Europa di elaborare relazioni su eventuali misure correttive e sugli incentivi necessari per migliorare la situazione sociale nei paesi in esame, sul loro finanziamento e sulla sostenibilità delle finanze pubbliche, e a garantire la piena conformità con la Carta sociale europea e il relativo protocollo, nonché con le convenzioni fondamentali dell'OIL, tra cui la sua convenzione 94, dal momento che gli obblighi ivi enunciati hanno risentito della crisi economica, delle misure di aggiustamento di bilancio e delle riforme strutturali richieste dalla troika;
38. invita l'Unione europea, tenuto conto dei sacrifici fatti da tali paesi, a offrire sostegno, previa valutazione e con risorse finanziarie sufficienti, se del caso, per il ripristino delle norme di protezione sociale, la lotta alla povertà, il sostegno ai servizi di istruzione, soprattutto quelli destinati ai bambini con esigenze speciali e alle persone con disabilità, nonché per riannodare il dialogo sociale attraverso un piano di ripresa sociale; invita la Commissione, la BCE e l'Eurogruppo a riesaminare e a correggere, se del caso e quanto prima, le misure straordinarie poste in essere;
39. chiede il rispetto dei suddetti obblighi giuridici sanciti dai trattati e dalla Carta dei diritti fondamentali, poiché la loro inosservanza costituisce una violazione del diritto primario dell'Unione; invita l'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali a valutare attentamente l'impatto delle misure sui diritti umani e a formulare raccomandazioni in caso di violazione della Carta;
40. invita la troika e gli Stati membri interessati a sospendere i programmi non appena possibile e a mettere in atto meccanismi di gestione delle crisi che consentano alle istituzioni dell'Unione, tra cui il Parlamento europeo, di conseguire gli obiettivi e le politiche sociali – inclusi quelli relativi ai diritti individuali e collettivi dei soggetti a maggior rischio di esclusione sociale – previsti dai trattati, dagli accordi tra le parti sociali europee e dagli altri accordi vincolanti internazionali (le convenzioni dell'OIL, la Carta sociale europea e la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo); chiede una maggiore trasparenza e una maggiore titolarità politica e sociale della concezione e attuazione dei programmi di aggiustamento;
41. invita la Commissione e il Consiglio a prestare agli squilibri sociali e alla lotta agli stessi la stessa attenzione che presta agli squilibri macroeconomici e ad adoperarsi affinché le misure di aggiustamento siano volte a garantire la giustizia sociale e ammettano un equilibrio tra crescita economica e occupazione, attuazione di riforme strutturali e risanamento di bilancio; invita inoltre entrambe le istituzioni a privilegiare la creazione di posti di lavoro e la promozione dell'imprenditorialità e, a tal fine, a riservare al Consiglio "Occupazione, politica sociale, salute e consumatori" (EPSCO) la medesima attenzione che presta all'ECOFIN e all'Eurogruppo, nonché a convocare, ogni volta che sia necessario, una riunione dei ministri dell'Occupazione e degli Affari sociali dell'Eurogruppo prima dello svolgimento dei vertici euro;
42. raccomanda alla Commissione e agli Stati membri di considerare la spesa sanitaria e per l'istruzione non già spese da tagliare bensì un investimento pubblico nel futuro del paese, da rispettare e potenziare per consolidare la ripresa economica e sociale.
43. raccomanda che, una volta trascorso il periodo più difficile della crisi finanziaria, i paesi inseriti in programmi di aggiustamento, unitamente alle istituzioni dell'Unione, mettano in atto piani di recupero dell'occupazione affinché la ripresa economica sia sufficiente a ripristinare la situazione sociale precedente all'avvio dei programmi in oggetto, visto che ciò è necessario per consolidare l'aggiustamento macroeconomico e correggere gli squilibri del settore pubblico, quali l'indebitamento e il disavanzo; sottolinea la necessità di porre in essere piani di recupero dell'occupazione che tengano conto:
–
della necessità di riparare celermente il sistema creditizio, specialmente per le PMI,
–
della necessità di creare le condizioni favorevoli per le imprese in modo tale che queste ultime possano sviluppare le loro attività con una prospettiva a lungo termine e in maniera sostenibile, nonché di promuovere in particolare PMI, visto il ruolo centrale che svolgono nel creare posti di lavoro;
–
dell'uso ottimale delle possibilità offerte dai Fondi strutturali dell'UE, in particolare del Fondo sociale europeo,
–
di una reale politica del lavoro con politiche attive per il mercato del lavoro,
–
di servizi pubblici per l'impiego europei e di qualità e di una politica retributiva al rialzo,
–
di una garanzia europea per l'occupazione dei giovani,
–
della necessità di garantire un giusto effetto distributivo e
–
di un programma per i nuclei familiari senza lavoro e, infine, di una gestione di bilancio più accorta;
44. invita la Commissione a presentare una relazione sui progressi compiuti verso la realizzazione della strategia Europa 2020, con particolare riferimento all'assenza di progressi nei paesi inseriti in programmi di aggiustamento, e a formulare proposte per delineare un percorso credibile per tali paesi verso il conseguimento di tutti gli obiettivi della strategia Europa 2020;
45. raccomanda che le future riforme del lavoro degli Stati membri tengano conto dei criteri di flessicurezza per rafforzare la competitività delle imprese enunciata nella strategia Europa 2020, prendendo in considerazione anche altri elementi quali i costi dell'energia, la concorrenza sleale, il dumping sociale, un sistema finanziario equo ed efficiente, politiche di fiscali propizie alla crescita e all'occupazione e, in generale, tutto ciò che può contribuire allo sviluppo dell'economia reale e dell'imprenditorialità; invita la Commissione a effettuare valutazioni dell'impatto sociale prima di imporre grandi riforme nei paesi inseriti in programmi di aggiustamento, nonché a tenere conto le ricadute di tali misure, come ad esempio l'incidenza sulla povertà, sull'esclusione sociale, sui tassi di criminalità e sulla xenofobia;
46. chiede misure urgenti per prevenire l'aumento del numero delle persone senza fissa dimora nei paesi inseriti in programmi di aggiustamento e invita la Commissione a sostenerle attraverso un'analisi delle politiche e la promozione di prassi corrette;
47. rileva che, ai sensi dell'articolo 19 del regolamento (UE) n. 472/2013, la Commissione presenta al Parlamento europeo una relazione sull'applicazione del regolamento in questione entro il 1° gennaio 2014; invita la Commissione a presentare tale relazione senza indugio e a includervi le implicazioni di tale regolamento per gli attuali programmi di aggiustamento economico;
48. chiede alla Commissione e agli Stati membri di consultare la società civile, le organizzazione dei pazienti e gli ordini professionali per le ulteriori misure in materia di sanità nei programmi di aggiustamento e di avvalersi del comitato per la protezione sociale per garantire che le riforme migliorino l'efficienza dei sistemi e delle risorse senza mettere a rischio i gruppi più vulnerabili e la protezione sociale di base, tra cui l'acquisto e l'utilizzo di medicinali, le necessità fondamentali e la considerazione del personale sanitario;
o o o
49. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 13 marzo 2014 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante disposizioni generali sul Fondo Asilo e migrazione e sullo strumento di sostegno finanziario per la cooperazione di polizia, la prevenzione e la lotta alla criminalità e la gestione delle crisi (COM(2011)0752 – C7-0444/2011 – 2011/0367(COD))
– vista la proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2011)0752),
– visti l'articolo 294, paragrafo 2, l'articolo 78, paragrafo 2, l'articolo 79, paragrafi 2 e 4, l'articolo 82, paragrafo 1, l'articolo 84 e l'articolo 87, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, a norma dei quali la proposta gli è stata presentata dalla Commissione (C7-0444/2011),
– visto l'articolo 294, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visto il parere del Comitato economico e sociale europeo dell'11 luglio 2012(1),
– visto il parere del Comitato delle regioni del 18 luglio 2012(2),
– visto l'impegno assunto dal rappresentante del Consiglio, con lettera del 20 dicembre 2013, di approvare la posizione del Parlamento europeo, in conformità dell'articolo 294, paragrafo 4, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visto l'articolo 55 del suo regolamento,
– visti la relazione della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni e il parere della commissione per i bilanci (A7-0021/2014),
1. adotta la posizione in prima lettura figurante in appresso;
2. prende atto delle dichiarazioni della Commissione allegate alla presente risoluzione;
3. chiede alla Commissione di presentargli nuovamente la proposta qualora intenda modificarla sostanzialmente o sostituirla con un nuovo testo;
4. incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione nonché ai parlamenti nazionali.
Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 13 marzo 2014 in vista dell'adozione del regolamento (UE) n. .../2014 del Parlamento europeo e del Consiglio recante disposizioni generali sul Fondo asilo, migrazione e integrazione e sullo strumento di sostegno finanziario per la cooperazione di polizia, la prevenzione e la lotta alla criminalità e la gestione delle crisi
(Dato l'accordo tra il Parlamento e il Consiglio, la posizione del Parlamento corrisponde all'atto legislativo finale, il regolamento (UE) n. 514/2014)
ALLEGATO ALLA RISOLUZIONE LEGISLATIVA
Dichiarazione della Commissione sull'adozione dei programmi nazionali
La Commissione si adopererà per informare il Parlamento europeo prima dell'adozione dei programmi nazionali.
Dichiarazione della Commissione sull'articolo 5, paragrafo 4, secondo comma, lettera b), del regolamento (UE) n. 182/2011
La Commissione sottolinea che è contrario alla lettera e allo spirito del regolamento (UE) n. 182/2011 (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13) invocare l'articolo 5, paragrafo 4, secondo comma, lettera b), in modo sistematico. Il ricorso a tale disposizione deve rispondere ad una necessità specifica di derogare alla regola di principio secondo cui la Commissione può adottare un progetto di atto di esecuzione quando non viene emesso nessun parere. Dato che si tratta di un'eccezione alla regola generale stabilita dall'articolo 5, paragrafo 4, il ricorso al secondo comma, lettera b), dello stesso paragrafo non può essere considerato semplicemente un "potere discrezionale" del legislatore, ma deve essere interpretato in modo restrittivo e deve pertanto essere giustificato.
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 13 marzo 2014 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce, nell'ambito del Fondo Sicurezza interna, lo strumento di sostegno finanziario per la cooperazione di polizia, la prevenzione e la lotta alla criminalità e la gestione delle crisi (COM(2011)0753 – C7-0445/2011 – 2011/0368(COD))
– vista la proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2011)0753),
– visti l'articolo 294, paragrafo 2, l'articolo 82, paragrafo 1, l'articolo 84 e l'articolo 87, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, a norma dei quali la proposta gli è stata presentata dalla Commissione (C7-0445/2011),
– visto l'articolo 294, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visto il parere del Comitato economico e sociale europeo dell'11 luglio 2012(1),
– visto il parere del Comitato delle regioni del 18 luglio 2012(2),
– vista la sua decisione del 17 gennaio 2013 sull'avvio di negoziati interistituzionali riguardanti la proposta e sul relativo mandato(3),
– visto l'impegno assunto dal rappresentante del Consiglio, con lettera dell'11 dicembre 2013, di approvare detta posizione, in conformità dell'articolo 294, paragrafo 4, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visto l'articolo 55 del suo regolamento,
– visti la relazione della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni e il parere della commissione per i bilanci (A7-0026/2014),
1. adotta la posizione in prima lettura figurante in appresso;
2. chiede alla Commissione di presentargli nuovamente la proposta qualora intenda modificarla sostanzialmente o sostituirla con un nuovo testo;
3. incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione nonché ai parlamenti nazionali.
Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 13 marzo 2014 in vista dell'adozione del regolamento (UE) n. .../2014 del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce, nell'ambito del Fondo sicurezza interna, lo strumento di sostegno finanziario per la cooperazione di polizia, la prevenzione e la lotta alla criminalità e la gestione delle crisi e che abroga la decisione 2007/125/GAI del Consiglio
(Dato l'accordo tra il Parlamento e il Consiglio, la posizione del Parlamento corrisponde all'atto legislativo finale, il regolamento (UE) n. 513/2014)
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 13 marzo 2014 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce, nell'ambito del Fondo Sicurezza interna, lo strumento di sostegno finanziario per le frontiere esterne e i visti (COM(2011)0750 – C7-0441/2011 – 2011/0365(COD))
– vista la proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2011)0750),
– visti l'articolo 249, paragrafo 2, e l'articolo 77, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, a norma dei quali la proposta gli è stata presentata dalla Commissione (C7‑0441/2011),
– visto l'articolo 294, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visto il parere del Comitato economico e sociale europeo dell'11 luglio 2012(1),
– visto il parere del Comitato delle regioni del 18 luglio 2012(2),
– vista la sua decisione del 17 gennaio 2013 sull'avvio di negoziati interistituzionali riguardanti la proposta e sul relativo mandato(3),
– visto l'impegno assunto dal rappresentante del Consiglio, con lettera del 4 dicembre 2013, di approvare la posizione del Parlamento europeo, in conformità dell'articolo 294, paragrafo 4, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visto l'articolo 55 del suo regolamento,
– visti la relazione della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni e i pareri della commissione per gli affari esteri e della commissione per i bilanci (A7‑0025/2014),
1. adotta la posizione in prima lettura figurante in appresso;
2. chiede alla Commissione di presentargli nuovamente la proposta qualora intenda modificarla sostanzialmente o sostituirla con un nuovo testo;
3. incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione nonché ai parlamenti nazionali.
Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 13 marzo 2014 in vista dell'adozione del regolamento (UE) n. .../2014 del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce, nell'ambito del Fondo sicurezza interna, lo strumento di sostegno finanziario per le frontiere esterne e i visti e che abroga la decisione n. 574/2007/CE
(Dato l'accordo tra il Parlamento e il Consiglio, la posizione del Parlamento corrisponde all'atto legislativo finale, il regolamento (UE) n. 515/2014)
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 13 marzo 2014 sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante misure volte a garantire un livello comune elevato di sicurezza delle reti e dell'informazione nell'Unione (COM(2013)0048 – C7-0035/2013 – 2013/0027(COD))
– vista la proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2013)0048),
– visti l'articolo 294, paragrafo 2, e l'articolo 114 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, a norma dei quali la proposta gli è stata presentata dalla Commissione (C7‑0035/2013),
– visto l'articolo 294, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visto il parere motivato presentato, nel quadro del protocollo n. 2 sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, dal Parlamento svedese, ove si afferma che il progetto di atto legislativo non è conforme al principio di sussidiarietà,
– visto il parere del Comitato economico e sociale europeo del 22 maggio 2013(1),
– vista la sua risoluzione del 12 settembre 2013 sulla strategia dell'Unione europea per la cibersicurezza: un ciberspazio aperto e sicuro(2),
– visto l'articolo 55 del suo regolamento,
– visti la relazione della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori e i pareri della commissione per l'industria, la ricerca e l'energia, della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni e della commissione per gli affari esteri (A7-0103/2014),
1. adotta la posizione in prima lettura figurante in appresso;
2. chiede alla Commissione di presentargli nuovamente la proposta qualora intenda modificarla sostanzialmente o sostituirla con un nuovo testo;
3. incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione nonché ai parlamenti nazionali.
Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 13 marzo 2014 in vista dell'adozione della direttiva 2014/.../UE del Parlamento europeo e del Consiglio recante misure volte a garantire un livello comune elevato di sicurezza delle reti e dell’informazione nell’Unione
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 114,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo(3),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria(4),
considerando quanto segue:
(1) Le reti e i sistemi e servizi di informazione svolgono un ruolo vitale nella società. È essenziale che essi siano affidabili e sicuri per la libertà e la sicurezza globale dei cittadini dell'Unione oltre che per l’attività economica e il benessere sociale e in particolare ai fini del funzionamento del mercato interno. [Em. 1]
(2) La portata e, la frequenza e l'impatto degli incidenti dolosi o accidentali a carico della sicurezza stanno aumentando e rappresentano una grave minaccia per il funzionamento delle reti e dei sistemi informativi. Tali sistemi possono inoltre diventare un facile bersaglio per azioni intenzionalmente tese a danneggiare o interrompere il funzionamento dei sistemi. Tali incidenti possono impedire il proseguimento di attività economiche, provocare notevoli perdite finanziarie, minare la fiducia degli utenti e degli investitori e causare gravi danni all’economia dell’Unione e, infine, mettere in pericolo il benessere dei cittadini dell'Unione e la capacità degli Stati membri di proteggere se stessi e garantire la sicurezza delle infrastrutture critiche. [Em. 2]
(3) In quanto strumenti di comunicazione non vincolati a frontiere, i sistemi informativi digitali - e in prima linea internet - svolgono un ruolo essenziale per agevolare i movimenti transnazionali di beni, servizi e persone. Tenendo conto di questa dimensione transnazionale, gravi perturbazioni di tali sistemi in uno Stato membro possono ripercuotersi sugli altri Stati membri e avere conseguenze in tutta l’UE. La resilienza e la stabilità delle reti e dei sistemi informativi è quindi essenziale per l’armonioso funzionamento del mercato interno.
(3 bis) Poiché comunemente le cause di guasto dei sistemi continuano a essere involontarie, come eventi naturali o errori umani, le infrastrutture dovrebbero essere resilienti sia alle perturbazioni intenzionali che a quelle involontarie e gli operatori delle infrastrutture critiche dovrebbero progettare sistemi basati sulla resilienza. [Em. 3]
(4) È opportuno istituire un meccanismo di cooperazione a livello dell’Unione che permetta lo scambio di informazioni e il coordinamento delle attività di prevenzione, di individuazione e di risposta attinenti alla sicurezza delle reti e dell’informazione (SRI). Perché tale meccanismo sia effettivo e inclusivo è importante che tutti gli Stati membri dispongano di un livello minimo di capacità e si dotino di una strategia per garantire un livello elevato di sicurezza delle reti e dell’informazione sul loro territorio. È opportuno che anche alle pubbliche amministrazioni e aglia determinati operatori di mercato di infrastrutture informatiche critiche si applichino obblighi minimi di sicurezza, per promuovere una cultura della gestione dei rischi e garantire la segnalazione degli incidenti più gravi. Le società quotate nei mercati azionari dovrebbero essere incoraggiate a pubblicare volontariamente i loro incidenti nei rendiconti finanziari. È opportuno che il quadro giuridico si basi sull'esigenza di tutelare la riservatezza e l'integrità dei cittadini. La rete informativa di allarme sulle infrastrutture critiche (CIWIN) dovrebbe essere estesa agli operatori di mercato coperti dalla presente direttiva. [Em. 4]
(4 bis) Sebbene le amministrazioni pubbliche, in virtù della loro missione pubblica, debbano esercitare la dovuta diligenza nella gestione e protezione delle proprie reti e dei rispettivi sistemi informatici, occorre che la presente direttiva sia incentrata sulle infrastrutture critiche che sono essenziali per il mantenimento di attività vitali per l'economia e la società nei campi dell'energia, dei trasporti, delle banche, delle infrastrutture dei mercati finanziari e della sanità. Gli sviluppatori di software e i produttori di hardware dovrebbero essere esclusi dall'ambito di applicazione della presente direttiva. [Em. 5]
(4 ter) La cooperazione e il coordinamento tra le competenti autorità dell'Unione con l'alto rappresentante/vicepresidente, il responsabile per la politica estera e di sicurezza comune e la politica di sicurezza e difesa comune, nonché con il coordinatore antiterrorismo dell'UE, dovrebbero essere garantiti nei casi in cui gli incidenti aventi un impatto significativo sono percepiti come rischi di natura esterna e terroristica.[Em. 6]
(5) È necessario che la presente direttiva si applichi a tutte le reti e a tutti i sistemi informativi in modo da coprire tutti i relativi rischi e incidenti. È opportuno tuttavia che gli obblighi fatti alle pubbliche amministrazioni e agli operatori del mercato non si applichino alle imprese che forniscono reti pubbliche di comunicazioni o servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico, ai sensi della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio(5), perché tali imprese sono soggette a specifici obblighi di sicurezza e integrità previsti dall’articolo 13 bis di detta direttiva; i suddetti obblighi non devono inoltre applicarsi ai prestatori di servizi fiduciari.
(6) Le capacità esistenti non bastano a garantire un livello elevato di sicurezza delle reti e dell’informazione nell’Unione. I livelli di preparazione negli Stati membri sono molto diversi tra loro il che comporta una frammentazione degli approcci nell’Unione. Ne deriva un livello disomogeneo di protezione dei consumatori e delle imprese che compromette il livello globale di sicurezza delle reti e dell’informazione nell’Unione. La mancanza di obblighi minimi comuni imposti alle pubbliche amministrazioni e agli operatori del mercato rende inoltre impossibile la creazione di un meccanismo globale ed efficace di cooperazione a livello dell’Unione. Le università e i centri di ricerca svolgono un ruolo determinante nell'incentivare la ricerca, lo sviluppo e l'innovazione in tali settori e dovrebbero ricevere fondi adeguati. [Em. 7]
(7) Per una risposta efficace alle sfide in materia di sicurezza delle reti e dei sistemi informativi è pertanto necessario un approccio globale a livello di Unione, che contempli la creazione di una capacità minima comune e disposizioni minime in materia di pianificazione, lo sviluppo di competenze sufficienti in materia di sicurezza informatica,lo scambio di informazioni e il coordinamento delle azioni, nonché obblighi minimi comuni di sicurezza per tutti gli operatori del mercato interessati e le pubbliche amministrazioni. È opportuno applicare norme comuni minime conformemente alle raccomandazioni pertinenti dei Cyber Security Coordination Group (CSGC). [Em. 8]
(8) Le disposizioni della presente direttiva lasciano impregiudicata la possibilità per ciascuno Stato membro di adottare le misure necessarie per assicurare la tutela dei suoi interessi essenziali in materia di sicurezza, salvaguardare l’ordine pubblico e la pubblica sicurezza e consentire la ricerca, l’individuazione e il perseguimento dei reati. Conformemente all’articolo 346 del trattato sul funzionamento dell’Unione (TFUE), nessuno Stato membro è tenuto a fornire informazioni la cui divulgazione sia dallo stesso considerata contraria agli interessi essenziali della propria sicurezza. Nessuno Stato membro è obbligato a divulgare le informazioni classificate UE ai sensi della decisione 2011/292/UE del Consiglio(6), le informazioni soggette agli accordi di non divulgazione o agli accordi di non divulgazione informali, quale il Traffic Light Protocol (protocollo sui semafori). [Em. 9]
(9) Per conseguire e mantenere un livello comune elevato di sicurezza delle reti e dei sistemi informativi è opportuno che ogni Stato membro disponga di una strategia nazionale in materia di SRI che definisca gli obiettivi strategici e gli interventi strategici concreti da attuare. Per poter raggiungere una capacità di risposta tale da permettere un’efficiente collaborazione a livello nazionale e unionale in caso di incidenti è necessario che siano elaborati, a livello nazionale, sulla base di requisiti minimi stabiliti nella presente direttiva, piani di collaborazione in materia di sicurezza delle reti e dell’informazione, rispondenti a condizioni essenziali, i quali rispettino e tutelino la vita privata e i dati personali. È pertanto opportuno che ogni Stato membro sia obbligato a rispettare norme minime comuni riguardo al formato e alla scambiabilità dei dati da condividere e valutare. Gli Stati membri dovrebbero poter richiedere l'assistenza dell'Agenzia dell'Unione europea per la sicurezza delle reti e dell'informazione (ENISA) ai fini dello sviluppo delle rispettive strategie nazionali in materia di SRI, sulla base di un programma strategico SRI minimo comune. [Em. 10]
(10) Per permettere l’efficace attuazione delle disposizioni adottate a norma della presente direttiva è necessario che sia istituito o individuato in ogni Stato membro un organismo responsabile del coordinamento degli aspetti della SRI, che funga da perno della cooperazione transnazionale a livello unionale. Tali organismi devono essere dotati di risorse adeguate sul piano tecnico, finanziario e umano per permettere loro di eseguire in modo efficiente ed efficace i compiti loro assegnati e conseguire in questo modo gli obiettivi della presente direttiva.
(10 bis) In considerazione delle differenze esistenti tra le strutture di governance nazionali e al fine di salvaguardare gli accordi settoriali preesistenti o gli organismi di vigilanza e di regolamentazione dell'Unione ed evitare duplicazioni, è opportuno che gli Stati membri abbiano la facoltà di designare più di un'autorità nazionale competente incaricata di soddisfare i compiti connessi alla sicurezza delle reti e dei sistemi informativi degli operatori di mercato di cui alla presente direttiva. Tuttavia, onde garantire che la cooperazione e la comunicazione transfrontaliere siano fluide, è necessario che ogni Stato membro, fatti salvi gli accordi settoriali in materia di regolamentazione, designi soltanto un unico punto di contatto nazionale incaricato della cooperazione transfrontaliera a livello di Unione. Qualora la sua struttura costituzionale o altre disposizioni lo richiedano, uno Stato membro dovrebbe poter designare soltanto un'autorità per svolgere i compiti dell'autorità competente e del punto di contatto unico. Le autorità competenti e i punti di contatto unici dovrebbero essere organismi di diritto civile, sottoposti al controllo democratico, e non svolgere compiti di intelligence, di applicazione o difesa della legge, o essere collegati dal punto di vista organizzativo, indipendentemente dalla forma, a organismi che operano in tali ambiti. [Em. 11]
(11) È necessario che tutti gli Stati membri e gli operatori di mercato siano dotati delle capacità tecniche e organizzative necessarie a prevenire, individuare, rispondere e attenuare in qualsiasi momento i rischi e gli incidenti a carico delle reti e dei sistemi informativi. I sistemi di sicurezza delle pubbliche amministrazioni dovrebbero essere sicuri e sottoposti al controllo democratico. Le attrezzature e le capacità normalmente richieste dovrebbero essere conformi a norme tecniche decise di comune accordo oltre che a procedure operative standard. Per questo è necessario che, in tutti gli Stati membri, siano costituite squadre di pronto intervento informatico (CERT) rispondenti a determinati requisiti essenziali, in modo da garantire l’esistenza di capacità effettive e compatibili per far fronte ai rischi e agli incidenti e garantire un’efficiente collaborazione a livello di Unione. È opportuno che tali squadre CERT possano interagire sulla base di norme tecniche comuni e procedure operative standard. In considerazione delle diverse caratteristiche delle squadre CERT esistenti, che rispondono a diverse esigenze soggettive e a diversi attori, gli Stati membri dovrebbero garantire che a ciascuno dei settori elencati nella presente direttiva siano forniti servizi da almeno una squadra CERT. Relativamente alla cooperazione transfrontaliera delle squadre CERT, gli Stati membri dovrebbero garantire che esse dispongano di mezzi sufficienti per partecipare alle reti di cooperazione internazionali e unionali già esistenti.[Em. 12]
(12) Basandosi sui notevoli progressi compiuti all’interno del Forum europeo degli Stati membri (EFMS) nel promuovere le discussioni e gli scambi di buone pratiche, come l’elaborazione dei principi della collaborazione europea in caso di crisi cibernetica, è opportuno che la Commissione e gli Stati membri creino una rete che assicuri una comunicazione permanente tra loro e ne sostenga la collaborazione. Tale meccanismo di collaborazione sicuro ed effettivo,compresa la partecipazione degli operatori di mercato, ove opportuno, è destinato a permettere di strutturare e coordinare lo scambio di informazioni e le attività di individuazione e risposta a livello dell’Unione. [Em. 13]
(13) L’Agenzia europea per la sicurezza delle reti e dell’informazione (ENISA)L'ENISA dovrebbe assistere gli Stati membri e la Commissione mettendo loro a disposizione le proprie competenze e consulenze e agevolando lo scambio di buone pratiche. In particolare è opportuno che la Commissione consultie gli Stati membriconsultino l’ENISA nell’applicazione della presente direttiva. Per garantire un’informazione effettiva e tempestiva degli Stati membri e della Commissione è necessario che gli incidenti e i rischi siano segnalati precocemente attraverso la rete di collaborazione. Per creare capacità e conoscenze tra gli Stati membri, la rete di collaborazione dovrebbe anche servire da strumento di scambio di buone pratiche, assistendo i propri membri a creare capacità e conducendo l’organizzazione di valutazioni tra pari e di esercitazioni in materia di SRI. [Em. 14]
(13 bis) Laddove opportuno, gli Stati membri dovrebbero poter utilizzare o adattare le strutture o strategie organizzative esistenti al momento di applicare le disposizioni della presente direttiva. [Em. 15]
(14) Nella rete di collaborazione è opportuno creare un’infrastruttura di scambio sicuro di informazioni che consenta lo scambio di informazioni sensibili e riservate tra autorità competenti. A tale scopo è opportuno che le strutture esistenti nell'Unione siano utilizzate appieno. Fatto salvo il loro obbligo di segnalare gli incidenti e i rischi di dimensione unionale alla rete di collaborazione, è opportuno che l’accesso a informazioni riservate di altri Stati membri sia concesso soltanto agli Stati membri che dimostrano di possedere processi e risorse finanziarie, tecniche ed umane e un’infrastruttura di comunicazione tali da garantirne la partecipazione effettiva, efficiente e sicura alla rete, utilizzando metodi trasparenti. [Em. 16]
(15) La collaborazione tra il settore pubblico e il settore privato è essenziale visto che la maggioranza delle reti e dei sistemi informativi funziona per opera di operatori privati. Gli operatori del mercato devono essere incoraggiati a portare avanti propri meccanismi informali di collaborazione per garantire la sicurezza delle reti e dell’informazione. È necessario che essi collaborino anche con il settore pubblico e scambino reciprocamente informazioni e buone pratiche in cambio,tra cui lo scambio reciproco di informazioni pertinentie di supporto operativo,e informazioni analizzate in modo strategico in caso di incidenti. Per incoraggiare efficacemente la condivisione di informazioni e buone pratiche, è essenziale garantire che gli operatori del mercato, che partecipano a tali scambi, non siano svantaggiati in conseguenza della loro cooperazione. Occorrono tutele adeguate per garantire che tale cooperazione non esponga tali operatori a un più elevato rischio di conformità o a nuove responsabilità in materia, tra l'altro, di concorrenza, proprietà intellettuale, protezione dei dati o norme sulla cibercriminalità, né a rischi operativi o di sicurezza più elevati. [Em. 17]
(16) Per garantire la trasparenza e una corretta informazione dei cittadini e degli operatori del mercato dell’UE è necessario che le competenti autoritài punti di contatto unici allestiscano un sito comune a livello di Unione su cui pubblicare informazioni non riservate sui rischi e, sugli incidenti e sui mezzi per attenuare i rischi, nonché, ove necessario, suggerimenti in merito alle opportune misure di manutenzione. È opportuno che le informazioni sul sito web siano accessibili indipendentemente dal dispositivo utilizzato. I dati personali pubblicati su questo sito web dovrebbero essere limitati esclusivamente a quanto necessario e dovrebbero essere quanto più possibile anonimi. [Em. 18]
(17) Qualora le informazioni siano considerate riservate in virtù di norme unionali e nazionali sulla riservatezza degli affari, è necessario che tale riservatezza sia garantita nello svolgimento delle attività e nella realizzazione degli obiettivi stabiliti dalla presente direttiva.
(18) In base in particolare alle esperienze nazionali in materia di gestione delle crisi e in collaborazione con l’ENISA è opportuno che la Commissione e gli Stati membri elaborino un piano unionale di collaborazione in materia di SRI che definisce meccanismi di collaborazione nella lotta contro, buone prassi e modelli operativi per prevenire, individuare, segnalare e contrastare i rischi e gli incidenti. Occorre tenere debitamente conto di tale piano ai fini della segnalazione di preallarmi all’interno della rete di collaborazione. [Em. 19]
(19) È necessario notificare un preallarme nella rete solo se la portata e la gravità dell’incidente o del rischio di cui si tratta sono o potrebbero essere così significative da richiedere l’informazione o il coordinamento della risposta a livello dell’Unione. È quindi necessario che i preallarmi si limitino agli incidenti o ai rischi, effettivi o potenziali, che presentano una crescita rapida, che superano le capacità nazionali di risposta o che colpiscono più di uno Stato membro. Per garantirne la corretta valutazione è necessario che siano comunicate alla rete di collaborazione tutte le informazioni pertinenti alla valutazione del rischio o dell’incidente. [Em. 20]
(20) Dopo aver ricevuto e valutato un preallarme, è opportuno che le autorità competenti i punti di contatto unici adottino una risposta coordinata nell’ambito del piano unionale di collaborazione materia di SRI. È necessario che le autorità competentii punti di contatto unici, l'ENISA e la Commissione siano informate delle misure adottate a livello nazionale in esito alla risposta coordinata. [Em. 21]
(21) Data la natura planetaria dei problemi che interessano la sicurezza delle reti e dell’informazione è necessaria una cooperazione internazionale più stretta per migliorare le norme di sicurezza e gli scambi di informazioni e promuovere un approccio globale comune agli aspetti della SRI. Qualsiasi quadro per tale cooperazione internazionale dovrebbe essere soggetto ala direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio(7) e del regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio(8). [Em. 22]
(22) La responsabilità di garantire la sicurezza delle reti e dell’informazione incombe in larga misura alle pubbliche amministrazioni e agli operatori del mercato. È opportuno promuovere e sviluppare attraverso adeguati obblighi regolamentari e pratiche industriali volontarie una cultura della gestione del rischio, della stretta collaborazione e della fiducia, che comprende la valutazione del rischio e l’attuazione di misure di sicurezza commisurate al rischio corsoai rischi e agli incidenti, dolosi o accidentali. È altresì fondamentale creare pari condizioni affidabili per l’efficace funzionamento della rete di collaborazione in modo da garantire la collaborazione effettiva di tutti gli Stati membri. [Em. 23]
(23) La direttiva 2002/21/CE fa obbligo alle imprese che forniscono reti pubbliche di comunicazioni elettroniche o servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico di adottare misure adeguate per salvaguardarne l’integrità e la sicurezza e introduce obblighi di comunicazione delle violazioni di sicurezza o perdita dell’integrità. La direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio(9) obbliga i fornitori di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico ad adottare misure e procedure tecniche e organizzative adeguate a salvaguardare la sicurezza dei loro servizi.
(24) È opportuno che tali obblighi imposti al settore delle comunicazioni elettroniche siano estesi agli operatori di infrastrutture che dipendono pesantemente dalla tecnologia dell'informazione e delle comunicazioni e che sono essenziali per il mantenimento di funzioni vitali, in termini economici o societali, come l'elettricità e il gas, i trasporti, gli enti creditizi, le infrastrutture dei mercati finanziari e la sanità. Le perturbazioni a carico di tali reti e sistemi informativi avrebbero ripercussioni sul mercato interno. Anche se è opportuno non estendere gli obblighi stabiliti nella presente direttiva ai principali fornitori di servizi della società dell’informazione, quali definiti dalla direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio(10), che supportano i servizi della società dell’informazione a valle o attività online come le piattaforme del commercio elettronico, i portali di pagamento su internet, le reti sociali, i motori di ricerca, i servizi nella nuvola ein generale o i negozi online di applicazioni. Le eventuali perturbazioni che colpiscono questi servizi essenziali della società dell’informazione impediscono la fornitura di altri servizi della società dell’informazione che si basano sui primi. Gli sviluppatori di programmi informatici e i costruttori di hardware non sono fornitori di servizi della società dell’informazione e sono pertanto esclusi. È necessario che i suddetti obblighi siano estesi anche alle pubbliche amministrazioni e agli operatori di infrastrutture critiche che dipendono pesantemente dalla tecnologia dell’informazione e delle comunicazioni e che sono essenziali per il mantenimento di funzioni vitali, in termini economici o societali, come l’elettricità e il gas, i trasporti, gli enti creditizi, le borse e la sanità. Le eventuali perturbazioni a carico di tali reti e sistemi informativi avrebbero ripercussioni sul mercato interno., tali fornitori potrebbero, su base volontaria, informare l'autorità competente o il punto di contatto unico in merito agli incidenti relativi alla sicurezza delle reti che essi reputano appropriati. È opportuno che l'autorità competente o il punto di contatto unico presentino, se del caso, agli operatori del mercato che hanno loro segnalato l'incidente, le informazioni analizzate in modo strategico che contribuiranno a superare la minaccia alla sicurezza. [Em. 24]
(24 bis) Anche se i fornitori di hardware e software non sono operatori di mercato comparabili a quelli disciplinati dalla presente direttiva, i loro prodotti agevolano la sicurezza della rete e dei sistemi informativi. Essi svolgono pertanto un ruolo importante nel permettere agli operatori di mercato di mettere in sicurezza le loro reti e le loro strutture informative. Dato che i prodotti hardware e software sono già soggetti alle norme esistenti sulla garanzia dei prodotti, è opportuno che gli Stati membri provvedano a che tali norme vengano applicate. [Em. 25]
(25) Le misure tecniche e organizzative imposte alle amministrazioni pubbliche e agli operatori del mercato non devono richiedere che una particolare informazione commerciale o un particolare prodotto della tecnologia delle comunicazioni siano concepiti, sviluppati e fabbricati in una maniera particolare. [Em. 26]
(26) È necessario che le amministrazioni pubbliche e gli operatori di mercato garantiscano la sicurezza delle reti e dei sistemi di cui hanno il controllo. Si tratta in particolare di reti e sistemi privati gestiti dal loro personale IT interno, oppure la cui sicurezza sia stata esternalizzata. Gli obblighi di notifica e di sicurezza devono applicarsi agli operatori del mercato e alle amministrazioni pubbliche indipendentemente dal fatto che la manutenzione delle loro reti e dei loro sistemi informativi sia eseguita al loro interno o sia esternalizzata. [Em. 27]
(27) Per evitare di imporre un onere finanziario e amministrativo sproporzionato a piccoli operatori e piccoli utenti, è necessario che gli obblighi siano proporzionati al rischio corso dalla rete o dal sistema informativo di cui si tratta, tenendo conto dello stato dell’arte di tali misure. Tali obblighi non devono applicarsi alle microimprese.
(28) È opportuno che le autorità competenti e i punti di contatto unici procurino in particolare di salvaguardare l’esistenza di canali informali e affidabili di scambio di informazioni tra gli operatori del mercato e tra settore pubblico e privato. Le autorità competenti e i punti di contatto unici dovrebbero informare i produttori e i fornitori di servizi in merito agli incidenti di cui abbiano ricevuto notifica e riguardanti i prodotti e i servizi TIC che hanno un impatto significativo. La pubblicità degli incidenti segnalati alle autorità competenti devee ai punti di contatto unicidovrebbe contemperare l’opportunità che il pubblico sia informato delle minacce esistenti con i possibili danni di immagine e commerciali per le pubbliche amministrazioni e gli operatori di mercato che segnalano gli incidenti. Nell’attuare gli obblighi di notifica è necessario che le autorità competenti e i punti di contatto unici tengano adeguatamente conto della necessità di mantenere strettamente riservate le informazioni sulle vulnerabilità del prodotto prima di diffondereimpiegare i rimedi di sicurezza appropriati. Come regola generale, i punti di contatto unici non dovrebbero divulgare i dati personali delle persone fisiche coinvolte negli incidenti. I punti di contatto unici dovrebbero divulgare i dati personali soltanto se tale divulgazione è necessaria e proporzionata rispetto all'obiettivo perseguito. [Em. 28]
(29) È necessario che le autorità competenti possiedano i mezzi necessari all’assolvimento dei loro compiti, come la facoltà di ottenere informazioni sufficienti dagli operatori del mercato e dalle amministrazioni pubbliche per valutare il livello di sicurezza delle reti e dei sistemi informativi, constatare il numero, la portata e l'ambito degli incidenti, nonché dati attendibili e completi su incidenti reali che hanno avuto un impatto sul funzionamento delle reti e dei sistemi informativi. [Em. 29]
(30) In molti casi alla base di un incidente vi sono attività criminali. Si può sospettare la natura dolosa di incidenti anche se non vi sono prove sufficientemente chiare fin dall’inizio. Al riguardo, una risposta effettiva e esauriente alla minaccia di incidenti di sicurezza presuppone un’adeguata collaborazione tra autorità competenti, punti di contatto unici e autorità di contrasto nonché una cooperazione con l'EC3 (Europol Cybercrime Centre) e l'ENISA. In particolare, la promozione di un ambiente sicuro, affidabile e più resiliente richiede la segnalazione sistematica, alle autorità di contrasto, degli incidenti di cui si sospetta la natura dolosa grave. La natura dolosa grave degli incidenti va valutata alla luce delle norme dell’Unione sulla cibercriminalità. [Em. 30]
(31) I molti casi gli incidenti compromettono dati personali. È opportuno che gli Stati membri e gli operatori del mercato tutelino i dati personali archiviati, trattati o trasmessi, da distruzioni accidentali o illecite, perdite accidentali o alterazione, nonché archiviazione, accesso, divulgazione o diffusione non autorizzati o illeciti; è altresì opportuno assicurare l'attuazione di una strategia di sicurezza concernente il trattamento dei dati personali. Al riguardo è opportuno che le autorità competenti, i punti di contatto unici e le autorità responsabili della protezione dei dati collaborino e si scambino informazioni su tutti gli aspetti pertinenti per, anche, se del caso, con gli operatori del mercato, al fine di affrontare le violazioni ai dati personali determinate dagli incidenti conformemente alla normativa applicabile in materia di protezione dei dati. Gli Stati membri devono adempiere L’obbligo di segnalazione degli incidenti di sicurezza dovrebbe essere espletato in modo da minimizzare gli oneri amministrativi nel caso in cui l’incidente di sicurezza costituisca anche una violazione di dati personali, in conformità al regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali e la libera circolazione di tali dati(11). Coordinandosi con le autorità competenti e le autorità responsabili della protezione dei dati, l’ENISA puòche va notificata a norma del diritto unionale sulla protezione dei dati. L’ENISAdovrebbe contribuire alla messa a punto di meccanismi e modelli per lo scambio di informazioni, evitando in questo modo che siano necessari duemodellie di notifica. un modello di notifica unico il quale può facilitare la segnalazione di incidenti che compromettono dati personali, alleviando in questo modo gli oneri amministrativi per le imprese e le pubbliche amministrazioni. [Em. 31]
(32) La standardizzazione degli obblighi di sicurezza è un’esigenza che nasce dal mercato a carattere volontario che dovrebbe consentire agli operatori del mercato di utilizzare mezzi alternativi per ottenere almeno risultati simili. Per garantire un’applicazione convergente delle norme di sicurezza è opportuno che gli Stati membri incoraggino il rispetto o la conformità a norme interoperabili specifiche volte a garantire un livello elevato di sicurezza in tutta l’Unione. A tal fine potrebbeè opportuno valutare l'applicazione di norme internazionali aperte in tema di sicurezza dell'informazione in rete oppure la definizione di strumenti in tal senso. Potrebbe inoltre essere necessario elaborare norme armonizzate in conformità al regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio(12). In particolare, è opportuno conferire all'Istituto europeo per le norme di telecomunicazioni (ETSI), al Comitato europeo di normalizzazione (CEN) e al Comitato europeo di normalizzazione elettrotecnica (CENELEC) il mandato a proporre norme di sicurezza unionali aperte, efficienti ed efficaci, in cui le preferenze tecnologiche siano quanto più possibile evitate, e che siano facilmente gestibili da operatori del mercato di piccole e medie dimensioni. È opportuno che le norme internazionali in materia di cibersicurezza siano esaminate con cura per garantire che non siano compromesse e che offrano adeguati livelli di sicurezza, facendo sì che l'obbligo di conformità alle norme in materia di cibersicurezza migliori il livello generale di sicurezza informatica dell'Unione e non il contrario. [Em. 32]
(33) È opportuno che la Commissione riesamini le disposizioni della presente direttiva a scadenze regolari, in consultazione con tutte le parti interessate,in particolare per valutare la necessità di modificarle in funzione dell’evoluzione delle tecnologiesociale, politica e tecnologica o delle condizioni del mercato. [Em. 33]
(34) Per garantire il corretto funzionamento della rete di collaborazione deve essere conferito alla Commissione il potere di adottare atti a norma dell’articolo 290 TFUE per quanto riguarda la definizione dei criteri che devono essere rispettati perché uno Stato membro sia autorizzato a partecipare al sistema sicuro dil'insiemecomune di norme concernenti l'interconnessione e la sicurezza per l'infrastruttura dello scambio di informazioni,e la specificazione più precisa degli eventi che richiedono l’invio di un preallarme e la definizione delle circostanze alle quali gli operatori del mercato e le amministrazioni pubbliche sono tenuti a notificare gli incidenti. [Em. 34]
(35) È particolarmente importante che la Commissione, nel corso del suo lavoro preparatorio, svolga consultazioni adeguate, anche a livello di esperti. Quando elabora e redige atti delegati la Commissione è tenuta a procedere alla trasmissione contestuale, tempestiva ed appropriata dei relativi documenti al Parlamento europeo e al Consiglio.
(36) Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione della presente direttiva è opportuno attribuire alla Commissione competenze di esecuzione per quanto riguarda la collaborazione tra le autorità competenti i punti di contatto unici e la Commissione nel quadro della rete di collaborazione, l’accesso all’infrastruttura sicura di scambio di informazioni, il piano unionale di collaborazione in materia di SRI,e il formato e le procedure applicabili all’informazione del pubblico in merito aglialla segnalazione degli incidenti e le pertinenti norme e/o le specifiche tecniche in materia di SRIche hanno un impatto significativo. Tali competenze di esecuzione devono essere esercitate in conformità al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio(13). [Em. 35]
(37) Nell’applicazione della presente direttiva la Commissione devedovrebbe coordinarsi adeguatamente con i comitati settoriali competenti e gli altri organi costituiti a livello dell’Unione in particolare nei settori dell'e-government, dell’energia, dei trasporti, delle banche e della sanità e della difesa. [Em. 36]
(38) Le informazioni considerate riservate da un’autorità competente o da un punto di contatto unico, in conformità con la normativa unionale e nazionale sulla riservatezza degli affari, possono essere scambiate con la Commissione e, con le sue agenzie pertinenti, i punti di contatto unici e/ole altre autorità nazionali competenti solo nella misura in cui tale scambio sia strettamente necessario ai fini dell’applicazione della presente direttiva. Lo scambio devedovrebbe limitarsi alle sole informazioni pertinenti ed essere commisurato, necessarie e commisurate allo scopo, e rispettare i criteri di riservatezza e sicurezza prestabiliti, a norma della decisione 2011/292/UE, e delle informazioni soggette agli accordi di non divulgazione o agli accordi di non divulgazione informali, quale il Traffic Light Protocol (protocollo sui semafori). [Em. 37]
(39) Lo scambio di informazioni sui rischi e sugli incidenti all’interno della rete di collaborazione e il rispetto degli obblighi di notifica degli incidenti alle autorità nazionali competenti o al punto di contatto unico possono richiedere il trattamento di dati personali. Tale trattamento di dati personali è necessario per conseguire gli obiettivi di interesse pubblico perseguiti dalla presente direttiva ed è quindi legittimo in virtù dell’articolo 7 della direttiva 95/46/CE. In relazione a tali obiettivi legittimi esso non costituisce un intervento sproporzionato ed inammissibile che pregiudicherebbe la sostanza stessa del diritto di protezione dei dati personali sancito dall’articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Nell’applicazione della presente direttiva si applica, per quanto di ragione, il regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio(14). In caso di trattamento di dati da parte di istituzioni ed organismi dell’Unione, tale trattamento ai fini dell’attuazione della presente direttiva deve rispettare le disposizioni del regolamento (CE) n. 45/2001. [Em. 38]
(40) Poiché gli obiettivi della presente direttiva, ossia garantire un elevato livello di sicurezza delle reti e dell’informazione nell’Unione, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dai soli Stati membri e possono dunque, a causa della portata e degli effetti dell’azione, essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(41) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare il diritto al rispetto della vita privata e delle comunicazioni, la protezione dei dati personali, la libertà di impresa, il diritto di proprietà, il diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice e il diritto al contraddittorio. La presente direttiva deve essere applicata nel rispetto di tali diritti e principi,
(41 bis) Conformemente alla dichiarazione politica congiunta degli Stati membri e della Commissione sui documenti esplicativi del 28 settembre 2011, gli Stati membri si sono impegnati ad accompagnare, ove ciò sia giustificato, la notifica delle loro misure di recepimento con uno o più documenti intesi a precisare il rapporto tra gli elementi di una direttiva e le parti corrispondenti delle misure nazionali di attuazione. In relazione alla presente direttiva il legislatore ritiene che la trasmissione di tali documenti sia giustificata. [Em. 39]
(41 ter) Conformemente all’articolo 28, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 45/2001, il garante europeo della protezione dei dati è stato consultato e ha espresso un parere il 14 giugno 2013(15),
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Oggetto e campo di applicazione
1. La presente direttiva stabilisce misure volte a garantire un livello comune elevato di Sicurezza delle reti e dell’informazione (SRI) nell’Unione.
2. A tal fine la presente direttiva:
a) stabilisce obblighi per tutti gli Stati membri in materia di prevenzione, trattamento e risposta nei confronti dei rischi e degli incidenti a carico delle reti e dei sistemi informativi;
b) crea un meccanismo di collaborazione tra gli Stati membri per garantire un’applicazione uniforme della presente direttiva nell’Unione e, se necessario, una risposta e un trattamento coordinati ed, efficienti ed efficaci dei rischi di incidenti a carico delle reti e dei sistemi informativi con la partecipazione delle parti interessate pertinenti; [Em. 40]
c) stabilisce obblighi di sicurezza per gli operatori del mercato e le amministrazioni pubbliche. [Em. 41]
3. Gli obblighi di sicurezza di cui all’articolo 14 della presente direttiva non si applicano né alle imprese che forniscono reti pubbliche di comunicazioni o servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico, ai sensi della direttiva 2002/21/CE, le quali sono tenute a rispettare gli obblighi specifici di sicurezza e integrità stabiliti dagli articoli 13 bis e 13 ter della medesima direttiva, né ai prestatori di servizi fiduciari.
4. La presente direttiva lascia impregiudicate le disposizioni legislative dell’Unione in materia di cibercriminalità e la direttiva 2008/114/CE del Consiglio(16).
5. La presente direttiva lascia impregiudicate anche le disposizioni della direttiva 95/46/CE , della direttiva 2002/58/CE e del regolamento (CE) n. 45/2001 . Eventuali usi dei dati personali devono limitarsi a quanto strettamente necessario ai fini della presente direttiva e tali dati devono essere quanto più anonimi possibili, se non completamente anonimi.[Em. 42]
6. Lo scambio di informazioni all’interno della rete di collaborazione in virtù delle disposizioni del capo III e le notifiche di incidenti a carico della SRI in virtù dell’articolo 14 possono comportare il trattamento di dati personali. Tale trattamento, necessario per conseguire gli obiettivi di pubblico interesse perseguiti dalla presente direttiva, è soggetto all’autorizzazione degli Stati membri a norma dell’articolo 7 della direttiva 95/46/CE e in virtù della direttiva 2002/58/CE quali recepite negli ordinamenti nazionali.
Articolo 1 bis
Protezione e trattamento dei dati personali
1. Il trattamento dei dati personali negli Stati membri a norma della presente direttiva è effettuato conformemente alle direttive 95/46/CE e 2002/58/CE.
2. Il trattamento dei dati personali da parte della Commissione e dell'ENISA a norma del presente regolamento è effettuato secondo il regolamento (CE) n. 45/2001.
3. Ai fini della presente direttiva il trattamento dei dati personali da parte del Centro europeo per la lotta alla criminalità informatica nell'ambito di Europol è effettuato conformemente alla decisione 2009/371/GAI del Consiglio(17).
4. Il trattamento dei dati personali è equo e conforme alla legge e strettamente limitato ai dati minimi necessari per le finalità di tale trattamento. I dati personali sono conservati in una forma che consenta l'identificazione degli interessati per un arco di tempo non superiore al conseguimento delle finalità per le quali sono trattati.
5. Le segnalazioni degli incidenti di cui all'articolo 14 della presente direttiva lasciano impregiudicate le disposizioni e gli obblighi riguardo alle notifiche di violazioni dei dati personali stabilite all'articolo 4 della direttiva 2002/58/CE e nel regolamento (UE) n. 611/2013 della Commissione(18). [Em. 43]
Articolo 2
Armonizzazione minima
Nulla osta a che gli Stati membri adottino o mantengano in vigore disposizioni atte a garantire un livello di sicurezza più elevato, fermi restando gli obblighi loro imposti dal diritto dell’Unione.
Articolo 3
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si intende per:
1) “rete e sistema informativo”,
a) una rete di comunicazioni elettroniche ai sensi della direttiva 2002/21/CE e
b) qualsiasi dispositivo o gruppo di dispositivi interconnessi o collegati, uno o più dei quali eseguono, in base ad un programma, un trattamento automatico di dati elettronicidigitali e [Em. 44]
c) i dati elettronicidigitali conservati, trattati, estratti o trasmessi per mezzo di reti o dispositivi di cui alle lettere a) e b), per il loro funzionamento, uso, protezione e manutenzione; [Em. 45]
2) “sicurezza”, la capacità di una rete o di un sistema informativo di resistere, a un determinato livello di riservatezza, a eventi imprevisti o dolosi che compromettano la disponibilità, l’autenticità, l’integrità e la riservatezza dei dati conservati o trasmessi e dei relativi servizi offerti o accessibili tramite tale rete o sistema informativo; il concetto di "sicurezza" include i dispositivi tecnici nonché le soluzioni e le procedure operative idonei a garantire i requisiti di sicurezza di cui alla presente direttiva; [Em. 46]
3) “rischio”, ogni circostanza o evento ragionevolmente individuabile con potenziali effetti pregiudizievoli per la sicurezza; [Em. 47]
4) “incidente”, ogni circostanza o evento con un reale effetto pregiudizievole per la sicurezza; [Em. 48]
5) “servizi della società dell’informazione”, i servizi ai sensi dell’articolo 1, punto 2, della direttiva 98/34/CE; [Em. 49]
6) “piano di collaborazione in materia di SRI”, un piano che definisce il quadro dei ruoli organizzativi, delle responsabilità e delle procedure per il mantenimento o il ripristino dell’operatività delle reti e dei sistemi informativi qualora si verifichi un rischio o un incidente a loro carico;
7) “trattamento dell’incidente”, tutte le procedure necessarie per l'identificazione, la prevenzione, l’analisi, il contenimento e la risposta a un incidente; [Em. 50]
8) “operatore del mercato”,
a) fornitore di servizi della società dell’informazione che consentono la fornitura di altri servizi della società dell’informazione; un elenco non esaustivo di tali operatori figura nell’allegato II;[Em. 51]
b) operatore di infrastrutture critiche che sono essenziali per il mantenimento di attività vitali per l’economia e la società nei campi dell’energia, dei trasporti, delle banche, delle borseinfrastrutture dei mercati finanziari, dei punti di scambio internet, della catena di approvvigionamento alimentare e della sanità, la cui interruzione o distruzione avrebbe un impatto significativo in uno Stato membro in conseguenza dell'incapacità di mantenere tali funzioni; un elenco non esaustivo di tali operatori figura nell’allegato II, nella misura in cui la rete e i sistemi informativi interessati sono correlati ai suoi servizi principali; [Em. 52]
8 bis) "incidente avente un impatto significativo", incidente che pregiudica la sicurezza e la continuità di una rete o di un sistema informativi provocando gravi perturbazioni di funzioni vitali per l'economia o la società; [Em. 53]
9) “norma”, una norma ai sensi del regolamento (UE) n. 1025/2012;
10) “specifica”, una specifica ai sensi del regolamento (UE) n. 1025/2012;
11) “prestatore di servizio fiduciario”, una persona fisica o giuridica che presta un servizio elettronico consistente nella creazione, verifica, convalida, nel trattamento e nella conservazione di firme elettroniche, sigilli elettronici, validazioni temporali elettroniche, documenti elettronici, servizi elettronici di recapito, autenticazione di siti web e certificati elettronici, compresi i certificati di firma elettronica e di sigillo elettronico.
11 bis) "mercato regolamentato", mercato regolamentato ai sensi della definizione di cui all'articolo 4, punto 14, della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio(19); [Em. 54]
11 ter) "sistema multilaterale di negoziazione", sistema multilaterale di negoziazione così come definito all'articolo 4, punto 15, della direttiva 2004/39/CE; [Em. 55]
11 quater) "sistema organizzato di negoziazione", un sistema o un regime multilaterale diverso da un mercato regolamentato, da un sistema multilaterale di negoziazione o da una controparte centrale, gestito da una società di investimenti o da un operatore di mercato, che consente l'interazione tra interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a obbligazioni, prodotti finanziari strutturati, quote di emissione o strumenti derivati, in modo da dare luogo a un contratto conformemente alle disposizioni del titolo II della direttiva 2004/39/CE; [Em. 56]
CAPO II
QUADRI NAZIONALI PER LA SICUREZZA DELLE RETI E DELL’INFORMAZIONE
Articolo 4
Principio
Gli Stati membri assicurano un livello elevato di sicurezza delle reti e dei sistemi informativi nel loro territorio in conformità alla presente direttiva.
Articolo 5
Strategia nazionale e piano nazionale di collaborazione in materia di SRI
1. Ogni Stato membro adotta una strategia nazionale in materia di SRI nella quale definisce gli obiettivi strategici e misure strategiche e regolamentari concrete per conseguire e conservare un livello elevato di sicurezza delle reti e dell’informazione. La strategia nazionale in materia di SRI affronta in particolare i seguenti aspetti:
a) la definizione degli obiettivi e delle priorità della strategia in base ad un’analisi aggiornata dei rischi e degli incidenti;
b) un quadro di governance per raggiungere obiettivi e priorità della strategia, con una definizione chiara dei ruoli e delle responsabilità degli organismi pubblici e degli altri attori implicati;
c) l’individuazione delle misure generali di preparazione, risposta e recupero, con meccanismi di collaborazione tra settore pubblico e settore privato;
d) l’indicazione di programmi di formazione, sensibilizzazione e istruzione;
e) i piani di ricerca e sviluppo e la descrizione di come essi rispecchino le priorità individuate.
e bis) gli Stati membri hanno la facoltà di chiedere l'assistenza dell'ENISA nell'elaborazione di strategie e piani nazionali di collaborazione in materia di SRI, sulla base di strategie minime comuni di SRI. [Em. 57]
2. La strategia nazionale comprende un piano nazionale di collaborazione in materia di SRI rispondente almeno alle seguenti prescrizioni:
a) un piano di valutazionequadro per la gestione dei rischi finalizzato all'elaborazione di una metodologia per individuare il'identificazione, l'ordine di priorità, la valutazione e il trattamento dei rischi e valutare le, l'esame delle conseguenze di potenziali incidenti, le scelte di prevenzione e di controllo, così come la definizione dei criteri per la selezione delle possibili contromisure; [Em. 58]
b) la definizione dei ruoli e delle responsabilità dei varidelle varie autorità e degli altri attori implicati nell’attuazione del pianoquadro; [Em. 59]
c) la definizione dei processi di collaborazione e comunicazione che garantiscono la prevenzione, l’individuazione, la risposta, la riparazione e il recupero, con la relativa modulazione in funzione del livello di allerta;
d) una tabella di marcia per esercitazioni relative alla SRI e formazioni per rafforzare, convalidare e testare il piano; una documentazione degli insegnamenti tratti e il loro inserimento negli aggiornamenti del piano.
3. La strategia nazionale e il piano nazionale di collaborazione in materia di SRI sono comunicati alla Commissione entro un mesetre mesi dalla loro adozione. [Em. 60]
Articolo 6
Autorità nazionale competentenazionali competenti e punti di contatto unici in materia di sicurezza delle reti e dei sistemi informativi [Em. 61]
1. Ogni Stato membro designa un’autorità nazionale competenteuna o più autorità nazionali civili competenti in materia di sicurezza delle reti e dei sistemi informativi (lain seguito la/le “autorità competentecompetente/i”). [Em. 62]
2. Le autorità competenti controllano l’applicazione della presente direttiva a livello nazionale e contribuiscono alla coerenza di applicazione della medesima in tutta l’Unione.
2 bis. Se uno Stato membro designa più di una autorità competente, esso procede con la nomina di un'autorità nazionale civile, per esempio un'autorità competente, come punto di contatto unico nazionale per la sicurezza delle reti e dei sistemi informativi ("punto di contatto unico"). Se uno Stato membro designa soltanto un'autorità competente, quest'ultima è anche il punto di contatto unico. [Em. 63]
2 ter. Le autorità competenti e il punto di contatto unico di uno stesso Stato membro collaborano a stretto contatto per quanto concerne gli obblighi di cui alla presente direttiva. [Em. 64]
2 quater. Il punto di contatto unico provvede alla collaborazione transfrontaliera con gli altri punti di contatto unici. [Em. 65]
3. Gli Stati membri garantiscono che le autorità competenti e i punti di contatto unici siano dotatedotati di risorse adeguate sul piano tecnico, finanziario e umano per eseguire in modo efficiente ed efficace i compiti loro assegnati e conseguire in questo modo gli obiettivi della presente direttiva. Gli Stati membri provvedono a garantire la collaborazione effettiva, efficiente e sicura delle autorità competentidei punti di contatto unici attraverso la rete di cui all’articolo 8. [Em. 66]
4. Gli Stati membri procurano che le autorità competenti e i punti di contatto unici, se del caso in conformità del paragrafo 2 bis del presente articolo, ricevano le notifiche degli incidenti da parte delle amministrazioni pubbliche e degli operatori del mercato come specificato all’articolo 14, paragrafo 2 e che siano loro attribuiti i poteri di attuazione e di controllo di cui all’articolo 15. [Em. 67]
4 bis. Qualora il diritto dell'Unione preveda un organismo di vigilanza o di regolamentazione settoriale dell'Unione, tra l'altro per la sicurezza delle reti e dei sistemi informativi, tale organismo riceve le notifiche degli incidenti in conformità dell'articolo 14, paragrafo 2, da parte degli operatori del mercato interessati in tale settore e gli sono attribuiti i poteri di attuazione e di controllo di cui all'articolo 15. L'organismo dell'Unione collabora a stretto contatto con le autorità competenti e il punto di contatto unico dello Stato membro ospitante per quanto concerne detti obblighi. Il punto di contatto unico dello Stato membro ospitante rappresenta l'organismo dell'Unione per quanto concerne gli obblighi di cui al capo III. [Em. 68]
5. Le autorità competenti e i punti di contatto unici consultano le competenti autorità nazionali di contrasto e le autorità nazionali competenti per la protezione dei dati e collaborano con le stesse come necessario. [Em. 69]
6. Ogni Stato membro comunica senza indugio alla Commissione l’le autorità competente designatacompetenti designate e il punto di contatto unico, i suoiloro compiti e qualsiasi ulteriore modifica dei medesimi. Ogni Stato membro rende pubblica l’pubblica la designazione delle autorità competente designatacompetenti. [Em. 70]
Articolo 7
Squadre di pronto intervento informatico
1. Ogni Stato membro costituisce almeno una squadra di pronto intervento informatico (“CERT”) per ciascuno dei settori elencati all'allegato II, col compito di trattare gli incidenti e i rischi secondo una procedura ben definita e conforme ai requisiti di cui all’allegato I, punto 1. È possibile creare una squadra CERT all’interno dell’autorità competente. [Em. 71]
2. Gli Stati membri procurano che le squadre CERT siano dotate di risorse umane, tecniche e finanziarie adeguate per l’adempimento dei loro compiti, precisati nell’allegato I, punto 2.
3. Gli Stati membri procurano che le squadre CERT possano contare su un’infrastruttura di informazione e comunicazione sicura e resiliente a livello nazionale, che sia compatibile e interoperabile con il sistema sicuro di scambio di informazioni di cui all’articolo 9.
4. Gli Stati membri comunicano alla Commissione le risorse e il mandato delle squadre CERT e la procedura di trattamento degli incidenti loro affidata.
5. La squadraLe squadre CERT operaoperano sotto la supervisione dell’autorità competente lao del punto di contatto unico, il quale rivede periodicamente l’adeguatezza delle sueloro risorse, il mandato e l’efficacia della loro procedura di trattamento degli incidenti. [Em. 72]
5 bis. Gli Stati membri assicurano che le squadre CERT siano dotate di risorse umane e finanziarie adeguate per partecipare attivamente alle reti di collaborazione internazionali e, in particolare, dell'Unione. [Em. 73]
5 ter. Le squadre CERT hanno la facoltà, di cui sono incoraggiate ad avvalersi, di avviare esercitazioni congiunte con altre CERT, con squadre CERT che includano tutti gli Stati membri, con le opportune istituzioni di paesi terzi nonché con CERT di istituzioni multinazionali e internazionali come la NATO e le Nazioni Unite, con la possibilità di prendervi parte. [Em. 74]
5 quater. Gli Stati membri possono richiedere l'assistenza dell'ENISA o di altri Stati membri nello sviluppo delle rispettive squadre CERT nazionali. [Em. 75]
CAPO III
COOPERAZIONE FRA AUTORITÀ COMPETENTI
Articolo 8
Rete di collaborazione
1. Le autorità competenti eI punti di contatto unici, la Commissione e l'ENISA costituiscono una rete ("rete di collaborazione") per collaborare in caso di rischi e incidenti a carico delle reti e dei sistemi informativi. [Em. 76]
2. La rete di collaborazione assicura la comunicazione permanente tra la Commissione e le autorità competenti. Se richiesta, l’Agenzia europea per la sicurezza delle reti e dell’informazione (ENISA) assiste la rete di collaborazione mettendole a disposizione le proprie competenze e consulenze. Se del caso, gli operatori del mercato e i fornitori di soluzioni di cibersicurezza possono essere inoltre invitati a partecipare alle attività della rete di collaborazione di cui al paragrafo 3, lettere g) e i).
La rete di collaborazione, se del caso, coopera con le autorità competenti per la protezione dei dati.
La Commissione informa regolarmente la rete di collaborazione della ricerca nell'ambito della sicurezza e di altri programmi pertinenti di Orizzonte 2020. [Em. 77]
3. All’interno della rete di collaborazione le autorità competentii punti di contatto unici:
a) diffondono preallarmi in merito a rischi e a incidenti in conformità all’articolo 10;
b) garantiscono una risposta coordinata in conformità all’articolo 11;
c) pubblicano periodicamente informazioni non riservate sui preallarmi in corso e sulla risposta coordinata su un sito comune;
d) discutono e valutano insieme, su richiesta di uno Stato membro o della Commissione, una o più strategie nazionali e uno o più piani nazionali di collaborazione in materia di SRI ai sensi dell’articolo 5, nell’ambito della presente direttiva;
e) discutono e valutano insieme, su richiesta di uno Stato membro o della Commissione, l’efficacia delle squadre CERT, in particolare in occasione di esercitazioni in materia di SRI eseguite a livello di Unione;
f) collaborano e scambiano informazioni su tutti glicompetenze sugli aspetti pertinenti in materia di sicurezza delle reti e dell'informazione col Centro europeo per la lotta alla criminalità informatica di Europol e con altri organismi europei competenti in particolare nei campi della protezione dei dati, dell’energia, dei trasporti, delle banche, delle borsedei mercati finanziari e della sanità;
f bis) informano, se del caso, il coordinatore antiterrorismo dell'UE, mediante segnalazione, e lo invitano a fornire assistenza per l'analisi, i lavori preparatori e l'azione della rete di cooperazione;
g) si scambiano reciprocamente e comunicano alla Commissione informazioni e buone pratiche e si assistono reciprocamente ai fini della creazione di capacità in materia di SRI;
h) organizzano periodicamente revisioni tra pari in materia di capacità e preparazione;
i) organizzano esercitazioni in materia di SRI al livello di Unione e partecipano, secondo il caso, a esercitazioni internazionali in materia di SRI.
i bis) interagiscono, si consultano e scambiano informazioni, se del caso, con gli operatori di mercato in merito ai rischi e agli incidenti a carico delle reti e dei sistemi informativi;
i ter) elaborano, in collaborazione con l'ENISA, orientamenti per i criteri settoriali per la notifica di incidenti rilevanti, oltre ai parametri di cui all'articolo 14, paragrafo 2, ai fini di un'interpretazione comune, un'applicazione coerente e un'attuazione coerente all'interno dell'Unione. [Em. 78]
3 bis. La rete di collaborazione pubblica una volta all'anno una relazione basata sulle attività della rete e sulla relazione sintetica presentata ai sensi dell'articolo 14, paragrafo 4, della presente direttiva, per i 12 mesi precedenti. [Em. 79]
4. La Commissione stabilisce, mediante atti di esecuzione, le modalità necessarie per agevolare la collaborazione di cui ai paragrafi 2 e 3 tra le autorità competenti e coni punti di contatto unici, la Commissione e l'ENISA. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di consultazioneesamedi cui all’articolo 19, paragrafo 23. [Em. 80]
Articolo 9
Sistema sicuro di scambio di informazioni
1. Lo scambio di informazioni sensibili e riservate all’interno della rete di collaborazione avviene attraverso un’infrastruttura sicura.
1 bis. I partecipanti all'infrastruttura sicura rispettano, tra l'altro, adeguate misure in materia di riservatezza e di sicurezza conformemente alla direttiva 95/46/CE e al regolamento (CE) n. 45/2001 in tutte le fasi del trattamento. [Em. 81]
2. Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati, conformemente all’articolo 18, relativi alla definizione dei criteri che devono essere rispettati perché uno Stato membro sia autorizzato a partecipare al sistema sicuro di scambio di informazioni, riguardanti:
a) la disponibilità di un’infrastruttura di informazione e comunicazione sicura e resiliente a livello nazionale, che sia compatibile e interoperabile con l’infrastruttura sicura della rete di collaborazione a norma dell’articolo 7, paragrafo 3, e
b) l’esistenza di processi e risorse umane, tecniche e finanziarie adeguate per le proprie autorità competenti e squadre CERT, che ne permettano la partecipazione effettiva, efficiente e sicura al sistema sicuro di scambio di informazioni a norma dell’articolo 6, paragrafo 3, articolo 7, paragrafo 2 e articolo 7, paragrafo 3. [Em. 82]
3. La Commissione adotta, mediante atti di esecuzione, decisioni sull’accesso degli Stati membri a tale infrastruttura sicura, in base ai criteri di cui ai paragrafi 2 e 3. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 19, paragrafo 3delegati a norma dell'articolo 18, un insieme comune di norme di interconnessione e di sicurezza a cui i punti di contatto unici si conformano prima dello scambio di informazioni sensibili e riservate nella rete di collaborazione. [Em. 83]
Articolo 10
Preallarmi
1. Le autorità competentiI punti di contatto unici o la Commissione trasmettono preallarmi all’interno della rete di collaborazione in merito ai rischi e agli incidenti che rispondono ad una o più delle seguenti condizioni:
a) la cui portata aumenta o è suscettibile di aumentare rapidamente;
b) il punto di contatto unico ritiene che superano o sono suscettibili di superareil rischio o l'incidente superi potenzialmente la capacità nazionale di risposta;
c) i punti di contatto unici o la Commissione ritengono che colpiscono o sono suscettibili di colpire il rischio o l'incidente colpisca più di uno Stato membro. [Em. 84]
2. Nei preallarmi le autorità competentii punti di contatto unici e la Commissione comunicano senza indebito ritardo tutte le informazioni pertinenti in loro possesso che possono essere utili a valutare il rischio o l’incidente. [Em. 85]
3. Su richiesta di uno Stato membro o di propria iniziativa la Commissione può chiedere a uno Stato membro di fornire qualunque informazione pertinente su uno specifico rischio o incidente. [Em. 86]
4. Qualora il preallarme riguardi un rischio o un incidente di sospetta natura dolosa, le autorità competenti o la Commissione ne informanoe qualora l'operatore del mercato interessato abbia segnalato incidenti di cui sospetta la natura dolosa grave a norma dell'articolo 15, paragrafo 4, gli Stati membri garantiscono che il Centro europeo per la lotta alla criminalità informatica di Europol sia informato, se del caso.[Em. 87]
4 bis. I membri della rete di collaborazione non rendono pubbliche informazioni ricevute sui rischi e gli incidenti di cui al paragrafo 1 senza aver ricevuto previa approvazione del punto di contatto unico che ha effettuato la segnalazione.
Inoltre, prima della condivisione delle informazioni nella rete di collaborazione, il punto di contatto unico notificante informa l'operatore del mercato cui le informazioni fanno riferimento in merito alla sua intenzione, e laddove lo ritenga opportuno, rende anonime le informazioni in questione. [Em. 88]
4 ter. Qualora il preallarme riguardi un rischio o un incidente di sospetta natura tecnica grave a livello transfrontaliero, i punti di contatto unici o la Commissione ne informano l'ENISA. [Em. 89]
5. Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati, conformemente all’articolo 18, per precisare ulteriormente i rischi e gli incidenti per i quali è necessaria la trasmissione dei preallarmi di cui al paragrafo 1 del presente articolo.
Articolo 11
Risposta coordinata
1. In seguito ad un preallarme a norma dell’articolo 10 le autorità competentii punti di contatto unici adottano senza indebito ritardo, dopo aver valutato le informazioni pertinenti, una risposta coordinata in conformità al piano unionale di collaborazione in materia di SRI di cui all’articolo 12. [Em. 90]
2. Le varie misure adottate a livello nazionale in esito alla risposta coordinata sono comunicate alla rete di collaborazione.
Articolo 12
Piano unionale di collaborazione in materia di SRI
1. Alla Commissione è conferito il potere di adottare, mediante atti di esecuzione, un piano unionale di collaborazione in materia di SRI. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 19, paragrafo 3.
2. Il piano unionale di collaborazione in materia di SRI comporta:
a) ai fini dell’applicazione dell’articolo 10,
– una definizione del formato e delle procedure di raccolta e scambio di informazioni compatibili e comparabili sui rischi e sugli incidenti da parte delle autorità competentidei punti di contatto unici, [Em. 91]
– una definizione delle procedure e dei criteri di valutazione dei rischi e degli incidenti da parte della rete di collaborazione;
b) la procedura da seguire per le risposte coordinate di cui all’articolo 11, con l’individuazione dei ruoli e delle responsabilità e delle procedure di collaborazione;
c) una tabella di marcia di esercitazioni relative alla SRI e formazioni per rafforzare, convalidare e testare il piano;
d) un programma relativo al trasferimento di conoscenze tra gli Stati membri in materia di creazione di capacità e apprendimento tra pari;
e) un programma di sensibilizzazione e formazione tra gli Stati membri.
3. Il piano unionale di collaborazione in materia di SRI è adottato non oltre l’anno successivo all’entrata in vigore della presente direttiva ed è riveduto periodicamente. I risultati di ciascuna revisione sono comunicati al Parlamento europeo. [Em. 92]
3 bis. È assicurata la coerenza tra il piano unionale di collaborazione in materia di SRI e le strategie e i piani nazionali di collaborazione in materia di SRI, conformemente all'articolo 5. [Em. 93]
Articolo 13
Cooperazione internazionale
Ferma restando la possibilità, per la rete di collaborazione, di intrattenere una cooperazione informale a livello internazionale, l’Unione può concludere accordi internazionali con paesi terzi o organizzazioni internazionali che permettono o organizzano la loro partecipazione ad alcune delle attività della rete di collaborazione. Tali accordi tengono conto della necessità di garantire la protezione adeguata dei dati personali che circolano nella rete di collaborazione e specificano la procedura di controllo da seguire per garantire la protezione di tali dati personali. Il Parlamento europeo è informato in merito alla negoziazione degli accordi. Qualsiasi trasferimento di dati personali a destinatari ubicati in paesi al di fuori dell'Unione deve essere effettuato ai sensi degli articoli 25 e 26 della direttiva 95/46/CE e dell'articolo 9 del regolamento (CE) n. 45/2001. [Em. 94]
Articolo 13 bis
Livello di criticità degli operatori del mercato
Gli Stati membri possono determinare il livello di criticità degli operatori del mercato, tenendo conto delle peculiarità dei settori, di parametri quali l'importanza per un determinato operatore del mercato di mantenere un livello sufficiente del servizio settoriale, il numero di parti fornite dall'operatore e il periodo di tempo fino a quando la discontinuità dei servizi principali dell'operatore del mercato non avrà un impatto negativo sul mantenimento di attività vitali per l'economia e la società. [Em. 95]
CAPO IV
SICUREZZA DELLE RETI E DEI SISTEMI INFORMATIVI DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI E DEGLI OPERATORI DEL MERCATO
Articolo 14
Obblighi in materia di sicurezza e notifica degli incidenti
1. Gli Stati membri procurano che le amministrazioni pubbliche e gli operatori del mercato adottino misure tecniche e organizzative adeguate e proporzionate all'individuazione e alla gestione efficace dei rischi che corre la sicurezza delle reti e dei sistemi informativi di cui hanno il controllo e che usano nelle loro operazioni. Tenuto conto delle conoscenze più aggiornate in materia, dette misure assicurano un livello di sicurezza adeguato al rischio in essere. In particolare sono adottate misure per prevenire e minimizzare l’impatto di incidenti a carico della sicurezza delle reti e dei sistemi informativi relativi aisui servizi principali prestati, assicurando in questo modo la continuità dei servizi supportati da tali reti e sistemi informativi. [Em. 96]
2. Gli Stati membri procurano che le amministrazioni pubbliche e gli operatori del mercato notifichino senza indebito ritardo all’autorità competente o al punto di contatto unico gli incidenti aventi un impatto significativo sulla sicurezzacontinuità dei servizi principali prestati. La notifica non espone la parte che la effettua a una maggiore responsabilità.
Per determinare l'entità dell'impatto di un incidente si tiene conto, tra le altre cose, dei seguenti parametri: [Em. 97]
a) il numero degli utenti i cui servizi essenziali sono stati colpiti; [Em. 98]
b) la durata dell'incidente; [Em. 99]
c) la diffusione geografica relativamente all'area interessata dall'incidente. [Em. 100]
Tali parametri sono ulteriormente specificati ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 3, lettera i ter). [Em. 101]
2 bis. Gli operatori di mercato notificano gli incidenti di cui ai paragrafi 1 e 2 all'autorità competente o al punto unico di contatto dello Stato membro in cui si trova il servizio essenziale interessato. Qualora siano interessati i servizi essenziali di più di uno Stato membro, il punto di contatto unico che ha ricevuto la notifica allerta, sulla base delle informazioni fornite dall'operatore di mercato, gli altri punti di contatto unici interessati. L'operatore del mercato è informato quanto prima in merito agli altri punti di contatto informati dell'incidente nonché delle eventuali azioni intraprese, dei risultati o di qualsiasi informazione pertinente per l'incidente. [Em.102]
2 ter. Se la notifica contiene dati personali, questi sono divulgati unicamente ai destinatari dell'autorità competente notificata o del punto di contatto unico, che devono trattarli per lo svolgimento dei propri compiti, conformemente alla normativa in materia di protezione dei dati. La divulgazione dei dati si limita a quanto necessario per lo svolgimento di tali compiti. [Em. 103]
2 quater. Gli operatori di mercato che non rientrano nell'allegato II possono segnalare incidenti a norma dell'articolo 14, paragrafo 2, su base volontaria. [Em. 104]
3. Gli obblighi di cui ai paragrafi 1 e 2 si applicano a tutti gli operatori del mercato che prestano servizi all’interno dell’Unione europea.
4. Dopo essersi consultato con l’autorità competente notificata e l'operatore di mercato interessato, il punto di contatto unico può informare il pubblico, oppure richiedere alle amministrazioni pubbliche e agli operatori del mercato di informarlo, se ritiene che la divulgazione dell’incidente sia di pubblico interessesui singoli incidenti, se determina che l'informazione al pubblico è necessaria per evitare un incidente o gestire un incidente in corso, o se l'operatore di mercato, in caso di incidente, si rifiuta di affrontare quanto prima una grave vulnerabilità strutturale connessa all'incidente.
Prima di un'eventuale divulgazione pubblica, l'autorità competente notificata garantisce che l'operatore di mercato interessato abbia la possibilità di essere ascoltato e che la decisione in merito alla divulgazione pubblica sia debitamente controbilanciata dall'interesse pubblico.
Se sono rese pubbliche le informazioni sui singoli incidenti, l'autorità competente notificata o il punto di contatto unico garantiscono che siano quanto più anonime possibile.
L'autorità competente o il punto di contatto unico forniscono all'operatore di mercato interessato, se ragionevolmente possibile, le informazioni a sostegno del trattamento efficace dell'incidente notificato.
Una volta l’anno l’autorità competenteil punto di contatto unico trasmette alla rete di collaborazione una relazione sintetica delle notifiche ricevute, compreso il loro numero e i parametri degli incidenti di cui al paragrafo 2 del presente articolo, nonché delle misure adottate conformemente al presente paragrafo. [Em. 105]
4 bis. Gli Stati membri incoraggiano gli operatori di mercato a pubblicare nei rendiconti finanziari, su base volontaria, gli incidenti che coinvolgono le loro società. [Em. 106]
5. Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 18 riguardanti la definizione delle circostanze alle quali le amministrazioni pubbliche e gli operatori del mercato sono tenuti a notificare gli incidenti. [Em. 107]
6. Fatti salvi gli atti delegati adottati a norma del paragrafo 5, Le autorità competenti o i punti di contatto unici possono adottare orientamenti e, se necessario, emanare istruzioni sulle circostanze alle quali le amministrazioni pubbliche e gli operatori del mercato sono tenuti a notificare gli incidenti. [Em. 108]
7. Alla Commissione è conferito il potere di definire, mediante atti di esecuzione, i formati e le procedure applicabili ai fini del paragrafo 2. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 19, paragrafo 3.
8. Il disposto dei paragrafi 1 e 2 non si applica alle microimprese quali definite nella raccomandazione 2003/361/CE(20), a meno che le microimprese non fungano da affiliate per un operatore di mercato quale definito all'articolo 3, paragrafo 8, lettera b). [Em. 109]
8 bis. Gli Stati membri possono decidere di applicare, mutatis mutandis, il presente articolo e l'articolo 15 alle amministrazioni pubbliche. [Em. 110]
Articolo 15
Attuazione e controllo
1. Gli Stati membri procurano che le autorità competenti e i punti di contatto unici siano dotate di tutti idotati dei poteri necessari per indagare i casi di mancatogarantire il rispetto, da parte delle amministrazioni pubbliche o degli operatori del mercato, degli obblighi loro imposti agli operatori di mercato dall’articolo 14 e glidegli effetti di tale mancato rispetto sulla sicurezza delle reti e dei sistemi informativi. [Em. 111]
2. Gli Stati membri procurano che le autorità competenti e i punti di contatto unici abbiano il potere di richiedere agli operatori del mercato e alle amministrazioni pubbliche di: [Em. 112]
a) fornire le informazioni necessarie per valutare la sicurezza delle loro reti e dei loro sistemi informativi, compresi i documenti relativi alle politiche di sicurezza;
b) sottoporsi adcomprovare l'efficace attuazione delle politiche di sicurezza, anche mediante i risultati di un audit sulla sicurezza audit sulla sicurezza condotto da un organismo qualificato indipendente o da un’autorità nazionale e metterne i risultati, mettendo i riscontri a disposizione dell’autorità competente o del punto di contatto unico. [Em. 113]
Quando tale richiesta è presentata, le autorità competenti e i punti di contatto unici indicano lo scopo della stessa specificando adeguatamente il tipo di informazioni richieste. [Em. 114]
3. Gli Stati membri procurano che le autorità competenti e i punti di contatto unici abbiano il potere di emanare istruzioni vincolanti per gli operatori del mercato e le amministrazioni pubbliche.[Em. 115]
3 bis. In deroga al paragrafo 2, lettera b), del presente articolo, gli Stati membri possono decidere che le autorità competenti o i punti di contatto unici, se del caso, devono applicare una diversa procedura a determinati operatori del mercato, in base al loro livello di criticità stabilito ai sensi dell'articolo 13 bis. Nel caso in cui gli Stati membri decidano in tal senso:
a) le autorità competenti o i punti di contatto unici, se del caso, hanno il potere di inviare una richiesta sufficientemente specifica agli operatori del mercato in base alla quale si richiede loro di comprovare l'efficace attuazione delle politiche di sicurezza, anche mediante i risultati di un audit sulla sicurezza condotto da un revisore interno qualificato, mettendo i riscontri a disposizione dell'autorità competente o del punto di contatto unico;
b) laddove necessario, a seguito dell'invio da parte dell'operatore del mercato della richiesta di cui alla lettera a), l'autorità competente o il punto di contatto unico può richiedere ulteriori prove o lo svolgimento di un audit aggiuntivo da parte di un organismo qualificato indipendente o di un'autorità nazionale.
3 ter. Gli Stati membri possono decidere di ridurre il numero e l'intensità degli audit per un operatore di mercato interessato se il relativo audit sulla sicurezza indica il rispetto delle disposizioni del capo IV in modo coerente. [Em. 116]
4. Le autorità competenti notificanoe i punti di contatto unici informano gli operatori del mercato interessati in merito alla possibilità di segnalare alle autorità di contrasto gli incidenti di cui sospettano la natura dolosa grave. [Em. 117]
5. Fatte salve le norme di legge applicabili in materia di protezione dei dati, le autorità competenti e i punti di contatto unici operano in stretta cooperazione con le autorità competenti della protezione dei dati personali nei casi di incidenti che comportano violazioni di dati personali. I punti di contatto unici e le autorità competenti della protezione dei dati mettono a punto, in collaborazione con l'ENISA, meccanismi per lo scambio di informazioni e un modello unico da utilizzare tanto per le notifiche di cui all'articolo 14, paragrafo 2, della presente direttiva quanto per altre norme dell'Unione in materia di protezione dei dati. [Em. 118]
6. Gli Stati membri garantiscono che gli obblighi imposti dal presente capo alle pubbliche amministrazioni e agli operatori del mercato possano essere soggetti a controllo giurisdizionale. [Em. 119]
6 bis. Gli Stati membri possono decidere di applicare, mutatis mutandis, l'articolo 14 e il presente articolo alle amministrazioni pubbliche. [Em. 120]
Articolo 16
Normazione
1. Per garantire l’attuazione convergente del disposto dell’articolo 14, paragrafo 1, gli Stati membri, senza prescrivere l'uso di una particolare tecnologia, incoraggiano l’uso di norme e/o specifiche interoperabili europee o internazionali relative alla sicurezza delle reti e dell’informazione. [Em. 121]
2. Mediante atti di esecuzione la Commissione redigedà mandato aun pertinente organismo di normazione europeo di redigere, in consultazione con le parti interessate, un elenco delle norme e/o delle specifiche di cui al paragrafo 1. L’elenco è pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. [Em. 122]
CAPO V
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 17
Sanzioni
1. Gli Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni nazionali di attuazione della presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per la loro applicazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano tali disposizioni alla Commissione entro la data di attuazione della presente direttiva e provvedono a dare immediata notifica di ogni successiva modifica.
1 bis. Gli Stati membri garantiscono che le sanzioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo vengano applicate solo se l'operatore del mercato è venuto meno intenzionalmente o per grave negligenza agli obblighi di cui al capo IV. [Em. 123]
2. Gli Stati membri assicurano che, se un incidente di sicurezza coinvolge dati personali, le sanzioni previste siano coerenti con le sanzioni contemplate dal regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali e la libera circolazione di tali dati(21).
Articolo 18
Esercizio della delega
1. Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite nel presente articolo.
2. È conferito alla Commissione il potere di adottare gli atti delegati di cui all’articolo 9, paragrafo 3, e all’articolo 10, paragrafo 5. La Commissione elabora una relazione sulla delega di potere al più tardi nove mesi prima della scadenza del periodo di cinque anni. La delega di potere è tacitamente prorogata per periodi di identica durata, a meno che il Parlamento europeo o il Consiglio non si oppongano a tale proroga al più tardi tre mesi prima della scadenza di ciascun periodo.
3. La delega di potere di cui all’articolo 9, paragrafo 3 e all’articolo 10, paragrafo 5, e all’articolo 14, paragrafo 5, può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore. [Em. 124]
4. Non appena adotta un atto delegato, la Commissione lo notifica simultaneamente al Parlamento europeo e al Consiglio.
5. L’atto delegato adottato ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, e dell’articolo 10, paragrafo 5, e dell’articolo 14, paragrafo 5, entra in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di due mesi dalla data in cui esso è stato loro notificato o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di due mesi su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio. [Em. 125]
Articolo 19
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita da un comitato (in prosieguo “il comitato per la sicurezza delle reti e dell’informazione”). Tale comitato è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 4 del regolamento (UE) n. 182/2011.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011.
Articolo 20
Revisione
La Commissione riesamina periodicamente il funzionamento della presente direttiva, in particolare l'elenco di cui all'allegato II, e presenta una relazione in proposito al Parlamento europeo e al Consiglio. La prima relazione è presentata entro tre anni dalla data di attuazione di cui all’articolo 21. A tal fine la Commissione può chiedere agli Stati membri di fornire informazioni senza ritardi. [Em. 126]
Articolo 21
Attuazione
1. Gli Stati membri adottano e pubblicano, entro [un anno dalla data di adozione], le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.
Essi applicano tali disposizioni a partire da [un anno e mezzo dalla data di adozione].
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 22
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il [ventesimo] giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 23
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a …,
Per il Parlamento europeo Per il Consiglio
Il presidente Il presidente
ALLEGATO I
Requisiti e compiti delle squadre di pronto intervento informatico (CERT)
I requisiti e i compiti delle squadre CERT devono essere adeguatamente e chiaramente definiti nel quadro di una strategia e/o di una regolamentazione nazionale. Essi includono quanto segue:
1) Requisiti per le squadre CERT
a) La squadraLe squadre CERT garantiscegarantiscono un’elevata disponibilità dei propri servizi di comunicazione, evitando singoli punti di guasto, e disponedispongono di vari mezzi che le permettono loro di essere contattatacontattate e di contattare altri in qualsiasi momento. Inoltre, i canali di comunicazione sono chiaramente specificati e ben noti alla sua base di utenti e ai partner con cui collabora. [Em. 128]
b) La squadra CERT attua e gestisce misure di sicurezza che garantiscono la riservatezza, l’integrità, la disponibilità e l’autenticità delle informazioni che riceve e tratta.
c) Gli uffici della squadradelle squadre CERT e i sistemi informativi di supporto sono ubicati in siti sicuri, con reti e sistemi informativi protetti. [Em. 129]
d) È istituito un sistema di gestione della qualità del servizio per seguire le prestazioni della squadra CERT e garantire un costante processo di miglioramento. Tale sistema si basa su metriche chiaramente definite che includono livelli formali di servizio e indicatori principali di prestazione.
e) Continuità operativa:
– la squadra CERT è dotata di un sistema adeguato di gestione e inoltro delle richieste in modo da facilitare i passaggi,
– la squadra CERT dispone di personale sufficiente per garantirne l’operatività 24 ore su 24,
– la squadra CERT opera in base a un’infrastruttura di cui è garantita la continuità. A tal fine è necessario costituire sistemi ridondanti e spazi di lavoro di backup perché la squadra CERT possa garantire l’accesso permanente ai mezzi di comunicazione.
2) Compiti delle squadre CERT
a) I compiti delle squadre CERT comprendono almeno:
– identificazione e monitoraggio degli incidenti a livello nazionale, [Em. 130]
– emissione di preallarmi, allerte, annunci e divulgazione di informazioni alle parti interessate in merito a rischi e incidenti,
– risposta agli incidenti,
– informazioni sul rischio dinamico e analisi degli incidenti, nonché sensibilizzazione situazionale,
– massiccia sensibilizzazione del pubblico sui rischi connessi all’attività online,
– partecipazione attiva alle reti di collaborazione delle squadre CERT internazionali e dell'Unione, [Em. 131]
– organizzazione di campagne sulla sicurezza delle reti e dell’informazione (SRI).
b) Le squadre CERT stabiliscono relazioni di cooperazione con il settore privato.
c) Per facilitare la cooperazione, le squadre CERT promuovono l’adozione e l’uso di prassi comuni o standardizzate nei seguenti settori:
– procedure di trattamento degli incidenti e dei rischi,
– programmi di classificazione degli incidenti, dei rischi e delle informazioni,
– tassonomie delle metriche,
– modelli di scambi di informazione su rischi, incidenti e convenzioni di denominazione dei sistemi.
ALLEGATO II
Elenco degli operatori del mercato
Operatori di cui all’articolo 3, paragrafo 8, lettera a):
1. Piattaforme di commercio elettronico
2. Portali di pagamento su internet
3. Reti sociali
4. Motori di ricerca
5. Servizi nella nuvola (cloud computing)
6. Negozi online di applicazioni
Operatori di cui all’articolo 3, paragrafo 8, lettera b): [Em. 132]
1. Energia
a) Elettricità
– Fornitori di elettricità e di gas i–
– Operatori dei sistemi di distribuzione dell’elettricità e/o del gas e distributori al dettaglio ai consumatori finali
– Gestori dei sistemi di trasporto, di impianti di stoccaggio o di impianti di GNL nel settore del gas naturale
– Operatori dei sistemi di trasmissione nel settore dell’energia elettrica
b) Petrolio
– Oleodotti e depositi di petrolio
– Operatori di impianti di produzione, raffinazione, trattamento, deposito e trasporto di petrolio
c) Gas
– Operatori del mercato dell’energia elettrica e del gas
– Fornitori
– Operatori dei sistemi di distribuzione e distributori al dettaglio ai consumatori finali
– Operatori dei sistemi di trasporto, di impianti di stoccaggio e di GNL nel settore del gas naturale
– Operatori di impianti di produzione, raffinazione e, trattamento di petrolio e, deposito e trasporto di gas naturale
– Operatori del mercato del gas [Em. 133]
2. Trasporti
– Vettori aerei (trasporto aereo di merci e passeggeri)
– Vettori marittimi (compagnie di navigazione per il trasporto marittimo e costiero di passeggeri e per il trasporto marittimo e costiero di merci)
– Trasporto ferroviario (gestori dell’infrastruttura, imprese integrate e operatori di trasporto ferroviario)
– Aeroporti
– Porti
– Operatori attivi nel controllo della gestione del traffico
– Servizi logistici ausiliari a) deposito e stoccaggio, b) movimentazione merci e c) altre attività di supporto ai trasporti)
a) Trasporti su strada
i) Operatori attivi nel controllo della gestione del traffico
ii) Servizi logistici ausiliari:
– deposito e stoccaggio,
– movimentazione merci, e
– altre attività di supporto ai trasporti
b) Trasporto ferroviario
i) Trasporto ferroviario (gestori dell'infrastruttura, imprese integrate e operatori di trasporto ferroviario)
ii) Operatori attivi nel controllo della gestione del traffico
iii) Servizi logistici ausiliari:
– deposito e stoccaggio,
– movimentazione merci, e
– altre attività di supporto ai trasporti
c) Trasporto aereo
i) Vettori aerei (trasporto aereo di merci e passeggeri)
ii) Aeroporti
iii) Operatori attivi nel controllo della gestione del traffico
iv) Servizi logistici ausiliari:
– depositi,
– movimentazione merci, e
– altre attività di supporto ai trasporti
d) Trasporti marittimi
i) Vettori marittimi (compagnie di navigazione per il trasporto terrestre, marittimo e costiero di passeggeri e per il trasporto terrestre, marittimo e costiero di merci) [Em. 134]
3. Settore bancario: enti creditizi ai sensi dell’articolo 4, punto 1, della direttiva 2006/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio(22).
4. Infrastrutture dei mercati finanziari: Borsemercati regolamentati, strutture multilaterali di negoziazione, strutture organizzate di negoziazione e stanze di compensazione di tipo controparte centrale [Em. 135]
5. Settore sanitario: istituti sanitari (compresi ospedali e cliniche private) e altri soggetti che forniscono assistenza sanitaria
5 bis. Produzione e approvvigionamento idrico [Em. 136]
5 ter. Catena di approvvigionamento alimentare [Em. 137]
Direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro) (GU L 108 del 24.4.2002, pag. 33).
Decisione 2011/292/UE del Consiglio, del 31 marzo 2011, sulle norme di sicurezza per la protezione delle informazioni classificate UE (GU L 141 del 27.5.2011, pag. 17).
Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31).
Regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1).
Direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche) (GU L 201 del 31.7.2002, pag. 37).
Direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche (GU L 204 del 21.7.1998, pag. 37).
Regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sulla normazione europea, che modifica le direttive 89/686/CEE e 93/15/CEE del Consiglio nonché le direttive 94/9/CE, 94/25/CE, 95/16/CE, 97/23/CE, 98/34/CE, 2004/22/CE, 2007/23/CE, 2009/23/CE e 2009/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la decisione 87/95/CEE del Consiglio e la decisione n. 1673/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 316 del 14.11.2012, pag. 12).
Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13).
Regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43).
Direttiva 2008/114/CE del Consiglio, dell’8 dicembre 2008, relativa all’individuazione e alla designazione delle infrastrutture critiche europee e alla valutazione della necessità di migliorarne la protezione (GU L 345 del 23.12.2008, pag. 75).
Regolamento (UE) n. 611/2013 della Commissione, del 24 giugno 2013, sulle misure applicabili alla notifica delle violazioni di dati personali a norma della direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche (GU L 173 del 26.6.2013, pag. 2).
Direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari (GU L 45 del 16.2.2005, pag. 18).
Raccomandazione della Commissione, del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese (GU L 124 del 20.5.2003, pag. 36).
Direttiva 2006/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativa all'accesso all'attività degli enti creditizi ed al suo esercizio (GU L 177 del 30.6.2006, pag. 1)
Programma dell’Unione nel campo dell’informativa finanziaria e della revisione contabile per il periodo 2014-2020 ***I
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 13 marzo 2014 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma dell'Unione per il sostegno di attività specifiche nel campo dell'informativa finanziaria e della revisione contabile per il periodo 2014-2020 (COM(2012)0782 – C7-0417/2012 – 2012/0364(COD))
– vista la proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2012)0782),
– visti l'articolo 294, paragrafo 2, e l'articolo 114 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, a norma dei quali la proposta gli è stata presentata dalla Commissione (C7‑0417/2012),
– visto l'articolo 294, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visto il parere del Comitato economico e sociale europeo del 20 marzo 2013(1),
– visto l'impegno assunto dal rappresentante del Consiglio, con lettera dell'11 dicembre 2013, di approvare la posizione del Parlamento europeo, in conformità dell'articolo 294, paragrafo 4, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visto l'articolo 55 del suo regolamento,
– visti la relazione della commissione per i problemi economici e monetari e il parere della commissione giuridica (A7-0315/2013),
1. adotta la posizione in prima lettura figurante in appresso;
2. chiede alla Commissione di presentargli nuovamente la proposta qualora intenda modificarla sostanzialmente o sostituirla con un nuovo testo;
3. incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione nonché ai parlamenti nazionali.
Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 13 marzo 2014 in vista dell'adozione del regolamento (UE) n. .../2014 del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma dell’Unione per il sostegno di attività specifiche nel campo dell’informativa finanziaria e della revisione contabile per il periodo 2014-2020 e che abroga la decisione n. 716/2009/CEE
(Dato l'accordo tra il Parlamento e il Consiglio, la posizione del Parlamento corrisponde all'atto legislativo finale, il regolamento (UE) n. 258/2014)
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 13 marzo 2014 sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di apparecchiature radio (COM(2012)0584 – C7-0333/2012 – 2012/0283(COD))
– vista la proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2012)0584),
– visti l'articolo 294, paragrafo 2, e l'articolo 114 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, a norma dei quali la proposta gli è stata presentata dalla Commissione (C7‑0333/2012),
– visto l'articolo 294, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visto il parere del Comitato economico e sociale europeo del 13 febbraio 2013(1),
– visto l'impegno assunto dal rappresentante del Consiglio, con lettera del 17 gennaio 2014, di approvare la posizione del Parlamento europeo, in conformità dell'articolo 294, paragrafo 4, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visto l'articolo 55 del suo regolamento,
– vista la relazione della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori (A7-0316/2013),
1. adotta la posizione in prima lettura figurante in appresso;
2. approva la sua dichiarazione allegata, che sarà pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, serie L, unitamente all'atto legislativo finale;
3. chiede alla Commissione di presentargli nuovamente la proposta qualora intenda modificarla sostanzialmente o sostituirla con un nuovo testo;
4. incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione nonché ai parlamenti nazionali.
Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 13 marzo 2014 in vista dell'adozione della direttiva 2014/.../UE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di apparecchiature radio e che abroga la direttiva 1999/5/CE
(Dato l'accordo tra il Parlamento e il Consiglio, la posizione del Parlamento corrisponde all'atto legislativo finale, la direttiva 2014/53/UE)
ALLEGATO ALLA RISOLUZIONE LEGISLATIVA
DICHIARAZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO
Il Parlamento europeo ritiene che le commissioni possano essere considerate comitati di "comitatologia" ai sensi dell'allegato I dell'accordo quadro sulle relazioni tra il Parlamento europeo e la Commissione europea unicamente se e nella misura in cui tali commissioni nelle loro riunioni discutono di atti di esecuzione ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. Le riunioni delle commissioni rientrano quindi nell'ambito di applicazione del punto 15 dell'accordo quadro se e nella misura in cui vengono discussi altri temi.
Orientamenti generali per il bilancio 2015 – Sezione III
425k
47k
Risoluzione del Parlamento europeo del 13 marzo 2014 sugli orientamenti generali per l'elaborazione del bilancio 2015, sezione III – Commissione (2014/2004(BUD))
– visti gli articoli 312 e 314 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea e l'articolo 106 bis del trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica,
– visto il regolamento (UE, Euratom) n. 1311/2013 del Consiglio, del 2 dicembre 2013, che stabilisce il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020(1),
– visto l'accordo interistituzionale del 2 dicembre 2013 tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sulla disciplina di bilancio, la cooperazione in materia di bilancio e la sana gestione finanziaria(2),
– visti il bilancio generale dell'Unione europea per l'esercizio 2014(3) e le quattro relative dichiarazioni comuni concordate tra il Parlamento, il Consiglio e la Commissione, nonché la dichiarazione comune del Parlamento e della Commissione sugli stanziamenti di pagamento,
– visto il titolo II, capitolo 7, del suo regolamento,
– vista la relazione della commissione per i bilanci (A7-0159/2014),
Il bilancio dell'UE – Dotare i cittadini degli strumenti per trovare una via d'uscita dalla crisi
1. è convinto che, nonostante permangano alcune difficoltà, l'economia europea stia evidenziando alcuni segnali di ripresa e ritiene che, pur essendo consapevole dei persistenti vincoli economici e di bilancio a livello nazionale e degli sforzi di risanamento di bilancio da parte degli Stati membri, il bilancio europeo debba incoraggiare una tale tendenza, incrementando gli investimenti strategici negli interventi con un valore aggiunto europeo, onde contribuire al rilancio dell'economia europea, generando crescita e occupazione sostenibili e mirando nel contempo a favorire la competitività e a rafforzare la coesione economica e sociale nell'intera Unione;
2. evidenzia in particolare l'importanza dei Fondi strutturali e d'investimento europei (fondi ESI) che costituiscono uno dei maggiori blocchi di spesa nel bilancio dell'Unione europea; sottolinea che la politica di coesione dell'Unione europea svolge un ruolo decisivo nel sostenere gli investimenti pubblici in settori fondamentali dell'economia, ottenendo risultati tangibili in quanto permette agli Stati membri e alle regioni di uscire dalla crisi attuale e di conseguire gli obiettivi della strategia Europa 2020; sottolinea la necessità di dotare i cittadini degli strumenti per trovare una via d'uscita dalla crisi; evidenzia a tale riguardo la particolare necessità di investire in settori quali l'istruzione e la mobilità, la ricerca e l'innovazione, le PMI e l'imprenditorialità, al fine di stimolare la competitività dell'Unione e contribuire alla creazione di posti di lavoro, soprattutto per i giovani e per coloro che hanno superato i 50 anni di età;
3. considera altrettanto importante investire in altri settori quali le energie rinnovabili, l'agenda digitale, le infrastrutture, le tecnologie dell'informazione e della comunicazione e la connettività transfrontaliera, nonché un maggiore e più efficace impiego dei cosiddetti strumenti finanziari innovativi, in particolare per quanto riguarda gli investimenti a lungo termine; evidenzia la necessità di rafforzare l'industria dell'Unione quale principale elemento trainante per la creazione di posti di lavoro e per la crescita; insiste sul fatto che, per rendere l'industria dell'Unione europea solida, concorrenziale e indipendente, occorre concentrarsi sugli investimenti nell'innovazione;
4. sottolinea l'importanza di garantire che siano stanziate risorse sufficienti per l'azione esterna dell'Unione; ricorda l'impegno assunto dall'Unione e dai suoi Stati membri a livello internazionale di portare allo 0,7% del PNL la spesa per gli aiuti pubblici allo sviluppo (APS) e di conseguire entro il 2015 gli Obiettivi di sviluppo del Millennio;
5. insiste sull'importanza di garantire il migliore coordinamento possibile tra i diversi fondi dell'Unione, da un lato, e tra i fondi dell'Unione e le spese effettuate a livello nazionale, dall'altro, al fine di ottimizzare l'impiego del denaro pubblico;
6. ricorda il recente accordo sul quadro finanziario pluriennale (QFP) 2014-2020, che definisce i principali parametri per i bilanci annuali fino al 2020; sottolinea il fatto che ciascun bilancio annuale deve essere conforme al regolamento sul QFP e all'accordo interistituzionale e non dovrebbe servire da pretesto per rinegoziare il QFP; si augura che il Consiglio non tenti di imporre interpretazioni restrittive di determinate disposizioni, in particolare riguardo alla natura e alla portata degli strumenti speciali; ribadisce l'intenzione di avvalersi pienamente di tutti gli strumenti a disposizione dell'autorità di bilancio nel quadro della procedura di bilancio annuale al fine di conferire al bilancio dell'Unione la necessaria flessibilità;
7. sottolinea che l'esercizio 2015, essendo il secondo anno del nuovo QFP, sarà importante per la buona riuscita dell'attuazione dei nuovi programmi pluriennali 2014-2020; sottolinea la necessità che, per non ostacolare l'attuazione delle politiche cruciali dell'Unione, tutti i programmi entrino quanto prima nella fase pienamente operativa; rileva che il bilancio 2015 sarà inferiore, in termini reali, rispetto al bilancio 2013; esorta, a tale proposito, la Commissione e gli Stati membri a profondere il massimo impegno per garantire la celere approvazione di tutti gli accordi di partenariato e programmi operativi nel 2014, onde evitare di perdere ulteriore tempo nell'attuazione dei nuovi programmi di investimento; insiste sull'importanza del pieno sostegno della Commissione alle amministrazioni nazionali in tutte le fasi di tale processo;
8. ricorda l'accordo concluso nell'ambito del QFP, che verrà applicato per la prima volta nel bilancio 2014 e che consiste nell'anticipare gli impegni per obiettivi politici specifici relativi alla lotta alla disoccupazione giovanile, alla ricerca (in particolare Erasmus+ per l'apprendistato) e alle PMI; sottolinea che, nell'ambito dell'accordo sul QFP, si impone un approccio analogo per il bilancio 2015 mediante l'anticipo degli stanziamenti per l'Iniziativa a favore dell'occupazione giovanile (871,4 milioni di EUR a prezzi 2011) come pure per i programmi Erasmus+ e COSME (20 milioni di EUR ciascuno a prezzi 2011); esprime particolare preoccupazione per il finanziamento dell'Iniziativa a favore dell'occupazione giovanile dopo 2015 e chiede che, a tal fine, siano prese in considerazione tutte le possibilità di finanziamento, tra cui il margine globale previsto dal QFP per gli impegni;
9. manifesta inquietudine, tuttavia, per le possibili incidenze negative di un ulteriore slittamento al 2015 del programma Energia nell'ambito del meccanismo per collegare l'Europa e invita la Commissione a fornire informazioni adeguate sul modo in cui una tale decisione inciderebbe sull'avvio efficace del nuovo programma in questione;
10. rileva il valore aggiunto di anticipare gli investimenti nei suddetti programmi per aiutare i cittadini dell'Unione a uscire dalla crisi; invita inoltre la Commissione a individuare altri eventuali programmi che potrebbero beneficiare dall'anticipo degli stanziamenti e che possono contribuire a tale obiettivo e assorbire pienamente un tale anticipo;
11. sottolinea che, una volta di più, le conclusioni dell'ultimo Consiglio europeo (19 e 20 dicembre 2013) sulla politica di sicurezza e di difesa comune e sui flussi migratori incideranno sul bilancio dell'Unione europea; ribadisce la propria posizione secondo cui i nuovi progetti decisi dal Consiglio europeo dovrebbero essere finanziati con risorse aggiuntive e non mediante tagli ai programmi e agli strumenti esistenti, né conferendo compiti aggiuntivi alle istituzioni o ad altri organi dell'Unione europea che sono già al limite delle loro capacità;
12. sottolinea l'importanza delle agenzie decentrate che sono essenziali per l'attuazione delle politiche e dei programmi dell'Unione; rileva che tali agenzie permettono di conseguire economie di scala mettendo in comune le spese che dovrebbero altrimenti essere effettuate da ciascuno Stato membro per giungere al medesimo risultato; sottolinea la necessità di valutare tutte le agenzie individualmente in termini di bilancio e risorse umane e di dotarle, nel bilancio 2015 e negli esercizi successivi, delle risorse finanziarie e umane necessarie a svolgere correttamente le funzioni conferite loro dall'autorità legislativa; rileva, pertanto, la necessità di evitare che la comunicazione della Commissione intitolata "Programmazione delle risorse umane e finanziarie per le agenzie decentrate nel periodo 2014-2020" (COM(2013)0519) costituisca la base per la stesura del bilancio in relazione alle agenzie; sottolinea, inoltre, il ruolo importante del nuovo gruppo di lavoro interistituzionale sulle agenzie decentrate, il quale dovrebbe esercitare un controllo più rigoroso e costante sullo sviluppo di tali agenzie, al fine di garantire un approccio coerente; si attende che il gruppo di lavoro in questione presenti i primi risultati in tempo utile per la lettura del bilancio da parte del Parlamento;
13. rammenta la dichiarazione comune sui rappresentanti speciali dell'Unione europea, in cui il Parlamento e il Consiglio hanno stabilito di comune accordo di esaminare il trasferimento degli stanziamenti per tali rappresentanti speciali dal bilancio della Commissione (Sezione III) al bilancio del Servizio europeo per l'azione esterna (Sezione X) nell'ambito della procedura di bilancio per il 2015;
Stanziamenti di pagamento – L'Unione europea deve rispettare i suoi impegni giuridici e politici
14. ricorda che l'importo complessivo degli stanziamenti di pagamento concordato per il bilancio 2014 si conferma al di sotto del livello ritenuto necessario e proposto dalla Commissione nel suo progetto di bilancio iniziale; rileva che, come previsto nel nuovo regolamento sul QFP e nel nuovo margine globale per i pagamenti, la Commissione dovrebbe ritoccare verso l'alto il massimale 2015 per i pagamenti di un importo equivalente alla differenza tra i pagamenti 2014 eseguiti e il massimale per i pagamenti previsto dal QFP per l'esercizio 2014; teme seriamente che l'importo inaudito delle fatture non saldate alla fine del 2013, pari a 23,4 miliardi di EUR nella sola rubrica 1b, non possa essere coperto entro i massimali del 2014; chiede la mobilitazione degli opportuni meccanismi di flessibilità per i pagamenti nel 2014, sottolineando che neppure ciò sarà probabilmente sufficiente a evitare un consistente deficit di esecuzione alla fine 2014; sottolinea che la ricorrente penuria di stanziamenti di pagamento è la causa principale del livello straordinariamente elevato degli impegni ancora da liquidare (RAL), in particolare negli ultimi anni;
15. ricorda che, a norma del trattato(4), "Il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione vigilano sulla disponibilità dei mezzi finanziari necessari a consentire all'Unione di rispettare gli obblighi giuridici nei confronti dei terzi"; si attende che la Commissione proponga nel suo progetto di bilancio un sufficiente livello di stanziamenti di pagamento, basato su previsioni reali e non influenzato da considerazioni politiche;
16. insiste sulla necessità di utilizzare tutti gli strumenti a disposizione nell'ambito del regolamento sul QFP, anche ricorrendo al margine per imprevisti e – ove ne sia dimostrata la necessità e come ultima ratio – alla revisione del massimale per i pagamenti, per poter adempiere agli obblighi giuridici dell'Unione senza compromettere o ritardare i pagamenti a favore di tutti i beneficiari, quali ricercatori, università, organizzazioni di aiuto umanitario, ecc., e ridurre al tempo stesso l'importo dei pagamenti in sospeso a fine anno;
17. insiste sulla necessità che l'impiego di tutti gli strumenti speciali per i pagamenti (lo Strumento di flessibilità, il margine per imprevisti, il Fondo di solidarietà dell'Unione europea, il Fondo di adeguamento alla globalizzazione e la Riserva per gli aiuti d'urgenza) sia iscritto in bilancio al di sopra dei massimali per i pagamenti fissati nel QFP;
18. invita la Commissione, data la situazione allarmante in cui versano gli stanziamenti di pagamento relativi agli aiuti umanitari all'inizio del 2014 – in particolare l'arretrato di 160 milioni di EUR degli stanziamenti di pagamento per gli aiuti umanitari riportato dal 2013 al 2014 – ad adottare tutte le misure necessarie e a reagire quanto prima per garantire la fornitura adeguata degli aiuti umanitari dell'Unione nel 2014; sottolinea che il livello degli stanziamenti di pagamento per gli aiuti umanitari dovrebbe andare di pari passo con la probabile crescita degli stanziamenti d'impegno, un aspetto di cui andrebbe tenuto conto nel progetto di bilancio per il 2015;
19. ricorda la dichiarazione comune sugli stanziamenti di pagamento e la dichiarazione bilaterale del Parlamento e della Commissione nel quadro dell'accordo sul bilancio 2014; invita la Commissione a tenere pienamente informata l'autorità di bilancio sull'evoluzione dei pagamenti e dei RAL nell'esercizio in corso e sottolinea la necessità di organizzare regolarmente riunioni interistituzionali per monitorare la situazione dei pagamenti;
o o o
20. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione e alla Corte dei conti.
– viste le sue precedenti risoluzioni sulla politica europea di vicinato, sul partenariato orientale (PO) e sull'Ucraina, con particolare riferimento alla risoluzione del 27 febbraio 2014 sulla situazione in Ucraina(1),
– vista la sua risoluzione del 12 dicembre 2013 sull'esito del vertice di Vilnius e il futuro del partenariato orientale, in particolare per quanto riguarda l'Ucraina(2),
– vista la sua risoluzione del 6 febbraio 2014 sul vertice UE-Russia(3),
– viste le conclusioni della riunione straordinaria del Consiglio Affari esteri, del 3 marzo 2014, sull'Ucraina,
– vista la dichiarazione del Consiglio del Nord Atlantico del 4 marzo 2014,
– vista la dichiarazione sull'Ucraina emessa dai capi di Stato o di governo a seguito della riunione straordinaria del Consiglio europeo sull'Ucraina, del 6 marzo 2014,
– visto l'articolo 2, paragrafo 4, della Carta delle Nazioni Unite,
– visto l'articolo 110, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,
A. considerando che l'atto di aggressione commesso dalla Russia con l'invasione della Crimea costituisce una violazione della sovranità e dell'integrità territoriale dell'Ucraina, è contrario al diritto internazionale e contravviene agli obblighi che incombono alla Russia in quanto firmataria del memorandum di Budapest del 1994 sulle garanzie in materia di sicurezza per l'Ucraina, con cui si è impegnata a garantire il rispetto dell'integrità territoriale e della sovranità dell'Ucraina;
B. considerando che uomini armati filorussi e soldati russi hanno occupato edifici chiave a Sinferopoli, capitale della Crimea, nonché importanti installazioni ucraine e obiettivi strategici in Crimea, tra cui almeno tre aeroporti; che la maggior parte delle unità militari ucraine nella penisola sono state circondate ma si rifiutano di deporre le armi; che, dall'inizio della crisi, è stato inviato in Ucraina un numero considerevole di truppe russe aggiuntive;
C. considerando che gli argomenti addotti dai leader russi a sostegno di tale aggressione sono assolutamente privi di fondamento e avulsi dalla realtà sul terreno, in quanto non si sono registrati casi di attacchi o intimidazioni di nessun genere nei confronti di cittadini russi o di etnia russa in Crimea;
D. considerando che le autorità autoproclamate e illegittime della Crimea hanno deciso, in data 6 marzo 2014, di presentare alla Russia una richiesta di adesione della Crimea alla Federazione russa e hanno indetto per il 16 marzo 2014 un referendum sulla secessione della Crimea dall'Ucraina, violando in questo modo la Costituzione sia dell'Ucraina che della Crimea;
E. considerando che il primo ministro russo ha annunciato piani tesi ad applicare in tempi rapidi le procedure di acquisizione della cittadinanza russa da parte delle persone russofone nei paesi esteri;
F. considerando che il 1° marzo 2014 il Consiglio federale della Federazione russa ha autorizzato l'invio di forze armate della Federazione russa in Ucraina al fine di tutelare gli interessi della Russia e dei russofoni in Crimea e nell'intero paese;
G. considerando che sono necessari un'azione diplomatica internazionale incisiva a tutti i livelli e un processo negoziale per allentare la crisi, disinnescare la tensione, impedire che la crisi si amplifichi sfuggendo al controllo e garantire un esito pacifico; che l'Unione europea deve fornire una risposta efficace, in modo da permettere all'Ucraina di esercitare appieno la propria sovranità e integrità territoriale senza pressioni esterne;
H. considerando che 28 primi ministri e capi di Stato dell'UE hanno lanciato un deciso monito sulle conseguenze delle azioni russe e hanno deciso di sospendere i colloqui bilaterali con la Russia in materia di visti, i negoziati sul nuovo accordo di partenariato e di cooperazione, come pure la partecipazione delle istituzioni dell'UE ai preparativi del vertice del G8 che dovrebbe tenersi a Soči nel giugno 2014;
1. condanna fermamente l'atto di aggressione commesso dalla Russia con l'invasione della Crimea, che costituisce una parte indivisibile dell'Ucraina ed è riconosciuta come tale dalla Federazione russa e dalla comunità internazionale; chiede l'istantaneo allentamento della crisi, con il ritiro immediato di tutte le forze militari presenti illegalmente sul territorio ucraino, ed esorta al pieno rispetto del diritto internazionale e degli obblighi derivanti dalle convenzioni vigenti;
2. ricorda che tali azioni sono in palese violazione della Carta delle Nazioni Unite, dell'Atto finale di Helsinki dell'OSCE, dello Statuto del Consiglio d'Europa, del memorandum di Budapest sulle garanzie in materia di sicurezza del 1994, del trattato bilaterale di amicizia, cooperazione e partenariato del 1997, dell'accordo sullo status e le condizioni di permanenza della flotta russa del Mar Nero sul territorio dell'Ucraina del 1997, nonché degli obblighi internazionali incombenti alla Russia; ritiene che le azioni intraprese dalla Russia pongano una minaccia alla sicurezza dell'UE; si rammarica della decisione della Federazione russa di non presenziare alla riunione sulla sicurezza dell'Ucraina convocata dai firmatari del memorandum e fissata per il 5 marzo 2014 a Parigi;
3. evidenzia che l'integrità territoriale dell'Ucraina è stata garantita dalla Russia, dagli Stati Uniti e dal Regno Unito nel memorandum di Budapest firmato con l'Ucraina e rileva che, in base alla Costituzione ucraina, la Repubblica autonoma di Crimea può indire referendum solo su questioni locali e non sulla modifica dei confini internazionalmente riconosciuti dell'Ucraina; sottolinea che il referendum sull'adesione alla Federazione russa sarà quindi considerato illegittimo e illegale, al pari di qualsiasi altro referendum che violi la Costituzione ucraina e il diritto internazionale; ritiene che lo stesso valga per la decisione delle autorità illegittime e autoproclamate della Crimea di dichiarare l'indipendenza in data 11 marzo 2014;
4. sottolinea la necessità che l'UE e i suoi Stati membri si rivolgano alla Russia con una sola voce e sostengano il diritto dell'Ucraina unita di determinare liberamente il suo futuro; accoglie pertanto con favore e appoggia fermamente la dichiarazione congiunta del Consiglio europeo straordinario del 6 marzo 2014, che ha condannato gli atti di aggressione della Russia e ha sostenuto l'integrità territoriale, l'unità, la sovranità e l'indipendenza dell'Ucraina; sollecita una stretta cooperazione transatlantica sulle misure tese a risolvere la crisi;
5. condanna, in quanto contraria al diritto internazionale e ai codici di condotta, la dottrina ufficiale russa secondo cui il Cremlino rivendica il diritto di intervenire con la forza all'interno degli Stati sovrani vicini per "proteggere" la sicurezza dei compatrioti russi che vi risiedono; sottolinea che tale dottrina equivale ad arrogarsi unilateralmente il ruolo di arbitro supremo del diritto internazionale ed è stata utilizzata per giustificare numerosi interventi politici, economici e militari;
6. ricorda che, nel contesto del referendum nazionale sull'indipendenza svoltosi in Ucraina nel 1991, la maggioranza della popolazione della Crimea ha votato a favore dell'indipendenza;
7. sottolinea la propria convinzione secondo cui l'instaurazione di un dialogo costruttivo rappresenta il modo migliore per risolvere qualsiasi conflitto e garantire la stabilità a lungo termine in Ucraina; plaude al modo responsabile, misurato e controllato con cui il governo ucraino sta gestendo questa grave crisi, in cui sono in gioco l'integrità territoriale e la sovranità del paese; invita la comunità internazionale ad appoggiare fermamente l'Ucraina e a sostenerla;
8. rifiuta di accettare l'obiettivo dichiarato dalla Russia, secondo cui è necessario proteggere la popolazione russofona in Crimea, che risulta del tutto infondato in quanto tale popolazione non ha subito e non subisce alcuna discriminazione; respinge fermamente la propaganda diffamatoria russa finalizzata a ritrarre come fascisti i manifestanti che protestano contro la politica di Janukovyč;
9. chiede una soluzione pacifica della crisi attuale e il pieno rispetto dei principi del diritto internazionale e degli obblighi da esso derivanti; è dell'avviso che la situazione debba essere contenuta e ulteriormente normalizzata onde evitare un conflitto armato in Crimea;
10. sottolinea l'importanza fondamentale dell'osservazione e della mediazione internazionali; invita le istituzioni dell'Unione europea e gli Stati membri a essere pronti a esaurire tutte le possibili strade diplomatiche e politiche e a lavorare indefessamente con tutte le pertinenti organizzazioni internazionali, quali le Nazioni Unite, l'OSCE e il Consiglio d'Europa, al fine di garantire una soluzione pacifica, che deve essere basata sulla sovranità e sull'integrità territoriale dell'Ucraina; chiede pertanto l'invio di una vera e propria missione di vigilanza dell'OSCE in Crimea;
11. accoglie con favore l'iniziativa volta a istituire un gruppo di contatto sotto l'egida dell'OSCE, ma deplora che alcuni gruppi armati abbiano ostacolato l'ingresso in Crimea della missione di osservatori dell'OSCE il 6 marzo 2014; critica le autorità russe e quelle autoproclamate della Crimea per il loro rifiuto di collaborare con la missione di osservatori dell'OSCE e di concedere ai suoi membri un accesso totale e sicuro alla regione;
12. deplora che l'inviato speciale in Crimea del Segretario generale delle Nazioni Unite sia stato costretto a ridurre la durata della propria missione a causa delle violente minacce nei suoi confronti;
13. è del parere che alcuni aspetti dell'accordo del 21 febbraio 2014, negoziato da tre ministri degli Affari esteri per conto dell'UE ma violato da Janukovyč con la firma della nuova legge costituzionale, potrebbero ancora essere utili per uscire dall'impasse attuale; ritiene, tuttavia, che nessuno può negoziare e/o accettare soluzioni che mettono a repentaglio la sovranità e l'integrità territoriale dell'Ucraina, e ribadisce il diritto fondamentale del popolo ucraino a determinare liberamente il futuro del proprio paese;
14. prende atto con grande preoccupazione delle notizie secondo cui soggetti armati starebbero contrassegnando le abitazioni dei tatari ucraini nelle zone della Crimea in cui convivono tatari e russi; osserva che i tatari di Crimea, che sono ritornati in patria in seguito all'indipendenza dell'Ucraina, dopo essere stati deportati da Stalin, chiedono alla comunità internazionale di sostenere l'integrità territoriale dell'Ucraina nonché un accordo politico e giuridico globale sul ripristino dei loro diritti in quanto popolazione autoctona della Crimea; invita la comunità internazionale, la Commissione, il Consiglio, l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani e il Rappresentante speciale dell'UE per i diritti umani a tutelare i diritti di questa comunità e di altre eventuali comunità minoritarie della penisola di Crimea; chiede che sia svolta un'indagine completa sulle intimidazioni rivolte agli ebrei e sugli attacchi ai siti religiosi ebraici avvenuti in seguito all'invasione della Crimea;
15. plaude all'impegno del governo ucraino di intraprendere un ambizioso programma di riforma a livello politico, economico e sociale; accoglie pertanto con favore la decisione della Commissione di fornire all'Ucraina un pacchetto di aiuti finanziari a breve e medio termine del valore di 11 miliardi di EUR, onde contribuire alla stabilizzazione della situazione economica e finanziaria del paese; si attende che il Consiglio e la Commissione, insieme al Fondo monetario internazionale (FMI), alla Banca mondiale, alla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, alla Banca europea per gli investimenti e ad altri paesi, presentino quanto prima un pacchetto di sostegno finanziario solido a lungo termine che aiuti l'Ucraina a far fronte al peggioramento della situazione economica e sociale e fornisca assistenza economica per avviare le necessarie riforme approfondite e globali dell'economia ucraina; ricorda la necessità di organizzare e coordinare una conferenza internazionale dei donatori, indetta dalla Commissione, da tenersi quanto prima; invita l'FMI a evitare di imporre misure di austerità intollerabili, ad esempio tagli al livello di sovvenzioni per l'energia, che aggraverebbero la già difficile situazione socioeconomica dell'Ucraina;
16. invita la Commissione e gli Stati membri, di concerto con il Consiglio d'Europa e la Commissione di Venezia, a fornire non solo assistenza finanziaria, ma anche assistenza tecnica per quanto concerne la riforma costituzionale, il rafforzamento dello Stato di diritto e la lotta contro la corruzione in Ucraina; auspica risultati positivi in proposito ed evidenzia che il Maidan e tutti gli ucraini si aspettano cambiamenti radicali e un adeguato sistema di governance;
17. chiede che in tutto il paese si tengano elezioni libere, eque e trasparenti, alla presenza di osservatori dell'OSCE/ODIHR, e conferma nuovamente la disponibilità a istituire una missione propria che serva allo stesso scopo; invita le autorità ucraine a fare il possibile per incoraggiare una partecipazione elevata degli elettori alle elezioni presidenziali, anche nelle zone orientali e meridionali del paese; ribadisce l'invito alle autorità ucraine ad assicurare lo svolgimento delle elezioni parlamentari in conformità delle raccomandazioni della Commissione di Venezia ed esprime il proprio sostegno nei confronti dell'adozione di un sistema di voto proporzionale che agevolerebbe un'effettiva rappresentanza a livello nazionale delle esigenze locali; sottolinea che è importante che il parlamento e i suoi membri, sia a livello centrale che locale, rispettino lo Stato di diritto;
18. invita l'Ucraina a non cedere alle pressioni finalizzate a posticipare le elezioni presidenziali previste per il 25 maggio 2014;
19. chiede che il governo dell'Ucraina sia di larghe intese e quanto più inclusivo possibile, al fine di ridurre al minimo il rischio di nuove ondate di violenza e di frammentazione territoriale; mette in guardia la Russia da qualsiasi azione che possa contribuire a intensificare la polarizzazione per motivi etnici o linguistici; sottolinea la necessità di garantire, in stretta collaborazione con l'OSCE e con il Consiglio d'Europa, la completa protezione e il rispetto dei diritti degli appartenenti alle minoranze nazionali, compresi i diritti degli ucraini di lingua russa, conformemente alle norme internazionali; ribadisce l'invito a istituire un nuovo regime linguistico ad ampio raggio, a sostegno di tutte le lingue minoritarie;
20. accoglie con favore la decisione del presidente facente funzioni di porre il veto sul disegno di legge volto ad abrogare la legge sulla politica linguistica del 3 luglio 2012; ricorda che in ogni caso tale legge non sarebbe applicabile in Crimea; invita la Verchovna Rada a riformare la legislazione esistente, allineandola agli obblighi dell'Ucraina derivanti dalla Carta europea delle lingue regionali o minoritarie;
21. plaude alla disponibilità dei 28 capi di Stato e di governo dell'UE a firmare i capitoli politici dell'accordo di associazione (AA) il più presto possibile e prima delle elezioni presidenziali del 25 maggio 2014, e ad adottare misure unilaterali, come la riduzione delle tariffe doganali per le esportazioni ucraine verso l'UE, che consentano all'Ucraina di beneficiare delle disposizioni dell'accordo di libero scambio globale e approfondito (DCFTA), come proposto dalla Commissione l'11 marzo 2014; evidenzia che l'UE è pronta a firmare l'AA/DCFTA completo quanto prima e non appena il governo ucraino sarà pronto a impegnarsi in questo senso; insiste sulla necessità di mandare un segnale chiaro alla Russia per dimostrare che tale accordo non mette a repentaglio e non pregiudica in alcun modo le sue future relazioni di cooperazione bilaterale in ambito politico ed economico con l'Ucraina; sottolinea inoltre che, in conformità all'articolo 49 del trattato sull'Unione europea, l'Ucraina, come qualsiasi altro Stato europeo, presenta una prospettiva europea e può domandare di diventare membro dell'Unione, a condizione che si attenga ai principi della democrazia, rispetti le libertà fondamentali, i diritti umani e quelli delle minoranze e garantisca lo Stato di diritto;
22. ricorda, a tale proposito, che l'esportazione di armamenti e di tecnologia militare può mettere in pericolo la pace e la stabilità dell'intera regione e deve essere immediatamente interrotta; deplora profondamente il fatto che gli Stati membri dell'UE abbiano esportato verso la Russia ingenti quantità di armi e tecnologia militare, tra cui armi convenzionali con capacità strategiche notevoli;
23. accoglie con favore la decisione del Consiglio europeo del 6 marzo 2014 relativa a una prima serie di misure mirate nei confronti della Russia, tra cui la sospensione dei negoziati bilaterali sulle questioni concernenti i visti e sul nuovo accordo, come pure la decisione degli Stati membri e delle istituzioni dell'UE di sospendere la loro partecipazione al vertice del G8 di Soči; avverte tuttavia che, in assenza di un allentamento della crisi o in caso di un ulteriore aggravarsi della crisi con l'annessione della Crimea, l'UE dovrebbe adottare tempestivamente misure adeguate, che dovrebbero includere un embargo sulle armi e sulle tecnologie a duplice uso, restrizioni sui visti, il congelamento di beni, l'applicazione di norme sul riciclaggio di denaro nei confronti degli individui coinvolti nel processo decisionale in merito all'invasione dell'Ucraina, nonché misure volte a garantire che le società russe e le loro controllate, in particolare nel settore energetico, rispettino pienamente il diritto dell'UE; tali misure dovrebbero avere ripercussioni sui legami politici ed economici con la Russia;
24. sottolinea che la cooperazione parlamentare istituita tra il Parlamento europeo e la Duma di Stato e il Consiglio della Federazione russi non può essere portata avanti secondo le prassi abituali;
25. si compiace della decisione del Consiglio di adottare, nei confronti di 18 persone, tra cui Janukovyč, sanzioni incentrate sul congelamento e sul recupero di fondi ucraini acquisiti indebitamente;
26. invita, a tale proposito, la Commissione a sostenere i progetti nel corridoio meridionale, che diversificano in modo efficace l’approvvigionamento energetico, e sollecita gli Stati membri a fare in modo che le loro imprese pubbliche non partecipino a progetti con aziende russe che aumentano la vulnerabilità europea;
27. sottolinea l'importanza di un approvvigionamento energetico sicuro, diversificato ed economicamente sostenibile in Ucraina; pone l'accento, a tale riguardo, sul ruolo strategico della Comunità dell'energia, la cui presidenza è esercitata dall'Ucraina nel 2014, nonché sull'importanza di rafforzare la resistenza del paese di fronte alle minacce della Russia in ambito energetico; ricorda la necessità di accrescere le capacità di stoccaggio dell'Unione e di garantire un flusso inverso di gas dagli Stati membri dell'UE all'Ucraina; accoglie con favore la proposta della Commissione di modernizzare il sistema di transito del gas in Ucraina e di fornire assistenza al paese nel pagamento dei suoi debiti a Gazprom; sottolinea l'urgente necessità di compiere ulteriori progressi verso il conseguimento di una politica di sicurezza energetica comune, con un mercato interno solido e un approvvigionamento energetico diversificato, e di adoperarsi per la piena attuazione del terzo pacchetto energetico, rendendo l'UE meno dipendente dal petrolio e dal gas russi;
28. invita il Consiglio ad autorizzare immediatamente la Commissione ad accelerare la liberalizzazione dei visti con l'Ucraina, così da proseguire nella direzione dell'introduzione di un regime di esenzione dal visto, secondo l'esempio della Moldova; chiede nel frattempo l'introduzione immediata di procedure di concessione del visto temporanee, molto semplici e a basso costo a livello dell'UE e degli Stati membri;
29. è fermamente convinto del fatto che gli eventi in Ucraina mettano in luce la necessità che l'Unione raddoppi il proprio impegno e sostegno a favore della scelta europea e dell'integrità territoriale della Moldova e della Georgia, in vista della firma da parte di queste ultime degli accordi di associazione e di libero scambio globale e approfondito con l'UE nel corso dell'anno;
30. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi degli Stati membri, al presidente facente funzione e al governo e al parlamento dell'Ucraina, al Consiglio d'Europa e al presidente, al governo e al parlamento della Federazione russa.
Applicazione del trattato di Lisbona per quanto riguarda il Parlamento europeo
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Risoluzione del Parlamento europeo del 13 marzo 2014 sull'applicazione del trattato di Lisbona per quanto riguarda il Parlamento europeo (2013/2130(INI))
– visti il trattato sull'Unione europea e il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– vista la sua decisione del 20 ottobre 2010 sulla revisione dell'accordo quadro sulle relazioni tra il Parlamento europeo e la Commissione europea(1),
– viste le sue risoluzioni del 22 novembre 2012 sulle elezioni del Parlamento europeo nel 2014(2) e del 4 luglio 2013 sul miglioramento delle modalità pratiche per lo svolgimento delle elezioni europee del 2014(3),
– visto l'accordo quadro sulle relazioni tra il Parlamento europeo e la Commissione europea(4),
– visti i negoziati in corso sulla revisione dell'Accordo interistituzionale del 20 novembre 2002 tra il Parlamento europeo e il Consiglio relativo all'accesso da parte del Parlamento europeo alle informazioni sensibili del Consiglio nel settore della politica di sicurezza e di difesa(5),
– vista la sua risoluzione del 7 maggio 2009 sulle nuove competenze e prerogative del Parlamento nell'applicazione del trattato di Lisbona(6),
– visto l'articolo 48 del suo regolamento,
– visti la relazione della commissione per gli affari costituzionali e i pareri della commissione per il commercio internazionale, della commissione giuridica e della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (A7-0120/2014),
A. considerando che il trattato di Lisbona approfondisce la legittimità democratica dell'Unione europea rafforzando il ruolo del Parlamento europeo nella procedura che porta all'elezione del presidente della Commissione europea e all'investitura di tale Istituzione;
B. considerando che, conformemente alla nuova procedura prevista dal trattato di Lisbona per l'elezione del presidente della Commissione europea, il Parlamento elegge quest'ultimo a maggioranza dei membri che lo compongono;
C. considerando che il trattato di Lisbona stabilisce che il Consiglio europeo deve tenere conto del risultato delle elezioni al Parlamento europeo e che è tenuto a consultare il nuovo Parlamento prima di proporre un candidato alla carica di presidente della Commissione europea;
D. considerando che tutti i principali partiti politici europei hanno avviato il processo di nomina del rispettivo candidato alla carica di presidente della Commissione;
E. considerando che il presidente eletto della nuova Commissione dovrebbe fare pienamente uso delle prerogative conferitegli dal trattato di Lisbona e compiere tutti i passi necessari per garantire l'efficiente funzionamento della sua Istituzione nonostante le dimensioni di quest'ultima che, come deciso dal Consiglio europeo, non diminuiranno come previsto nel trattato di Lisbona;
F. considerando che la responsabilità della Commissione nei confronti del Parlamento dovrebbe essere rafforzata attraverso la programmazione annuale e pluriennale dell'Unione, nonché attraverso la creazione di simmetria tra le maggioranze richieste per l'elezione del presidente della Commissione e per la mozione di censura;
G. considerando che il ruolo del Parlamento quale autore dell'agenda legislativa deve essere rafforzato e che il principio secondo cui il Parlamento e il Consiglio agiscono su un piano di parità in materia legislativa, sancito dal trattato di Lisbona, deve essere attuato pienamente;
H. considerando che, in occasione dell'investitura della nuova Commissione, gli accordi interistituzionali esistenti dovrebbero essere rivisti e migliorati;
I. considerando che l'articolo 36 del trattato sull'Unione europea (TUE) stabilisce che l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (alto rappresentante) consulti regolarmente il Parlamento europeo sui principali aspetti e sulle scelte fondamentali della politica estera e di sicurezza comune e della politica di sicurezza e di difesa comune, e che lo informi dell'evoluzione di tali politiche; che l'alto rappresentante deve provvedere affinché le opinioni del Parlamento europeo siano debitamente prese in considerazione;
J. considerando che la dichiarazione dell'alto rappresentante sulla responsabilità politica(7), formulata all'atto dell'adozione della decisione del Consiglio che fissa l'organizzazione e il funzionamento del servizio europeo per l'azione esterna (SEAE), stabilisce che l'alto rappresentante proceda alla revisione e, qualora necessario, proponga l'adeguamento delle disposizioni vigenti(8) sull'accesso dei deputati al Parlamento europeo a informazioni e documenti classificati nel settore della sicurezza e della difesa;
K. considerando che l'articolo 218, paragrafo 10, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) stabilisce che il Parlamento europeo sia immediatamente e pienamente informato in tutte le fasi della procedura per la negoziazione e la conclusione di accordi internazionali, e che tale disposizione si applica anche agli accordi relativi alla politica estera e di sicurezza comune;
Legittimità e responsabilità politica della Commissione
(Investitura e rimozione della Commissione)
1. sottolinea la necessità di rafforzare la legittimità democratica, l'indipendenza e il ruolo politico della Commissione; afferma che la nuova procedura secondo cui il presidente della Commissione è eletto dal Parlamento rafforzerà la legittimità e il ruolo politico della Commissione e accrescerà l'importanza delle elezioni europee legando più direttamente la scelta effettuata dai votanti nell'elezione del Parlamento europeo a quella del presidente della Commissione;
2. sottolinea che le potenzialità offerte dal trattato di Lisbona ai fini di un rafforzamento della legittimità democratica dell'Unione europea dovrebbero essere sfruttate appieno mediante, tra l'altro, la designazione dei candidati alla carica di presidente della Commissione da parte dei partiti politici europei, in modo da conferire una nuova dimensione politica alle elezioni europee e stabilire un nesso maggiore tra il voto dei cittadini e l'elezione del presidente della Commissione da parte del Parlamento europeo;
3. esorta la prossima Convenzione a considerare il modo in cui la Commissione viene formata, allo scopo di rafforzare la legittimità democratica di tale Istituzione; sollecita il prossimo presidente della Commissione a valutare in che modo la composizione, la struttura e le priorità politiche della Commissione rafforzeranno una politica di vicinanza ai cittadini;
4. ribadisce che tutti i partiti politici europei dovrebbero nominare i loro candidati alla carica di presidente della Commissione con sufficiente anticipo rispetto alla data prevista per le elezioni europee;
5. si aspetta che i candidati alla carica di presidente della Commissione svolgano un ruolo significativo nella campagna per le elezioni europee, divulgando e promuovendo in tutti gli Stati membri il programma politico del rispettivo partito politico europeo;
6. rinnova al Consiglio europeo il proprio invito a chiarire, con tempestività e prima delle elezioni, il modo in cui intende tenere conto delle elezioni al Parlamento europeo e onorare la scelta dei cittadini all'atto di proporre un candidato alla carica di presidente della Commissione, nel quadro delle consultazioni cui il Parlamento e il Consiglio europeo dovranno procedere in conformità della dichiarazione n. 11 allegata al trattato di Lisbona; rinnova in tale contesto al Consiglio europeo il proprio invito a concordare con il Parlamento europeo le modalità delle consultazioni di cui all'articolo 17, paragrafo 7 del TUE e a garantire il buon funzionamento del processo che porta all'elezione del presidente della Commissione europea, quale previsto nella dichiarazione n. 11 relativa all'articolo 17, paragrafi 6 e 7 del trattato sull'Unione europea;
7. chiede che il maggior numero possibile di membri della prossima Commissione sia scelto fra i deputati neoeletti al Parlamento europeo;
8. è del parere che il presidente eletto della Commissione debba agire con maggiore autonomia nel processo di selezione degli altri membri della Commissione; invita i governi degli Stati membri a proporre candidati tenendo conto dell'equilibrio di genere; esorta il presidente neoeletto della Commissione a insistere con i governi degli Stati membri sul fatto che l'elenco dei candidati alla carica di commissario deve consentirgli di comporre un collegio equilibrato sotto il profilo del genere e di respingere eventuali candidati proposti che non siano in grado di dimostrare competenze generali, un impegno europeo o un'incontestabile indipendenza;
9. ritiene che, oltre all'intesa politica raggiunta in occasione della riunione del Consiglio europeo dell'11 e del 12 dicembre 2008 e a seguito della decisione del Consiglio europeo del 22 maggio 2013 concernente il numero dei membri della Commissione europea, debbano essere previste, per un funzionamento più efficace della Commissione, misure supplementari quali la nomina di commissari senza portafoglio o l'istituzione di un sistema di vicepresidenti della Commissione con responsabilità attinenti ai principali nuclei tematici e con competenze di coordinamento dei lavori della Commissione nei settori corrispondenti, fatti salvi il diritto di nominare un commissario per Stato membro e il diritto di voto per tutti i commissari;
10. invita la prossima Convenzione a riesaminare la questione delle dimensioni della Commissione, così come quella della sua organizzazione e del suo funzionamento;
11. ritiene che la composizione della Commissione europea debba garantire stabilità a livello del numero e del contenuto dei portafogli e nel contempo assicurare un processo decisionale equilibrato;
12. sottolinea che, come indicato al punto 2 dell'accordo quadro sulle relazioni tra il Parlamento europeo e la Commissione europea, prima che il Parlamento elegga il candidato proposto alla presidenza della Commissione, si dovrebbe chiedere al candidato stesso di presentare al Parlamento europeo, dopo essere stato designato dal Consiglio europeo, gli orientamenti politici per il suo mandato, cui dovrebbe fare seguito un ampio scambio di opinioni;
13. esorta il futuro presidente designato della Commissione a tenere debitamente conto delle proposte e raccomandazioni per la legislazione dell'Unione europea formulate in precedenza dal Parlamento sulla base di relazioni d'iniziativa o di risoluzioni sostenute da una larga maggioranza di deputati al Parlamento europeo, alle quali la precedente Commissione non aveva dato seguito in modo soddisfacente entro la fine del suo mandato;
14. ritiene che, in occasione di una futura revisione dei trattati, la maggioranza attualmente richiesta a norma dell'articolo 234 del TFUE per una mozione di censura nei confronti della Commissione debba essere abbassata di modo che sia richiesta solo la maggioranza dei deputati che compongono il Parlamento europeo, senza mettere in pericolo il funzionamento delle istituzioni;
15. è del parere che, nonostante la responsabilità collettiva del collegio per l'operato della Commissione, i singoli commissari possono essere ritenuti responsabili per l'operato delle loro direzioni generali;
Iniziativa e attività legislativa
(Competenza e controllo parlamentare)
16. sottolinea che il trattato di Lisbona era inteso come un passo in avanti compiuto in vista di procedure decisionali più trasparenti e più democratiche, che rispecchiassero l'impegno del trattato stesso per un'unione più stretta tra i popoli dell'Europa, in cui le decisioni fossero prese nel modo più trasparente possibile e il più vicino possibile ai cittadini, rafforzando il ruolo del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali e offrendo così procedure più democratiche e trasparenti per l'adozione degli atti dell'Unione, procedure che sono essenziali alla luce delle ripercussioni che detti atti hanno su cittadini e imprese; rileva tuttavia che la realizzazione di tale finalità democratica risulta compromessa se le istituzioni dell'UE non rispettano reciprocamente le rispettive competenze, le procedure stabilite nei trattati e il principio di leale cooperazione;
17. sottolinea la necessità di una cooperazione leale tra le istituzioni che partecipano alla procedura legislativa per quanto riguarda lo scambio di documenti quali i pareri giuridici, onde permettere un dialogo costruttivo, franco e giuridicamente valido tra le istituzioni;
18. osserva che, dopo l'entrata in vigore del TFUE, il Parlamento ha dimostrato di essere un colegislatore impegnato e responsabile, e che l'interazione fra il Parlamento e la Commissione è stata, in generale, positiva e fondata su una comunicazione fluida e un approccio cooperativo;
19. è dell'avviso che, sebbene la valutazione globale delle relazioni interistituzionali tra il Parlamento e la Commissione sia positiva, esiste ancora una serie di problemi e carenze che richiedono un'attenzione e un'azione maggiori;
20. sottolinea che la ricerca dell'efficienza non deve significare una più scarsa qualità della legislazione o una rinuncia agli obiettivi propri del Parlamento; è del parere che, accanto a tale ricerca dell'efficienza, il Parlamento debba mantenere adeguati standard legislativi e continuare a perseguire i propri obiettivi, garantendo nel contempo che la normativa sia ben concepita, risponda a necessità chiaramente individuate e rispetti il principio di sussidiarietà;
21. sottolinea che la sfida della trasparenza è sempre presente e comune a tutte le istituzioni, innanzitutto negli accordi in prima lettura; osserva che il Parlamento ha risposto in maniera adeguata a questa sfida con l'approvazione dei nuovi articoli 70 e 70 bis del suo regolamento;
22. è preoccupato in relazione ai problemi che ancora sussistono nell'applicazione della procedura legislativa ordinaria, in particolare nel quadro della politica agricola comune (PAC), della politica comune della pesca (PCP) e dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia ("programma di Stoccolma"), così come nell'allineamento degli atti dell'ex terzo pilastro alla gerarchia delle norme del trattato di Lisbona e, in generale, per quanto riguarda la continua "asimmetria" relativa alla trasparenza della partecipazione della Commissione ai lavori preparatori dei due rami dell'autorità legislativa; sottolinea a tale riguardo l'importanza che riveste un adeguamento dei metodi di lavoro del Consiglio tale da consentire ai rappresentanti del Parlamento di partecipare ad alcune delle sue riunioni quando debitamente giustificato, in virtù del principio di leale cooperazione tra le istituzioni;
23. mette in evidenza che la scelta della corretta base giuridica, come confermato dalla Corte di giustizia, è una questione di natura costituzionale, in quanto determina l'esistenza e la portata della competenza dell'UE, le procedure da seguire e le rispettive competenze degli attori istituzionali che partecipano all'adozione di un atto; si rammarica pertanto del fatto che il Parlamento europeo abbia più volte dovuto, a causa della scelta della base giuridica, intentare azioni dinanzi alla Corte di giustizia per l'annullamento di atti adottati dal Consiglio, tra cui due atti adottati nel quadro dell'obsoleto "terzo pilastro" molto tempo dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona(9);
24. mette in guardia contro la possibilità di aggirare il diritto del Parlamento a legiferare inserendo disposizioni che dovrebbero essere soggette alla procedura legislativa ordinaria nelle proposte di atti del Consiglio, utilizzando semplici orientamenti della Commissione o atti di esecuzione o delegati non applicabili, oppure omettendo di proporre la legislazione necessaria all'attuazione della politica commerciale comune o degli accordi commerciali e di investimento internazionali;
25. chiede alla Commissione di usare meglio la fase prelegislativa, in particolare il prezioso contributo raccolto sulla base dei Libri verdi e bianchi, e di informare regolarmente il Parlamento europeo circa i lavori preparatori svolti dai suoi servizi, in condizioni di parità con il Consiglio;
26. ritiene che il Parlamento debba sviluppare ulteriormente e utilizzare appieno la sua struttura autonoma per valutare l'impatto di eventuali cambiamenti o modifiche sostanziali alla proposta originaria presentata dalla Commissione;
27. sottolinea il fatto che il Parlamento europeo dovrebbe altresì rafforzare la sua valutazione autonoma dell'impatto sui diritti fondamentali delle proposte legislative e degli emendamenti in esame come parte del processo legislativo, e prevedere meccanismi di sorveglianza delle violazioni dei diritti umani;
28. si rammarica del fatto che, sebbene adempia formalmente alle proprie responsabilità rispondendo entro tre mesi alle richieste del Parlamento riguardo alle iniziative legislative, non sempre la Commissione ha proposto un seguito effettivo e sostanziale;
29. chiede che, in occasione della prossima revisione dei trattati, il diritto di iniziativa legislativa del Parlamento sia pienamente riconosciuto imponendo alla Commissione di dare un seguito a tutte le richieste presentate dal Parlamento a norma dell'articolo 225 del TFUE sottoponendo una proposta legislativa entro un termine adeguato;
30. ritiene che, in occasione della prossima revisione dei trattati, il potere della Commissione di ritirare le proposte legislative debba essere limitato ai casi in cui, dopo l'adozione della posizione del Parlamento in prima lettura, quest'ultima Istituzione concordi che la proposta non è più giustificata a causa di mutate circostanze;
31. ricorda che, in linea di principio, il Parlamento ha accolto favorevolmente l'introduzione degli atti delegati all'articolo 290 del TFUE in quanto essi offrono un maggiore spazio per il controllo, ma sottolinea che il conferimento di tali poteri delegati o delle competenze di esecuzione a norma dell'articolo 291 non è mai un obbligo; riconosce che il ricorso agli atti delegati andrebbe preso in considerazione quando si richiedono una flessibilità e un'efficienza che non possono essere ottenute mediante la procedura legislativa ordinaria, purché l'obiettivo, il contenuto, la portata e la durata della delega siano esplicitamente delimitati e le condizioni cui essa è soggetta siano chiaramente fissate nell'atto di base; esprime preoccupazione quanto alla tendenza del Consiglio a insistere sul ricorso ad atti di esecuzione per disposizioni per le quali dovrebbero essere utilizzati solo l'atto di base o atti delegati; sottolinea che il legislatore può decidere di consentire l'uso di atti di esecuzione solo per l'adozione di elementi che non comportano un ulteriore orientamento politico; riconosce che l'articolo 290 limita espressamente il campo di applicazione degli atti delegati agli elementi non essenziali di un atto legislativo e che pertanto non si può ricorrere a tali atti in relazione a norme che sono essenziali per la materia oggetto della legislazione in questione;
32. richiama l'attenzione sulla necessità di distinguere correttamente tra gli elementi essenziali di un atto legislativo, che possono essere decisi unicamente dall'autorità legislativa nell'atto legislativo stesso, e gli elementi non essenziali, che possono essere integrati o modificati mediante atti delegati;
33. ritiene che gli atti delegati possano essere uno strumento flessibile ed efficace; sottolinea l'importanza della scelta tra atti delegati e atti di esecuzione dal punto di vista del rispetto delle disposizioni del trattato e, allo stesso tempo, della tutela delle prerogative normative del Parlamento; ribadisce la sua richiesta alla Commissione e al Consiglio di concordare con il Parlamento l'applicazione dei criteri per il ricorso agli articoli 290 e 291 del TFUE, in modo che gli atti di esecuzione non siano utilizzati come un sostituto degli atti delegati;
34. esorta la Commissione a coinvolgere adeguatamente il Parlamento nella fase preparatoria degli atti delegati e a fornire ai suoi membri tutte le informazioni pertinenti, a norma del punto 15 dell'accordo quadro sulle relazioni tra il Parlamento europeo e la Commissione europea;
35. chiede alla Commissione di rispettare l'accordo quadro riguardante l'accesso per gli esperti del Parlamento alle riunioni di esperti della Commissione, impedendo che siano considerate come riunioni dei comitati di "comitatologia" fintanto che trattano questioni diverse dalle misure di esecuzione ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011;
36. pone l'accento sul particolare significato e sulle conseguenze dell'inclusione della Carta dei diritti fondamentali nel trattato di Lisbona; fa rilevare che la Carta è divenuta giuridicamente vincolante per le istituzioni dell'UE e per gli Stati membri in sede di attuazione della legislazione dell'Unione, trasformando pertanto i valori di base in diritti concreti;
37. ricorda che il trattato di Lisbona ha introdotto il nuovo diritto a lanciare l'Iniziativa dei cittadini europei (ICE); sottolinea la necessità di eliminare tutti gli ostacoli tecnici e burocratici che continuano a impedire il ricorso efficace all'ICE e incoraggia la partecipazione attiva dei cittadini alla definizione delle politiche dell'UE;
38. mette in risalto il maggiore ruolo attribuito ai parlamenti nazionali nel trattato di Lisbona e sottolinea come, oltre al ruolo che svolgono nel monitorare il rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, essi possano offrire e offrano contributi positivi nel quadro del dialogo politico; ritiene che il ruolo attivo che i parlamenti nazionali possono svolgere dando orientamenti ai membri del Consiglio dei ministri, unitamente a una buona cooperazione fra il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali, possano contribuire a creare un salutare contrappeso parlamentare all'esercizio del potere esecutivo nel funzionamento dell'UE; si richiama altresì ai pareri motivati trasmessi dai parlamenti nazionali di cui all'articolo 7, paragrafo 2, del protocollo n. 2, secondo cui l'ampia portata di una delega a norma dell'articolo 290 del TFUE in un atto proposto non permette di valutare se la concreta realtà legislativa sarà o meno conforme al principio di sussidiarietà;
Relazioni internazionali
(competenza e controllo parlamentare)
39. ricorda che il trattato di Lisbona ha ampliato il ruolo e i poteri del Parlamento europeo nel campo degli accordi internazionali e osserva come tali accordi riguardino ora in misura crescente settori che interessano la vita quotidiana dei cittadini e che tradizionalmente – e secondo il diritto primario dell'UE – rientrano nell'ambito di applicazione della procedura legislativa ordinaria; considera imperativo che la disposizione dell'articolo 218, paragrafo 10, del TFUE, che prescrive che il Parlamento europeo sia immediatamente e pienamente informato in tutte le fasi della procedura che porta alla conclusione degli accordi internazionali, sia applicata in maniera compatibile con l'articolo 10 del TUE, che afferma che il funzionamento dell'Unione si fonda sulla democrazia rappresentativa, la quale esige trasparenza e dibattiti democratici sulle questioni da decidere;
40. osserva che il rifiuto dell'accordo SWIFT e dell'accordo ACTA sono state dimostrazioni di come il Parlamento si sia avvalso delle prerogative recentemente acquisite;
41. sottolinea, conformemente all'articolo 18 del TUE, la responsabilità dell'HR/VP di garantire la coerenza dell'azione esterna dell'UE; sottolinea inoltre che l'HR/VP, ai sensi dell'articolo 17 e dell'articolo 36 del TUE, è responsabile e ha obblighi previsti dal trattato nei confronti del Parlamento;
42. rammenta, per quanto concerne gli accordi internazionali, la prerogativa del Parlamento di chiedere al Consiglio di non autorizzare l'apertura dei negoziati fino a che il Parlamento non abbia espresso la propria posizione su un mandato negoziale proposto; ritiene, inoltre, che sia opportuno valutare un accordo quadro con il Consiglio;
43. sottolinea la necessità di garantire che il Parlamento sia informato preventivamente dalla Commissione sulle sue intenzioni di avviare una trattativa internazionale, che abbia realmente l'opportunità di esprimere un parere informato sui mandati negoziali e che la sua opinione sia tenuta in considerazione; insiste sul fatto che gli accordi internazionali dovrebbero includere le condizionalità appropriate per essere conformi all'articolo 21 del TUE;
44. attribuisce grande importanza all'inserimento delle clausole in materia di diritti umani negli accordi internazionali e dei capitoli relativi allo sviluppo sostenibile negli accordi commerciali e di investimento; esprime soddisfazione per le iniziative prese dal Parlamento in vista dell'adozione di tabelle di marcia riguardanti condizionalità chiave; rammenta alla Commissione la necessità di tenere conto delle opinioni e delle risoluzioni del Parlamento, nonché di fornire un feedback sul modo in cui esse sono state integrate nei negoziati sugli accordi internazionali e nei progetti legislativi; auspica che gli strumenti necessari per sviluppare la politica di investimento dell'UE diventino operativi a tempo debito;
45. chiede, conformemente all'articolo 218, paragrafo 10, del TFUE, che il Parlamento sia immediatamente, pienamente e accuratamente informato in tutte le fasi delle procedure per la conclusione di accordi internazionali, compresi gli accordi conclusi nell'ambito della PESC, e che abbia accesso ai testi negoziali dell'Unione, conformemente alle procedure e alle condizioni adeguate, in modo da garantire che l'istituzione possa prendere la sua decisione definitiva con esaustiva cognizione dei fatti di causa; sottolinea che, per far sì che questa disposizione sia efficace, i membri delle commissioni interessate dovrebbero poter accedere ai mandati e agli altri documenti negoziali pertinenti;
46. segnala, nel rispetto del principio secondo cui il consenso del Parlamento per accordi internazionali non può essere soggetto a condizioni, che l'istituzione ha il diritto di formulare raccomandazioni per l'effettiva applicazione degli accordi; chiede a tal fine alla Commissione di presentare al Parlamento relazioni periodiche sull'attuazione degli accordi internazionali, che includano i diritti umani e altre condizioni degli accordi stessi;
47. rammenta la necessità di evitare l'applicazione provvisoria degli accordi internazionali prima del consenso del Parlamento, a meno che l'istituzione non si impegni a fare un'eccezione; sottolinea che le norme necessarie per l'applicazione interna degli accordi internazionali non possono essere adottate dal solo Consiglio nella sua decisione sulla conclusione dell'accordo e che le procedure legislative adeguate ai sensi dei trattati devono essere pienamente rispettate;
48. ribadisce la necessità che il Parlamento adotti le misure necessarie al fine di monitorare l'attuazione degli accordi internazionali;
49. insiste sul fatto che il Parlamento dovrebbe avere voce in capitolo sulle decisioni riguardanti la sospensione o la cessazione degli accordi internazionali per la cui conclusione è stato necessario il consenso dell'istituzione;
50. invita l'HR/VP a migliorare, in linea con la dichiarazione sulla responsabilità politica, la consultazione sistematica ex ante con il Parlamento sui nuovi documenti strategici, sui documenti politici e sui mandati;
51. chiede, in linea con l'impegno assunto dall'HR/VP nella dichiarazione sulla responsabilità politica, l'urgente conclusione dei negoziati per un accordo interistituzionale fra il Parlamento europeo, il Consiglio e l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza in materia di accesso, da parte del Parlamento europeo, alle informazioni classificate in possesso del Consiglio e del Servizio europeo per l'azione esterna nel campo della politica estera e di sicurezza comune;
52. ribadisce la propria richiesta volta ad assicurare la rendicontazione politica delle delegazioni dell'UE ai dirigenti del Parlamento europeo con accesso regolato;
53. chiede l'adozione di un memorandum d'intesa quadripartito fra il Parlamento europeo, il Consiglio, la Commissione e il SEAE sulla fornitura coerente ed efficace di informazioni nel settore delle relazioni esterne;
54. ricorda che il Parlamento europeo è ora un attore istituzionale a pieno titolo nell'ambito delle politiche di sicurezza e ha quindi il diritto di partecipare attivamente alla determinazione delle caratteristiche e delle priorità di dette politiche e alla valutazione degli strumenti in detto settore, un processo che deve essere attuato congiuntamente dal Parlamento europeo, dai parlamenti nazionali e dal Consiglio; ritiene che il Parlamento europeo dovrebbe svolgere un ruolo cruciale nella valutazione e definizione delle politiche di sicurezza interna in quanto esse hanno un profondo impatto sui diritti fondamentali di tutti coloro che vivono nell'UE; sottolinea, pertanto, la necessità di garantire che tali politiche rientrino nella sfera di competenza della sola istituzione europea eletta direttamente per quanto riguarda il controllo e la supervisione democratica;
55. sottolinea che il TFUE ha esteso l'ambito delle competenze esclusive dell'Unione nel settore della politica commerciale comune (PCC), che include ora non solo tutti gli aspetti del commercio, ma anche gli investimenti esteri diretti; evidenzia il fatto che il Parlamento ha ormai piena competenza per decidere, unitamente al Consiglio, in merito alla legislazione e all'approvazione di accordi commerciali e di investimento;
56. mette in luce l'importanza di una cooperazione leale ed efficace fra le istituzioni dell'UE, entro i limiti delle rispettive competenze, al momento di esaminare la legislazione e gli accordi internazionali, al fine di anticipare le tendenze commerciali ed economiche, individuare le priorità e le opzioni, stabilire strategie a medio e a lungo termine, stabilire mandati per gli accordi internazionali, analizzare/formulare la legislazione e adottarla, nonché monitorare l'attuazione degli accordi commerciali e di investimento e le iniziative a lungo termine nel settore della PCC;
57. sottolinea l'importanza di proseguire nello sviluppo di capacità efficaci, compresa l'assegnazione delle risorse necessarie in termini finanziari e di personale, al fine di definire attivamente e conseguire gli obiettivi politici nel settore del commercio e degli investimenti, assicurando nel contempo la certezza del diritto, l'efficacia dell'azione esterna dell'UE e il rispetto dei principi e degli obiettivi sanciti dai trattati;
58. pone l'accento sulla necessità di assicurare un flusso continuo di informazioni tempestive, accurate, esaurienti e imparziali che consentano di procedere a un'analisi di elevata qualità necessaria per potenziare le capacità e il senso di titolarità dei responsabili politici del Parlamento e per rafforzare le sinergie interistituzionali in relazione alla PCC, garantendo al contempo che il Parlamento sia pienamente e accuratamente informato in tutte le fasi, anche potendo accedere ai testi negoziali dell'Unione mediante procedure e a condizioni adeguate, con una Commissione proattiva e disposta a fare il possibile per garantire un flusso di informazioni di questo tipo; sottolinea inoltre l'importanza di fornire informazioni al Parlamento allo scopo di evitare situazioni indesiderate che potrebbero creare equivoci fra le istituzioni e, a tale proposito, accoglie favorevolmente le riunioni informative tecniche organizzate regolarmente dalla Commissione su un certo numero di argomenti; si rammarica che, in svariate occasioni, le informazioni pertinenti siano pervenute al Parlamento non dalla Commissione, bensì attraverso canali alternativi;
59. ribadisce la necessità che le istituzioni cooperino nell'applicazione dei trattati, del diritto secondario e dell'accordo quadro e che la Commissione operi in modo indipendente e trasparente nel corso della preparazione, dell'adozione e dell'applicazione della legislazione nel settore della PCC; reputa, inoltre, che essa rivesta un ruolo chiave lungo tutto il processo;
Dinamica costituzionale
(relazioni interistituzionali e accordi interistituzionali)
60. sottolinea che, ai sensi dell'articolo 17, paragrafo 1, del TUE, la Commissione è tenuta a prendere iniziative al fine di giungere ad accordi interistituzionali sulla programmazione annuale e pluriennale dell'Unione; richiama l'attenzione sulla necessità di coinvolgere, in una fase precedente, non solo il Parlamento, ma anche il Consiglio nella preparazione del programma di lavoro annuale della Commissione e sottolinea l'importanza di garantire una programmazione realistica e affidabile che possa essere attuata efficacemente e fornisca la base per la pianificazione interistituzionale; reputa che, onde aumentare la responsabilità politica della Commissione nei confronti del Parlamento, potrebbe essere prevista una revisione intermedia per valutare la realizzazione complessiva, da parte della Commissione, del mandato annunciato;
61. sottolinea che l'articolo 17, paragrafo 8, del TUE sancisce espressamente il principio di responsabilizzazione politica della Commissione dinanzi al Parlamento europeo, il che è fondamentale per il corretto funzionamento del sistema politico dell'UE;
62. sottolinea che, ai sensi dell'articolo 48, paragrafo 2, del TUE il Parlamento dispone della competenza di avviare le modifiche del trattato e che farà uso del diritto a presentare nuove idee per il futuro dell'Europa e del quadro istituzionale dell'UE;
63. ritiene che l'accordo quadro concluso tra il Parlamento e la Commissione, così come i suoi aggiornamenti regolari, siano essenziali per rafforzare e sviluppare una cooperazione strutturata tra le due istituzioni;
64. si compiace del fatto che l'accordo quadro adottato nel 2010 abbia rafforzato considerevolmente la responsabilità politica della Commissione nei confronti del Parlamento;
65. sottolinea che le norme in materia di dialogo e di accesso alle informazioni consentono un controllo parlamentare più completo delle attività della Commissione, contribuendo così alla parità di trattamento del Parlamento e del Consiglio da parte della Commissione;
66. rileva che talune disposizioni del vigente accordo quadro devono ancora essere applicate e sviluppate; suggerisce che il Parlamento uscente adotti le linee generali di tale miglioramento in modo che il Parlamento entrante possa valutare proposte adeguate;
67. invita la Commissione a riflettere in modo costruttivo, insieme al Parlamento, sull'accordo quadro in essere e sulla sua attuazione, prestando particolare attenzione alla negoziazione, all'adozione e all'attuazione degli accordi internazionali;
68. ritiene che tale mandato dovrebbe valutare a fondo le possibilità previste dai trattati attuali per rafforzare la responsabilità politica dell'esecutivo e snellire le disposizioni esistenti in materia di cooperazione legislativa e politica;
69. ricorda che una serie di questioni, come gli atti delegati, le misure di esecuzione, le valutazioni d'impatto, il trattamento delle iniziative legislative e le interrogazioni parlamentari, necessitano di un aggiornamento alla luce dell'esperienza acquisita durante questa legislatura;
70. deplora che le sue ripetute richieste di rinegoziazione dell'accordo interistituzionale del 2003 "Legiferare meglio", con lo scopo di tener conto del nuovo ambiente legislativo che il trattato di Lisbona ha generato, di consolidare le migliori prassi attuali e di aggiornare l'accordo conformemente al programma per una normativa intelligente, non abbiano ricevuto risposta;
71. invita il Consiglio dei ministri a esprimere la sua posizione sulla possibilità di partecipare a un accordo trilaterale con il Parlamento e la Commissione al fine di compiere ulteriori progressi sulle questioni già riferite nell'accordo interistituzionale "Legiferare meglio";
72. ritiene che le questioni esclusivamente legate alle relazioni tra il Parlamento e la Commissione dovrebbero continuare a essere oggetto di un accordo quadro bilaterale; sottolinea che il Parlamento non si accontenterà di risultati inferiori rispetto a quanto conseguito con l'accordo quadro attuale;
73. ritiene che una delle principali sfide per il quadro costituzionale del trattato di Lisbona sia il rischio che l'approccio intergovernativo comprometta il "metodo comunitario", indebolendo così il ruolo del Parlamento e della Commissione a favore delle istituzioni che rappresentano i governi degli Stati membri;
74. fa presente che l'articolo 2 del TUE contiene l'elenco dei valori comuni sui quali si fonda l'Unione; ritiene che il rispetto di tali valori debba essere debitamente assicurato tanto dall'Unione quanto dagli Stati membri; sottolinea che occorre stabilire un sistema legislativo e istituzionale adeguato onde tutelare i valori dell'Unione;
75. invita tutte le istituzioni dell'UE, nonché i governi e i parlamenti degli Stati membri, a basarsi sul nuovo quadro istituzionale e giuridico creato dal trattato di Lisbona in modo da definire una politica interna organica in materia di diritti umani per l'Unione, che preveda efficaci meccanismi di responsabilità, sia a livello nazionale che a livello di Unione, per far fronte alle violazioni dei diritti umani;
o o o
76. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.
Accordo interistituzionale del 20 novembre 2002 tra il Parlamento europeo e il Consiglio relativo all'accesso da parte del Parlamento europeo alle informazioni sensibili del Consiglio nel settore della politica di sicurezza e di difesa (GU C 298 del 30.11.2002, pag.1).
Cfr.la decisione 2013/129/UE del Consiglio, del 7 marzo 2013, che sottopone a misure di controllo la 4-metilanfetamina, e la decisione di esecuzione 2013/496/UE del Consiglio, del 7 ottobre 2013, che sottopone a misure di controllo il 5-(2-amminopropil)indolo.
Ruolo della proprietà e creazione di ricchezza nell'eliminazione della povertà e nella promozione dello sviluppo sostenibile
153k
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Risoluzione del Parlamento europeo del 13 marzo 2014 sul ruolo dei diritti di proprietà, del regime di proprietà e della creazione di ricchezza per l'eliminazione della povertà e la promozione dello sviluppo sostenibile nei paesi in via di sviluppo (2013/2026(INI))
– visto l'articolo 17 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo che riguarda il diritto alla proprietà,
– vista la dichiarazione del Millennio dell'8 settembre 2000 che definisce gli obiettivi di sviluppo del millennio (OSM), in particolare gli obiettivi 1, 3 e 7,
– vista la dichiarazione comune del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio, Parlamento europeo e Commissione sulla politica di sviluppo dell'Unione europea "Il consenso europeo", firmata il 20 dicembre 2005, e in particolare i paragrafi 11 e 92,
– vista la comunicazione della Commissione del 19 ottobre 2004 dal titolo "Orientamenti dell'UE a sostegno dell'elaborazione di una politica fondiaria e dei relativi processi di riforma nei paesi in via di sviluppo" (COM(2004)0686),
– vista la comunicazione della Commissione del 31 marzo 2010 su "Un quadro strategico dell'UE per aiutare i paesi in via di sviluppo ad affrontare i problemi della sicurezza alimentare" (COM(2010)0127),
– vista la comunicazione della Commissione del 13 ottobre 2011 dal titolo "Potenziare l'impatto della politica di sviluppo dell'Unione europea: un programma di cambiamento" (COM(2011)0637),
– vista la comunicazione della Commissione del 27 febbraio 2013 dal titolo "Un'esistenza dignitosa per tutti: sconfiggere la povertà e offrire al mondo un futuro sostenibile" (COM(2013)0092),
– visti gli "Orientamenti UE in materia di politica fondiaria: Orientamenti a sostegno dell'elaborazione di una politica fondiaria e dei relativi processi di riforma nei paesi in via di sviluppo", approvati dalla Commissione nel novembre 2004,
– visti lo studio UN-Habitat intitolato "Secure Land Rights for All" (Diritti fondiari sicuri per tutti) del 2008 e la guida UN-Habitat dal titolo "How to Develop a Pro-Poor Land Policy: Process, Guide and Lessons" (Come elaborare una politica fondiaria favorevole ai poveri: processo, guida e lezioni),
– vista la relazione del relatore speciale delle Nazioni Unite per il diritto all'alimentazione Olivier De Schutter, dell'11 giugno 2009, dal titolo "Large-scale land acquisitions and leases: a set of core principles and measures to address the human rights challenge"(Acquisizioni e locazioni terriere su larga scala: un insieme di principi e misure fondamentali per affrontare la sfida dei diritti umani),
– vista la dichiarazione dal titolo "Les défis de l'urbanisation et la réduction de la pauvreté dans les Etats de l'Afrique, des Caraïbes et du Pacifique" (Le sfide dell'urbanizzazione e la riduzione della povertà negli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico), adottata a Nairobi in Kenia nel 2009,
– vista la Dichiarazione del vertice mondiale sulla sicurezza alimentare, approvata a Roma nel 2010,
– vista la dichiarazione su "Uscire dalle baraccopoli: una sfida mondiale per il 2020", adottata durante la Conferenza internazionale tenutasi a Rabat in Marocco dal 26 al 28 novembre 2012,
– vista la dichiarazione sull'urbanizzazione sostenibile per sconfiggere la povertà, adottata in occasione della seconda Conferenza tripartita ACP/CE/UN-Habitat svoltasi a Kigali in Ruanda dal 3 al 6 settembre 2013,
– viste la dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni (UNDRIP) e la convenzione ( n. 169) del 1989 sui popoli indigeni e tribali dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) ,
– visti i principi sugli investimenti agricoli responsabili nel rispetto dei diritti, dei mezzi di sussistenza e delle risorse (PRAI), le linee guida volontarie dell'Organizzazione per l'alimentazione e l'agricoltura sulla gestione responsabile della terra, dei territori di pesca e delle foreste nel contesto della sicurezza alimentare nazionale e il quadro e gli orientamenti di politica fondiaria in Africa (ALPFG) dell'Unione africana,
– viste le raccomandazioni formulate dal Gruppo ad alto livello sull'agenda di sviluppo post-2015, ossia di includere un obiettivo concernente la gestione del regime di proprietà per donne e uomini e di riconoscere a donne e ragazze, tra l'altro, "pari diritti al possesso di terre e di altri beni",
– vista la sua risoluzione del 27 settembre 2011 su un quadro strategico dell'Unione europea per aiutare i paesi in via di sviluppo ad affrontare i problemi della sicurezza alimentare(1),
– visto l'articolo 48 del suo regolamento,
– visti la relazione della commissione per lo sviluppo e il parere della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere (A7-0118/2014),
A. considerando che i diritti di proprietà si possono definire come le norme che regolano le condizioni alle quali singoli individui, comunità e attori pubblici e privati acquisiscono e mantengono l'accesso a beni materiali e immateriali mediante legge formale o norme consuetudinarie; considerando che, secondo UN-Habitat, in particolare la proprietà fondiaria può essere di origine formale (proprietà libera da vincoli, proprietà in locazione, locazione pubblica e privata), consuetudinaria o religiosa; considerando che gli orientamenti di politica fondiaria dell'UE affermano che i diritti fondiari non sono limitati alla proprietà privata in senso stretto, ma possono presentarsi come diverse combinazioni equilibrate di diritti e doveri individuali e norme collettive di vario livello;
B. considerando che nel mondo 1,2 miliardi di persone vivono in una proprietà sulla quale non possiedono diritti formali e non dispongono di abitazioni permanenti né dell'accesso ad alcun terreno; considerando che, in particolare, oltre il 90% della popolazione rurale dell'Africa subsahariana (di cui 370 milioni di persone sono considerate povere) ha accesso alla terra e alle risorse naturali in virtù di regimi di proprietà consuetudinari e informali che sono precari sotto il profilo giuridico;
C. considerando che il totale stimato della ricchezza non registrata e priva di legittimo riconoscimento è superiore a 9300 miliardi di dollari statunitensi, pari a 93 volte l'importo complessivo degli aiuti esteri concessi ai paesi in via di sviluppo negli ultimi 30 anni;
D. considerando che, nonostante il raggiungimento dell'OSM 7 (obiettivo 11), volto a migliorare la vita di 100 milioni di abitanti delle baraccopoli entro il 2020, il numero di tali abitanti (stimati a 863 milioni nel 2012), in termini assoluti, continua a crescere; considerando che, secondo le stime del programma UN-Habitat, un miliardo di persone vive in baraccopoli, e si presume che circa tre miliardi di persone abiteranno nelle baraccopoli nel 2050; considerando che l'articolo 11 del patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali riconosce il diritto universale all'alloggio e a un continuo miglioramento delle condizioni di vita;
E. considerando che nelle zone rurali circa 200 milioni di persone (quasi il 20 per cento dei poveri di tutto il mondo) non hanno accesso a una superficie di terra sufficiente per guadagnarsi da vivere; che i terreni sono oggetto di molteplici pressioni, tra cui la crescita demografica, i cambiamenti di destinazione d'uso, gli investimenti commerciali, il degrado ambientale dovuto alla siccità, l'erosione del suolo e l'esaurimento degli elementi nutritivi, nonché calamità naturali e conflitti; e che la tutela dei diritti fondiari è necessaria per promuovere la stabilità sociale riducendo l'incertezza e i conflitti relativi alla gestione fondiaria;
F. considerando che gli investitori privati e i governi hanno dimostrato un crescente interesse per l'acquisizione o la locazione a lungo termine di ampie superfici agricole soprattutto nei paesi in via di sviluppo dell'Africa e dell'America latina;
G. considerando che la ripartizione arbitraria dei terreni a opera delle autorità politiche genera corruzione, insicurezza, povertà e violenza;
H. considerando che i temi della gestione dei terreni sono strettamente correlati alle sfide principali del ventunesimo secolo, ossia la sicurezza alimentare, le scarse risorse energetiche, l'aumento demografico e l'espansione dei centri urbani, il degrado ambientale, il cambiamento climatico, le calamità naturali o la risoluzione dei conflitti, il che accresce il bisogno di dare priorità a una riforma fondiaria globale;
I. considerando che, secondo le stime, 1,4 miliardi di ettari nel mondo sono disciplinati da norme consuetudinarie; che le attuali strutture del regime di proprietà in Africa, Asia e America latina sono notevolmente diverse tra loro e che in sede di formalizzazione fondiaria non possono essere ignorati gli accordi locali e consuetudinari che si sono prodotti ( che si tratti di proprietà senza vincoli o comune);
J. considerando che la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (CEDAW) statuisce che donne e mogli hanno pari diritti in relazione alla proprietà e all'acquisizione di beni immobili; considerando tuttavia che molti regimi di proprietà e inerenti ai diritti di proprietà sono, a livello formale o in pratica, discriminatori nei confronti delle donne;
K. considerando che, in molti paesi in via di sviluppo, l’accesso ai diritti di proprietà delle donne, quali il diritto di successione e l’accesso al risparmio e al credito, non sono riconosciuti a livello sociale e che, partendo da un presupposto così penalizzante, le donne hanno grandi difficoltà a rivendicare i loro diritti di proprietà per via giudiziale, in particolare i diritti ereditari;
L. considerando in particolare che, nei paesi in via di sviluppo, i diritti di proprietà fondiaria delle donne vengono violati dato che aumenta sempre più l'acquisizione di terreni su larga scala da parte di paesi sviluppati per scopi commerciali o strategici, quali produzione agricola, sicurezza alimentare e produzione di energia e biocarburanti; considerando che le donne spesso non hanno la possibilità di avvalersi dell’assistenza e della rappresentanza legale per impugnare con successo le violazioni dei diritti di proprietà nei paesi in via di sviluppo,
M. considerando che garantire alle donne diritti fondiari sicuri è importante ai fini della riduzione della povertà, visto che nelle zone rurali e periurbane le donne assumono il ruolo di produttori alimentari e sono responsabili del sostentamento dei familiari; che le donne, pur rappresentando il 70% dei coltivatori africani, formalmente possiedono appena il 2% dei terreni; che dai recenti programmi condotti in India, Kenya, Honduras, Ghana, Nicaragua e Nepal è emerso che i nuclei familiari con capofamiglia di sesso femminile presentano un livello superiore di sicurezza alimentare e di cure sanitarie, nonché una maggiore attenzione all'istruzione rispetto ai nuclei con capofamiglia di sesso maschile;
N. considerando che oltre il 60% delle persone affamate sono donne e bambine e che, nei paesi in via di sviluppo, il 60-80% di cibo è prodotto proprio da donne(2);
O. considerando che, secondo le stime, 370 milioni di indigeni in tutto il mondo hanno un forte rapporto spirituale, culturale, sociale ed economico con le proprie terre tradizionali la cui gestione è generalmente affidata alla comunità;
P. considerando che l'articolo 17 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo riconosce i diritti di ognuno ad avere una proprietà privata sua personale o in comune con gli altri e che nessun individuo può essere arbitrariamente privato della sua proprietà;
Q. considerando che l'accesso alla terra per le popolazioni indigene si è dotato di specifiche forme di tutela ai sensi della convenzione n. 169 dell'OIL e della dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni;
R. considerando che l'articolo 10 della dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni garantisce a questi popoli il diritto di non essere costretti ad abbandonare i propri territori o terre e stabilisce che non possa esservi alcun ricollocamento senza previo consenso, libero e informato, delle popolazioni indigene, e a seguito della conclusione di un accordo che definisca un risarcimento giusto ed equo nonché, ove possibile, l'opzione del ritorno;
Diritti fondiari, compresi diritti di proprietà e creazione di ricchezza
1. considera i diritti di proprietà registrati e i diritti fondiari tutelati come un catalizzatore per la crescita economica, ma anche un fattore di coesione sociale e di promozione della pace;
2. sottolinea che la tutela dei diritti fondiari e un accesso più equo ai terreni costituiscono una base sicura per la sussistenza, le opportunità economiche e, nelle zone rurali, per la produzione alimentare dei nuclei familiari;
3. sottolinea il fatto che, come propugnato da UN-Habitat, oltre all'attribuzione dei singoli titoli fondiari, è opportuno riconoscere una serie di opzioni alternative di possesso, compresa l'opzione di sviluppare i regimi di proprietà consuetudinari in modo da tutelare giuridicamente i diritti ai terreni su cui sono edificate le case, ai terreni agricoli e alle risorse naturali;
4. sottolinea che la sicurezza del regime di proprietà per i piccoli proprietari, che rappresentano il 95% dei potenziali proprietari terrieri nei paesi in via di sviluppo, stimola le economie locali, incrementa la sicurezza alimentare, riduce la migrazione e rallenta l'urbanizzazione nelle baraccopoli; sottolinea che in Etiopia, per esempio, dove sono stati introdotti i diritti di proprietà, la produttività è cresciuta fino al 40 % per acro in tre anni, solo per effetto di questo cambiamento(3);
5. osserva con preoccupazione che in molti casi, per effetto delle tradizioni culturali, le donne rimangono dipendenti dai parenti di sesso maschile sul piano della sicurezza del regime di proprietà, nonché prive di tutela giuridica; pone l'accento sugli obblighi internazionali che impongono agli Stati di garantire un livello minimo di diritti economici, sociali e culturali, tra cui l'obbligo per i governi di adoperarsi affinché la gestione fondiaria non sia discriminatoria, in particolare nei confronti delle donne e dei poveri, e non violi altri diritti umani;
6. evidenzia come la concessione ai cittadini della facoltà di decidere sulle proprie risorse, associata a disposizioni formali sulle successioni, rappresenta un forte incentivo per i piccoli proprietari a effettuare investimenti sostenibili nei propri terreni, realizzare terrazzamenti e provvedere all'irrigazione nonché mitigare gli effetti del cambiamento climatico; osserva al proposito, che alcuni studi, ad esempio, hanno dimostrato che una famiglia con un terreno del tutto sicuro e trasferibile presenta una probabilità stimata di investire in opere di terrazzamento superiore del 59,8% rispetto a una famiglia che prevede una ridistribuzione all'interno dello stesso villaggio nei cinque anni successivi;
7. osserva che con un titolo di proprietà fondiaria una persona può ottenere prestiti a tassi di interesse ragionevoli, utilizzabili per creare e sviluppare un'impresa; sottolinea che la tutela dei diritti di proprietà può promuovere un contesto imprenditoriale competitivo, favorevole alla crescita di uno spirito imprenditoriale e innovativo;
8. riconosce che la sfida è quella di superare la dicotomia tra legalità, legittimità e pratiche, sviluppando meccanismi di proprietà fondiaria basati su norme condivise, partendo dal riconoscimento dei diritti esistenti e facendo in modo, al tempo stesso, che gli uomini e le donne, così come le comunità vulnerabili dei paesi in via di sviluppo abbiano diritti sicuri alle terre e ai beni e siano pienamente tutelati nei confronti degli interessi costituiti che potrebbero attuare un'indebita sottrazione della proprietà;
9. condanna fermamente la pratica dell'appropriazione indebita dei terreni, per cui in particolare i poveri delle campagne e le popolazioni nomadi tradizionali subiscono un esproprio illegale in assenza di un adeguato compenso; sottolinea che almeno 32 milioni di ettari nel mondo sono stati oggetto di almeno 886 accordi transnazionali di questo genere tra il 2000 e il 2013(4); evidenzia il fatto che la cifra indicata potrebbe essere ampiamente sottostimata rispetto al numero preciso dei grandi accordi terrieri conclusi;
10. invita la Commissione e gli Stati membri, nell'ambito delle rispettive politiche di aiuto allo sviluppo, a prendere in considerazione i processi di acquisizione di terreni su larga scala da parte di investitori di paesi sviluppati nei paesi in via di sviluppo, in particolare nel continente africano, che colpiscono gli agricoltori locali e che hanno un impatto devastante sulle donne e sui bambini, al fine di proteggerli dall'impoverimento, dalle carestie e dall'allontanamento forzoso dai loro villaggi e dalle loro terre;
11. sottolinea che l'abolizione degli incentivi pubblici alla produzione di biocarburanti derivati da colture alimentari e delle sovvenzioni è una delle soluzioni per combattere l'appropriazione indebita dei terreni;
12. ricorda che quando i diritti fondiari non sono sicuri e l'amministrazione è debole, le comunità locali sono esposte a rischi elevati in termini di insicurezza alimentare, di trasferimento e di sfratto di agricoltori e pastori; esorta, al proposito, gli Stati membri dell'UE a sostenere la capacità nazionale dei paesi in via di sviluppo di rafforzare i propri sistemi di amministrazione;
13. sottolinea il fatto che sia la convenzione internazionale sui diritti civili e politici sia il patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali riconoscono il diritto all'autodeterminazione, definito come diritto di tutti i popoli di disporre liberamente delle proprie ricchezze e delle proprie risorse naturali, e che entrambi asseriscono che nessuno possa essere privato dei propri mezzi di sussistenza; pone l'accento, al proposito, sul fatto che la negoziazione di locazioni o acquisizioni terriere su vasta scala deve comportare trasparenza, partecipazione adeguata e informata da parte delle comunità locali interessate dalle locazioni o acquisizioni fondiarie e una responsabilità nell'utilizzo delle entrate, che devono andare a beneficio della popolazione locale;
14. chiede alla Commissione europea e agli Stati membri di verificare, in ambito ONU, l'impatto di tali acquisizioni sulla desertificazione delle terre agricole, sulla perdita del diritto di residenza e di proprietà e di accesso alle terre per le donne, in particolare per quelle sole e quelle che sono capofamiglia, sulla sicurezza alimentare e sul sostentamento loro e dei bambini e delle persone dipendenti;
15. sottolinea che gli accordi di investimento relativi ad acquisizioni o locazioni terriere su ampia scala devono tenere debitamente conto del diritto degli attuali utilizzatori delle terre nonché dei diritti dei lavoratori impiegati in aziende agricole; ritiene che gli obblighi degli investitori debbano essere chiaramente definiti e applicabili, ad esempio attraverso l'inclusione di meccanismi sanzionatori in caso di mancato rispetto dei diritti umani; ritiene che tutti gli accordi fondiari debbano anche contemplare l'obbligo giuridico di vendere sul mercato locale una percentuale minima delle colture prodotte;
Tabella di marcia per diritti fondiari sicuri, compresi i diritti di proprietà e gestione fondiaria sostenibile nei paesi in via di sviluppo
16. evidenzia che la riforma fondiaria deve essere flessibile, adeguata alle condizioni locali, sociali e culturali, come le forme tradizionali di proprietà tribale, e incentrata sul conferimento di maggiori poteri ai soggetti più vulnerabili;
17. sottolinea che la coesistenza di regimi fondiari consuetudinari e di modelli coloniali imposti rappresenta uno dei principali motivi dell'endemica insicurezza fondiaria che caratterizza i paesi in via di sviluppo; sottolinea al proposito la necessità assoluta di riconoscere la legittimità dei regimi di proprietà consuetudinari che garantiscono diritti legali agli individui e alle comunità e impediscono espropri e abusi dei diritti fondiari, regimi che sono diffusi in particolare tra le comunità africane e le grandi popolazioni indigene dell'America latina;
18. evidenzia che l'ufficializzazione della sicurezza del regime di proprietà per gli occupanti degli immobili nelle aree urbane ha un effetto significativo sugli investimenti residui, con studi indicanti che la percentuale di ristrutturazione degli alloggi cresce di oltre il 66%;
19. si complimenta con il Ruanda per i progressi compiuti in materia fondiaria che hanno permesso di registrare tutte le terre del paese in tempi notevolmente rapidi;
20. mette in guardia contro l'utilizzo di una strategia standard per il conseguimento della sicurezza fondiaria; sottolinea il fatto che i servizi di amministrazione fondiaria di tipo formale sono più efficaci quando sono forniti a livello locale; reputa che per consentire una tutela efficace dei diritti fondiari potrebbe quindi essere necessaria una riforma degli organismi fondiari statali centralizzati che deleghi le responsabilità alle istituzioni locali e consuetudinarie; ritiene che la registrazione fondiaria possa essere in seguito migliorata attraverso l'informatizzazione dei registri fondiari e dei sistemi catastali;
21. ricorda che l'agricoltura rimane una fonte essenziale di sostentamento, sussistenza e sicurezza alimentare per le comunità rurali; osserva tuttavia che i terreni sono oggetto di molteplici pressioni dovute alla crescita demografica, ai cambiamenti di destinazione delle terre, agli investimenti commerciali e al degrado ambientale provocato dalla siccità, dall'erosione del suolo e dall'esaurimento degli elementi nutritivi, nonché dalle calamità naturali e dai conflitti; ritiene, a tale proposito, che conseguire la sicurezza del regime di proprietà per le comunità rurali sia essenziale ai fini della realizzazione degli obiettivi di sviluppo del millennio (OSM); reputa che per affrontare tali sfide possano risultare utili diversi strumenti politici, i quali devono essere adattati alle condizioni locali;
22. ritiene che i funzionari governativi debbano innanzitutto individuare i regimi di gestione e proprietà fondiaria già esistenti e debbano, in secondo luogo, svilupparli a vantaggio dei soggetti poveri e dei gruppi vulnerabili;
23. confida che la decentralizzazione dell'amministrazione fondiaria possa conferire maggiori responsabilità alle comunità locali e ai singoli individui e richiama l'attenzione sull'esigenza di eliminare le pratiche corrotte imposte dai capi locali mediante accordi siglati con investitori stranieri nonché qualsiasi rivendicazione su singoli appezzamenti di terreno non registrati;
24. sottolinea che i cambiamenti di destinazione dei terreni non devono mai avere luogo senza il previo consenso libero e informato delle comunità locali interessate; ricorda che a norma del diritto internazionale, le popolazioni indigene sono beneficiarie di forme specifiche di tutela dei propri diritti; ribadisce, in linea con la dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni, che gli Stati devono predisporre meccanismi efficaci per la prevenzione e la correzione di qualsiasi azione che abbia lo scopo o l'effetto di espropriare i popoli indigeni dei loro terreni, territori o risorse;
25. osserva che in Africa la modesta percentuale dei terreni che risultano registrati (10%) è protocollata con sistemi fallaci e obsoleti; sottolinea che, secondo le stime della Banca mondiale(5), le 27 economie che hanno modernizzato i propri registri negli ultimi sette anni hanno ridotto i tempi medi di trasferimento della proprietà del 50%, incrementando così la trasparenza, riducendo la corruzione e semplificando la riscossione delle entrate; rimarca che una delle grandi priorità per la politica di sviluppo deve essere quella di istituire e migliorare i registri fondiari nei paesi in via di sviluppo;
26. ricorda che la sicurezza del regime di proprietà può essere salvaguardata sotto varie forme, a condizione che i diritti degli utilizzatori e dei proprietari dei terreni siano chiari: ricorda che oltre che con titoli formali, la sicurezza può essere conseguita attraverso contratti di locazione chiari e a lungo termine o con il riconoscimento formale dei diritti consuetudinari e degli insediamenti informali, con meccanismi di risoluzione delle controversie accessibili ed efficaci; invita l'UE a orientare il proprio sostegno a programmi di formazione e sviluppo delle capacità di gestione fondiaria con l'obiettivo di rendere sicuri i diritti di proprietà fondiaria per i soggetti poveri e i gruppi vulnerabili, anche attraverso la mappatura catastale, la registrazione, e sforzi volti a dotare gli istituti di formazione dei paesi in via di sviluppo delle risorse necessarie;
27. invita l'UE a dotare i tribunali dei paesi in via di sviluppo di maggiori capacità di applicazione efficace delle leggi sulla proprietà, di risoluzione delle controversie sui terreni e di gestione degli espropri nell'ambito di un approccio olistico, volto a consolidare i sistemi giudiziari e lo stato di diritto;
28. invita l'UE a sostenere i paesi in via di sviluppo nell'attuazione della riforma fondiaria, al fine, segnatamente, di promuovere la partecipazione di tutti i soggetti interessati e di concerto con i programmi di sensibilizzazione, per il pieno rispetto dei diritti di tutte le parti coinvolte, in particolare dei soggetti poveri e vulnerabili; cita l'esempio del Madagascar e degli uffici fondiari locali, dove semplici iniziative locali hanno enormemente agevolato la registrazione dei titoli;
29. sottolinea come la realizzazione di valide politiche fiscali nei paesi in via di sviluppo attraverso una più efficace registrazione dei terreni e la definizione delle funzioni di valutazione determini un notevole aumento delle entrate annue derivanti dalle transazioni immobiliari, come è avvenuto in Thailandia, dove nell'arco di un decennio sono sestuplicate;
30. osserva che il riconoscimento formale dei diritti fondiari delle donne non si traduce automaticamente nell'effettiva attuazione di tali diritti; invita l'UE a prestare particolare attenzione, nei suoi programmi di riforma fondiaria, alla vulnerabilità delle donne ai cambiamenti della struttura familiare e alla misura in cui le donne possono far valere i loro diritti, nonché a garantire che, all'atto pratico, gli atti di famiglia riferiti a titoli fondiari rechino i nomi di entrambi i coniugi;
31. invita altresì la Commissione e gli Stati membri a garantire, nell’ambito delle rispettive politiche umanitarie e di sviluppo, che i paesi in via di sviluppo introducano misure legislative che promuovano l’uguaglianza di genere e, per quanto riguarda i diritti di proprietà, impediscano discriminazioni in base all’etnia, alla razza e allo stato civile e s'impegnino a eliminare i notevoli vincoli sociali, politici e culturali imposti all'acquisizione di diritti fondiari;
32. chiede alle delegazioni UE nei paesi in via di sviluppo di monitorare affinché il rispetto dei diritti di proprietà delle donne non vengano violati, evitando dunque il rischio di povertà ed esclusione sociale delle donne;
33. invita l'UE a sostenere gli sforzi intrapresi dai paesi in via di sviluppo per riformare i mercati degli affitti di terreni onde consentire ai soggetti poveri l'accesso alla terra e promuovere la crescita, evitando al contempo eccessive restrizioni sui mercati delle locazioni;
Porre i diritti fondiari, compresi i diritti di proprietà, al centro della politica di sviluppo dell'UE
34. sottolinea che le acquisizioni terriere su larga scala sono, fra l'altro, una conseguenza diretta della debole amministrazione fondiaria dei paesi in via di sviluppo; sottolinea che gli aiuti dell'UE devono contribuire a sviluppare la capacità istituzionale necessaria per concedere diritti fondiari sicuri in modo da contrastare la ricerca di rendite e l'inerzia burocratica, nonché le pratiche corrotte e irresponsabili;
35. elogia la partecipazione dell'UE alle iniziative globali relative alla gestione fondiaria; sottolinea il fatto che, quale principale attore per lo sviluppo al mondo, l'UE ha la capacità di potenziare il suo approccio attualmente limitato in termini di portata e visibilità, nella prospettiva di affrontare le problematiche della proprietà fondiaria;
36. osserva che, oltre a migliorare i sistemi basati sul diritto di proprietà nei paesi in via di sviluppo, l'UE deve puntare a garantire che i singoli individui abbiano accesso a regimi di protezione sociale e assicurativi che tutelino la loro sussistenza e i loro beni in caso di calamità o crisi;
37. chiede che siano attuate le linee guida volontarie sulla gestione responsabile della terra, della pesca e delle foreste;
38. esorta la Commissione a istituire una linea di bilancio ben definita, passando da una prospettiva su piccola scala a una riforma dell'amministrazione fondiaria a lungo termine, nell'ottica di razionalizzare il regime di proprietà;
39. sottolinea che la sfida di garantire diritti fondiari sicuri a sfollati e rifugiati potrebbe diventare più complessa per effetto dei cambiamenti climatici; esorta pertanto l'UE, in tale contesto, a potenziare, nel quadro della risposta umanitaria e di sviluppo alle calamità o ai conflitti civili, la propria assistenza in materia di inclusione dei diritti fondiari, affinché le politiche fondiarie garantiscano diritti fondiari sicuri ai diversi gruppi etnici, sociali o generazionali in modo equo;
40. invita la Commissione e gli Stati membri a riconoscere i diritti delle donne, il loro accesso ai terreni, alla successione, al credito e al risparmio nelle situazioni postbelliche, in particolare nei paesi in cui i diritti di proprietà delle donne non sono giuridicamente vincolanti e non sono socialmente accettati e dove leggi caratterizzate da pregiudizi di genere, comportamenti tradizionali nei confronti delle donne e gerarchie sociali dominate dagli uomini impediscono alle donne di ottenere diritti uguali e giusti; invita l'Unione a promuovere la partecipazione su questo tema della nuova organizzazione delle donne delle Nazioni Unite.
41. accoglie con favore la "Land Transparency Initiative" (iniziativa sulla trasparenza fondiaria) lanciata dal G8 nel giugno 2013, in base all'Iniziativa per la trasparenza delle industrie estrattive e il riconoscimento del fatto che la trasparenza relativa alla proprietà di imprese e terreni, unita alla sicurezza dei diritti di proprietà e alla presenza di istituzioni forti, è essenziale per la riduzione della povertà; sottolinea, tuttavia, che è necessario intensificare gli sforzi per facilitare l'attuazione di una riforma fondiaria efficiente;
42. ribadisce l'impegno dell’UE nella riduzione della povertà a livello globale nell'ambito dello sviluppo sostenibile e riafferma che l'UE deve introdurre una forte componente di genere in tutte le sue politiche e prassi nell’ambito delle sue relazioni con i paesi in via di sviluppo(6);
43. sottolinea che è necessario il consolidamento delle politiche atte ad assicurare un accesso alla proprietà per le donne nei paesi in via di sviluppo pari a quello degli uomini; ritiene che tale ottica deve essere seguita nei programmi nazionali e deve essere accompagnata dai necessari meccanismi di sostegno finanziario (ad esempio risparmio, credito, microcredito e assicurazione); è altresì persuaso che queste politiche più solide porteranno al rafforzamento del ruolo delle donne, delle ONG e promuoveranno l'imprenditoria femminile; ritiene che miglioreranno l'alfabetizzazione giuridica e finanziaria delle donne, sosterranno l’istruzione femminile, aumenteranno la divulgazione e l'accessibilità delle informazioni e istituiranno servizi di sostegno giuridico e di formazione alla sensibilità di genere per i prestatori di servizi finanziari;
44. invita la Commissione e gli Stati membri a lavorare attivamente, nell’ambito dei propri interventi di aiuto allo sviluppo, a favore dell’imprenditoria femminile e del diritto di proprietà delle donne, quale strumento atto a incrementare l’indipendenza economica delle donne dai propri coniugi, nonché a rafforzare le economie dei paesi interessati;
45. ricorda che il 15 ottobre ricorre la Giornata mondiale dedicata alla donna rurale e invita l'Unione europea e gli Stati membri a promuovere campagne di sensibilizzazione nei paesi in via di sviluppo;
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46. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al Segretario generale delle Nazioni Unite, al presidente della Banca mondiale, all'Associazione delle nazioni del sudest asiatico, all'Assemblea parlamentare euro-latinoamericana e all'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE.
– visti i paragrafi 9 e 35 della dichiarazione comune del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio, del Parlamento europeo e della Commissione sulla politica di sviluppo dell'Unione europea dal titolo "Il consenso europeo"(1),
– visto l'articolo 208 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea il quale ribadisce che l'Unione deve tener conto degli obiettivi della cooperazione allo sviluppo nell'attuazione delle politiche che possono avere incidenze sui paesi in via di sviluppo,
– viste le conclusioni successive del Consiglio, le relazioni biennali della Commissione e le risoluzioni del Parlamento europeo relative alla coerenza delle politiche per lo sviluppo (CPS), in particolare la sua risoluzione del 25 ottobre 2012 sulla relazione dell'Unione 2011 sulla coerenza delle politiche per lo sviluppo(2),
– visti il documento di lavoro dei servizi della Commissione concernente il piano d'azione dell'UE sulla parità di genere e sull'emancipazione femminile nello sviluppo 2010-2015 (SEC(2010)0265) e le conclusioni del Consiglio del 14 giugno 2010 sugli obiettivi di sviluppo del Millennio, in cui si approva il relativo piano d'azione dell'UE,
– visto il documento di lavoro della Commissione sulla coerenza delle politiche per lo sviluppo nel 2013 (SWD(2013)0456),
– visto l'articolo 48 del suo regolamento,
– vista la relazione della commissione per lo sviluppo (A7-0161/2014),
A. considerando che il quadro strategico e il piano d'azione sui diritti umani e la democrazia adottati nel 2012 affermano che l'UE opererà a favore dei diritti umani in tutti i settori della sua azione esterna, senza eccezioni;
B. considerando che una visione europea basata sulla solidarietà – che non crei ambiguità fra la povertà "interna" e quella al di là delle frontiere dell'Unione – è l'unica idonea a superare i conflitti di interesse fra le diverse politiche dell'Unione e a conciliarle con gli imperativi di sviluppo;
C. considerando che la CPS è ormai riconosciuta come un obbligo e ritenuta uno strumento di politica globale e un processo volto a integrare le molteplici dimensioni dello sviluppo in tutte le fasi dell'elaborazione delle politiche;
D. considerando che le politiche dell'Unione, avendo tutte un impatto esterno, devono essere concepite per soddisfare a medio termine le esigenze sostenibili dei paesi in via di sviluppo per quanto concerne la lotta contro la povertà, la garanzia della sicurezza sociale e di un reddito dignitoso, la salvaguardia dei diritti umani fondamentali nonché dei diritti economici e ambientali;
E. considerando che la CPS deve fondarsi sul riconoscimento del diritto di un paese o di una regione di definire in modo democratico le proprie politiche, priorità e strategie per garantire i mezzi di sostentamento alla propria popolazione;
F. considerando che l'Unione deve assumere un'autentica funzione di guida in materia di promozione della CPS;
G. considerando che l'attuale quadro europeo di sviluppo non dispone di meccanismi efficaci per prevenire o porre rimedio alle incoerenze derivanti dalle politiche perseguite dall'Unione;
H. considerando che il Parlamento europeo, pur avendo compiuto progressi in termini di monitoraggio delle politiche che hanno un forte impatto sullo sviluppo, ha ancora molta strada da fare per garantire una coerenza ottimale ed evitare alcune incongruenze, onde assumere pienamente il ruolo istituzionale che gli compete;
I. considerando che, nel quadro del "post-2015", la CPS deve basarsi su un'azione incentrata su responsabilità comuni ma differenziate, propizie a un dialogo politico inclusivo;
J. considerando l'insegnamento tratto dall'esperienza dei paesi OCSE, e in particolare il lavoro dell'unità CPS all'interno del suo segretariato generale;
K. considerando che il coordinamento delle politiche per lo sviluppo e dei programmi di aiuti degli Stati membri dell'UE costituisce una parte importante dell'agenda della CPS; che, secondo le stime, ogni anno si potrebbero risparmiare fino a 800 milioni di EUR riducendo i costi delle transazioni se l'UE e i suoi Stati membri concentrassero il loro impegno in termini di aiuti su meno paesi e attività;
L. considerando che l'efficacia della politica per lo sviluppo dell'UE è ostacolata dalla frammentazione e dalla duplicazione delle politiche e dei programmi di aiuto negli Stati membri; che un approccio a livello UE più coordinato ridurrebbe l'onere amministrativo e i relativi costi;
M. considerando che la relazione dell'UNFPA (United Nations Population Fund) dal titolo "Relazione globale CIPS oltre il 2014" lanciata il 12 febbraio 2014 sottolinea che la protezione delle donne e adolescenti vittime di violenza deve essere una priorità dell'agenda internazionale dello sviluppo;
Operatività della CPS
1. propone l'istituzione di un meccanismo di arbitrato, affidato al presidente della Commissione europea, al fine di garantire la CPS e che, in caso di discrepanze tra le varie politiche comunitarie, spetti al presidente della Commissione assumersi la piena responsabilità politica in materia di grandi orientamenti e decidere in conformità con gli impegni assunti dall'Unione in materia di CPS; ritiene che, dopo una fase di identificazione dei problemi, si potrebbe prevedere una riforma delle procedure decisionali all'interno dei servizi della Commissione e a livello di cooperazione interservizi;
2. invita l'Unione europea, gli Stati membri e le rispettive istituzioni partner a provvedere affinché il nuovo quadro "post-2015" comprenda un obiettivo CPS che permetta di sviluppare indicatori affidabili per misurare i progressi dei paesi donatori e dei paesi partner e di valutare l'impatto delle diverse politiche sullo sviluppo applicando, in particolare, una "ottica CPS" alle questioni fondamentali, come la crescita demografica, la sicurezza alimentare globale, i flussi finanziari illeciti, la migrazione, il clima e la crescita verde;
3. sottolinea l'importanza del ruolo del Servizio europeo per l'azione esterna nell'attuazione della CPS, in particolare il ruolo delle delegazioni dell'UE in materia di monitoraggio, osservazione e facilitazione delle consultazioni e del dialogo con le parti interessate e i paesi partner sugli impatti delle politiche dell'UE nei paesi in via di sviluppo; sottolinea che è necessaria una discussione più ampia con tutte le parti interessate, come le ONG e le organizzazioni della società civile (OSC);
4. deplora il tipo di documento SWD (2013)0456 presentato dalla Commissione, un semplice documento di lavoro che, a differenza della comunicazione inizialmente prevista dopo il documento di lavoro del 2011, non richiede l'approvazione del collegio dei commissari, il che è paradossale per un testo relativo ad un argomento così politico come la CPS;
5. invita la Commissione a mantenere il suo impegno nel settore dello sviluppo e dei diritti umani e ricorda il ruolo di questi ultimi in termini di leadership e di coordinamento delle politiche dell'Unione; ritiene che la Commissione debba promuovere attivamente una visione coerente e moderna dello sviluppo umano, onde realizzare gli obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM) e onorare gli impegni presi;
6. chiede alla Commissione di commissionare periodicamente valutazioni ex post indipendenti dell'impatto delle politiche chiave sullo sviluppo, come chiesto dal Consiglio; sottolinea l'esigenza di migliorare il sistema di valutazione d'impatto della Commissione facendovi figurare in modo esplicito la CPS e garantendo che lo sviluppo diventi un quarto elemento centrale dell'analisi, oltre all'impatto economico, sociale e ambientale;
7. sottolinea l'esigenza di predisporre un'idonea didattica sul modo di integrare la CPS nei diversi settori di azione politica, visto che essa è l'elemento chiave per sensibilizzare maggiormente i cittadini europei nell'ambito del "2015 – Anno europeo per lo sviluppo"; chiede alla Commissione e al SEAE di offrire una formazione specifica sulla CPS e sull'impatto sullo sviluppo al personale dei servizi non dedicati allo sviluppo;
8. conferma l'esigenza di nominare un relatore permanente sull'agenda di sviluppo per "il post-2015", che dovrebbe anche garantire che la CPS sia debitamente presa in considerazione;
9. sottolinea l'importante ruolo che il Parlamento europeo potrebbe svolgere nel processo di promozione della CPS, riconoscendo ad essa priorità nelle agende parlamentari, moltiplicando le riunioni fra commissioni e parlamenti in materia di CPS, promuovendo il dialogo sulla CPS con i paesi partner e favorendo lo scambio di opinioni con la società civile; rammenta che le riunioni annuali strutturate tra i parlamenti nazionali degli Stati membri e il Parlamento europeo rappresentano uno strumento importante per rafforzare la CPS e il coordinamento;
10. sottolinea l'esigenza di istituire un meccanismo indipendente in seno all'Unione per raccogliere e trattare in modo formale le denunce presentate da cittadini o da comunità interessate dalle politiche dell'Unione;
11. sottolinea l'esigenza che la CPS garantisca la partecipazione attiva della società civile, incluse le associazioni femminili, l'emancipazione femminile nei processi decisionali nonché un pieno coinvolgimento di esperti di genere;
Settori di azione prioritaria
12. chiede che la gestione dei flussi migratori sia coerente con le politiche di sviluppo dell'UE e dei paesi partner; ritiene che ciò richieda una strategia che affronti le circostanze politiche, socio-economiche e culturali e miri a rivitalizzare le relazioni globali dell'Unione con i paesi confinanti; sottolinea, inoltre, l'importanza di affrontare le questioni relative all'integrazione sociale e professionale dei migranti e alla cittadinanza, lavorando in collaborazione con i paesi di origine e di transito;
13. sottolinea che il commercio e lo sviluppo non vanno sempre a braccetto; ritiene che i paesi in via di sviluppo dovrebbero procedere ad aperture selettive dei propri mercati; sottolinea l'importanza della responsabilità sociale e ambientale del settore privato e ritiene che la liberalizzazione del commercio non debba trascurare requisiti sociali e ambientali, come le norme dell'OIL; ricorda l'esigenza di includere questi riferimenti negli accordi dell'OMC onde evitare il dumping sociale e ambientale;
14. ricorda al proposito che il costo dell'integrazione di queste norme è di gran lunga inferiore rispetto alle ripercussioni in materia di tutela sociale, di salute e di speranza di vita derivanti dal mancato rispetto di queste norme;
15. accoglie con favore il fatto che l'importanza dei piccoli agricoltori nella lotta alla fame sia riconosciuta dall'UE e chiede una valutazione sistematica dell'impatto delle politiche europee nel settore dell'agricoltura, del commercio e dell'energia, compresa la politica UE in materia di biocarburanti, che possono avere effetti negativi sui paesi in via di sviluppo;
16. ribadisce che occorre dedicare maggiore attenzione alla massimizzazione delle sinergie tra le politiche dell'UE sul cambiamento climatico e gli obiettivi di sviluppo dell'UE, soprattutto in termini di strumenti e risorse utilizzati e vantaggi derivanti dallo sviluppo collaterale e/o dall'adeguamento al cambiamento climatico;
17. ritiene che la sfida del cambiamento climatico debba essere affrontata con riforme strutturali e chiede una valutazione sistematica dei rischi connessi con il cambiamento climatico in tutti gli aspetti della pianificazione politica e del processo decisionale, anche in settori legati al commercio, all'agricoltura e alla sicurezza alimentare; chiede che i risultati di questa valutazione siano utilizzati nel quadro dello strumento di cooperazione allo sviluppo 2014-2020 per formulare documenti di strategia nazionale e regionale chiari e coerenti;
18. ritiene che, pur riconoscendo l'attenzione rivolta a diversi aspetti della CPS, l'UE debba prendere misure concrete per combattere l'evasione fiscale e contrastare i paradisi fiscali; invita la Commissione a includere inoltre nella relazione annuale sull'attuazione dell'iniziativa concernente le materie prime informazioni sull'impatto dei nuovi accordi, programmi e iniziative sui paesi in via di sviluppo ricchi di risorse;
19. riconosce l'elevato livello di responsabilità incombente all'UE nel garantire che le sue attività di pesca si basino sulle stesse norme in termini di sostenibilità ecologica e sociale e trasparenza all'interno e all'esterno delle acque dell'Unione; rileva che tale coerenza richiede un coordinamento sia all'interno della Commissione stessa che tra la Commissione e i governi dei singoli Stati membri;
20. ricorda in particolare il suo impegno a evitare che il finanziamento di infrastrutture energetiche su vasta scala abbia negative ripercussioni sociali e ambientali;
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21. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.
Priorità dell'UE per la 25a sessione del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani
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Risoluzione del Parlamento europeo del 13 marzo 2014 sulle priorità dell'UE per la 25a sessione del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani (2014/2612(RSP))
– visti la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo nonché le convenzioni delle Nazioni Unite sui diritti umani e i relativi protocolli opzionali,
– vista la risoluzione 60/251 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite che istituisce il Consiglio per i diritti umani (CDU),
– viste la dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite, dell'8 settembre 2000, e le risoluzioni dell'Assemblea generale dell'ONU in materia,
– viste la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, la Carta sociale europea e la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
– visti il quadro strategico dell'UE sui diritti umani e la democrazia e il piano d'azione dell'UE sui diritti umani e la democrazia, adottati in occasione della 3179a riunione del Consiglio "Affari esteri" del 25 giugno 2012,
– vista la sua raccomandazione al Consiglio, del 13 giugno 2012, sul rappresentante speciale dell'Unione europea per i diritti umani(1),
– viste le sue precedenti risoluzioni sul Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani (CDU) nonché sulle priorità del Parlamento in tale contesto, in particolare quella del 7 febbraio 2013(2),
– viste le sue risoluzioni urgenti su questioni concernenti i diritti umani,
– vista la sua risoluzione dell'11 dicembre 2013 sulla relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2012 e sulla politica dell'Unione europea in materia(3),
– viste le conclusioni del Consiglio "Affari esteri", del 10 febbraio 2014, sulle priorità dell'UE nelle sedi delle Nazioni Unite competenti in materia di diritti umani,
– visti l'articolo 2 e l'articolo 3, paragrafo 5, nonché gli articoli 18, 21, 27 e 47 del trattato sull'Unione europea,
– viste le prossime sessioni del CDU del 2014, in particolare la 25a sessione ordinaria che si terrà dal 3 al 28 marzo 2014,
– visto l'articolo 110, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,
A. considerando che il rispetto, la promozione e la salvaguardia dell'universalità dei diritti umani non solo sono parte integrante dell'acquis etico e giuridico dell'Unione europea, ma costituiscono altresì una delle pietre angolari dell'unità e dell'integrità europee;
B. considerando che la credibilità dell'UE in seno al CDU sarà rafforzata grazie a una maggiore coerenza tra le sue politiche interne ed esterne in materia di diritti dell'uomo;
C. considerando che l'UE e i suoi Stati membri dovrebbero non solo ambire a formulare apertamente una posizione comune contro le violazioni dei diritti umani, al fine di ottenere i migliori risultati possibili, ma anche, in tale contesto, continuare a rafforzare la cooperazione migliorando altresì le modalità organizzative e il coordinamento tra gli Stati membri e tra le istituzioni dell'UE;
D. considerando che il Consiglio "Affari esteri" dell'UE del 10 febbraio 2014 ha fissato le sue priorità in vista della 25a sessione ordinaria del CDU e della prossima Assemblea generale delle Nazioni Unite (terzo comitato); che tra tali priorità figurano Siria, Repubblica popolare democratica di Corea, Iran, Sri Lanka, Myanmar/Birmania, Bielorussia, Repubblica centrafricana, Sud Sudan, Repubblica democratica del Congo, Eritrea, Mali e Sudan; che le priorità tematiche annunciate dal Consiglio "Affari esteri" comprendono: pena di morte, libertà di religione o di credo, diritti delle donne e dei bambini, programma mondiale dopo il 2015, libertà di opinione e di espressione, libertà di associazione e di riunione, cooperazione delle organizzazioni non governative (ONG) con gli organismi delle Nazioni Unite competenti in materia di diritti umani, tortura, questioni LGBTI (lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali), razzismo, popoli indigeni, diritti economici, sociali e culturali, imprese e diritti umani nonché sostegno agli organismi e meccanismi delle Nazioni Unite in materia di diritti umani;
E. considerando che, il 25 luglio 2012, è stato nominato un rappresentante speciale dell'Unione europea per i diritti umani il cui ruolo è quello di migliorare l'efficacia e la visibilità della politica dell'UE in materia di diritti umani e di contribuire all'attuazione del quadro strategico e del piano d'azione sui diritti umani e la democrazia;
F. considerando che, nell'ottobre 2013, si è proceduto all'elezione, effettiva dal 1° gennaio 2014, di 14 nuovi membri del CDU, ossia Algeria, Cina, Cuba, Francia, Maldive, Messico, Marocco, Namibia, Arabia Saudita, Sud Africa, ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Vietnam, Russia e Regno Unito; che ora sono nove gli Stati membri dell'UE che fanno parte del CDU;
G. considerando che il tema prioritario della 58a sessione della Commissione sulla condizione femminile saranno le sfide e i risultati raggiunti nell'attuazione degli Obiettivi di sviluppo del Millennio per le donne e le ragazze;
H. considerando che la corruzione nei settori pubblico e privato pone in essere e aggrava disuguaglianze e discriminazioni per quanto riguarda l'equa fruizione dei diritti civili, politici, economici, sociali e culturali; che è dimostrato che gli atti di corruzione e le violazioni dei diritti umani implicano abusi di potere, mancata assunzione di responsabilità e varie forme di discriminazione;
I. considerando che la ratifica dei due emendamenti di Kampala allo statuto di Roma della Corte penale internazionale (CPI) da parte degli Stati e l'attivazione della giurisdizione della CPI sul reato di aggressione offriranno un ulteriore contributo in vista della fine dell'impunità per chi commette il reato in questione;
1. accoglie favorevolmente le priorità fissate dal Consiglio in vista della 25a sessione ordinaria del CDU; esorta il Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) e gli Stati membri a tenere conto delle raccomandazioni del Parlamento in sede di promozione delle priorità dell'UE nell'ambito del CDU;
Attività del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani
2. riafferma la propria convinzione che le elezioni al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite debbano essere competitive e si dichiara contrario all'organizzazione di elezioni prive di competizione da parte di gruppi regionali; ribadisce l'importanza dei requisiti in materia di impegno e risultati nell'ambito dei diritti dell'uomo, necessari per entrare a far parte del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite; esorta inoltre gli Stati membri a insistere su detti requisiti in sede di definizione dei candidati per cui intendono votare; sottolinea che i membri del CDU sono tenuti a mantenere i più elevati standard di promozione e tutela dei diritti umani; ribadisce l'importanza di criteri solidi e trasparenti per la reintegrazione dei membri sospesi;
3. esprime preoccupazione per le violazioni dei diritti umani perpetrate in alcuni dei paesi membri neoeletti del CDU, tra cui Algeria, Cina, Cuba, Marocco, Russia, Arabia Saudita e Vietnam;
4. considerando che il Kazakhstan è attualmente uno dei 47 membri del CDU, che la situazione dei diritti umani si è ancora deteriorata nel paese dopo la repressione feroce delle forze dell'ordine contro manifestanti pacifici e lavoratori del settore petrolifero, delle loro famiglie e dei loro sostenitori a Zhanaozen il 16 dicembre 2011 che, stando a dati ufficiali, ha causato la morte di 15 persone e il ferimento di più di 100 persone; chiede al CDU di dare esecuzione immediata all'appello di Navi Pillay, Alto Commissario per i diritti umani, effettuando un'inchiesta internazionale indipendente sugli assassinii di lavoratori del settore petrolifero; chiede al Kazakhstan, in qualità di membro del CDU, di garantire i diritti umani, di abrogare l'articolo 164 del suo codice penale sull'"incitamento alla discordia sociale" e di porre fine alla repressione e agli oneri amministrativi contro i media indipendenti, di liberare i prigionieri politici, tra cui l'avvocato dei difensori dei diritti umani Vadim Kuramshin, il militante sindacale Roza Tuletaeva, l'oppositore politico Vladimir Kozlow e di sospendere qualsiasi richiesta di estradizione per gli oppositori politici;
5. rimane contrario al "voto in blocco" (bloc voting) in seno al CDU; esorta i paesi membri del CDU a mantenere la trasparenza per quanto riguarda i loro voti;
6. deplora il fatto che il margine di interazione tra la società civile e il CDU sia sempre più esiguo e che le opportunità offerte alle ONG per intervenire in tali sessioni siano minori; esorta l'UE e il CDU a garantire che la società civile possa contribuire quanto più possibile alla 25a sessione del CDU, nonché al processo di revisione periodica universale e ad altri meccanismi delle Nazioni Unite in materia di diritti umani, senza temere rappresaglie dopo aver fatto ritorno nel paese d'origine; condanna i riferiti atti di rappresaglia ed esorta il SEAE e gli Stati membri a garantire che si indaghi su tali casi in modo sistematico;
7. elogia l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Navi Pillay per i continui sforzi profusi nel processo di rafforzamento degli organismi previsti dai trattati; ribadisce fermamente il carattere multilaterale degli organismi stessi e pone l'accento sulla necessità di un costante coinvolgimento della società civile nei processi di cui trattasi; sottolinea inoltre che l'indipendenza e l'efficacia degli organismi in questione devono essere mantenute e potenziate;
Questioni specifiche per paese
Siria
8. ribadisce la sua ferma condanna alle diffuse violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario da parte del regime siriano, compresi tutti gli atti di violenza, le torture sistematiche e le esecuzioni dei prigionieri; condanna tutti gli abusi in materia di diritti umani e le violazioni del diritto internazionale umanitario commessi dai gruppi armati che si oppongono al regime; esprime seria preoccupazione per le gravi ripercussioni dei tre anni di conflitto sulla popolazione civile nonché per il continuo deterioramento della situazione umanitaria nel paese e nella regione; invita tutti i soggetti armati a porre immediatamente fine alle violenze in Siria; sostiene pienamente i recenti cicli negoziali avviati sulla base della dichiarazione di Ginevra, che dovrebbero costituire il primo passo in un processo che condurrà alla soluzione politica e democratica del conflitto, così da agevolare una transizione democratica, guidata dalla Siria stessa, che risponda alle legittime aspirazioni del popolo siriano;
9. esorta tutte le parti coinvolte nel conflitto, e in particolare il regime siriano, a garantire un accesso transfrontaliero sicuro e incondizionato agli aiuti umanitari inviati dalla comunità internazionale e a mantenere la promessa di consentire a donne e bambini di lasciare le città assediate quali, ad esempio, Homs e il campo profughi di Yarmouk; accoglie con favore la risoluzione 2139 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, del 22 febbraio 2014, che invita a consentire ai convogli di aiuti umanitari l'accesso in tutto il paese al fine di alleviare le sofferenze della popolazione civile, e chiede una sua rapida attuazione; invita a rilasciare gli attivisti pacifici detenuti dal governo e gli ostaggi civili trattenuti dai gruppi armati;
10. sottolinea che, alla luce della portata senza precedenti della crisi, è necessario che l'Unione e la comunità internazionale nel suo insieme provvedano in via prioritaria ad alleviare le sofferenze di milioni di siriani che necessitano di beni e servizi di base; ricorda agli Stati membri dell'UE le loro responsabilità umanitarie nei confronti dei rifugiati siriani e osserva che non devono più ripetersi tragedie come quella di Lampedusa; esorta la Commissione e gli Stati membri a fornire aiuti ai rifugiati che fuggono dal conflitto; osserva che, nella sua risoluzione del 9 ottobre 2013, il Parlamento ha incoraggiato gli Stati membri a sopperire alle necessità impellenti assicurando un ingresso sicuro nell'Unione al fine di ammettere temporaneamente i siriani, anche mediante il reinsediamento al di sopra delle quote nazionali esistenti e l'ammissione per motivi umanitari;
11. ribadisce il suo invito al SEAE e agli Stati membri affinché alla situazione in Siria continui ad essere accordata la massima priorità nel quadro delle Nazioni Unite, in particolare in seno al CDU;
12. sottolinea che lasciar morire deliberatamente di fame i civili e attaccare le strutture sanitarie è vietato dal diritto internazionale e sarà considerato crimine di guerra; ribadisce l'importanza di garantire la responsabilità a tutti i livelli; elogia in tale contesto l'attività della commissione d'inchiesta indipendente sulla Siria, compresa la sua ultima relazione che sarà discussa in seno al CDU, e invita tale commissione d'inchiesta ad indagare sulle recenti notizie, che comprendono migliaia di fotografie riguardanti casi di tortura che sarebbero stati perpetrati dall'esercito siriano; rinnova l'appello al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite affinché deferisca la situazione in Siria alla Corte penale internazionale ai fini di un'indagine formale; chiede al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza di intraprendere azioni tangibili in questa direzione;
Egitto
13. condanna le violazioni dei diritti umani perpetrate in Egitto, tra cui le molestie e la detenzione di giornalisti, attivisti della società civile e dell'opposizione, nonché l'uso eccessivo della forza che ha provocato la morte di un elevato numero di civili, ad esempio in occasione del terzo anniversario della rivoluzione e nei giorni intorno al referendum di gennaio 2013; esorta le autorità egiziane a garantire che si svolgano indagini complete, trasparenti e indipendenti sulla morte dei civili, al fine di chiamare i responsabili a risponderne; condanna il fatto che decine di migliaia di egiziani siano detenuti e repressi, compresi i Fratelli musulmani, descritti come un'organizzazione terroristica, il che ostacola la possibilità di portare avanti il processo di riconciliazione inclusiva necessario alla stabilità e allo sviluppo del paese; invita il CDU a condannare tali violazioni dei diritti umani, a monitorare eventuali indagini condotte e a prendere in considerazione la possibilità di avviare indagini proprie in assenza di progressi da parte delle autorità egiziane; sottolinea l'importanza di aprire tempestivamente un Ufficio regionale dell'Alto commissario per i diritti umani al Cairo, come concordato con le autorità egiziane;
14. prende atto della nuova costituzione egiziana; osserva il riferimento all'indipendenza delle questioni religiose cristiane ed ebraiche e riconosce i progressi compiuti riguardo alla libertà di religione; valuta positivamente il fatto che la costituzione menzioni un governo civile e l'uguaglianza di tutti i cittadini, prevedendo tra l'altro un miglioramento dei diritti delle donne, la garanzia dei diritti dei bambini, il divieto di tortura in ogni forma o manifestazione, il divieto e la criminalizzazione di qualunque forma di schiavitù, nonché l'impegno a rispettare i trattati internazionali in materia di diritti umani sottoscritti dall'Egitto; deplora fortemente il livello di potere che la costituzione lascia nelle mani dell'esercito e dei tribunali militari;
15. esprime preoccupazione per il fatto che migliaia di persone, principalmente profughi provenienti da Eritrea e Somalia, tra cui molte donne e bambini, perdano la vita, scompaiano o vengano sequestrate e tenute in ostaggio a scopo di estorsione, vengano torturate, sfruttate a scopo sessuale o uccise ai fini del traffico di organi da parte di trafficanti di esseri umani nella zona del Sinai; ricorda, in tale contesto, che l'articolo 89 della nuova costituzione sancisce che tutte le forme di schiavitù, oppressione, sfruttamento forzato ai danni di esseri umani, il commercio sessuale e altre forme di tratta di esseri umani sono vietati e considerati reato in Egitto;
Libia
16. invita all'adozione, in occasione della prossima sessione del CDU, di una risoluzione sulla base della relazione dell'Ufficio dell'Alto commissario per i diritti umani che rafforzi il mandato di quest'ultimo per monitorare la situazione dei diritti umani e le sfide che la Siria è chiamata ad affrontare nonché riferire al CDU in merito; esprime preoccupazione per le detenzioni illegali legate al conflitto e la pratica della tortura e delle uccisioni extragiudiziali, e accoglie con favore in tale contesto le raccomandazioni della missione di sostegno delle Nazioni Unite sulla tortura; esprime preoccupazione per gli attacchi mirati a coloro che lavorano nell'ambito dei mezzi di informazione e invita a tutelare il pluralismo dei media e la libertà di espressione; esorta a fornire sostegno ai fini della risoluzione del conflitto e della riconciliazione nazionale;
Tunisia
17. accoglie con favore il fatto che il 26 gennaio 2014 la Tunisia abbia adottato una nuova costituzione, che potrebbe fungere da fonte di ispirazione per i paesi della regione e oltre; incoraggia le autorità tunisine a condurre elezioni inclusive, trasparenti e credibili nel corso di quest'anno;
Marocco
18. invita il Marocco, in quanto nuovo membro del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, a proseguire i negoziati per una soluzione pacifica e duratura del conflitto del Sahara occidentale, e ribadisce il diritto del popolo saharawi all'autodeterminazione, che dovrebbe essere decisa attraverso un referendum democratico, conformemente alle pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite;
Palestina
19. plaude alla partecipazione della Palestina quale Stato non membro osservatore delle Nazioni Unite a partire dal novembre 2012; ribadisce il suo appoggio in tal senso; prende atto dell'appoggio espresso dall'Unione all'adesione a pieno titolo della Palestina alle Nazioni Unite come elemento di una soluzione politica al conflitto israelo-palestinese; riafferma che l'UE non accetterà alcun cambiamento dei confini precedenti al 1967, anche riguardo a Gerusalemme, che non sia concordato dalle parti; conviene, a tale proposito, con le conclusioni del Consiglio dell'UE sul processo di pace in Medio Oriente, del 16 dicembre 2013, che deplorano la continua espansione degli insediamenti israeliani, i quali violano il diritto internazionale e costituiscono un ostacolo alla pace; deplora le violazioni dei diritti umani perpetrate dalle autorità palestinesi nonché l'incessante lancio di razzi da Gaza verso Israele;
Israele
20. si compiace per la ripresa delle relazioni da parte di Israele con il CDU e per l'imminente adozione di una relazione sul secondo ciclo del riesame periodico universale concernente tale paese; invita le autorità israeliane a cooperare con tutte le procedure speciali, compreso il relatore speciale sulla situazione dei diritti umani nei Territori occupati; appoggia le conclusioni delle relazioni del Segretario generale delle Nazioni Unite e dell'Alto commissario per i diritti umani in relazione a Israele e ai Territori palestinesi occupati e invita Israele ad applicare le raccomandazioni della missione internazionale d'inchiesta indipendente sulle implicazioni degli insediamenti israeliani per i diritti umani del popolo palestinese; esprime la sua viva preoccupazione per i presunti casi di detenzione per motivi politici di minori in penitenziari israeliani;
Bahrein
21. esprime preoccupazione per la situazione dei difensori dei diritti umani e degli attivisti dell'opposizione politica in Bahrein; plaude alla dichiarazione sul Bahrein resa nel settembre 2013 in seno al CDU e firmata da tutti gli Stati membri dell'Unione; chiede l'immediato rilascio senza condizioni di tutti i prigionieri di coscienza, attivisti politici, giornalisti, difensori dei diritti umani e manifestanti pacifici; invita gli Stati membri dell'UE ad adoperarsi perché sia adottata, nel corso della prossima sessione del CDU, una risoluzione sulla situazione dei diritti umani in Bahrein incentrata sulla realizzazione degli impegni assunti dal paese nel corso del processo del riesame periodico universale nonché sull'attuazione delle raccomandazioni, comprese quelle relative ai difensori dei diritti umani, formulate dalla commissione d'inchiesta indipendente e accolte con favore dal re del Bahrein;
Arabia Saudita
22. chiede all'Arabia Saudita, in qualità di membro neoeletto del CDU, di tenere conto delle raccomandazioni della 17a sessione del gruppo di lavoro sul riesame periodico universale che invitano a: porre fine a tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna nella legislazione e nella pratica, consentendo a tutte le donne di partecipare alla società a pieno titolo e su un piano di parità; adottare tutte le misure necessarie per combattere la violenza domestica e garantire che le vittime abbiano accesso a meccanismi di tutela e di ricorso; applicare una legge che vieti tutti i matrimoni precoci e forzati con minori, e che fissi a 18 anni l'età minima legale per il matrimonio; adottare leggi a tutela delle libertà di associazione, espressione, riunione pacifica e religione; imporre una moratoria sulla pena di morte in vista della sua definitiva abolizione; consentire la registrazione di ONG attive nel settore dei diritti umani e ratificare gli strumenti essenziali in materia di diritti dell'uomo;
Iran
23. plaude alla risoluzione sulla situazione dei diritti umani nella Repubblica islamica dell'Iran, adottata dal CDU nel marzo 2013, e alla proroga del mandato del relatore speciale sulla situazione dei diritti umani in Iran; riafferma il suo sostegno alla prosecuzione del mandato e invita l'Iran a consentire l'ingresso nel paese del relatore speciale delle Nazioni Unite in quanto fondamentale passo verso l'apertura di un dialogo atto a valutare la situazione dei diritti umani in Iran; ribadisce la sua condanna della pena di morte in Iran e del significativo aumento delle esecuzioni, come testimoniano le 40 impiccagioni eseguite nelle prime due settimane del 2014, nonché della persistente violazione del diritto alla libertà di credo; prende atto dei primi segnali di progresso mostrati dal governo iraniano in merito ai diritti umani, compreso il rilascio di prigionieri politici; invita l'UE e il CDU a continuare a seguire da vicino la situazione dei diritti dell'uomo e a garantire che questi ultimi continuino a costituire una priorità fondamentale in tutte le relazioni con il governo iraniano;
Russia
24. condanna risolutamente le leggi sugli "agenti stranieri" in Russia in quanto strumento utilizzato per vessare le ONG ricorrendo a incursioni negli uffici, ammende e altri metodi intimidatori; invita l'UE e i suoi Stati membri a mantenere la pressione sulla Russia, sia in seno al CDU che in altre sedi, affinché ponga fine alle evidenti violazioni delle libertà di espressione e di associazione descritte; esprime forti preoccupazioni per le altre violazioni dei diritti umani tuttora perpetrate in Russia, ad esempio la repressione dei mezzi di informazione, le leggi discriminatorie nei confronti delle minoranze sessuali, la violazione del diritto di riunione e la mancanza di una magistratura indipendente;
Bielorussia
25. ribadisce il proprio appoggio al relatore speciale del CDU sulla situazione dei diritti umani in Bielorussia; chiede che il mandato del relatore speciale, una volta giunto a scadenza nel giugno 2014, sia prorogato per un altro anno; plaude alla risoluzione sulla Bielorussia adottata nel giugno 2013 e al fatto che si continua a prendere coscienza delle significative violazioni dei diritti umani perpetrate nel paese nonché a riservare attenzione alle stesse; esorta vivamente il SEAE e gli Stati membri a mantenere la pressione sulla Bielorussia per quanto riguarda i diritti umani;
Uzbekistan
26. plaude al risultato del riesame periodico universale dell'Uzbekistan; giudica deplorevole il perdurante rifiuto del governo dell'Uzbekistan di accogliere le richieste di visita avanzate nel quadro delle procedure speciali del CDU; esorta gli Stati membri ad adoperarsi per creare un meccanismo di controllo specifico a livello di CDU in merito alla situazione dei diritti umani in Uzbekistan;
Repubblica centrafricana
27. ribadisce la sua profonda preoccupazione per la situazione nella Repubblica centrafricana; invita la comunità internazionale a sostenere con urgenza l'appello umanitario delle Nazioni Unite, i cui finanziamenti sono gravemente insufficienti, e chiede che sia migliorata la situazione della sicurezza al fine di garantire l'accesso all'assistenza umanitaria per la popolazione; auspica che il rapido dispiegamento della missione dell'UE nel quadro della sua politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) contribuisca in futuro a migliorare la situazione in loco; plaude alla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 2136 (2014), alla risoluzione del CDU, alla sua sessione speciale sulla situazione nella Repubblica centrafricana del 20 gennaio 2014 e alla nomina di un esperto indipendente sulla situazione dei diritti umani nel paese; esorta il nuovo presidente ad interim Samba-Panza ad adoperarsi con ogni mezzo per porre fine alle violenze e placare le tensioni settarie nel paese;
Repubblica democratica del Congo
28. pone l'accento sull'appello delle Nazioni Unite a continuare a sostenere la parte orientale della Repubblica democratica del Congo, dilaniata dal conflitto, per evitare che quest'ultimo si trasformi in una crisi dimenticata; è seriamente preoccupato per il recente esodo di massa della popolazione nella regione del Katanga; condanna fermamente gli attacchi perpetrati delle forze ribelli nella parte orientale del paese ai danni della popolazione civile, compresi donne e bambini; condanna con decisione il sistematico ricorso allo stupro quale arma di guerra; esprime profonda preoccupazione per l'attuale ricorso al reclutamento di bambini come soldati e ne chiede il disarmo, la riabilitazione e il reinserimento nella società; ritiene che l'accordo quadro per la pace, la sicurezza e la cooperazione della Repubblica democratica del Congo e della regione, promosso dalle Nazioni Unite, continui a rappresentare uno strumento previlegiato per il conseguimento di una pace duratura; plaude alla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 2136, del 30 gennaio 2014, che proroga l'embargo sulle armi imposto alla Repubblica democratica del Congo;
Eritrea
29. esorta l'Unione europea e il CDU a mantenere l'attenzione e la vigilanza per quanto riguarda la situazione dei diritti umani in Eritrea, dal momento che sono moltissime le persone fuggite come profughi o emigrate a seguito di gravi violazioni dei diritti dell'uomo; valuta positivamente la risoluzione del CDU, adottata all'unanimità nel giugno 2013, sulla situazione dei diritti umani in Eritrea; elogia la prima relazione del relatore speciale sulla situazione dei diritti umani nel paese; chiede il rinnovo del mandato di tale relatore speciale nel corso della 26a sessione del CDU;
Mali
30. accoglie con favore la nomina di un esperto indipendente sulla situazione dei diritti umani in Mali, il proseguimento del monitoraggio della situazione dei diritti umani successiva al conflitto e il forte ruolo guida svolto da altri Stati africani per quanto concerne il miglioramento della situazione dei diritti umani nel paese; chiede il rinnovo del mandato dell'esperto indipendente;
Sud Sudan
31. esprime profonda preoccupazione per la situazione in Sud Sudan, anche per quanto concerne la lotta politica per la guida del paese, che ha provocato un aumento degli scontri etnici e lo sfollamento di oltre 650 000 persone; invita gli Stati membri dell'UE a sollevare la questione in seno al CDU al fine di mantenere tra le priorità dell'agenda internazionale la questione della situazione in Sud Sudan; accoglie con favore l'accordo sulla cessazione delle ostilità firmato il 23 gennaio 2014 ma sottolinea che si tratta solo di un primo passo verso la pace e la riconciliazione; condanna le diffuse violazioni dei diritti umani e gli abusi commessi, sottolineando altresì che i colpevoli devono rispondere dei loro atti; accoglie favorevolmente l'impegno dell'Unione africana nell'istituzione di una commissione d'inchiesta come punto di partenza per la giustizia e la responsabilità, oltre che per la futura riconciliazione;
Sri Lanka
32. condanna gli incessanti attacchi a danno delle minoranze religiose, così come le vessazioni e le intimidazioni nei confronti di difensori dei diritti umani, avvocati e giornalisti; riconosce i progressi compiuti nella ricostruzione e nell'attuazione di alcune delle raccomandazioni formulate dalla commissione per la riconciliazione e l'esame degli insegnamenti tratti dal passato, ma deplora che il governo dello Sri Lanka ancora non assicuri lo svolgimento di indagini indipendenti e credibili in merito alle violazioni del diritto umanitario e dei diritti umani internazionali perpetrate in precedenza; sostiene con forza la raccomandazione dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani di istituire un meccanismo internazionale d'inchiesta indipendente, il quale contribuirebbe a stabilire la verità qualora i meccanismi d'inchiesta a livello nazionale falliscano;
Myanmar/Birmania
33. accoglie con favore la risoluzione adottata dal CDU su Myanmar/Birmania, nonché l'incessante lavoro del relatore speciale; invita il CDU a non interrompere ovvero modificare il mandato del relatore speciale fino a quando nel paese non sarà istituito un Ufficio dell'Alto Commissario per i diritti umani che disponga di un mandato completo, e invita il Myanmar/Birmania a garantire la prosecuzione dei lavori del comitato di revisione in materia di prigionia per quanto concerne la risoluzione di tutti i casi pendenti e l'abrogazione della controversa legge concernente la libertà di espressione e di associazione (in particolare la legge del 2011 sulle riunioni e i cortei pacifici); condanna gli incessanti episodi di violenza e abuso perpetrati a danno della minoranza rohingya nello Stato di Rakhine e gli attacchi contro le minoranze musulmane e di altre religioni; chiede che vengano effettuate indagini complete, trasparenti e indipendenti in merito a tali violazioni;
Repubblica popolare democratica di Corea
34. si compiace della proroga prevista per il mandato del relatore speciale sulla situazione dei diritti umani nella Repubblica popolare democratica di Corea (RPDC), della risoluzione approvata all'unanimità nel marzo 2013, nonché della presentazione della relazione a cura della commissione d'inchiesta per i diritti umani nel paese; ribadisce il proprio invito al governo della RPDC a cooperare pienamente con il relatore speciale e ad agevolare la sua visita nel paese; esorta il CDU a tener conto delle raccomandazioni della Commissione internazionale d'inchiesta, rivolgendo particolare attenzione alla necessità di condannare i crimini internazionali commessi nella RPDC, di rafforzare la capacità delle Nazioni Unite di documentare le violazioni dei diritti umani nel paese e di istituire un adeguato meccanismo internazionale volto a garantire la responsabilità per i crimini internazionali perpetrati nella RPDC;
Cambogia, Costa d'Avorio, Haiti, Somalia e Sudan
35. accoglie positivamente la proroga dei mandati degli esperti indipendenti su Cambogia, Costa d'Avorio, Haiti, Somalia e Sudan; esorta le autorità dei predetti paesi a cooperare pienamente con i titolari dei mandati;
Questioni tematiche
Diritti del fanciullo
36. si compiace dell'operato del CDU per quanto concerne i diritti del fanciullo, come ad esempio la risoluzione del settembre 2013 sulla mortalità evitabile e la morbilità dei bambini di età inferiore ai cinque anni quali motivi di preoccupazione in tema di diritti umani, nonché del lavoro del Comitato sui diritti del fanciullo; invita gli Stati a ratificare il terzo protocollo facoltativo alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, che permetterà ai minori di presentare le loro denunce al Comitato; plaude alla prossima risoluzione del CDU sui diritti del fanciullo in quanto eccellente esempio di cooperazione tra l'UE e il Gruppo di Stati dell'America Latina e dei Caraibi (GRULAC) in seno alle Nazioni Unite; esprime profonda preoccupazione per i casi di tortura e detenzione di minori segnalati da organizzazioni quali l'UNICEF e Amnesty International; invita le Nazioni Unite a indagare ulteriormente su tali casi e a formulare raccomandazioni sui provvedimenti da adottare;
Donne e ragazze
37. invita l'UE a prendere attivamente parte alla 58ª sessione della Commissione sulla condizione femminile affinché non si comprometta "l'acquis" della piattaforma d'azione di Pechino nell'ambito delle Nazioni Unite, ad esempio per quanto riguarda tematiche come l'accesso all'istruzione e alla sanità quali diritti umani di base, compresi i diritti sessuali e riproduttivi; condanna fermamente il ricorso, come tattica di guerra, a violenze sessuali contro le donne quali lo stupro di massa, la schiavitù sessuale, la prostituzione forzata, le forme di persecuzione basate sul genere, inclusa la mutilazione genitale femminile, la tratta, i matrimoni precoci e forzati, i delitti d'onore e tutte le altre forme di violenza sessuale di gravità paragonabile; invita nuovamente l'UE e tutti gli Stati membri a firmare e ratificare la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica;
Tortura
38. ribadisce l'importanza della lotta alla tortura e a tutte le altre forme di maltrattamento così come il carattere prioritario che l'UE accorda alla questione, soprattutto per quanto concerne i minori; invita il CDU a cogliere l'opportunità offerta dalla risoluzione annuale sulla tortura per rinnovare il mandato del relatore speciale di altri tre anni e ad assicurare che venga dato effettivamente seguito alle precedenti risoluzioni in tema di tortura; esorta il SEAE, la Commissione e gli Stati membri dell'UE a dimostrare il loro impegno condiviso a eliminare la tortura e a sostenere le vittime, in particolare continuando o iniziando, a seconda dei casi, a dare il loro contributo al Fondo volontario delle Nazioni Unite per le vittime della tortura e al Fondo speciale istituito dal protocollo facoltativo alla Convenzione contro la tortura;
Pena di morte
39. ribadisce la sua ferma condanna nei confronti del ricorso alla pena di morte e appoggia con forza la moratoria, da considerarsi un passo verso la sua abolizione; invita l'UE, i suoi Stati membri e il CDU a continuare a insistere per un'abolizione della pena capitale a livello mondiale; esorta vivamente i paesi che ancora applicano la pena di morte a pubblicare dati precisi e accurati sul numero di condanne ed esecuzioni;
Libertà di religione o di credo
40. condanna le continue violazioni del diritto alla libertà di religione e credo nel mondo; ribadisce l'importanza che l'UE attribuisce alla questione; invita gli Stati membri a continuare ad adoperarsi in merito; si compiace del rinnovo del mandato del relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di religione o di credo; ribadisce ancora una volta che la libertà di pensiero, di coscienza e di religione, compresa la libertà di cambiare o di abbandonare la propria religione o il proprio credo, è un diritto umano fondamentale; sottolinea pertanto la necessità di lottare efficacemente contro tutte le forme di discriminazione nei confronti delle minoranze religiose in tutto il mondo;
Diritti delle persone LGBTI
41. esprime preoccupazione per il recente incremento di leggi e pratiche discriminatorie nonché degli atti di violenza nei confronti degli individui sulla base del loro orientamento sessuale e della loro identità di genere; invita a un attento monitoraggio della situazione in Nigeria e in Uganda, dove le nuove leggi minacciano seriamente la libertà delle minoranze sessuali; condanna l'introduzione di leggi discriminatorie e la repressione della libertà di parola in Russia; riafferma il suo sostegno all'incessante lavoro dell'Alto commissario per i diritti umani volto a contrastare tali leggi e pratiche discriminatorie, nonché, più in generale, al lavoro delle Nazioni Unite su questo tema; raccomanda la partecipazione attiva degli Stati membri dell'UE, del Consiglio e del SEAE per contrastare i tentativi di mettere in discussione tali diritti;
Discriminazione fondata sulla casta
42. condanna la discriminazione fondata sulla casta; esprime profonda preoccupazione per le persistenti e diffuse violazioni dei diritti umani in base alla casta e per gli atti di violenza quali, ad esempio, la violenza sessuale nei confronti delle donne appartenenti alle comunità interessate; plaude agli sforzi dell'Ufficio dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani e dei titolari del mandato nel quadro delle procedure speciali delle Nazioni Unite volti a combattere questa forma di discriminazione; esorta gli Stati membri dell'UE a promuovere l'approvazione del progetto di principi e orientamenti delle Nazioni Unite per l'efficace eliminazione della discriminazione basata sul lavoro e invita il CDU ad adottare tale quadro di riferimento;
Diritto di riunione pacifica
43. invita l'UE a sostenere i passi volti a dare seguito alla relazione dell'Ufficio dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani sulle misure efficaci e le migliori pratiche per garantire la promozione e la tutela dei diritti umani nel contesto delle proteste pacifiche, in particolare appoggiando gli sforzi per sviluppare un quadro giuridico internazionale relativo al diritto di riunione pacifica;
Alloggi
44. riafferma la sua soddisfazione per l'importanza attribuita dal Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani al diritto all'alloggio; ribadisce inoltre il suo invito all'Unione e agli Stati membri a favorire l'accesso ad alloggi adeguati quale diritto fondamentale;
Acqua e servizi igienico-sanitari
45. valuta favorevolmente la risoluzione adottata nel settembre 2013 dal Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani sul diritto all'acqua potabile e a strutture igienico-sanitarie sicure e si compiace del lavoro del relatore speciale delle Nazioni Unite su questo tema, segnatamente mediante l'elaborazione di un manuale sulle modalità per applicare il diritto all'acqua potabile e a strutture igienico-sanitarie sicure; invita il SEAE, gli Stati membri dell'UE e il Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani a continuare a dare preminenza al diritto dell'uomo all'acqua e ai servizi igienico-sanitari, un diritto spesso trascurato ma di capitale importanza;
Imprese e diritti umani
46. sostiene fermamente l'attuazione dei principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani; invita l'UE e gli Stati membri ad assumere un ruolo attivo alla settima sessione del gruppo di lavoro delle Nazioni unite sul tema dei diritti umani e delle società transnazionali e altre imprese commerciali, nonché a sostenere gli sforzi tesi ad allineare le rispettive politiche alle linee guida dell'OCSE destinate alle imprese multinazionali e ai principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani; ribadisce la sua richiesta alla Commissione europea affinché questa presenti, entro la fine del 2014, una relazione sull'attuazione dei principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani da parte degli Stati membri dell'UE; prende atto della nuova iniziativa per richiedere uno strumento internazionale giuridicamente vincolante sulle imprese e i diritti umani, da finalizzare all'interno del sistema delle Nazioni unite;
Corruzione e diritti umani
47. chiede all'UE e agli Stati membri di sostenere l'istituzione di un relatore speciale delle Nazioni Unite sui reati finanziari, la corruzione e i diritti umani;
Sport
48. si compiace della risoluzione adottata nel settembre 2013 sulla promozione dei diritti umani tramite lo sport e l'ideale olimpico; esprime preoccupazione per la situazione dei lavoratori migranti nel Qatar, soprattutto in relazione ai preparativi della Coppa del mondo del 2022; prende atto dell'iniziativa intrapresa dal Qatar per dare risposta a tale preoccupazione; invita le autorità del Qatar a riformare il diritto del lavoro, ad abrogare la normativa sulla sponsorizzazione (sistema della "kafala") vigente in tutta la regione e a ratificare le pertinenti convenzioni internazionali; sollecita l'UE a provvedere affinché le imprese europee che operano nel settore edilizio nel Qatar non si rendano partecipi delle violazioni dei diritti umani di cui sono vittime i lavoratori migranti; sottolinea l'importanza di monitorare tutti i principali eventi sportivi e la loro interazione con i diritti umani, come ad esempio le Olimpiadi invernali di Soči, in Russia, del febbraio 2014 e la continua repressione della libertà di riunione e dei diritti delle minoranze sessuali, nonché la prossima Coppa del mondo in Brasile, dove sono segnalati sfratti e sfollamenti della popolazione in tutto il paese;
Utilizzo di droni armati
49. è preoccupato per le violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale rappresentate dalle uccisioni mirate illegali perpetrate mediante droni armati, che hanno provocato tra la popolazione civile un numero imprecisato di morti, feriti gravi o traumatizzati al di fuori delle zone dichiarate di conflitto; sostiene gli sforzi messi in atto nel quadro delle pertinenti procedure speciali delle Nazioni Unite per promuovere un utilizzo trasparente e responsabile dei droni armati da parte degli Stati, in linea con il quadro giuridico internazionale istituito; invita l'UE, gli Stati membri e il Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani a continuare a sostenere le indagini sulle uccisioni mirate illegali e a dare seguito alle raccomandazioni formulate dai relatori speciali delle Nazioni Unite sulle esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie, sulla lotta al terrorismo e sui diritti umani;
Corte penale internazionale
50. riconferma il suo pieno sostegno alla Corte penale internazionale e rimane vigile nei confronti di eventuali tentativi di sminuirne la legittimità; chiede all'Unione europea di definire attivamente la propria posizione in merito al reato di aggressione e agli emendamenti di Kampala;
Riesame periodico universale
51. riafferma l'importanza dell'universalità del riesame periodico universale (UPR), nell'ottica di pervenire alla conoscenza approfondita della situazione dei diritti umani in tutti gli Stati membri delle Nazioni unite, e ribadisce la costante importanza di questo secondo ciclo di riesame, focalizzato sull'attuazione delle raccomandazioni accettate durante il primo ciclo; rinnova tuttavia l'invito a riprendere in considerazione, nel prosieguo del processo di riesame periodico universale, le raccomandazioni che non erano state accettate dagli Stati durante il primo ciclo;
52. invita gli Stati membri dell'UE che partecipano ai dialoghi interattivi dell'UPR a presentare raccomandazioni che siano specifiche e misurabili, al fine di migliorare la qualità del seguito e dell'attuazione delle raccomandazioni accettate; sottolinea che è importante che la Commissione e gli Stati membri dell'UE offrano assistenza tecnica per aiutare gli Stati sottoposti a riesame ad attuare le raccomandazioni e a presentare aggiornamenti intermedi, onde contribuire a migliorare l'attuazione;
53. sottolinea la necessità di includere sistematicamente le raccomandazioni dell'UPR nei dialoghi e nelle consultazioni dell'Unione in materia di diritti umani, come pure nelle sue strategie nazionali in materia di diritti umani; ribadisce il proprio monito affinché il Parlamento faccia riferimento a tali raccomandazioni nel quadro delle visite delle sue stesse delegazioni ai paesi terzi;
54. accoglie con soddisfazione tutti i provvedimenti che permettono la piena partecipazione al processo UPR da parte di un ampio ventaglio di soggetti interessati, tra cui la società civile; sottolinea l'importanza che il SEAE e gli Stati membri richiamino l'attenzione del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani sulla questione allarmante dello spazio sempre più esiguo concesso alle ONG in diversi paesi del mondo;
Procedure speciali
55. ribadisce il suo fermo sostegno alle procedure speciali e sottolinea la fondamentale importanza dell'indipendenza di tali mandati; esorta tutti gli Stati delle Nazioni Unite a cooperare pienamente con le procedure speciali, anche ricevendo i titolari dei mandati in visita nei singoli paesi, rispondendo alle loro richieste urgenti di intervento e in relazione alle denunce di violazioni, nonché garantendo un seguito adeguato alle loro raccomandazioni; sostiene la dichiarazione rilasciata il 10 dicembre 2013 dai 72 esperti in materia di procedure speciali ed esprime preoccupazione per il fatto che la mancata cooperazione da parte degli Stati con le procedure speciali limiti la loro capacità di esercitare il mandato;
56. condanna fermamente qualsiasi forma di rappresaglia nei confronti dei difensori e degli attivisti per i diritti umani che collaborano nell'ambito del processo UPR e delle procedure speciali, in particolare per quanto riguarda la Cina; invita il CDU a verificare le notizie secondo cui un attivista cinese, Cao Shunli, che promuoveva il coinvolgimento della società civile nell'UPR, sarebbe detenuto dal 14 settembre 2013; esorta il presidente del CDU a seguire attivamente la questione e altri casi analoghi e sollecita tutti gli Stati a fornire una tutela adeguata da simili intimidazioni; sottolinea che atti del genere compromettono l'intero sistema dei diritti umani delle Nazioni Unite;
Partecipazione dell'Unione europea
57. ribadisce l'importanza che l'Unione europea partecipi attivamente a tutti i meccanismi delle Nazioni Unite per i diritti umani, tra cui il CDU; incoraggia gli Stati membri dell'Unione ad agire in tal senso, copatrocinando risoluzioni e facendosene promotori, partecipando attivamente a dibattiti e a dialoghi interattivi e rilasciando dichiarazioni; sostiene con forza la prassi sempre più comune dell'Unione di ricorrere a iniziative transregionali;
58. ribadisce l'importanza di integrare i lavori in atto a Ginevra nell'ambito del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani nelle pertinenti attività interne ed esterne dell'Unione, tra cui quelle del Parlamento, quali ad esempio le delegazioni di commissione e interparlamentari, nonché i contributi dei relatori speciali delle Nazioni Unite alle riunioni delle commissioni;
59. incoraggia il rappresentante speciale dell'Unione europea a migliorare l'efficacia, la coerenza e la visibilità della politica unionale in materia di diritti umani nel contesto del CDU, nonché a instaurare una stretta cooperazione con l'Ufficio dell'Alto commissario per i diritti umani e con le procedure speciali; deplora l'assenza del VP/AR alle sessioni di alto livello del CDU;
60. sottolinea ancora una volta l'importanza di un coordinamento e di una cooperazione efficaci tra il SEAE, la Commissione e gli Stati membri dell'UE in materia di diritti umani; incoraggia il SEAE, in particolare tramite le delegazioni dell'Unione a Ginevra e a New York, a rafforzare la coerenza dell’UE mediante consultazioni tempestive e concrete nonché ad esprimersi "con una sola voce";
61. sottolinea l'importanza che gli Stati membri dell'UE sostengano il CDU, collaborando al conseguimento dell'indivisibilità e dell'universalità dei diritti umani e, in particolare, ratificando tutti gli strumenti internazionali per i diritti umani posti in essere da tale organismo; si rammarica nuovamente che nessuno Stato membro dell'UE abbia ratificato la Convenzione sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie; ribadisce che numerosi Stati membri non hanno ancora adottato e/o ratificato la Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate, il protocollo facoltativo alla Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, né il protocollo facoltativo al Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali; rinnova il proprio invito a tutti gli Stati membri a ratificare le convenzioni e i protocolli in parola; sottolinea l'importanza che gli Stati membri presentino in tempo utile le loro relazioni periodiche agli organi di vigilanza delle Nazioni Unite; chiede all'Unione europea di definire attivamente la propria posizione in merito al reato di aggressione e agli emendamenti di Kampala;
62. ribadisce l'importanza del continuo sostegno dell'Unione all'indipendenza dell'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR) onde garantire che possa continuare a svolgere i propri compiti con efficacia e imparzialità; sottolinea che, ai fini dell'imparzialità e del corretto funzionamento dell'OHCHR, è indispensabile dotarlo di risorse finanziarie sufficienti, vista in particolare l'attuale necessità di aprire nuove sedi regionali dell'OHCHR in risposta a situazioni di crisi; pone in evidenza l'importanza di garantire finanziamenti sufficienti per coprire la crescente mole di lavoro degli organismi previsti dal trattato; invita l'Unione europea ad assumere un ruolo guida nel garantire l'efficace funzionamento del sistema dei citati organismi, anche in termini di adeguatezza dei finanziamenti;
63. ribadisce che la tutela dei difensori dei diritti umani è una priorità fondamentale della politica dell'Unione in materia di diritti umani; apprezza pertanto il sostegno pratico e finanziario destinato alla protezione urgente e all'assistenza a favore dei difensori dei diritti umani nel quadro dello strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (EIDHR);
o o o
64. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al rappresentante speciale dell'Unione europea per i diritti umani, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, al Segretario generale delle Nazioni Unite, al presidente della 68ª Assemblea generale delle Nazioni Unite, al presidente del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani, all'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani e al gruppo di lavoro UE-ONU istituito dalla commissione per gli affari esteri.
– viste le sue precedenti risoluzioni sulla Russia, in particolare quella del 13 giugno 2013 sullo Stato di diritto in Russia(1),
– vista la dichiarazione del portavoce della vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR), rilasciata il 24 febbraio 2014, sulla condanna dei manifestanti coinvolti nei fatti di Piazza Bolotnaja,
– vista la Costituzione russa, in particolare l'articolo 118, che attribuisce ai soli tribunali il potere di amministrare la giustizia nella Federazione russa, e l'articolo 120, che sancisce l'indipendenza dei giudici e l'assoggettamento degli stessi unicamente alla Costituzione russa e alle leggi federali,
– viste le consultazioni UE-Russia in materia di diritti umani del 28 novembre 2013,
– vista la relazione del comitato per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT) del Consiglio d'Europa del 17 dicembre 2013 sulla sua visita periodica nella Federazione russa,
– vista la dichiarazione dell'ombudsman per i diritti umani della Federazione russa, Vladimir Lukin, del 4 marzo 2014, sulle manifestazioni pubbliche a Mosca e sui provvedimenti adottati dalle autorità di contrasto,
– visti l'articolo 122, paragrafo 5, e l'articolo 110, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che la Federazione russa, in quanto membro a pieno titolo del Consiglio d'Europa e dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, si è impegnata a osservare i principi della democrazia, dello stato di diritto e del rispetto dei diritti umani; che, in ragione di diverse violazioni gravi dello stato di diritto e dell'adozione di leggi restrittive nel corso degli ultimi mesi, si nutrono sempre maggiori preoccupazioni riguardo all'adempienza della Russia agli obblighi internazionali e nazionali;
B. considerando che il 6 maggio 2012, alla vigilia dell'insediamento del Presidente Vladimir Putin, diverse dozzine delle stimate decine di migliaia di manifestanti hanno avuto scontri sporadici con le forze di polizia in Piazza Bolotnaja, in cui alcune persone sono rimaste ferite in modo lieve;
C. considerando che sono stati brevemente trattenuti circa 600 attivisti e avviati procedimenti penali nei confronti di 28 individui; che le autorità hanno avviato un'indagine sulle azioni dei manifestanti, considerandole "rivolte di massa" le quali, in forza del diritto russo, rappresentano azioni di massa che comportano "violenze, pogrom, distruzione di beni, impiego di armi da fuoco o resistenza armata alle autorità"; che, secondo le autorità, le violenze sarebbero state pianificate e farebbero parte di una cospirazione intesa a destabilizzare il paese e a rovesciare il governo;
D. considerando che la celebrazione di diversi processi e procedimenti giudiziari nel corso degli ultimi anni ha sollevato dubbi circa l'indipendenza e l'imparzialità delle istituzioni giudiziarie della Federazione russa;
E. considerando le segnalazioni di numerose organizzazioni russe e internazionali dei diritti umani, secondo cui il ricorso a provvedimenti sproporzionati e interventi aggressivi da parte delle forze di sicurezza, nonché l'uso eccessivo della forza hanno provocato lo scoppio di violenze, cui hanno fatto seguito arresti arbitrari di manifestanti; che l'ombudsman per i diritti umani della Federazione russa ha confermato, nella propria valutazione, l'infondatezza delle accuse di rivolte di massa;
F. considerando che il 24 febbraio 2014 un tribunale russo ha pronunciato una sentenza di colpevolezza nei confronti di otto dei suddetti manifestanti – dalla sospensione condizionale della pena a quattro anni di reclusione – che faceva seguito a tre severe sentenze di reclusione nel 2013, nonché alle cure psichiatriche coatte dell'attivista Michail Kosenko;
G. considerando l'elevato numero di detenzioni effettuate durante le manifestazioni pacifiche a sostegno degli imputati del processo di Piazza Bolotnaja il 21 e 24 febbraio 2014; che oltre 200 persone riunitesi all'esterno del tribunale distrettuale di Zamoskvoreckij il 24 febbraio 2014 per ascoltare il verdetto sono state trattenute per diverse ore; che i leader dell'opposizione, Boris Nemcov e Aleksej Naval'nyj, sono stati successivamente condannati a 10 giorni di reclusione; che Aleksej Naval'nyj è stato condannato agli arresti domiciliari per i prossimi due mesi e che il 5 marzo 2014 gli è stato posto un braccialetto elettronico per controllarne le attività;
H. considerando che le autorità russe stanno ampliando i programmi di sorveglianza di massa e che tali programmi, unitamente alle leggi anti-LGBT e a quelle che limitano la libertà delle ONG, rappresentano per le autorità russe un potentissimo strumento per controllare e opprimere le voci dell'opposizione;
I. considerando che la situazione dei diritti umani in Russia è peggiorata negli ultimi anni e che le autorità russe hanno adottato una serie di provvedimenti legislativi contenenti disposizioni ambigue, che potrebbero essere utilizzate per imporre ulteriori restrizioni ai membri dell'opposizione e della società civile e ostacolare le libertà di espressione e di riunione; che il giro di vite ha comportato azioni quali retate della polizia, sequestro di beni, ammende amministrative e altri provvedimenti intesi a evitare e a dissuadere le organizzazioni della società civile dallo svolgere il loro lavoro;
J. considerando le vessazioni da parte delle autorità russe cui sono soggetti i leader di partiti e movimenti di opposizione, alcuni dei quali attualmente in stato di fermo con diverse accuse, come ad esempio Il'ja Jašin, leader del movimento "Solidarietà", Gleb Fetisov, copresidente della Alleanza dei verdi e dei socialdemocratici, e Evgenij Vitiško, ecologista ed esponente di spicco del partito Jabloko;
K. considerando le numerose segnalazioni di maltrattamenti e torture di prigionieri da parte dei membri delle forze dell'ordine e degli agenti di polizia raccolte nel dicembre 2013 dal comitato antitortura del Consiglio d'Europa;
1. esprime profonda preoccupazione per i procedimenti a carico dei manifestanti di piazza Bolotnaja, gravemente inficiati sin dall'inizio da accuse di matrice politica;
2. ritiene che le accuse mosse nei confronti dei manifestanti e le condanne emesse a loro carico siano sproporzionate rispetto alla natura degli eventi e ai reati di cui sono accusati; reputa, alla luce delle carenze procedurali e della prolungata detenzione preventiva, che l'esito del processo sollevi ancora una volta dubbi circa la situazione dello Stato di diritto;
3. invita le autorità giudiziarie russe a riesaminare tali condanne nel quadro del processo d'appello e a rilasciare gli otto manifestanti, come pure Michail Kosenko, in carcere per i fatti della Bolotnaja, che è stato condannato a cure psichiatriche coatte;
4. esprime altresì profonda preoccupazione per la detenzione di un elevato numero di manifestanti pacifici a seguito delle sentenze emesse nel caso Bolotnaja e chiede che tutte le accuse a carico dei manifestanti siano ritirate; invita inoltre il governo russo a rispettare il diritto di tutti i cittadini a esercitare le libertà fondamentali e i diritti umani universali;
5. ricorda l'importanza che la Russia rispetti appieno i propri obblighi giuridici internazionali, in quanto membro del Consiglio d'Europa e dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, nonché i diritti umani fondamentali e lo Stato di diritto, come sancito dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e dal Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (ICCPR); sottolinea che i recenti sviluppi hanno imboccato la direzione opposta rispetto alle riforme necessarie per migliorare le norme democratiche, lo Stato di diritto e l'indipendenza della magistratura in Russia;
6. esprime preoccupazione per gli sviluppi nella Federazione russa relativi al rispetto e alla tutela dei diritti umani nonché al rispetto delle norme, delle procedure e dei principi democratici stabiliti di comune accordo, in particolare per quanto concerne la legge sugli "agenti stranieri", la normativa anti-LGBT, il ripristino del reato di diffamazione, la legge sul tradimento e la normativa che disciplina le proteste pubbliche; esorta la Russia a tenere fede ai suoi impegni internazionali in qualità di membro del Consiglio d'Europa;
7. invita il governo russo ad adottare misure concrete per far fronte al deterioramento dei diritti umani, in particolare mettendo fine alla campagna vessatoria ai danni di organizzazioni e attivisti della società civile; sollecita gli esponenti del settore esecutivo e legislativo della Russia a riesaminare e, se del caso, abrogare le misure e gli atti legislativi adottati di recente che contrastano con gli impegni in materia di diritti umani e libertà fondamentali assunti dal paese in qualità di membro del Consiglio d'Europa, nonché a tenere conto delle proposte presentate dall'ombudsman russo per i diritti umani e dal Consiglio per i diritti umani al presidente della Federazione russa;
8. esorta le autorità giudiziarie e di contrasto della Russia a espletare le proprie funzioni in modo imparziale e indipendente;
9. sottolinea che la libertà di riunione nella Federazione russa è sancita dall'articolo 31 della Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, di cui la Russia è firmataria, e che le autorità russe sono pertanto obbligate a rispettarla;
10. invita la Federazione russa a garantire che i suoi programmi di sorveglianza siano in linea con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo;
11. si rammarica per l'incessante repressione attuata ai danni dei cittadini che criticano il regime e dei mezzi di informazione ancora indipendenti, tra cui TV Dožd' (pioggia) e Radio Echo Moskvy;
12. invita l'alto rappresentante e il Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) a garantire che i casi di tutte le persone perseguite per motivi politici siano sollevati nel quadro delle consultazioni UE-Russia in materia di diritti umani e che i rappresentanti russi in tali consultazioni siano formalmente chiamati a rispondere caso per caso;
13. invita i Presidenti del Consiglio e della Commissione, nonché il vicepresidente/alto rappresentante, a continuare a seguire da vicino i suddetti casi e a sollevare tali questioni con diverse modalità e in vari incontri con la Russia, riferendo quindi al Parlamento in merito agli scambi intrattenuti con le autorità russe;
14. esorta il Consiglio a definire una politica unitaria nei confronti della Russia in base alla quale i 28 Stati membri e le istituzioni dell'Unione europea si impegnino a mandare un forte messaggio comune sul ruolo dei diritti umani nelle relazioni UE-Russia e sulla necessità di porre fine alle repressioni contro la libertà di espressione, di riunione e di associazione in Russia; chiede che questo messaggio comune trovi espressione nelle conclusioni del Consiglio "Affari esteri" dell'UE;
15. esorta l'alto rappresentante e il SEAE a garantire che l'Unione si adoperi in tutti i modi, nei limiti imposti dal diritto interno russo, per continuare a offrire la propria collaborazione e assistenza alle organizzazioni della società civile della Russia, incluse quelle impegnate nella promozione dei valori della democrazia, dei diritti umani e dello Stato di diritto;
16. esorta la Commissione e il SEAE, in relazione all'attuale fase di programmazione degli strumenti finanziari dell'UE, a incrementare l'assistenza finanziaria a favore della società civile russa attraverso lo Strumento europeo per la democrazia e i diritti umani nonché i fondi per le organizzazioni della società civile e le autorità locali, come pure a includere il Forum della società civile UE-Russia nello strumento di partenariato al fine di garantire un sostegno a lungo termine sostenibile e credibile;
17. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al Consiglio d'Europa, all'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa nonché al presidente, al governo e al parlamento della Federazione Russa.
Avvio di consultazioni per sospendere l'Uganda e la Nigeria dall'accordo di Cotonou data la recente legislazione che criminalizza l'omosessualità
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Risoluzione del Parlamento europeo del 13 marzo 2014 sull'avvio di consultazioni per sospendere l'Uganda e la Nigeria dall'accordo di Cotonou alla luce delle recenti leggi che criminalizzano ulteriormente l'omosessualità (2014/2634(RSP))
– visti gli obblighi e gli strumenti internazionali in materia di diritti umani, compresi quelli che figurano nelle convenzioni dell'ONU sui diritti umani e nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, le quali garantiscono i diritti umani e le libertà fondamentali e vietano la discriminazione,
– visti la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, il Patto internazionale sui diritti civili e politici, la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne e la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli,
– vista la risoluzione 17/19 del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, del 17 giugno 2011, sui diritti umani, l'orientamento sessuale e l'identità di genere,
– visti la seconda revisione dell'accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e l'Unione europea e i suoi Stati membri, dall'altro (accordo di Cotonou) e le disposizioni e gli impegni in materia di diritti umani e di salute pubblica ivi contenuti, in particolare l'articolo 8, paragrafo 4, l'articolo 9, l'articolo 31 bis, lettera e), e l'articolo 96,
– visti l'articolo 2, l'articolo 3, paragrafo 5, e gli articoli 21, 24, 29 e 31 del trattato sull'Unione europea e gli articoli 10 e 215 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, che sanciscono l'impegno dell'Unione europea e dei suoi Stati membri, nell'ambito delle loro relazioni con il resto del mondo, a favore della difesa e della promozione dei diritti umani universali e della tutela dei singoli individui, come pure dell'adozione di misure restrittive in caso di gravi violazioni dei diritti umani,
– visti gli orientamenti per la promozione e la tutela dell'esercizio di tutti i diritti umani da parte di lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali (LGBTI), adottati dal Consiglio il 24 giugno 2013,
– vista la dichiarazione resa il 15 gennaio 2014 dal vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/HR), Catherine Ashton, nella quale esprimeva inquietudine per la promulgazione della legge riguardante il (divieto di) matrimonio tra persone dello stesso sesso in Nigeria,
– vista la dichiarazione del VP/HR, del 20 dicembre 2013, sull'adozione del disegno di legge contro l'omosessualità in Uganda,
– viste la dichiarazione resa dal presidente Obama il 16 febbraio 2014 sull'adozione del disegno di legge contro l'omosessualità in Uganda e la sua richiesta al presidente Yoweri Museveni di non firmare la legge,
– vista la dichiarazione resa dal VP/HR il 18 febbraio 2014 sulla legislazione contro l'omosessualità in Uganda,
– vista la dichiarazione rilasciata il 25 febbraio 2014 da Ban Ki-moon, nella quale esorta le autorità ugandesi a riesaminare o abrogare il disegno di legge contro l'omosessualità nel loro paese;
– vista la dichiarazione rilasciata il 4 marzo 2014 dall'alto rappresentante a nome dell'Unione europea a proposito della legge ugandese contro l'omosessualità;
– viste la sua risoluzione del 5 luglio 2012 sulla violenza contro le donne lesbiche e sui diritti di lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali (LGBTI) in Africa(1), la sua posizione del 13 giugno 2013 concernente il progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo che modifica per la seconda volta l'accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000, modificato per la prima volta a Lussemburgo il 25 giugno 2005(2), e la sua risoluzione dell'11 dicembre 2013 sulla relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2012 e sulla politica dell'Unione europea in materia(3),
– viste le sue risoluzioni del 17 dicembre 2009 sulla proposta di legge contro l'omosessualità in Uganda(4), del 16 dicembre 2010 sulla cosiddetta "legge Bahati" e la discriminazione nei confronti di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali (LGBT) in Uganda(5), e del 17 febbraio 2011 sull'uccisione di David Kato in Uganda(6),
– viste le sue risoluzioni del 15 marzo 2012(7) e del 4 luglio 2013(8) sulla situazione in Nigeria,
– vista la sua risoluzione del 16 gennaio 2014 sui recenti tentativi di configurare come reato l'appartenenza alla categoria lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali (LGBTI)(9),
– vista la sua risoluzione del 28 settembre 2011 sui diritti umani, l'orientamento sessuale e l'identità di genere nel quadro delle Nazioni Unite(10),
– visti l'articolo 122, paragrafo 5, e l'articolo 110, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali per dignità e diritti; che tutti gli Stati hanno l'obbligo di prevenire le violenze, l'incitamento all'odio e le stigmatizzazioni sulla base di caratteristiche individuali, inclusi l'orientamento sessuale, l'identità di genere e l'espressione di genere;
B. considerando che la politica estera e di sicurezza comune dell'UE mira a sviluppare e consolidare la democrazia e lo Stato di diritto, come pure il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali;
C. considerando che ben 76 paesi continuano a considerare l'omosessualità un reato e che, per essa, cinque paesi prevedono la pena di morte;
D. considerando che gli atti consensuali tra persone dello stesso sesso erano già puniti con 14 anni di reclusione in Uganda, a norma dell'articolo 145 del Codice penale ugandese, e con 7 anni di reclusione in Nigeria, a norma dell'articolo 214 del Codice penale nigeriano (o con la pena di morte nei 12 paesi in cui vige la Sharia);
E. considerando che il 20 dicembre 2013 il parlamento ugandese ha approvato il disegno di legge contro l'omosessualità che punisce coloro che difendono i diritti delle persone LGBTI con la reclusione fino a 7 anni, coloro che detengono una casa, una o più stanze oppure un luogo di qualsiasi tipo per "scopi di omosessualità" con 7 anni di reclusione e i trasgressori "recidivi" o sieropositivi con l'ergastolo; che la legge è stata firmata dal presidente della Repubblica dell'Uganda Yoweri Museveni Kaguta il 24 febbraio 2014;
F. considerando che le autorità ugandesi hanno adottato la legge contro la pornografia e quella sulla gestione dell'ordine pubblico, che rappresentano ulteriori attacchi ai diritti umani e alle ONG che li difendono; che tale situazione dà prova della limitazione e del deterioramento dello spazio politico che la società civile si trova ad affrontare;
G. considerando che il 17 dicembre 2013 il Senato nigeriano ha approvato il disegno di legge riguardante il (divieto di) matrimonio tra persone dello stesso sesso, che punisce le persone che hanno una relazione omosessuale con la reclusione fino a 14 anni e i testimoni di matrimoni tra persone dello stesso sesso o coloro che gestiscono o frequentano bar, organizzazioni o gruppi per le persone LGBTI con la reclusione fino a 10 anni; che tale legge è stata firmata dal presidente Goodluck Jonathan nel gennaio 2014;
H. considerando che alcuni mezzi d'informazione, membri della popolazione e leader politici e religiosi di tali paesi cercano di intimidire sempre di più le persone LGBTI, limitando i loro diritti, quelli delle ONG e dei gruppi per la difesa dei diritti umani e legittimando la violenza ai loro danni; che un giornale popolare ugandese ha pubblicato, poco dopo la firma del progetto di legge da parte del presidente Museveni, un elenco di nomi e immagini di 200 omosessuali e lesbiche ugandesi, con serie conseguenze negative per la loro sicurezza; che i media hanno dato notizia di un numero crescente di arresti e casi di violenza contro le persone LGBTI in Nigeria;
I. considerando che numerosi capi di Stato e di governo, leader delle Nazioni Unite nonché rappresentanti di governi e parlamenti, l'Unione europea (tra cui il Consiglio, il Parlamento, la Commissione e il VP/HR) e diverse personalità a livello mondiale hanno condannato duramente le leggi che criminalizzano le persone LGBTI;
J. considerando che la cooperazione dell'UE dovrebbe sostenere gli sforzi dei paesi ACP intesi a sviluppare quadri di sostegno giuridici e politici ed eliminare leggi, politiche e pratiche punitive come anche stigmatizzazioni e discriminazioni che minano i diritti umani, acuiscono la vulnerabilità all'HIV/AIDS e ostacolano un accesso efficace a prevenzione, cura, assistenza e sostegno per quanto riguarda l'HIV/AIDS, compresi i medicinali, i prodotti e i servizi per le persone affette da HIV/AIDS e per le popolazioni più a rischio;
K. considerando che l'UNAIDS e il Fondo globale per la lotta contro l'AIDS, la tubercolosi e la malaria temono che in Nigeria e in Uganda alle persone LGBT e a 3,4 milioni di cittadini affetti da HIV saranno negati i servizi sanitari fondamentali, e chiede "un urgente riesame della costituzionalità delle leggi alla luce delle serie richieste in materia di sanità pubblica e diritti umani";
L. considerando che, in un contesto in cui gli atti consensuali tra adulti dello stesso sesso continuano a essere considerati reato, risulterà ancora più difficile conseguire sia gli Obiettivi di sviluppo del millennio, soprattutto per quanto concerne l'uguaglianza di genere e la lotta alle malattie, sia qualunque tipo di progresso in relazione al quadro per lo sviluppo post-2015;
M. considerando che alcuni Stati membri, tra cui Paesi Bassi, Danimarca e Svezia, e altri paesi quali gli Stati Uniti d'America e la Norvegia hanno deciso di ritirare gli aiuti diretti destinati al governo ugandese o di trasferire gli aiuti dal sostegno governativo al sostegno della società civile;
N. considerando che in base all'articolo 96, paragrafo 1 bis, dell'accordo di Cotonou è possibile avviare una procedura di consultazione in vista della sospensione dei firmatari che violano i loro impegni in materia di diritti umani ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 4, e dell'articolo 9;
1. deplora l'adozione di nuove leggi che rappresentano una grave minaccia per i diritti universali alla vita, alla libertà di espressione, di associazione e assemblea, e alla libertà dalla tortura e dai trattamenti crudeli, inumani e degradanti; ribadisce che l'orientamento sessuale e l'identità di genere rientrano nel diritto dei singoli al rispetto della vita privata, come garantito dal diritto internazionale e dalle costituzioni nazionali; sottolinea che l'uguaglianza delle persone LGBTI rientra innegabilmente tra i diritti umani fondamentali;
2. ricorda le dichiarazioni della Commissione africana e della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani secondo cui uno Stato non può, attraverso la legislazione nazionale, venir meno agli obblighi internazionali assunti in materia di diritti dell'uomo;
3. invita il presidente ugandese ad abrogare la legge contro l'omosessualità e la sezione 145 del Codice penale dell'Uganda; invita il presidente della Nigeria a ritirare il progetto di legge sul (divieto di) matrimonio tra persone dello stesso sesso, così come le sezioni 214 e 217 del Codice penale nigeriano, in quanto violano gli obblighi internazionali in materia di diritti umani;
4. osserva che, firmando tali leggi, i governi dell'Uganda e della Nigeria sono venuti meno a un obbligo che deriva dal rispetto per i diritti umani, i principi democratici e lo Stato di diritto, cui si fa riferimento nell'articolo 9, paragrafo 2, dell'accordo di Cotonou;
5. ribadisce che tali leggi rientrano nell'ambito dell'articolo 96, paragrafo 1 bis, lettera b), dell'accordo di Cotonou come casi di speciale urgenza, casi eccezionali particolarmente gravi in cui vi è una palese violazione dei diritti umani e della dignità, come stabilito al paragrafo 2 dell'articolo 9, che pertanto richiedono un intervento immediato;
6. chiede quindi alla Commissione di impegnarsi, a norma dell'articolo 8, in un dialogo politico urgente e rafforzato a livello locale e ministeriale, con la richiesta di avviare una discussione al più tardi in occasione del vertice UE-Africa;
7. esorta la Commissione e gli Stati membri a riesaminare la strategia sugli aiuti alla cooperazione allo sviluppo con l'Uganda e la Nigeria e a dare priorità al trasferimento degli aiuti alla società civile e ad altre organizzazioni rispetto alla sospensione, anche settoriale, degli aiuti;
8. suggerisce all'Unione africana di assumere un ruolo guida e di istituire una commissione interna che esamini tali leggi e questioni;
9. chiede all'Unione africana e ai leader dell'Unione europea di prendere in esame tali leggi durante le discussioni del 4° vertice Africa-UE, che si terrà dal 2 al 3 aprile 2014;
10. invita gli Stati membri, o l'alto rappresentante con il sostegno della Commissione, a valutare la possibilità di imporre sanzioni mirate, come i divieti di viaggio e di visto, contro i principali responsabili dell'elaborazione e dell'adozione di queste due leggi;
11. ricorda la sentenza della Corte di giustizia dell'UE del 7 novembre 2013 nelle cause X, Y, Z contro Minister voor Immigratie en Asiel (cause C-199-201/12), in cui si sottolinea che le persone con un orientamento sessuale specifico e prese di mira da leggi che criminalizzano la loro condotta o identità possono costituire un gruppo sociale particolare ai fini della concessione di asilo;
12. si rammarica per le difficoltà sociali, economiche e politiche generalmente in aumento nelle nazioni africane minacciate dal fondamentalismo religioso, che sta diventando sempre più diffuso, con conseguenze disastrose per la dignità, lo sviluppo e la libertà delle persone;
13. invita la Commissione e il Consiglio a inserire un esplicito riferimento alla non discriminazione fondata sull'orientamento sessuale nell'ambito di una prossima eventuale revisione dell'accordo di Cotonou, così come richiesto in più occasioni dal Parlamento;
14. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione, al Consiglio, al Servizio europeo per l'azione esterna, agli Stati membri, ai governi e ai parlamenti nazionali di Uganda, Nigeria, Repubblica democratica del Congo e India nonché ai presidenti di Uganda e Nigeria.
– viste le sue risoluzioni del 15 marzo 2012 sulla tratta di esseri umani nel Sinai, in particolare il caso di Solomon W.(1), del 16 dicembre 2010 sui rifugiati eritrei tenuti in ostaggio nel Sinai(2) e del 6 febbraio 2014 sulla situazione in Egitto(3),
– viste le dichiarazioni del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Catherine Ashton sulla situazione della sicurezza nel Sinai dell'11 settembre 2013, del 3 e 8 ottobre 2013, del 24 dicembre 2013, del 24 gennaio 2014 e del 17 febbraio 2014 sull'attentato terroristico nel Sinai;
– vista la pubblicazione di Europol del 3 marzo 2014 sui migranti irregolari provenienti dal Corno d'Africa con sponsor europei sequestrati a scopo di estorsione e tenuti in prigionia nel Sinai,
– visto l'articolo 3 della Convenzione europea sui diritti dell'uomo del 1950,
– visto l'accordo di partenariato ACP-UE di Cotonou,
– visti la Convenzione delle Nazioni Unite del 1951 relativa allo status dei rifugiati e il relativo Protocollo del 1967 nonché il memorandum d'intesa dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) con il governo egiziano del 1954,
– vista la Convenzione dell'Organizzazione per l'unità africana che regola gli aspetti specifici dei problemi dei rifugiati in Africa,
– viste la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti del 1984 e la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani del 2005,
– visto il protocollo del 2000 per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare di donne e bambini, allegato alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, in particolare gli articoli 6 e 9;
– vista la Dichiarazione di Bruxelles sulla prevenzione e la lotta contro la tratta di esseri umani adottata il 20 settembre 2002,
– viste la direttiva 2004/81/CE del Consiglio del 29 aprile 2004 riguardante il titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittime della tratta di esseri umani e la direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta degli esseri umani e la protezione delle vittime,
– visti l'articolo 2, l'articolo 6, paragrafo 1, e gli articoli 7 e 17 ("Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni") del Patto internazionale delle Nazioni Unite relativo ai diritti civili e politici,
– visto l'accordo di associazione UE-Egitto, in particolare il preambolo e l'articolo 2;
– visti l'articolo 89 della Costituzione della Repubblica araba d'Egitto e la legge egiziana n. 64 del 2010 sulla lotta alla tratta di esseri umani,
– vista la legge anti-infiltrazione israeliana,
– visti gli orientamenti dell'UNHCR sull'Eritrea,
– visti l'articolo 122, paragrafo 5, e l'articolo 110, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che gli attentati terroristici, la proliferazione di armi, l'infiltrazione di jihadisti stranieri ed egiziani e la radicalizzazione di parte della popolazione locale nel Sinai creano problemi di sicurezza sempre più gravi per l'Egitto, Israele e gli altri paesi della regione; considerando che dall'esautorazione dell'ex Presidente Mohamed Morsi nel luglio 2013, la situazione della sicurezza nel Sinai si è rapidamente deteriorata, con la destabilizzazione delle condizioni di sicurezza causata da numerosi gruppi estremisti e gli oltre 250 attentati terroristici che hanno colpito per lo più le forze di sicurezza egiziane e le loro installazioni provocando la morte di oltre un centinaio di persone, la maggioranza delle quali agenti di polizia e personale militare; considerando che anche gli attentati terroristici nella zona del Canale di Suez e contro i gasdotti sono causa di gravi preoccupazioni;
B. considerando che le infiltrazioni di estremisti pregiudicano gli sforzi tesi a ripristinare la sicurezza nel Sinai; che diversi gruppi affiliati ad Al Qaeda o ad essa ispirati continuano a operare nella regione; che alcuni di questi gruppi hanno esteso la portata delle loro azioni terroristiche oltre il Sinai; che altri militanti locali che operano nel Sinai non appartengono a gruppi estremisti ma sono Beduini armati dediti al contrabbando e al traffico di esseri umani;
C. considerando che le forze armate egiziane hanno di recente avviato operazioni militari nel Sinai per combattere i gruppi terroristici ed estremisti e ripristinare la sicurezza; che il governo e le forze di sicurezza egiziane non sembrano in grado di assumere il controllo della crisi di sicurezza che interessa la regione del Sinai; che l'anarchia presente nella regione permette alle reti criminali, ai trafficanti di esseri umani e ad altre bande criminali di operare indisturbati e nell'impunità; che la tratta di esseri umani pare proseguire senza sosta nonostante l'offensiva in corso delle forze di sicurezza egiziane nel Sinai; che il Sinai è da tempo utilizzato come rotta del contrabbando da e verso la Striscia di Gaza; considerando che si teme un oscuramento dei mezzi d'informazione sugli sviluppi nel Sinai;
D. considerando che l'emarginazione socio-economica della popolazione locale beduina è un motivo importante dei problemi di sicurezza nel Sinai; che da tempo i residenti del Sinai soffrono la povertà, sono oggetto di discriminazioni e hanno un accesso limitato ai servizi sanitari e all'istruzione, il che li ha allontanati dalle autorità ufficiali che si disinteressano della loro situazione e ignorano le loro rivendicazioni;
E. considerando che migliaia di richiedenti asilo e migranti provenienti dal Corno d'Africa abbandonano ogni mese il loro paese di origine a causa delle violazioni dei diritti umani e della crisi umanitaria; che dalla sola Eritrea fino a 3 000 persone fuggono ogni mese secondo il relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Eritrea; considerando che, secondo le stime, migliaia di persone sono state rapite nel Sudan orientale, trasportate in Egitto e torturate nel Sinai, di cui oltre 4 000 sono morte dall'inizio del 2008 e che si ritiene che circa 1 000 profughi africani siano attualmente in condizioni di prigionia;
F. considerando che migliaia di persone perdono la vita e scompaiono nel Sinai ogni anno, mentre altre, tra cui molte donne e bambini, vengono sequestrate nei campi profughi o nelle zone circostanti, soprattutto nel campo profughi sudanese di Shagarab, oppure mentre sono dirette a riunioni di famiglia in Sudan o in Etiopia, e sono tenute ostaggio a scopo di estorsione da trafficanti di esseri umani; che le vittime della tratta di esseri umani subiscono abusi estremamente disumani e brutali e sono sistematicamente oggetto di violenze, torture, stupri, abusi sessuali e lavoro forzato, oppure vengono uccise ai fini del traffico di organi; che secondo le vittime, le persone che vivono in prossimità e le organizzazioni per i diritti umani, sono stati creati campi di tortura per questo scopo specifico;
G. considerando che vi sono denunce credibili di collusioni tra forze di sicurezza sudanesi ed egiziane e i trafficanti di richiedenti asilo e migranti e della quasi totale inerzia da parte del Sudan e dell'Egitto nell'indagare e perseguire i funzionari responsabili, il che comporta il mancato rispetto degli obblighi sottoscritti dai due paesi nell'ambito della convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura; che le autorità egiziane negano l'esistenza di tali casi;
H. considerando che la tratta di esseri umani nel Sinai è un'attività estremamente redditizia per la criminalità organizzata; che secondo il Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani sono state create complesse reti per la tratta che coinvolgono passatori, rapitori, come i gruppi delle tribù Rashaida in Eritrea e nel Sudan nordorientale, intermediari nei campi profughi, militari, agenti di polizia e personale di frontiera corrotti nonché elementi criminali all'interno delle comunità beduine egiziane;
I. considerando che coloro che non riescono a mettere insieme i soldi del riscatto vengono spesso uccisi e anche quando il riscatto richiesto viene pagato non vi sono garanzie che gli ostaggi saranno liberati; considerando che nella catena del valore della tratta di esseri umani si è venuta a determinare una nuova pratica in relazione agli ostaggi che non sono in grado di mettere insieme i soldi del riscatto;
J. considerando che le persone sopravvissute nel Sinai hanno bisogno di assistenza sotto il profilo fisico e psicologico; che, tuttavia, che la maggior parte dei sopravvissuti del Sinai sono detenuti, privati di assistenza medica e di servizi sociali, costretti a firmare documenti che non comprendono e non ricevono assistenza legale nei paesi di destinazione, mentre molti di loro sono rimpatriati nel loro paese di origine in violazione del principio di non respingimento;
K. considerando che, secondo quanto riferito, le autorità egiziane non permettono l'accesso dell'UNHCR ai richiedenti asilo e ai migranti arrestati nel Sinai e non cercano di identificare tra questi le possibili vittime della tratta di esseri umani; che le riserve dell'Egitto in relazione alla convenzione delle Nazioni Unite sui rifugiati limitano il diritto di questi ultimi all'istruzione e alla sicurezza sociale e i diritti del lavoro;
L. considerando che molte delle famiglie delle vittime vivono in Stati membri dell'UE; che, secondo l'ultima pubblicazione di Europol, diversi Stati membri dell'UE hanno ricevuto segnalazioni di ricatti che avrebbero luogo nell'Unione per conto di gruppi della criminalità organizzata beduina del Sinai; che è nell'interesse dell'Unione sapere quali organizzazioni criminali sono coinvolte nelle attività di estorsione;
M. considerando che, secondo i dati dell'UNHCR, Israele ospita 53 000 richiedenti asilo africani che dal 2005 sono entrati nel paese attraverso l'Egitto; che, prima del giugno 2012, ogni mese in media 1 500 richiedenti asilo entravano in Israele attraverso il Sinai, mentre, secondo le autorità israeliane, questa cifra è diminuita considerevolmente nel 2013 a seguito del completamento della recinzione lungo il confine tra Israele ed Egitto; che l'UNHCR ha espresso preoccupazioni per una recente modifica della legge anti-infiltrazione israeliana, che limita ulteriormente i diritti dei richiedenti asilo;
N. considerando che l'UE ha ripetutamente invitato l'Egitto e Israele a sviluppare e migliorare la qualità dell'assistenza e della protezione offerta ai richiedenti asilo e ai rifugiati che risiedono o transitano sul loro territorio; che il 7 novembre 2013 funzionari sudanesi hanno chiesto aiuto all'UE per combattere la tratta di esseri umani;
1. condanna i recenti attentati terroristici contro forze di sicurezza e civili nel Sinai; è profondamente preoccupato per l'ulteriore deterioramento della situazione della sicurezza nel Sinai e chiede al governo ad interim e alle forze di sicurezza egiziani di intensificare gli sforzi per rispristinare la sicurezza, conformemente al diritto internazionale e alle norme internazionali sull'uso della forza e le operazioni di polizia, con il sostegno della comunità internazionale; esprime preoccupazione per il fatto che i continui disordini possano avere un effetto destabilizzante sull'intero Egitto nel periodo di transizione in corso;
2. esprime profonda preoccupazione per i casi di tratta di esseri umani segnalati nel Sinai e condanna con la massima fermezza i terribili abusi che subiscono le vittime dei trafficanti; esprime piena solidarietà alle vittime della tratta di esseri umani nel Sinai e alle loro famiglie e sottolinea nuovamente la responsabilità del governo egiziano e di quello israeliano nella lotta contro la tratta di esseri umani in tale regione; prende atto degli sforzi profusi dalle autorità e sottolinea che qualsiasi operazione militare e di applicazione della legge condotta dalle forze di sicurezza egiziane nel Sinai dovrebbe includere azioni volte a prestare soccorso alle vittime dei trafficanti di esseri umani, a proteggere e fornire assistenza a tali vittime, in particolare donne e bambini, per impedire che finiscano nuovamente nelle mani dei trafficanti, nonché ad arrestare e perseguire i trafficanti e gli agenti della sicurezza collusi con gli stessi, affinché siano chiamati a rispondere delle loro azioni;
3. ricorda che una delle cause di fondo della crisi è l'emarginazione dei beduini nel Sinai; osserva che ogni possibile soluzione alla crisi dovrebbe includere un programma globale di sviluppo volto a migliorare la situazione e le condizioni socioeconomiche della popolazione beduina locale, compreso il loro accesso alla polizia e all'esercito, nonché la loro partecipazione al processo politico;
4. invita le autorità egiziane a rispettare le proprie leggi anti-tratta, che garantiscono alle vittime della tratta l'immunità giudiziaria e l'accesso all'assistenza e alla protezione, come pure l'articolo 89 della nuova costituzione, che proibisce la schiavitù e ogni forma di oppressione e sfruttamento forzato di esseri umani, e ad applicare pienamente, attraverso la legislazione nazionale, i principi delle convenzioni di cui l'Egitto è firmatario; prende atto del decreto emanato il 9 marzo 2014 dal primo ministro egiziano, che istituisce un comitato di coordinamento nazionale per combattere l'immigrazione irregolare; invita le autorità egiziane a raccogliere e pubblicare statistiche sulle vittime della tratta;
5. sottolinea l'importanza di garantire protezione e assistenza ai sopravvissuti del Sinai, in particolare per quanto riguarda l'assistenza medica, psicologica e legale; invita tutti i paesi di destinazione interessati a impedire la detenzione dei sopravvissuti del Sinai, a mettere a punto sistemi migliori per l'identificazione delle vittime, a fornire loro accesso a procedure di asilo eque ed efficaci e all'UNHCR, a valutare ciascun caso singolarmente e a evitare l'espulsione dei sopravvissuti del Sinai in violazione del principio di non respingimento; chiede che le agenzie delle Nazioni Unite e le organizzazioni per i diritti umani abbiano pieno accesso alle zone interessate dal traffico e dalla tratta di esseri umani nel Sinai e che sia garantito un accesso pieno e incondizionato alle strutture di detenzione in cui sono trattenuti i richiedenti asilo e i rifugiati;
6. plaude alla decisione della Corte suprema israeliana del 16 settembre 2013 di revocare la disposizione della legge sulla prevenzione dell'infiltrazione che prevedeva la detenzione automatica, ma invita Israele ad abrogare la sua legge del 10 dicembre 2013, che autorizza la detenzione a tempo indeterminato dei richiedenti asilo; invita le autorità dei paesi di destinazione a riservare ai richiedenti asilo un trattamento conforme al diritto internazionale in materia di rifugiati e di diritti umani;
7. ricorda che le sistematiche e diffuse violazioni dei diritti umani in Eritrea costringono ogni mese migliaia di persone a fuggire dal paese; ricorda alle autorità sudanesi il loro obbligo di garantire la sicurezza dei rifugiati e dei richiedenti asilo e la priorità di elaborare e applicare immediatamente misure di sicurezza durature e adeguate nel campo profughi di Shagarab;
8. sottolinea l'importanza di un'azione regionale coordinata volta a ripristinare la sicurezza e combattere la tratta di esseri umani nel Sinai e chiede un rafforzamento del sostegno internazionale e della cooperazione al riguardo tra i governi di Egitto, Israele, Libia, Etiopia, Eritrea e Sudan nonché con le organizzazioni interessate, compresa la forza e gli osservatori multinazionali (MFO) delle Nazioni Unite;
9. incoraggia l'UE e gli Stati membri a sostenere tutti gli sforzi intesi a combattere il ciclo della tratta di esseri umani nel Sinai, conformemente agli obblighi internazionali che hanno assunto in materia; invita la Commissione a porre l'accento sul rispetto dei diritti umani nelle sue relazioni con il governo eritreo; ribadisce la disponibilità dell'UE ad aiutare le autorità a sviluppare e migliorare la qualità dell'assistenza e della protezione offerte ai richiedenti asilo e ai rifugiati che risiedono o transitano sul loro territorio; si compiace che il governo sudanese abbia chiesto il sostegno dell'UE;
10. invita il vicepresidente/alto rappresentante e la Commissione a includere la questione tra i temi prioritari dell'agenda del dialogo politico con Egitto, Israele e Sudan, nonché a collaborare attivamente con l'UNHCR per istituire un gruppo d'azione con gli Stati coinvolti nelle diverse fasi della catena della tratta, comprese le origini, il transito e la destinazione;
11. è estremamente preoccupato per i ricatti che, secondo le segnalazioni, avrebbero luogo nell'UE; ricorda pertanto alle autorità dell'UE la loro responsabilità di agire e invita i ministri degli Esteri e della Giustizia dell'UE ad adottare misure adeguate; invita le istituzioni dell'UE a esercitare pressioni su Israele ed Egitto affinché adottino provvedimenti volti a combattere la tratta nel Sinai e favoriscano l'attuazione delle prossime raccomandazioni di Europol;
12. plaude agli sforzi profusi da alcuni leader della comunità beduina e alle attività delle organizzazioni per la difesa dei diritti umani in Egitto e Israele, che offrono aiuto, assistenza e cure mediche alle vittime dei trafficanti di esseri umani nel Sinai, ed esorta la comunità internazionale e l'UE a continuare a finanziare i progetti delle ONG nella regione;
13. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al vicepresidente/alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al Consiglio e alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, ai governi egiziano, israeliano, eritreo e sudanese, al parlamento egiziano, alla Knesset israeliana, all'Assemblea nazionale sudanese, all'Assemblea nazionale eritrea, al Segretario generale delle Nazioni Unite e al Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani.