Risoluzione del Parlamento europeo del 17 aprile 2014 sul Pakistan: recenti casi di persecuzione (2014/2694(RSP))
Il Parlamento europeo,
– viste le sue precedenti risoluzioni sui diritti umani e la democrazia in Pakistan, in particolare quelle del 12 marzo 2014 sul ruolo regionale e le relazioni politiche del Pakistan con l'UE(1), del 10 ottobre 2013 sui recenti casi di violenze e persecuzioni contro cristiani, in particolare a Peshawar(2), del 10 marzo 2011 sul Pakistan e, in particolare, sull'assassinio di Shahbaz Bhatti(3), del 20 gennaio 2011 sulla situazione dei cristiani nel contesto della libertà religiosa(4) e del 20 maggio 2010 sulla libertà religiosa in Pakistan(5),
– visto l'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948,
– visto l'articolo 18 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1966,
– viste le dichiarazioni del vicepresidente/alto rappresentante dell'UE, Catherine Ashton, sull'aggressione del 23 settembre 2013 ai danni della comunità cristiana a Peshawar e sull'omicidio di Shahbaz Bhatti del 2 marzo 2011,
– vista la Dichiarazione delle Nazioni Unite del 1981 sull'eliminazione di tutte le forme di intolleranza e discriminazione fondate sulla religione e il credo,
– viste le relazioni del rappresentante speciale delle Nazioni Unite concernenti la libertà di religione o di credo,
– viste la relazione del rappresentante speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di religione o di credo e la relazione del rappresentante speciale delle Nazioni Unite sull'indipendenza dei giudici e degli avvocati (addendum: missione in Pakistan), del 4 aprile 2013,
– vista la sua risoluzione dell'11 dicembre 2013 sulla relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2012 e sulla politica dell'Unione europea in materia(6), che condanna la persecuzione dei cristiani e di altre minoranze religiose,
– visti il piano d'impegno quinquennale UE-Pakistan del marzo 2012, che prevede priorità tra cui il buon governo e il dialogo sui diritti umani, nonché il secondo dialogo strategico UE-Pakistan, strettamente correlato, del 25 marzo 2014,
– viste le conclusioni dell'11 marzo 2013 sul Pakistan in cui il Consiglio ribadisce le aspettative dell'UE riguardo alla promozione e al rispetto dei diritti umani condannando altresì tutti gli atti di violenza, anche contro le minoranze religiose(7),
– visti l'articolo 122, paragrafo 5, e l'articolo 110, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che una coppia cristiana, Shafqat Emmanuel e Shagufta Kausar, è stata condannata a morte il 4 aprile 2014 con l'accusa del presunto invio di un messaggio di testo contenente insulti al profeta Mohammed; che la coppia ha negato ogni responsabilità dichiarando che il telefono dal quale era partito il testo era rimasto irreperibile per un certo periodo di tempo prima che venisse spedito il messaggio;
B. considerando che Sawan Masih, un cristiano di Lahore in Pakistan, è stato condannato a morte il 27 marzo 2014 per blasfemia contro il profeta Mohammed; che la formulazione delle accuse contro Masih ha scatenato feroci disordini nella Joseph Colony, un quartiere cristiano di Lahore nel quale sono stati dati alle fiamme numerosi edifici, tra cui due chiese;
C. considerando che Asia Bibi, una donna cristiana del Punjab, è stata arrestata nel giugno 2009 e ha ricevuto una condanna a morte nel novembre 2010 con l'accusa di blasfemia; che dopo diversi anni il suo ricorso ha infine raggiunto l'Alta corte di Lahore; che nelle prime due udienze del gennaio e marzo 2014 i giudici che avrebbero dovuto presiedere la causa risultavano in congedo;
D. considerando che nel 2012, Rimsha Masih, una ragazza cristiana di 14 anni, erroneamente accusata di profanazione del Corano, è stata assolta in seguito alla scoperta che era stata vittima di un complotto, mentre il responsabile è stato arrestato; che, tuttavia, lei e la sua famiglia hanno dovuto abbandonare il paese;
E. considerando che i cristiani, che costituiscono circa l'1,6% della popolazione nella Repubblica islamica del Pakistan, sono vittime di pregiudizi e sporadici scoppi di violenza; che la maggioranza dei cristiani pakistani conduce un'esistenza precaria e che essi spesso temono di essere accusati di blasfemia, argomento in grado di provocare esplosioni di violenza pubblica; che al momento diversi altri cristiani sono in prigione con l'accusa di blasfemia;
F. considerando che Mohammad Asghar, cittadino del Regno Unito affetto da una malattia mentale e che vive in Pakistan, è stato arrestato per aver presumibilmente inviato lettere a diversi funzionari in cui sosteneva di essere un profeta ed è stato poi condannato a morte nel gennaio 2014;
G. considerando che un altro cittadino del Regno Unito, Masood Ahmad di 72 anni e membro della comunità religiosa Ahmaddiya, è stato rilasciato soltanto di recente su cauzione dopo essere stato arrestato nel 2012 con l'accusa di aver citato il Corano, il che è considerato un atto di blasfemia nel caso degli appartenenti a tale comunità, che non sono riconosciuti come musulmani e che ai sensi della sezione 298-C del Codice penale pakistano non possono "comportarsi da musulmani";
H. considerando che negli ultimi mesi sono stati attaccati cinque templi Hindu in diverse parti di Sindh (Tharparkar, Hyderabad e Larkana) e tre ragazzi Hindu sono stati accusati di blasfemia e sono attualmente sottoposti a misure detentive a Badin (Sindh), in quanto hanno realizzato graffiti sui muri in occasione di Holi (il festival Hindu dei colori);
I. considerando che i membri della comunità Shia Hazara sono ormai quotidianamente vittima di omicidi e migrazioni forzate per effetto del repentino inasprimento della violenza settaria in Pakistan; che oltre 10 000 Hindu sarebbero fuggiti dalla provincia, in quanto negli ultimi tre anni i sequestri di persona a scopo di estorsione sarebbero diventati una routine;
J. considerando che la legislazione del Pakistan in materia di blasfemia rende pericoloso per le minoranze religiose esprimersi liberamente o prendere apertamente parte alle attività religiose; che per vari anni l'applicazione di tali leggi ha suscitato un timore generalizzato, dato che le accuse sono spesso motivate da vendette, tornaconti economici o intolleranza religiosa, favorendo la cultura del vigilantismo, dando alle bande di criminali una piattaforma per le molestie e le aggressioni; che al Pakistan è stato chiesto nell'ambito dei meccanismi per i diritti umani delle Nazioni Unite di abrogare le leggi sulla blasfemia o, quantomeno, di porre immediatamente in essere delle garanzie, onde prevenire gli abusi della legge volti a prendere di mira cittadini spesso provenienti da comunità minoritarie;
K. considerando che, solo nel 2013, sono state denunciate centinaia di delitti d'onore; che questi ultimi rappresentano solo la forma più visibile di aggressione nei confronti delle donne se si pensa al tasso, sistematicamente alto, di violenze domestiche e matrimoni forzati;
L. considerando che il Pakistan svolge un ruolo importante nella promozione della stabilità nell'Asia meridionale e dovrebbe quindi dare l'esempio rafforzando lo Stato di diritto e i diritti umani;
M. considerando che l'Unione europea ha recentemente concesso al Pakistan lo status "GSP+" (sistema generalizzato delle preferenze), a condizione che attui le convenzioni applicabili in materia di diritti umani;
1. esprime profonda preoccupazione per il deciso aumento della violenza settaria, dell'intolleranza religiosa nei confronti delle minoranze e degli attacchi ai luoghi di culto, ivi incluse le chiese cristiane, nonché per la persistente repressione nei confronti delle donne in Pakistan;
2. è preoccupato per le ripercussioni delle citate manifestazioni di violenza sul futuro sviluppo della società pakistana nel suo complesso, alla luce delle sfide socio-economiche che il paese si trova ad affrontare; sottolinea che, in un'ottica di lungo termine, il Pakistan ha tutto l'interesse a offrire una maggiore sicurezza alla totalità dei suoi cittadini;
3. esprime profonda apprensione per il fatto che le controverse leggi sulla blasfemia si prestano a utilizzi impropri che possono avere conseguenze per i fedeli di tutte le religioni in Pakistan; è in particolare preoccupato per l'attuale aumento dei casi di ricorso alle leggi sulla blasfemia, cui si erano pubblicamente opposti i defunti Shahbaz Bhatti e Salman Taseer (rispettivamente ex ministro ed ex governatore), con specifico riferimento ai cristiani e alle altre minoranze religiose in Pakistan;
4. ricorda alle autorità pakistane l'obbligo loro incombente in virtù del diritto internazionale riguardante il rispetto della libertà di espressione nonché delle libertà di pensiero, coscienza, religione e credo; invita le autorità pakistane a liberare le persone detenute a seguito di condanne per blasfemia e a cassare le sentenze di morte in sede di appello; chiede alle autorità stesse di garantire l'indipendenza dei tribunali, lo Stato di diritto e il giusto processo, nel rispetto degli standard internazionali sui procedimenti giudiziari; invita inoltre le autorità pakistane a offrire protezione sufficiente a tutte le persone coinvolte in cause per blasfemia, ad esempio difendendo i giudici dalle pressioni esterne, tutelando gli accusati e le loro famiglie nonché le comunità dalla violenza della folla e offrendo soluzioni a coloro che, pur essendo assolti, non possono tornare ai loro luoghi di origine;
5. condanna duramente l'applicazione della pena di morte, a prescindere dalle circostanze; invita il governo del Pakistan a trasformare con urgenza la moratoria di fatto sulla pena di morte in una concreta abolizione di quest'ultima;
6. invita il governo pakistano a effettuare un attento riesame delle leggi sulla blasfemia e della relativa applicazione attuale (di cui alle sezioni 295 e 298 del Codice penale) nei casi di presunta blasfemia, in particolare alla luce delle recenti sentenze capitali; esorta il governo a resistere alle pressioni esercitate da gruppi religiosi e da alcune forze politiche dell'opposizione affinché siano mantenute tali leggi;
7. si rivolge al governo affinché acceleri le riforme delle madrasa (scuole religiose) istituendo curriculum di base rispondenti agli standard internazionali e in particolare elimini dai programmi scolastici gli elementi ispirati all'odio, introducendo altresì l'insegnamento della tolleranza a livello di religioni e di comunità nell'istruzione primaria; invita la Commissione a dare seguito alle precedenti richieste di revisione dei libri di testo finanziati dall'UE e contenenti istigazioni all'odio;
8. chiede al governo e al parlamento del Pakistan di introdurre con urgenza riforme dell'ordinamento giudiziario formale che scoraggino il ricorso a strutture informali come jirga e panchayat, incrementando altresì in maniera significativa le risorse finanziarie e umane a disposizione della magistratura, con particolare riferimento ai tribunali di prima istanza;
9. condanna duramente qualunque atto di violenza nei confronti di comunità religiose e tutti i tipi di discriminazione e intolleranza fondati sulla religione o sul credo; invita il governo del Pakistan a intervenire per proteggere le vittime dalla violenza della folla di matrice religiosa, in particolare vietando le pubbliche istigazioni all'odio; incoraggia inoltre tutti i pakistani a collaborare per promuovere e garantire la tolleranza e la comprensione reciproca; esorta le autorità pakistane a perseguire penalmente i responsabili di incitamento e chi diffonde false accuse di blasfemia;
10. ricorda che la costituzione pakistana garantisce la libertà di religione e i diritti delle minoranze; plaude alle misure adottate dal governo pakistano fin dal novembre del 2008 nell'interesse delle minoranze religiose, ad esempio l'assegnazione alle minoranze di una quota del 5% nel settore dei posti di lavoro a livello federale, il riconoscimento di festività non musulmane e la proclamazione di una Giornata nazionale delle minoranze;
11. esorta tuttavia il governo pakistano a incrementare gli sforzi finalizzati a una maggiore comprensione tra le religioni, ad affrontare attivamente l'ostilità da parte degli attori della società dettata da motivi religiosi, a combattere l'intolleranza religiosa, gli atti di violenza e intimidazione nonché a contrastare la percezione di impunità;
12. esprime profonda preoccupazione per la condizione doppiamente difficile di cui sono spesso vittima le donne e le ragazze appartenenti a minoranze, nella fattispecie a causa della prassi della conversione forzata e delle violenze sessuali mirate; esorta le autorità pakistane a migliorare la protezione, i procedimenti penali e i risarcimenti;
13. pone l'accento sul diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione in quanto diritto umano fondamentale; esprime preoccupazione per la tendenza, recentemente sviluppatasi in Pakistan, a imbavagliare la libertà di pensiero, espressione e informazione attraverso il blocco e il controllo dei servizi on-line di grande richiamo; invita il governo a porre fine alla censura su Internet e a rivedere sia il progetto di normativa antiterrorismo che quello riguardante le organizzazioni non governative (ONG) in quanto provvedimenti che menomerebbero considerevolmente l'indipendenza e la libertà operativa delle ONG, con un rischio di interruzione delle attività in Pakistan di ONG con collegamenti a livello internazionale;
14. sottolinea l'importanza del ruolo svolto dal Pakistan nel sostegno della stabilità nell'intera regione; incoraggia il Pakistan a svolgere un ruolo costruttivo nella promozione della sicurezza in Afghanistan; invita quindi il governo pakistano a rafforzare il rispetto dei diritti umani fondamentali sia a livello nazionale che per quanto riguarda l'intera regione;
15. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al rappresentante speciale dell'Unione europea per i diritti umani, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al Segretario generale delle Nazioni Unite e al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, nonché al governo e al parlamento del Pakistan.