– vista la dichiarazione congiunta del 10 giugno 2014 rilasciata dal Presidente della Commissione, dal Presidente del Consiglio europeo e dal Presidente del Parlamento assieme ai partecipanti alla riunione ad alto livello con i leader religiosi tenutasi in tale data,
– viste le dichiarazioni del 15 maggio 2014 del Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, sulla condanna a morte per apostasia promulgata in Sudan,
– vista la dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948 e la dichiarazione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme d'intolleranza e di discriminazione fondate sulla religione o il credo,
– visto il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici,
– vista la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli,
– vista la seconda revisione dell'accordo di Cotonou del 2012,
– visti gli orientamenti dell'Unione europea sulla libertà di religione o di credo del 2013,
– visto il primo protocollo alla Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli sui diritti della donna in Africa,
– vista la Carta araba dei diritti dell'uomo,
– visti i diritti dei minori,
– visti l'articolo 135, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che a fine 2013 Meriam Yahia Ibrahim (figlia di una madre cristiana etiope e di un padre musulmano sudanese), che era stata educata come cristiana, è stata accusata di adulterio da parte della famiglia paterna, che la ha denunciata alle autorità per aver sposato un cristiano; che l'accusa di apostasia è stata aggiunta nel dicembre 2013;
B. considerando che il verdetto del tribunale di primo grado è stato pronunciato il 12 maggio 2014 e ha condannato Meriam Ibrahim, allora all'ottavo mese di gravidanza, a cento frustate per l'accusa di adulterio e alla morte per impiccagione per l'accusa di apostasia, concedendole tre giorni di tempo per rinunciare al cristianesimo; che Meriam Ibrahim è stata condannata secondo la legge islamica (Sharia) in vigore nel Sudan dal 1983, che vieta la conversione e la punisce con la morte; che il 15 maggio 2014 il verdetto è stato confermato poiché Meriam Ibrahim ha deciso di non convertirsi all'Islam;
C. considerando che il 27 maggio 2014 Meriam Ibrahim ha dato alla luce una bambina, Maya, in carcere; che pare che, durante il travaglio, le gambe di Meriam Ibrahim siano state tenute incatenate, mettendo in serio pericolo la salute della madre e della bambina; che ciò costituisce una grave violazione dei diritti della donna e del bambino;
D. considerando che il 5 maggio 2014 il caso è stato trasferito con successo alla Corte d'appello;
E. considerando che Meriam Ibrahim è stata rilasciata dal carcere femminile di Omdurman il 23 giugno 2014, dopo che la Corte d'appello l'aveva dichiarata non colpevole per entrambe le accuse, ma che è stata nuovamente arrestata all'aeroporto di Khartoum, quando la famiglia era sul punto di partire per gli Stati Uniti, con l'accusa di aver tentato di lasciare il paese con documenti di viaggio falsi rilasciati dall'ambasciata del Sud Sudan a Khartoum;
F. considerando che Meriam Ibrahim è stata nuovamente liberata il 26 giugno 2014 e si è rifugiata nell'ambasciata degli Stati Uniti con la sua famiglia, e che sono in corso negoziati per permetterle di lasciare il Sudan, dove è oggetto di minacce di morte da parte di estremisti musulmani;
G. considerando che la libertà di pensiero, di credo e di religione è un diritto umano universale che deve essere protetto ovunque e per tutti; che il Sudan ha ratificato le pertinenti convenzioni dell'ONU e dell'Unione africana e ha quindi un obbligo internazionale di difendere e promuovere la libertà di religione o di credo, che include il diritto di adottare, cambiare o abbandonare la propria religione o il proprio credo seguendo la propria libera volontà;
H. considerando che la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli, ratificata dalla Repubblica del Sudan, include il diritto alla vita e il divieto della tortura e di trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti, ma che la pena di morte, la fustigazione, l'amputazione e altre forme di punizione corporale sono ancora applicate in Sudan per tutta una serie di reati;
I. considerando che le autorità sudanesi ricorrono in modo sproporzionato alla condanna di donne e ragazze in base ad accuse di reati mal definiti, per decisioni personali e private che non avrebbero mai dovuto entrare nell'ambito penale; che le donne sono vittime, in modo sproporzionato, di punizioni crudeli come la fustigazione, in violazione dei loro diritti umani e della loro dignità, privacy e uguaglianza;
J. considerando che il Sudan ha aderito alla Carta araba dei diritti dell'uomo, il cui articolo 27 prevede che le persone di tutte le religioni hanno il diritto di praticare la propria fede;
K. considerando che la Repubblica del Sudan è vincolata dalla clausola sui diritti umani dell'accordo di Cotonou(1) e dal Patto internazionale sui diritti civili e politici(2);
L. considerando che, nonostante il presidente Omar al-Bashir abbia dichiarato l'avvio di un dialogo nazionale nel gennaio 2014, la detenzione di Meriam Ibrahim e il suo trattamento inumano sono emblematici di un giro di vite preoccupante da parte delle autorità sudanesi nei confronti di minoranze, attivisti dei diritti umani, studenti manifestanti, giornalisti, politici di opposizione e organizzazioni fondate sui diritti, in particolare quelle che promuovono i diritti delle donne e la responsabilizzazione dei giovani;
1. condanna la detenzione ingiustificata di Meriam Ibrahim; esorta il governo del Sudan ad abrogare tutta la legislazione che discrimina in base al genere o alla religione e a proteggere l'identità religiosa delle minoranze;
2. sottolinea che è degradante e inumano per una donna partorire incatenata e fisicamente trattenuta; invita le autorità sudanesi a garantire che tutte le donne incinte o puerpere che sono detenute ricevano un'adeguata e sicura assistenza sanitaria materna e neonatale;
3. ribadisce che la libertà di coscienza, di credo e di religione è un diritto umano universale che deve essere protetto ovunque e per tutti; condanna fermamente tutte le forme di violenza e intimidazione che compromettono il diritto di avere, di non avere o di adottare una religione di propria scelta, compreso l'uso di minacce, di forza fisica o di sanzioni penali per costringere i credenti o i non credenti a rinunciare alla propria religione o convertirsi; sottolinea che l'adulterio e l'apostasia sono atti che non dovrebbero neanche essere qualificati come reati;
4. ricorda che il Sudan ha ratificato le pertinenti convenzioni dell'ONU e dell'Unione africana e ha quindi un obbligo internazionale di difendere e promuovere la libertà di religione o di credo, che include il diritto di adottare, cambiare o abbandonare la propria religione o il proprio credo seguendo la propria libera volontà;
5. esige che il governo sudanese - in linea con i diritti umani universali – abroghi tutte le disposizioni di legge che penalizzano o discriminano le persone per le loro convinzioni religiose, perché cambiano religione o credo o per aver indotto altri a cambiare religione o credo, soprattutto quando i casi di apostasia, eterodossia o conversione sono punibili con la morte;
6. sottolinea che tali leggi sono in contrasto con la Costituzione temporanea del Sudan del 2005, con la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e con il Patto internazionale sui diritti civili e politici, ed esorta il Sudan a ratificare il secondo protocollo opzionale al Patto internazionale sui diritti civili e politici, mirante ad abolire la pena di morte(3);
7. esorta il Sudan a proclamare una moratoria immediata delle esecuzioni in vista dell'abolizione della pena di morte e di tutte le forme di punizione corporale;
8. rileva con preoccupazione la persistente e frequente violazione dei diritti delle donne in Sudan, in particolare dell'articolo 152 del codice penale del Sudan; esorta le autorità sudanesi a firmare rapidamente e ratificare la Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne;
9. rileva con preoccupazione che l'impunità per gravi violazioni dei diritti umani rimane un problema diffuso e grave nel Sudan, come nel caso del conflitto nel Darfur, dove le autorità non hanno perseguito la stragrande maggioranza dei gravi reati commessi, compresi atti di violenza sessuale; esorta il governo sudanese a indagare sulle violazioni dei diritti umani, compresi uccisioni, torture e maltrattamenti di detenuti, stupri e altre forme di violenza sessuale, e a perseguirne i responsabili;
10. ribadisce la propria ferma adesione a una rigida separazione tra religione o credo da una parte e Stato dall'altra, il che implica il rifiuto di qualsivoglia ingerenza religiosa nel funzionamento del governo, nonché la non discriminazione in base alla religione o al credo;
11. esorta il governo del Sudan ad aderire al primo protocollo alla Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli sui diritti delle donne in Africa e al protocollo della Corte di giustizia dell'Unione africana, ambedue adottati a Maputo, in Mozambico, l'11 luglio 2003;
12. esorta il governo del Sudan ad intraprendere, con il sostegno della comunità internazionale, una urgente riforma giuridica al fine di tutelare i diritti umani e le libertà fondamentali, garantire la tutela dei diritti umani di ciascun individuo e affrontare, in particolare, la discriminazione contro le donne, le minoranze e i gruppi svantaggiati;
13. esprime il proprio sostegno agli sforzi volti a raggiungere una soluzione negoziata inclusiva alla situazione in Sudan, e sostiene gli sforzi delle parti della società civile e dell'opposizione per promuovere il processo di pace;
14. invita l'Unione europea ad assumere un ruolo di guida premendo per una ferma risoluzione sul Sudan alla prossima sessione del Consiglio per i diritti umani del settembre 2014, nella quale si tratti delle gravi e diffuse violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale in tale paese;
15. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, agli Stati membri, al governo del Sudan, all'Unione Africana, al Segretario generale delle Nazioni Unite, ai Copresidenti dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE e al Parlamento panafricano.
Accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP), da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000 (accordo di Cotonou).
– viste le sue precedenti risoluzioni sull'Egitto, in particolare quella del 6 febbraio 2014 sulla situazione in Egitto(1),
– vista la sua risoluzione dell'11 dicembre 2012 su una strategia di libertà digitale nella politica estera dell'UE(2),
– vista la sua risoluzione del 13 giugno 2013 sulla libertà della stampa e dei media nel mondo(3),
– vista la sua risoluzione del 23 ottobre 2013 sulla politica europea di vicinato: verso un rafforzamento del partenariato. Posizione del Parlamento europeo sulle relazioni del 2012(4),
– visti gli orientamenti dell'UE sulla libertà di espressione online e offline del 12 maggio 2014,
– visti gli orientamenti dell'UE sui difensori dei diritti umani,
– viste le dichiarazioni sull'Egitto del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR), Catherine Ashton, e in particolare le sue osservazioni a seguito della riunione del Consiglio "Affari esteri" del 23 giugno 2014 in merito alle condanne a carico di taluni giornalisti di Al Jazeera e alle condanne a morte di oltre 180 persone a Minya,
– vista la dichiarazione preliminare del 29 maggio 2014 della missione UE di osservazione elettorale alle elezioni presidenziali in Egitto,
– vista la dichiarazione del 29 maggio 2014 del capo della delegazione del Parlamento europeo presso la missione UE di osservazione elettorale alle elezioni presidenziali in Egitto,
– viste le dichiarazioni del 23 giugno 2014 del Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, e dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Navi Pillay, sulle pene detentive a carico di diversi giornalisti e sulla conferma della condanna a morte di vari membri e sostenitori dei Fratelli musulmani,
– visti l'accordo di associazione UE-Egitto del 2001, entrato in vigore nel 2004 e rafforzato dal piano di azione del 2007, nonché la relazione della Commissione sullo stato di avanzamento della sua attuazione del 20 marzo 2013,
– vista la Costituzione egiziana adottata a seguito del referendum del 14-15 gennaio 2014, in particolare gli articoli 65, 70, 73, 75 e 155,
– vista la legge egiziana n. 107, del 24 novembre 2013, concernente il diritto di svolgere raduni pubblici, cortei e manifestazioni pacifiche,
– visto il Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966, di cui l'Egitto è firmatario,
– vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948,
– visti l'articolo 135, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che la libertà di espressione e la libertà di riunione sono pilastri indispensabili di una società democratica e pluralistica; che la libertà della stampa e dei media costituisce un aspetto vitale per la democrazia e una società aperta; che la Costituzione egiziana adottata nel 2014 sancisce le libertà fondamentali, compresa la libertà di espressione e di riunione;
B. considerando che le violazioni delle libertà fondamentali e dei diritti umani – tra cui gli atti di violenza, incitamento, istigazione all'odio, vessazione, intimidazione e censura a danno di oppositori politici, manifestanti pacifici, giornalisti, blogger, sindacalisti, attivisti della società civile e minoranze, perpetrati dalle autorità statali, dalle forze e dai servizi di sicurezza e da altri gruppi in Egitto – sono tuttora diffuse in Egitto; che le libertà di associazione, di riunione e di espressione restano punti che destano particolari preoccupazioni dal luglio 2013; che nella sua relazione 2014 sulla libertà nel mondo l'organizzazione Freedom House classifica l'Egitto come paese "non libero";
C. considerando che la stampa, i media e le libertà digitali sono stati oggetto di ripetuti attacchi sempre più intensi da parte del governo egiziano; che giornalisti ed emittenti giornalistiche, social media e Internet sono stati oggetto di attacchi o censura; che vi è una polarizzazione estrema dei media egiziani in fazioni pro e anti Morsi, il che sta aggravando la polarizzazione della società egiziana; che, secondo Reporter senza frontiere, sono stati arrestati almeno 65 giornalisti e 15 di essi sono ancora in stato di fermo; che dal luglio 2013 sono stati uccisi nel paese almeno sei giornalisti;
D. considerando che il 23 giugno 2014 20 giornalisti egiziani e stranieri, compresi tre corrispondenti di Al Jazeera (l'australiano Peter Greste, il canadese-egiziano Mohamed Fahmy e l'egiziano Baher Mohamed), nonché, in contumacia, la cittadina olandese Rena Netjes, sono stati condannati a periodi di reclusione compresi tra i 7 e i 10 anni; che sono stati accusati di "falsificare le notizie" e di appartenere o aver fornito assistenza a una cellula terroristica; che i giornalisti sono incarcerati e considerati criminali o "terroristi" semplicemente per aver svolto il loro lavoro; che Rena Netjes è stata falsamente accusata di lavorare per Al Jazeera;
E. considerando che, secondo numerosi testimoni, varie irregolarità e casi di inettitudine sono stati osservati durante il processo; che al processo hanno partecipato osservatori internazionali, comprese le ambasciate di alcuni Stati membri dell'Unione; che l'alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Navi Pillay, ha denunciato questi procedimenti giudiziari definendoli "pieni di irregolarità procedurali e in violazione delle norme internazionali in materia di diritti umani"; che il presidente egiziano Abdul Fattah al-Sisi ha recentemente riconosciuto che tali sentenze hanno avuto conseguenze negative e ha affermato che avrebbe voluto che gli accusati fossero deportati subito dopo il loro arresto invece di subire un processo; che è possibile presentare un ricorso, con un processo che potrebbe durare dei mesi;
F. considerando che migliaia di manifestanti e prigionieri di coscienza sono stati incarcerati in Egitto da quando l'esercito egiziano ha preso il potere nel luglio 2013; che gli arresti e i casi di detenzione arbitraria sono continuati dopo l'elezione del presidente al-Sisi nel maggio 2014; che l'11 giugno 2014 un tribunale ha condannato Alaa Abdul Fattah, un noto attivista che ha svolto un ruolo di primo piano nella rivoluzione del 2011, e altre persone a 15 anni di reclusione con l'accusa di aver violato la legge n. 107 concernente il diritto di svolgere raduni pubblici, cortei e manifestazioni pacifiche del 2013 (legge sulle proteste); che altri attivisti di spicco, compresi Mohamed Adel, Ahmed Douma, Mahienour El-Massry e Ahmed Maher, come pure importanti difensori dei diritti delle donne quali Yara Sallam e Sana Seif, restano in carcere; che il 28 aprile 2014 il tribunale degli affari urgenti del Cairo ha emesso una sentenza che mette al bando il movimento giovanile 6 aprile;
G. considerando che i funzionari governativi hanno riconosciuto che le autorità hanno detenuto almeno 16 000 individui, compresi 1 000 manifestanti, dal gennaio 2014, e che molti di loro erano stati fermati per aver il esercitato il loro diritto alla libertà di riunione, di associazione e di espressione, o per la loro presunta appartenenza al movimento dei Fratelli musulmani; che centinaia di studenti sono stati inoltre arrestati durante proteste e scontri;
H. considerando che circa 1 400 manifestanti sono stati uccisi dal luglio 2013 a seguito di un uso eccessivo e arbitrario della forza da parte delle forze di sicurezza; che nessun funzionario responsabile della sicurezza è stato chiamato a rispondere di tali atti o altri abusi nei confronti dei manifestanti nell'ultimo anno; che è stata ampiamente riconosciuta l'incapacità, sino a questo momento, della commissione d'inchiesta istituita nel dicembre 2013 di condurre un'indagine approfondita, credibile e imparziale in relazione agli episodi di violenza verificatisi dal luglio 2013;
I. considerando che l'articolo 65 della Costituzione egiziana afferma che è garantita la libertà di pensiero e di opinione, e che tutti gli individui hanno il diritto di manifestare la loro opinione con discorsi, scritti, immagini o qualsiasi altro mezzo di espressione o pubblicazione; che, nella sua dichiarazione preliminare, la missione UE di osservazione elettorale alle elezioni presidenziali in Egitto del maggio 2014 ha affermato che sebbene la nuova Costituzione avesse stabilito un ampio catalogo di diritti fondamentali, il rispetto di tali diritti non rispondeva ai principi costituzionali, e che era possibile osservare nel paese un clima generale caratterizzato da una limitata libertà di espressione e dalla conseguente autocensura da parte dei giornalisti;
J. considerando che l'articolo 73 della Costituzione egiziana afferma che i cittadini hanno il diritto di organizzare riunioni pubbliche, cortei, manifestazioni e ogni forma di protesta pacifica, in assenza di armi di alcun genere, presentando una notifica come previsto dalla legge, e che il diritto di riunione pacifica e privata è garantito senza la necessità di notifica preventiva, mentre le forze di sicurezza non possono partecipare a tali riunioni, sorvegliarle o intercettarne le conversazioni; che l'approvazione, nel novembre 2013, della legge n. 107 concernente il diritto di svolgere raduni pubblici, cortei e manifestazioni pacifiche (legge sulle proteste), che introduce restrizioni alle riunioni pubbliche e alle manifestazioni e autorizza le forze di sicurezza a ricorrere alla forza eccessiva contro i manifestanti, rappresenta una grave minaccia per la libertà di riunione;
K. considerando che negli ultimi mesi le proteste pacifiche sono state disperse e molti manifestanti sono stati arrestati e detenuti ai sensi della legge sulle proteste; che il 21 giugno 2014 la polizia ha disperso un corteo pacifico a Heliopolis, col quale si chiedeva l'abrogazione della legge sulle proteste e il rilascio delle persone detenute ai sensi della stessa, e lo stesso giorno ha arrestato oltre 50 persone legate a tale evento; che più di 20 tra gli arrestati sono ancora detenuti e sono sotto processo;
L. considerando che l'articolo 75 della Costituzione egiziana afferma che tutti i cittadini hanno il diritto di costituire associazioni e fondazioni non governative su base democratica; che le organizzazioni della società civile egiziane hanno recentemente espresso profonda preoccupazione per il recente progetto di legge sulle ONG, che imporrebbe il controllo completo sui gruppi civici e li farebbe dipendere da organismi di sicurezza e amministrativi, oltre a consentire la condanna dei difensori dei diritti umani;
M. considerando che nel settembre 2013 le autorità egiziane ad interim hanno interdetto i Fratelli musulmani, imprigionato i loro leader, confiscato i loro beni, ridotto al silenzio i loro media e criminalizzato l'adesione al movimento; che il 21 giugno 2014 un tribunale egiziano ha confermato la condanna a morte di 183 membri e sostenitori dei Fratelli musulmani, già condannati in un precedente processo di massa; che tali condanne sono solo l'ultima di una serie di procedimenti giudiziari viziati da irregolarità procedurali e svoltisi in violazione del diritto internazionale;
N. considerando che le recenti pratiche giudiziarie gettano seri dubbi sull'indipendenza del sistema giudiziario e sulla sua capacità di garantire l'assunzione di responsabilità; che, in particolare, le condanne che prevedono la pena di morte rischiano di compromettere le prospettive di stabilità a lungo termine in Egitto;
O. considerando che l'articolo 155 della Costituzione egiziana afferma che il Presidente della Repubblica, dopo aver consultato il Gabinetto, può accordare la grazia o ridurre una condanna;
P. considerando che lo Stato di diritto, le libertà fondamentali e i diritti umani, così come la giustizia sociale e un più elevato tenore di vita per i cittadini rappresentano elementi fondamentali della transizione verso una società egiziana aperta, libera, democratica, stabile e prospera; che sindacati e organizzazioni della società civile indipendenti sono chiamati a svolgere un ruolo fondamentale in questo processo e che la libertà dei mezzi d'informazione rappresenta un pilastro della società in qualsiasi democrazia; che, nell'attuale periodo di transizione politica e sociale attraversato dal paese, le donne egiziane continuano a trovarsi in una situazione particolarmente vulnerabile;
Q. considerando che, in linea con la sua Politica europea di vicinato riveduta, e in particolare con l'approccio "di più a chi fa di più" ("more for more"), il livello e la portata dell'impegno dell'Unione nei confronti dell'Egitto dovrebbero basarsi sull'incentivazione e dipendono pertanto dai progressi che il paese compie in materia di democrazia, Stato di diritto, diritti umani e uguaglianza di genere;
1. condanna fermamente, chiedendone la fine immediata, tutti gli atti di violenza, incitamento, istigazione all'odio, vessazione, intimidazione o censura contro gli oppositori politici, i manifestanti, i giornalisti, i blogger, i sindacalisti, gli attivisti per i diritti delle donne, gli attori della società civile e le minoranze da parte delle autorità statali, delle forze e dei servizi di sicurezza e di altri gruppi in Egitto; ricorda al governo egiziano che è sua responsabilità garantire la sicurezza di tutti i cittadini, indipendentemente dalle loro opinioni politiche, dalla loro appartenenza politica o dalla loro confessione, nonché l'esercizio delle libertà di riunione, di associazione, di espressione e di stampa nel paese, senza restrizioni e censure arbitrarie; invita le autorità egiziane a impegnarsi a favore del dialogo e della non violenza nonché di una governance inclusiva;
2. esprime profonda preoccupazione per una serie di recenti decisioni giudiziarie in Egitto, compresa la lunga condanna detentiva emessa il 23 giugno 2014 nei confronti di tre giornalisti di Al Jazeera e di altri 11 imputati giudicati in contumacia, nonché la conferma della condanna a morte per 183 persone;
3. manifesta forte preoccupazione per la repressione e le aggressioni fisiche sempre più gravi nei confronti della società civile e dei media in Egitto, che stanno ostacolando la loro capacità di operare in modo libero; condanna le vessazioni, la detenzione e i procedimenti a carico di giornalisti e attori della società civile nazionali e internazionali, tra cui blogger, per il semplice fatto di esercitare la loro attività; ribadisce il suo invito a svolgere indagini tempestive, indipendenti, serie e imparziali su casi di uso sproporzionato della forza e di detenzione arbitraria da parte delle forze di sicurezza e delle autorità statali e chiede che i responsabili rispondano delle proprie azioni;
4. deplora l'esistenza di una censura sui mezzi di comunicazione e su Internet nonché le restrizioni di accesso a determinati blog e social network; condanna le vessazioni subite da vari giornali e mezzi di comunicazione audiovisivi;
5. invita le autorità egiziane a liberare immediatamente e senza condizioni tutte le persone detenute, condannate e/o giudicate per aver esercitato pacificamente i loro diritti di libera espressione e associazione, nonché tutti i difensori dei diritti umani; invita la magistratura egiziana a garantire che tutti procedimenti giudiziari nel paese rispettino il requisito di un processo libero ed equo e a garantire il rispetto dei diritti degli imputati; invita le autorità egiziane a ordinare indagini indipendenti e imparziali in merito a tutti i presunti casi di maltrattamenti e a garantire l'accesso di tutti i detenuti alle cure mediche eventualmente necessarie;
6. sottolinea che la legge egiziana contro il terrorismo è stata anche utilizzata in diversi processi per emettere sentenze di condanna; esorta il presidente a intervenire immediatamente, anche avvalendosi del suo diritto costituzionale di concedere la grazia, affinché non si esegua alcuna condanna a morte e nessuno possa essere detenuto in Egitto in virtù di una sentenza emessa nel quadro di un procedimento giudiziario non conforme ai predetti requisiti; invita le autorità a istituire immediatamente una moratoria ufficiale sulle esecuzioni come primo passo verso la loro abolizione;
7. invita le autorità egiziane competenti ad abrogare o modificare la legge sulle proteste e a rivedere il nuovo disegno di legge sulle ONG presentato dal ministero della Solidarietà sociale, conformemente agli articoli 65, 73 e 75 della costituzione egiziana, alle norme internazionali e agli obblighi internazionali del paese, nonché a garantire che tutte le leggi in vigore e future siano conformi alla costituzione e a tali norme e obblighi;
8. ricorda che la costituzione egiziana di recente adozione ha spianato la strada alla costruzione di un paese che rispetti la libertà e la democrazia e che faccia dei diritti e della giustizia il proprio modo di vivere; rammenta al governo egiziano che la libertà di espressione, la libertà di stampa e la libertà digitale, come pure il diritto di partecipare a manifestazioni pacifiche, sono diritti umani fondamentali in una democrazia, come riconosciuto nella nuova costituzione egiziana;
9. ricorda alle autorità egiziane competenti i loro obblighi giuridici nazionali e internazionali e invita il presidente al-Sisi e il governo egiziano ad accordare priorità alla protezione e alla promozione dei diritti umani, nonché ad assicurare l'assunzione di responsabilità nei casi di violazione di tali diritti;
10. esorta le autorità egiziane competenti a cambiare rotta e ad adottare misure concrete per garantire che le disposizioni della nuova costituzione in materia di diritti e libertà fondamentali, compresa la libertà di espressione e di riunione, siano attuate appieno, dimostrando di rispettare i diritti umani e lo Stato di diritto e procedendo al rilascio immediato e incondizionato dei prigionieri di coscienza;
11. sottolinea l'importanza della separazione dei poteri quale principio fondamentale della democrazia e il fatto che la magistratura non può essere utilizzata come strumento di persecuzione e repressione politica, e propone una revisione della legge sull'autorità giudiziaria per assicurare un'effettiva separazione dei poteri che conduca a un'amministrazione indipendente e imparziale della giustizia;
12. incoraggia i rappresentanti della delegazione UE e le ambasciate degli Stati membri dell'Unione al Cairo a presenziare ai processi politicamente sensibili a carico di giornalisti egiziani e stranieri, blogger, sindacalisti e attivisti della società civile;
13. si rammarica che, nonostante la nuova legge sulle molestie sessuali, la violenza nei confronti delle donne si sia intensificata, in particolare nella sfera pubblica, con decine di casi di stupro e violenze sessuali perpetrate durante le proteste; esorta le autorità egiziane a porre fine alla criminalizzazione delle persone LGBT per l'espressione del loro orientamento sessuale e l'esercizio del diritto di riunione, sulla base della "legge sulla depravazione", e a rilasciare tutte le persone LGBT arrestate e imprigionate in virtù di tale legge; esorta il governo egiziano ad adottare strategie nazionali per combattere la violenza nei confronti delle donne e delle persone LGBT e a eliminare ogni forma di discriminazione, garantendo un'effettiva consultazione e partecipazione in tutto il processo dei gruppi a difesa dei diritti delle donne e delle persone LGBT e di altre organizzazioni della società civile;
14. ribadisce che la libertà di stampa e dei mezzi d'informazione è un elemento essenziale della democrazia e di una società aperta, e che in quanto tale dovrebbe rientrare tra i punti centrali dell'azione dell'Unione in relazione all'Egitto, nel quadro di una strategia UE più ampia e coerente che dovrebbe concentrarsi sul miglioramento dei diritti, delle libertà e delle opportunità degli egiziani, nella misura in cui l'Unione sviluppa relazioni con tale paese;
15. esprime nuovamente la sua profonda solidarietà con il popolo egiziano nell'attuale periodo di difficoltosa transizione nel paese; chiede che gli Stati membri adottino una strategia comune nei confronti dell'Egitto; esorta nuovamente il Consiglio, il VP/AR e la Commissione a impegnarsi attivamente, nell'ambito delle loro relazioni bilaterali con l'Egitto e dell'assistenza finanziaria a suo favore, sulla base del principio di condizionalità ("più progressi, più aiuti") e tenendo conto delle importanti sfide economiche che il paese si trova ad affrontare; chiede nuovamente, a tale riguardo, la definizione di parametri di riferimento chiari e condivisi; ribadisce il suo impegno ad assistere il popolo egiziano nel suo cammino verso le riforme democratiche ed economiche;
16. invita il VP/AR a chiarire le misure specifiche adottate in risposta alla decisione del Consiglio "Affari esteri" di rivedere l'assistenza dell'UE all'Egitto; chiede, in particolare, di chiarire la situazione attuale: i) del programma pianificato di riforma della giustizia; ii) dei programmi UE a sostegno del bilancio; iii) del programma per la promozione degli scambi e dell'attività interna; e iv) della partecipazione dell'Egitto ai programmi regionali dell'UE, come Euromed Police ed Euromed Justice;
17. chiede di vietare in tutta l'UE l'esportazione in Egitto di tecnologie di intrusione e sorveglianza che potrebbero essere utilizzate per spiare e reprimere i cittadini, e di vietare, conformemente all'intesa di Wassenaar, l'esportazione di dispositivi di sicurezza o aiuti militari che potrebbero essere impiegati per reprimere manifestazioni pacifiche;
18. incoraggia il VP/AR a riunire il sostegno dell'UE a favore di una risoluzione della situazione in Egitto in occasione della prossima sessione del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani, il che permetterebbe, tra l'altro, di avviare un'indagine internazionale sull'uccisione di manifestanti e presunte torture e maltrattamenti perpetrati dalle forze di sicurezza nel corso dell'ultimo anno;
19. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ai parlamenti e ai governi degli Stati membri nonché al presidente e al governo ad interim della Repubblica araba d'Egitto.
– viste le sue precedenti risoluzioni sulla Nigeria, in particolare quelle del 4 luglio 2013(1) e del 15 marzo 2012(2),
– viste le dichiarazioni del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Catherine Ashton, sulla Nigeria, comprese quelle rilasciate il 26 giugno 2014 e il 15 aprile 2014,
– viste le conclusioni del Consiglio del 12 maggio 2014 sui rapimenti in Nigeria,
– vista la dichiarazione del portavoce del SEAE del 26 giugno 2014 sulla Nigeria,
– vista la decisione del Consiglio di aggiungere Boko Haram all'elenco dell'UE delle organizzazioni terroristiche, entrata in vigore il 29 maggio 2014,
– vista la dichiarazione del portavoce del Segretario Generale delle Nazioni Unite del 30 giugno 2014,
– visto il rapporto del Segretario generale delle Nazioni Unite sui bambini e i conflitti armati pubblicato il 1° luglio 2014,
– visto il messaggio del Segretario generale delle Nazioni Unite del 17 giugno 2014 a una tavola rotonda in occasione della Giornata del bambino africano,
– vista la relazione sulle attività di esame preliminare del 2013 della Corte penale internazionale (CPI),
– visto il Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966, ratificato dalla Nigeria il 29 ottobre 1993,
– vista la Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW), adottata nel 1979,
– vista la dichiarazione delle Nazioni Unite del 1981 sull'eliminazione di tutte le forme di intolleranza e discriminazione fondate sulla religione o il credo,
– vista la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli del 1981, ratificata dalla Nigeria il 22 giugno 1983,
– vista la seconda revisione dell'accordo di Cotonou per il periodo 2007-2013, ratificata dalla Nigeria il 27 settembre 2010,
– vista la Costituzione della Repubblica federale della Nigeria, in particolare le disposizioni sulla protezione della libertà di religione contenute nel titolo IV sul diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione,
– visti l'articolo 135, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che Boko Haram costituisce una crescente minaccia alla stabilità della Nigeria, dell'Africa occidentale e della regione del Sahel; che le violenze istigate da questa organizzazione jihadista islamica estremista sono sfociate in varie migliaia di morti negli ultimi dieci anni; che l'organizzazione colpisce indiscriminatamente cristiani, musulmani moderati, personale governativo e istituzioni nonché, in sostanza, chiunque non aderisca alle sue convinzioni dogmatiche ed estremiste;
B. considerando che nella notte tra il 14 e il 15 aprile 2014 Boko Haram ha rapito 276 studentesse dalla scuola secondaria governativa nella città di Chibok nello Stato di Borno; che ad oggi più di 200 studentesse non sono ancora state ritrovate; che secondo alcune segnalazioni le forze di sicurezza nigeriane non hanno risposto ad un avvertimento preventivo; che in seguito all'attacco di Chibok hanno avuto luogo anche altri rapimenti di scolari;
C. considerando che le ragazze rapite sono seriamente a rischio di violenze sessuali, schiavitù e matrimoni forzati;
D. considerando che tali rapimenti hanno prodotto una forte reazione da parte della società civile in Nigeria e nel mondo, con la quale è stato chiesto al governo nigeriano di adottare provvedimenti efficaci per "riportare a casa le nostre bambine", garantire la protezione degli scolari e far fronte alla diffusione di Boko Haram;
E. considerando che sono pervenute segnalazioni allarmanti, anche dal SEAE e da fonti governative, relative al ricorso alla violenza indiscriminata come elemento della risposta del governo, compresa la task force congiunta nigeriana di unità militari e di polizia, istituita nel maggio 2013 per lottare contro Boko Haram;
F. considerando che negli ultimi mesi il tasso degli attacchi condotti da Boko Haram è drammaticamente aumentato e che tali attacchi stanno diventando sempre più violenti, provocando finora più di 4 000 morti in attacchi contro chiese, scuole, mercati e villaggi, così come installazioni di sicurezza; che Boko Haram sta attualmente ampliando il suo raggio di azione coprendo l'intera metà settentrionale della Nigeria e le zone adiacenti dei paesi vicini;
G. considerando che Boko Haram è ritenuta responsabile di almeno 18 attacchi contro la popolazione civile nella Nigeria settentrionale nelle ultime due settimane, cui si aggiungono le crescenti tensioni politiche dovute alle elezioni generali in programma per il 2015;
H. considerando che gli attacchi di Boko Haram e la risposta del governo hanno innescato una crisi dei rifugiati, spingendo , secondo l'UNHCR, più di 10 000 persone a cercare rifugio all'estero, soprattutto nel Niger e in Cameroon, e un numero decisamente maggiore a divenire sfollati interni; che questa situazione mette ancor più a dura prova le scarse risorse alimentari e idriche locali, in particolare nel Niger, che si trova dover far fronte all'insicurezza alimentare dopo anni di siccità;
I. considerando che la situazione umanitaria di un'ampia parte della popolazione continua ad essere critica, dato che il 70% delle persone vive con meno di 1,25 dollari statunitensi al giorno;
J. considerando che la libertà di espressione e la libertà di stampa sono compromesse da minacce di arresti, intimidazioni, violenze e persino uccisioni nei confronti di chi riferisce sulle autorità nigeriane in modo critico; che Boko Haram ha ripetutamente minacciato di attaccare i mezzi di informazione che hanno parlato dell'organizzazione in modo negativo;
K. considerando che, in seguito alla dichiarazione dello Stato di emergenza in vigore dal 14 maggio 2013 negli Stati di Borno, Yobe e Adamawa, ampie parti di tali Stati sono divenute inaccessibili alle agenzie umanitarie, ai giornalisti e ai reporter; che il governo ha interrotto i servizi di telefonia mobile in diverse zone al fine di impedire ai militanti di comunicare;
L. considerando che in varie occasioni l'UE e i suoi Stati membri hanno offerto sostegno alla Nigeria per affiancarla nei suoi sforzi volti a proteggere i cittadini e a sconfiggere il terrorismo in tutte le sue forme nonché a porre fine alla cultura dell'impunità per le violenze sessuali;
M. considerando che il 28 maggio 2014 l'UE ha inserito Boko Haram e il suo capo Abubakar Shekau nel suo elenco di organizzazioni terroristiche, in seguito alla decisione delle Nazioni Unite di classificare Boko Haram come un'organizzazione terroristica e all'esempio di altri partner internazionali;
N. considerando che l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Navi Pillay, ha avvertito che gli attacchi di Boko Haram possono costituire crimini contro l'umanità; che le indagini preliminari della CPI hanno confermato tale avvertimento e concluso che sussistono ragionevoli motivi per ritenere che Boko Haram stia commettendo crimini contro l'umanità e crimini di guerra;
1. condanna con forza l'incessante ondata di attacchi armati e dinamitardi, attentati suicidi, rapimenti e altri atti di violenza perpetrati dalla setta terroristica Boko Haram ai danni di obiettivi civili, governativi e militari nel Nord della Nigeria come pure ad Abuja e Lagos; chiede il rilascio immediato e incondizionato delle studentesse di Chibok;
2. esprime il suo profondo cordoglio alle famiglie delle vittime e sostiene gli sforzi profusi dal governo nigeriano per porre fine alle violenze e assicurare i responsabili alla giustizia;
3. invita il governo e le autorità della Nigeria a collaborare per garantire che le ragazze siano riportate a casa sane e salve, per accrescere la trasparenza riguardo agli sforzi volti a liberarle e per fornire informazioni appropriate come pure sostegno medico e psicologico alle famiglie delle ragazze rapite, così da porre fine al clima di sospetto;
4. è estremamente preoccupato per il fatto che Boko Haram sferri deliberatamente i propri attacchi contro donne e bambini nell'ambito della sua sanguinosa guerriglia e deplora che Boko Haram impedisca l'accesso all'istruzione a ragazze e ragazzi, in flagrante violazione dei diritti fondamentali;
5. ritiene che il meccanismo di monitoraggio e segnalazione delle gravi violazioni dei diritti dei minori nelle situazioni di conflitto armato dovrebbe essere attivato in Nigeria e che l'UNICEF dovrebbe rafforzare la propria capacità in questo ambito, in linea con il suo mandato;
6. esprime inoltre profonda preoccupazione per le segnalazioni riguardanti casi di conversioni forzate all'Islam e imposizione della legge islamica (Sharia), che sarebbero messi in atto dal gruppo per conseguire l'obiettivo dichiarato di creare un califfato islamico nella Nigeria settentrionale;
7. esorta il governo nigeriano e le forze governative a dare prova di moderazione nel contrastare le violenze dei ribelli e a garantire che gli sforzi tesi a far fronte alle violenze rispettino gli obblighi che incombono al governo nigeriano a norma del diritto internazionale; invita le autorità della Nigeria a indagare sulle denunce di utilizzo indiscriminato e sproporzionato della violenza da parte delle forze governative, che avrebbero tra l'altro incendiato abitazioni e giustiziato presunti membri di Boko Haram o perfino cittadini apparentemente non collegati all'organizzazione, e ad assicurare alla giustizia gli autori di questi crimini;
8. sollecita il governo nigeriano a combattere non solo l'insurrezione di Boko Haram, ma anche alcune delle sue cause profonde, tra cui il sottosviluppo, la corruzione dilagante, l'appropriazione indebita dei proventi del settore petrolifero, la radicalizzazione e l'assenza di prospettive, e chiede agli Stati membri di assistere la Nigeria nel far fronte a questi problemi;
9. esorta altresì le autorità nigeriane a colmare il divario economico tra il Nord e il Sud del paese, tra l'altro mediante la fornitura di servizi di migliore qualità nei settori dell'istruzione e della sanità nel Nord del paese, nonché a garantire un'equa distribuzione dei benefici derivanti dalla ricchezza petrolifera attraverso il bilancio dello Stato, così da assicurare uno sviluppo regionale adeguato;
10. sottolinea in particolare l'importanza di un sistema giudiziario indipendente, imparziale e accessibile per mettere fine all'impunità e promuovere il rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali della popolazione; chiede pertanto l'adozione di misure volte a migliorare l'efficienza e l'indipendenza del sistema giudiziario della Nigeria, nell'ottica di consentire un utilizzo efficace della giustizia penale nella lotta al terrorismo;
11. esorta il governo nigeriano a riconoscere e rispettare la libertà della stampa e dei mezzi di comunicazione e a consentire a giornalisti e reporter di accedere alle zone di conflitto, in quanto la stampa e i mezzi di comunicazione possono svolgere un ruolo importante nel rafforzare l'assunzione delle responsabilità e nel documentare abusi dei diritti umani;
12. rinnova i propri inviti ad abolire la legge riguardante il (divieto di) matrimonio tra persone dello stesso sesso, come pure le sezioni 214, 215 e 217 del Codice penale della Nigeria, che esporrebbero le persone LGBT, di nazionalità sia nigeriana che straniera, al grave rischio di subire violenze o di essere arrestate;
13. esprime preoccupazione per l'incremento della tratta di esseri umani e del traffico di armi e stupefacenti nella regione, come pure per i nessi esistenti tra questi fenomeni e il terrorismo islamico; prende altresì atto dei legami tra i gruppi militanti di Boko Haram, AQIM e Al Shabab in tali attività illecite; invita il governo nigeriano, in collaborazione con i governi dei paesi dell'ECOWAS, altri governi e agenzie internazionali, a sradicare tali traffici nel quadro degli sforzi profusi per combattere la diffusione del terrorismo internazionale e le relative fonti di finanziamento;
14. esorta il SEAE, il Consiglio e la Commissione a collaborare con le Nazioni Unite e altri partner internazionali per bloccare i finanziamenti di Boko Haram e limitare i movimenti dei suoi membri, e in particolare dei suoi leader;
15. invita il SEAE, la Commissione, gli Stati membri e i partner internazionali a continuare a collaborare con la Nigeria, tra l'altro in relazione al caso delle studentesse di Chibok, a titolo bilaterale e attraverso le strutture regionali e delle Nazioni Unite, per quanto concerne le misure di soccorso, la formazione delle forze di sicurezza e la condivisione delle informazioni di intelligence;
16. invita il SEAE e la Commissione a definire al più presto la strategia per paese 2014-2020 relativa alla Nigeria e a includervi aiuti e assistenza che consentano di eliminare le cause profonde dell'ascesa di Boko Haram;
17. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al governo federale della Nigeria, alle istituzioni dell'Unione africana, al Segretario generale delle Nazioni Unite, all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, ai copresidenti dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE e al Parlamento panafricano.
– viste le sue precedenti risoluzioni sulla politica europea di vicinato, sul partenariato orientale e sull'Ucraina, con particolare riferimento alla risoluzione del 17 aprile 2014 sulla pressione esercitata dalla Russia sui paesi del Partenariato orientale, in particolare la destabilizzazione dell'Ucraina orientale(1),
– vista la dichiarazione comune dei leader del G7 rilasciata in occasione del vertice dell'Aia del 24 marzo 2014,
– viste le conclusioni del Consiglio Affari esteri del 17 marzo, del 14 aprile, del 12 maggio e del 23 giugno 2014,
– viste le conclusioni del Consiglio europeo del 20 marzo e del 27 giugno 2014,
– vista la relazione finale della missione di osservazione internazionale dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa/Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti dell'uomo (OSCE/ODIHR) sulle elezioni presidenziali anticipate in Ucraina,
– vista la firma, avvenuta il 27 giugno 2014, delle parti finali dell'accordo di associazione UE-Ucraina comprendente una zona di libero scambio globale e approfondita,
– viste le relazioni dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti dell'uomo, del 15 maggio e del 15 giugno 2014, sulla situazione dei diritti umani in Ucraina,
– vista la dichiarazione della commissione NATO-Ucraina del 1° aprile 2014,
– visto l'articolo 123, paragrafi 2 e 4, del regolamento,
A. considerando che l'Ucraina continua ad affrontare difficili sfide a livello politico, socioeconomico e di sicurezza; che il conflitto nell'est dell'Ucraina rappresenta un grave ostacolo per lo sviluppo e la prosperità del paese;
B. considerando che l'occupazione e l'annessione della Crimea da parte della Russia violano il diritto internazionale e gli obblighi internazionali che incombono alla Russia in virtù della Carta delle Nazioni Unite, dell'Atto finale di Helsinki, dello Statuto del Consiglio d'Europa e del memorandum di Budapest del 1994 sulle garanzie in materia di sicurezza, nonché gli obblighi bilaterali derivanti dal trattato bilaterale di amicizia, cooperazione e partenariato del 1997;
C. considerando che il 25 maggio 2014 Petro Porošenko è stato eletto nuovo Presidente dell'Ucraina; che le elezioni sono state monitorate da una missione di osservazione internazionale condotta dall'OSCE/ODIHR e che, nonostante l'ostilità del contesto di sicurezza dell'Ucraina orientale e l'illegittima annessione della Crimea da parte della Russia, sono state considerate sostanzialmente in linea con gli impegni internazionali nonché rispettose delle libertà fondamentali in gran parte del paese;
D. considerando che il nuovo presidente ha presentato un piano in 15 punti per una soluzione pacifica della crisi dell'Ucraina orientale in virtù del quale sarebbero mantenute la sovranità, l'integrità territoriale e l'unità nazionale del paese sulla base di un'amnistia per chi si arrende senza aver commesso reati gravi, dell'istituzione di corridoi controllati per il ritiro dei mercenari russi e dell'avvio di un dialogo inclusivo;
E. considerando che il primo provvedimento del Presidente Porošenko è stato l'annuncio di un cessate il fuoco unilaterale per il periodo dal 20 al 30 giugno 2014 in modo che potessero svolgersi consultazioni tra l'Ucraina, la Russia e le forze separatiste; che il cessate il fuoco dichiarato unilateralmente dal governo ucraino è stato ripetutamente violato, soprattutto dai separatisti, e che tali violazioni hanno provocato uccisioni da entrambe le parti;
F. considerando che il 25 giugno 2014 il Consiglio della Federazione russa ha approvato una decisione del Presidente Putin con cui la Russia rinuncia al diritto di inviare le proprie forze armate nel territorio dell'Ucraina;
G. considerando che il 27 giugno 2014 il Consiglio Affari esteri ha confermato l'analisi della Commissione secondo cui l'Ucraina avrebbe soddisfatto tutti i parametri di riferimento della prima fase del piano d'azione per la liberalizzazione dei visti, passando alla seconda fase del corrispondente processo;
H. considerando che il 27 giugno 2014 l'UE e l'Ucraina hanno firmato le restanti disposizioni dell'accordo di associazione/zona di libero scambio globale e approfondita (AA/DCFTA); che tale accordo riconosce le aspirazioni del popolo ucraino di vivere in un paese rispettoso dei valori europei, della democrazia e dello Stato di diritto;
I. considerando che, in seguito al fallimento del cessate il fuoco unilaterale, il Presidente Porošenko ha deciso di rinnovare l'operazione antiterrorismo volta a soffocare l'insurrezione separatista nelle regioni orientali; che l'esercito ucraino ha ripreso il controllo di diverse città dell'est del paese costringendo ribelli e mercenari alla ritirata in direzione di Donec′k; che, tuttavia, le violenze continuano;
J. considerando che i ministri degli Esteri di Germania, Francia, Russia e Ucraina, riunitisi a Berlino il 2 luglio 2014, hanno concordato una serie di misure finalizzate al raggiungimento di una tregua reciproca sostenibile nell'Ucraina orientale;
K. considerando che il Presidente Porošenko ha espresso l'intenzione di annunciare un secondo cessate il fuoco ponendo tre condizioni, vale a dire che il cessate il fuoco sia rispettato da entrambe le parti, che tutti gli ostaggi siano rilasciati e che l'efficacia dei controlli alle frontiere sia sotto la sorveglianza dell'OSCE;
L. considerando che il Presidente Porošenko ha dichiarato, il 14 luglio 2014, che un gruppo di ufficiali dell'esercito russo stava combattendo contro le forze ucraine al fianco dei ribelli separatisti, e che era stato installato un nuovo sistema missilistico russo; che, stando a fonti della NATO, la Russia avrebbe inviato ai ribelli carri armati da battaglia, artiglieria e altre armi, consentendo altresì a mercenari provenienti dalla Russia di attraversare la frontiera per unirsi alle milizie ribelli;
M. considerando che l'11 luglio 2014 si è tenuta a Bruxelles una consultazione trilaterale tra UE, Ucraina e Russia sull'attuazione dell'AA/DCFTA UE-Ucraina; che si tratta di un processo utile grazie al quale si potrebbero superare divergenze interpretative di lunga data attraverso l'esposizione dei benefici dell'AA/DCFTA e la considerazione delle legittime preoccupazioni di tutte le parti;
1. accoglie con favore la firma delle restanti disposizioni dell'accordo di associazione, compresa la zona di libero scambio globale e approfondita, ed è convinto che l'accordo rappresenti una forza trainante per le riforme politiche ed economiche in quanto favorisce la modernizzazione, rafforza lo Stato di diritto e stimola la crescita economica; esprime il proprio sostegno all'Ucraina per quanto riguarda la sua intenzione di procedere all'applicazione provvisoria dell'accordo; dichiara che il Parlamento europeo porterà a termine la procedura di ratifica dell'accordo quanto prima; invita gli Stati membri e l'Ucraina a procedere rapidamente alla ratifica dello stesso in vista della sua piena attuazione nel minor tempo possibile; sottolinea che un accordo del tipo AA/DCFTA non ha alcun nesso con l'integrazione NATO;
2. esprime inoltre profonda soddisfazione per la firma degli accordi di associazione con Georgia e Moldova in quanto evento che segna l'inizio di una nuova era nelle relazioni politiche ed economiche tra l'UE e i citati paesi; chiede che gli accordi siano ratificati in tempi brevi e si compiace che il parlamento della Moldova vi abbia già provveduto; si oppone all'adozione di misure commerciali "punitive" da parte della Russia nei confronti dei paesi che hanno firmato accordi di associazione con l'UE, in quanto questi ultimi non costituiscono in alcun modo una minaccia per la Federazione russa; sottolinea che simili pratiche sono in contrasto con le norme dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e che, essendo dettate da motivazioni politiche, sono inaccettabili;
3. si compiace dell'elezione al primo turno, nell'ambito di una consultazione elettorale equa e democratica, di Petro Porošenko a Presidente dell'Ucraina; osserva che il risultato delle elezioni dimostra un forte sostegno da parte della popolazione a favore di una prospettiva europea e democratica per il paese;
4. sostiene il piano di pace in quanto importante opportunità per l'allentamento delle tensioni e la pace; è favorevole alle decisive azioni del Presidente Porošenko volte a garantire l'unità, la sovranità e l'integrità territoriale dell'Ucraina; accoglie favorevolmente il suo impegno ad affrontare il problema della corruzione sistemica e dell'abuso dei fondi pubblici; ribadisce che la Russia è coinvolta nelle operazioni e negli approvvigionamenti militari; esorta quest'ultima ad adempiere agli obblighi internazionali a essa incombenti, ad assumere un reale impegno a favore di negoziati per una risoluzione pacifica e a ricorrere alla sua concreta influenza per porre fine a ogni forma di violenza;
5. invita il gruppo di contatto trilaterale a riunirsi nuovamente per risolvere la crisi nel sud-est dell'Ucraina ed è favorevole all'impiego di nuove forme di comunicazione tra le parti;
6. sottolinea il diritto fondamentale del popolo ucraino alla libera determinazione del futuro politico ed economico del paese e ribadisce che l'Ucraina ha il diritto di autotutelarsi, in linea con l'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite; riafferma il sostegno della comunità internazionale a favore dell'unità, della sovranità e dell'integrità territoriale dell'Ucraina; sollecita i servizi di sicurezza ucraini a rispettare integralmente il diritto umanitario internazionale e il diritto internazionale dei diritti umani quando effettuano le cosiddette operazioni antiterrorismo e sottolinea l'esigenza di proteggere la popolazione civile, ed esorta i ribelli e i mercenari a fare altrettanto e a non usare i civili come scudi umani; sottolinea la necessità di una soluzione politica della crisi ed esorta tutte le parti a dare prova di moderazione nonché a rispettare un cessate il fuoco da dichiarare e attuare rigorosamente il più presto possibile;
7. condanna l'aggressione russa in Crimea ritenendola una grave violazione della sovranità e dell'integrità territoriale dell'Ucraina ai sensi del diritto internazionale e respinge la politica russa del "fatto compiuto" nelle relazioni internazionali; considera illegale l'annessione della Crimea e si rifiuta di riconoscere il dominio russo de facto sulla penisola; plaude alla decisione di vietare l'importazione dalla Crimea e da Sebastopoli di merci sprovviste di certificato ucraino e incoraggia gli altri paesi a introdurre misure analoghe in conformità alla risoluzione 68/262 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite;
8. condanna le violenze in atto e le quotidiane perdite di vite umane nell'Ucraina orientale nonché la distruzione di abitazioni e beni materiali; deplora altresì la fuga di migliaia di civili dalle zone di conflitto verso rifugi sicuri; accoglie con favore la buona volontà di cui ha dato prova la parte ucraina adottando un cessate il fuoco unilaterale e si rammarica che ribelli e mercenari abbiano rifiutato di seguirne l'esempio; esprime profonda preoccupazione per l'incolumità delle popolazione comune tuttora intrappolata nelle aree di Donec'k e Luhans'k; deplora le perdite di vite umane e il fatto che tra le vittime si contino anche bambini; esprime il proprio sentito cordoglio alle famiglie; condanna qualunque attacco condotto contro la popolazione civile e invita a rispettare rigorosamente il diritto internazionale umanitario;
9. invita la Russia a sostenere il piano di pace con autentica determinazione, ad adottare misure volte all'efficace controllo delle proprie frontiere con l'Ucraina e a porre fine al continuo afflusso di uomini armati, armi e attrezzature illegali nonché alle ostilità e alle infiltrazioni, a ridurre immediatamente le sue truppe e a ritirarle dalla frontiera con l'Ucraina, nonché a fare uso del proprio potere su ribelli e mercenari per imporre loro di rispettare il cessate il fuoco, deporre le armi e rientrare in Russia attraverso un corridoio per la ritirata, come previsto nel piano di pace del Presidente Porošenko, quali prime misure concrete da lungo attese a dimostrazione della reale intenzione della Russia di allentare la crisi;
10. deplora la detenzione illegale in Russia dell'ufficiale dell'aeronautica ucraina Nadija Savčenko e chiede l'immediato rilascio di quest'ultima e di tutti gli ostaggi trattenuti in Ucraina o in Russia;
11. invita il vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR) e il Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) ad essere maggiormente presenti e visibili nei meccanismi di dialogo istituiti ai fini della risoluzione della crisi, compreso il gruppo di contatto;
12. accoglie favorevolmente l'estensione delle attuali sanzioni ad altre 11 persone, per la maggior parte funzionari delle cosiddette autorità separatiste; plaude al lavoro preparatorio intrapreso dal Consiglio, dal SEAE e dagli Stati membri in vista dell'imposizione di nuove sanzioni nei confronti della Russia, che dovrebbero interessare i settori economico, finanziario ed energetico e prevedere un embargo sulle armi e sulle tecnologie a duplice uso; chiede che sia imposto un divieto collettivo di vendita di armi alla Russia e ne esorta l'applicazione fino a quando la situazione nell'est dell'Ucraina non sarà tornata alla normalità; avverte che qualsiasi ulteriore azione intrapresa dalla Russia per destabilizzare l'Ucraina darà luogo a sanzioni aggiuntive e avrà conseguenze di vasta portata per le relazioni UE-Russia;
13. chiede che il Consiglio inviti la Russia a onorare i propri obblighi a norma del diritto internazionale e che applichi le sanzioni di "livello 3" qualora la situazione lo richieda;
14. esorta il Consiglio europeo ad adottare una strategia più coerente e determinata – e a esprimersi con voce unanime – nei confronti della crisi ucraina e del comportamento del governo russo, anche su questioni relative alla sicurezza energetica dell'UE; deplora che alcuni Stati membri stiano dando prova di disunione a tale proposito e di mancanza di solidarietà a livello di UE;
15. sostiene un nuovo cessate il fuoco, deciso di comune accordo, al fine di stabilizzare le condizioni di sicurezza, ottenere un reale allentamento delle tensioni e dare slancio all'attuazione del piano di pace del Presidente Porošenko, che è subordinato al rispetto bilaterale del cessate il fuoco, alla liberazione degli ostaggi e alla sorveglianza da parte dell'OSCE dell'efficace dei controlli alle frontiere; accoglie favorevolmente gli ultimi successi delle forze ucraine nell'Ucraina orientale e il fatto che esse abbiano ripreso il controllo su diverse importanti città;
16. è fermamente convinto che il ruolo della missione di monitoraggio speciale dell'OSCE vada rafforzato mediante un aumento dei mezzi materiali e finanziari, in modo da sostenere l'Ucraina nella messa in sicurezza e nel monitoraggio delle regioni lungo le sue frontiere;
17. ricorda al governo ucraino l'urgente necessità di riforme economiche e politiche a livello nazionale; sottolinea che le riforme interne non dovrebbero essere avviate unicamente sulla spinta di pressioni esterne ma dovrebbero basarsi su un solido sostegno popolare ai fini della creazione di opportunità economiche e sociali sostenibili mediante la modernizzazione del paese;
18. chiede la conduzione di un'indagine indipendente e imparziale sugli eventi mortali e sui crimini contro l'umanità verificatisi ovunque in Ucraina dal novembre 2013, che veda la partecipazione di una forte componente internazionale e sia posta sotto la supervisione del Consiglio d'Europa, e chiede che i responsabili siano assicurati alla giustizia; è convinto che solo un'efficace indagine su tali crimini aiuterà la società ucraina nonché le famiglie e gli amici delle vittime a nutrire nuovamente fiducia nelle istituzioni;
19. ricorda la necessità che in Ucraina sia posta fine alle limitazioni sistematiche e strutturali dei diritti umani, al malgoverno, alla corruzione diffusa e alla colossale economia sommersa; sottolinea l'importanza del processo di riforma costituzionale in corso e del sostegno allo sviluppo della società civile in vista del conseguimento di un'autentica democrazia partecipativa che promuova e tuteli i diritti umani, garantendo la giustizia e il buon governo per tutti i cittadini in tutte le regioni del paese in modo da contribuire alla sua sicurezza e stabilità; chiede l'adozione di una legge antidiscriminazione in linea con gli standard dell'Unione;
20. sottolinea che le varie comunità della società devono sviluppare un reciproco sentimento di fiducia e auspica un processo di riconciliazione sostenibile; pone l'accento, in tale contesto, sull'importanza di instaurare un dialogo nazionale inclusivo e di evitare la propaganda, l'incitamento all'odio e la retorica, anche dalla Russia, in quanto possibili fattori aggravanti del conflitto;
21. ritiene di estrema importanza avviare un processo graduale di devoluzione del potere alle amministrazioni regionali e comunali senza compromettere l'equilibrio interno dei poteri e il corretto funzionamento dello Stato;
22. plaude all'adozione della legge sugli appalti pubblici e ne chiede una rigorosa applicazione; auspica la rapida istituzione di un'agenzia anticorruzione indipendente sul piano politico dotata di poteri di indagine sulle condotte corruttive;
23. sottolinea la necessità non solo di rafforzare lo Stato di diritto, avviando altresì una riforma dell'ordinamento giudiziario in grado di contribuire a ripristinare la fiducia dei cittadini nella giustizia, ma anche di depoliticizzare e demilitarizzare la struttura degli organi preposti all'applicazione della legge;
24. plaude alla decisione di istituire una solida missione civile nell'ambito della politica di sicurezza e di difesa comune in Ucraina; invita il VP/AR e gli Stati membri ad accelerarne lo spiegamento; è convinto della necessità che tale missione disponga di un mandato ambizioso al fine di sostenere con efficacia la popolazione ucraina nei necessari e profondi sforzi volti a stabilizzare la situazione nel paese;
25. ribadisce il suo sostegno all'intenzione del presidente Porošenko di indire elezioni parlamentari anticipate; sottolinea che tali elezioni devono essere condotte nel rispetto delle raccomandazioni della Commissione di Venezia;
26. esprime profonda preoccupazione per il deterioramento della situazione umanitaria e dei diritti umani nell'Ucraina orientale e in Crimea, causato dai ribelli e dai mercenari su istigazione della Russia, con particolare riferimento alla tortura, alle uccisioni, alle sparizioni di giornalisti e attivisti nonché alla presa di ostaggi, compresi casi di sottrazione di minori; chiede una migliore protezione dei civili e invita le autorità ucraine a fornire assistenza umanitaria nelle regioni interessate;
27. richiama l'attenzione sulla recente relazione di Amnesty International ed esprime la sua ferma condanna nei confronti dei rapimenti, delle percosse selvagge, della torture, degli omicidi, delle uccisioni extragiudiziali e di altri gravi abusi dei diritti umani e violazioni del diritto umanitario commessi negli ultimi tre mesi contro attivisti, manifestanti, giornalisti e numerosi altri cittadini non attivi nel conflitto nell'Ucraina orientale, principalmente da separatisti armati e in alcuni casi anche da forze governative; appoggia l'invito rivolto al governo ucraino affinché crei un registro unico e periodicamente aggiornato delle segnalazioni di rapimenti e indaghi in modo completo e imparziale su tutte le accuse di ricorso abusivo alla forza, maltrattamenti o torture;
28. sottolinea la necessità di trovare una soluzione chiara, equa e stabile che garantisca la sicurezza dell'approvvigionamento di gas dalla Russia all'Ucraina in quanto prerequisito indispensabile per lo sviluppo economico e la stabilità di quest'ultima; ritiene che l'UE dovrebbe continuare a svolgere il proprio ruolo nell'agevolazione di un accordo che consenta all'Ucraina di pagare un prezzo competitivo, non dettato da motivazioni politiche, per l'approvvigionamento di gas; sottolinea che la strumentalizzazione delle risorse energetiche nel quadro della politica estera compromette la credibilità a lungo termine della Russia quale partner commerciale affidabile per l'UE e che occorre adottare in via prioritaria nuove misure per ridurre la dipendenza dell'Unione dal gas russo;
29. invita gli Stati membri ad assicurare un sufficiente approvvigionamento di gas attraverso un flusso inverso dai paesi confinanti nell'UE; accoglie con favore, a tal fine, il protocollo d'intesa sui flussi inversi tra la Repubblica slovacca e l'Ucraina, che dovrebbe incoraggiare quest'ultima a istituire un sistema di trasporto del gas trasparente e affidabile; rammenta il ruolo strategico svolto dalla Comunità dell'energia, di cui l'Ucraina detiene la presidenza nel 2014; si compiace che la cooperazione con l'Ucraina costituisca parte integrante della strategia europea di sicurezza energetica della Commissione, presentata nel giugno 2014;
30. accoglie con favore il fatto che l'Ucraina sia recentemente passata alla seconda fase del piano d'azione per la liberalizzazione dei visti, confermando in tal modo la sua determinazione a mettere in atto il necessario quadro legislativo, politico e istituzionale; esprime la ferma convinzione che l'obiettivo finale dovrebbe essere la rapida introduzione di un regime di esenzione dal visto; chiede nel frattempo l'introduzione immediata e su base temporanea di procedure molto semplici e a basso costo a livello di UE e dii Stati membri;
31. accoglie favorevolmente la creazione da parte della Commissione del gruppo di sostegno per l'Ucraina, che fornirà alle autorità ucraine tutta l'assistenza necessaria per intraprendere le riforme politiche ed economiche e opererà ai fini dell'attuazione del "programma europeo di riforma";
32. evidenzia la necessità di difendere gli interessi e i valori europei nonché di promuovere la stabilità, la prosperità e la democrazia nei paesi del continente europeo;
33. ribadisce che l'AA con l'Ucraina e gli altri paesi del partenariato orientale non costituisce l'obiettivo finale delle relazioni di tali paesi con l'UE; sottolinea, a tale proposito, che, ai sensi dell'articolo 49 del trattato sull'Unione europea, la Georgia, la Moldova e l'Ucraina, come qualsiasi altro Stato europeo, hanno una prospettiva europea e possono presentare domanda di adesione all'Unione purché si attengano ai principi democratici, rispettino le libertà fondamentali e i diritti umani e delle minoranze e garantiscano lo Stato di diritto.
34. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi degli Stati membri, al Presidente, al governo e al parlamento dell'Ucraina, al Consiglio d'Europa e al Presidente, al governo e al parlamento della Federazione russa;
– vista la sua posizione dell'8 settembre 2010 sulla proposta di decisione del Consiglio sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione – Parte II degli orientamenti integrati di Europa 2020 (COM(2010)0193 – C7-0111/2010 – 2010/0115(NLE))(1),
– vista la comunicazione della Commissione, del 20 dicembre 2011, sull'iniziativa "Opportunità per i giovani" (Youth Opportunities Initiative) (COM(2011)0933),
– viste le conclusioni adottate dal Consiglio il 17 giugno 2011 a Lussemburgo sulla promozione dell'occupazione giovanile ai fini della realizzazione degli obiettivi di Europa 2020,
– vista la comunicazione della Commissione sull'attuazione dell'iniziativa "Opportunità per i giovani" (COM(2012)0727),
– vista la proposta di raccomandazione del Consiglio sull'istituzione di una garanzia per i giovani, presentata dalla Commissione il 5 dicembre 2012 (COM(2012)0729),
– viste le conclusioni del Consiglio europeo del 7 febbraio 2013 su un'iniziativa a favore dell'occupazione giovanile,
– vista la raccomandazione del Consiglio del 22 aprile 2013 sull'istituzione di una garanzia per i giovani,
– vista la sua risoluzione dell'11 settembre 2013 sulla lotta alla disoccupazione giovanile: possibili vie d'uscita(2),
– vista la sua risoluzione del 16 gennaio 2014 sul rispetto del diritto fondamentale alla libera circolazione all'interno dell'UE(3),
– vista la sua posizione del 16 aprile 2014 sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio su una cooperazione rafforzata tra i servizi pubblici per l'impiego (SPI) (COM(2013)0430 – C7-0177/2013 – 2013/0202(COD))(4),
– vista la sua risoluzione del 6 luglio 2010 sulla promozione dell'accesso dei giovani al mercato del lavoro e il rafforzamento dello statuto dei tirocinanti e degli apprendisti(5),
– vista la comunicazione della Commissione sull'attuazione dell'iniziativa "Opportunità per i giovani" (COM(2012)0727),
– vista la sua risoluzione del 16 gennaio 2013 su una garanzia per i giovani(6),
– visto l'articolo 123, paragrafi 2 e 4, del regolamento,
A. considerando che la disoccupazione rappresenta una delle principali cause di disuguaglianza, che i tassi di disoccupazione giovanile hanno raggiunto livelli senza precedenti, attestandosi in media al 23% nell'intera UE, e che la disoccupazione giovanile colpisce in modo disuguale l'Unione, dato che in taluni Stati membri il tasso di disoccupazione tra i giovani di età compresa fra i 16 e i 25 anni è superiore al 50%;
B. considerando che, nel marzo 2014, nell'UE a 28 i giovani disoccupati (al di sotto dei 25 anni) erano 5,340 milioni, di cui 3,426 milioni nell'area dell'euro;
C. considerando che le cause della disoccupazione giovanile variano da uno Stato membro all'altro e possono essere legate a problemi strutturali delle nostre economie che incidono sui mercati del lavoro; che le situazioni e i problemi che i giovani si trovano ad affrontare non sono uniformi e che alcuni gruppi sono colpiti in misura sproporzionata e necessitano di soluzioni su misura;
D. considerando che la situazione del mercato del lavoro è particolarmente critica per i giovani, indipendentemente dal loro livello di istruzione, dal momento che si ritrovano spesso disoccupati o con contratti di lavoro molto precari, ricevono retribuzioni più basse e beneficiano di un livello di protezione sociale inferiore oppure sono costretti ad accettare contratti di lavoro precari o tirocini non retribuiti;
E. considerando che una garanzia per i giovani contribuirebbe al conseguimento di tre degli obiettivi della strategia Europa 2020, ossia che il 75% della popolazione di età compresa tra 20 e 64 anni abbia un lavoro, che i tassi di abbandono scolastico precoce siano inferiori al 10% e che almeno 20 milioni di persone possano uscire da situazioni di povertà ed esclusione sociale;
F. considerando che 7,5 milioni di giovani europei tra i 15 e i 24 anni non hanno un'occupazione, né seguono un corso di studi o una formazione (i cosiddetti NEET) e che nell'UE a 28 il 29,7% dei giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni, nel 2012, era a rischio di povertà o di esclusione sociale(7);
G. considerando che, in virtù dell'accento posto sulle competenze pratiche, il sistema duale di formazione professionale così come i corsi di laurea che combinano formazione accademica e professionale esistenti in taluni Stati membri hanno dato prova della loro efficacia, in particolare durante la crisi, mantenendo più bassi i livelli di disoccupazione tra i giovani grazie al rafforzamento dell'occupabilità di questi ultimi;
H. considerando che l'attuale limite di età della garanzia per i giovani, fissato a 25 anni, è insufficiente in quanto non tiene conto dei 6,8 milioni di NEET che hanno tra i 25 e i 30 anni;
I. considerando che le PMI hanno un potenziale significativo in termini di creazione di posti di lavoro e svolgono un ruolo cruciale nella transizione verso una nuova economia sostenibile;
J. considerando che il numero di lavoratori che si trasferiscono da uno Stato membro all'altro è salito dai 4,7 milioni del 2005 a 8 milioni nel 2008, ma che, in termini percentuali, si tratta di un aumento dal 2,1% al 3,3% del totale della forza lavoro;
K. considerando che gli Stati membri sono chiamati a svolgere un ruolo fondamentale nella lotta alla disoccupazione giovanile, anche mediante il sostegno economico di strumenti finanziati dall'UE quali il Fondo sociale europeo, il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, il programma per l'occupazione e l'innovazione sociale (EaSI) e la garanzia per i giovani per il periodo di programmazione 2014-2020;
L. considerando che l'Unione europea ha stanziato 6 miliardi di euro per promuovere l'occupazione delle persone di età inferiore ai 25 anni;
M. considerando che le cause della disoccupazione giovanile non possono essere ridotte allo squilibrio tra domanda e offerta di competenze, dal momento che sono legate a questioni come la mancanza di nuovi posti di lavoro dovuta al processo di deindustrializzazione dell'Europa, all'esternalizzazione e alla speculazione, e che tale situazione è stata aggravata dalla crisi e dalle politiche di austerità; che l'istruzione e la formazione da sole non bastano a risolvere il problema della disoccupazione giovanile;
N. considerando che eventuali misure o programmi volti ad incentivare l'occupazione giovanile dovrebbero prevedere la consultazione e/o la collaborazione di tutte le parti interessate ai rispettivi livelli, in particolare delle parti sociali e delle organizzazioni giovanili;
O. considerando che 20,7 milioni di PMI garantiscono oltre il 67% dell'occupazione del settore privato nell'UE, di cui il 30% è attribuibile alle microimprese;
P. considerando che le PMI e le microimprese dispongono di un enorme potenziale in termini di creazione di posti di lavoro, dato che assorbono l'85% del totale dei posti di lavoro di nuova creazione;
Garanzia per i giovani - Occupazione giovanile
1. avverte che nell'Unione non vi sarà una forte crescita economica sostenibile a meno che non vengano ridotte le disuguaglianze, e rammenta che il primo passo in tal senso consiste nella riduzione della disoccupazione, soprattutto quella giovanile, e della povertà;
2. chiede un monitoraggio efficace dell'attuazione della garanzia per i giovani; invita la Commissione a seguire attentamente le sfide individuate nelle raccomandazioni specifiche per paese del 2014 per quanto riguarda la qualità delle offerte e la mancanza di azioni attive di coinvolgimento dei giovani disoccupati e al di fuori di ogni ciclo di istruzione e formazione, nonché la capacità amministrativa dei servizi pubblici di collocamento e l'assenza di un'interazione efficace con tutti i partner interessati, individuando nel contempo prassi eccellenti che potrebbero fungere da riferimento per il miglioramento dei programmi; chiede maggiore trasparenza in sede di monitoraggio dell'attuazione nonché maggiore ambizione nel trattare con gli Stati membri che non registrano progressi in tal senso;
3. invita la Commissione a proporre un quadro normativo europeo che preveda l'introduzione di norme minime per l'attuazione delle garanzie per i giovani, tra cui la qualità dei tirocini, una retribuzione dignitosa per i giovani e l'accesso ai servizi per l'occupazione, e che includa anche i giovani di età compresa tra i 25 e i 30 anni, nel caso in cui gli Stati membri non osservino le attuali raccomandazioni sulle garanzie per i giovani;
4. chiede che la riduzione della disoccupazione giovanile sia dichiarata un obiettivo a sé stante nel quadro del semestre europeo; chiede altresì l'inclusione di provvedimenti destinati a combattere la disoccupazione giovanile nelle raccomandazioni specifiche per paese e nei programmi nazionali di riforma; invita la Commissione a seguire e a riesaminare attentamente l'introduzione di simili misure e chiede il pieno coinvolgimento del Parlamento europeo al riguardo nell'ambito del processo del semestre europeo;
5. invita la Commissione ad accelerare l'attuazione dell'iniziativa a favore dell'occupazione giovanile e a pubblicare entro la fine del 2014 una comunicazione sulle modalità seguite al riguardo;
6. incoraggia gli Stati membri a valutare la possibilità di estendere la garanzia per i giovani a coloro che hanno massimo 30 anni d'età;
7. sottolinea la necessità di una politica per il mercato del lavoro attiva, globale e integrata, con provvedimenti specifici per i giovani;
8. esorta gli Stati membri ad adottare misure risolute per combattere la disoccupazione giovanile, in particolare attraverso iniziative di prevenzione dell'abbandono precoce degli studi o promuovendo programmi di formazione e apprendistato (realizzando, ad esempio, un sistema di formazione duale o altre formule altrettanto efficaci), a elaborare strategie globali per i giovani disoccupati e al di fuori di ogni ciclo di istruzione e formazione (NEET) nonché ad attuare pienamente i sistemi nazionali di garanzia per i giovani;
9. sottolinea che l'iniziativa a favore dell'occupazione giovanile non dovrebbe impedire agli Stati membri di utilizzare il Fondo sociale europeo per finanziare progetti più ampi connessi ai giovani, in particolare nell'ambito della povertà e dell'inclusione sociale; invita la Commissione a monitorare l'impiego dei fondi del FES a favore di progetti nell'ambito della gioventù;
10. crede fermamente che i finanziamenti dell'UE, in particolare quelli nel quadro dell'iniziativa a favore dell'occupazione giovanile (YEI), non dovrebbero essere utilizzati per sostituire approcci nazionali bensì per fornire sostegno supplementare ai giovani in modo tale da integrare e valorizzare i programmi nazionali in base a quanto stabilito dagli Stati membri;
11. ritiene che i programmi dell'UE debbano prevedere un'adeguata flessibilità per consentire agli Stati membri di offrire un sostegno personalizzato in linea con le esigenze locali, per garantire che le risorse vengano destinate alle zone con ì più alti tassi di disoccupazione giovanile e con maggiori esigenze di finanziamento, senza transigere sugli audit e sui controlli;
12. sottolinea che l'iniziativa a favore dell'occupazione giovanile non dovrebbe impedire agli Stati membri di avvalersi di altri programmi dell'UE, anche, ad esempio, nell'ambito del Fondo sociale europeo o di Erasmus+, al fine di finanziare progetti di più ampia portata connessi ai giovani, in particolare per quanto riguarda l'imprenditoria, la povertà e l'inclusione sociale dei giovani; sottolinea l'importanza che gli Stati membri predispongano i necessari cofinanziamenti a tal fine; invita la Commissione a monitorare l'impiego dei fondi del FES a favore di progetti nell'ambito della gioventù;
Istruzione e formazione professionale
13. ricorda che i 6 miliardi di EUR destinati all'iniziativa a favore dell'occupazione giovanile non sono sufficienti per contrastare durevolmente la disoccupazione dei giovani; invita pertanto la Commissione e gli Stati membri ad annettere priorità alla garanzia per i giovani e a incrementarne la dotazione finanziaria per l'intero periodo 2014-2020 in sede di decisione sulla revisione postelettorale obbligatoria del QFP 2014-2020, prevista al più tardi entro la fine del 2016;
14. chiede agli Stati membri di porre in essere o migliorare i sistemi di istruzione e formazione professionale; sottolinea che, per migliorare il passaggio della scuola al mondo del lavoro, è opportuno creare un quadro europeo per l'istruzione duale basato sulle migliori prassi del settore; propone inoltre il ricorso a sistemi di inserimento in tutta l'Unione europea, che permettano ai neolaureati e a chi ha già seguito corsi di formazione professionale di acquisire esperienza lavorativa e di essere assunti dalle aziende per un periodo di 6-12 mesi allo scopo di risolvere un problema specifico incentrato sull'innovazione e sullo sviluppo;
15. esorta gli Stati membri ad attuare misure incisive per contrastare la disoccupazione giovanile e l'esclusione precoce dal mercato del lavoro, in particolare mediante iniziative volte a prevenire l'abbandono precoce degli studi o dei programmi di formazione e apprendistato (ad esempio istituendo un sistema di formazione duale o altre formule altrettanto efficaci);
16. invita gli Stati membri a riformare, in particolare, le norme in materia di istruzione e formazione dei giovani, al fine di accrescere in modo significativo le opportunità di occupazione e di vita a loro disposizione;
17. invita la Commissione e gli Stati membri a migliorare ulteriormente la trasparenza e il riconoscimento delle qualifiche all'interno dell'Unione, in particolare mediante il sistema europeo di crediti per l'istruzione e la formazione professionale, Europass e il quadro europeo delle qualifiche;
18. sottolinea l'importanza per i giovani di acquisire competenze trasversali, come le competenze nel campo delle TIC, quelle di leadership, di pensiero critico e linguistiche, anche studiando all'estero, allo scopo di migliorare le loro prospettive e la loro capacità di adattarsi ai futuri sviluppi del mercato del lavoro nonché la loro partecipazione attiva alla società;
19. invita gli Stati membri a concentrare l'attenzione sui settori a elevato potenziale in termini di crescita e creazione di posti di lavoro e ad adottare provvedimenti per privilegiare, nei rispettivi programmi di insegnamento, i settori delle scienze, della tecnologia, dell'ingegneria e della matematica, così da rispondere ai previsti sviluppi futuri del mercato del lavoro, conformemente alla necessità di passare a un'economia efficiente sotto il profilo delle risorse;
20. invita la Commissione e gli Stati membri a sostenere le nuove forme di economia, in particolare l'imprenditoria sociale, il coworking e il crowdsourcing, nonché a garantire misure di sostegno alla costituzione di cooperative giovanili e start-up sociali;
21. invita gli Stati membri a promuovere politiche favorevoli alla crescita e invita a intervenire a livello di UE con una strategia di crescita europea nell'ambito della quale saranno creati posti di lavoro sostenibili grazie agli investimenti e agli sviluppi in settori chiave quali il mercato digitale, il mercato delle telecomunicazioni e una politica energetica comune;
22. si rammarica per il fatto che le priorità del Consiglio, pubblicate dal Consiglio europeo il 27 giugno 2014 sotto forma di calendario strategico per l'UE e per la nuova Commissione europea, non includano misure o investimenti mirati per facilitare la creazione di posti di lavoro di qualità per i giovani;
23. sottolinea che per realizzare gli obiettivi della garanzia per i giovani sono necessarie riforme strategiche affinché il passaggio dalla scuola al mondo del lavoro riesca più agevolmente;
24. esorta gli Stati membri a potenziare e rispettivamente riformare le proprie agenzie di collocamento;
25. sottolinea che, date le previsioni di mutazioni rapide del mercato del lavoro, occorrono oggi più che mai ingenti investimenti nell'istruzione e nella formazione; evidenzia che le politiche in materia di competenze non devono essere considerate semplici strumenti per rispondere alle necessità del mercato del lavoro ma devono riconoscere altresì le competenze acquisite attraverso l'istruzione non formale, promuovere l'attuazione di politiche di apprendimento continuo e rientrare, in ultima analisi, in un approccio olistico all'istruzione;
26. chiede alla Commissione e alle agenzie quali Eurfound e Cedefop di analizzare gli attuali sistemi duali di formazione professionale (scuola/lavoro) e di condividere tali informazioni con altri Stati membri interessati a tali sistemi su base volontaria, senza abbassare gli standard di istruzione esistenti;
27. riconosce il ruolo della famiglia quale sistema di sostegno efficace per i giovani che affrontano la disoccupazione, la povertà e l'esclusione sociale;
28. esorta gli Stati membri a potenziare la formazione professionale, l'orientamento, l'apprendistato e i tirocini e a eliminare gli ostacoli esistenti al riguardo a livello transfrontaliero, al fine di coniugare meglio la domanda e l'offerta di opportunità di formazione sul lavoro per i giovani, migliorando in tal modo la mobilità e l'occupabilità, specialmente nelle regioni di confine;
29. valuta positivamente la raccomandazione del Consiglio relativa a un quadro di qualità per i tirocini, adottata il 10 marzo 2014, invita gli Stati membri a darle attuazione senza indugi a vantaggio dei suoi destinatari e sottolinea che i programmi degli Stati membri volti a promuovere e offrire tirocini possono beneficiare del sostegno finanziario dei Fondi europei;
Un nuovo contesto per l'occupazione
30. sottolinea la necessità che l'Europa crei un contesto favorevole alle PMI, tra cui la predisposizione delle condizioni finanziarie e giuridiche più idonee per le start-up, dal momento che nel 2012 i posti di lavoro nelle PMI rappresentavano complessivamente il 66,5% di tutti i posti di lavoro in Europa(8);
31. ribadisce l'esigenza di assicurare una formazione e un accesso capillari e agevoli a Internet e alle informazioni online, nonché alle competenze digitali; invita gli Stati membri, in linea con gli obiettivi dell'agenda digitale, a incoraggiare e agevolare la digitalizzazione dei servizi e delle opportunità formative per i giovani nell'ottica di permettere a questi ultimi di accedere alle professioni digitali;
32. sottolinea la recente tendenza delle imprese a far rientrare la produzione e i servizi in Europa e le opportunità che ciò comporta per la creazione di posti di lavoro, soprattutto per i giovani; ritiene che le economie dell'UE si trovino dinanzi a un'opportunità unica per accelerare questa tendenza al rimpatrio;
33. insiste sulla necessità di una reindustrializzazione dell'Europa sulla base di una strategia coerente, la cui attuazione promuoverà e agevolerà politiche favorevoli alla crescita e la creazione di nuovi posti di lavoro;
34. esorta gli Stati membri ad associare le politiche a favore dell'occupazione giovanile a contratti di lavoro sostenibili e di qualità, al fine di far fronte alla crescente sottoccupazione e precarietà strutturale;
35. invita gli Stati membri a garantire che i giovani possano accedere a posti di lavoro di qualità che rispettino i loro diritti, tra cui il diritto alla stabilità e alla sicurezza, grazie a un'occupazione che garantisca una retribuzione decorosa e protezione sociale, e che permettano una vita dignitosa e autonoma, con l'obiettivo di tutelare i giovani lavoratori dalla discriminazione e dallo sfruttamento;
36. ritiene che i giovani imprenditori e le PMI orientate alla crescita siano i necessari promotori dell'innovazione e della creazione di posti di lavoro;
37. ritiene che le imprese potranno creare più posti di lavoro e assumere più persone soltanto se il contesto economico favorisce la crescita e se possono disporre di una forza lavoro qualificata;
38. esorta la Commissione e gli Stati membri ad adottare un approccio alla gioventù e all'occupazione fondato sui diritti; sottolinea che, soprattutto in periodi di crisi, non deve essere compromesso l'aspetto qualitativo del lavoro per i giovani e che le norme fondamentali del lavoro, così come altri parametri inerenti alla qualità del lavoro, quali l'orario di lavoro, la previdenza sociale e la sicurezza e la salute sul lavoro, devono essere al centro degli sforzi intrapresi; sottolinea altresì la necessità di porre fine alla discriminazione per motivi di età;
39. sottolinea l'importanza di riconoscere e rispettare i diversi sistemi sociali ed economici vigenti nei vari Stati membri;
40. invita gli Stati membri e la Commissione a sostenere e promuovere i meccanismi di mobilità, in particolare la rete EURES, che agevolano la ricerca di lavoro in altri Stati membri;
41. invita gli Stati membri ad avvalersi pienamente dei servizi pubblici per l'impiego (SPI) per bilanciare tra i vari Stati membri l'offerta e la domanda di lavoro e le qualifiche richieste;
42. invita la Commissione ad appoggiare le iniziative del settore privato e altre forme di cooperazione con lo stesso nell'ambito della lotta contro la disoccupazione giovanile;
43. invita la Commissione ad assumere un ruolo guida con un'iniziativa per la reindustrializzazione dell'Europa che rafforzi la competitività dell'industria senza imporre alle imprese oneri normativi eccessivi e che agevoli la creazione di posti di lavoro, contrasti la disoccupazione e allarghi il ventaglio di opportunità per i giovani di avviare una propria attività o di trovare lavoro;
44. raccomanda che qualsiasi futura valutazione da parte della Commissione europea dei pertinenti programmi nel quadro dell'FSE in materia di occupazione giovanile guardi oltre al costo e al numero di partecipanti e consideri l'impatto sul mercato del lavoro giovanile in termini reali nel lungo periodo, nonché esamini in via prioritaria come e perché le varie azioni danno esiti positivi;
45. invita gli Stati membri a eliminare le inutili formalità amministrative e burocratiche per i lavoratori autonomi, le piccole imprese e le PMI, a varare politiche fiscali agevolate, a creare un contesto più propizio agli investimenti privati e a rivedere le leggi fallimentari eccessivamente punitive nell'ambito della lotta alla disoccupazione; osserva che le PMI rappresentano una quota significativa dell'economia europea e che esse possono essere uno dei fattori chiave per garantire una ripresa rapida e sostenibile dalla crisi economica e per creare nuovi posti di lavoro, anche per i giovani;
46. invita gli Stati membri migliorare la cooperazione tra le imprese e il settore dell'istruzione a tutti i livelli, allo scopo di meglio collegare i piani di studi alle esigenze del mercato del lavoro;
47. sottolinea che l'economia europea necessita di sforzi volti a rafforzare, invece di limitare, la libera circolazione e la mobilità dei lavoratori all'interno dell'Unione e invita gli Stati membri ad assicurare la libera circolazione di tutti i cittadini e i lavoratori onde consentire lo sviluppo di un vero e proprio mercato del lavoro dell'Unione, eliminare le strozzature e permettere ai lavoratori dell'UE di spostarsi verso zone in cui le loro competenze sono richieste; sottolinea che la libertà di circolazione è un diritto fondamentale e che i giovani dovrebbero avere anche la possibilità di beneficiare di opportunità di lavoro nelle loro comunità di origine;
48. invita gli Stati membri a prestare particolare attenzione all'alto tasso di disoccupazione fra i giovani appartenenti a categorie svantaggiate, dando priorità all'accesso e all'integrazione nel mercato del lavoro e all'inclusione delle politiche in proposito nelle altre politiche, poiché il lavoro è la chiave per un'integrazione riuscita;
49. ritiene che gli Stati membri debbano soddisfare le esigenze specifiche dei giovani disabili fornendo loro strumenti adeguati e servizi di sostegno, al fine di creare un ambiente paritario e aumentare attivamente la loro occupabilità sul mercato del lavoro e nei settori dell'istruzione e della formazione;
50. sottolinea l'importanza di puntare a stimolare l'imprenditorialità, in particolare tra i giovani e i laureati, promuovendo tirocini per laureati e il loro collocamento presso imprese di piccole dimensioni e microimprese, al fine di rafforzare l'esperienza dei giovani nel mondo dell'impresa e aumentare la loro consapevolezza circa le opportunità e la capacità per l'avvio di attività in proprio;
51. sottolinea che, date le incidenze della crisi sui giovani, gli Stati membri devono dar prova di un maggiore impegno e garantire un monitoraggio più sistematico per migliorare la situazione dei giovani; invita gli Stati membri, in tale contesto, ad affrontare il problema della disoccupazione giovanile durante il prossimo Consiglio informale "Occupazione, politica sociale, salute e consumatori (EPSCO)" che si terrà il 17 e il 18 luglio 2014 a Milano e chiede loro di rispondere con azioni e politiche, anziché dichiarazioni;
o o o
52. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione e al Consiglio.
– viste le sue precedenti risoluzioni sull'Iraq, in particolare quella del 27 febbraio 2014 sulla situazione in Iraq(1),
– visti l'accordo di partenariato e cooperazione (APC) tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica dell'Iraq, dall'altra, e la sua risoluzione del 17 gennaio 2013 sull'accordo di partenariato e cooperazione tra l'Unione europea e l'Iraq(2),
– viste le conclusioni del Consiglio "Affari esteri" sull'Iraq, in particolare quelle del 23 giugno 2014,
– viste le dichiarazioni del Segretario generale delle Nazioni Unite sull'Iraq,
– vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948,
– visto il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1966, di cui l'Iraq è parte,
– visti gli orientamenti dell'UE sulla promozione e la tutela della libertà di religione o di credo, approvati il 24 giugno 2013,
– viste le dichiarazioni del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR) sull'Iraq,
– viste la risoluzione dell'11 marzo 2014 sull'Arabia Saudita, le sue relazioni con l'UE e il suo ruolo in Medio Oriente e Nord Africa(3), la risoluzione del 24 marzo 2011 sulle relazioni dell'Unione europea con il Consiglio di cooperazione del Golfo(4) e la risoluzione del 3 aprile 2014 sulla strategia dell'UE nei confronti dell'Iran(5),
– visto l'articolo 123, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,
A. considerando che l'Iraq continua ad affrontare gravi sfide politiche, socioeconomiche e di sicurezza, e che il panorama politico del paese è estremamente frammentato e segnato dalla violenza e dalla politica settaria, a tutto svantaggio delle legittime aspirazioni del popolo iracheno alla pace, alla prosperità e a una reale transizione democratica; che l'Iraq si trova ad affrontare la più grave ondata di violenza dal 2008;
B. considerando che il gruppo Stato islamico (IS), precedentemente lo Stato islamico dell'Iraq e del Levante (ISIL), gruppo scissionista jihadista legato ad al-Qaeda, ha conquistato parti dell'Iraq nordoccidentale, compresa Mosul, la seconda città del paese, per poi procedere a esecuzioni sommarie di cittadini iracheni, imporre un'interpretazione rigida della Sharia, distruggere i luoghi di culto e i templi sciiti, sufiti, sunniti e cristiani e perpetrare altre atrocità contro la popolazione civile;
C. considerando che la disgregazione del confine iracheno-siriano ha permesso all'IS di rafforzare la sua presenza in entrambi i paesi; che le conquiste dell'IS sono state tollerate, se non addirittura sostenute, da una parte della disillusa popolazione sunnita e degli ex baathisti; che, secondo quanto riferito, il 29 giugno 2014 l'IS ha proclamato un "califfato" o "Stato islamico" nei territori che controlla in Iraq e in Siria, e che il suo leader, Abdu Bakr al-Baghdadi, si è autoproclamato califfo;
D. considerando che l'IS si è assicurato fonti di reddito significative saccheggiando banche e imprese sui territori che controlla, occupando fino a sei giacimenti petroliferi in Siria, tra cui il più grande impianto petrolifero del paese, il giacimento di al-Omar vicino al confine con l'Iraq, e ricevendo fondi da donatori abbienti, in particolare in Arabia Saudita, Qatar, Kuwait ed Emirati arabi uniti;
E. considerando che la rapida ascesa dell'IS ha messo in luce la fragilità delle istituzioni e dell'esercito iracheni, afflitti dalla corruzione, dal settarismo e dalle politiche esclusiviste del governo del primo ministro Nuri al-Maliki, che hanno portato al sostanziale isolamento della minoranza sunnita e di altre minoranze in Iraq;
F. considerando che le unità militari del governo regionale curdo hanno assunto il controllo della città multietnica di Kirkuk a metà giugno 2014, integrando in tal modo nella provincia curda il territorio ricco di petrolio e oggetto di dispute decennali; che il governo curdo ha annunciato l'intenzione di indire un referendum tra la popolazione curda per ottenere l'indipendenza dall'Iraq;
G. considerando che l'UE riconosce l'onere che grava sulla regione del Kurdistan e sul governo regionale del Kurdistan nell'accogliere un gran numero di sfollati interni;
H. considerando che il 30 aprile 2014 si sono tenute in Iraq le elezioni parlamentari, che hanno dato la maggioranza alla coalizione dello "Stato di diritto" del primo ministro Nuri al-Maliki; che il governo in carica non è stato in grado di costruire una società più inclusiva in Iraq; che si moltiplicano gli inviti affinché al-Maliki non si candidi a un terzo mandato e si formi invece un governo veramente inclusivo; che, nonostante il leader religioso sciita Ayatollah Sistani abbia invitato tutti i partiti iracheni a raggiungere rapidamente un accordo su tale governo, il neoeletto parlamento iracheno non è finora riuscito a raggiungere tale accordo;
I. considerando che gli Stati Uniti d'America, la Russia e la Repubblica islamica dell'Iran hanno fornito sostegno al governo dell'Iraq; che il presidente dell'Iran, Hassan Rouhani, ha dichiarato di essere pronto a cooperare con gli Stati Uniti per contrastare la minaccia dell'IS in Iraq, mentre i gruppi armati estremisti sunniti nella regione, compreso l'IS, negli ultimi anni hanno ricevuto sostegno ideologico da soggetti in Arabia Saudita e in alcuni paesi del Golfo;
J. considerando che centinaia di combattenti stranieri, tra cui molti provenienti da Stati membri dell'UE, avrebbero partecipato ai combattimenti a fianco dell'IS; che i cittadini dell'UE in questione sono considerati dai governi degli Stati membri un rischio per la sicurezza;
K. considerando che, secondo le stime dell'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento dell'assistenza umanitaria (OCHA), vi sarebbero 1,2 milioni di sfollati interni nell'Iraq centrale e settentrionale e circa 1,5 milioni di persone bisognose di aiuti umanitari; che l'ascesa dell'IS ha causato una crisi umanitaria e in particolare l'esodo di massa di civili; che l'UE ha deciso di aumentare l'assistenza umanitaria all'Iraq di 5 milioni di EUR per offrire assistenza di base agli sfollati, portando così finora i finanziamenti umanitari a favore dell'Iraq nel 2014 a 12 milioni di EUR;
L. considerando che la Costituzione irachena garantisce non solo l'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge ma anche i "diritti delle varie nazionalità a livello amministrativo, politico, culturale e di istruzione"; che al governo iracheno incombe la responsabilità di far sì che siano garantiti i diritti, il benessere e la sicurezza dell'intera popolazione irachena;
M. considerando che circolano notizie riguardo alla presa di mira deliberata di donne e ragazze in Iraq, nonché a rapimenti, stupri e matrimoni forzati da parte di militanti dell'IS e di altri gruppi armati; che, secondo la relazione di Human Rights Watch datata 12 luglio 2014, le forze di sicurezza irachene e le milizie affiliate al governo avrebbero proceduto nell'ultimo mese all'esecuzione illegale di almeno 255 prigionieri nel chiaro tentativo di vendicare le uccisioni dei combattenti dello Stato islamico;
N. considerando che, il 25 giugno 2014, circa 10 000 persone provenienti dalle comunità prevalentemente cristiane di Qaraqosh (nota anche come Al-Hamdaniya), una storica cittadina assira, sono fuggite dalle loro case dopo che colpi di mortaio erano atterrati nei pressi della città; che si ritiene che, dal 2003, almeno metà della popolazione cristiana irachena abbia lasciato il paese; che, secondo l'organizzazione internazionale Open Doors il numero dei cristiani in Iraq ha subito un notevole calo, da 1,2 milioni all'inizio degli anni '90 ai 330 000-350 000 attuali;
1. esprime profonda preoccupazione per il rapido aggravarsi della situazione della sicurezza in Iraq; condanna fermamente gli attacchi perpetrati dall'IS contro lo Stato e i cittadini iracheni, che hanno portato a esecuzioni extragiudiziali, all'imposizione di un'interpretazione rigida della Sharia, alla distruzione dei luoghi di culto e del patrimonio storico, culturale e artistico della regione e ad altre atrocità; avverte che, se viene consentito all'IS di controllare il territorio di cui ha preso possesso e di espandersi, le posizioni estremiste anti-sciite e anti-cristiane dell'IS aumenteranno il rischio di uccisioni settarie di massa;
2. condanna fermamente gli attacchi diretti contro obiettivi civili, tra cui ospedali, scuole e luoghi di culto, e il ricorso alle esecuzioni e alle violenze sessuali nel conflitto; sottolinea che non dovrebbe esserci alcuna impunità per gli autori di tali atti; esprime profonda preoccupazione per la crisi umanitaria e per l'esodo di massa di civili;
3. sostiene le autorità irachene nella lotta contro il terrorismo dell'IS e altri gruppi terroristici/armati, ma sottolinea che la risposta alla questione della sicurezza deve essere combinata con una soluzione politica sostenibile che coinvolga tutte le componenti della società irachena e che tenga conto delle loro legittime rivendicazioni; sottolinea inoltre che, nella lotta al terrorismo, occorre rispettare i diritti umani e il diritto umanitario internazionale; sollecita le forze di sicurezza irachene ad agire in linea con il diritto internazionale e nazionale nonché nel rispetto degli impegni che l'Iraq ha contratto nel quadro di accordi internazionali sui diritti umani e le libertà fondamentali; invita il governo iracheno e tutti i leader politici ad adottare le misure necessarie per fornire sicurezza e protezione a tutta la popolazione in Iraq, in particolare ai membri dei gruppi vulnerabili e delle comunità religiose;
4. respinge senza riserve e considera illegittimo l'annuncio della leadership dell'IS, che dichiara di aver stabilito un califfato nelle zone attualmente sotto il suo controllo, e rifiuta l'idea di eventuali modifiche, unilaterali e imposte con la forza, di confini riconosciuti a livello internazionale, rispettando al contempo anche i diritti e le libertà fondamentali di coloro che vivono nei territori controllati dall'IS;
5. sottolinea che l'IS è soggetto all'embargo sugli armamenti e al congelamento dei beni imposto dalle risoluzioni 1267 (1999) e 1989 (2011) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e pone in rilievo l'importanza di una rapida ed efficace attuazione delle misure in questione;
6. ritiene che le elezioni parlamentari tenutesi in Iraq il 30 aprile 2014 offrano l'opportunità di creare un governo realmente rappresentativo, dotato di un programma inclusivo; accoglie favorevolmente l'elezione, il 15 luglio 2014, del nuovo presidente del parlamento iracheno; esorta tutti i leader politici, in particolare il primo ministro Nouri al-Maliki, a far sì che venga formato con urgenza un governo inclusivo; sottolinea che tale governo dovrebbe rappresentare in modo adeguato la diversità politica, religiosa ed etnica della società irachena, per porre fine allo spargimento di sangue e alla frammentazione del paese;
7. invita tutte le parti interessate presenti nella regione a contribuire agli sforzi volti a promuovere la sicurezza e la stabilità in Iraq e in particolare a incoraggiare il governo iracheno ad avviare un dialogo con la minoranza sunnita e a riorganizzare l'esercito in modo inclusivo, non settario e imparziale;
8. invita tutte le parti interessate presenti nella regione ad adoperarsi al massimo per porre fine a tutte le attività di organismi ufficiali o privati volte a diffondere nelle parole e nei fatti le ideologie islamiche estremiste; invita la comunità internazionale, in particolare l'UE, ad agevolare un dialogo regionale sui problemi del Medio Oriente e ad associarvi tutti gli attori più rilevanti, in particolare l'Iran e l'Arabia Saudita;
9. sottolinea che l'UE dovrebbe sviluppare un approccio strategico globale per la regione e osserva, in particolare, che l'Iran, l'Arabia Saudita e gli altri Stati del Golfo, alla luce del loro ruolo fondamentale, dovrebbero partecipare agli sforzi di allentamento delle tensioni in Siria e in Iraq;
10. sottolinea la necessità di rispettare i diritti umani e le libertà fondamentali in quest'epoca di crisi, in particolare la libertà di espressione, la libertà di stampa e le libertà digitali;
11. prende atto dell'annuncio del governo regionale curdo in merito all'organizzazione di un referendum sull'indipendenza; fa tuttavia appello al parlamento e al presidente del Kurdistan iracheno, Massoud Barzani, affinché sostengano un processo inclusivo nel rispetto dei diritti delle minoranze non curde che vivono nella regione;
12. esprime preoccupazione per le notizie secondo cui centinaia di combattenti stranieri, tra cui cittadini degli Stati membri dell'UE, avrebbero partecipato all'insurrezione dell'IS; chiede inoltre una cooperazione internazionale al fine di intraprendere le azioni legali del caso nei confronti delle persone sospettate di essere coinvolte in atti di terrorismo;
13. accoglie con favore la decisione dell'UE del 19 giugno 2014 di aumentare l'assistenza umanitaria all'Iraq di 5 milioni di EUR per offrire assistenza di base agli sfollati, portando così finora i finanziamenti umanitari a favore dell'Iraq nel 2014 a 12 milioni di EUR;
14. ribadisce l'impegno dell'UE a rafforzare le sue relazioni con l'Iraq, anche mediante l'attuazione dell'accordo di partenariato e cooperazione (APC) tra l'UE e l'Iraq; invita il Consiglio a continuare a sostenere l'Iraq nella promozione della democrazia, dei diritti umani, del buon governo e dello Stato di diritto, anche basandosi sulle esperienze e sui risultati della missione EUJUST LEX-Iraq; sostiene inoltre gli sforzi profusi dall'UNAMI e dal rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite per l'Iraq per assistere il governo iracheno nel rafforzare le istituzioni e i processi democratici, promuovere lo Stato di diritto, facilitare il dialogo regionale, migliorare i servizi di base e garantire la tutela dei diritti umani;
15. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al Consiglio, alla Commissione, al rappresentante speciale dell'UE per i diritti umani, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al governo e al Consiglio dei Rappresentanti iracheno, al governo regionale del Kurdistan, al Segretario generale delle Nazioni Unite e al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite.
– visto l'articolo 123, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,
A. considerando che il conflitto in corso sta causando la tragica perdita di vite umane e infliggendo sofferenze inaccettabili alla popolazione civile di entrambe le parti coinvolte;
B. considerando che, nella sua dichiarazione del 12 luglio 2014, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha manifestato seria preoccupazione per la crisi di Gaza, chiedendo un allentamento della tensione, il ripristino della calma e la reintroduzione del cessate il fuoco del novembre 2012, nonché il rispetto del diritto umanitario internazionale, compresa la protezione dei civili; che il Consiglio di sicurezza ha inoltre espresso il proprio sostegno alla ripresa dei negoziati diretti tra Israeliani e Palestinesi, con l'obiettivo di giungere a un accordo globale di pace basato sulla soluzione a due Stati;
C. considerando che il 14 luglio 2014 l'Egitto ha proposto un piano di cessate il fuoco, accettato fino a questo momento soltanto da Israele;
D. considerando che Hamas è classificata dall'UE come un'organizzazione terroristica;
E. considerando che il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha chiesto alle Nazioni Unite di porre la Palestina sotto "tutela internazionale", visto il peggioramento della situazione a Gaza;
F. considerando che il diritto internazionale e umanitario, compresa la quarta Convenzione di Ginevra, sono pienamente applicabili a tutte le parti coinvolte nel conflitto;
G. considerando che i colloqui diretti di pace tra le parti si sono arenati e che tutti i recenti tentativi di riprendere i negoziati sono falliti; che l'UE ha chiesto alle parti di adoperarsi per favorire l'instaurazione del clima di fiducia necessario ad assicurare negoziati significativi, di astenersi dal compiere azioni che pregiudichino la credibilità del processo e di contrastare le provocazioni;
1. chiede la cessazione degli attacchi missilistici contro Israele dalla Striscia di Gaza, ai quali Hamas e gli altri gruppi armati devono porre immediatamente fine, e dell'azione militare israeliana contro Gaza;
2. esprime la più profonda preoccupazione per la situazione di crisi nella Striscia di Gaza e in Israele; è costernato per la morte di civili, tra cui numerose donne e bambini; denuncia l'omicidio dei tre adolescenti israeliani il 12 giugno e dell'adolescente palestinese il 2 luglio 2014, che sono stati oggetto di una condanna unanime; esprime il suo cordoglio alle famiglie di tutte le vittime innocenti;
3. sottolinea il diritto sia dei cittadini israeliani che di quelli palestinesi a vivere in pace e in condizioni di sicurezza; pone l'accento sulla necessità che tutte le parti rispettino pienamente il diritto umanitario internazionale e sul fatto che nulla può giustificare un attacco rivolto deliberatamente contro civili innocenti (cosa che costituisce un crimine di guerra ai sensi del diritto internazionale) e nemmeno la distruzione delle infrastrutture civili;
4. sollecita un allentamento immediato delle tensioni mediante un accordo di cessate il fuoco tra le due parti e la fine immediata di tutti gli atti di violenza che mettono a rischio le vite dei civili; accoglie con favore tutti gli sforzi profusi per negoziare una tregua permanente fra le parti e invita il vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e gli Stati membri a intensificare la pressione diplomatica a sostegno di tali azioni;
5. esorta la comunità internazionale, e in particolare il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, a fornire senza indugio una risposta adeguata e una soluzione alla crisi attuale; incoraggia gli attori chiave della regione, segnatamente l'Egitto e la Giordania, a proseguire gli sforzi tesi a riportare la calma; accoglie favorevolmente la decisione delle autorità egiziane di aprire il valico di Rafah per agevolare l'accesso degli aiuti umanitari a Gaza e consentire il transito dei civili palestinesi;
6. ribadisce il proprio fermo sostegno a favore della soluzione a due Stati, basata sui confini del 1967, che prevede Gerusalemme come capitale di entrambi gli Stati e la coesistenza, all'insegna della pace e della sicurezza, di uno Stato di Israele sicuro e di uno Stato di Palestina indipendente, democratico, territorialmente contiguo e capace di esistenza autonoma, cosa che implicherebbe l'abolizione del blocco della Striscia di Gaza; sottolinea ancora una volta che l'unico modo per giungere a una pace giusta e duratura tra israeliani e palestinesi consiste nel ricorrere a mezzi non violenti;
7. invita, in questo spirito, entrambe le parti e la comunità internazionale a profondere sforzi seri e credibili in vista di una ripresa dei colloqui di pace diretti tra israeliani e palestinesi e del conseguimento di risultati concreti nell'ambito di tali colloqui; esorta nuovamente l'Unione europea a svolgere un ruolo più attivo per quanto concerne gli sforzi tesi a conseguire una pace giusta e duratura;
8. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al rappresentante speciale dell'UE per il processo di pace in Medio Oriente, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al Segretario generale delle Nazioni Unite, all'inviato del Quartetto per il Medio Oriente, alla Knesset e al governo di Israele, al Presidente dell'Autorità palestinese e al Consiglio legislativo palestinese, al parlamento e al governo dell'Egitto, nonché al parlamento e al governo della Giordania.
Reato di aggressione
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Risoluzione del Parlamento europeo del 17 luglio 2014 sul crimine di aggressione (2014/2724(RSP))
– visto lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale (CPI), in particolare l'articolo 5 relativo al crimine di aggressione quale uno dei più gravi crimini di competenza della CPI,
– visti gli emendamenti di Kampala allo Statuto di Roma, adottati alla Conferenza di revisione tenutasi a Kampala, in Uganda, nel 2010, in particolare la risoluzione RC/Res. 6 riguardante il crimine di aggressione,
– vista la decisione 2011/168/PESC del Consiglio, come pure il riferimento agli emendamenti di Kampala ivi contenuto,
– visto il piano di azione riveduto adottato il 12 luglio 2011 in linea con la decisione 2011/168/PESC del Consiglio,
– vista la sua risoluzione del 19 maggio 2010 sulla Conferenza di revisione sullo Statuto di Roma della Corte penale internazionale a Kampala, Uganda(1),
– vista la sua risoluzione del 17 novembre 2011 sul sostegno dell'UE alla CPI: affrontare le sfide e superare le difficoltà(2),
– viste le sue precedenti risoluzioni sulle relazioni annuali sui diritti umani nel mondo e la politica dell'Unione europea in materia, comprese le conseguenze per la politica strategica dell'UE in materia di diritti umani,
– vista la nona relazione della Corte penale internazionale alle Nazioni Unite relativa al periodo 2012-2013,
– visto l'esito della 25a sessione del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani, svoltasi nell'aprile 2014,
– vista la risoluzione dell'Assemblea generale del parlamento latinoamericano del 19 e 20 ottobre 2013 dal titolo "Promozione della Corte penale internazionale e ratifica degli emendamenti di Kampala" (AO/2013/07XXIX),
– vista la risoluzione dell'Assemblea degli Stati parte allo Statuto di Roma della Corte penale internazionale, del 27 novembre 2013, sul rafforzamento della Corte penale internazionale e dell'Assemblea degli Stati parte, in cui figurano un invito ai futuri Stati parte a ratificare lo Statuto modificato, un invito a tutti gli Stati parte a provvedere alla ratifica degli emendamenti e il riconoscimento delle recenti ratifiche degli emendamenti da parte di diversi Stati parte (ICC-ASP/12/Res.8),
– vista la guida alla ratifica e all'attuazione degli emendamenti di Kampala allo Statuto di Roma della CPI, elaborata dalla missione permanente del Principato del Liechtenstein presso le Nazioni Unite, dall'Istituto mondiale per la prevenzione dell'aggressione e dall'Istituto del Liechtenstein per l'autodeterminazione presso l'università di Princeton,
– vista la Giornata internazionale della giustizia, che si celebra il 17 luglio per ricordare i progressi compiuti verso una maggiore responsabilità per i crimini contro l'umanità, i crimini di guerra e il genocidio,
– visto l'articolo 123, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,
A. considerando che gli Stati membri dell'UE sono stati fedeli alleati della CPI sin dalla sua istituzione, offrendo sostegno finanziario, politico, diplomatico e logistico nonché promuovendo l'universalità dello Statuto di Roma e difendendone l'integrità, al fine di potenziare l'indipendenza della Corte;
B. considerando che il 17 novembre 2011(3) il Parlamento ha accolto favorevolmente l'adozione degli emendamenti di Kampala allo Statuto di Roma, concernenti tra l'altro il crimine di aggressione, e ha invitato tutti gli Stati membri a ratificare tali modifiche e a recepirle nella legislazione nazionale;
C. considerando che il 18 aprile 2012 il Parlamento ha approvato una risoluzione(4), in cui invitava il Consiglio e la Commissione a far uso della loro autorità internazionale a vantaggio della garanzia e del consolidamento dell'universalità dello Statuto di Roma, al fine di elaborare una definizione accettata a livello internazionale di fattispecie di aggressioni contrarie al diritto internazionale;
D. considerando che l'istituzione di un sistema permanente di responsabilità penale a livello internazionale, che sanzioni penalmente il crimine di aggressione è subordinata alla ratifica degli emendamenti di Kampala allo Statuto di Roma relativi al crimine di aggressione da parte di almeno 30 Stati parte nonché all'adozione, dopo il 1° gennaio 2017, di una decisione in tal senso con una maggioranza di due terzi degli Stati parte;
E. considerando che 122 paesi sono Stati parte dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale;
F. considerando che, ad oggi, 14 Stati parte hanno ratificato l'emendamento di Kampala sul crimine di aggressione, tra cui otto Stati membri dell'UE, segnatamente Belgio, Croazia, Cipro, Estonia, Germania, Lussemburgo, Slovacchia e Slovenia; che al momento almeno 35 Stati parte si stanno adoperando attivamente per ratificare gli emendamenti sul crimine di aggressione, e altri hanno espresso un impegno a favore della ratifica;
G. considerando che l'8 maggio 2012 il Liechtenstein è stato il primo paese a ratificare gli emendamenti relativi al crimine di aggressione e quelli relativi all'articolo 8 (crimini di guerra), adottati alla Conferenza di revisione dello Statuto di Roma della CPI svoltasi a Kampala (Uganda) nel 2010;
H. considerando che Stati non parte allo Statuto di Roma possono ratificare lo Statuto, emendamenti di Kampala compresi, e pertanto concorrere all'attivazione della giurisdizione della CPI sul crimine di aggressione;
I. considerando che gli emendamenti di Kampala sono pienamente compatibili con la Carta delle Nazioni Unite in quanto configurano come crimine solo le forme più gravi di uso illecito della forza, segnatamente quelle in palese violazione della Carta delle Nazioni Unite per "carattere, gravità e portata";
J. considerando che la giurisdizione della CPI sul crimine di aggressione aiuterà a rafforzare, a livello internazionale, lo Stato di diritto, la pace e la sicurezza scoraggiando l'uso illecito della forza e pertanto contribuendo attivamente alla prevenzione di questa forma di crimine e al consolidamento di una pace duratura;
K. considerando che la ratifica dei due emendamenti di Kampala da parte degli Stati parte e l'attivazione della giurisdizione della CPI sul crimine di aggressione contribuiranno a porre fine all'impunità dei responsabili di tali crimini;
L. considerando che la ratifica degli emendamenti di Kampala e l'attivazione della giurisdizione della CPI sul crimine di aggressione concorreranno a proteggere i diritti umani, configurando come crimine l'atto di aggressione, spesso all'origine di una serie causale di massicce violazioni dei diritti umani e di gravi violazioni del diritto umanitario internazionale e del diritto internazionale dei diritti umani;
M. considerando che il fatto di configurare come crimini gli atti di aggressione proteggerà inoltre il diritto alla vita dei combattenti inviati illegalmente in guerra e di quelli dello Stato aggredito, colmando così una lacuna nello Statuto di Roma e nel diritto umanitario internazionale, che attualmente sono volti a tutelare soltanto i civili e altre categorie di "persone protette";
N. considerando che l'attivazione della giurisdizione della CPI sul crimine di aggressione contribuirà all'universalità dello Statuto di Roma, dato che molti Stati possono essere interessati a ratificare lo Statuto di Roma integrato, inclusi gli emendamenti di Kampala, tra l'altro quale mezzo per conseguire l'obiettivo politico nazionale di dissuadere dall'uso illegale della forza contro di loro;
1. ribadisce il suo pieno sostegno alle attività della Corte penale internazionale finalizzate a porre fine all'impunità degli autori dei crimini più gravi motivo di allarme per la comunità internazionale;
2. invita l'Unione europea ad adottare una posizione comune in merito al crimine di aggressione e agli emendamenti di Kampala;
3. sottolinea l'importanza del principio di universalità dello Statuto di Roma ed esorta l'UE a svolgere un ruolo di primo piano nel promuovere l'entrata in vigore dell'emendamento di Kampala relativo al crimine di aggressione, a sostenere gli sforzi in atto per conseguire tale obiettivo e a incoraggiare i suoi Stati membri a ratificare innanzitutto l'emendamento e quindi a sostenere positivamente la decisione di attivare la giurisdizione della CPI sul crimine di aggressione, che sarà adottata dall'Assemblea degli Stati parte dello Statuto di Roma dopo il conseguimento delle trenta ratifiche richieste;
4. sottolinea la necessità di promuovere attivamente il sostegno alla CPI, la ratifica dello Statuto di Roma modificato e la ratifica dei due emendamenti di Kampala in tutte le azioni esterne dell'UE, tra l'altro tramite il rappresentante speciale dell'UE per i diritti umani (RSUE) e le delegazioni dell'UE in loco, compresa la fornitura di assistenza tecnica agli Stati per sostenerli nel processo di ratifica e/o attuazione; invita, a tale riguardo, l'UE e i suoi Stati membri a confermare il loro impegno e il loro sostegno, anche finanziario, a favore della CPI;
5. sollecita l'UE a impegnarsi nella lotta contro il genocidio, i crimini contro l'umanità, i crimini di guerra e il crimine di aggressione; chiede che la lotta all'impunità per gravi violazioni dei diritti umani sia inserita tra le priorità dell'azione esterna dell'UE e dei suoi Stati membri; incoraggia il VP/AR a intensificare gli sforzi volti a promuovere l'attuazione e il rispetto delle norme di diritto umanitario internazionale in generale, e in particolare da parte dei gruppi armati non statali;
6. invita gli Stati membri a conformare rapidamente la propria legislazione nazionale alle definizioni degli emendamenti di Kampala e ad altri obblighi derivanti dallo Statuto di Roma, a consentire indagini e procedimenti penali nazionali su tali crimini da parte degli Stati membri dell'UE e a cooperare con la Corte;
7. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi degli Stati membri, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al rappresentante speciale dell'UE per i diritti umani e al presidente della Corte penale internazionale.