– viste le sue precedenti risoluzioni sul Pakistan,
– visti l'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948 e l'articolo 18 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1966,
– vista la Dichiarazione delle Nazioni Unite del 1981 sull'eliminazione di tutte le forme d'intolleranza e di discriminazione fondate sulla religione o sul credo,
– viste le relazioni del Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di religione o di credo,
– vista la relazione del 4 aprile 2013 del Relatore speciale delle Nazioni Unite sull'indipendenza dei giudici e degli avvocati, Gabriela Knaul, redatta a seguito della sua missione in Pakistan dal 19 al 29 maggio 2012,
– vista la propria risoluzione dell'11 dicembre 2013 sulla relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2012 e sulla politica dell'Unione europea in materia(1), che condanna la persecuzione dei cristiani e di altre minoranze religiose,
– visti gli orientamenti dell'UE sulla promozione e la tutela della libertà di religione o di credo(2),
– visti il piano d'impegno quinquennale UE-Pakistan del marzo 2012, che prevede priorità tra cui il buon governo e il dialogo sui diritti umani, nonché il secondo dialogo strategico UE-Pakistan, strettamente correlato, del 25 marzo 2014,
– viste le conclusioni del Consiglio sul Pakistan dell'11 marzo 2013(3), in cui si ribadiscono le aspettative dell'UE riguardo alla promozione e al rispetto dei diritti umani e si condannano tutti gli atti di violenza, tra cui quelli contro le minoranze religiose,
– vista la dichiarazione del 18 ottobre 2014 del portavoce del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) sulla decisione dell'Alta corte di Lahore di confermare la condanna di Asia Bibi in Pakistan,
– visto il comunicato stampa emesso il 29 ottobre 2014 dalla delegazione dell'Unione europea in Pakistan, in occasione della visita in Pakistan, dal 26 al 29 ottobre 2014, del rappresentante speciale dell'Unione europea per i diritti umani,
– vista la risoluzione del Parlamento europeo del 12 marzo 2014 sul ruolo regionale e le relazioni politiche del Pakistan con l'UE(4),
– visti l'articolo 135, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che Asia Bibi, una donna cristiana del Punjab, è stata arresta nel 2009 e condannata a morte nel 2010 per blasfemia a norma dell'articolo 295-C del Codice penale pakistano; che il 16 ottobre 2014 l'Alta corte di Lahore ha respinto l'appello di Asia Bibi e ha confermato il verdetto; che il 24 novembre 2014 l'imputata ha presentato appello dinanzi alla Corte suprema, procedura che può durare anni; che il Presidente del Pakistan, con provvedimento presidenziale di grazia, può ancora ribaltare la decisione dell'Alta corte di Lahore e concedere ad Asia Bibi il condono della pena;
B. considerando che il 7 novembre 2014 una coppia di cristiani, Shama Bibi e Shahbaz Masih, è stata percossa da una folla che li accusava di aver bruciato pagine del corano nel Pakistan orientale; che i corpi delle due persone sono stati inceneriti in una fornace per mattoni, e che secondo alcune voci esse sarebbero state gettate nella fornace ancora vive;
C. considerando che recentemente sono state inflitte a cittadini pakistani diverse condanne a morte per aver violato le leggi sulla blasfemia; fra essi Sawan Masih, un cristiano accusato di aver insultato il profeta Maometto in una conversazione, e una coppia di cristiani, Shafqat Emmanuel e Shagufta Kausar, accusati di aver insultato il Profeta in un sms;
D. considerando che il 7 maggio 2014 è stato assassinato l'avvocato Rashid Rehman, attivista dei diritti umani, il quale qualche settimana prima era stato minacciato per aver difeso un conferenziere incriminato in base alla legge pakistana sulla blasfemia;
E. considerando che ad ottobre 2014 Mohammad Asghar, cittadino britannico di origine pakistana, a cui nel Regno Unito era stata diagnosticata una malattia mentale ma che ciononostante era stato imprigionato per blasfemia, è stato ferito da un colpo d'arma da fuoco sparato da una guardia carceraria; che il suo aggressore è stato arrestato e accusato di tentato omicidio dalle autorità provinciali, mentre altre otto guardie carcerarie sono state sospese dalle loro funzioni;
F. considerando che il 5 novembre 2014 uno sciita 45enne, Tufail Haider, è stato ucciso da un agente di polizia che lo stava interrogando, il quale ha successivamente sostenuto che il signor Haider aveva formulato osservazioni spregiative nei confronti di "compagni del profeta Maometto";
G. considerando che si ha notizia che dal 1987 all'ottobre 2014 in Pakistan siano state accusate di blasfemia 1438 persone, tra cui 633 musulmani, 494 ahmadi, 187 cristiani e 21 induisti; che dal 1990 sono almeno 60 le persone uccise dalla violenza della folla in vicende legate alla blasfemia;
H. considerando che varie decine di persone, tra cui musulmani, induisti, cristiani e altri, sono attualmente detenute con imputazioni di blasfemia; che fino ad oggi non sono state eseguite condanne a morte per reati di blasfemia, ma che varie persone accusate di blasfemia sono state uccise da folle violente; che la magistratura pakistana è sottoposta a enormi pressioni da parte di taluni leader religiosi affinché siano confermate ed eseguite le condanne a morte, generalmente decise da giudici di grado inferiore; che i procedimenti giudiziari durano spesso molti anni, con effetti devastanti per cittadini pakistani innocenti, le loro famiglie e le comunità di cui fanno parte;
I. considerando che la legislazione pakistana sulla blasfemia fa sì che per le minoranze religiose sia pericoloso esprimersi liberamente o praticare apertamente il proprio culto; che è ben documentato il diffuso uso improprio di queste leggi; che, anziché proteggere le comunità religiose, tali leggi hanno immerso la società pakistana in un clima di paura; che ogni tentativo di riformare le leggi stesse o la loro applicazione è stato soffocato mediante minacce ed omicidi; che i tentativi di discutere tali problemi nei media, online o offline, sono spesso fatti bersaglio di minacce e vessazioni, anche da parte del governo;
J. considerando che il Pakistan svolge un ruolo importante nel promuovere la stabilità nell'Asia meridionale, e ci si potrebbe aspettare che fungesse da esempio nel rafforzamento dello Stato di diritto e dei diritti umani;
K. considerando che il Pakistan ha recentemente ratificato sette dei nove principali strumenti internazionali in materia di diritti dell'uomo, tra cui il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (ICCPR) e la Convenzione della Nazioni Unite contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, strumenti che comprendono numerose disposizioni riguardanti l'amministrazione della giustizia, il diritto a un processo equo, l'uguaglianza davanti alla legge e il divieto di discriminazione;
L. considerando che attraverso i dispositivi delle Nazioni Unite in materia di diritti umani il Pakistan è stato invitato ad abrogare le leggi sulla blasfemia o, come minimo, a porre in essere immediate salvaguardie per impedire l'uso improprio delle leggi al fine di vittimizzare dei cittadini, spesso membri di comunità religiose minoritarie;
M. considerando che l'UE e il Pakistan hanno approfondito e ampliato i loro legami bilaterali, come testimoniato dal piano d'impegno quinquennale, lanciato nel febbraio 2012, e dal secondo dialogo strategico UE-Pakistan, tenutosi nel marzo 2014; che l'obiettivo del piano d'impegno quinquennale UE-Pakistan è di instaurare una relazione strategica e creare un partenariato per la pace e lo sviluppo fondato su valori e principi condivisi;
N. considerando che il Pakistan ha aderito al sistema di preferenze generalizzate SPG+ solo il 1° gennaio 2014; che tale regime dovrebbe fornire un forte incentivo a rispettare i diritti fondamentali dell'uomo e dei lavoratori, l'ambiente e i principi di buon governo;
1. si dichiara profondamente preoccupato e rattristato per la decisione dell'Alta corte di Lahore del 16 ottobre 2014 di confermare la condanna a morte di Asia Bibi per blasfemia; invita la Corte suprema ad avviare il procedimento relativo alla causa rapidamente e senza indugio e a difendere nella propria sentenza lo Stato di diritto e il pieno rispetto dei diritti umani;
2. invita i tribunali pakistani inoltre a procedere rapidamente alla revisione delle condanne a morte nei confronti di Sawan Masih, Mohammad Asgar e Shafqat Emmanuel e sua moglie Shagufta Kausar, così come quelle di tutti gli altri cittadini attualmente nel braccio della morte con l'accusa di aver violato le leggi sulla blasfemia;
3. condanna con fermezza gli omicidi di Shama Bibi e Shahbaz Masih e porge le proprie condoglianze alle loro famiglie, nonché alle famiglie di tutte le vittime innocenti uccise a causa delle leggi sulla blasfemia in Pakistan; fa appello affinché i colpevoli di tali atti vengano consegnati alla giustizia; prende atto della decisione del governo del Punjab di istituire una commissione per accelerare le indagini sulle uccisioni di Shama Bibi e Shahbaz Masih e di ordinare che i quartieri cristiani della provincia vengano posti sotto un regime di protezione aggiuntiva da parte delle forze di polizia; sottolinea tuttavia la necessità di porre fine al clima di impunità e di mettere in atto riforme più ampie per affrontare la questione della violenza contro le minoranze religiose, che rimane capillarmente diffusa in Pakistan;
4. esprime profonda preoccupazione per il fatto che le controverse leggi sulla blasfemia si prestano a utilizzi impropri che possono avere conseguenze per i fedeli di tutte le religioni in Pakistan; esprime particolare preoccupazione per il fatto che in Pakistan si registra un crescente ricorso alle leggi sulla blasfemia per colpire minoranze vulnerabili, tra cui ahmadi e cristiani, leggi cui si erano pubblicamente opposti i defunti Shahbaz Bhatti e Salman Taseer (rispettivamente ex ministro ed ex governatore), uccisi per il loro impegno a favore della tolleranza religiosa;
5. invita il governo pakistano a riesaminare attentamente, con finalità abrogative, le leggi sulla blasfemia e la loro applicazione attuale, con particolare riferimento alle sezioni 295 B e C del codice penale, che prescrivono l'ergastolo obbligatorio (295 B e C) o addirittura la pena di morte (295 C) per presunti atti di blasfemia; invita il governo del Pakistan ad abolire la pena di morte, anche per i casi di blasfemia o apostasia, e di mettere in atto misure di salvaguardia per prevenire l'abuso di disposizioni di legge in materia di blasfemia o apostasia;
6. fa appello alle autorità pakistane affinché garantiscano l'indipendenza dei tribunali, lo Stato di diritto e il giusto processo, in linea con gli standard internazionali in materia di procedimenti giudiziari, tenendo conto anche delle recenti raccomandazioni del relatore speciale delle Nazioni Unite sull'indipendenza dei giudici e degli avvocati; invita inoltre le autorità pakistane a offrire protezione sufficiente a tutte le persone coinvolte in cause per blasfemia, ad esempio tutelando i giudici dalle pressioni esterne, proteggendo gli accusati e le loro famiglie e comunità dalla violenza delle masse e offrendo soluzioni a coloro che, pur essendo assolti, non possono tornare ai loro luoghi di origine;
7. ricorda che la costituzione pakistana garantisce la libertà di religione e i diritti delle minoranze; plaude alle misure adottate dal governo pakistano fin dal novembre del 2008 nell'interesse delle minoranze religiose, quali l'assegnazione alle minoranze di una quota del 5% dei posti di lavoro nel settore pubblico federale, il riconoscimento di festività non musulmane e la proclamazione di una Giornata nazionale delle minoranze;
8. esorta il governo pakistano, tuttavia, a incrementare gli sforzi finalizzati a una maggiore comprensione tra le religioni, ad affrontare attivamente l'ostilità di matrice religiosa da parte di attori della società, a combattere l'intolleranza religiosa, gli atti di violenza e di intimidazione nonché a contrastare l'impunità, reale o percepita che sia;
9. condanna fermamente qualunque atto di violenza nei confronti di comunità religiose nonché tutti i tipi di discriminazione e intolleranza fondati sulla religione o sulle convinzioni personali; pone l'accento sul diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione in quanto diritto umano fondamentale; sottolinea inoltre che tutti i pakistani, indipendentemente dalla loro fede e religione, meritano uguale rispetto e la promozione e protezione dei loro diritti umani;
10. invita il SEAE e la Commissione a utilizzare qualsiasi strumento a loro disposizione, come formulato tra l'altro negli orientamenti dell'UE sulla promozione e la tutela della libertà di religione o di credo, per aiutare le comunità religiose e per esercitare pressioni sul governo pakistano affinché si adoperi maggiormente per la protezione delle minoranze religiose; apprezza a tale riguardo la recente visita del rappresentante speciale dell'Unione europea per i diritti umani in Pakistan e le discussioni che vi ha tenuto;
11. sottolinea che la concessione dello status SPG+ sottostà a delle condizioni ed è soggetta, tra l'altro, alla ratifica e all'attuazione di 27 convenzioni internazionali, come indicato nell'allegato VIII del nuovo regolamento di base SPG, la maggior parte delle quali in materia di diritti umani, e che l'Unione europea può decidere di ritirare le preferenze SPG+ se un paese non rispetta gli impegni assunti;
12. esorta il SEAE e la Commissione a verificare rigorosamente il rispetto da parte del Pakistan degli impegni da esso assunti nel quadro dell'SPG+, nonché a promuovere e difendere i diritti umani nel paese;
13. invita il SEAE e la Commissione a lavorare con le autorità pakistane per riformare il modo in cui vengono utilizzate le leggi sulla blasfemia, anche attuando le misure suggerite nel precedente paragrafo 6;
14. incoraggia il governo del Pakistan a lavorare con gli organismi delle Nazioni Unite, tra cui il relatore speciale sulla libertà di religione o di credo, per affrontare le giustificate preoccupazioni in materia di diritti umani;
15. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al rappresentante speciale dell'Unione europea per i diritti umani, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al Segretario generale delle Nazioni Unite, al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, nonché al governo e al parlamento del Pakistan.
– viste le sue precedenti risoluzioni sulla Serbia,
– visto l'accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Serbia, dall'altra, entrato in vigore il 1° settembre 2013,
– vista la relazione 2014 della Commissione sui progressi compiuti dalla Serbia (SWD(2014)0302) dell'8 ottobre 2014,
– visto lo statuto del Tribunale penale internazionale incaricato di giudicare i presunti responsabili di violazioni gravi del diritto umanitario internazionale commesse sul territorio dell'ex Jugoslavia dal 1991,
– visto l'articolo 65 del regolamento di procedura e di prova del Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia,
– visti l'articolo 135, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che Vojislav Šešelj, presidente del Partito radicale serbo, è accusato dinanzi al Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia di persecuzioni per motivi politici, razziali o religiosi, deportazione, atti disumani (trasferimento forzato) (crimini contro l'umanità), nonché di omicidio, tortura, trattamenti crudeli, atti di vandalismo a danno di villaggi o devastazione non giustificata da necessità militari, distruzione o danneggiamento premeditato di istituti religiosi o di istruzione, saccheggio di proprietà pubbliche o private (violazioni delle leggi e delle consuetudini di guerra) in Croazia, Bosnia-Erzegovina e parti della Vojvodina (Serbia) tra il 1991 e il 1993;
B. considerando che il Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia è stato istituito nel 1993 dalle Nazioni Unite per trattare i casi di crimini di guerra che ebbero luogo negli anni Novanta del secolo scorso, gettando le basi per una risoluzione del conflitto e uno sviluppo postbellico nella regione;
C. considerando il 6 novembre 2014, dopo oltre undici anni di detenzione e in una fase in cui il processo a suo carico è tuttora in corso, la camera di primo grado del Tribunale ha disposto d'ufficio il rilascio in libertà provvisoria di Šešelj in ragione del deterioramento delle sue condizioni di salute, a condizione che: i) non eserciti un'influenza sui testimoni o sulle vittime e ii) si presenti dinanzi alla camera non appena questa disponga in tal senso; che, sin dall'avvio del processo, Šešelj ha mostrato un atteggiamento ostile nei confronti del Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia, interrompendo e perturbando in maniera ripetuta il procedimento giudiziario dinanzi al Tribunale, nonché ritrattando le proprie dichiarazioni, e che, in tre occasioni distinte, è stato accusato di oltraggio al tribunale per intimidazione dei testimoni;
D. considerando che, a seguito del suo ritorno in Serbia, Šešelj ha tenuto diversi interventi pubblici a Belgrado, nei quali ha sottolineato che non intende ripresentarsi di sua spontanea volontà dinanzi al tribunale, ove vi sia una richiesta in tal senso, annunciando pertanto la sua intenzione di violare una delle due condizioni che ne hanno permesso il rilascio;
E. considerando che nelle sue dichiarazioni pubbliche Šešelj ha ripetutamente fatto appello alla creazione della "Grande Serbia", avanzando pubblicamente rivendicazioni sui paesi limitrofi, tra cui la Croazia, Stato membro dell'UE, e incitando all'odio nei confronti delle popolazioni non serbe; che in un comunicato stampa si è congratulato con i cetnici serbi per la "liberazione" di Vukovar, in occasione del 23° anniversario che commemora la caduta della città croata nel 1991 per mano delle milizie paramilitari serbe e dell'esercito jugoslavo e le atrocità commesse, violando in tal modo la condizione di non influenzare le vittime; che il gruppo pacifista serbo "Women in Black" (Donne in nero) si è riunito a Belgrado per commemorare le vittime dell'assedio in uno spettacolo intitolato "We will never forget the crimes of Vukovar" (Non dimenticheremo mai i crimini di Vukovar);
1. condanna duramente la propaganda bellica di Šešelj, il suo incitamento all'odio e l'incoraggiamento di rivendicazioni territoriali nonché il suo tentativo di ostacolare il percorso europeo della Serbia; deplora le sue attività provocatorie in pubblico e la sua retorica guerrafondaia dal suo rilascio in libertà provvisoria, che hanno riaperto le ferite psicologiche delle vittime causate dalla guerra e dalle atrocità dei primi anni '90; sottolinea che le recenti dichiarazioni di Šešelj potrebbero compromettere i progressi compiuti nell'ambito della cooperazione regionale e della riconciliazione, minando gli sforzi degli ultimi anni;
2. ricorda alle autorità serbe i loro obblighi nel quadro della cooperazione con il Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia e gli obblighi della Serbia in quanto paese candidato all'UE; osserva con preoccupazione che l'assenza di una reazione politica e di una risposta giuridica adeguate da parte delle autorità serbe in merito al comportamento di Šešelj compromette la fiducia delle vittime nel procedimento giudiziario; incoraggia le autorità serbe e i partiti democratici a condannare ogni manifestazione pubblica di incitamento all'odio o di retorica guerrafondaia e a promuovere la protezione dei diritti delle minoranze e dei diritti culturali; chiede alle autorità serbe di accertare se Šešelj abbia violato la legge serba e di rafforzare e applicare pienamente la legislazione che vieta l'incitamento all'odio, la discriminazione e l'istigazione alla violenza; sostiene tutti i partiti politici, le ONG e i cittadini serbi nella loro lotta contro l'incitamento all'odio;
3. invita il Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia e la sua procura ad adottare misure per riesaminare la sussistenza dei requisiti per la libertà provvisoria in nuove circostanze; osserva che l'esistenza di norme diverse per quanto riguarda le prassi del Tribunale in materia di libertà provvisoria non contribuirebbe al conseguimento degli obiettivi dello stesso; incoraggia il Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia ad agire con fermezza per ripristinare la fiducia che è stata indebolita dalle dichiarazioni pubbliche deprecabili e inammissibili di Šešelj, anche adottando tutte le misure necessarie per accelerare il completamento di tutti i processi e gli appelli di cui è investito; ricorda che assicurare alla giustizia i responsabili dei crimini di guerra è una condizione indispensabile per un processo di riconciliazione autentico e duraturo;
4. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al presidente, al governo e all'Assemblea nazionale della Repubblica di Serbia, al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e al presidente del Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia.
Iraq: rapimento e maltrattamento delle donne
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Risoluzione del Parlamento europeo del 27 novembre 2014 sul rapimento e sul maltrattamento delle donne in Iraq (2014/2971(RSP))
– viste le conclusioni del Consiglio "Affari esteri" sulla crisi dovuta all'ISIL in Siria e in Iraq del 20 ottobre 2014,
– vista la risoluzione del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani S-22/1, del 1° settembre 2014, sulla situazione dei diritti umani in Iraq alla luce degli abusi commessi dal cosiddetto "Stato Islamico dell'Iraq e del Levante" e dai gruppi a esso associati,
– vista la relazione ONU della commissione d'inchiesta internazionale indipendente sulla Repubblica araba siriana, del 14 novembre 2014, dal titolo "Rule of Terror: Living under ISIS in Syria" (Stato di terrore: vivere nella Siria dell'ISIS),
– visti l'accordo di partenariato e cooperazione (APC) tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica dell'Iraq, dall'altra, e la sua risoluzione del 17 gennaio 2013 sull'accordo di partenariato e cooperazione tra l'Unione europea e l'Iraq(1),
– vista la risoluzione n. 2106 (2013) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, del 24 giugno 2013, sulla violenza sessuale nei conflitti armati e in situazioni postbelliche,
– vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948,
– visto il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1966, di cui l'Iraq è parte,
– viste la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW), di cui l'Iraq è firmatario, e la risoluzione n. 1325 (2000) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite,
– visti l'articolo 135, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che il cosiddetto Stato islamico (IS) ha commesso numerose atrocità che equivalgono a crimini contro l'umanità, tra cui uccisioni di massa, esecuzioni ordinate da tribunali dell'IS autoproclamati, l'imposizione di un'interpretazione rigida della Sharia, violenze sessuali nei confronti di donne e bambini, schiavitù, stupri, matrimoni forzati, tratta di esseri umani, sfollamenti e rapimenti, che hanno causato una crisi umanitaria catastrofica e lo sfollamento di numerose persone dalle zone sotto il suo controllo;
B. considerando che, nell'agosto 2014, combattenti dell'IS sono avanzati nell'Iraq settentrionale, schiacciando le forze dei Peshmerga kurdi che si erano insediate nelle aree abbandonate dall'esercito iracheno; che la città di Sinjar è stata occupata e che la diga di Mosul, di importanza strategica e che fornisce acqua ed elettricità ad ampie parti dell'Iraq, è anch'essa stata presa; che i combattenti dell'IS si sono spinti sino a 40 km da Irbil, la capitale del Kurdistan iracheno; che molte donne curde stanno combattendo a Kobane, tra loro anche militanti e dirigenti delle truppe del PKK;
C. considerando che membri di minoranze etniche e religiose, in particolare cristiani e yazidi, turcomanni, shabak, kakai, sabei e le comunità sciite, nonché molti arabi e musulmani sunniti, sono stati presi di mira dall'IS a Mosul e nelle zone circostanti, comprese Sinjar e Tal Afar;
D. considerando che, secondo le stime di Human Rights Watch, 3 133 yazidi sarebbero stati rapiti e uccisi dall'IS o risulterebbero scomparsi in seguito all'offensiva dell'IS di inizio agosto; che tale elenco comprende 2 305 persone che sarebbero state rapite, tra cui 412 bambini; che l'IS sta indottrinando i bambini yazidi sequestrati;
E. considerando che nell'ottobre 2014 i ricercatori delle Nazioni Unite hanno stimato che tra le 5 000 e le 7 000 donne sarebbero state recluse in centri di detenzione improvvisati, da cui sarebbero state portate via e vendute come schiave o consegnate agli jihadisti come concubine; che si ritiene che solo nella città di Tal Afar siano detenuti in cinque centri circa 3 500 donne e bambini;
F. considerando che l'IS e altri estremisti jihadisti in Iraq e in Siria hanno provocato flussi di profughi che vanno ad affollare i campi in Turchia, in Libano e in Giordania, dove le donne e le ragazze, in particolare, si trovano ad affrontare dure condizioni umanitarie e sono estremamente esposte a molestie, violenze sessuali, matrimoni forzati e altri abusi;
G. considerando che il carattere transnazionale dell'IS e dei gruppi terroristici a esso associati desta preoccupazione in tutto il mondo;
H. considerando che l'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) è profondamente preoccupata per la capacità della comunità internazionale di far fronte alle urgenti necessità legate al periodo invernale in Iraq, con particolare riferimento alle persone sfollate a seguito dei recenti eventi;
I. considerando che l'unità, la sovranità e l'integrità territoriale dell'Iraq sono essenziali ai fini della stabilità e dello sviluppo economico del paese e della regione;
1. condanna con la massima fermezza le violazioni e gli abusi sistematici dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale derivanti dalle azioni dell'IS e dei gruppi terroristici associati, che costituiscono crimini di guerra e crimini contro l'umanità; condanna con fermezza, in particolare, ogni forma di violenza contro le persone per motivi religiosi o di appartenenza etnica e la violenza perpetrata nei confronti di donne e bambini;
2. condanna con fermezza le numerose atrocità compiute dall'IS e dirette soprattutto contro le donne, che costituiscono crimini contro l'umanità, come ad esempio il rapimento, lo stupro e altre forme di violenza sessuale, la riduzione in schiavitù nonché le conversioni e i matrimoni forzati; sottolinea la necessità che i responsabili di tali violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale siano chiamati a rispondere delle loro azioni;
3. pone l'accento sulla necessità di riunire quanto prima i minori con le loro famiglie, di porre fine ai matrimoni forzati e agli abusi sessuali e di rilasciare immediatamente tutti i detenuti civili, in particolare le donne, imprigionati dall'IS;
4. invita il governo iracheno a ratificare lo Statuto di Roma che istituisce la Corte penale internazionale per consentire a quest'ultima di perseguire i crimini di guerra e i crimini contro l'umanità perpetrati dall'IS;
5. chiede al governo dell'Iraq di promuovere e tutelare i diritti umani coinvolgendo tutte le componenti della società irachena in uno spirito di unità e riconciliazione nazionale, e di rispettare il diritto internazionale umanitario e in materia di diritti umani nei tentativi di contrastare l'IS; offre sostegno al governo per aiutarlo a costruire una società più equa e inclusiva, che protegga e promuova i diritti delle donne;
6. plaude agli sforzi profusi dalla comunità internazionale, in particolare dagli Stati Uniti, per sostenere le autorità irachene nazionali e locali nella lotta contro l'IS, per fermare l'avanzata di quest'ultimo e per agevolare l'accesso al sostegno umanitario; sostiene la coalizione globale contro l'IS e i suoi sforzi volti a combatterlo, anche con mezzi militari; esorta la comunità internazionale a fornire l'assistenza di primo soccorso necessaria alle persone in Iraq durante l'inverno, anche alle famiglie di yazidi che sono rimaste sul monte Sinjar a difendere i loro templi dalle distruzioni operate dall'IS;
7. invita tutte le parti interessate presenti nella regione ad adoperarsi al massimo per porre fine a tutte le attività di organismi ufficiali o privati volte a diffondere nelle parole e nei fatti le ideologie islamiche estremiste; invita la comunità internazionale, in particolare l'UE, ad agevolare un dialogo regionale sui problemi del Medio Oriente e ad associarvi tutti gli attori più rilevanti, in particolare l'Iran e l'Arabia Saudita;
8. esorta le Nazioni Unite, in particolare il relatore speciale sulla violenza contro le donne, Rashida Manjoo, a fare tutto il possibile per rintracciare le vittime, per condurre le indagini e per accertare i fatti e le circostanze relativi a tali abusi e violazioni nei confronti delle ragazze e delle donne perpetrati dall'IS e dai gruppi terroristici associati in Iraq e in Siria, allo scopo di impedire l'impunità e assicurare una piena assunzione di responsabilità; sostiene l'operato del rappresentante speciale delle Nazioni Unite per i crimini sessuali in situazioni di conflitto, Zainab Hawa Bangura;
9. invita le agenzie umanitarie internazionali attive in Iraq, comprese le agenzie delle Nazioni Unite, ad aumentare i servizi medici e di consulenza per gli sfollati che sono fuggiti dinanzi all'avanzata dell'IS, prestando particolare attenzione alle esigenze delle vittime di violenza sessuale e dei minori;
10. ribadisce il suo invito alla Commissione, al Servizio europeo per l'azione esterna e agli Stati membri ad adottare misure specifiche per affrontare la situazione delle donne in Iraq e garantire la loro libertà e il rispetto dei loro diritti fondamentali, nonché ad adottare misure volte a impedire lo sfruttamento, l'abuso e la violenza contro le donne e i bambini; esprime particolare preoccupazione per l'aumento di tutte le forme di violenza contro le donne yazidi, che vengono detenute, violentate, sottoposte ad abusi sessuali e vendute dai membri dell'IS; invita in particolare gli Stati membri a migliorare le politiche in modo da soddisfare le esigenze dei sopravvissuti e istituire un meccanismo che consenta alle donne traumatizzate provenienti dalla Siria e dall'Iraq, segnatamente le donne yazidi, di ricevere una speciale consulenza post-trauma personalizzata;
11. è convinto che la protezione e l'assistenza umanitaria immediate vadano completate con strategie a lungo termine a sostegno dei diritti socioeconomici e dei mezzi di sussistenza delle donne rimpatriate, sfollate internamente e rifugiate, nonché a favore di una maggiore leadership e partecipazione, al fine di conferire loro la facoltà di scegliere soluzioni durature che ripecchino le loro necessità; ritiene che vi sia la necessità di far fronte ai rischi specifici e alle necessità particolari di diversi gruppi di donne, soggette a molteplici e interdipendenti forme di discriminazione;
12. condanna il fatto che, con l'avanzare dell'IS, gli atti di violenza e gli omicidi perpetrati contro le persone LGBT irachene rimangono completamente impuniti; osserva che, sebbene le persone LGBT irachene non siano il solo gruppo a rischio nell'attuale contesto di crisi e conflitto, esse si trovano in una situazione di particolare vulnerabilità poiché possono contare su una limitata protezione del governo e su un limitato sostegno da parte della famiglia e della comunità; osserva che le persone LGBT irachene rimangono emarginate e a rischio nelle comunità di rifugiati o in determinate società ospitanti; invita il governo dell'Iraq a fornire protezione alle persone LGBT irachene;
13. si rammarica che, come conseguenza degli anni di dittatura e conflitto, la vita delle donne irachene si sia significativamente deteriorata; invita a promuovere e ad attuare la risoluzione 1325 (2000) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulle donne, la pace e la sicurezza, al fine di garantire la partecipazione delle donne alla risoluzione dei conflitti e alla costruzione della democrazia; insiste sul fatto che, senza la partecipazione delle donne al processo decisionale, non sarà possibile garantire una reale protezione né una vera sicurezza per le donne in Iraq;
14. invita a compiere uno sforzo concertato a livello internazionale, in stretta collaborazione con le comunità, le organizzazioni e i paesi musulmani, per opporsi all'ideologia radicale salafita/wahhabita che costituisce la base e l'ispirazione per l'azione dell'IS e le organizzazioni terroristiche associate e sta diventando una crescente minaccia alla sicurezza degli Stati membri; invita il SEAE e gli Stati membri, nell'ambito del loro dialogo con i paesi del Golfo, a sollevare le gravi preoccupazioni in merito agli sforzi di indottrinamento all'ideologia salafita/wahhabita in corso in molti paesi a maggioranza musulmana e comunità musulmane in tutto il mondo da parte di soggetti di tali paesi;
15. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al Consiglio, alla Commissione, al rappresentante speciale dell'UE per i diritti umani, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al governo e al Consiglio dei rappresentanti dell'Iraq, al governo regionale del Kurdistan, al Segretario generale delle Nazioni Unite e al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite.
Decisione di non sollevare obiezioni a un atto delegato: sistema provvisorio di acconti sui contributi per coprire le spese amministrative del Comitato di risoluzione unico durante il periodo provvisorio
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Decisione del Parlamento europeo del 27 novembre 2014 di non sollevare obiezioni al regolamento delegato della Commissione dell'8 ottobre 2014 relativo al sistema provvisorio di acconti sui contributi per coprire le spese amministrative del Comitato di risoluzione unico durante il periodo provvisorio (C(2014)7164 – 2014/2882(DEA))
– visto il regolamento delegato della Commissione dell'8 ottobre 2014 (C(2014)7164),
– vista la lettera in data 23 ottobre 2014 della Commissione con cui quest'ultima chiede al Parlamento di dichiarare che non solleverà obiezioni al regolamento delegato,
– vista la lettera in data 4 novembre 2014 della commissione per i problemi economici e monetari al presidente della Conferenza dei presidenti di commissione,
– visto l'articolo 290 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visto il regolamento (UE) n. 806/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2014, che fissa norme e una procedura uniformi per la risoluzione degli enti creditizi e di talune imprese di investimento nel quadro del meccanismo di risoluzione unico e del Fondo di risoluzione unico e che modifica il regolamento (UE) n. 1093/2010(1), in particolare l'articolo 65, paragrafo 5, lettere a), b) e c),
– vista la raccomandazione di decisione della commissione per i problemi economici e monetari,
– visto l'articolo 105, paragrafo 6, del suo regolamento,
A. considerando che l'articolo 42 del regolamento (UE) n. 806/2014 (regolamento sul meccanismo di risoluzione unico) prevede l'istituzione, a decorrere dal 19 agosto 2014, di un Comitato di risoluzione unico (di seguito "Comitato") sotto forma di agenzia dell'Unione europea;
B. considerando che l'articolo 98 del regolamento sul meccanismo di risoluzione unico prescrive che il Comitato sia pienamente operativo a partire dal 1° gennaio 2015;
C. considerando che il Comitato deve disporre di un bilancio autonomo, che non faccia parte del bilancio dell'Unione e che sia finanziato tramite contributi del settore bancario, in particolare tramite contributi alle spese amministrative del Comitato che devono essere versati da enti creditizi, imprese madri, imprese d'investimento ed enti finanziari oggetto del regolamento sul meccanismo di risoluzione unico;
D. considerando che l'articolo 65, paragrafo 5, del regolamento sul meccanismo di risoluzione unico conferisce alla Commissione il potere di adottare atti delegati sui contributi per determinarne il tipo e il calcolo e, in particolare, per determinare i contributi annuali necessari per coprire le spese amministrative del Comitato prima che diventi pienamente operativo;
E. considerando che l'8 ottobre 2014 la Commissione ha adottato, in virtù dei summenzionati poteri conferiteli, il regolamento delegato della Commissione relativo al sistema provvisorio di acconti sui contributi per coprire le spese amministrative del Comitato di risoluzione unico durante il periodo provvisorio;
F. considerando che predetto regolamento delegato potrebbe entrare in vigore alla fine del tempo di esame da parte del Parlamento e del Consiglio solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni; che il tempo di esame è stato fissato, ai sensi dell'articolo 93, paragrafo 6, del regolamento sul meccanismo di risoluzione unico, a tre mesi dalla data di notifica, vale a dire fino all'8 gennaio 2015, e che può essere prorogato di altri tre mesi;
G. considerando che, al fine di garantire un corretto funzionamento del Comitato a partire dal 1° gennaio 2015, quest'ultimo dovrà disporre quanto prima dei relativi meccanismi di finanziamento, e comunque prima del 1° gennaio 2015, in modo tale da poter coprire le prime spese amministrative (retribuzione del personale, spese infrastrutturali, amministrative e operative) tramite le risorse proprie;
H. considerando che il regolamento delegato in parola dovrebbe pertanto entrare in vigore nel 2014, prima che termini il tempo di esame di cui al considerando F;
1. dichiara di non sollevare obiezioni al regolamento delegato;
2. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente decisione al Consiglio e alla Commissione.
– visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare gli articoli 4, 162 e da 174 a 178,
– visto il regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio(1),
– visto il regolamento (UE, Euratom) n. 1311/2013 del Consiglio, del 2 dicembre 2013, che stabilisce il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020(2),
– visto il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002(3) del Consiglio,
– visto il progetto di bilancio rettificativo n. 3 al bilancio generale 2014 (COM(2014)0329),
– visti l'articolo 128, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che la politica di coesione rappresenta la principale politica d'investimento nell'economia reale a livello di UE ed è un collaudato catalizzatore di crescita e occupazione nell'Unione, con una dotazione di oltre 350 miliardi di euro fino al 2020; che tale politica costituisce una componente primaria della strategia dell'UE per correggere gli squilibri e le disparità regionali, favorire la diversificazione e l'adeguamento alle trasformazioni industriali e realizzare la coesione economica, sociale e territoriale; che in alcuni Stati membri essa costituisce la principale fonte di investimenti pubblici;
B. considerando che, grazie alla concentrazione tematica, queste risorse sono mirate verso un numero limitato di obiettivi strategici che presentano un potenziale di stimolo della crescita, quali l'innovazione e la ricerca, l'agenda digitale, il sostegno alle piccole e medie imprese (PMI), l'economia a basse emissioni di carbonio, la formazione, l'istruzione e le infrastrutture;
C. considerando che gli accordi di partenariato e i programmi operativi sono strumenti strategici per guidare gli investimenti negli Stati membri e nelle regioni, in linea con l'obiettivo generale di Europa 2020 di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva;
D. considerando che gli articoli 14, 16 e 29 del regolamento (UE) n. 1303/2013 definiscono il calendario per la presentazione e l'adozione degli accordi di partenariato e dei programmi operativi, secondo il quale gli accordi di partenariato avrebbero dovuto essere adottati entro la fine di agosto 2014 e i programmi operativi entro la fine di gennaio 2015;
E. considerando che vi è un evidente ritardo nel processo di programmazione, con un numero limitato di programmi operativi (poco più di 100) di cui si prevede l'adozione entro la fine del 2014;
F. considerando che, su richiesta degli Stati membri, la Commissione ha preparato un documento informale sul trattamento degli impegni 2014 nell'ambito dei programmi cofinanziati dal Fondo europeo di sviluppo regionale, dal Fondo sociale europeo e dal Fondo di coesione che non saranno stati adottati dalla Commissione al 31 dicembre 2014;
G. considerando che per l'adozione dei programmi operativi sono previsti due scenari, che comportano entrambi ulteriori ritardi per l'avvio dell'attuazione, e cioè: (i) la procedura di riporto per i programmi considerati "pronti per l'adozione" entro il 31 dicembre 2014, e (ii) la reiscrizione in bilancio dell'assegnazione 2014 non utilizzata per i Fondi strutturali e d'investimento europei – la quale comporta una revisione tecnica del quadro finanziario pluriennale (QFP) – per quelli considerati "non pronti per l'adozione" entro la fine del 2014;
H. considerando che, secondo il calendario presentato dalla Commissione, con la procedura di riporto i programmi operativi potrebbero essere adottati fra il 15 febbraio e il 31 marzo 2015, mentre con quella di reiscrizione in bilancio dopo il 1° maggio 2015;
I. considerando che, oltre al ritardo nell'attuazione per il periodo di programmazione 2014-2020, la politica di coesione soffre anche di un arretrato nei pagamenti pari a circa 23 miliardi di euro per il periodo di programmazione 2007-2013, il che ne mina ulteriormente la credibilità, l'efficacia e la sostenibilità;
J. considerando che il Presidente della Commissione ha fatto sapere che intende lanciare un pacchetto di investimenti per 315 miliardi di euro;
1. esprime viva preoccupazione per il notevole ritardo nell'attuazione della politica di coesione per il periodo 2014-2020, pur riconoscendo l'importanza di adottare programmi operativi di alta qualità all'inizio del periodo di programmazione in modo da evitare una riprogrammazione in fasi successive;
2. sottolinea che gli attuali ritardi mettono alla prova la capacità delle autorità nazionali, regionali e locali di pianificare e attuare in modo efficace i Fondi strutturali e di investimento europei nel periodo 2014-2020;
3. ricorda che la politica di coesione, insieme al cofinanziamento assicurato dagli Stati membri, rappresenta nell'UE una quota rilevante della spesa pubblica connessa alla crescita; sottolinea che è quindi indispensabile avviare quanto prima l'attuazione dei nuovi programmi al fine di massimizzare i risultati degli investimenti, stimolare la creazione di posti di lavoro e rafforzare la crescita della produttività;
4. sollecita la Commissione e gli Stati membri a dimostrare senso di responsabilità e a fare quanto in loro potere per accelerare l'adozione del massimo numero di programmi operativi nel 2014, nonché per garantire che quanti più programmi possibile siano "pronti per l'adozione" entro il 31 dicembre 2014, affinché possano beneficiare della procedura di riporto a norma dell'articolo 13, paragrafo 2, lettera a), del regolamento finanziario e dell'articolo 4 delle relative modalità di applicazione;
5. chiede che la Commissione – sempre mantenendo focalizzata l'attenzione sulla qualità e sulla necessità di non abbassare la guardia nella lotta alle frodi – esamini tutte le modalità possibili di razionalizzazione delle sue procedure interne onde assicurare che anche i programmi operativi ripresentati dopo il termine del 24 novembre 2014 siano presi in considerazione al fine di concludere la consultazione interservizi entro la fine dell'anno e siano trattati come pronti per l'adozione se soddisfano i requisiti di qualità;
6. è consapevole che il secondo dei summenzionati scenari, applicabile ai programmi operativi non pronti per l'adozione entro la fine del 2014, vale a dire la reiscrizione in bilancio nel 2015 degli importi non impegnati relativi al 2014, conformemente all'articolo 19 del regolamento sul QFP, implica una revisione del QFP entro il 1° maggio 2015, la quale, anche se tecnica, deve rispettare la procedura di bilancio pluriennale; invita perciò la Commissione a intraprendere al più presto le discussioni con il Parlamento e il Consiglio al fine di tracciare una tabella di marcia credibile che garantisca l'adozione della revisione del QFP quanto prima nel 2015;
7. sottolinea inoltre che, ai fini dell'adozione dei programmi operativi, deve essere approvato anche un corrispondente progetto di bilancio rettificativo che copra i rispettivi stanziamenti d'impegno per il 2015, il che comporta, nel migliore dei casi, uno slittamento alla metà del 2015 dell'effettivo avvio dell'attuazione di tali programmi;
8. invita la Commissione, in considerazione di quanto sopra, a presentare al Parlamento le misure che intende adottare per facilitare al più presto l'attuazione dei programmi operativi, unitamente al calendario da essa previsto;
9. esprime allarmata preoccupazione per la situazione dell'arretrato dei pagamenti nell'ambito della politica di coesione per i programmi operativi 2007-2013; sottolinea l'importanza e l'urgenza di raggiungere un accordo in merito, sulla base delle nuove proposte della Commissione, entro la fine del 2014;
10. invita la Commissione a illustrare l'impatto di questi ritardi nei pagamenti sull'avvio dell'attuazione dei nuovi programmi operativi e a proporre soluzioni per contenere al minimo i danni; chiede inoltre che la Commissione, nel contesto della relazione sul risultato dei negoziati di cui all'articolo 16, paragrafo 3, del regolamento recante disposizioni comuni, analizzi il potenziale impatto del ritardi nell'avvio della politica di coesione per il periodo 2014-2020 sulla crescita e l'occupazione, e formuli raccomandazioni basate sull'insegnamento tratto;
11. chiede che il pacchetto di investimenti per 315 miliardi di euro che sarà annunciato dalla Commissione sia pienamente complementare alla politica di coesione 2014-2020;
12. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione, al Consiglio, al Comitato delle regioni, al Comitato economico e sociale europeo e alle altre istituzioni competenti.
Orientamenti della Commissione in materia di valutazione d'impatto
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Risoluzione del Parlamento europeo del 27 novembre 2014 sulla revisione degli orientamenti della Commissione in materia di valutazione d'impatto e sul ruolo del "test PMI" (2014/2967(RSP))
– visti la recente consultazione pubblica sulla revisione degli orientamenti per le valutazioni d'impatto (VI) della Commissione e il corrispondente progetto di orientamenti riveduti in materia di valutazione d'impatto,
– vista la sua risoluzione dell'8 giugno 2011 su come garantire valutazioni d'impatto indipendenti(1),
– visto l'articolo 123, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,
A. considerando che le valutazioni di impatto, in quanto strumento attivato nella fase iniziale dell'elaborazione della normativa, svolgono un ruolo chiave nell'ambito del programma della Commissione per una normativa intelligente, con l'obiettivo di fornire dati trasparenti, esaustivi ed equilibrati circa gli effetti economici, sociali e ambientali, il valore aggiunto di un intervento dell'UE, gli oneri regolamentari e amministrativi previsti nonché i costi e i benefici di soluzioni alternative per tutti i soggetti interessati;
B. considerando che gli attuali orientamenti per le valutazioni d'impatto conferiscono un ruolo centrale al Segretariato generale della Commissione e al comitato per la valutazione d'impatto (IAB – Impact Assessment Board) nel decidere se per una determinata iniziativa sia necessaria o meno una valutazione d'impatto;
C. considerando che lo IAB svolge un ruolo rilevante quale istanza centrale di controllo della qualità delle valutazioni di impatto;
D. considerando che i trattati contengono clausole sociali e ambientali orizzontali – unitamente all'obbligo di rispettare i principi di sussidiarietà e proporzionalità – che devono essere prese in considerazione in sede di definizione e attuazione delle politiche e azioni dell'Unione e che richiedono un'analisi approfondita dell'impatto della legislazione proposta;
E. considerando che, secondo un gruppo di esperti della Commissione, la conformità con una determinata normativa può avere per le PMI un costo dieci volte superiore a quello sostenuto dalle imprese di dimensioni più grandi; che, pertanto, una valutazione d'impatto appropriata e indipendente è particolarmente importante per le PMI, che spesso incontrano maggiori difficoltà, rispetto alle grandi imprese, ad adeguarsi ai nuovi obblighi giuridici e amministrativi e che, date le loro dimensioni, hanno minori capacità di anticipare tempestivamente i cambiamenti normativi;
F. considerando che il principio "Pensare anzitutto in piccolo" è il fondamento dello Small Business Act per l'Europa del 2008; che esso figura negli orientamenti per la valutazione d'impatto dal 2009 e in altri testi della Commissione dal 2005; che tale principio mira a tener conto degli interessi delle PMI già nelle primissime fasi del processo di elaborazione delle politiche per rendere la legislazione più consona alle loro esigenze; che è disponibile tutta una serie di strumenti tesi a garantire l'efficace applicazione di tale principio, inclusa l'esecuzione di un test PMI sulle future proposte legislative;
G. considerando che gli attuali orientamenti in materia di valutazione d'impatto forniscono indicazioni specifiche che assumono la forma di un test PMI, incluse eventuali misure di attenuazione; che nel progetto di orientamenti riveduti non figura alcuna disposizione sul test PMI;
H. considerando che un'opportuna valutazione delle proprie modifiche di fondo alla proposta originaria della Commissione presenta un notevole valore aggiunto a sostegno della posizione del Parlamento nei negoziati di trilogo;
Ambito di applicazione
1. accoglie con favore l'impegno della Commissione di rivedere periodicamente gli orientamenti per la valutazione d'impatto al fine di migliorare le procedure in materia;
2. sottolinea che la Commissione dovrebbe garantire che gli aspetti economici, sociali, amministrativi e ambientali siano tutti valutati con la stessa accuratezza;
3. è tuttavia preoccupato per il fatto che il progetto di orientamenti riveduti risulti molto meno specifico degli orientamenti in vigore quanto all'ambito delle valutazioni d'impatto e lasci un margine di interpretazione nettamente maggiore alla Direzione generale competente nel decidere se una valutazione d'impatto sia necessaria o meno; è del parere che la prassi esistente di coinvolgere lo IAB nel processo decisionale debba essere mantenuta;
4. ritiene che la Commissione dovrebbe continuare a seguire l'approccio attuale, che prevede la realizzazione di una valutazione d'impatto per tutte le iniziative che rispondono ad almeno uno dei criteri seguenti:
a)
proposte legislative inserite nel programma legislativo e di lavoro della Commissione;
b)
proposte legislative non inserite nel programma legislativo e di lavoro della Commissione che hanno un impatto economico, amministrativo, sociale e ambientale chiaramente identificabile;
c)
iniziative non legislative che definiscono le future politiche (ad esempio libri bianchi, piani d'azione, programmi di spesa, orientamenti negoziali per la conclusione di accordi internazionali);
d)
atti delegati o di esecuzione introdotti dalla Commissione (e, se del caso, dalle sue Agenzie), suscettibili di avere effetti identificabili e significativi sul piano economico, sociale, ambientale e degli oneri amministrativi;
5. osserva che le valutazioni d'impatto devono essere rigorose ed esaustive, basate sulle informazioni più precise, oggettive e complete disponibili, con un'analisi che sia proporzionata e incentrata sulla finalità e sull'obiettivo della proposta, onde permettere l'adozione di una decisione politica con cognizione di causa;
6. è convinto che le valutazioni d'impatto siano un importante strumento di supporto del processo decisionale in tutte le istituzioni dell'Unione, oltre che un elemento importante delle procedure a garanzia della qualità della legislazione; riconosce tuttavia che le valutazioni d'impatto non possono sostituirsi alla valutazione e alle decisioni politiche;
7. sottolinea l'importanza di consultare tutti i soggetti interessati in una fase precoce del processo di valutazione d'impatto, di modo che i loro contributi possano essere presi in considerazione in sede di elaborazione delle valutazioni d'impatto e prima della loro pubblicazione;
8. rileva che la portata di una valutazione d'impatto può non corrispondere alle proposte adottate nel caso in cui queste ultime vengano modificate dopo essere state sottoposte all'approvazione del Collegio dei commissari; chiede che il progetto di orientamenti riveduti preveda l'aggiornamento della valutazione d'impatto onde garantire la continuità tra le questioni da essa prese in esame e le eventuali proposte infine adottate dalla Commissione;
Comitato per la valutazione d'impatto (IAB)
9. esprime profonda preoccupazione per il fatto che il progetto di orientamenti riveduti non definisca con maggiore chiarezza il ruolo dello IAB nel quadro del processo di valutazione d'impatto; insiste fermamente sulla necessità che, nel reagire alla presente risoluzione, la Commissione riconsideri tale omissione e definisca più chiaramente le procedure relative allo IAB in un nuovo progetto di orientamenti riveduti;
10. ritiene che tali nuove procedure debbano stabilire in modo chiaro, comprensibile e trasparente il processo di presentazione, revisione e approvazione finale delle valutazioni d'impatto presentate allo IAB;
11. ribadisce la propria posizione, secondo la quale le proposte non dovrebbero essere adottate dalla Commissione se non accompagnate da un parere approvato dallo IAB;
12. ricorda inoltre alla Commissione di aver chiesto che l'indipendenza dell'IAB sia rafforzata, e in particolare che i membri di tale comitato non siano soggetti a controllo politico; ritiene che lo IAB debba essere composto unicamente da persone altamente qualificate, che dispongano delle competenze per valutare l'analisi presentata per quanto concerne l'impatto economico, sociale e ambientale;
13. attende chiarimenti dalla nuova Commissione sul modo in cui intende procedere per quanto riguarda gli aspetti sollevati nella presente risoluzione, per poter tenere meglio conto di tale approccio nell'elaborazione della propria posizione sulla recente comunicazione REFIT della Commissione, senza pregiudizio per la posizione del Parlamento in proposito;
Test PMI
14. rammenta che la Commissione, nel suo riesame dello Small Business Act del 2011, deplorava il fatto che soltanto otto Stati membri avessero integrato il test PMI nei rispettivi processi decisionali nazionali; invita la Commissione a collaborare con gli Stati membri per una migliore diffusione dei principi del test PMI nel contesto delle procedure nazionali, a sostegno della politica a favore delle PMI;
15. si compiace del fatto che, nell'ambito di tale riesame, la Commissione avesse assunto il chiaro impegno di rafforzare ulteriormente il test PMI; si rammarica tuttavia che, contrariamente agli annunci, il test PMI non sia nemmeno menzionato nel progetto di orientamenti riveduti in materia di valutazione d'impatto;
16. rammenta che, nello Small Business Act, la Commissione si è impegnata ad applicare il principio "Pensare anzitutto in piccolo" all'elaborazione delle sue politiche e che ciò include il test PMI per valutare l'impatto della futura normativa e delle future iniziative amministrative sulle piccole e medie imprese; sottolinea l'assoluta necessità di garantire che il test in questione sia eseguito correttamente e ritiene che vi sia a tutt'oggi un ampio margine di miglioramento al riguardo;
17. insiste sulla necessità di mantenere il test PMI così come definito nell'allegato 8 degli orientamenti, onde evitare che le PMI siano toccate o svantaggiate da un'iniziativa della Commissione in maniera sproporzionata rispetto alle imprese di grandi dimensioni;
18. sottolinea che, in tali casi, la valutazione d'impatto dovrebbe includere opzioni che prevedano meccanismi alternativi e/o forme di flessibilità al fine di aiutare le PMI a conformarsi all'iniziativa (come previsto nell'allegato 8.4); accoglie con favore, a tale riguardo, l'esclusione a priori delle microimprese dall'ambito di applicazione di una proposta legislativa, quale possibile linea di condotta contemplata dal progetto di orientamenti riveduti; ritiene, tuttavia, che l'esclusione automatica delle microimprese potrebbe non essere sempre l'approccio migliore e che essa deve essere pertanto valutata in modo puntuale per ciascuna proposta, al fine di tener conto della politica dell'inversione dell'onere della prova, il che significa che le microimprese dovrebbero rimanere escluse dal campo d'applicazione delle proposte salvo venga dimostrato che dovrebbero esservi incluse; è favorevole a prendere in considerazione soluzioni mirate e regimi agevolati per le PMI nelle valutazioni d'impatto, ove ciò non limiti in misura inopportuna l'efficacia della legislazione;
Applicazione e controllo
19. osserva che un atto legislativo può differire significativamente, nella sua forma definitiva, dalla proposta adottata dalla Commissione; ritiene che sarebbe utile approntare una sintesi dei benefici e dei costi stimati degli atti legislativi adottati, aggiornandola per tener conto dei cambiamenti intervenuti rispetto all'analisi contenuta nella valutazione d'impatto a seguito delle modifiche apportate nel corso dell'iter legislativo; ritiene che tale esercizio semplificherebbe il controllo e la valutazione dell'impatto delle proposte;
Istituzione di un organo consultivo per la qualità della legislazione
20. si compiace del lavoro e della relazione finale del gruppo di alto livello sugli oneri amministrativi istituito dalla Commissione; ricorda l'intenzione della Commissione, come indicato nella sua ultima comunicazione sull'adeguatezza e l'efficacia della regolamentazione (REFIT) del giugno 2014, di istituire un nuovo gruppo di alto livello per la qualità della legislazione, composto da rappresentanti dei soggetti interessati e da esperti nazionali;
21. propone che la Commissione istituisca quanto prima un siffatto organo consultivo di alto livello per la qualità della legislazione che si avvalga dell'apporto di soggetti interessati ed esperti nazionali; propone che tale organo, che dovrebbe integrare il lavoro della Commissione in materia di valutazioni d'impatto, sia dotato di un mandato consultivo forte e indipendente; ritiene che le competenze specialistiche di tale organo, anche in tema di sussidiarietà e proporzionalità, potrebbero costituire un valore aggiunto per la procedura di valutazione d'impatto e per altre iniziative relative alla qualità della legislazione; chiede che il Parlamento e il Consiglio siano coinvolti nella procedura di nomina degli esperti; raccomanda che si tenga conto delle migliori pratiche e delle esperienze acquisite dagli organi per la qualità della legislazione esistenti (come quelli di Svezia, Repubblica Ceca, Paesi Bassi, Regno Unito e Germania);
22. invita la Commissione a presentare un nuovo progetto di orientamenti riveduti in materia di valutazione d'impatto che tenga conto delle questioni poste in evidenza nella presente risoluzione e della nuova struttura della Commissione, in particolare del ruolo del nuovo vicepresidente competente per la qualità della legislazione;
Le valutazioni d'impatto in seno al Parlamento
23. chiede di poter esaminare in maniera sistematica e tempestiva le valutazioni d'impatto della Commissione, in particolare a livello delle commissioni;
24. rammenta la sua risoluzione dell'8 giugno 2011 su come garantire valutazioni d'impatto indipendenti, nella quale chiedeva che si facesse un uso più sistematico della valutazione d'impatto parlamentare, che è uno strumento già disponibile; rammenta che per la realizzazione delle valutazioni d'impatto esistono una linea di bilancio specifica e servizi specializzati; ritiene che il ricorso a una valutazione d'impatto parlamentare sia particolarmente necessario quando la proposta iniziale della Commissione è oggetto di modifiche sostanziali;
Le valutazioni d'impatto in seno al Consiglio europeo
25. si attende che il Consiglio onori l'impegno assunto e valuti sistematicamente l'impatto delle proprie modifiche sostanziali;
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26. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione e al Consiglio.
25° anniversario della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia
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Risoluzione del Parlamento europeo del 27 novembre 2014 sul 25° anniversario della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia (2014/2919(RSP))
– vista la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia adottata a New York il 20 novembre 1989,
– vista la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità adottata a New York il 13 dicembre 2006,
– visto l'articolo 3 del trattato sull'Unione europea,
– visto l'articolo 24 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
– visti il programma di Stoccolma adottato nel 2009 e il relativo piano d'azione per il periodo 2010-2014,
– vista l'Osservazione generale n. 14 (2013) del Comitato delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia relativa al diritto del minore a che il suo interesse superiore sia considerato preminente,
– vista l'agenda dell'UE per i diritti dell'infanzia, adottata nel febbraio 2011,
– visto il consenso europeo in materia di sviluppo,
– visti la dichiarazione e il piano d'azione adottati al forum ad alto livello sull'efficacia degli aiuti svoltosi a Busan dal 29 novembre al 1° dicembre 2011,
– vista la comunicazione della Commissione del 5 febbraio 2008 dal titolo "Riservare ai minori un posto speciale nella politica esterna dell'UE" (COM(2008)0055),
– visti gli orientamenti dell'UE in materia di promozione e tutela dei diritti del bambino,
– visti gli orientamenti dell'UE sui bambini e i conflitti armati,
– visto il piano d'azione delle Nazioni Unite dal titolo "Un mondo a misura di bambino",
– visti il quadro strategico e il piano di azione dell'UE per i diritti umani e la democrazia,
– vista la direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta degli esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro 2002/629/GAI del Consiglio(1),
– vista la direttiva 2011/93/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, e che sostituisce la decisione quadro 2004/68/GAI del Consiglio(2),
– vista la strategia dell'UE per l'eradicazione della tratta degli esseri umani (2012-2016), in particolare le disposizioni relative al finanziamento dell'elaborazione di linee guida riguardanti i sistemi di tutela dei minori e lo scambio di migliori prassi,
– vista la raccomandazione 2013/112/UE della Commissione, del 20 febbraio 2013, intitolata "Investire nell'infanzia: spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale"(3),
– vista la sua risoluzione del 12 settembre 2013 sulla situazione dei minori non accompagnati nell'UE(4),
– viste la Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW), adottata nel 1979, e la Piattaforma di azione di Pechino,
– viste le sue risoluzioni del 25 febbraio 2014 recante raccomandazioni alla Commissione sulla lotta alla violenza contro le donne(5) e del 6 febbraio 2014 sulla comunicazione della Commissione dal titolo: "Verso l’eliminazione delle mutilazioni genitali femminili"(6),
– viste le conclusioni del Consiglio del 5 giugno 2014 dal titolo "Prevenire e combattere tutte le forme di violenza contro le donne e le ragazze, compresa la mutilazione genitale femminile",
– viste le conclusioni del Consiglio del 19 maggio 2014 relative a un approccio alla cooperazione allo sviluppo basato sui diritti che includa tutti i diritti umani,
– visto l'articolo 7 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea che ribadisce che "l'Unione assicura la coerenza tra le sue varie politiche e azioni, tenendo conto dell'insieme dei suoi obiettivi",
– vista la comunicazione della Commissione del 2 giugno 2014 dal titolo "Un'esistenza dignitosa per tutti: dalla visione all'azione collettiva" (COM(2014)0335),
– viste la comunicazione della Commissione del 12 aprile 2005 dal titolo "Coerenza delle politiche per lo sviluppo" (COM(2005)0134) e le conclusioni della 3166ª sessione del Consiglio "Affari esteri", del 14 maggio 2012, dal titolo "Potenziare l'impatto della politica di sviluppo dell'Unione europea: un programma di cambiamento",
– visto l'articolo 123, paragrafo 2, del suo regolamento,
A. considerando che la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e i relativi protocolli opzionali costituiscono un criterio guida nella promozione e nella tutela dei diritti dei minori e contengono un corpus organico di norme giuridiche internazionali per la protezione e il benessere dei minori;
B. considerando che tutti gli Stati membri dell'UE hanno ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e hanno il chiaro obbligo giuridico di promuovere, proteggere e realizzare i diritti di tutti i minori nelle loro giurisdizioni;
C. considerando che la promozione dei diritti dell'infanzia costituisce un obiettivo esplicito delle politiche dell'UE e che la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea impone che l'interesse superiore del minore sia considerato preminente in tutte le azioni dell'UE;
D. considerando che la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e la Carta dei diritti fondamentali dell'UE rispettano il diritto dei minori di essere ascoltati e di veder prese in considerazione le loro opinioni sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità;
E. considerando che i diritti del minore, cioè il principio dell'interesse superiore del minore, il suo diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo, il principio di non discriminazione e il rispetto del diritto del minore di esprimere un'opinione, riguardano tutte le politiche dell'UE;
F. considerando che dall'adozione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia 25 anni fa sono stati compiuti progressi, ma che i diritti dei minori continuano a essere violati in molte parti del mondo, anche negli Stati membri dell'UE, a causa di violenze, abusi, sfruttamento, povertà, esclusione sociale e discriminazioni in base alla religione, la disabilità, il genere, l'identità sessuale, l'età, l'origine etnica e lo status di migrante o in materia di soggiorno;
G. considerando che, affinché i diritti abbiano un senso, tutti i minori e le rispettive famiglie devono avere un accesso inclusivo alla giustizia e a mezzi di ricorso equi, tempestivi ed efficaci;
H. considerando che nel 2012 sono morti, per lo più per cause evitabili, circa 6,6 milioni di bambini al di sotto dei cinque anni e in tal modo è stato loro negato il diritto fondamentale alla sopravvivenza e allo sviluppo; che 168 milioni di bambini di età compresa tra i 5 e i 17 svolgono lavoro minorile, il che compromette il loro diritto di essere protetti dallo sfruttamento economico e viola il loro diritto di imparare e giocare; che l'11% delle bambine si sposano prima di compiere 15 anni e ciò pregiudica i loro diritti alla sanità, all'istruzione e alla protezione; che nell'Africa sub-sahariana 1 bambino su 10 muore prima di compiere cinque anni;
I. considerando che l'istruzione, più precisamente la scolarizzazione elementare gratuita per tutti i bambini, è un diritto fondamentale che i governi si sono impegnati a rispettare con la Convenzione delle Nazioni Unite del 1989 sui diritti dell'infanzia; che l'obiettivo per il 2015 è di garantire che tutti i bambini e le bambine completino un corso completo di istruzione elementare; che nonostante alcuni progressi nei paesi in via di sviluppo, tale obiettivo è ben lungi dall'essere raggiunto;
J. considerando che un'educazione sessuale completa costituisce una parte integrante e importante del rafforzamento dei diritti dei ragazzi e delle ragazze al benessere e alla salute, della promozione dell'uguaglianza e della lotta contro gli stereotipi;
K. considerando che le crisi umanitarie continuano ad avere effetti devastanti sui minori e che nel 2014 la vita di oltre 59 milioni di bambini ha subito l'impatto diretto di crisi prevalentemente legate a conflitti; considerando che si stima che al mondo vi siano oggi 250 000 bambini soldato, il 40% dei quali sono bambine;
L. considerando che solo nel 2012 quasi 95 000 bambini e adolescenti di età inferiore a 20 anni sono stati vittime di omicidio, quasi 1 miliardo di bambini di età compresa tra i 2 e i 14 anni è stato oggetto di punizioni corporali, un adolescente su tre di età compresa tra i 13 e i 15 anni ha subito atti di bullismo e circa 70 milioni di ragazze di età compresa tra i 15 e i 19 anni sono state vittima di varie forme di violenza fisica e che 120 milioni di ragazze sono state vittima di rapporti sessuali forzati o altri atti sessuali forzati nel corso della vita;
M. considerando che i minori costituiscono la metà della popolazione nei paesi in via di sviluppo e che nell'UE vivono circa 100 milioni di bambini;
N. considerando che secondo l'ultima relazione del Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia (Unicef) sulla povertà infantile nei paesi ricchi, dal 2008 2,6 milioni di bambini sono scesi al di sotto della soglia della povertà nei paesi più ricchi portando il numero di bambini che vive in condizioni di povertà nel mondo sviluppato a un dato stimato a 76,5 milioni; che secondo il medesimo studio, 7,5 milioni di giovani nell'UE erano classificati come NEET (disoccupati e al di fuori di ogni ciclo di istruzione e formazione) nel 2013;
O. considerando che la violenza contro i minori assume forme diverse, comprese le violenze di carattere psicologico, fisico, sessuale, emotivo e verbale, l'incuria e la privazione, e si verifica in una moltitudine di contesti, tra cui a casa, a scuola, nei sistemi di assistenza sanitaria e nella giustizia, sul luogo di lavoro, nelle comunità e online;
P. considerando che l'Agenda dell'UE per i diritti dei minori delinea un quadro d'azione chiaro per l'Unione europea e che la sua attuazione ha comportato progressi significativi in una serie di settori d'intervento e legislativi cruciali, tra cui la creazione di numeri di emergenza da utilizzare per denunciare casi di minori scomparsi, la promozione di una giustizia a misura di minore, il miglioramento della raccolta dei dati e l'integrazione dei diritti dei minori nell'azione esterna;
Q. considerando che ciascun minore è innanzitutto un bambino i cui diritti devono essere rispettati senza alcuna discriminazione, indipendentemente dall'origine etnica, dalla nazionalità o ancora dallo status sociale e dallo status di migrante o di residente del minore o dei suoi genitori;
R. considerando che le ragazze e i ragazzi hanno aspettative e sperimentano forme di socializzazione simili ma anche diverse e che la discriminazione subita dalle ragazze e dai ragazzi differisce a seconda dell'età;
S. considerando che, sebbene siano stati compiuti notevoli progressi, in particolare nel settore della tratta di esseri umani, dello sfruttamento sessuale e dei diritti delle vittime, come pure in relazione ai minori non accompagnati richiedenti asilo, è necessario fare molto di più per garantire il pieno rispetto dei diritti dei minori migranti nell'intera Unione europea; considerando altresì che molti minori non accompagnati scompaiono o fuggono dopo il primo arrivo nell'Unione europea e sono particolarmente vulnerabili agli abusi;
T. considerando che, visto il suo carattere internazionale, lo sfruttamento dei minori e lo sfruttamento sessuale dei minori online (inclusa la proliferazione di materiale concernente l'utilizzo sessuale dei minori su Internet e la predazione online) continuano ad essere motivo di grande preoccupazione per le autorità di contrasto, che devono fronteggiare reati che vanno dall'estorsione sessuale e l'adescamento di minori fino all'autoproduzione di materiale di carattere pedopornografico e la sua diffusione dal vivo mediante Internet, che pongono particolari difficoltà investigative a causa delle innovazioni tecnologiche che forniscono un accesso più facile e rapido al materiale ai colpevoli dei reati, inclusi i predatori informatici;
U. considerando che i minori sono particolarmente colpiti dalla povertà e dai tagli ai sistemi di sicurezza sociale e alle prestazioni sociali fondamentali, quali gli assegni familiari, e che dal 2007 questi tagli sono aumentati nell'Unione europea; che, persino a seguito dei trasferimenti sociali, il tasso del rischio di povertà infantile continua a essere molto elevato nell'UE (20,3 % nel 2013);
V. considerando che il quadro globale per lo sviluppo post 2015 rappresenterà un'opportunità per investire nei diritti di tutti i minori, ovunque nel mondo, indipendentemente dal genere, dall'appartenenza etnica, dalla razza, dalle condizioni economiche, dalla disabilità o da qualsiasi altra condizione del minore;
1. ritiene che i diritti dei minori siano al centro delle politiche dell'Unione europea e che il 25° anniversario della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia rappresenti un'opportunità per assicurarne la piena attuazione nelle politiche e nella pratica e per adottare misure supplementari volte a garantire ovunque il rispetto dei diritti di ciascun minore, in particolare dei minori più vulnerabili;
2. accoglie positivamente l'impegno assunto dall'Unione europea nell'ambito del programma di Stoccolma di sviluppare una strategia integrata dell'UE per promuovere e salvaguardare efficacemente i diritti dei minori nelle politiche interne ed esterne dell'Unione europea e per sostenere gli sforzi compiuti dagli Stati membri in questo settore; invita la Commissione a presentare una strategia e un piano d'azione ambiziosi e di ampia portata sui diritti dei minori per il prossimo quinquennio, basandosi sull'Agenda dell'UE per i diritti dei minori e sviluppandola ulteriormente;
3. si compiace dell'impegno assunto dall'Unione europea di continuare a elaborare linee guida integrate sulla protezione dei minori, al fine di ridurre la frammentazione derivante da risposte settoriali a questioni specifiche relative alla protezione dei diritti dei minori, in modo tale da garantire che tutti i minori nell'Unione europea siano efficacemente protetti da qualsiasi forma di violenza;
4. invita la Commissione a monitorare l'attuazione della sua raccomandazione dal titolo "Investire nell'infanzia per spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale" negli Stati membri e a riferire in merito, nonché a garantire l'accesso a servizi di qualità e la partecipazione dei minori; invita gli Stati membri che presentano tassi di povertà infantile superiori alla media a fissare obiettivi nazionali e a stabilire un ordine di priorità negli investimenti finalizzati a ridurre la povertà e l'esclusione sociale dei minori e dei giovani;
5. invita l'Unione europea e i suoi Stati membri a considerare gli Obiettivi di sviluppo del Millennio come la principale priorità delle loro politiche interne e nelle relazioni con i paesi terzi; sottolinea che questi obiettivi, in particolare l'eliminazione della povertà, l'accesso all'istruzione universale e l'uguaglianza di genere, saranno realizzati solamente mediante lo sviluppo di servizi pubblici accessibili a tutti;
6. invita la Commissione e gli Stati membri a riservare un'esplicita attenzione ai minori e ai giovani nell'ambito del Semestre europeo, dell'Analisi annuale della crescita e della strategia Europa 2020 riveduta, ai fini di una migliore attuazione della raccomandazione della Commissione dal titolo "Investire nell'infanzia per spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale";
7. invita la Commissione a garantire un maggiore coordinamento all'interno dei vari servizi, al fine di includere effettivamente i diritti dei minori in tutte le proposte legislative, le politiche e le decisioni finanziarie dell'Unione europea e di monitorare il loro pieno rispetto dell'acquis dell'Unione europea in materia di minori e degli obblighi derivanti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia; invita la Commissione a garantire che il mandato e le risorse a disposizione del coordinatore per i diritti dei minori rispecchino adeguatamente l'impegno dell'Unione europea a integrare in maniera sistematica ed effettiva i diritti dei minori nelle sue politiche;
8. invita la Commissione a cogliere l'opportunità offerta dall'esame intermedio del quadro finanziario pluriennale per garantire che i fondi dell'Unione europea vadano a beneficio dei minori più vulnerabili e svantaggiati;
9. invita gli Stati membri e la Commissione a considerare esplicitamente i minori come una priorità in sede di programmazione e di attuazione delle politiche regionali e di coesione, quali la Strategia europea sulla disabilità, il Quadro dell'UE per le strategie nazionali di integrazione dei Rom e la politica dell'Unione europea in materia di uguaglianza e non discriminazione; ribadisce l'importanza di proteggere e di promuovere la parità di accesso a tutti i diritti per i minori Rom;
10. sottolinea che tutte le politiche in materia di diritti dei minori devono integrare una prospettiva di uguaglianza di genere e chiede che vengano adottate misure specifiche per rafforzare i diritti delle ragazze, inclusi i diritti all'istruzione e alla salute;
11. invita gli Stati membri a garantire che il principio dell'interesse superiore del minore sia rispettato nell'intera legislazione, nelle decisioni adottate dai rappresentanti dei governi a tutti i livelli e in tutte le decisioni giudiziarie, e incoraggia gli Stati membri a condividere le migliori prassi, al fine di migliorare la corretta applicazione del principio all'interesse superiore del minore nell'Unione europea;
12. invita la Commissione e gli Stati membri ad adottare le misure necessarie per garantire che tutti i minori possano effettivamente avere accesso a sistemi giudiziari che tengano conto delle loro esigenze e dei loro diritti specifici, siano essi sospettati, autori di reati, vittime o parti in causa nei procedimenti;
13. invita la Commissione a valutare l'impatto delle politiche in materia penitenziaria e dei sistemi di giustizia penale sui minori; sottolinea che la situazione dei minori che vivono in strutture di detenzione assieme ai loro genitori nell'Unione europea si ripercuote direttamente sui loro diritti; sottolinea che si stima che ogni anno nell'Unione europea 800 000 minori sono separati da un genitore detenuto in carcere, con molteplici conseguenze per i diritti dei minori;
14. ritiene che i minori siano vulnerabili nel loro accesso ai beni e ai servizi; invita la comunità imprenditoriale e i soggetti interessati ad astenersi dall'uso di pubblicità aggressive e ingannevoli destinate ai minori, sia online che offline, segnatamente mediante l'applicazione dei codici di condotta vigenti e iniziative analoghe; è del parere che la pubblicità destinata ai minori riguardante alimenti con un elevato contenuto di grassi, sale o zucchero debba essere utilizzata in modo responsabile, tenendo conto dell'aumento dell'obesità e del diabete tra i minori;
15. ritiene che sia necessario proteggere adeguatamente i dati personali dei minori online e informare i minori in modo accessibile e comprensibile sui rischi e le conseguenze dell'utilizzo dei loro dati personali online; sottolinea che occorre vietare la profilazione dei minori; ritiene che tutti i minori debbano godere del diritto a un ambiente sano e sicuro e del diritto al gioco;
16. invita gli Stati membri ad attuare la direttiva 2011/36/UE concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani, visto che la maggior parte delle vittime sono giovani ragazze e ragazzi che subiscono lo sfruttamento lavorativo e sessuale e altri abusi; invita inoltre gli Stati membri e l'Unione europea a rafforzare la cooperazione di polizia e giudiziaria al fine di prevenire e perseguire tali crimini; invita gli Stati membri ad adottare provvedimenti per impedire gli spostamenti illeciti di bambini, a cooperare strettamente con i paesi terzi per far fronte al crescente problema del contrabbando e della tratta di minori e a perseguire i trafficanti applicando sanzioni appropriate;
17. ritiene che sia necessario adottare misure per contrastare il ciberbullismo e che i minori, gli insegnanti e le organizzazioni per i giovani e i minori debbano svolgere un ruolo attivo di sensibilizzazione sul problema;
18. invita l'Unione europea e i suoi Stati membri a investire nei servizi pubblici per i minori, incluse l'assistenza all'infanzia, l'istruzione e la salute e, in particolare, nell'ampliamento della rete pubblica di asili, asili nido e servizi di utilità generale che offrono attività ricreative per i bambini;
19. invita gli Stati membri, considerato che i primi livelli d'istruzione non sempre garantiscono il necessario apprendimento di base, a garantire l'istruzione secondaria obbligatoria e gratuita per tutti, quale condizione fondamentale per l'esercizio del diritto alla parità di opportunità;
20. esorta gli Stati membri ad adottare normative che tutelino e rafforzino i diritti di maternità e paternità, in modo da fornire un ambiente sano e stabile ai bambini nei primi mesi di vita;
21. chiede agli Stati membri di attuare la direttiva 2011/93/UE relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, come pure di rafforzare la capacità giuridica, le competenze tecniche e le risorse finanziarie delle autorità di contrasto per intensificare la cooperazione, anche con Europol, al fine di indagare nelle reti degli autori di reati sessuali contro i minori e smantellarle con maggiore efficacia, privilegiando nel contempo i diritti e la sicurezza dei minori coinvolti;
22. chiede che sia adottato un approccio di collaborazione efficace e che avvenga uno scambio di informazioni fra gli organi di contrasto, le autorità giudiziarie, il settore delle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni (TIC), i fornitori di servizi Internet, il settore bancario e le organizzazioni non governative, tra cui quelle a favore dei giovani e dei minori, al fine di garantire i diritti e la protezione dei minori online e di considerarli, secondo la legge, persone vulnerabili; invita la Commissione a prendere l'iniziativa di chiedere a tutti gli Stati membri di adottare provvedimenti per contrastare tutte le forme di predazione e di bullismo online;
23. ritiene che i minori non accompagnati siano particolarmente vulnerabili; invita la Commissione e gli Stati membri ad attuare la risoluzione del Parlamento del 12 settembre 2013 sulla situazione dei minori non accompagnati nell'UE; invita gli Stati membri a dare piena applicazione al pacchetto relativo al regime europeo comune di asilo, al fine di migliorare la situazione dei minori non accompagnati nell'UE; chiede agli Stati membri di adottare misure per porre fine alla detenzione dei minori migranti in tutta l'Unione; plaude alla sentenza della Corte di giustizia nelle cause C-648/11 MA, BT, DAcontroSecretary of State for the Home Department, nella quale si afferma che lo Stato membro competente per l'esame di una domanda di asilo presentata in più di uno Stato membro da un minore non accompagnato è lo Stato membro nel quale si trova tale minore dopo avervi presentato una domanda di asilo; ricorda che un minore non accompagnato è innanzitutto un bambino potenzialmente in pericolo e che è la tutela dei minori, piuttosto che le politiche di immigrazione, a dover costituire il principio guida per gli Stati membri e per l'UE in tema di minori non accompagnati, rispettando così il principio fondamentale dell'interesse superiore del minore;
24. invita tutti gli Stati membri ad attuare le norme enunciate nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia per i minori privati delle cure genitoriali, nonché negli orientamenti delle Nazioni Unite per l'assistenza alternativa a minori; chiede alla Commissione di usare i Fondi strutturali dell'UE per sostenere il passaggio dai servizi istituzionali ai servizi locali; invita la Commissione, visto il notevole numero di casi in cui le autorità pubbliche sono state accusate, in taluni Stati membri, di procedere ad adozioni forzate senza il consenso dei genitori, a proporre misure specifiche volte a garantire che le pratiche di adozione seguite negli Stati membri siano nell'interesse superiore del minore;
25. invita tutti gli Stati membri ad agevolare il ricongiungimento familiare in uno spirito positivo e con umanità e diligenza, in linea con l'articolo 10 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia;
26. sottolinea la necessità di un approccio più coordinato alla ricerca dei minori scomparsi nell'UE; invita gli Stati membri a intensificare la cooperazione di polizia e giudiziaria nei casi transfrontalieri che riguardano la scomparsa di minori e a istituire linee di assistenza telefonica per la ricerca dei minori scomparsi e per il sostegno alle vittime di violenza sui minori; chiede agli Stati membri di facilitare un'adesione agevole per il Marocco, Singapore, la Federazione russa, l'Albania, Andorra, le Seychelles, il Gabon e l'Armenia alla Convenzione dell'Aia sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori del 1980;
27. invita la Commissione, in sede di revisione del regolamento (CE) n. 2201/2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, a prendere seriamente in considerazione l'interesse superiore del minore, viste le lacune giuridiche per quanto concerne l'attuazione e l'applicazione di tale regolamento negli Stati membri in materia di diritti genitoriali e di affidamento;
28. condanna qualsiasi forma di violenza di tipo fisico, sessuale e verbale contro i minori, i matrimoni forzati, il lavoro e la prostituzione minorili, il traffico e la tortura di minori, il delitto d'onore, la mutilazione genitale femminile, l'uso di bambini soldato e di bambini come scudi umani, la privazione, l'incuria e la malnutrizione; ritiene che la tradizione, la cultura e la religione non vadano mai addotte a pretesto per giustificare la violenza contro i minori; invita gli Stati membri a onorare i loro obblighi e a lottare contro tutte le forme di violenza sui minori, anche vietando e sanzionando ufficialmente il ricorso alle punizioni corporali per i minori; chiede agli Stati membri di intensificare la cooperazione e il dialogo con i paesi terzi, di sensibilizzare ai diritti dei minori e di promuovere il loro rispetto ovunque nel mondo;
29. condanna il ricorso ai minori per scopi o attività militari e terroristiche; ricorda l'importanza di fornire sostegno e assistenza sotto il profilo psicologico a tutti i minori che sono stati direttamente esposti a episodi di violenza o che sono vittime di guerra; plaude all'iniziativa dell'UE "Bambini della pace" e sottolinea l'importanza di garantire l'accesso all'istruzione per i minori coinvolti nei conflitti; invita il vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR) a sostenere la campagna delle Nazioni Unite "Bambini, non soldati", volta a porre fine e a prevenire, entro il 2016, il reclutamento e l'utilizzo di bambini da parte delle forze armate governative;
30. invita il VP/AR a rendere prioritari i diritti dei minori in tutta l'azione esterna dell'UE, in modo da assicurare l'effettiva integrazione di tali diritti anche nell'ambito dei dialoghi in materia di diritti umani, negli accordi commerciali, nel processo di adesione e nella politica europea di vicinato, nonché nelle relazioni con il gruppo di Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) e, in particolare, con i paesi in conflitto; invita il VP/AR a riferire a cadenza annuale al Parlamento sui risultati conseguiti per quanto concerne l'azione esterna dell'UE nell'ottica dei minori;
31. invita la Commissione a integrare i diritti dei minori nella cooperazione allo sviluppo e negli aiuti umanitari, in modo da garantire finanziamenti adeguati e aumentare il livello di tutela dei minori colpiti da emergenze o calamità naturali o causate dall'uomo, dei minori sfollati e dei minori rifugiati; sottolinea l'importanza di stabilire un legame tra aiuto, risanamento e sviluppo, soprattutto nelle crisi prolungate, e di integrare l'innovazione e le nuove tecnologie nelle politiche e nei programmi dell'UE per una migliore promozione dei diritti dei minori nelle situazioni di sviluppo e di emergenza;
32. si compiace del fatto che il premio Nobel per la pace 2014 sia stato attribuito congiuntamente a Kailash Satyarthi e Malala Yousafzai per il loro impegno nella difesa dei diritti dei minori, in particolare del diritto di tutti i minori all'istruzione; elogia l'approvazione espressa pubblicamente dalla Rete del premio Sacharov nei confronti delle iniziative volte a sensibilizzare alla violenza sui minori; considera tali iniziative chiare manifestazioni del ruolo importante svolto dalla società civile e dalle organizzazioni internazionali nel sostegno, nella promozione e nella tutela dei diritti sanciti nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia;
33. sottolinea il ruolo importante svolto dalle parti sociali e dalle autorità locali nella promozione dei diritti dei minori e invita il Comitato delle regioni e il Comitato economico e sociale europeo ad adottare iniziative e a formulare pareri affinché l'impegno per la promozione dei diritti dei minori entri a pieno titolo in tutte le politiche dell'UE;
34. invita le istituzioni dell'UE, gli Stati membri, le autorità locali, le parti sociali e la società civile a unire le forze e a collaborare a tutti i livelli per migliorare la situazione dei minori nell'UE e nel resto del mondo; è favorevole e plaude al manifesto dei diritti dei minori stilato congiuntamente dall'Unicef e da 14 organizzazioni per i diritti dei minori e incoraggia i deputati al Parlamento europeo e i membri di parlamenti nazionali che non l'hanno ancora firmato a procedere in tal senso, diventando così "paladini dei diritti dei minori";
35. esprime l'intenzione di istituire all'interno del Parlamento europeo un intergruppo sui diritti e sul benessere dei minori basato sul manifesto dei diritti dei minori, quale organo permanente competente per la promozione dei diritti dei minori in tutte le politiche e le attività del Parlamento europeo, non solo nell'ambito degli affari interni ma anche di quelli esterni; sostiene, pertanto, l'iniziativa di designare "punti di contatto" per i diritti dei minori all'interno di tutte le commissioni parlamentari, in modo da garantire che i diritti dei minori siano integrati in tutte le politiche e in tutti i testi legislativi adottati;
36. reputa importante aumentare la partecipazione dei minori alle sue attività parlamentari, in linea con le pratiche istituite dall'Unione interparlamentare e dall'Unicef; invita la Commissione, gli Stati membri e le autorità locali a esplorare modalità per coinvolgere maggiormente i bambini e gli adolescenti nel processo decisionale; incoraggia l'utilizzo delle nuove tecnologie e dell'innovazione per consultare i bambini e i giovani e per una maggiore partecipazione dei minori;
37. invita gli Stati membri a ratificare senza indugio tutti i protocolli opzionali alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia;
38. invita la Commissione e il VP/AR a esplorare modalità per consentire all'UE di aderire unilateralmente alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia;
39. esorta gli Stati Uniti, la Somalia e il Sud Sudan a ratificare la Convenzione sui diritti dell'infanzia onde giungere alla ratifica universale della stessa;
40. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al Servizio europeo per l'azione esterna, al Comitato delle regioni, al Comitato economico e sociale europeo, al Segretario generale delle Nazioni Unite, al presidente del Comitato delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e al direttore esecutivo dell'Unicef.
– visti l'articolo 3, paragrafo 3, e l'articolo 6 del trattato sull'Unione europea,
– visti gli articoli 9, 10, 12, 14, 16, 26, 36, l'articolo 114, paragrafo 3, e l'articolo 169, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– vista la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in particolare gli articoli 7, 8, 11, 21, 38 e 52,
– vista la procedura di codecisione 2013/0309 concernente una proposta di regolamento che stabilisce misure riguardanti il mercato unico europeo delle comunicazioni elettroniche e per realizzare un continente connesso (COM(2013)0627),
– visto il documento di lavoro dei servizi della Commissione, del 23 aprile 2013, dal titolo "Piano d'azione sul commercio elettronico 2012-2015 – Stato di avanzamento dei lavori 2013" (SWD(2013)0153),
– visto il quadro di valutazione del mercato interno n. 26 della Commissione del 18 febbraio 2013,
– viste le relazioni della Commissione sul quadro di valutazione dell'agenda digitale per il 2014,
– vista la comunicazione della Commissione, dell'11 gennaio 2012, dal titolo "Un quadro coerente per rafforzare la fiducia nel mercato unico digitale del commercio elettronico e dei servizi on-line" (COM(2011)0942),
– vista la sua risoluzione dell'11 giugno 2013 su una nuova agenda per la politica europea dei consumatori(1),
– vista la sua risoluzione del 4 febbraio 2014 sull'applicazione della direttiva 2005/29/CE sulle pratiche commerciali sleali(2),
– vista la sua risoluzione del 10 dicembre 2013 sullo sfruttamento del potenziale del cloud computing in Europa(3),
– vista la sua risoluzione del 4 luglio 2013 sul completamento del mercato unico digitale(4),
– vista la sua risoluzione dell'11 dicembre 2012 sul completamento del mercato unico digitale(5),
– vista la sua risoluzione del 22 maggio 2012 su una strategia per rafforzare i diritti dei consumatori vulnerabili(6),
– vista la sua risoluzione del 20 aprile 2012 sull'eGovernment come elemento trainante di un mercato unico digitale competitivo(7),
– vista la sua risoluzione del 15 novembre 2011 su una nuova strategia per la politica dei consumatori(8),
– visto lo studio condotto nel 2013 dal suo dipartimento tematico A sul tema "How to build a ubiquitous EU Digital Society" (Come creare una società digitale onnipresente nell'Unione europea),
– visto lo studio condotto nel 2013 dal suo dipartimento tematico A dal titolo "Entertainment x.0 to boost broadband deployment" (Intrattenimento x.0, fattore di estensione della banda larga),
– vista la sua raccomandazione del 26 marzo 2009 destinata al Consiglio sul rafforzamento della sicurezza e delle libertà fondamentali su Internet(9),
– vista la sua risoluzione del 12 marzo 2014 sul programma di sorveglianza dell'Agenzia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, sugli organi di sorveglianza in diversi Stati membri e sul loro impatto sui diritti fondamentali dei cittadini dell'UE, e sulla cooperazione transatlantica nel campo della giustizia e degli affari interni(10),
– visto lo studio condotto nel 2013 dal suo dipartimento tematico A sul tema "Discrimination of consumers in the digital single market" (Discriminazione dei consumatori nel mercato unico digitale),
– vista la sentenza della Corte di giustizia dell'8 aprile 2014 nelle cause riunite C-293/12 e C-594/12, in cui la direttiva riguardante la conservazione dei dati è dichiarata invalida,
– visto l'articolo 123, paragrafo 2, del suo regolamento,
A. considerando che il mercato unico digitale costituisce uno dei settori in evoluzione che, pur comportando sfide, offre la possibilità di ottenere elevati incrementi d'efficienza che potrebbero ammontare a 260 miliardi di EUR l'anno, contribuendo pertanto alla ripresa dell'Europa dalla crisi;
B. considerando che il completamento del mercato unico digitale europeo creerebbe milioni di posti di lavoro e potrebbe consentire all'Europa di accrescere il proprio PIL del 4% entro il 2020;
C. considerando che si prevede che la sola app economy triplichi il proprio fatturato tra il 2013 e il 2018, creando 3 milioni di posti di lavoro nello stesso periodo;
D. considerando che il Parlamento ha commissionato uno studio per analizzare il costo della non-Europa nel mercato unico digitale, il quale evidenzia la necessità di vedere nelle soluzioni digitali un'opportunità per i consumatori, i cittadini e le imprese e non una minaccia;
E. considerando che è necessario che l'Unione promuova l'adozione di massa del cloud computing in Europa, poiché rappresenta un potente fattore di crescita dell'economia europea; che lo studio dimostra che il suo rapido sviluppo consentirebbe di ottenere importanti benefici;
F. considerando che gli ostacoli che impediscono ai consumatori di partecipare al mercato unico digitale sono legati a pratiche discriminatorie quali la limitazione a determinati paesi o territori per i fornitori di servizi, il semplice rifiuto di vendere, il reindirizzamento automatico e la diversificazione ingiustificata delle condizioni di vendita;
G. considerando che pagamenti tramite dispositivi mobili e pagamenti elettronici sicuri, efficienti, competitivi e innovativi sono essenziali affinché i consumatori possano beneficiare appieno del mercato unico;
H. considerando che la protezione dei dati personali e della vita privata, come pure la cibersicurezza e la sicurezza delle comunicazioni e delle reti elettroniche rappresentano una priorità del mercato unico digitale, in quanto presupposti essenziali per il suo funzionamento e per la fiducia dei cittadini e dei consumatori nello stesso;
I. considerando che la disponibilità a livello transeuropeo di un accesso diffuso, ad alta velocità, sicuro e rapido a Internet e a servizi digitali di interesse pubblico è essenziale per la crescita sociale ed economica, la competitività, l'inclusione sociale e il mercato unico;
J. considerando che la ricerca, lo sviluppo e l'innovazione nell'economia digitale contribuiranno a far sì che l'Europa continui a essere competitiva a medio e lungo termine;
K. considerando che una rapida diffusione delle reti a banda larga ad alta velocità è indispensabile per lo sviluppo della produttività europea e per la nascita di nuove e piccole imprese che possono essere leader in vari settori, ad esempio nel campo dell'assistenza sanitaria, della produzione industriale e dei servizi;
L. considerando che il settore privato dovrebbe assumere un ruolo di guida per quanto riguarda la diffusione e la modernizzazione delle reti a banda larga, grazie al sostegno di un quadro normativo competitivo e favorevole agli investimenti;
M. considerando che il mercato unico digitale è uno dei settori economici più innovativi e che, pertanto, svolge un ruolo fondamentale per la competitività dell'economia europea, oltre a contribuire alla crescita economica attraverso lo sviluppo del commercio elettronico, agevolando nel contempo la conformità amministrativa e finanziaria delle imprese e offrendo ai consumatori una scelta più ampia di beni e servizi;
N. considerando che il mercato unico digitale non solo offre vantaggi economici ma genera anche un impatto profondo sulla vita politica, sociale e culturale di tutti i giorni dei consumatori e dei cittadini dell'Unione europea;
O. considerando che un mercato unico digitale competitivo non può esistere senza reti a banda larga e reti di telecomunicazioni veloci e ad alta capacità in tutte le regioni dell'Unione, comprese quelle isolate;
P. considerando che l'attuale divario digitale, in costante crescita, produce un impatto negativo diretto sullo sviluppo del mercato unico digitale, sia in termini di accesso a Internet che di competenze digitali;
Q. considerando che la protezione dei dati personali e della vita privata e la sicurezza delle comunicazioni elettroniche e delle reti rappresentano una priorità del mercato unico digitale, in quanto presupposti essenziali per il suo funzionamento e per la fiducia dei cittadini e dei consumatori nello stesso;
R. considerando che i mercati online devono essere flessibili e attenti ai consumatori per poter crescere ed espandersi;
S. considerando che il commercio elettronico è un importante complemento al commercio offline nonché uno dei principali fattori determinanti per la scelta dei consumatori, la concorrenza e l'innovazione tecnologica, concorrendo pertanto alla convergenza dell'Unione europea verso un'economia fondata sulla conoscenza;
T. considerando che una concorrenza senza ostacoli e condizioni di parità per le imprese, a promozione degli investimenti, sono di vitale importanza per questo settore economico, dal momento che ne assicureranno uno sviluppo sostenibile nel lungo termine a vantaggio degli utenti finali; che una concorrenza effettiva costituisce un fattore di stimolo per investimenti efficaci e può offrire ai consumatori vantaggi a livello di scelta, prezzo e qualità;
U. considerando che in taluni ambiti del mercato unico digitale si riscontrano vulnerabilità causate da un'eccessiva concentrazione del mercato e da operatori in posizione dominante;
V. considerando che la sfida posta dalla frammentazione del mercato e dall'assenza di interoperabilità in seno all'Unione europea costituisce un ostacolo al celere sviluppo di un mercato unico europeo;
W. considerando che i posti di lavoro creati attraverso il mercato unico digitale sono, in media, altamente qualificati e remunerati e che, in quanto tali, rappresentano un importante contributo alla creazione di un'occupazione sostenibile e di qualità;
X. considerando che la Commissione dovrebbe evitare che i comportamenti antitrust incidano sulla pluralità dell'informazione, in termini sia di diffusione che di proprietà dei contenuti, dal momento che l'accesso all'informazione è un elemento fondamentale di una democrazia fiorente;
1. invita gli Stati membri e la Commissione a eliminare, attraverso sforzi costanti volti ad attuare le regolamentazioni in vigore e a garantirne il rispetto nel quadro di una strategia globale, tutti gli ostacoli esistenti che si frappongono allo sviluppo del mercato unico digitale, garantendo nel contempo che tutte le misure siano valutate sotto il profilo dell'impatto, siano valide per le esigenze future e adeguate ai fini dell'era digitale; ritiene che tali sforzi debbano essere al centro degli sforzi profusi dall'Unione europea per generare crescita economica e occupazione e rafforzare la sua competitività e resilienza all'interno dell'economia globale;
2. sottolinea che eventuali proposte legislative relative al mercato unico digitale devono rispettare la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in modo tale da garantire la piena tutela dei diritti in essa sanciti nel settore digitale;
3. rileva, in particolare, le potenzialità del commercio elettronico, che, stando alle stime, potrebbe comportare per i consumatori un risparmio di oltre 11,7 miliardi di EUR all'anno, se potessero scegliere tra una gamma completa di beni e servizi europei al momento di effettuare acquisti online;
4. osserva, pur accogliendo con favore la crescita del commercio elettronico, la posizione dominante, in alcuni Stati membri, di pochi soggetti impegnati nella vendita diretta di beni fisici od organizzati in piattaforme di mercato per la vendita di beni fisici da parte di terzi; sottolinea la necessità di monitorare e impedire a livello europeo gli abusi derivanti da tali posizioni dominanti in termini di disponibilità dei beni per i consumatori e delle tariffe richieste alle PMI per utilizzare tali piattaforme di mercato;
5. sottolinea la necessità di affrontare e combattere il divario digitale per sfruttare appieno il potenziale del mercato unico digitale e consentire l'inclusione di tutti i cittadini nella società dell'era digitale, indipendentemente dal reddito, dalla situazione sociale, dalla posizione geografica, dalle condizioni di salute o dall'età;
6. osserva, in particolare, che occorre affrontare gli ostacoli ancora presenti per i consumatori e le imprese per quanto riguarda il commercio elettronico, ivi inclusi i servizi online, l'accesso ai contenuti digitali, la prevenzione delle frodi, le registrazioni di siti web, le promozioni delle vendite e l'etichettatura;
7. invita la Commissione a garantire la rapida attuazione del mercato unico dei servizi e ad assicurare l'attuazione e il rispetto delle normative, come la direttiva sui diritti dei consumatori, la risoluzione alternativa delle controversie e la risoluzione delle controversie online, garantendo nel contempo la riduzione degli oneri amministrativi;
8. chiede la rapida adozione del nuovo pacchetto aggiornato sulla protezione dei dati, al fine di garantire un giusto equilibrio tra, da un lato, un elevato livello di protezione dei dati personali, la sicurezza degli utenti e il controllo sui propri dati personali e, dall'altro, un ambiente normativo stabile e prevedibile in cui le imprese possano prosperare in un mercato unico rafforzato a beneficio degli utenti finali, condizioni paritarie che stimolino gli investimenti e un ambiente che contribuisca all'attrattiva dell'UE come destinazione per le imprese; invita la Commissione e gli Stati membri a stanziare le risorse necessarie per combattere la criminalità informatica mediante misure legislative e la cooperazione nel settore dell'attività di contrasto, a livello sia nazionale che unionale;
9. sottolinea la necessità di garantire condizioni di parità per le imprese operanti nel mercato unico digitale per dare loro la possibilità di competere; chiede pertanto alla Commissione di applicare correttamente le norme sulla concorrenza dell'UE al fine di evitare un'eccessiva concentrazione del mercato e l'abuso di posizione dominante e di monitorare la concorrenza per quanto riguarda i contenuti e i servizi combinati;
10. rileva che è necessario garantire parità di condizioni per le imprese nel mercato unico digitale per un'economia digitale dinamica dell'UE; sottolinea che l'applicazione completa delle norme europee in materia di concorrenza nel mercato unico digitale sarà determinante per la crescita del mercato, l'accesso e la scelta dei consumatori e la competitività a lungo termine; sottolinea l'importanza di fornire ai consumatori la stessa protezione online di cui godono nei loro mercati tradizionali;
11. esorta il Consiglio a compiere rapidi progressi e ad avviare le negoziazioni con il Parlamento sulla proposta di regolamento che stabilisce misure riguardanti il mercato unico europeo delle comunicazioni elettroniche e per realizzare un continente connesso, in quanto ciò porrebbe concretamente fine alle tariffe di roaming all'interno dell'UE, garantirebbe maggiore certezza giuridica per quanto riguarda la neutralità della rete e migliorerebbe la protezione dei consumatori nel mercato unico digitale; ritiene che tale regolamento potrebbe costituire un passo fondamentale verso la realizzazione di un mercato unico europeo delle comunicazioni mobili;
12. ritiene che la Commissione debba adoperarsi per creare e garantire un contesto legislativo caratterizzato da certezza giuridica atto a promuovere la creatività e l'innovazione per le start-up, le microimprese e le PMI;
13. chiede alla Commissione di presentare un'iniziativa per l'imprenditorialità digitale, dal momento che è fondamentale per la creazione di nuovi posti di lavoro e per l'elaborazione di idee innovative, comprese misure tese a migliorare l'accesso ai finanziamenti per i nuovi imprenditori digitali (per esempio mediante il crowdsourcing) e a offrire una seconda possibilità agli imprenditori falliti;
14. sottolinea che tutto il traffico Internet dovrebbe essere trattato allo stesso modo, senza discriminazioni, restrizioni o interferenze, indipendentemente dalla fonte, dalla destinazione, dal tipo, dai contenuti, dal dispositivo, dal servizio o dall'applicazione;
15. osserva che il mercato dei motori di ricerca online è particolarmente importante per garantire condizioni concorrenziali all'interno del mercato unico digitale, data la potenziale evoluzione dei motori di ricerca in sistemi di filtro dei contenuti (gatekeeper) e la loro possibilità di commercializzare lo sfruttamento secondario delle informazioni ottenute; invita pertanto la Commissione ad applicare con fermezza le norme dell'UE in materia di concorrenza, sulla base del contributo di tutti i soggetti interessati e tenendo conto dell'intera struttura del mercato unico digitale, al fine di garantire mezzi di ricorso che vadano effettivamente a vantaggio dei consumatori, degli utenti di Internet e delle imprese online; invita inoltre la Commissione a prendere in considerazione proposte volte a separare i motori di ricerca da altri servizi commerciali quali strumenti potenziali a lungo termine per conseguire gli obiettivi summenzionati;
16. invita inoltre la Commissione ad agire rapidamente nel valutare le potenziali soluzioni volte a garantire una struttura di ricerca online equilibrata, equa e aperta;
17. sottolinea che, quando si gestiscono motori di ricerca per utenti, il processo e i risultati di ricerca dovrebbero essere imparziali, al fine di mantenere la ricerca in Internet non discriminatoria, garantire una maggiore concorrenza e una più ampia scelta per gli utenti e i consumatori, nonché salvaguardare la diversità delle fonti di informazione; osserva pertanto che l'indicizzazione, la valutazione, la presentazione e la classificazione effettuate dai motori di ricerca devono essere imparziali e trasparenti; invita la Commissione a impedire qualsiasi abuso nella commercializzazione di servizi interconnessi da parte dei gestori dei motori di ricerca;
18. si compiace dell'annuncio di ulteriori indagini da parte della Commissione in merito alle prassi seguite dai motori di ricerca e al mercato digitale in generale;
19. sottolinea l'importanza di garantire un quadro efficiente ed equilibrato per la tutela del diritto d'autore e dei diritti di proprietà intellettuale che sia orientato alla realtà dell'economia digitale;
20. incoraggia una rapida adozione e attuazione di disposizioni internazionali che facilitino l'accesso degli utenti disabili ai contenuti digitali e alle pubblicazioni attraverso la loro digitalizzazione;
21. accoglie con favore la conclusione del trattato di Marrakech, volto a facilitare l'accesso alle opere pubblicate per le persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa, e incoraggia tutti i firmatari a ratificarlo; ritiene che il trattato di Marrakech rappresenti un buon passo in avanti, ma che vi sia ancora molto da fare per aprire l'accesso ai contenuti per le persone con disabilità, oltre che per le persone ipovedenti; sottolinea l'importanza di migliorare ulteriormente l'accessibilità in un ampio spettro di settori, tra i quali il diritto d'autore, i motori di ricerca e gli operatori di telecomunicazioni;
22. invita la Commissione e gli Stati membri a sviluppare ulteriormente e ad attuare quadri normativi nazionali ed europei al fine di consentire la creazione di un mercato dei pagamenti elettronici e mediante dispositivi mobili che sia integrato e sicuro, garantendo nel contempo la protezione dei consumatori e dei dati dei clienti; sottolinea al riguardo la necessità di norme chiare e prevedibili, definite nella legislazione;
23. ricorda che il cloud computing può diventare un potente strumento per lo sviluppo del mercato unico digitale e può offrire vantaggi economici, in particolare per le PMI, riducendo i costi per le infrastrutture informatiche e di altro tipo; sottolinea al riguardo che, se i servizi di cloud sono forniti solo da un numero limitato di fornitori di grandi dimensioni, una crescente quantità di informazioni si concentrerà nelle loro mani; rammenta inoltre che il cloud computing comporta anche rischi per gli utenti, in particolare per quanto riguarda i dati sensibili; chiede una corretta attuazione della strategia europea per garantire un cloud computing competitivo e sicuro;
24. invita la Commissione ad assumere un ruolo di guida nella promozione di standard e specifiche internazionali per il cloud computing che garantiscano servizi rispettosi della vita privata, affidabili, accessibili, altamente interoperabili, sicuri ed efficienti nell'uso delle risorse nell'ambito della futura politica industriale dell'Unione; sottolinea che l'affidabilità, la sicurezza e la protezione dei dati sono necessarie per la fiducia dei consumatori e la competitività;
25. sottolinea la necessità di garantire la sicurezza di Internet online, in particolare per i bambini, e di prevenire lo sfruttamento dei minori predisponendo mezzi atti a identificare ed eliminare immagini illegali di abusi su minori su Internet e a impedire che bambini e adolescenti abbiano accesso a contenuti riservati agli adulti;
26. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.
– vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948, in particolare l'articolo 25, che riconosce il diritto all'alimentazione come parte integrante del diritto ad un livello di vita adeguato,
– visto il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, in particolare l'articolo 11, che riconosce il diritto a un tenore di vita adeguato, compresa un'alimentazione adeguata, nonché il diritto fondamentale di essere liberi dalla fame,
– visto il Protocollo opzionale al Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, adottato nel 2008, che fa del diritto all'alimentazione un diritto applicabile a livello internazionale;
– vista la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, in particolare gli articoli 24, paragrafo 2, lettera c), e 27, paragrafo 3,
– vista la Dichiarazione sulla sicurezza alimentare nel mondo, adottata in occasione del Vertice mondiale sull'alimentazione, convocato dall'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO) a Roma nel 1996,
– visti gli Orientamenti sul diritto all'alimentazione, adottati dalla FAO nel 2004, che forniscono agli Stati una guida su come attuare i propri obblighi in materia di diritto all'alimentazione,
– visti gli Obiettivi di sviluppo del Millennio, in particolare l'obiettivo 1 (eliminare la povertà estrema e la fame entro il 2015), e l'obiettivo 4 (ridurre la mortalità infantile),
– vista la Convenzione sull'assistenza alimentare, adottata nel 2012,
– vista la relazione generale e la relazione di sintesi dell'International Assessment of Agricultural Knowledge, Science and Technology for Development (Valutazione internazionale delle conoscenze, delle scienze e delle tecnologie agricole al servizio dello sviluppo) delle Nazioni Unite, pubblicate nel 2009(1),
– visto il rapporto 2009 del Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia (UNICEF) sulle carenze alimentari dell'infanzia nel mondo,
– vista la relazione del relatore speciale delle Nazioni Unite sul diritto all'alimentazione, dal titolo "Agroecology and the Right to Food " (Agroecologia e diritto all'alimentazione), presentata l'8 marzo 2011 alla 16a sessione del Consiglio dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite,
– visto il tema di Expo Milano 2015 "Nutrire il pianeta, energia per la vita",
– vista la comunicazione della Commissione del 31 marzo 2010 dal titolo "L'assistenza alimentare umanitaria" (COM(2010)0126),
– vista la comunicazione della Commissione del 31 marzo 2010 dal titolo "Un quadro strategico dell'UE per aiutare i paesi in via di sviluppo ad affrontare i problemi della sicurezza alimentare" (COM(2010)0127),
– vista la comunicazione della Commissione del 3 ottobre 2012 dal titolo "L'approccio dell'Unione alla resilienza: imparare dalle crisi della sicurezza alimentare" (COM(2012)0586),
– vista la comunicazione della Commissione del 12 marzo 2013 dal titolo "Migliorare l'alimentazione materna e infantile nell'assistenza esterna: un quadro strategico dell'Unione" (COM(2013)0141),
– vista la sua risoluzione del 27 settembre 2011 su un quadro strategico dell'Unione europea per aiutare i paesi in via di sviluppo ad affrontare i problemi della sicurezza alimentare(2),
– vista la sua risoluzione dell'11 dicembre 2013 sull'approccio dell'UE alla resilienza e la riduzione del rischio di catastrofi nei paesi in via di sviluppo: imparare dalle crisi della sicurezza alimentare(3),
– vista l'interrogazione alla Commissione sulla malnutrizione infantile nei paesi in via di sviluppo (O-000083/2014 – B8-0041/2014),
– vista la proposta di risoluzione della commissione per lo sviluppo,
– visti l'articolo 128, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 2, del suo regolamento,
A. considerando che quasi un miliardo di persone soffrono ancora la fame e che, nel mondo, almeno 225 milioni di bambini di età inferiore ai cinque anni soffrono di denutrizione acuta e cronica, o di ritardi nella crescita come conseguenza della denutrizione cronica infantile e materna, di cui si stima che 2,6 milioni muoiano ogni anno nei paesi in via di sviluppo;
B. considerando che, secondo gli indici e le mappe globali della fame nascosta(4), circa due miliardi di persone nel mondo, ovvero una persona su tre nei paesi in via di sviluppo, soffrono di una carenza cronica di vitamine e minerali essenziali (micronutrienti), condizione nota come "fame nascosta", che aumenta notevolmente la loro predisposizione a malformazioni congenite, infezioni e compromissione dello sviluppo;
C. considerando che, stando all'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), la denutrizione è di gran lunga la principale causa di mortalità infantile ed è all'origine del 35% del carico di morbilità dei bambini di età inferiore ai cinque anni;
D. considerando che quasi 20 milioni di bambini continuano a essere vittime di malnutrizione acuta grave, sia in presenza che in assenza di situazioni di emergenza, e che soltanto il 10% di essi ha accesso alle cure;
E. considerando che la nutrizione dei bambini di età pari o inferiore ai cinque anni dipende in ampia misura dal livello di nutrizione delle loro madri durante la gravidanza e l'allattamento;
F. considerando che la denutrizione è anche una causa di morbilità e perdita di produttività e ostacola lo sviluppo sociale ed economico nei paesi in via di sviluppo;
G. considerando che coloro che sopravvivono alla denutrizione spesso presentano lungo l'arco della vita deficit fisici e cognitivi, che limitano le loro capacità di apprendimento e di inserimento nel mondo del lavoro e che essi rimangono intrappolati in un ciclo intergenerazionale di malattia e povertà;
H. considerando che, a causa degli effetti dei cambiamenti climatici sulla produzione agricola – e quindi sulla nutrizione – è previsto un incremento del numero di bambini denutriti;
I. considerando che una causa importante della fame nei paesi in via di sviluppo è la gravissima povertà rurale e urbana, aggravata dalla migrazione rurale, che è determinata dal fatto che, per molti, l'agricoltura su piccola scala non è una soluzione praticabile;
J. considerando che, a 25 anni dall'adozione della Convenzione sui diritti del fanciullo, alcuni Stati parti della Convenzione non sono stati in grado di creare un ambiente favorevole a garantire l'accesso dei bambini ad un'alimentazione adeguata;
K. considerando che, sebbene i governi del Vertice mondiale dell'alimentazione del 1996 abbiano riaffermato il diritto all'alimentazione e si siano impegnati a dimezzare il numero di affamati e malnutriti da 840 a 420 milioni entro il 2015, il numero di persone affamate e malnutrite, in particolare i bambini, è aumentato negli ultimi anni, principalmente a causa delle crisi alimentari del 2008 e del 2011;
L. considerando che diversi strumenti giuridici internazionali collegano il diritto all'alimentazione con altri diritti umani, tra cui il diritto alla vita, il diritto alla sussistenza, il diritto alla salute, il diritto alla proprietà, il diritto all'istruzione e il diritto all'acqua;
M. considerando che il diritto all'alimentazione e a una buona nutrizione per tutti è fondamentale ai fini del conseguimento degli Obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM); e che l'alimentazione è collegata alla maggior parte, se non a tutti, gli OSM che, a loro volta, sono strettamente interconnessi;
N. considerando che le organizzazioni internazionali confermano che la produzione alimentare è sufficiente a sfamare tutta la popolazione mondiale e che la denutrizione infantile è legata all'insicurezza alimentare e alla povertà delle famiglie, all'esclusione, a cure e pratiche di alimentazione inadeguate, a un ambiente domestico malsano e a servizi sanitari carenti;
O. considerando che il diritto al cibo e ad una buona alimentazione è essenziale al fine di costruire famiglie e comunità resilienti, potenziando la loro capacità di ridurre i lunghi periodi di recupero dopo un'emergenza, in un contesto caratterizzato dall'aumento del numero e dell'entità delle catastrofi;
P. considerando che uno stato nutrizionale ottimale si ha quando i bambini hanno accesso ad alimenti diversificati e ricchi di sostanze nutritive a prezzi abbordabili, nonché a cure materne e infantili appropriate, a servizi sanitari adeguati e ad un ambiente sano, con acqua potabile, servizi igienico-sanitari e buone prassi in materia di igiene;
1. sottolinea che le cause della denutrizione infantile sono numerose, e, per la maggior parte, di origine antropica e quindi evitabili, e comprendono strutture economiche inefficienti, la distribuzione ineguale delle risorse e/o il loro utilizzo non sostenibile, una governance carente, l'eccessivo affidamento a una singola coltura e a pratiche monocolturali, la discriminazione nei confronti di donne e bambini, i problemi di salute causati da sistemi sanitari carenti, insieme alla mancanza di istruzione, in particolare delle madri;
2. insiste sul fatto che le autorità pubbliche debbono garantire le tre dimensioni del diritto all'alimentazione e ad una corretta nutrizione: la disponibilità, vale a dire la possibilità di nutrirsi direttamente da terreni produttivi o altre risorse naturali, oppure di istituire sistemi di distribuzione, lavorazione e commercializzazione ben funzionanti; l'accessibilità, vale a dire il fatto che viene garantito l'accesso sia economico che materiale agli alimenti; e l'adeguatezza, vale a dire il fatto che gli alimenti devono essere sicuri e rispondere al fabbisogno nutrizionale di ciascun individuo, tenendo conto di fattori quali l'età, le condizioni di vita, la salute, l'occupazione, il sesso, la cultura e la religione;
3. sottolinea che, sotto il profilo del ciclo vitale, il momento più cruciale per soddisfare le esigenze nutrizionali di un bambino è nei primi 1000 giorni di vita, compreso il periodo della gravidanza, in quanto in questo periodo il bambino presenta esigenze nutrizionali maggiori onde sostenere una crescita e uno sviluppo rapidi, è più soggetto alle infezioni ed è completamente dipendente dagli altri per la nutrizione, la cura e le interazioni sociali;
4. ribadisce che, per affrontare il problema della denutrizione infantile e materna, sono necessari un approccio integrato e un'azione coordinata in numerosi settori che condizionano tale fenomeno, quali la sanità, l'istruzione, l'agricoltura, le risorse idriche, l'accesso all'energia e le infrastrutture sanitarie, nonché il responsabile coinvolgimento di tutte le parti interessate e invita la Commissione e gli Stati membri ad adottare strategie di sviluppo coerenti a lungo termine nonché a compiere sforzi volti a ridurre la denutrizione, anche nel contesto delle situazioni di emergenza e dell'intervento umanitario;
5. invita l'UE a incrementare il sostegno fornito dai suoi programmi di aiuto allo sviluppo a favore della produzione agricola sostenibile ad opera delle realtà familiari e delle aziende di piccole e medie dimensioni, orientata principalmente al consumo locale, e a investire nei progetti a partecipazione nazionale da attuare a livello locale in cooperazione con gli agricoltori e i loro rappresentanti, le autorità locali e regionali e le organizzazioni della società civile;
6. si compiace dei miglioramenti realizzati negli ultimi anni nella lotta contro la denutrizione infantile, come dimostrato dagli indicatori relativi ai progressi compiuti nel raggiungimento dell'OSM 1; ritiene tuttavia che il numero di bambini che muoiono o soffrono di denutrizione rimanga intollerabilmente elevato e contribuisca a mantenere il circolo vizioso della povertà e della fame;
7. sottolinea pertanto che la lotta contro la denutrizione infantile e la fornitura di un accesso universale a un'alimentazione adeguata e nutriente dovrebbero continuare ad essere tra le finalità più importanti dell'agenda post 2015 nell'ambito dell'obiettivo di eliminazione della fame, facendo appello, nello specifico, alla necessità di porre fine a tutte le forme di malnutrizione entro il 2030 e di raggiungere entro il 2025 gli obiettivi concordati a livello internazionale in materia di ritardo nella crescita e deperimento nei bambini al di sotto dei cinque anni;
8. ritiene che la riduzione dei fondi destinati all'agricoltura a titolo del 10° Fondo europeo di sviluppo (FES) rispetto al 9° sia un errore; esorta pertanto il Consiglio a riesaminare la questione e a intraprendere azioni correttive in prospettiva dell'11° FES;
9. sottolinea l'importanza della volontà politica di affrontare la denutrizione; accoglie con favore la tabella di marcia per l'iniziativa di aumento graduale della nutrizione (Scaling Up Nutrition (SUN)), messa a punto dal Comitato permanente delle Nazioni Unite sulla nutrizione (UNSCN) onde accelerare il miglioramento della nutrizione, in particolare nei paesi gravemente colpiti dal fenomeno, con la partecipazione dei vari soggetti interessati, comprese le agenzie delle Nazioni Unite competenti per la nutrizione; invita la Commissione e gli Stati membri ad attuare i principi delineati nella tabella di marcia SUN; esorta la Commissione a incentivare e coordinare la partecipazione all'iniziativa SUN da parte della società civile e delle organizzazioni di base che sono direttamente in contatto con i piccoli agricoltori e le loro famiglie;
10. accoglie con favore l'impegno della Commissione a investire 3,5 miliardi di EUR nel periodo 2014-2020 per migliorare la nutrizione in alcuni dei paesi più poveri del mondo e invita la Commissione a intensificare i suoi impegni in materia di interventi specifici a favore della nutrizione, al fine di raggiungere entro il 2025 l'obiettivo di ridurre di sette milioni il numero di bambini di età inferiore ai cinque anni affetti da un ritardo della crescita;
11. sottolinea che le donne svolgono un ruolo fondamentale nella nutrizione infantile e nella sicurezza alimentare mediante l'allattamento al seno, la produzione, l'acquisto, la preparazione e la distribuzione di alimenti per la famiglia, la cura dei bambini e dei malati e la garanzia di un'igiene appropriata; sottolinea che, sebbene il 60% dei casi di fame cronica interessi donne e bambine, le donne producono il 60-80% del cibo nei paesi in via di sviluppo;
12. sottolinea che le donne, pur rappresentando circa l'80% dei coltivatori africani, formalmente possiedono appena il 2% dei terreni; rileva inoltre che dai recenti programmi condotti in India, Kenya, Honduras, Ghana, Nicaragua e Nepal è emerso che i nuclei familiari con capofamiglia di sesso femminile presentano un livello superiore di sicurezza alimentare e di cure sanitarie, nonché una maggiore attenzione all'istruzione rispetto ai nuclei con capofamiglia di sesso maschile;
13. sottolinea che esiste una stretta correlazione tra il livello di istruzione di una donna e lo stato nutrizionale della sua famiglia; esorta pertanto a eliminare le barriere di genere all'istruzione e all'alfabetizzazione al fine di assicurare alle donne un maggiore accesso all'istruzione;
14. chiede pertanto l'inclusione della dimensione di genere e della promozione dell'emancipazione femminile in tutte le politiche volte a contrastare la denutrizione infantile;
15. sottolinea che la denutrizione tra le gestanti comporta conseguenze devastanti per i neonati, e può compromettere in maniera irreversibile il futuro sviluppo del bambino; chiede pertanto che sia dedicata un'attenzione particolare alla tutela della salute e dei diritti delle donne e che la formazione nel campo dell'alimentazione costituisca parte integrante dei programmi educativi e didattici destinati alle ragazze;
16. ribadisce l'importanza dell'alfabetizzazione quale efficace strumento per combattere la povertà e aumentare lo sviluppo economico; sottolinea pertanto l'importanza di sostenere l'istruzione femminile, poiché investire nelle ragazze offre sia a loro che ai loro futuri figli maggiori possibilità di vivere una vita più sana e produttiva;
17. sottolinea che la denutrizione infantile si registra prevalentemente nei paesi in via di sviluppo, non soltanto tra le popolazioni rurali ma anche in ambiente urbano; ritiene pertanto che uno dei vettori principali dell'eradicazione della denutrizione dei bambini risieda nelle politiche agricole e nelle riforme volte a consentire ai piccoli agricoltori di produrre in modo più efficiente e più sostenibile per garantire un'alimentazione sufficiente per se stessi e per le proprie famiglie;
18. sottolinea che la mancata risoluzione tempestiva del problema della denutrizione infantile, attraverso sia la cooperazione allo sviluppo che gli interventi umanitari, rischia di mettere a repentaglio tutte le dimensioni dello sviluppo umano, minare i programmi educativi nazionali, gravare sulle spese sanitarie nazionali e ostacolare lo sviluppo socioeconomico dei paesi in via di sviluppo, causando perdite economiche stimate tra il 2% e l'8 % del PIL di questi paesi;
19. ricorda che la carenza di micronutrienti, che rappresenta circa il 7% del carico globale di morbilità, ha gravi ripercussioni sullo sviluppo fisico e cognitivo dei neonati e dei bambini piccoli; sottolinea che nei primi 20 paesi figuranti nell'indice della fame nascosta (18 dei quali si trovano nell'Africa subsahariana e due, India e Afghanistan, sono in Asia), i ritardi nella crescita, l'anemia sideropenica e la carenza di vitamina A sono molto diffusi tra i bambini in età prescolare;
20. evidenzia che la denutrizione infantile non deriva soltanto dalla carenza di cibo e di infrastrutture, ma anche da problemi di distribuzione degli alimenti, da un accesso inadeguato ai medesimi e dalla mancanza di potere d'acquisto, segnatamente in situazioni caratterizzate da prezzi alimentari elevati, aggravate dalla speculazione sulle materie prime; rileva che la mancanza di potere d'acquisto colpisce soprattutto i poveri urbani, che non sono in grado di produrre il proprio cibo; ritiene importante, in tale contesto, tutelare i piccoli agricoltori e le pratiche agricole tradizionali;
21. chiede alla Commissione di coinvolgere gli Stati che hanno aderito a Expo 2015 per avviare un'iniziativa congiunta che, partendo dal tema "Nutrire il pianeta, energia per la vita", produca impegni e obiettivi vincolanti per combattere la fame e la denutrizione con strategie diversificate, dall'agricoltura alla cooperazione;
22. riconosce che il miglioramento della nutrizione infantile e materna, e della sicurezza alimentare in generale, richiederà un'azione efficace e coordinata nell'ambito di numerosi settori e politiche, tra cui: politiche di sviluppo rurale, di pianificazione territoriale e di utilizzo delle risorse idriche efficaci e sostenibili; servizi sanitari adeguati, risorse idriche sicure e servizi igienico-sanitari; cure materne e infantili appropriate; la protezione della vita marina, di altri ecosistemi e della biodiversità; la riduzione della deforestazione e la mitigazione dei cambiamenti climatici; l'adattamento e la riduzione del rischio di catastrofi; la produzione e il consumo sostenibili, l'accesso sicuro e sostenibile all'energia; il commercio; la pesca; l'inclusione sociale e il lavoro dignitoso;
23. invita la Commissione e gli Stati membri a integrare la nutrizione, la sicurezza alimentare e l'agricoltura sostenibile in tutte le loro politiche di sviluppo, al fine di tutelare e promuovere la nutrizione nonché garantire un approccio globale, dal livello locale a quello mondiale; invita il Consiglio e la Commissione, se del caso, a dare priorità alla nutrizione quale obiettivo cruciale di sviluppo nell'ambito degli strumenti di cooperazione allo sviluppo, in particolare l'11° FES e il nuovo strumento di cooperazione allo sviluppo (DCI);
24. sottolinea che, per essere più efficaci, i programmi di sviluppo e di emergenza devono essere strettamente collegati, al fine di anticipare e prevenire le crisi alimentari, contribuire a ridurre i danni causati e facilitare la ripresa;
25. invita i governi dei paesi in via di sviluppo a creare un ambiente favorevole a una migliore nutrizione infantile potenziando le politiche, il coordinamento tra i piani e le strategie nazionali in materia di nutrizione e i programmi dei donatori, la governance e la responsabilità nei confronti dei cittadini; chiede una maggiore trasparenza nei bilanci dei paesi in via di sviluppo, ad esempio attraverso il monitoraggio di bilancio, in modo da poter valutare meglio il numero e la qualità dei progetti volti ad affrontare la denutrizione;
26. sottolinea la necessità di dati migliori e coordinati sulla denutrizione e la carenza di micronutrienti, al fine di prestare una maggiore assistenza ai programmi di intervento e offrire un sostegno mirato e informato ai paesi interessati;
27. chiede alla Commissione e agli Stati membri di mobilitare risorse e investimenti finanziari di lungo termine per la nutrizione, in collaborazione con attori quali le agenzie delle Nazioni Unite, il G8/G20, i paesi emergenti, le organizzazioni internazionali e non governative, le istituzioni accademiche, le organizzazioni della società civile e il settore privato, nonché di identificare la nutrizione come una priorità del finanziamento innovativo;
28. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri nonché al Comitato permanente sulla nutrizione delle Nazioni Unite.