Risoluzione del Parlamento europeo del 9 luglio 2015 sulla situazione in Burundi (2015/2723(RSP))
Il Parlamento europeo,
– viste le sue precedenti risoluzioni sul Burundi,
– visto l'accordo di Cotonou,
– vista la dichiarazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 10 aprile 2014 sulla situazione in Burundi,
– visto l'accordo di pace e riconciliazione di Arusha per il Burundi,
– vista la Costituzione del Burundi,
– vista la dichiarazione rilasciata dai capi di Stato della Comunità dell'Africa orientale il 31 maggio 2015 a Dar es Salaam (Tanzania),
– visto il pressante appello lanciato a Bujumbura il 28 maggio 2015 dagli ex capi di Stato, dai partiti politici e dalle organizzazioni della società civile burundesi,
– viste le decisioni sulla situazione in Burundi adottate al vertice dell'Unione africana del 13 giugno 2015,
– viste le conclusioni del Consiglio sul Burundi del 22 giugno 2015,
– viste la dichiarazione del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Federica Mogherini, del 28 maggio 2015, sulla sospensione della missione di osservazione elettorale dell'UE in Burundi e la dichiarazione del suo portavoce, del 29 giugno 2015, sulla situazione in Burundi,
– vista la decisione dell'Ufficio di presidenza dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE, del 14 giugno 2015, di sospendere la missione di osservazione elettorale dell'Assemblea in Burundi a causa della situazione nel paese,
– visti gli orientamenti dell'UE sui difensori dei diritti umani, gli orientamenti dell'UE in materia di diritti umani per la libertà di espressione, nonché le conclusioni del Consiglio, del giugno 2014, in base alle quali quest'ultimo si è impegnato a intensificare il proprio lavoro a favore dei difensori dei diritti umani,
– vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo,
– vista la Carta africana sulla democrazia, le elezioni e il buon governo (ACDEG),
– visto il Patto internazionale sui diritti civili e politici,
– vista la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli,
– visto l'articolo 123, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,
A. considerando che l'articolo 96 della Costituzione del Burundi e l'articolo 7, paragrafo 3, dell'accordo di pace e riconciliazione di Arusha stabiliscono che un presidente può restare in carica soltanto per due mandati; che il presidente Pierre Nkurunziza è in carica dal 2005, dopo essere stato rieletto nel 2010 in seguito a elezioni che l'opposizione ha boicottato dopo aver accusato il governo di intimidazioni;
B. considerando che il 26 aprile 2015 il presidente Nkurunziza ha annunciato di volersi candidare per un terzo mandato, motivando la propria eleggibilità con il fatto che per il suo primo mandato era stato nominato dai legislatori, il che ha provocato disordini nel paese e ha scatenato proteste diffuse e un tentativo fallito di colpo di Stato militare a maggio 2015;
C. considerando che, in seguito a tale annuncio, il 14 maggio 2015 17 ufficiali sono stati arrestati dopo il fallito colpo di Stato guidato dall'ex generale dell'esercito Godefroid Niyombare, il quale è fuggito dal paese, e che in seguito a ciò oltre 70 persone sono state uccise nelle violenze e in una serie di attentati con granate;
D. considerando che due membri d'alto grado della Commissione elettorale nazionale indipendente (CENI) hanno abbandonato il paese, come peraltro anche un giudice della Corte costituzionale incaricato di pronunciarsi sulla legalità del terzo mandato del presidente e il presidente dell'assemblea nazionale, i quali hanno tutti addotto timori circa la loro sicurezza; che il 25 giugno 2015 anche il vicepresidente burundese Gervais Rufyikiri ha lasciato il paese, dopo aver espresso dubbi sull'eleggibilità del presidente a un terzo mandato;
E. considerando che, nel reprimere le manifestazioni pacifiche, la polizia ha fatto un uso eccessivo della forza, provocando la perdita di vite; che, secondo i suoi dati, la polizia avrebbe arrestato 892 persone collegate alle proteste tra il 26 aprile e il 12 maggio 2015 e ne avrebbe successivamente rilasciate 568; che 280 prigionieri sono stati trasferiti presso gli uffici della procura;
F. considerando che le azioni delle milizie legate alle autorità rendono ancora più gravi le violenze; che le ONG e i difensori dei diritti umani hanno condannato l'infiltrazione delle milizie del CNDD-FDD (Consiglio nazionale per la difesa della democrazia - Forze per la difesa della democrazia) nelle forze armate e di polizia;
G. considerando che i partiti di opposizione e la società civile hanno boicottato le elezioni, segnalando l'utilizzo fazioso delle istituzioni statali, la violenza e l'intimidazione da parte della milizia giovanile ("Imbonerakure") del CNDD-FDD, la mancanza di fiducia nella CENI (la Commissione elettorale nazionale indipendente del Burundi) e strategie governative volte a ridurre l'inclusività del processo elettorale, tra cui le difficoltà d'iscrizione degli elettori e la nuova ripartizione delle circoscrizioni elettorali, che favoriscono il partito al governo; che la situazione politica ha anche spinto la Chiesa cattolica in Burundi a richiamare i sacerdoti da essa nominati per contribuire a organizzare le elezioni, dichiarando di non poter sostenere elezioni colme di imperfezioni;
H. considerando che il partito al governo del Burundi ha boicottato la ripresa dei colloqui di mediazione patrocinati dal mediatore delle Nazioni Unite Abdoulaye Bathily, di cui aveva chiesto le dimissioni, e dal gruppo di mediazione costituito dai rappresentanti delle Nazioni Unite, dell'Unione africana (UA), della Comunità dell'Africa orientale (EAC) e della Conferenza internazionale sulla Regione dei Grandi Laghi (ICGLR);
I. considerando che la comunità internazionale svolge un ruolo rilevante nella regione in quanto garante degli accordi di Arusha, e che istituzioni quali la Corte penale internazionale rivestono grande importanza nella conduzione di indagini indipendenti sulle violenze e sui crimini commessi in Burundi;
J. considerando che, nonostante gli appelli della comunità internazionale a rinviare le elezioni e il boicottaggio delle stesse da parte della società civile e dell'opposizione, le elezioni legislative hanno avuto luogo il 29 giugno 2015, mentre quelle presidenziali sono in programma il 15 luglio 2015;
K. considerando che il 29 giugno 2015 l'Unione europea ha ritirato la sua missione di osservazione elettorale in Burundi, ritenendo che lo svolgimento di elezioni legislative in assenza di condizioni minime che ne garantiscano la credibilità, la trasparenza e l'inclusività possa solo aggravare la crisi;
L. considerando che, in base alle dichiarazioni degli osservatori delle Nazioni Unite, le consultazioni del 29 giugno 2015 si sarebbero svolte in una situazione di crisi politica e in un clima di paura e di intimidazioni diffuse in alcune parti del paese, e che di conseguenza il contesto non era favorevole allo svolgimento di elezioni libere, credibili e inclusive;
M. considerando che il processo elettorale continua a essere gravemente segnato da restrizioni nei confronti dei media indipendenti, un uso eccessivo della forza contro i manifestanti, un clima di intimidazione nei confronti dei partiti di opposizione e della società civile, nonché da una mancanza di fiducia nelle autorità elettorali, tanto da spingere l'UE a sospendere la sua missione di osservazione elettorale;
N. considerando che l'EAC e l'UA hanno dichiarato che al momento non sussistono le condizioni adatte per indire elezioni e che non sarà possibile porle in essere entro il termine previsto dalla Costituzione burundese;
O. considerando che l'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) afferma che circa 127 000 persone hanno abbandonato il Burundi alla volta dei paesi vicini, con conseguenti emergenze umanitarie nella Repubblica democratica del Congo, in Ruanda e in Tanzania, dove è stata segnalata un'epidemia di colera;
P. considerando che lo stallo politico in Burundi e il deterioramento della situazione economica e della sicurezza hanno gravi ripercussioni sulla popolazione e creano rischi per l'intera regione, mentre il Burundi affronta la crisi più grave dalla guerra civile a sfondo etnico durata 12 anni, che fino al 2005 ha mietuto, secondo le stime, circa 300 000 vittime;
Q. considerando che, in risposta alle precedenti risoluzioni del Parlamento europeo e in particolare ai riferimenti all'articolo 96 dell'accordo di Cotonou in esse contenuti, i rappresentanti dell'UE hanno insistito sulla necessità che tutte le forze politiche del paese partecipino in modo inclusivo al processo elettorale, in linea con la tabella di marcia per le elezioni e il codice di buona condotta elettorale ("Code de bonne conduite en matière électorale");
R. considerando che l'Unione ha sospeso l'erogazione di ingenti fondi (pari a 1,7 milioni di EUR) a sostegno delle elezioni in Burundi, dal momento che attualmente mancano i presupposti necessari a garantire la credibilità e il buon funzionamento del processo elettorale in un modo che sia pacifico, inclusivo e trasparente e non comporti la violazione delle libertà politiche, tra cui la libertà di espressione;
S. considerando che anche il Belgio ha annunciato la sospensione degli aiuti elettorali, scegliendo di ritirare metà dei 4 milioni di EUR che aveva accantonato per le elezioni e dissociandosi da un'intesa di cooperazione in materia di polizia per un importo di 5 milioni di EUR, finanziata unitamente ai Paesi Bassi; che la Francia ha anch'essa sospeso la cooperazione con il Burundi in materia di sicurezza, e che la Germania ha annunciato la sospensione di ogni cooperazione bilaterale che coinvolga il governo di tale paese;
T. considerando che il diritto alla libertà di espressione è garantito dalla Costituzione del Burundi e dai trattati internazionali e regionali da esso ratificati, rientra nella Strategia nazionale per la buona governance e la lotta alla corruzione, e costituisce una condizione essenziale per elezioni libere, eque, trasparenti e pacifiche; che, cionondimeno, i media sono stati oggetto di provvedimenti fortemente restrittivi a seguito della chiusura, a metà maggio, delle emittenti private, dell'esodo di massa dei giornalisti e delle minacce costanti contro quelli che ancora si trovano nel paese;
U. considerando che l'UE contribuisce in misura significativa al bilancio annuale del Burundi – che è alimentato per circa la metà da aiuti internazionali – e ha recentemente assegnato al Burundi, uno dei paesi più poveri del mondo, 432 milioni di EUR a titolo del Fondo europeo di sviluppo 2014-2020, fra l'altro per aiutare il paese a rafforzare la governance e la società civile;
V. considerando che la situazione attuale si ripercuote sulla vita economica e sociale dei burundesi; che la maggior parte delle scuole e dei campus universitari è chiusa a causa delle violente manifestazioni che hanno luogo nella capitale, Bujumbura, che la moneta locale è stata svalutata, che la disoccupazione è aumentata e il gettito fiscale diminuito come conseguenza della chiusura di centri commerciali e del rallentamento degli scambi commerciali con i paesi vicini;
1. esprime forte preoccupazione dinanzi al peggioramento della situazione politica e umanitaria in Burundi e nella regione circostante; chiede che si ponga immediatamente fine alla violenza e all'intimidazione politica nei confronti degli oppositori e che si proceda al disarmo immediato di tutti i gruppi di giovani armati alleati ai partiti politici; esprime la sua solidarietà alle vittime della violenza e a coloro che hanno perso la vita, e chiede aiuti umanitari immediati per coloro che sono stati costretti a fuggire dalle proprie case;
2. condanna la decisione del governo del Burundi di procedere con le elezioni nonostante la situazione generale critica sotto il profilo politico e della sicurezza, nonché dinanzi al fatto che il processo elettorale è stato gravemente segnato da restrizioni nei confronti dei media indipendenti, un uso eccessivo della forza contro i manifestanti, un clima di intimidazione nei confronti dei partiti di opposizione e della società civile, nonché da una mancanza di fiducia nelle autorità elettorali; sollecita le autorità del Burundi a rimandare le elezioni presidenziali previste per il 15 luglio 2015, dando seguito alle richieste dell'UA, e a coinvolgere tutti i soggetti interessati negli sforzi intesi a creare un ambiente favorevole a un processo elettorale pacifico, credibile, libero ed equo;
3. invita tutte le parti coinvolte nel processo elettorale, compresi gli enti responsabili dell'organizzazione delle elezioni e i servizi di sicurezza, a rispettare gli impegni assunti nel quadro dell'accordo di Arusha, e rammenta che tale accordo ha posto fine alla guerra civile e costituisce la base su cui si fonda la Costituzione burundese; sottolinea l'importanza di un accordo consensuale sul calendario elettorale, sulla base di una valutazione tecnica che dovrà essere effettuata dalle Nazioni Unite;
4. evidenzia nuovamente il fatto che, solo attraverso un dialogo e un consenso che coinvolgano il governo del Burundi, l'opposizione e la società civile, conformemente all'accordo di Arusha e alla Costituzione burundese, si potrà trovare una soluzione politica duratura nell'interesse della sicurezza e della democrazia per tutto il popolo del Burundi; invita le parti interessate burundesi a riprendere il dialogo su tutti i punti di disaccordo; appoggia pertanto gli sforzi di mediazione compiuti dall'UA, dall'EAC e dalle Nazioni Unite ed è pronto a sostenere l'attuazione delle misure specifiche recentemente annunciate dall'UA;
5. manifesta, ancora una volta, il proprio sostegno agli intensi sforzi profusi dall'EAC e sottolinea la pertinenza delle misure concordate in occasione dei vertici di Dar es Salaam del 13 e 31 maggio 2015, compreso l'appello per un rinvio delle elezioni e l'immediata cessazione della violenza, il disarmo dei gruppi di giovani affiliati a partiti politici, l'avvio di un dialogo tra le parti interessate burundesi, e l'impegno da parte della regione a non stare a guardare qualora la situazione dovesse deteriorarsi, misure che forniscono il quadro per una soluzione politica e consensuale della crisi;
6. ricorda che il partenariato dell'UE con il Burundi è disciplinato dall'accordo di Cotonou e che tutte le parti sono tenute al rispetto e all'applicazione dei suoi termini, in particolare al rispetto dei diritti umani; osserva che il Burundi ha anche firmato e ratificato il Patto internazionale sui diritti civili e politici e la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli, e ha pertanto l'obbligo di rispettare i diritti umani universali e la libertà di espressione; invita quindi il governo burundese a consentire lo svolgimento di un dibattito politico autentico e aperto senza il timore di intimidazioni, e ad astenersi dall'utilizzare la magistratura in modo improprio per escludere i rivali politici;
7. prende atto del dialogo svoltosi tra l'UE e le autorità burundesi a norma dell'articolo 8 dell'accordo di Cotonou; ritiene nondimeno che si verifichino continue violazioni degli elementi essenziali e fondamentali di detto accordo, in particolare del rispetto dei principi umani e democratici fondamentali, e invita quindi la Commissione ad avviare le procedure di cui all'articolo 96 in vista dell'adozione di misure appropriate;
8. invita altresì la Commissione a riconsiderare, a tal fine, con urgenza gli aiuti dell'UE allo scopo di riorientarli, di aumentare l'assistenza finanziaria alla società civile e di concentrarsi sugli aiuti umanitari anziché sul sostegno al bilancio centrale, tenendo presente nel contempo il ruolo assai encomiabile svolto dall'esercito burundese nella missione di mantenimento della pace in Somalia;
9. si associa al Consiglio "Affari esteri" del 22 giugno 2015 nell'invito rivolto al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/HR) in vista della preparazione di un elenco di misure restrittive mirate e di divieti di visto e di viaggio da applicare ai responsabili di atti di violenza e repressione e di gravi violazioni dei diritti umani, nonché a coloro che ostacolano attivamente il raggiungimento di una soluzione politica nel contesto proposto dall'UA e dall'EAC; chiede inoltre al VP/HR di prendere i provvedimenti necessari per congelare i beni di tutte le suddette persone negli Stati membri dell'UE;
10. esprime profonda preoccupazione nel constatare il numero di vittime e di casi di gravi violazioni dei diritti umani registrati dall'inizio della crisi, in particolare con riferimento agli abusi attribuiti a membri dell'"Imbonerakure"; rileva le intimidazioni e i rischi che devono affrontare i difensori dei diritti umani, gli attivisti politici e i giornalisti, nonché l'arresto arbitrario di membri dei partiti di opposizione; chiede il rilascio immediato e incondizionato di tutte le persone arrestate per aver esercitato il loro diritto di pacifica riunione e di espressione;
11. chiede di far cessare immediatamente le violenze e le intimidazioni esercitate dall'"Imbonerakure"; invita il CNDD-FDD ad agire senza indugi per disarmare la milizia giovanile e far sì che i suoi membri cessino di intimidire e aggredire gli oppositori, nonché ad assicurare che i responsabili degli abusi siano consegnati alla giustizia; chiede che si proceda a un'indagine internazionale indipendente riguardo alle affermazioni secondo cui il CNDD-FDD armerebbe e formerebbe la sua ala giovanile; sollecita, in modo analogo, i capi dei partiti di opposizione a impedire che sia fatto uso di violenza contro i loro avversari;
12. ribadisce che non può esservi impunità per i responsabili di gravi violazioni dei diritti umani, i quali devono essere considerati individualmente responsabili e rispondere penalmente dei loro atti; attribuisce particolare importanza allo schieramento immediato di osservatori dei diritti umani e di esperti militari annunciato dall'UA;
13. osserva il fallimento dei tentativi di talune forze di trasformare le rivolte in conflitto etnico e constata che le divisioni politiche in Burundi non sono esplicitamente etniche; ritiene che ciò dimostri il successo degli accordi di Arusha nel costituire un esercito e un corpo di polizia etnicamente equilibrati; invita quindi il procuratore della Corte penale internazionale a monitorare attentamente quei mezzi di comunicazione per incitamento all'odio etnico, così come i discorsi dei leader politici;
14. ribadisce, in tale contesto, l'importanza del rispetto del codice di buona condotta elettorale e della tabella di marcia per le elezioni, mediata dalle Nazioni Unite e sottoscritta nel 2013 dagli attori politici, e dà pieno sostegno agli sforzi delle Nazioni Unite e regionali volti a impedire un ulteriore inasprirsi della violenza politica;
15. chiede l'immediata abolizione delle restrizioni imposte ai media e all'accesso a Internet, e denuncia nuovamente la ripetuta presa di mira di "Radio Publique Africaine", che opera come una delle principali fonti di notizie del paese; considera che non possono avere luogo elezioni legittime se i mezzi di informazione non sono in grado di operare senza restrizioni e i giornalisti di fare cronaca senza intimidazioni;
16. elogia il ruolo delle organizzazioni umanitarie e delle autorità dei paesi vicini che stanno facendo fronte alle necessità di chi fugge dalla crisi e offrono protezione ai rifugiati; plaude all'annuncio della Commissione riguardante lo stanziamento di altri 1,5 milioni di EUR per alleviare la situazione umanitaria; avverte, tuttavia, che gli impegni devono essere quanto prima raddoppiati, da parte sia dell'UE che dei suoi Stati membri, stanti lo smisurato afflusso di profughi in una regione già fragile, i focolai epidemici di colera segnalati e le allarmanti notizie di violenze sessuali; sottolinea l'importanza di una strategia a lungo termine in materia non soltanto di assistenza medica e nutrizionale, ma anche di reintegrazione e aiuto psicologico per chi è stato costretto a fuggire;
17. invita l'UE e i suoi Stati membri a tenere concretamente fede a tutti gli impegni relativi al Piano di risposta regionale delle Nazioni Unite per i rifugiati del Burundi, che necessita di 207 milioni di USD fino a settembre 2015 per assistere i 200 000 profughi burundesi previsti, anche integrando le già esistenti sovvenzioni alla regione;
18. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi degli Stati membri, al governo del Burundi e ai governi dei paesi della Regione dei Grandi Laghi, ai governi della Comunità dell'Africa orientale, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Federica Mogherini, all'Unione africana, al Segretario generale delle Nazioni Unite, ai Copresidenti dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE e al Parlamento panafricano.