Recenti attentati e sequestri ad opera dell'ISIS/Da'ish in Medio Oriente, in particolare contro gli assiri
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Risoluzione del Parlamento europeo del 12 marzo 2015 sui recenti attentati e sequestri ad opera dell'ISIS/Da'ish in Medio Oriente, in particolare contro gli assiri (2015/2599(RSP))
– visto l'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948,
– visto l'articolo 9 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU) del 1950,
– visto l'articolo 18 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (ICCPR) del 1966,
– vista la dichiarazione delle Nazioni Unite del 1981 sull'eliminazione di tutte le forme di intolleranza e discriminazione fondate sulla religione o sul credo,
– vista la dichiarazione delle Nazioni Unite del 1992 sui diritti delle persone appartenenti a minoranze nazionali o etniche, religiose e linguistiche,
– vista la Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate,
– viste le sue precedenti risoluzioni su Iraq, Siria, Libia ed Egitto, in particolare quella del 10 ottobre 2013 sui recenti casi di violenze e persecuzioni contro cristiani, in particolare a Maalula (Siria) e Peshawar (Pakistan), nonché sul caso del pastore Saeed Abedini (Iran)(1), quella del 18 settembre 2014 sulla situazione in Iraq e in Siria e offensiva dell'IS, inclusa la persecuzione delle minoranze(2), e quella del 12 febbraio 2015 sulla crisi umanitaria in Iraq e Siria, in particolare nel contesto dello Stato islamico (IS)(3),
– visti gli orientamenti dell'UE sulla promozione e la tutela della libertà di religione o di credo,
– viste le dichiarazioni del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR) sulle violenze e le persecuzioni contro i cristiani e altre comunità in Medio Oriente, in particolare quella rilasciata il 16 febbraio 2015 sulla decapitazione di 21 cristiani copti egiziani in Libia,
– vista la comunicazione congiunta della Commissione e del VP/AR al Parlamento europeo e al Consiglio sugli elementi di una strategia regionale dell'Unione europea per la Siria e l'Iraq e la minaccia del Da'ish,
– vista la dichiarazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, del 25 febbraio 2015, in cui si condanna il sequestro di oltre 100 assiri ad opera dell'ISIL,
– vista la relazione ONU della commissione d'inchiesta internazionale indipendente sulla Repubblica araba siriana, del 14 novembre 2014, dal titolo: "Rule of Terror: Living under ISIS in Syria" (Stato di terrore: vivere nella Siria dell'ISIS),
– viste le relazioni annuali e intermedie del rappresentante speciale delle Nazioni Unite concernenti la libertà di religione o di credo,
– visti l'articolo 135, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che la promozione della democrazia e il rispetto dei diritti umani e delle libertà civili sono principi e obiettivi fondamentali dell'Unione europea e costituiscono una base comune per le sue relazioni con i paesi terzi;
B. considerando che, conformemente al diritto internazionale in materia di diritti umani e, in particolare, all'articolo 18 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; che tale diritto include la libertà di cambiare la propria religione o credo, così come la libertà di manifestare la propria religione o credo, individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l'insegnamento, le pratiche e l'osservanza dei riti; che, stando alla commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani, la libertà di religione o di credo tutela tutte le convinzioni, anche quelle teiste, non teiste e ateiste;
C. considerando che l'Unione europea ha espresso a più riprese il proprio impegno nei confronti della libertà di pensiero, di coscienza e di religione o di credo, e ha sottolineato che i governi hanno il dovere di garantire tali libertà in tutto il mondo;
D. considerando che le Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali hanno denunciato le gravi e diffuse violazioni del diritto internazionale umanitario e in materia di diritti umani ad opera dell'ISIS/Da'ish e dei gruppi associati in Siria e Iraq, soprattutto contro le minoranze etniche e religiose, tra le quali figurano uccisioni mirate, conversioni forzate, sequestri, vendita di donne, schiavitù di donne e bambini, reclutamento di bambini per attentati suicidi, abusi sessuali e fisici e torture; che sono state espresse gravi preoccupazioni riguardo al benessere di coloro che sono ancora intrappolati nelle zone controllate dalle forze dell'ISIS/Da'ish, dal momento che l'assistenza umanitaria internazionale in grado di raggiungere tali zone è pressoché nulla;
E. considerando che l'ISIS/Da'ish ha intrapreso una campagna intesa a eliminare ogni traccia delle comunità religiose e di fede diverse da quelle che rappresentano la sua personale interpretazione dell'Islam, attraverso l'uccisione o l'espulsione dei relativi adepti e la distruzione dei luoghi sacri, dei siti e degli artefatti storici, tra cui ricchezze uniche e insostituibili riconosciute dall'UNESCO come patrimonio dell'umanità, e che l'ISIS/Da'ish definisce "pulizia culturale";
F. considerando che nelle zone sotto il suo controllo, l'ISIS/Da'ish sta facendo pagare a civiltà millenarie un prezzo inaccettabile e irrecuperabile; che soprattutto in Iraq e in Siria, ma anche in altre parti del Medio Oriente in generale, la situazione delle comunità cristiane è tale da compromettere la loro stessa esistenza e, qualora esse scomparissero, una parte significativa del patrimonio religioso dei paesi in questione andrebbe perduta;
G. considerando che l'ISIS/Da'ish prende di mira i cristiani, gli yazidi, i turkmeni, gli sciiti, gli shabak, i sabei, i kakai e i sunniti che non concordano con la sua interpretazione dell'Islam, come pure altre minoranze etniche e religiose, ma che alcune di queste comunità erano già state bersaglio di estremisti ben prima dell'avanzata dell'ISIS/Da'ish; che soprattutto i cristiani sono da molti anni deliberatamente presi di mira da vari gruppi estremisti e jihadisti, i quali hanno costretto più del 70% dei cristiani iracheni e oltre 700 000 cristiani siriani ad abbandonare i loro paesi;
H. considerando che in Iraq i 250 000 caldei/assiri/siriaci costituiscono un gruppo etnico e religioso distinto e si stima che fino a 40 000 assiri vivessero in Siria prima dello scoppio della guerra civile nel paese nel 2011;
I. considerando che il 15 febbraio 2015 l'ISIS/Da'ish ha diffuso un video che mostrava la decapitazione di 21 cristiani copti egiziani in Libia; che i copti, che erano lavoratori migranti provenienti da una zona povera dell'Egitto, erano stati rapiti a Sirte, in Libia;
J. considerando che il 23 febbraio 2015 l'ISIS/Da'ish ha sequestrato circa 220 assiri nei pressi di Tell Tamer, sulla sponda meridionale del fiume Khabur, nel nord-est della Siria; che, durante la stessa campagna, gli estremisti hanno anche distrutto i beni e i luoghi sacri dei cristiani; che decine di assiri sono stati uccisi durante l'offensiva dell'IS; che, stando a quando riferito, nel febbraio 2015 l'IS avrebbe rilasciato una dichiarazione in cui chiedeva ai villaggi assiri della provincia siriana di Hasaka di pagare la jizya, un'imposta sui non musulmani risalente alla prima epoca islamica e abolita nel 1856 in tutto l'impero ottomano, e di convertirsi all'Islam, altrimenti sarebbero stati uccisi; che, a partire dal 9 marzo 2015, sono stati segnalati attentati di grande entità da parte dell'ISIS/Da'ish nelle città dei cristiani assiri della zona del fiume Khabur;
K. considerando che il 1° marzo 2015 l'ISIS/Da'ish ha rilasciato varie decine di assiri, soprattutto bambini e anziani, in seguito ai negoziati con i leader delle tribù, ma che la maggior parte degli assiri è ancora ostaggio e i terroristi hanno minacciato di ucciderli se i bombardamenti della coalizione non saranno interrotti;
L. considerando che, nell'ambito di una deliberata politica di pulizia culturale e religiosa, l'IS avrebbe distrutto oltre 100 chiese in Iraq e almeno 6 chiese in Siria, come pure varie moschee sciite in Iraq; che nel febbraio 2015 i combattenti dell'IS hanno pubblicizzato intenzionalmente la distruzione di statue e altri artefatti del museo di Mosul risalenti agli antichi imperi assiro e accadico; che, successivamente, l'IS ha distrutto con i bulldozer l'antica città assira di Nimrud e, più di recente e secondo quanto riferito, avrebbe distrutto Hatra, sito patrimonio dell'umanità dell'UNESCO; che, stando a quanto riferito, il regime siriano avrebbe bombardato le chiese dei quartieri dell'opposizione, ad esempio a Homs nel 2012 e a Idlib nel 2013;
M. considerando che l'ISIS/Da'ish continua a perseguire, mutilare e uccidere, a volte in modi estremamente crudeli e inimmaginabili, membri delle minoranze etniche e religiose, giornalisti, prigionieri di guerra, attivisti e altri; che continuano a essere commessi ogni giorno e su vasta scala crimini di guerra e altre violazioni del diritto umanitario internazionale e delle norme internazionali in materia di diritti umani per mano di altre parti coinvolte nel conflitto, tra cui, in particolare, il regime di Assad;
N. considerando che uno degli elementi su cui si fondano le violenze commesse dall'ISIS/Da'ish è il salafismo, in particolare l'interpretazione wahhabita estremista dell'Islam;
1. è sconcertato e rattristato per le brutali azioni commesse dagli estremisti dell'ISIS/Da'ish nei confronti degli assiri in Siria e dei copti in Libia, e le condanna con la massima fermezza; esprime la propria solidarietà alle famiglie delle vittime come pure alla comunità cristiano-assira in Siria e alla comunità cristiano-copta in Egitto, nonché a tutti gli altri gruppi e individui oggetto della violenza dell'ISIS/Da'ish;
2. condanna con forza l'ISIS/Da'ish e le sue gravi violazioni dei diritti umani che equivalgono a crimini contro l'umanità e crimini di guerra conformemente allo Statuto di Roma della Corte penale internazionale (CPI), e che potrebbero essere definite un genocidio; è estremamente preoccupato per gli attacchi deliberati di questo gruppo terroristico a danno di cristiani, yazidi, turkmeni, sciiti, shabak, sabei, kakai e sunniti che non concordano con la sua interpretazione dell'Islam, nell'ambito dei suoi tentativi di eliminare ogni minoranza religiosa dalle zone sotto il suo controllo; sottolinea che non deve esserci alcuna impunità per gli autori di tali atti e che i responsabili dovrebbero essere deferiti alla CPI; rammenta, in tale contesto, il rapimento insoluto dei vescovi Yohanna Ibrahim e Paul Yazigi da parte dei ribelli armati nella provincia di Aleppo, Siria, il 22 aprile 2013;
3. condanna inoltre i tentativi dell'ISIS/Da'ish di esportare la sua ideologia e violenza estremiste e totalitariste in altri paesi della regione e al di fuori di essa;
4. sostiene le attività internazionali volte a contrastare l'ISIS/Da'ish, comprese le azioni militari della coalizione internazionale coordinate dagli Stati Uniti, e incoraggia gli Stati membri dell'Unione che non lo abbiano ancora fatto a esaminare modalità per contribuire a tali attività, anche rintracciando e bloccando i fondi segreti che l'ISIS detiene oltremare;
5. invita la coalizione internazionale ad adoperarsi maggiormente per impedire i sequestri di membri delle minoranze, come il rapimento di centinaia di cristiani assiri nella Siria settentrionale; sottolinea l'importanza di assicurare un rifugio sicuro a caldei/assiri/siriaci e agli altri soggetti a rischio nella piana di Ninive, Iraq, una zona in cui molte minoranze etniche e religiose hanno registrato per secoli una forte presenza e convissuto pacificamente;
6. esorta l'Unione e i suoi Stati membri ad adottare un approccio proattivo e preventivo in relazione alla minaccia di un'espansione dell'ISIS/Da'ish nei paesi e nelle regioni al di là di Iraq e Siria; è estremamente preoccupato, a tale proposito, per la situazione in Libia, anche in virtù della sua prossimità geografica all'UE e a zone di conflitto in Africa;
7. esorta l'Unione e i suoi Stati membri, nonché i partner della NATO, ad affrontare la questione dei ruoli ambivalenti assunti da taluni paesi nell'ambito del conflitto, in particolare qualora abbiano contribuito, o continuino a farlo, attivamente o passivamente, all'ascesa dell'ISIS/Da'ish e di altri gruppi estremisti; è molto preoccupato, in tale contesto, per il finanziamento della diffusione dell'interpretazione wahhabita dell'Islam da parte di entità pubbliche e private di paesi della regione del Golfo e invita tali paesi a porre fine ai finanziamenti; esorta altresì tali paesi a bloccare i finanziamenti a favore delle organizzazioni terroristiche provenienti dai loro territori; invita la Turchia a svolgere un ruolo positivo nella lotta contro l'ISIS/Da'ish e a consentire senza indugio alle minoranze cristiane e ad altre persone perseguitate che fuggono dalla Siria di attraversare il confine turco e cercare rifugio;
8. incoraggia la cooperazione con le nuove forze regionali e locali emergenti, come il governo regionale curdo in Iraq, i gruppi curdi in altre regioni, come ad esempio l'YPG, che ha svolto un ruolo nella liberazione di Kobane, e il Consiglio militare siriaco, come pure le entità autonome nella regione che hanno dimostrato un maggiore impegno a favore dei diritti umani e della democrazia rispetto ai governanti dei loro paesi; loda, in particolare, il coraggio delle forze curde dei Peshmerga, che hanno fatto molto per proteggere le minoranze in pericolo;
9. esprime preoccupazione per le segnalazioni secondo cui le minoranze cristiane non avrebbero accesso ai campi profughi nella regione perché li metterebbero eccessivamente in pericolo; chiede all'Unione di far sì che la sua assistenza allo sviluppo sia diretta a tutti i gruppi minoritari sfollati a causa del conflitto; incoraggia l'Unione a ricorrere all'esperienza e alle reti ben consolidate delle chiese locali e regionali, come pure alle organizzazioni di soccorso internazionali delle chiese, per fornire assistenza finanziaria e di altro genere onde assicurare che tutti i gruppi minoritari possano beneficiare della protezione e del sostegno dell'assistenza europea;
10. reputa essenziale che il Consiglio e il Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) avviino una cooperazione con i partner internazionali e regionali in relazione a uno scenario post ISIS/Da'ish, tenendo conto dell'urgente necessità di un dialogo e una riconciliazione a livello culturale e religioso;
11. denuncia la distruzione di siti culturali e artefatti da parte dell'ISIS/Da'ish in Siria e in Iraq, che costituisce un attacco contro il patrimonio culturale di tutti i cittadini di tali paesi e dell'umanità in generale;
12. esorta l'UE e i suoi Stati membri a cooperare con i partner internazionali e locali per salvaguardare nella maggior misura possibile il patrimonio assiro e le altre ricchezze culturali e religiose nei territori occupati dall'ISIS/Da'ish; invita inoltre il Consiglio ad adottare misure contro il commercio illecito di antichi artefatti provenienti da tali territori;
13. ribadisce e sostiene il diritto inalienabile di tutte le minoranze religiose ed etniche che vivono in Iraq e in Siria di continuare a vivere in modo dignitoso, giusto e sicuro in quello che storicamente e tradizionalmente è il loro paese di origine e di praticare liberamente la loro religione; sollecita, in tale contesto, tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite a condannare chiaramente la violenza e in particolare a esprimersi in difesa dei diritti delle minoranze; ritiene che per porre fine alle sofferenze e all'esodo di massa dei cristiani e di altre popolazioni indigene della regione sia necessaria una dichiarazione chiara e inequivocabile da parte dei leader politici e religiosi locali, a sostegno della loro costante presenza e dei loro pieni e pari diritti in quanto cittadini dei rispettivi paesi;
14. respinge senza riserve e considera illegittimo l'annuncio della leadership dell'ISIS/Da'ish, che dichiara di aver stabilito un califfato nelle zone attualmente sotto il suo controllo; sottolinea che la creazione e l'espansione del "califfato islamico", così come le attività di altri gruppi estremisti in Medio Oriente, costituiscono una minaccia diretta alla sicurezza della regione nonché dei paesi europei;
15. conferma il proprio impegno a favore della libertà di pensiero, di coscienza e di religione o credo in quanto diritti umani fondamentali garantiti dagli strumenti giuridici internazionali cui la maggior parte dei paesi del mondo ha aderito, e ai quali è attribuito valore fondamentale;
16. sostiene tutte le iniziative, anche all'interno dell'Unione, volte a promuovere il dialogo e il rispetto reciproco tra le comunità; invita tutte le autorità religiose a promuovere la tolleranza e ad adottare iniziative contro l'odio e la radicalizzazione violenta ed estremista;
17. esorta l'Unione a prendere in considerazione ulteriori misure antiterrorismo, nel quadro dei diritti umani, diverse da quelle già in atto, e a continuare a collaborare con gli Stati membri per migliorare le politiche volte a contrastare la radicalizzazione sul territorio dell'Unione, la diffusione dell'incitamento all'odio e l'istigazione alla violenza online; esorta inoltre gli Stati membri dell'Unione a cooperare con il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per arrestare la diffusione dell'ideologia estremista e jihadista nel mondo;
18. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri nonché alla Coalizione nazionale siriana, al governo e al parlamento dell'Iraq, al governo regionale del Kurdistan in Iraq, al Presidente della Repubblica araba d'Egitto, al Consiglio dei deputati di Tobruk, Libia, e al governo libico, alla Lega araba, al Segretario generale delle Nazioni Unite e al Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani.
– viste le sue precedenti risoluzioni sul Sud Sudan, in particolare quella del 16 gennaio 2014(1) e del 13 novembre 2014 sulla situazione in Sud Sudan(2),
– visto l'accordo di cessate il fuoco e di condivisione del potere, del 2 febbraio 2015, tra il presidente Salva Kiir e l'ex vicepresidente Riek Machar, firmato ad Addis Abeba sotto l'egida dell'Autorità intergovernativa per lo sviluppo (IGAD),
– vista la dichiarazione del Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, del 3 febbraio 2015, riguardo ai colloqui di pace in Sud Sudan,
– visto il comunicato del 10 febbraio 2015 rilasciato a seguito della riunione di alto livello dell'IGAD e dell'Ufficio ONU per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA) sulle crisi umanitarie in Sud Sudan,
– vista la dichiarazione rilasciata il 25 febbraio 2015 dal rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite per i bambini nei conflitti armati,
– visto il comunicato congiunto di ottobre 2014 della Repubblica del Sud Sudan e delle Nazioni Unite sulla prevenzione della violenza sessuale nei conflitti,
– viste le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 2155 (2014) e 2206 (2015) che gettano la basi per sanzioni mirate a coloro i quali ostacolano la pace in Sud Sudan,
– vista la dichiarazione in data 6 marzo 2015 del portavoce di Federica Mogherini, vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, sul mancato raggiungimento delle parti coinvolte nel conflitto in Sud Sudan di un accordo di pace,
– visto il rinnovo nel 2012 del piano d'azione del Sud Sudan volto a porre fine al reclutamento e all'utilizzo di bambini da parte delle forze armate governative e ad altre gravi violazioni ai danni dei minori,
– vista la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli,
– vista la Convenzione dell'Unione africana che disciplina gli aspetti specifici dei problemi dei rifugiati in Africa,
– vista la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo,
– vista la Carta africana sui diritti e il benessere del fanciullo,
– vista la convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura,
– vista la Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna,
– visti gli orientamenti dell'UE sui bambini e i conflitti armati del 2010,
– vista la convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) n. 182 sulle peggiori forme di lavoro infantile, adottata nel 1999, che annovera il reclutamento forzato e obbligatorio dei bambini per il loro utilizzo nei conflitti armati tra le peggiori forme di lavoro infantile,
– visto l'accordo di Cotonou,
– visto l'accordo globale di pace (CPA) in Sudan del 2005,
– visti l'articolo 135, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che il 15 e 16 febbraio 2015 circa 89 bambini, se non forse altre centinaia, sono stati rapiti all'interno della comunità di Wau Shilluk nello Stato dell'Alto Nilo da un gruppo di miliziani presumibilmente guidato da Johnson Oloni, un comandante dell'esercito di liberazione del popolo sudanese (SPLA); che, secondo alcuni testimoni, una serie di soldati armati ha accerchiato la comunità e perquisito ogni abitazione, portando via con la forza per lo più ragazzi di età superiore ai 12 anni;
B. considerando che nel dicembre 2013 una controversia politica all'interno del partito al governo del Sud Sudan, il Movimento di liberazione del popolo sudanese (SPLM), è sfociata in uno scontro armato a Juba che ha coinvolto le forze fedeli al presidente Kiir e quelle fedeli all'ex vicepresidente Riek Machar;
C. considerando che, in seguito al conflitto armato interno scoppiato nel dicembre 2013, circa 1,4 milioni di persone risultano sfollate all'interno del paese, 500 000 sono fuggite nei paesi vicini e circa 12 000 bambini sono stati reclutati per combattere all'interno di forze e gruppi armati; che, stando a quanto riferito, migliaia di bambini sono stati uccisi, violentati, sfollati e resi orfani;
D. considerando che, secondo le stime, 4 milioni di persone si trovano in una situazione di alto rischio di insicurezza e insufficienza alimentare, e che le Nazioni Unite mettono ripetutamente in guardia contro un aggravarsi della crisi umanitaria e una carestia in caso di prosecuzione degli scontri; che, unitamente a una mancanza di assistenza e infrastrutture sanitarie, la situazione sembra destinata soltanto a deteriorarsi;
E. considerando che la stessa missione delle Nazioni Unite nella Repubblica del Sud Sudan (UNMISS) fornisce un riparo sicuro a oltre 100 000 sfollati interni che cercano rifugio dalla violenza e che anch'essa è stata oggetto di attacchi;
F. considerando che, secondo le stime delle Nazioni Unite, oltre la metà della popolazione nei campi profughi è costituita da bambini, che sono in tal modo sottoposti a gravi minacce per la loro sicurezza, il loro sviluppo e il loro benessere fisico; che il Sud Sudan registra uno dei tassi di mortalità infantile più elevati al mondo nonché i più bassi indicatori di istruzione a livello globale; che 400 000 bambini hanno abbandonato gli studi a causa del conflitto in corso;
G. considerando che le parti del conflitto hanno attaccato civili sulla base dell'etnia e della presunta appartenenza politica e hanno commesso atti di violenza sessuale, distruzione su vasta scala e saccheggio di proprietà;
H. considerando che le diverse parti implicate nel conflitto in Sud Sudan hanno avviato negoziati il 7 gennaio 2014 ad Addis Abeba, sotto l'egida dell'Autorità intergovernativa per lo sviluppo (IGAD); che, nonostante gli accordi precedenti di cessazione delle ostilità, il più recente dei quali è rappresentato dall'accordo firmato il 2 febbraio 2015 ad Addis Abeba, e i continui sforzi da parte dell'IGAD tesi a negoziare una soluzione politica al conflitto, sono perdurati gli scontri, caratterizzati da una totale mancanza di rispetto dei diritti umani internazionali e del diritto umanitario nonché dalla mancata assunzione di responsabilità per gli abusi commessi nell'ambito del conflitto;
I. considerando che il governo e i ribelli non hanno rispettato il termine fissato dall'IGAD al 5 marzo 2015 per raggiungere un accordo di condivisione del potere e che i colloqui di pace sono stati prorogati sine die; che il capo-mediatore dell'IGAD ha affermato che l'ONU e l'Unione africana (UA) possono ora svolgere un ruolo diretto nel quadro dei negoziati;
J. considerando che la relazione finale della Commissione d'inchiesta istituita nel marzo 2014 dall'Unione africana non è ancora stata pubblicata, nonostante sia stata trasmessa alla Commissione dell'Unione africana nell'ottobre 2014;
K. considerando che la decisione di ritardare la pubblicazione è stata accolta con delusione generalizzata ed è largamente considerata un passo indietro per quanto concerne l'assunzione di responsabilità e la lotta all'impunità; che personalità quali il Sottosegretario generale delle Nazioni Unite Ivan Simonovic, l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Navi Pillay e importanti membri delle organizzazioni della società civile del Sud Sudan hanno espresso la propria delusione al riguardo;
L. considerando che il 3 marzo 2015 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato all'unanimità un sistema che consente di imporre sanzioni ai soggetti che sono responsabili di perpetuare il conflitto o di ostacolare la pace in Sud Sudan, o che contribuiscono in tal senso; che le sanzioni si applicano altresì agli autori di attacchi contro i civili, gli ospedali, i siti religiosi, le scuole o i luoghi di rifugio dei civili, come pure ai responsabili del reclutamento o dell'utilizzo di bambini nell'ambito di forze o gruppi armati;
M. considerando che, nonostante il parlamento abbia votato a favore della loro ratifica, il Sud Sudan non è ancora parte di nessuno dei principali trattati in materia di diritti umani, quali la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli, la Convenzione dell'Unione africana che regola gli aspetti specifici dei problemi dei rifugiati in Africa, la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e la Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna;
N. considerando che, a norma dello statuto della Corte penale internazionale, il reclutamento, l'arruolamento o l'utilizzo nelle ostilità di bambini di età inferiore ai 15 anni da parte di forze armate nazionali o gruppi armati costituisce un crimine di guerra;
O. considerando che il parlamento del Sud Sudan sta esaminando un progetto di legge sulle organizzazioni non governative, che limiterebbe il diritto alla libertà di associazione introducendo l'obbligo di registrazione, vietando alle ONG non registrate di operare e sanzionando penalmente le attività volontarie svolte in assenza di un certificato di registrazione;
P. considerando che le scuole continuano a essere utilizzate, tra l'altro, per scopi militari, quali siti di occupazione o a fini di reclutamento; che, alla fine di febbraio 2015, le scuole utilizzate per scopi militari sarebbero state ancora trenta;
Q. considerando che, se si escludono gli aiuti dei donatori e quelli a carattere umanitario, l'economia del Sud Sudan dipende quasi interamente dal settore petrolifero, come dimostra il fatto che le esportazioni di petrolio rappresentano oltre il 70% del PIL e circa il 90% delle entrate pubbliche; che i proventi generati dall'industria petrolifera hanno alimentato violenti conflitti;
R. considerando che le attuali violenze in Sud Sudan hanno un costo umanitario insostenibile e che, secondo le stime delle Nazioni Unite, nel 2015 saranno necessari aiuti umanitari pari a 1,81 miliardi di USD; che le Nazioni Unite hanno dichiarato la situazione in Sud Sudan un'emergenza di livello 3, che corrisponde al livello più grave di crisi umanitaria;
S. considerando che, nel 2014, l'UE e i suoi Stati membri hanno fornito assistenza umanitaria per quasi 300 milioni di EUR per far fronte alla crisi umanitaria e rispondere alle urgenti necessità dei profughi del Sud Sudan nella regione;
1. esprime profonda preoccupazione per il deteriorarsi della situazione umanitaria e della sicurezza in Sud Sudan, che rischia di destabilizzare l'intera regione dell'Africa orientale; invita con urgenza tutte le parti a porre fine alla violenza e alle violazioni dei diritti umani, a formare un governo transitorio di unità nazionale e a consentire pieno accesso all'assistenza umanitaria; sollecita le parti a cessare gli attacchi sferrati contro edifici pubblici e strutture adibite all'istruzione e ad astenersi dall'utilizzare le scuole per scopi militari, incluso il reclutamento di bambini soldato; ricorda, a tale proposito, il proprio sostegno a favore degli orientamenti per prevenire l'uso militare delle scuole e delle università durante i conflitti armati;
2. esprime profonda delusione per il fatto che, dopo oltre un anno di negoziati sotto l'egida dell'IGAD, non siano stati realizzati progressi significativi; esorta tutte le parti implicate nel conflitto a raggiungere un accordo di condivisione del potere e sostiene pienamente il processo negoziale in corso, sollecitando un cessate il fuoco incondizionato, completo e immediato, la cessazione di tutte le ostilità alle stesse condizioni e la fine immediata del reclutamento e della mobilitazione dei civili; chiede che ci si adoperi per trovare il modo di conseguire la pace e la stabilità in modo duraturo; esorta il governo e i ribelli a impegnarsi in buona fede in colloqui politici incondizionati e pienamente inclusivi ai fini della conclusione positiva dei negoziati; esorta a portare avanti gli sforzi dell'UA e dell'IGAD volti a promuovere il dialogo inclusivo e la mediazione;
3. chiede che tutti i bambini reclutati dalle forze armate dall'inizio del conflitto nel dicembre 2013 siano immediatamente rilasciati e possano rientrare in sicurezza alle loro case; ricorda urgentemente a tutte le parti implicate nel conflitto che il reclutamento e l'utilizzo di bambini nell'ambito di forze e gruppi armati costituisce una grave violazione del diritto internazionale;
4. invita l'esercito di liberazione del popolo sudanese e le forze di opposizione a verificare in modo approfondito e trasparente che non vi siano più bambini tra i loro ranghi nonché a elaborare e attuare immediatamente, in collaborazione con le Nazioni Unite, un piano d'azione volto a porre fine alle gravi violazioni dei diritti dei minori;
5. ricorda l'impegno assunto nel 2009 dalle autorità del Sud Sudan, e quindi rinnovato nel 2012, a porre fine al reclutamento e all'utilizzo di bambini nel conflitto, a rilasciare tutti i bambini associati alle forze di sicurezza governative, a fornire servizi che consentano la riunificazione e la reintegrazione familiare nonché a indagare sulle gravi violazioni commesse contro i minori; deplora che questo impegno non sia stato pienamente rispettato; invita le parti ad attuare integralmente gli orientamenti stabiliti nel piano d'azione;
6. invita la Commissione a coadiuvare la mobilitazione di risorse per contribuire alla reintegrazione a lungo termine dei minori reclutati nelle forze armate e dei bambini coinvolti nel conflitto, in coordinamento con l'Ufficio del Rappresentante speciale delle Nazioni Unite per i bambini e i conflitti armati, l'Unicef e altre agenzie;
7. insiste sulla necessità di colmare il divario tra gli interventi umanitari in situazioni di crisi e la cooperazione allo sviluppo a lungo termine; ritiene in particolare che i programmi di sviluppo a lungo termine destinati a bambini implicati nei conflitti armati debbano concentrarsi segnatamente sui sistemi di protezione dei minori, sull'istruzione e sui piani di occupazione; invita la Commissione europea e gli Stati membri a intensificare la fornitura di sostegno umanitario e a garantire l'accesso alle risorse per gli agricoltori e i produttori locali;
8. esorta il Consiglio per la pace e la sicurezza dell'UA a pubblicare la relazione della commissione d'inchiesta dell'Unione africana sul Sud Sudan (AUCISS) relativa alle violazioni dei diritti umani nel paese e a dare seguito senza indugio alle conclusioni da essa emerse;
9. sottolinea che la pubblicazione della relazione costituisce un passo fondamentale verso la pace e la riconciliazione; riconosce che tutti i cittadini del Sud Sudan hanno diritto alla verità e alla giustizia e che centinaia di vittime e testimoni delle atrocità commesse hanno compiuto enormi sforzi personali per partecipare al lavoro dell'AUCISS e hanno corso spesso seri rischi personali raccontando esperienze dolorose per contribuire a un quadro più completo del conflitto;
10. chiede alla Commissione europea e al Servizio europeo per l'azione esterna di sostenere attivamente l'attuazione delle raccomandazioni formulate dalla commissione d'inchiesta, anche per quanto riguarda l'eventuale istituzione di una corte ibrida che si occupi delle atrocità commesse, come proposto dal segretario generale delle Nazioni Unite;
11. si compiace dell'adozione della risoluzione n. 2206 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che consentirebbe di imporre sanzioni mirate direttamente su coloro che sono considerati responsabili di alimentare il conflitto, e chiede che tale risoluzione trovi immediata attuazione; sottolinea la necessità di adottare un embargo globale sulle armi a livello regionale e internazionale al fine di arrestare la fornitura di armi a singoli individui e gruppi che hanno commesso gravi violazioni dei diritti umani, crimini di guerra e crimini contro l'umanità, nonché di proteggere i civili esposti a gravi rischi;
12. esorta il governo del Sud Sudan a condurre indagini rapide, accurate, imparziali e indipendenti sulle violazioni dei diritti umani affinché gli individui sospettati di aver commesso crimini ai sensi del diritto internazionali e gravi violazioni dei diritti umani (inclusi il sequestro e il reclutamento di minori nei conflitti armati e la violenza sessuale nei confronti di donne e bambini) siano perseguiti e chiamati a rispondere delle loro azioni;
13. ricorda il protocollo dell'IGAD del 25 agosto 2014 in cui si afferma espressamente che gli individui riconosciuti dalla commissione d'inchiesta dell'Unione africana sul Sud Sudan come responsabili di gravi crimini non saranno ammessi a partecipare al governo di transizione;
14. esorta il governo del Sud Sudan a mettere a punto con urgenza gli emendamenti legislativi che configurano come reato il reclutamento e lo sfruttamento di minori, ad avvalersi di tale legislazione per perseguire gli autori di reati, a finalizzare l'attuazione degli accordi internazionali, incluso il protocollo opzionale alla Convenzione sui diritti del fanciullo del 2002, e ad aderire allo Statuto di Roma della Corte penale internazionale;
15. invita il governo del Sud Sudan a respingere la legislazione che limiterebbe i settori in cui le ONG e le associazioni possono svolgere le loro attività, in quanto ciò potrebbe inibire seriamente lo sviluppo della società e gli sforzi di soccorso umanitario;
16. esorta il governo del Sud Sudan ad adempiere la sua responsabilità di sopperire ai bisogni della popolazione e incoraggia i donatori internazionali a intensificare lo sforzo di aiuto e, data la portata e l'urgenza delle necessità, esorta la comunità internazionale a convocare una nuova conferenza internazionale dei donatori per il Sud Sudan una volta che saranno soddisfatte tutte le condizioni per la pace e che sarà istituito un meccanismo per la corretta distribuzione dei proventi;
17. sollecita una gestione responsabile delle risorse naturali del Sud Sudan per assicurare che gli introiti del petrolio non alimentino il conflitto; invita le parti negoziali a includere nei colloqui di pace e nell'eventuale accordo finale la questione della trasparenza e del controllo pubblico del settore petrolifero, in modo da consentire che il reddito proveniente da tale risorsa sia utilizzato per lo sviluppo sostenibile del paese e per migliorare il tenore di vita della sua popolazione;
18. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al governo del Sud Sudan, al Commissario per i diritti umani del Sud Sudan, all'Assemblea legislativa nazionale del Sud Sudan, alle istituzioni dell'Unione africana, all'Autorità intergovernativa per lo sviluppo, ai copresidenti dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE e al Segretario generale delle Nazioni Unite.
– vista la "Land Transparency Initiative" (iniziativa sulla trasparenza fondiaria) lanciata dal G8 nel 2013,
– visti il quadro e gli orientamenti di politica fondiaria in Africa (ALPFG) dell'Unione africana, il quadro strategico dell'Unione africana per la pastorizia in Africa: "Policy Framework for Pastoralism in Africa: Securing, Protecting and Improving the Lives, Livelihoods and Rights of Pastoralist Communities", adottato dalla conferenza dei ministri africani dell'agricoltura tenutasi nell'ottobre 2010 e approvato dalla 18a sessione ordinaria del Consiglio esecutivo, tenutasi ad Addis Abeba nel gennaio 2011 (doc. EX.CL/631 XVIII), nonché la dichiarazione del 2009 dell'Unione africana sulle sfide e le questioni fondiarie in Africa,
– visti la Dichiarazione del vertice mondiale sulla sicurezza alimentare, approvata a Roma nel 2010, i principi sugli investimenti agricoli responsabili nel rispetto dei diritti, dei mezzi di sussistenza e delle risorse (PRAI), le linee guida volontarie dell'Organizzazione per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO) sulla gestione responsabile della terra, dei territori di pesca e delle foreste nel contesto della sicurezza alimentare nazionale,
– visti i principi guida sugli investimenti fondiari su larga scala in Africa dell'Unione africana, della Banca africana di sviluppo e della Commissione economica per l'Africa,
– vista la relazione del relatore speciale delle Nazioni Unite per il diritto all'alimentazione, Olivier De Schutter, dell'11 giugno 2009, dal titolo "Large-scale land acquisitions and leases: a set of core principles and measures to address the human rights challenge" (Acquisizioni e locazioni terriere su larga scala: un insieme di principi e misure fondamentali per affrontare la sfida dei diritti umani),
– vista la dichiarazione del Millennio dell'8 settembre 2000 che definisce gli obiettivi di sviluppo del millennio (OSM), in particolare gli obiettivi 1, 3 e 7,
– vista la relazione del 2014 sugli obiettivi di sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite,
– vista la relazione della Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile svoltasi a Rio de Janeiro, Brasile, dal 20 al 22 giugno 2012,
– visti lo studio del programma delle Nazioni Unite per gli insediamenti umani (UN-Habitat) intitolato "Secure Land Rights for All" (Diritti fondiari sicuri per tutti) del 2008 e la guida UN-Habitat dal titolo "How to Develop a Pro-Poor Land Policy: Process, Guide and Lessons" (Come elaborare una politica fondiaria favorevole ai poveri: processo, guida e lezioni),
– viste la dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni (UNDRIP) e la convenzione n. 169 del 1989 sui popoli indigeni e tribali dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL),
– viste la legge n. 5 del 1999 sui terreni dei villaggi e la legge del 1982 sull'amministrazione locale della Repubblica unita della Tanzania,
– visti gli orientamenti dell'UE del 2004 a sostegno dell'elaborazione di una politica fondiaria e dei programmi nei paesi in via di sviluppo,
– vista la dichiarazione della Commissione del 9 aprile 2014 sull'istituzione di un nuovo programma per l'importo di 33 000 000 di EUR finalizzato a migliorare la gestione fondiaria e la sicurezza alimentare e nutrizionale delle aziende agricole a conduzione familiare e delle comunità vulnerabili nell'Africa subsahariana,
– visti i principi guida delle Nazioni Unite in materia di imprese e diritti umani del 2011,
– vista la risoluzione sulle conseguenze sociali e ambientali della pastorizia nei paesi ACP approvata dall'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE nel novembre 2013 (ACP-EU/101.526/13/fin),
– visto lo studio del 2015 sull'impatto dell'accaparramento dei terreni sui diritti umani (Addressing the Human Rights Impact of Land Grabbing) commissionato dalla sua sottocommissione per i diritti dell'uomo,
– visto l'accordo di Cotonou riveduto,
– vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo,
– vista la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli,
– visti l'articolo 135, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che le sfide principali del ventunesimo secolo, ossia la sicurezza alimentare, le scarse risorse energetiche e idriche, l'aumento demografico e l'espansione dei centri urbani, il degrado ambientale, il cambiamento climatico, le calamità naturali e la fragilità dello Stato, sono strettamente correlate ai temi della gestione dei terreni, il che accresce il bisogno di dare priorità a una riforma fondiaria globale e alla garanzia dei diritti fondiari;
B. considerando che le autorità della Tanzania hanno annunciato un piano che prevede la vendita di 1 500 chilometri quadrati di terre masai nel Serengeti occidentale a una società privata di caccia e safari con sede negli Emirati arabi uniti; che tale piano implica l'espulsione di 40 000 masai dediti alla pastorizia;
C. considerando che, grazie alle pressioni internazionali, il presidente della Tanzania Jakaya Kikwete ha dichiarato nel novembre 2014 di aver abbandonato il piano e si è impegnato a non costringere i masai a lasciare le loro terre ancestrali; che, nonostante le promesse, migliaia di masai sono stati illegalmente espulsi dalle loro terre; che, secondo notizie recenti, oltre 200 abitazioni sarebbero state distrutte e il bestiame confiscato dalle autorità della Tanzania, lasciando oltre 3 000 persone senza casa né rifugio;
D. considerando che la storia dei masai della Tanzania è costellata di lunghe battaglie su aspre controversie con le autorità tanzaniane inerenti la proprietà fondiaria, sin dal 1992, quando alla Ortello Business Corporation (OBC), di proprietà straniera, sono stati concessi i diritti di caccia all'interno della Game Control Area di Loliondo, che è abitata e di proprietà di pastori masai;
E. considerando che la petizione della comunità masai del distretto di Ngorongoro è stata firmata online sulla piattaforma AVAAZ da oltre 2 milioni di persone in tutto il mondo;
F. considerando che gli investitori privati e i governi hanno mostrato un interesse crescente per l'acquisizione o la locazione a lungo termine di ampie superfici terriere ai fini della produzione alimentare, energetica o dell'estrazione mineraria, soprattutto nei paesi in via di sviluppo dell'Africa, in particolare in Tanzania;
G. considerando che tra il 2005 e il 2008 la Tanzania ha assistito a un significativo aumento dell'interesse straniero e interno per la realizzazione nel paese di piantagioni per biocarburante su vasta scala, quando agli investitori furono assegnati circa 640 000 ettari di terra, privando i contadini e le famiglie rurali delle loro terre e dei mezzi di sostentamento e incrementando la loro insicurezza alimentare;
H. considerando che, secondo le stime, 1,4 miliardi di ettari nel mondo sono disciplinati da norme consuetudinarie; che l'accesso alla terra per le popolazioni indigene si è dotato di specifiche forme di tutela ai sensi della convenzione n. 169 dell'OIL e della dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni, mentre l'articolo 10 di quest'ultima garantisce il diritto di non essere costretti ad abbandonare i propri territori o terre e stabilisce che non possa esservi alcun ricollocamento senza previo consenso, libero e informato, delle popolazioni indigene, e a seguito della conclusione di un accordo che definisca un risarcimento giusto ed equo nonché, ove possibile, l'opzione del ritorno;
I. considerando che le acquisizioni terriere su vasta scala possono essere definite a norma della dichiarazione di Tirana del 2011 come "accaparramento di terreni" quando trovano applicazione una o più delle seguenti condizioni: vi è una evidente violazione dei diritti umani; lo sfollamento delle comunità locali interessate viene eseguito senza il previo consenso libero e informato; non è basato su contratti trasparenti o si riscontra un impatto sociale, economico e ambientale negativo;
J. considerando che, secondo la Banca africana di sviluppo, il 75% della popolazione della Tanzania è costituita da piccoli agricoltori; che le comunità pastorali vivono bene e in armonia con la fauna selvatica protetta e rappresentano circa il 10% della popolazione tanzaniana, compresi i masai, anche se continuano a subire enormi perdite di terreni a causa della vendita di terre senza conoscere adeguatamente le conseguenze legali e pratiche, dell'assegnazione illecita e basata sulla corruzione di terre a stranieri, e della classificazione dei terreni come suolo fiduciario, riserve e parchi nazionali da parte delle autorità;
K. considerando che l'articolo 17 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo riconosce il diritto di tutti alla proprietà a titolo individuale o in associazione con altri e stabilisce che nessuno può essere privato arbitrariamente della sua proprietà;
L. considerando che società internazionali, incluse società europee, hanno svolto un ruolo significativo nelle acquisizioni di terra su vasta scala in Tanzania, e che enti finanziari internazionali hanno partecipato al finanziamento di compravendite fondiarie su vasta scala nel paese;
M. considerando che il quadro e gli orientamenti di politica fondiaria in Africa invitano a rispettare i diritti umani delle comunità, ivi incluso il rispetto dei diritti fondiari consuetudinari e le risorse connesse al suolo;
N. considerando che nel maggio 2014 l'UE ha avviato un nuovo programma per rafforzare la gestione fondiaria e contribuire a migliorare la sicurezza alimentare e nutrizionale delle aziende agricole a conduzione famigliare e delle comunità vulnerabili nei paesi africani;
1. condanna fermamente lo sfollamento illecito delle comunità rurali locali, la distruzione dei loro villaggi e del loro modo di vivere tradizionale, così come la violazione dei loro diritti umani fondamentali, ivi incluso il diritto a una alimentazione adeguata, il diritto all'acqua e ad alloggi adeguati;
2. condanna in particolare le azioni che non riconoscono la legittimità degli accordi fondiari di origine consuetudinaria che conferiscono diritti legali agli individui e alle comunità, e impediscono l'espropriazione e gli abusi in materia di diritto fondiario, e che sono diffusi soprattutto tra le comunità africane;
3. invita il governo della Tanzania ad attuare immediatamente le VGGT e a provvedere all'effettiva rivendicabilità dei diritti ivi stabiliti; a sostenere il primo principio fondamentale dei principi guida sugli investimenti fondiari su larga scala in Africa, che include il rispetto dei diritti umani delle comunità e i diritti fondiari consuetudinari e contribuisce alla governance responsabile delle terre e delle risorse fondiarie conformemente allo Stato di diritto; a migliorare i diritti fondiari a favore delle donne, che rappresentano almeno la metà della forza lavoro nell'agricoltura e nel commercio, anche se i loro diritti di proprietà e i servizi che corredano tali diritti (ad esempio l'accesso alle banche e la partecipazione ad associazioni) restano limitati, nonché i diritti fondiari a favore delle comunità vulnerabili e dei gruppi sociali, come le comunità pastorali;
4. chiede l'avvio di un'indagine indipendente per quanto concerne le controversie fondiarie di Loliondo;
5. esorta il governo della Tanzania a promuovere politiche d'investimento agricolo che vadano a vantaggio della popolazione locale nelle regioni interessate, a rispettare e applicare le sue politiche in materia di valutazioni d'impatto sociale e ambientale, comprese le valutazioni dell'impatto sulla produzione alimentare locale, prima dell'avvio di qualsiasi progetto d'investimento e a rispettare debitamente le disposizioni in materia di consultazione e compensazione in caso di esproprio dei terreni;
6. ricorda in particolare che, a norma del diritto internazionale, i popoli indigeni sono beneficiari di forme specifiche di tutela dei propri diritti fondiari; sottolinea, in linea con la dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni, che i cambiamenti di destinazione dei terreni non dovrebbero mai avere luogo senza il previo consenso libero e informato delle comunità locali interessate; insiste sul fatto che gli Stati devono predisporre meccanismi efficaci per la prevenzione e la correzione di qualsiasi azione che abbia lo scopo o l'effetto di espropriare i popoli indigeni dei loro terreni, territori o risorse;
7. esprime preoccupazione per la mancanza di informazioni precise e per la segretezza che circonda numerosi investimenti in Tanzania; chiede alla Commissione di incoraggiare le autorità a garantire che le compravendite fondiarie siano condotte in modo pubblico e trasparente e siano adattate agli allevatori nomadi o alle persone dedite alla pastorizia;
8. invita la Commissione, in particolare, a dialogare attivamente con le autorità della Tanzania al fine di incoraggiarle vivamente a procedere a un riconoscimento giuridicamente vincolante e codificato dei diritti dei masai, con particolare riferimento alle loro terre ancestrali, fornendo così la tutela giuridica necessaria per evitare future controversie;
9. sottolinea che conseguire la sicurezza del regime di proprietà per le comunità rurali è essenziale ai fini della realizzazione degli obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM); invita l'UE a potenziare lo sviluppo delle capacità dei tribunali dei paesi in via di sviluppo al fine di applicare in modo efficace le leggi sulla proprietà e di risolvere le controversie sui terreni nell'ambito di un approccio universale, volto a consolidare i sistemi giudiziari e lo Stato di diritto;
10. ricorda che i progetti di ampia scala causano frequentemente gravi danni all'ambiente naturale, compresa la distruzione delle foreste, la perdita di biodiversità e la contaminazione delle acque;
11. chiede alla Commissione di assicurare l'allineamento dei suoi orientamenti di politica fondiaria alle VGGT e dare loro maggior rilievo attraverso i suoi programmi di cooperazione allo sviluppo, le politiche commerciali e di investimento e il suo coinvolgimento nelle istituzioni finanziarie multilaterali;
12. ribadisce che i diritti umani e le norme che vietano l'accaparramento dei terreni dovrebbero essere integrati negli accordi commerciali e d'investimento dell'UE, compreso il sistema di preferenze generalizzate (SPG);
13. sottolinea l'importanza della totale trasparenza e attendibilità delle operazioni delle società e degli istituti finanziari dell'UE relative agli investimenti agricoli e alle acquisizioni di terreni su vasta scala in Tanzania, e chiede l'istituzione di un meccanismo UE rigoroso ed efficace per controllare tali operazioni;
14. invita la Commissione a presentare al Parlamento una relazione sulla spesa relativa ai programmi di sviluppo e al bilancio dell'UE connesso alla gestione fondiaria, con l'obiettivo di garantire che tali programmi promuovano i diritti umani e affrontino le sfide legate all'accaparramento dei terreni;
15. sottolinea che i processi di politica fondiaria devono riconoscere in modo effettivo il ruolo delle istituzioni e delle strutture locali e territoriali di gestione/amministrazione fondiaria, insieme a quelle statali;
16. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, all'Unione africana nonché al governo e al parlamento della Tanzania.
Assassinio del leader di opposizione russo Boris Nemtsov e lo stato della democrazia in Russia
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Risoluzione del Parlamento europeo del 12 marzo 2015 sull'assassinio del leader di opposizione russo Boris Nemcov e sullo stato della democrazia in Russia (2015/2592(RSP))
– viste le sue precedenti relazioni e risoluzioni sulla Russia, in particolare le risoluzioni del 23 ottobre 2012 sull'applicazione di restrizioni comuni in materia di visti ai funzionari russi coinvolti nel caso Sergej Magnitskij(1), del 13 giugno 2013 sullo Stato di diritto in Russia(2), del 13 marzo 2014 sulla Russia: condanna dei manifestanti coinvolti nei fatti di Piazza Bolotnaja(3), del 23 ottobre 2014 sulla chiusura della ONG "Memorial" (vincitrice del premio Sacharov 2009) in Russia(4), nonché del 15 gennaio 2015 sulla Russia, in particolare il caso di Aleksej Naval'nyj(5),
– vista la dichiarazione sull'omicidio di Boris Nemcov rilasciata il 28 febbraio 2015 dal vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR) Federica Mogherini,
– vista la dichiarazione resa dal VP/AR il 4 marzo 2015 sul protrarsi della detenzione di Nadija Savčenko,
– vista la dichiarazione del portavoce del VP/AR, rilasciata il 3 marzo 2015, sul rifiuto di consentire l'ingressi del deputato al Parlamento europeo Sandra Kalniete nel territorio della Federazione russa,
– vista la dichiarazione del mediatore per i diritti umani della Federazione russa, Vladimir Lukin, del 4 marzo 2014, sulle manifestazioni pubbliche a Mosca e sui provvedimenti adottati dalle autorità preposte all'applicazione della legge,
– viste le consultazioni UE-Russia in materia di diritti umani del 28 novembre 2013,
– visti il vigente accordo di partenariato e di cooperazione (APC) che istituisce un partenariato tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Federazione russa, dall'altra, e i negoziati per un nuovo accordo UE-Russia, che sono stati sospesi,
– visto l'articolo 123, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,
A. considerando che Boris Nemcov, ex vice primo ministro della Federazione russa, ex governatore di Nižnij Novgorod, riformista di primo piano della società e dell'economia nella Russia post-sovietica e uno dei leader dell'opposizione liberale e democratica russa, è stato assassinato nei pressi del Cremlino due giorni prima di una manifestazione contro gli effetti della crisi economica e il conflitto in Ucraina, in programma il 1° marzo 2015 e da lui organizzata;
B. che nelle settimane precedenti al suo omicidio Boris Nemcov stava indagando sulla partecipazione della Russia al conflitto nel Donbas e intendeva pubblicare una relazione al riguardo; che per l'omicidio di Boris Nemcov sono stati arrestati cinque uomini, anche se non è chiaro se sia stato uno di essi a sparare i colpi fatali; che le autorità russe non hanno consentito l'ingresso nella Federazione russa ad alcuni deputati al Parlamento europeo e ad alcune delegazioni nazionali, impedendo loro di partecipare alle esequie di Boris Nemcov;
C. considerando che Boris Nemcov era uno strenuo fautore di una Federazione russa moderna, prospera e democratica aperta al mondo;
D. considerando che la Federazione russa, quale membro a pieno titolo del Consiglio d'Europa e dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) e quale firmataria della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, si è impegnata a osservare i principi universali della democrazia, dello Stato di diritto e del rispetto delle libertà fondamentali e dei diritti umani;
E. considerando che la situazione dei diritti umani in Russia ha subito un costante peggioramento negli ultimi anni e che le autorità russe hanno adottato una serie di leggi contenenti disposizioni ambigue, utilizzate per imporre ulteriori restrizioni ai membri dell'opposizione e agli attori della società civile e ostacolare le libertà di espressione e di riunione; che il ministro della Giustizia si è avvalso dei poteri di recente introduzione per classificare 42 gruppi come "agenti stranieri", tra cui le organizzazioni per i diritti umani più autorevoli e qualificate del paese, e si è servito di pretesti burocratici per tentare di far cessare l'attività di diversi altri gruppi; che nel gennaio 2015 la Duma ha compiuto i primi passi verso l'approvazione di una nuova legge che proibirebbe le attività di organizzazioni estere "sgradite";
F. considerando che in numerose occasioni il Parlamento ha espresso preoccupazione per lo stato della democrazia in Russia e per il sistematico mancato rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali; che la Russia non rispetta lo Stato di diritto, le norme in materia di procedimenti giudiziari equi, il giusto processo e l'indipendenza del potere giudiziario; che le ultime elezioni presidenziali e della Duma di Stato non hanno rispettato le norme dell'OSCE;
G. considerando che negli ultimi anni diversi processi e procedimenti giudiziari, tra cui i casi Naval'nyj, Magnitskij, Chodorkovskij e Politkovskaja, hanno sollevato dubbi circa l'indipendenza e l'imparzialità delle istituzioni giudiziarie della Federazione russa; che tali casi di alto profilo sono solo i più conosciuti al di fuori della Russia e si inscrivono nella sistematica inosservanza dello Stato di diritto da parte dello Stato russo e nella sua costante incapacità di garantire la giustizia ai propri cittadini;
H. considerando che si rivela sempre più necessario che l'UE adotti una politica unitaria, risoluta, coerente e globale nei confronti della Russia, appoggiata da tutti gli Stati membri, nell'ambito della quale il sostegno e l'assistenza siano accompagnati da critiche ferme e giuste sulla base dei valori universali che sia l'UE sia la Russia si sono impegnate a rispettare;
I. considerando che l'UE, mediante il partenariato per la modernizzazione, ha offerto a più riprese assistenza e competenze alla Russia affinché questa rafforzi lo Stato di diritto, rispetti i suoi obblighi internazionali e sviluppi pienamente il suo potenziale economico;
J. considerando che il 19 febbraio 2015 il leader di opposizione russo Aleksej Naval'nyj è stato condannato a 15 giorni di carcere per aver distribuito volantini riguardanti una manifestazione futura; che il 30 dicembre 2014 un tribunale ha condannato Aleksej Naval'nyj a tre anni e mezzo di reclusione con sospensione della pena e suo fratello Oleg Naval'nyj a tre anni e mezzo di carcere;
K. considerando che il 4 marzo 2015 un tribunale di Mosca ha respinto un nuovo ricorso presentato da Nadija Savčenko contro la sua detenzione illegale da parte della Federazione russa, nel quale si appellava all'immunità di cui gode in quanto membro dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa (PACE); che il 4 marzo 2015 Nadija Savčenko osservava lo sciopero della fame già da 82 giorni e che, dopo un periodo così prolungato, rischia danni permanenti per la salute o perfino la morte;
L. considerando che sono trascorsi sei mesi dal rapimento del funzionario di polizia estone Eston Kohver da parte dei servizi di sicurezza russi sul territorio dell'Estonia, in violazione del diritto internazionale; che Eston Kohver continua a essere detenuto illegalmente nel carcere di Lefortovo, a Mosca; che non gli viene fornita un'assistenza legale adeguata, gli è negato il diritto a un giusto processo e gli è stata ordinata una perizia psichiatrica ingiustificata i cui particolari restano ignoti;
M. considerando che il Fondo europeo per la democrazia si sta occupando della questione della pluralità dei mezzi d'informazione russi e che è invitato, insieme ai suoi partner, a mettere a punto nuove iniziative in questo ambito;
N. considerando che sono ancora in mani russe i rottami e le scatole nere dell'aereo del governo polacco Tu-154, schiantatosi nei pressi di Smolensk nell'aprile 2010 provocando la morte del presidente polacco e di membri di spicco degli ambienti politici, militari e culturali; che le autorità russe rifiutano di restituirli alla Polonia nonostante le numerose richieste avanzate;
1. condanna fermamente l'assassinio di Boris Nemcov (l'omicidio politico più grave nella storia recente della Russia), il quale è stato ucciso a colpi d'arma da fuoco nei pressi del Cremlino, in una zona sorvegliata da videocamere e presidiata da polizia e servizi di sicurezza;
2. rende omaggio a Boris Nemcov, leader di primo piano dell'opposizione, fondatore e leader del movimento politico Solidarnost' e principale critico del presidente Vladimir Putin e della guerra in Ucraina, che ha dedicato la sua vita alla realizzazione di una Russia più democratica, prospera e aperta e alla creazione di forti partenariati tra la Russia e i suoi vicini e partner; esprime le sue sincere condoglianze ai familiari e agli amici di Boris Nemcov, ai membri dell'opposizione e al popolo russo; condanna la decisione della leadership russa di impedire ad alcuni diplomatici dell'UE e a talune delegazioni nazionali di partecipare ai funerali di Nemcov, negando in tal modo all'Unione la possibilità di rendere omaggio ai coraggiosi cittadini russi che sostengono i valori universali;
3. sottolinea che questo omicidio si aggiunge al crescente numero di morti sospette e di omicidi irrisolti di matrice politica avvenuti in Russia dal 1998, compresi quelli della giornalista d'inchiesta Anna Politkovskaja, di Aleksandr Litvinenko, presumibilmente assassinato nel Regno Unito, dell'avvocato Stanislav Markelov, della giornalista Anastasija Baburova, del difensore dei diritti umani Natal'ja Estemjrova, dell'avvocato Sergej Magnitskij e ora del politico Boris Nemcov;
4. prende atto dell'arresto di cinque sospetti di origine cecena annunciato dalle autorità russe;
5. chiede che sia condotta un'indagine internazionale indipendente sull'omicidio; è del parere che gli strumenti disponibili nel quadro dell'OSCE, del Consiglio d'Europa e delle Nazioni Unite contribuirebbero a garantire un'indagine imparziale ed equa;
6. chiede al Consiglio, alla Commissione e agli Stati membri di tenere conto, in sede di definizione della futura politica nei confronti della Russia, del fatto che il clima politico creato dalle autorità russe ha costituito un terreno fertile per tali omicidi, violenze e pressioni; è preoccupato dall'atmosfera di odio, cresciuto in Russia negli ultimi anni, nei confronti degli attivisti dell'opposizione, dei difensori dei diritti umani, delle minoranze e delle nazioni limitrofe, istigato dalla propaganda di Stato e dai mezzi di comunicazione ufficiali nel contesto di una cultura politica che si discosta dai principi democratici;
7. invita le autorità della Federazione russa a porre fine alla vergognosa guerra di propaganda e di informazione nei confronti dei paesi vicini, del mondo occidentale e della stessa popolazione russa, guerra che sta trasformando la Russia in uno Stato caratterizzato da repressione, incitamento all'odio e paura, dove l'euforia nazionalista trova fondamento nell'annessione della Crimea e nell'aggravarsi del conflitto in Ucraina, dove i diritti dei tatari di Crimea vengono violati e dove il Cremlino, in violazione del diritto internazionale, accende e provoca odio e scontri; condanna la nuova guerra di propaganda condotta contro i valori democratici e fondamentali, che vengono presentati come estranei alla società russa; ricorda che sia l'Unione europea che la Federazione russa si sono impegnate, in numerosi trattati e dichiarazioni internazionali, a tutelare i valori democratici e i diritti fondamentali universali; sottolinea l'importanza della presenza di forze di opposizione politica al fine di assicurare un uno scambio di opinioni e di idee e un dibattito costanti in campo politico e nell'ambito delle procedure legislative in Russia;
8. esorta le autorità russe a porre fine a tutte le pressioni, le azioni repressive e le intimidazioni di natura politica e giudiziaria nei confronti dei leader dell'opposizione, dei rappresentanti della società civile e dei media indipendenti, consentendo loro di agire liberamente in linea con i principi di base della Costituzione russa;
9. esprime profonda preoccupazione per il mancato rispetto, da parte della Russia, degli obblighi giuridici internazionali ad essa incombenti in quanto membro delle Nazioni Unite, del Consiglio d'Europa e dell'OSCE, nonché dei diritti umani fondamentali e dello Stato di diritto; ritiene che la Federazione russa dovrebbe osservare gli obblighi che ha sottoscritto; deplora che i recenti sviluppi dimostrino che la Russia si è mossa in una direzione opposta a quella di una democrazia funzionante, la quale è caratterizzata, tra l'altro, dal rispetto dell'opposizione, dallo Stato di diritto e dall'indipendenza del sistema giudiziario;
10. deplora profondamente che le autorità russe non abbiano risposto alle critiche formulate, tanto all'interno della Federazione russa quanto a livello internazionale, in merito alla legge sugli agenti stranieri e che abbiano invece adottato emendamenti che limitano ulteriormente le possibilità per le organizzazioni non commerciali di svolgere le loro attività e che sono per loro natura discriminatori; invita fermamente la Russia a rivedere la legislazione pertinente al fine di rispettare i propri obblighi internazionali in materia di diritti umani e libertà democratiche;
11. si compiace della decisione della Corte suprema del 28 gennaio 2015 di respingere il ricorso presentato dal ministero della Giustizia che chiedeva la chiusura dell'associazione russa "Memorial" asserendo l'esistenza di violazioni nella sua struttura organizzativa, e chiede che le altre ONG iscritte nell'elenco degli "agenti stranieri" siano rimosse da tale lista;
12. invita le autorità russe a rilasciare immediatamente tutti i prigionieri politici riconosciuti;
13. invita le autorità russe a rilasciare con urgenza Nadija Savčenko, rapita nel territorio ucraino e al momento detenuta illegalmente in un carcere russo, e a rispettare la sua immunità in quanto membro della Verkhovna Rada (il parlamento ucraino) e dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa; sottolinea che la Russia è responsabile dello stato di salute estremamente fragile in cui versa; esprime profonda preoccupazione per le sue condizioni di salute ed esorta le autorità giudiziarie russe ad applicare il diritto umanitario;
14. condanna il sequestro del funzionario di polizia Eston Kohver, prelevato dal territorio estone e portato in Russia; chiede il suo rilascio immediato e il suo ritorno in Estonia in condizioni di sicurezza;
15. ritiene che la Russia continui a essere un importante attore globale e che sia nell'interesse strategico tanto dell'Unione europea quanto della Russia attenuare rapidamente le tensioni e ripristinare le relazioni attraverso la diplomazia e la mediazione, purché ciò avvenga nel rispetto del diritto internazionale e degli impegni assunti nel quadro dell'OSCE;
16. esprime il suo sostegno alle forze democratiche in Russia, che sono schierate a favore di una società aperta e di un programma riformista;
17. esorta il Consiglio a definire una politica unitaria nei confronti della Russia in base alla quale i 28 Stati membri e le istituzioni dell'Unione europea si impegnino a mandare un forte messaggio comune sul ruolo dei diritti umani nelle relazioni UE-Russia e sulla necessità di porre fine alle repressioni contro la libertà di espressione, di riunione e di associazione in Russia; è del parere che la strategia dell'Unione debba avere il fine di indurre la Russia a rispettare appieno i principi dell'OSCE e di motivare la leadership russa a far uscire il paese dal proprio autoisolamento politico ed economico;
18. esorta il VP/AR, con il sostegno del SEAE e della Commissione, a elaborare un programma di sostegno più ambizioso a favore della società civile russa in Russia e nella Crimea occupata e a individuare e creare nuove opportunità per avviare un dialogo con essa al fine di promuovere i valori della democrazia, i diritti umani e lo Stato di diritto; invita l'UE, in relazione all'attuale fase di programmazione degli strumenti finanziari dell'Unione, a incrementare la sua assistenza finanziaria a favore della società civile russa attraverso lo Strumento europeo per la democrazia e i diritti umani nonché i finanziamenti destinati alle organizzazioni della società civile e agli enti locali, come pure a includere il Forum della società civile UE-Russia nello strumento di partenariato al fine di garantire un sostegno a lungo termine sostenibile e credibile;
19. ribadisce la sua preoccupazione, già espressa in precedenti risoluzioni, per la mancata cooperazione delle autorità russe nelle indagini indipendenti e internazionali sull'abbattimento del volo MH17; sottolinea con forza che l'amnistia prevista dall'accordo di Minsk non può applicarsi ai responsabili di tale crimine e che pertanto essi non hanno diritto ad alcuna amnistia;
20. chiede alle autorità russe di restituire immediatamente i rottami dell'aereo del governo polacco Tu-154 e tutte le sue scatole nere alla Polonia; sottolinea il fatto che il livello di dipendenza del sistema giudiziario russo nei confronti delle autorità compromette qualsiasi indagine imparziale e onesta;
21. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al Consiglio, alla Commissione, al Consiglio d'Europa, all'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa nonché al presidente, al governo e al parlamento della Federazione russa.
Relazione annuale dell'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza al Parlamento europeo
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Risoluzione del Parlamento europeo del 12 marzo 2015 sulla relazione annuale dell'alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza al Parlamento europeo (2014/2219(INI))
– vista la relazione annuale del Consiglio al Parlamento europeo sulla politica estera e di sicurezza comune (12094/14),
– visti gli articoli 21 e 36 del trattato sull'Unione europea,
– visto l'accordo interistituzionale del 2 dicembre 2013 tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sulla disciplina di bilancio, sulla cooperazione in materia di bilancio e sulla sana gestione finanziaria,
– vista la dichiarazione dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza/vicepresidente della Commissione (AR/VP) sulla responsabilità politica,
– visti gli impegni assunti dall'AR/VP Federica Mogherini nella sua audizione alla commissione per gli affari esteri del 6 ottobre 2014,
– visti l'articolo 52 e l'articolo 132, paragrafo 1, del suo regolamento,
– visti la relazione della commissione per gli affari esteri e il parere della commissione per i bilanci (A8-0039/2015),
Affrontare un mutato contesto politico e di sicurezza
1. sottolinea il drastico peggioramento del contesto della sicurezza in tutta l'UE, in particolare nelle sue immediate vicinanze, in cui l'ordine internazionale basato sul diritto, la stabilità e la sicurezza dell'Europa sono sollecitati a livelli senza precedenti fin dall'inizio dell'integrazione europea; mette in risalto la trasformazione in corso dell'ordine politico mondiale;
2. esprime preoccupazione per il fatto che l'Unione europea, a causa anche della sua crisi interna, non sia stata sinora in grado di utilizzare appieno il proprio potenziale per delineare il contesto politico e di sicurezza internazionale, e che la mancanza di coordinamento e di coerenza programmatici tra le politiche dell'UE, come pure le restrizioni finanziarie, pongano ulteriori vincoli all'influenza dell'Europa nel mondo e alla sua capacità di porsi quale garante della sicurezza a livello regionale e globale, contribuendo alla prevenzione dei conflitti e alla gestione delle crisi;
3. è del parere che i compiti prioritari della politica estera e di sicurezza dell'UE siano i seguenti:
—
proteggere i valori e gli interessi europei e far rispettare l'ordine politico e giuridico in Europa, ripristinando e salvaguardando la pace e la stabilità;
—
migliorare il contributo dell'Unione alla difesa territoriale dei suoi Stati membri e alla sicurezza dei cittadini, rafforzando la sua capacità di difendersi dalle minacce cui è confrontata, come ad esempio il terrorismo, il traffico di armi, di droga e di esseri umani;
—
favorire la sicurezza, la democratizzazione, lo Stato di diritto e lo sviluppo economico e sociale nei paesi vicini dell'UE;
—
assumere un ruolo guida nella risoluzione dei conflitti, anche attraverso il mantenimento e l'imposizione della pace nell'ambito della PSDC;
—
rafforzare, in collaborazione con i partner, l'ordine politico, economico e finanziario globale pluralistico e fondato sulle regole, compreso il rispetto dello Stato di diritto e dei diritti umani, nonché
—
migliorare le strutture interne e i metodi di lavoro dell'UE onde rafforzare la sua resilienza e consentirle di liberare il suo pieno potenziale quale attore globale;
L'UE come attore credibile
4. ritiene che una politica estera dell'Unione ambiziosa ed efficace debba basarsi su una visione condivisa degli interessi, dei valori e degli obiettivi europei chiave in materia di relazioni esterne, nonché su una percezione comune delle minacce contro l'UE nel suo insieme; accoglie con favore l'impegno dell'AR/VP, sulla base del mandato conferito dal Consiglio europeo nel dicembre 2013, ad avviare in via prioritaria un processo di riflessione strategica sulla politica estera e di sicurezza dell'UE, che dovrebbe coinvolgere una vasta gamma di attori, tra cui gli Stati membri, le istituzioni europee e l'opinione pubblica europea; insiste sul fatto che questa riflessione dovrebbe condurre a una nuova strategia europea in materia di sicurezza che tenga conto dei cambiamenti geopolitici intervenuti di recente e possa quindi fornire una risposta a nuove sfide e minacce;
5. sottolinea l'obbligo assunto dagli Stati membri con la ratifica del trattato sull'Unione europea di sostenere attivamente e senza riserve la politica estera e di sicurezza dell'UE in uno spirito di lealtà e solidarietà reciproca, in linea con l'articolo 24, paragrafo 3, del TUE;
6. insiste sul fatto che le risorse politiche, economiche, finanziarie e della difesa dell'Unione europea e dei suoi Stati membri devono essere rafforzate e combinate per rendere massima l'influenza dell'UE nel mondo, produrre sinergie e assicurare la pace e la stabilità in Europa e nel suo vicinato; evidenzia che una migliore cooperazione tra gli Stati membri in termini di politica estera e di sicurezza può portare a significativi risparmi di spesa;
7. sottolinea che l'assistenza finanziaria esterna offerta dall'UE e dai suoi Stati membri necessita di essere riorientata e utilizzata in modo più efficiente, in linea con le priorità strategiche concordate congiuntamente; chiede che l'UE adotti misure supplementari allo scopo di rafforzare la visibilità, la coerenza e l'efficacia della sua assistenza; è del parere che tutti i settori di assistenza dell'UE, sia che si tratti di aiuti allo sviluppo o di aiuti d'urgenza e umanitari, debbano essere coordinati e coerenti; invita la Commissione, il SEAE e gli Stati membri a garantire un controllo efficace dell'assistenza finanziaria per assicurare il raggiungimento degli obiettivi; richiama le relazioni della Corte dei conti europea che hanno riscontrato anomalie in passato; mette in risalto che è auspicabile incrementare l'assistenza finanziaria a sostegno della società civile e delle ONG che operano sul campo; chiede che l'approvazione dei progetti sia sottoposta a procedure più veloci e meno burocratiche;
8. incoraggia le istituzioni dell'UE e gli Stati membri a utilizzare appieno gli strumenti del trattato di Lisbona per passare da un approccio fino ad ora principalmente reattivo a una politica estera e di sicurezza dell'UE proattiva, coerente e strategica, basata su valori comuni e posta in essere nell'interesse comune europeo;
9. è del parere che il Consiglio e la Commissione, con la cooperazione attiva degli Stati membri, debbano garantire la coerenza e la conformità:
—
delle politiche interne ed esterne perseguite dall'Unione europea, tra cui la politica estera e di sicurezza comune (PESC), la politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) e le politiche in materia di vicinato, commercio, sviluppo, aiuti umanitari, giustizia e affari interni, energia, ambiente, migrazione ecc.;
—
delle politiche perseguite dall'UE e dai suoi Stati membri;
10. accoglie con favore, a tale riguardo, l'organizzazione in "poli" della nuova Commissione, dal momento che ciò consente all'AR/VP di coordinare tutte le pertinenti politiche della Commissione che hanno una dimensione esterna; sostiene l'AR/VP nei suoi sforzi tesi ad assumere pienamente il ruolo di vicepresidente della Commissione; esorta al contempo l'AR/VP ad avvalersi del suo ruolo di presidente del Consiglio affari esteri per portare nel Consiglio iniziative che facciano avanzare politiche proattive comuni oltre il minimo comune denominatore, utilizzando tutti gli strumenti della PESC e le politiche esterne dell'UE;
11. ribadisce che le strutture interne del SEAE devono essere riformate in modo tale da assistere l'AR/VP in tutti i suoi ruoli e permetterle di presentare una pianificazione strategica e coordinare i processi politici in seno al Consiglio e alla Commissione; insiste sulla necessità di razionalizzare la struttura dell'alta dirigenza del SEAE e di accelerarne e ottimizzarne i processi decisionali; ribadisce la propria richiesta di una maggiore integrazione dei rappresentanti speciali dell'Unione all'interno del SEAE, anche attraverso il trasferimento del loro bilancio dal bilancio operativo della PESC al bilancio del SEAE; esorta, a tale riguardo, a effettuare una valutazione politica ed efficace sotto il profilo dei costi del ruolo svolto da tali rappresentanti speciali;
12. ribadisce la sua richiesta di potenziare la cooperazione e il coordinamento tra le diverse capacità di monitoraggio e di risposta alle crisi a livello dell'UE; esorta inoltre a razionalizzare le strutture esistenti per ridurre inutili duplicazioni, anche attraverso la fusione di funzioni che si sovrappongono; ritiene che i centri di monitoraggio debbano essere dotati delle risorse adeguate e che i profili linguistici del personale ivi impiegato dovrebbero conformarsi alle lingue parlate nelle principali zone di crisi, in particolare il russo e l'arabo; chiede di rafforzare la cooperazione e la condivisione di informazioni tra i centri di monitoraggio a livello dell'UE e i servizi corrispondenti negli Stati membri;
13. chiede l'ammodernamento della rete di delegazioni dell'UE in modo da riflettere le esigenze della politica estera dell'Unione nel XXI secolo, anche adeguando la quantità e la competenza del personale; ritiene, ad esempio, che tutte le delegazioni che si trovano nelle zone di conflitto, soprattutto nei paesi in cui è in corso una missione di PSDC, dovrebbero prevedere la presenza di un esperto in materia di sicurezza e di difesa; chiede all'AR/VP di rafforzare l'autorità del capo delegazione su tutto il personale, indipendentemente dall'origine istituzionale, e di semplificare i bilanci amministrativi delle delegazioni verso un'unica fonte di finanziamento; chiede che siano chiarite le linee gerarchiche; deplora che il potenziale in termini di sinergie ed economie di scala derivante dal rafforzamento della cooperazione tra le ambasciate degli Stati membri e le delegazioni dell'UE debba ancora essere pienamente sfruttato; insiste sulla necessità di rispettare a ogni livello il giusto equilibrio tra personale distaccato degli Stati membri e funzionari dell'Unione, secondo quanto stabilito dalla decisione del Consiglio, del 26 luglio 2010, che istituisce il SEAE; fa osservare che attualmente questo equilibrio non viene rispettato, soprattutto a livello delle cariche più alte, ad esempio quella di capo delegazione;
14. esprime preoccupazione per la mancanza di flessibilità nell'ambito delle norme finanziarie dell'UE, che spesso determina ritardi nell'erogazione operativa dei fondi UE e pone ulteriori ostacoli alla capacità dell'UE di reagire alle crisi; sottolinea la necessità di erogare i fondi con maggiore celerità ed evidenzia che è essenziale condurre controlli efficaci onde evitare frodi e appropriazioni indebite; chiede alla Commissione di presentare nel 2015 una proposta di riforma della legislazione pertinente, anche permettendo il ricorso alle procedure accelerate, attualmente previste per l'assistenza umanitaria, nella gestione delle crisi e assicurando nel contempo che la spesa in risposta alle crisi sia coerente con gli obiettivi strategici a lungo termine dell'UE; è profondamente preoccupato per la carenza di pagamenti in relazione alle due principali fonti di bilancio dell'UE per quanto concerne la gestione delle crisi e la prevenzione dei conflitti, ossia il bilancio della PESC e lo strumento inteso a contribuire alla stabilità e alla pace (IcSP); è convinto che l'attuale contesto di sicurezza nell'Europa orientale e meridionale richieda sinergie e investimenti aggiuntivi anziché tagli sostanziali;
15. sottolinea che la visibilità dell'azione dell'Unione deve essere rafforzata sia a livello di pianificazione strategica e di forum multilaterali, sia a livello operativo attraverso le missioni della PESC o qualsiasi altra missione che abbia una dimensione esterna;
16. rammenta che l'UE ha l'obbligo, a norma dell'articolo 21 del trattato sull'Unione europea, di garantire che la sua azione esterna sia progettata e attuata allo scopo di consolidare e sostenere la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti umani e i principi del diritto internazionale, e che questa è una responsabilità comune dell'UE e degli Stati membri; invita l'AR/VP a riferire periodicamente in merito al rispetto dell'articolo 21 e a valutare in che modo è possibile migliorare la coerenza delle politiche esterne, in particolare in relazione ai diritti umani e al diritto internazionale; sottolinea che il controllo della conformità delle politiche esterne all'articolo 21 deve essere effettuato in modo più armonizzato e rigoroso; pone l'accento sulla necessità di far rispettare ai partner gli impegni assunti in materia di diritti umani nell'ambito degli accordi sottoscritti con l'UE e di ricorrere, ove del caso, alle clausole di condizionalità per le questioni inerenti i diritti umani in tali accordi;
17. prende atto dell'aumento della richiesta di assistenza internazionale nel sostegno alla democrazia e nell'osservazione elettorale; riconosce che si tratta di un settore in cui l'UE può svolgere un ruolo efficace nel sostenere i processi democratici; chiede pertanto un seguito coerente dell'attuazione delle raccomandazioni specifiche per paese e il sostegno allo sviluppo delle capacità per i partiti politici;
18. sottolinea l'importanza vitale della difesa collettiva assicurata dalla NATO ai suoi membri; esorta gli Stati membri a migliorare con urgenza la loro capacità di contribuire alla difesa territoriale, a impegnare maggiori risorse e a tenere debitamente conto della metodologia di messa in comune e di condivisione, cooperando strettamente per sviluppare sinergie; sottolinea che tutti gli Stati membri devono beneficiare del medesimo livello di sicurezza, conformemente all'articolo 42, paragrafo 7, del TUE; pone l'accento sul fatto che una politica estera dell'UE credibile deve essere sostenuta da adeguate capacità di difesa negli Stati membri e da una efficace politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC); è del parere che la PSDC sia una componente importante della difesa e della sicurezza europea, a cui contribuisce in molti modi, anche promuovendo la realizzazione di una base industriale e tecnologica di difesa europea (EDITB), favorendo la cooperazione in materia di sviluppo di capacità di difesa e intervenendo direttamente nelle zone di crisi tramite le proprie missioni civili e le proprie operazioni militari; sottolinea pertanto che la PSDC dovrebbe essere ulteriormente approfondita in cooperazione con la NATO; ribadisce che l'Unione europea è un partner della NATO e che le strategie di entrambe del organizzazioni dovrebbero essere complementari; sottolinea il ruolo fondamentale della cooperazione in materia di sicurezza e di difesa tra l'UE e i partner quali le Nazioni Unite, la NATO, l'Unione africana e l'OSCE; accoglie favorevolmente l'impegno dell'AR/VP a partecipare attivamente alle attività di difesa, anche presiedendo le riunioni del Consiglio affari esteri nella configurazione dei ministri della Difesa;
19. appoggia la revisione in corso delle strutture di gestione delle crisi in seno al SEAE; invita il VP/AR a rendere molto più efficienti le strutture esistenti, tra l'altro riducendo il numero di strutture parallele, in modo da consentire loro di rispondere in modo più rapido e appropriato alle crisi emergenti; invita il VP/AR a mantenere e rafforzare il carattere distinto degli approcci civili alla prevenzione dei conflitti e alla gestione delle crisi;
20. mette in risalto che le potenzialità di varie disposizioni del trattato di Lisbona, quali ad esempio l'articolo 44 del TUE (che consente di affidare una missione PSDC a un gruppo ristretto di Stati membri), l'articolo 41 del TUE (sul fondo iniziale), l'articolo 46 del TUE (sulla cooperazione strutturata permanente), l'articolo 42, paragrafo 7, del TUE (sulla clausola di assistenza reciproca) e infine l'articolo 222 del TFUE (sulla clausola di solidarietà) non sono ancora state pienamente sfruttate; invita l'AR/VP a promuovere attivamente questi strumenti e la loro attuazione, e incoraggia gli Stati membri a farvi ricorso;
21. accoglie con favore lo svolgimento di una riunione del Consiglio europeo sulla difesa nel dicembre 2013 e chiede che sia data attuazione alle decisioni prese; attende con interesse il prossimo dibattito previsto per giugno 2015; chiede che in questo vertice siano adottate decisioni ambiziose, segnatamente:
–
l'introduzione, sulla base della revisione del quadro strategico dell'UE, di un processo di riflessione strategica sugli obiettivi e le priorità in materia di sicurezza e difesa, che definisca le capacità necessarie e le opzioni per approfondire la cooperazione in materia di difesa onde rispondere al meglio alle minacce cui sono confrontati i paesi dell'Unione europea;
–
il rafforzamento dell'Agenzia europea per la difesa, facendo sì che abbia le risorse e l'impulso politico necessari per svolgere pienamente il proprio ruolo di coordinamento e di stimolo alla cooperazione in materia di armamenti;
–
l'esame del meccanismo di finanziamento Athena, allo scopo di aumentare ulteriormente i finanziamenti comuni nell'ambito delle operazioni militari della PSDC, così da impedire che considerazioni di natura finanziaria compromettano la capacità dell'UE di rispondere alle crisi e da incoraggiare gli Stati membri a mettere rapidamente a disposizione forze per le operazioni della PSDC e garantire una più equa ripartizione dell'onere;
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il potenziamento della base industriale e tecnologica di difesa europea, anche coordinando i bilanci della difesa, armonizzando i requisiti, riducendo le inefficienze e creando sinergie;
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la gestione delle problematiche esistenti nei settori della pianificazione e dello svolgimento delle operazioni militari, anche istituendo quartier generali militari operativi permanenti in stretta collaborazione con la già esistente capacità civile di pianificazione e condotta (CPCC);
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l'aumento dell'efficacia e della possibilità di impiego dei gruppi tattici dell'UE, ad esempio attraverso l'introduzione di un approccio modulare, l'ampliamento dei finanziamenti comuni per mezzo del meccanismo Athena e l'impiego dei gruppi tattici nei futuri scenari di gestione delle crisi, laddove del caso;
22. è del parere che i recenti attacchi terroristici nei paesi dell'UE dimostrino che è sempre più difficile separare la sicurezza interna da quella esterna, e invita gli Stati membri e le istituzioni dell'Unione a unire al meglio i loro sforzi in tali ambiti; invita gli Stati membri a intensificare la condivisione dell'intelligence correlata alla sicurezza, avvalendosi delle strutture di coordinamento esistenti a livello europeo; chiede che la cooperazione nell'ambito della lotta al terrorismo sia rafforzata nelle relazioni dell'UE con i paesi del Medio Oriente e dell'Africa del Nord, anche attraverso la formazione e lo sviluppo delle capacità nel settore della sicurezza, la condivisione delle informazioni e lo scambio delle migliori pratiche; invita l'UE e i suoi Stati membri a compiere ogni sforzo inteso a rafforzare la cooperazione internazionale al fine di prevenire e combattere il terrorismo, e sottolinea il ruolo essenziale che le Nazioni Unite devono svolgere in questo senso;
23. chiede che siano messe a punto le risorse industriali e tecnologiche necessarie per migliorare la sicurezza informatica, anche attraverso la promozione di un mercato unico dei prodotti per la sicurezza informatica; sottolinea la necessità di integrare la difesa informatica nelle azioni esterne e nella PESC, e chiede un più stretto coordinamento con la NATO in materia di difesa informatica nell'ottica di stabilire una deterrenza informatica per affrontare e prevenire in modo efficace gli attacchi lanciati attraverso lo spazio informatico; esorta gli Stati membri dell'UE, il SEAE e la Commissione a rivolgere l'attenzione alle modalità per rafforzare la resilienza dell'infrastruttura pertinente; accoglie con favore la strategia dell'UE per la sicurezza informatica; sottolinea la necessità di aumentare notevolmente le capacità di difesa informatica degli Stati membri; esorta l'Agenzia europea per la difesa a rafforzare il coordinamento in materia di difesa informatica tra gli Stati membri e invita questi ultimi a offrire all'AED i mezzi per raggiungere tale obiettivo; invita la Commissione ad aggiornare il regolamento sui prodotti a duplice uso per evitare l'esportazione di sistemi a coloro che cercano di pregiudicare la sicurezza e le infrastrutture critiche dell'UE, nonché a impedire l'esportazione della tecnologia di sorveglianza di massa verso regimi autoritari; rammenta l'importanza di mantenere l'equilibrio tra la salvaguardia delle libertà digitali e la sicurezza;
24. chiede una politica di migrazione dell'UE rinnovata e coerente; insiste sulla necessità di affrontare le cause profonde della migrazione irregolare, rafforzando la cooperazione con i paesi di transito e di origine dei flussi migratori, attraverso l'impiego di tutti gli strumenti programmatici e di assistenza, compresi le politiche commerciali e di sviluppo, gli aiuti umanitari, la prevenzione dei conflitti e la gestione delle crisi, nonché la necessità di consolidare le rotte della migrazione legale; ribadisce la sua richiesta di intensificare il sostegno umanitario verso i paesi che ospitano rifugiati e di rafforzare i programmi di protezione regionale gestiti in collaborazione con l'UNHCR vicino alle regioni di origine; sottolinea che le questioni legate alla gestione della migrazione dovrebbero essere integrate nell'azione esterna dell'UE e costituire una priorità importante nella cooperazione dell'Unione con i vicini a est e a sud; evidenzia che la perdita di vite in corrispondenza dei confini dell'UE deve essere evitata;
25. sottolinea che l'energia è sempre più utilizzata quale strumento di politica estera e ricorda che la cooperazione energetica è alla base dell'integrazione europea; evidenzia l'importanza di costruire un'Unione europea dell'energia che miri a incrementare la coerenza e il coordinamento fra politica estera e politica energetica; mette in risalto che la sicurezza energetica dovrebbe far parte dell'approccio globale all'azione esterna dell'UE, e ritiene che la politica energetica debba essere in linea con le altre politiche prioritarie dell'Unione, incluse la politica in materia di sicurezza, la politica estera e di vicinato, le politiche commerciali e di sviluppo, nonché le politiche dell'UE in difesa dei diritti umani; sottolinea al riguardo la necessità di ridurre notevolmente la dipendenza dalla Russia e di individuare fonti energetiche alternative; invita l'AR/VP e la Commissione a monitorare e ad affrontare il tema del controllo delle infrastrutture da parte di entità non unionali, in particolare le imprese a partecipazione statale, le banche nazionali o i fondi sovrani di paesi terzi, che penetrano nel mercato energetico dell'UE oppure ostacolano la diversificazione, anche nel settore nucleare; sottolinea che anche le società energetiche non appartenenti all'Unione devono essere assoggettate alle norme in materia di concorrenza applicabili al mercato energetico dell'UE;
26. accoglie con favore l'istituzione della carica di vicepresidente dell'Unione per l'energia, come pure la comunicazione della Commissione su una strategia europea di sicurezza energetica; invita la Commissione e gli Stati membri a intensificare la cooperazione al fine di dare attuazione alle azioni a breve e a lungo termine elencate nella strategia; insiste sulla necessità di rafforzare la coerenza tra la politica estera dell'UE e altre politiche con una dimensione esterna, come ad esempio la politica energetica, e auspica che l'organizzazione in "poli" della nuova Commissione ottenga risultati in tal senso; esorta a intraprendere ulteriori iniziative per far sì che gli obiettivi in materia di sicurezza energetica siano in linea con gli altri obiettivi perseguiti dall'UE; invita l'AR/VP a mettere a punto priorità strategiche per la politica energetica esterna sancite dagli obiettivi generali di politica estera e a utilizzare in modo più sistematico gli strumenti della politica estera negli ambiti legati alla sicurezza energetica;
27. è del parere che sarebbe opportuno istituire un meccanismo di solidarietà per affrontare possibili interruzioni di energia; ritiene opportuno sviluppare ulteriormente un'infrastruttura energetica interconnessa e integrare tutte le parti del territorio dell'UE in una rete energetica a livello di UE; sottolinea che occorre accelerare gli sforzi intesi a diversificare l'approvvigionamento energetico dell'Unione europea al fine di rafforzare l'indipendenza energetica dell'UE; è del parere che lo sviluppo delle energie rinnovabili e dell'efficienza energetica favorirà notevolmente la credibilità dell'azione esterna dell'UE; ricorda che è essenziale garantire un mercato interno dell'energia ben funzionante e che è nell'interesse generale dell'UE garantire che i mercati internazionali dell'energia siano stabili, trasparenti e basati su norme internazionali; invita la Commissione europea a elaborare una proposta di strategia globale per il rafforzamento della sicurezza dell'approvvigionamento delle risorse diverse da quelle energetiche;
28. si compiace dell'approccio cooperativo dell'AR/VP Federica Mogherini nei confronti del Parlamento europeo volto a rafforzare la sua responsabilità dinanzi a tale istituzione; ribadisce la necessità di una consultazione sistematica e proattiva con il Parlamento europeo, e in particolare con la sua commissione per gli affari esteri, prima dell'adozione di strategie di politica estera e dei mandati PSDC; invita il Consiglio a completare i negoziati con il Parlamento europeo sulla sostituzione dell'accordo interistituzionale del 2002 relativo all'accesso del Parlamento europeo alle informazioni sensibili del Consiglio nel settore della politica di sicurezza e di difesa; dichiara il proprio impegno a intensificare la cooperazione con i parlamenti nazionali, anche in seno alla Conferenza interparlamentare sulla PESC e la PSDC e alla COSAC in modo tale da essere meglio preparati a controllare le rispettive risorse;
Preservare e rafforzare l'ordine politico e giuridico europeo
29. sottolinea la necessità di consolidare l'UE e di rafforzare la sua capacità di integrazione, che costituisce uno dei criteri di Copenaghen; ribadisce la prospettiva europea di tutti i paesi candidati e di altri potenziali candidati nel quadro nella dichiarazione di Salonicco del 2003, sulla base del rispetto dei criteri di Copenaghen, e sostiene il proseguimento dei negoziati di allargamento; sostiene, a tale proposito, l'approccio della Commissione che affronta le riforme fondamentali in merito allo Stato di diritto, alla pubblica amministrazione e alla governance economica all'inizio del processo di allargamento; ribadisce che ciascun paese sarà giudicato in base ai suoi meriti e ritiene che, nei casi in cui l'Unione europea consideri soddisfacente il livello di allineamento di un paese candidato all'acquis dell'UE, i negoziati di adesione debbano essere avviati o proseguiti, in quanto ciò è fondamentale per tutelare la credibilità dell'UE nel suo complesso; sottolinea l'importanza della cooperazione con i paesi candidati nel campo della politica estera ed evidenzia la rilevanza del loro allineamento alla PESC;
30. ritiene necessaria una strategia politica globale volta a ristabilire l'ordine politico europeo conformemente al diritto internazionale, stabilito con l'Atto finale di Helsinki del 1975, e a vincolare tutti gli Stati europei, tra cui la Russia; insiste sul fatto che tale ordine si basa sul rispetto dei diritti dell'uomo, dei diritti delle minoranze e delle libertà fondamentali, la sovranità, l'indipendenza e l'integrità territoriale degli Stati e sulla risoluzione pacifica dei conflitti; ritiene che lo sviluppo di un dialogo costruttivo con la Russia e con altri paesi del vicinato dell'UE in materia di cooperazione per rafforzare questo ordine costituisca una base importante per la pace e la stabilità in Europa, purché la Russia rispetti il diritto internazionale e assolva ai suoi impegni relativi alla Georgia, alla Moldova e all'Ucraina, compreso il ritiro dalla Crimea;
31. è del parere che sia necessario un nuovo approccio alle relazioni dell'UE con i suoi vicini orientali basato sul merito, sulla differenziazione e sul principio "più progressi, più aiuti"; ritiene che il sostegno ai paesi che vogliono avvicinarsi ulteriormente all'UE debba essere una delle massime priorità della politica estera dell'Unione e che una risposta importante per contenere le ambizioni della Russia nel suo vicinato consista nell'investire nell'indipendenza, nella sovranità, nello sviluppo economico e nell'ulteriore democratizzazione di tali paesi; si impegna a favore di una prospettiva europea per il vicinato dell'Europa orientale e ricorda che, conformemente all'articolo 49 TUE, tali paesi, come qualsiasi altro paese europeo, possono presentare domanda di adesione all'Unione europea, purché si attengano ai criteri di Copenaghen e ai principi democratici, rispettino le libertà fondamentali e i diritti umani e delle minoranze e garantiscano lo Stato di diritto;
32. accoglie con favore la firma, la ratifica da parte del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali dei paesi interessati nonché l'attuazione provvisoria degli accordi di associazione, inclusi gli accordi di libero scambio globali e approfonditi con la Georgia, la Repubblica di Moldova e l'Ucraina, che costituiscono un passo avanti fondamentale in vista della loro convergenza con l'UE; è del parere che questo processo di associazione dovrebbe essere utilizzato dai paesi interessati per ammodernare la governance democratica, rafforzare lo Stato di diritto, riformare la pubblica amministrazione e intraprendere riforme economiche e strutturali, progressi importanti verso loro convergenza politica, economica, sociale e ambientale con l'UE; sollecita un aumento sostanziale dell'assistenza politica, finanziaria e tecnica dell'UE per sostenere tali riforme; insiste, tuttavia, su una rigorosa condizionalità e sulla necessità di garantire l'assunzione di responsabilità per le risorse impiegate e di conseguire un notevole successo nella riduzione della corruzione; si compiace dello svolgimento e dei risultati delle elezioni parlamentari tenutesi in Ucraina e nella Repubblica di Moldova rispettivamente a ottobre e dicembre 2014, in linea con le norme democratiche internazionali;
33. invita a una più stretta collaborazione con i vicini dell'Europa orientale che non hanno ancora concluso accordi di associazione con l'UE o che desiderano approfondire e rafforzare le relazioni in diversi contesti, anche promuovendo la cooperazione bilaterale nei settori di interesse reciproco; ricorda, tuttavia, che l'assistenza dell'UE può essere efficace solo se esiste una sufficiente titolarità e un sufficiente rispetto dei valori europei da parte dei paesi partner, che devono adempiere agli obblighi a loro derivanti dal diritto internazionale;
34. esorta la Russia a rispettare i propri impegni e obblighi giuridici, compresi quelli sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite, dalla Carta di Parigi, dall'Atto finale di Helsinki dell'OSCE, dal Memorandum di Budapest e dal trattato di amicizia, cooperazione e partenariato tra Russia e Ucraina; condanna fermamente il fatto che la Russia abbia violato il diritto internazionale mediante l'aggressione militare diretta e la guerra ibrida contro l'Ucraina, che ha provocato migliaia di vittime militari e civili, così come l'annessione e l'occupazione illegittime della Crimea e le azioni di natura analoga nei confronti dell'Abkhazia e dell'Ossezia meridionale, territori della Georgia; sottolinea l'allarmante deterioramento del rispetto dei diritti umani, della libertà di espressione e della libertà dei media in Crimea; esorta la Russia ad attenuare il clima di tensione, a ritirare le sue truppe dal territorio ucraino e a ripristinare lo status quo precedente all'annessione; accoglie con favore gli sforzi profusi per raggiungere un accordo globale a Minsk il 12 febbraio 2015 e invita ad attuare immediatamente e pienamente l'accordo; respinge come illegittime le elezioni presidenziali e parlamentari tenutesi a Donec'k e Luhans'k il 2 novembre 2014;
35. sostiene le sanzioni adottate dall'UE in reazione all'aggressione russa contro l'Ucraina e sottolinea che tali sanzioni sono modulabili e reversibili, in particolare a seconda del rispetto degli accordi di Minsk, ma potrebbero anche essere rafforzate se la Russia continuasse a non rispettare i suoi obblighi internazionali; invita la Commissione a vigilare sulla loro attuazione uniforme;
36. sottolinea la necessità che l'UE e i suoi Stati membri mostrino solidarietà e parlino con un'unica voce dinanzi alla Russia; invita i paesi candidati all'adesione ad allineare la loro politica estera nei confronti della Russia con quella dell'Unione; invita l'AR/VP a sviluppare, in via prioritaria, una strategia comune dell'Unione europea nei confronti della Russia, che miri a coinvolgere questo paese nella pace e nella stabilità in Europa, compreso il rispetto incondizionato della sovranità e dell'integrità territoriale dei suoi vicini; ritiene che sarebbe interesse comune creare buone relazioni tra la Russia e l'UE, sulla base del rispetto del diritto internazionale e di altri obblighi internazionali, e auspica che la Russia si dimostri aperta a tale sviluppo rispettando il diritto internazionale;
37. sottolinea la necessità di un approccio europeo coerente nei confronti delle campagne di disinformazione e delle attività di propaganda utilizzate dalla Russia all'interno e all'esterno dell'UE; esorta il SEAE e la Commissione a presentare un piano d'azione con misure concrete per contrastare la propaganda russa; chiede la cooperazione con il Centro di eccellenza delle comunicazioni strategiche della NATO sulla questione;
38. sollecita la dirigenza dell'UE e gli Stati membri a garantire la sicurezza e la libertà dei cristiani e di altre minoranze religiose e etniche che devono far fronte a discriminazioni e persecuzioni crescenti, e che si trovano tra due fuochi; invita il SEAE e gli Stati membri a far sì che i futuri accordi bilaterali comportino meccanismi di monitoraggio efficaci atti a garantire la protezione dei diritti umani delle minoranze religiose e l'effettiva applicazione degli orientamenti dell'UE sulla promozione e la tutela della libertà di religione o di credo;
Sostenere la sicurezza e la stabilizzazione nel vicinato meridionale
39. insiste sulla necessità di rivedere sostanzialmente la politica dell'UE nei confronti del suo vicinato meridionale, che deve essere caratterizzata da adeguate risorse di bilancio e dalla messa a punto e attuazione di una strategia globale che concentri gli strumenti e le risorse dell'UE sul sostegno alla costruzione di Stati funzionanti e inclusivi in grado di garantire la sicurezza dei loro cittadini, di promuovere la democrazia, di fronteggiare l'estremismo religioso, di rispettare i diritti umani, di proteggere le minoranze religiose ed etniche e di migliorare lo Stato di diritto, prerequisiti fondamentali per gli investimenti e lo sviluppo economico; sottolinea il potenziale inutilizzato del commercio transfrontaliero nella regione; insiste sulla necessità di una stretta cooperazione con le autorità dei paesi interessati per la gestione dei flussi migratori, rispettando al contempo lo Stato di diritto e il diritto internazionale;
40. sottolinea che nel fornire aiuto e sostegno l'UE deve applicare le condizionalità, dal momento che i programmi di aiuto e il sostegno alla società civile possono sussistere solo se sono fissate chiare condizioni al più elevato livello politico;
41. insiste sul fatto che l'approccio rivisto dell'UE nei confronti dei suoi vicini meridionali debba essere basato sulla differenziazione e sul principio "più progressi, più aiuti", in base al quale un ulteriore sostegno da parte dell'UE dovrebbe essere indirizzato ai governi partner che si impegnano a favore della democratizzazione e del rispetto delle libertà fondamentali e dei diritti umani ed effettuano progressi tangibili in materia, come nel caso della Tunisia, della Giordania e del Marocco;
42. si rammarica del recente deterioramento delle relazioni tra l'UE e la Turchia e auspica nuovi sforzi tesi a promuovere una cooperazione più forte per affrontare le sfide comuni nel Mediterraneo meridionale sul fronte della sicurezza e dell'emergenza umanitaria; esorta ulteriormente la Turchia a impegnarsi a favore di riforme che rispettino pienamente le norme in materia di diritti umani, anche per quanto riguarda la libertà di stampa, la democrazia, l'uguaglianza e lo Stato di diritto;
43. esorta la leadership dell'UE a sviluppare, in stretta collaborazione con gli USA e coinvolgendo le grandi potenze (ad esempio la Russia e la Cina), una strategia che incoraggi gli attori regionali (tra cui la Turchia, l'Iraq, Israele, la Giordania, l'Egitto, i governi del Consiglio di cooperazione del Golfo, l'Iran, la Lega Araba e le forze curde) a unirsi per porre fine alle guerre per procura e interrompere il sostegno finanziario ai fondamentalisti, nonché per sviluppare una soluzione per la pace e la stabilità nella regione tesa in particolare a porre fine alla guerra in Siria e in Iraq; sottolinea la necessità di preservare l'integrità territoriale e l'unità nazionale della Libia, ed esorta l'AR/VP a favorire un più intenso coinvolgimento degli attori regionali negli sforzi di mediazione e risoluzione dei conflitti, in stretto coordinamento con l'ONU; accoglie con favore i negoziati in corso del gruppo E3+3 con l'Iran e auspica che conducano a un accordo reciprocamente accettabile, che garantisca la natura esclusivamente pacifica del programma nucleare iraniano e offra una prospettiva a lungo termine per il pieno reintegro dell'Iran nella comunità internazionale; sostiene l'impegno dell'AR/VP e di tutte le parti coinvolte nel processo di pace in Medio Oriente a trovare una soluzione globale, costruttiva e durevole per entrambe le parti al conflitto in atto in Medio Oriente; sottolinea che la mancanza di progressi verso una soluzione che preveda la coesistenza di due Stati sulla base dei confini del 1967 sta portando solamente a maggiore violenza e spargimento di sangue;
44. accoglie con favore la dichiarazione dell'AR/VP sull'apertura di un ufficio a Erbil, nel Kurdistan iracheno, ed esorta l'AR/VP e il SEAE a procedere in questa direzione il prima possibile; sottolinea che ciò permetterà all'UE di raccogliere informazioni sul posto, migliorare il suo impegno con gli attori locali, garantire una migliore valutazione e un miglior coordinamento delle risposte umanitarie e militari e incrementare la visibilità dell'UE nella regione;
45. chiede la nomina di un consulente speciale che valuti i vantaggi dell'apertura di una rappresentanza diplomatica permanente dell'UE in Iran;
46. è del parere che le attività criminali e la barbara violenza perpetrate da gruppi terroristi jihadisti del cosiddetto Stato islamico (IS) e ad esso associati rappresentino una grave minaccia per la più ampia regione MOAN (Medio Oriente e Africa del Nord), per l'Europa e potenzialmente per la pace e la stabilità globali; sostiene la coalizione globale contro l'IS e il suo tentativo di combatterlo militarmente; accoglie con favore i contributi degli Stati membri dell'UE in questo contesto e incoraggia un dialogo e una cooperazione efficienti e rafforzati al fine di elaborare una valutazione comune della minaccia; sollecita l'intensificazione di una risoluta pressione normativa globale per privare i jihadisti delle entrate petrolifere e per applicare severe sanzioni globali contro le transazioni finanziarie a loro favore; osserva in questo quadro che le risorse finanziarie delle formazioni jihadiste provengono anche da alcuni paesi arabi ai quali l'UE dovrebbe richiedere una maggiore coerenza; sottolinea l'urgente necessità di contrastare l'uso di Internet da parte dei gruppi jihadisti per finalità di reclutamento e propaganda; insiste sulla necessità di potenziare la cooperazione internazionale e all'interno dell'UE, volta ad impedire agli estremisti di recarsi in Siria e in Iraq per unirsi alla lotta jihadista, anche investendo nella prevenzione della radicalizzazione a livello nazionale e in programmi di deradicalizzazione negli Stati membri; invita gli Stati membri a individuare modalità idonee per processare i combattenti europei che rientrano in Europa, nel quadro dei rispettivi ordinamenti penali nazionali; ribadisce la necessità di una cooperazione e di un coordinamento più stretti tra la Turchia e l'UE;
47. esorta i paesi della regione a mantenere l'impegno nei confronti della lotta al terrorismo e ad astenersi da azioni che possano causare tensione, attrito o crisi tra di loro, ovvero problemi aggiuntivi alla lotta della comunità internazionale contro l'IS;
48. condanna la feroce violenza usata dal regime di Assad contro i cittadini siriani e invoca maggiori pressioni per promuovere una vera e propria transizione politica in Siria, anche aumentando il sostegno all'opposizione siriana moderata;
49. sottolinea che, in numerosi ambiti, la politica esterna dell'Unione nei confronti del vicinato meridionale deve altresì correlarsi con l'Africa; ritiene che l'Africa, e in particolare la regione del Sahel-Sahara, sia oggetto di una minaccia strategica e chiede una risposta adeguata da parte dell'UE, incluse misure concernenti lo sviluppo economico, la democrazia, lo Stato di diritto, l'istruzione e la sicurezza; prende atto del continuo rafforzamento delle attività criminali dei terroristi di al-Qaeda nel Maghreb islamico (AQMI), Al-Mourabitoun nato dalla fusione del Movimento per l'unità e la Jihad in Africa occidentale (MUJAO) e la "Brigata degli uomini mascherati" di Mokhtar Belmokhtar e del movimento Boko Haram; sottolinea la necessità di dare attuazione alle raccomandazioni della strategia europea per la sicurezza e lo sviluppo nel Sahel e invita la Commissione a svolgere una valutazione di tale strategia;
50. sottolinea l'importanza della Giordania e del Libano come partner stabili in Medio Oriente; ricorda che questi due paesi sono interessati da un'ondata di rifugiati in continuo aumento, che pone enormi sfide socio-economiche; elogia il costante impegno dei paesi vicini a offrire assistenza ai rifugiati provenienti dall'Iraq e dalla Siria; esorta la leadership dell'UE ad avviare uno sforzo globale, che comprenda i poteri regionali, per aumentare in modo massiccio l'assistenza umanitaria destinata ai civili coinvolti nel conflitto in Siria e in Iraq e vittime della violenza dell'IS, in particolare per sostenere i profughi e fornire sostegno finanziario diretto a tutti i paesi della regione che ospitano i rifugiati, al fine di promuovere l'integrazione sociale ed evitare la marginalizzazione;
51. esorta l'UE a garantire che la cooperazione in materia di antiterrorismo con paesi terzi vada di pari passo con il rispetto dello Stato di diritto e dei diritti umani universali;
Potenziare un ordine globale cooperativo e fondato su regole
52. ritiene che gli Stati Uniti siano il principale partner strategico dell'UE e promuove un maggior coordinamento, in condizioni di parità, con tale paese in materia di politica estera dell'Unione europea a sostegno del diritto internazionale e perseguendo approcci comuni nei confronti delle sfide inerenti al vicinato dell'Unione europea e a livello globale; sottolinea il carattere strategico del partenariato transatlantico su commercio e investimentiche ha il potenziale di consentire ai partner translatantici di fissare standard globali in materia di lavoro, salute, ambiente e proprietà intellettuale e rafforzare la governance globale; chiede, a questo proposito, che i negoziati si svolgano con maggiore apertura e trasparenza, coinvolgendo tutte le parti interessate in tutte le fasi procedurali; ritiene che l'America latina sia un partner importante dell'Unione europea e che sia opportuno definire diverse modalità per una cooperazione transatlantica triangolare;
53. sottolinea la necessità di stabilire relazioni di cooperazione e partenariati strategici con diversi paesi, con un chiaro ordine delle priorità, e di rivedere i partenariati strategici già in essere alla luce dell'impatto delle politiche in essi contenute;
54. accoglie con favore le conclusioni del vertice NATO tenutosi nel settembre 2014 in Galles e ne chiede l’attuazione; ritiene che la cooperazione UE-NATO debba essere rafforzata e che sia necessario intensificare la pianificazione e il coordinamento tra la difesa intelligente della NATO e la messa in comune e la condivisione dell'UE, così da evitare duplicazioni e utilizzare al meglio le scarse risorse disponibili; ribadisce la necessità di rispettare le politiche di sicurezza degli Stati membri dell'UE che non sono membri della NATO;
55. sottolinea la necessità di definire una strategia dell'UE, in coordinamento con gli Stati Uniti, sulla condivisione con la Russia, la Cina, l'India e le altre grandi potenze della responsabilità in merito alla pace e alla stabilità dell'ordine politico ed economico globale; rimarca l'importanza, nel contesto di tale strategia, di rafforzare le relazioni con i paesi chiave dell'Asia nonché con organizzazioni regionali come l'ASEAN;
56. invita l'AR/VP a rafforzare la politica estera dell'UE nei confronti dell'Asia, specialmente verso la Cina e l'India; esorta l'AR/VP a garantire che si tengano vertici bilaterali con la Cina e l'India su base annuale e con risultati tangibili;
57. sottolinea che la pace e la stabilità nella regione Asia-Pacifico, specialmente nelle aree del Mar cinese orientale e meridionale, sono di importanza strategica per l'UE; esorta tutte le parti interessate nella regione a risolvere pacificamente le divergenze, nel rispetto del diritto internazionale, e a cooperare reciprocamente per sfruttare le risorse naturali e marine; sostiene l'elaborazione e la promozione di politiche europee sulla base del sostegno alla prevenzione attiva dei conflitti e alle strategie di risoluzione pacifica dei conflitti; è del parere che l'UE abbia un interesse sostanziale nella crescita e nella prosperità costanti dell'Asia orientale; sottolinea la necessità di rafforzare in senso inclusivo il partenariato economico dell'UE con i paesi dell'Asia-Pacifico, al fine di mantenere una pace, una stabilità e una prosperità sostenibili; accoglie con favore i progressi incoraggianti nelle relazioni tra le due sponde dello stretto osservati negli ultimi sei anni, ed esorta tutte le parti ad adottare ulteriori misure per facilitarne un sereno sviluppo;
58. invita l'AR/VP e gli Stati membri dell'UE a dare un nuovo e forte stimolo al disarmo nucleare negoziato e alla politica in materia di controllo delle armi; accoglie con favore l'imminente revisione, da parte delle Nazioni Unite, del trattato di non proliferazione come un importante passo verso la pace e la sicurezza internazionale ed esorta gli Stati membri dell'UE ad adottare una posizione coordinata e proattiva nei negoziati; accoglie con favore l'entrata in vigore del trattato sul commercio delle armi e ne chiede l'effettiva e completa attuazione; sollecita la creazione di un'autorità dell'UE sul commercio delle armi che assista gli Stati membri nell'interpretazione delle norme stabilite dalla posizione comune dell'Unione europea sulle esportazioni di armi e ne garantisca coerentemente e rigorosamente il rispetto; sottolinea la necessità di maggiori controlli ex-post sull'utilizzo delle armi esportate;
59. sostiene che l'UE, che ha già conseguito risultati concreti in passato nella lotta alla pena di morte, deve assumere una posizione più decisa; chiede alle istituzioni e agli Stati membri di mantenere e rafforzare il loro impegno e la loro volontà politica per questa causa, con l'obiettivo di raggiungere l'abolizione definitiva della pena di morte nel mondo;
60. ribadisce la necessità di riformare il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite affinché rifletta meglio le realtà globali odierne; esorta l'AR/VP a inserire tale questione tra le priorità e ad avviare un dibattito a livello europeo sulla riforma del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite; sottolinea a questo proposito che l'UE dovrebbe diventare un membro a pieno titolo dell'ONU;
61. ribadisce la necessità che l'UE svolga un ruolo di primo piano nella promozione della firma e della ratifica a livello mondiale dello statuto di Roma, nonché nell'ulteriore potenziamento della Corte penale internazionale e nel suo sostegno a essa;
62. ricorda il fermo impegno dell'UE a lottare contro l'impunità e promuovere l'universalità dello Statuto di Roma che istituisce la corte penale internazionale; accoglie positivamente la recente ratifica dello Statuto di Roma da parte della Palestina;
63. chiede lo sviluppo di una strategia coerente in materia di sicurezza climatica a livello di UE che affronti le conseguenze strategiche e politiche del cambiamento climatico, consentendo all'UE di rispondere e di prepararsi all'instabilità geopolitica indotta dal clima e prestando particolare attenzione alla cooperazione con i paesi in via di sviluppo e con i paesi maggiormente colpiti dagli effetti del cambiamento climatico; riconosce l'importanza del prossimo vertice di Parigi sul cambiamento climatico; invita il SEAE a dare priorità alla diplomazia in merito agli obiettivi del cambiamento climatico per creare sostegno a favore di un accordo forte e globale; chiede una discussione su una lungimirante strategia intesa ad affrontare le migrazioni determinate dal cambiamento climatico;
64. invita l'UE e gli Stati membri a contribuire positivamente e in modo coordinato all'elaborazione dell'agenda per lo sviluppo post 2015 e sottolinea l'importante ruolo svolto dall'AR/VP nel garantire la leadership dell'UE nei negoziati; sottolinea che il nuovo quadro deve affrontare le cause strutturali della povertà, della disuguaglianza e della violenza promuovendo istituzioni democratiche, inclusive ed efficaci e rafforzando la buona governance e lo Stato di diritto;
o o o
65. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione all'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza/vicepresidente della Commissione, al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri dell'UE, al segretario generale delle Nazioni Unite, al segretario generale della NATO, al presidente dell'Assemblea parlamentare della NATO, al presidente in carica dell'OSCE, al presidente dell'Assemblea parlamentare dell'OSCE, al presidente del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa e al presidente dell'Assembla parlamentare del Consiglio d'Europa.
Relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2013 e sulla politica dell'Unione europea in materia
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Risoluzione del Parlamento europeo del 12 marzo 2015 sulla relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2013 e sulla politica dell'Unione europea in materia (2014/2216(INI))
– visti la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e gli altri trattati e strumenti delle Nazioni Unite in materia di diritti umani,
– viste la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e la sua risoluzione del 27 novembre 2014 sul 25° anniversario di tale Convenzione(1),
– viste la dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite dell'8 settembre 2000(2), l'agenda di sviluppo delle Nazioni Unite per il post 2015 e le risoluzioni dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite,
– vista la Convenzione europea dei diritti dell'uomo,
– visti gli articoli 2, 3 e 21 del trattato sull'Unione europea (TUE),
– visto l'articolo 207 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE),
– vista la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
– visti il quadro strategico e il piano d'azione dell'UE sui diritti umani e la democrazia(3), quali adottati dal Consiglio "Affari esteri" il 25 giugno 2012,
– vista la relazione annuale dell'Unione europea sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2013, adottata dal Consiglio il 23 giugno 2014,
– vista la relazione annuale sugli aspetti principali e sulle scelte di base della PESC nel 2013, approvata dal Consiglio il 22 luglio 2014,
– visti la relazione annuale 2014 della Commissione sulle politiche di sviluppo e assistenza esterna dell'Unione europea e sulla loro attuazione nel 2013 (COM(2014)0501), adottata il 13 agosto 2014, e i relativi documenti di accompagnamento,
– vista la sua risoluzione dell'11 dicembre 2013 sulla relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2012 e sulla politica dell'Unione europea in materia(4),
– visti gli orientamenti dell'Unione europea in materia di diritti umani,
– viste le conclusioni del Consiglio del 23 giugno 2014 sul decimo anniversario degli orientamenti dell'UE sui difensori dei diritti umani,
– vista la sua risoluzione del 17 giugno 2010 sulle politiche dell'Unione europea a favore dei difensori dei diritti umani(5),
– viste le sue risoluzioni d'urgenza su casi di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto,
– vista la sua risoluzione del 13 marzo 2014 sulle priorità dell'UE per la 25ª sessione del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani(6),
– vista la sua raccomandazione al Consiglio del 2 aprile 2014 sulla 69ª sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite(7),
– vista la sua risoluzione del 17 novembre 2011 sul sostegno dell'UE alla CPI: affrontare le sfide e superare le difficoltà(8),
– vista la sua risoluzione del 17 luglio 2014 sul crimine di aggressione(9),
– vista la sua risoluzione del 7 luglio 2011 sulle politiche esterne dell'UE a favore della democratizzazione(10),
– vista la sua risoluzione del 13 giugno 2013 sulla libertà della stampa e dei media nel mondo(11),
– vista la comunicazione congiunta della Commissione e del Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, dell'8 marzo 2011, dal titolo "Un partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa con il Mediterraneo meridionale" (COM(2011)0200),
– vista la risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 20 dicembre 2012 sulla moratoria sull'uso della pena di morte(12),
– vista la sua risoluzione dell'11 marzo 2014 sull'eliminazione della tortura nel mondo(13),
– vista la sua risoluzione del 17 giugno 2010 sull'attuazione del regolamento (CE) n. 1236/2005 del Consiglio relativo al commercio di determinate merci che potrebbero essere utilizzate per la pena di morte, per la tortura o per altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti(14),
– viste le risoluzioni 1325, 1820, 1888, 1889 e 1960 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulle donne, la pace e la sicurezza,
– vista la relazione sugli indicatori dell'UE per l'approccio globale relativo all'attuazione da parte dell'Unione europea delle risoluzioni 1325 e 1820 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulle donne, la pace e la sicurezza, adottata dal Consiglio il 13 maggio 2011,
– visti i principi guida su imprese e diritti umani: Attuare il quadro delle Nazioni Unite "Proteggere, rispettare e rimediare", approvato dal Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani (CDU) nella sua risoluzione 17/4 del 16 giugno 2011,
– visti gli orientamenti settoriali per il settore delle TIC (tecnologie dell'informazione e della comunicazione) sull'attuazione dei principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani, pubblicati dalla Commissione il 17 giugno 2013,
– vista la risoluzione del CDU, del 26 giugno 2014, che invita a creare un gruppo di lavoro intergovernativo aperto con il mandato di elaborare uno strumento internazionale giuridicamente vincolante per regolamentare, nel quadro del diritto internazionale dei diritti umani, le attività delle società transazionali e di altre imprese,
– vista la sua risoluzione del 25 novembre 2010 sulla responsabilità sociale delle imprese negli accordi commerciali internazionali(15),
– vista la sua risoluzione del 14 febbraio 2006 sulla clausola relativa ai diritti dell'uomo e alla democrazia negli accordi dell'Unione europea(16),
– vista la sua risoluzione del 25 novembre 2010 sui diritti umani e le norme sociali e ambientali negli accordi commerciali internazionali(17),
– vista la sua risoluzione del 25 novembre 2010 sulle politiche commerciali internazionali nel quadro degli imperativi dettati dai cambiamenti climatici(18),
– viste le conclusioni del Consiglio del 14 maggio 2012 dal titolo "Potenziare l'impatto della politica di sviluppo dell'UE: un programma di cambiamento",
– vista la sua risoluzione del 25 novembre 2014 sull'UE e sul quadro di sviluppo globale post 2015(19),
– vista la sua risoluzione del 10 ottobre 2013 sulla discriminazione di casta(20),
– vista la comunicazione congiunta della Commissione e del Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza del 5 marzo 2014 dal titolo "Approvvigionamento responsabile di minerali provenienti da zone di conflitto e ad alto rischio Verso un approccio integrato dell'UE" (JOIN(2014)0008),
– vista la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (UNCAC);
– vista la sua risoluzione dell'8 ottobre 2013 sulla corruzione nei settori pubblico e privato: l'impatto sui diritti umani nei paesi terzi(21),
– viste le conclusioni del Consiglio del 12 maggio 2014 sull'approccio globale dell'UE,
– vista la sua raccomandazione al Consiglio del 18 aprile 2013 concernente il principio della "responsabilità di proteggere" (R2P) delle Nazioni Unite(22),
– visto l'articolo 52 e l'articolo 132, paragrafo 2, del suo regolamento,
– visti la relazione della commissione per gli affari esteri e i pareri della commissione per lo sviluppo e della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere (A8-0023/2015),
A. considerando che l'articolo 21 TUE ha ulteriormente rafforzato l'impegno dell'Unione europea riguardo allo sviluppo di una politica estera e di sicurezza comune ispirata ai principi della democrazia, dello Stato di diritto, dell'universalità e indivisibilità dei diritti umani e delle libertà fondamentali, al rispetto della dignità umana, ai principi di uguaglianza e di solidarietà, al principio della promozione del diritto e della giustizia internazionali, nel rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e del diritto internazionale; che, a norma dell'articolo 6, paragrafo 2, TUE, "l'Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali";
B. considerando che l'articolo 207 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) stabilisce che la politica commerciale comune è condotta nel quadro dei principi e obiettivi dell'azione esterna dell'Unione;
C. considerando che il rispetto, la promozione e la tutela dell'universalità e dell'indivisibilità dei diritti umani sono le pietre miliari della politica estera e di sicurezza dell'UE; che l'universalità dei diritti umani è messa seriamente in discussione da vari regimi autoritari, in particolare nei consessi multilaterali;
D. considerando che oltre la metà della popolazione mondiale vive ancora in regimi non democratici e che negli ultimi anni la libertà a livello mondiale ha subito un declino costante;
E. considerando che per definire un regime democratico non è sufficiente l'organizzazione di elezioni, ma sono altresì necessari il rispetto dello Stato di diritto, della libertà di parola e dei diritti umani, un sistema giudiziario indipendente e un'amministrazione imparziale;
F. considerando che la credibilità dell'Unione nelle sue relazioni esterne e sulla scena internazionale sarà rafforzata grazie a una maggiore coerenza tra le sue politiche interne ed esterne in materia di democrazia e diritti umani;
G. considerando che il nuovo Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR) ha affermato che i diritti umani costituiranno una delle sue priorità assolute e che intende utilizzarli come mezzo di orientamento in tutte le relazioni con i paesi terzi; che ha altresì ribadito l'impegno dell'UE a promuovere i diritti umani in tutti gli ambiti delle relazioni esterne "senza alcuna eccezione"; che l'adozione del nuovo piano d'azione dell'UE sui diritti umani e la democrazia e il rinnovo del mandato del rappresentante speciale dell'Unione europea per i diritti umani saranno inclusi nel programma dell'UE all'inizio del 2015;
H. considerando che il 23 giugno 2014 il Consiglio ha adottato la relazione annuale dell'Unione europea sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2013, che riguarda il primo anno completo di attuazione del quadro strategico e del piano d'azione sui diritti umani e la democrazia dell'UE; che il 2013 è stato altresì il primo anno completo del nuovo mandato del rappresentante speciale dell'Unione europea per i diritti umani; che il titolare di tale carica dovrebbe assistere l'Unione nel coordinare le sue attività per renderne più chiara e visibile l'opera di promozione del rispetto dei diritti umani nel mondo, e in particolare dei diritti delle donne;
I. considerando che la relazione annuale dell'UE sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2013 e gli eventi successivi al periodo cui fa riferimento ricordano duramente i gravi costi in termini umani causati dal mancato rispetto dei diritti dell'uomo; che il mancato rispetto dei diritti umani nei paesi terzi comporta conseguenze nefaste per l'UE, quando la violazione dei diritti umani e la mancanza di partecipazione democratica legittima sono causa di instabilità, fallimento degli Stati, crisi umanitarie e conflitti armati, fenomeni ai quali l'UE è tenuta a far fronte;
J. considerando che l'impegno dell'UE a favore di un multilateralismo efficace incentrato sulle Nazioni Unite è parte integrante della politica esterna dell'Unione ed è fondato sulla convinzione che un sistema multilaterale basato su norme e valori universali sia lo strumento più adatto per affrontare le crisi, le sfide e le minacce globali;
K. considerando che l'UE e i suoi Stati membri sono fedeli alleati della Corte penale internazionale (CPI) sin dalla sua istituzione, offrendole sostegno finanziario, politico, diplomatico e logistico, nonché promuovendo l'universalità dello Statuto di Roma e difendendone l'integrità, al fine di potenziare l'indipendenza della Corte;
L. considerando che nella sua risoluzione del 17 luglio 2014 il Parlamento ha ribadito il suo pieno sostegno all'adozione degli emendamenti di Kampala allo Statuto di Roma della CPI, compreso l'emendamento relativo al crimine di aggressione, e ha invitato l'Unione e gli Stati membri a ratificare e a recepire tali emendamenti nella legislazione nazionale; che l'emendamento relativo al crimine di aggressione aiuterà a rafforzare lo Stato di diritto, la pace e la sicurezza a livello internazionale, scoraggiando l'uso illecito della forza e contribuendo pertanto in modo proattivo alla prevenzione di questa forma di crimine nonché al consolidamento di una pace duratura;
M. considerando che la 59ª sessione della commissione delle Nazioni Unite sullo stato delle donne, che si terrà a New York dal 9 al 20 marzo 2015, sarà incentrata sul seguito da dare alla dichiarazione e alla piattaforma d'azione di Pechino, comprese le attuali questioni che ostacolano la sua attuazione e, di conseguenza, il conseguimento dell'uguaglianza di genere e dell'emancipazione femminile, come pure sulle opportunità per conseguire la parità di genere e l'emancipazione femminile nell'ambito degli Obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM) post 2015;
N. considerando che l'istruzione primaria gratuita per tutti i bambini è un diritto fondamentale previsto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia del 1989; che l'istruzione dei minori e degli adulti aiuta a ridurre la povertà e la mortalità infantile e a promuovere le buone pratiche ambientali; che l'accesso all'istruzione per tutti è legato intrinsecamente all'OSM dell'uguaglianza di genere, in particolare in termini di completamento del ciclo primario; che tale obiettivo è lungi dall'essere raggiunto;
O. considerando che in situazioni di conflitto armato le donne e i minori, anche tra rifugiati, richiedenti asilo e apolidi, sono tra i gruppi sociali più vulnerabili e che nel contesto delle crisi umanitarie aumentano considerevolmente i rischi per le adolescenti sfollate;
P. considerando che tutti i tipi di violenza e discriminazione nei confronti delle donne, tra cui l'abuso sessuale, la mutilazione genitale femminile, i matrimoni forzati, i cosiddetti delitti d'onore, lo sfruttamento sessuale a fini di lucro e la violenza domestica, non dovrebbero mai essere giustificati da nessun punto di vista, sia esso politico, sociale, religioso, culturale o sulla base di tradizioni popolari o tribali;
Q. considerando che vi è un chiaro legame tra la corruzione e le violazioni dei diritti umani; che la corruzione nei settori pubblico e privato pone in essere e aggrava disuguaglianze e discriminazioni e, di conseguenza, impedisce l'equa fruizione dei diritti civili, politici, economici, sociali e culturali; che è dimostrato che gli atti di corruzione sono spesso legati a violazioni dei diritti umani, abusi di potere e mancata assunzione di responsabilità;
R. considerando che i diritti dei lavoratori e i diritti sindacali sono oggetto di gravi attacchi in tutto il mondo, al contempo le modalità con cui le imprese operano hanno un profondo impatto sui diritti dei lavoratori, delle comunità e dei consumatori all'interno e al di fuori dell'Europa; che il diritto internazionale in materia di diritti umani impone agli Stati l'obbligo di tutelare i diritti umani, di assicurare che le imprese attive nella loro giurisdizione non violino tali diritti e di garantire che le vittime abbiano accesso a efficaci forme di ricorso;
S. considerando che la comunità imprenditoriale può svolgere un ruolo importante nella promozione dei diritti umani e che tali sforzi sono auspicabili e dovrebbero essere sostenuti dalle istituzioni pubbliche in tutto il mondo; che la promozione dei diritti umani dovrebbe essere considerata una piattaforma di cooperazione tra il settore pubblico e quello privato;
T. considerando che il sistema di preferenze generalizzate plus (SPG+) accordato ai paesi terzi impone una clausola di rispetto delle convenzioni internazionali relative ai diritti umani e ai diritti del lavoro;
U. considerando che l'articolo 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (UDHR) stabilisce che uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione, e hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all'atto del suo scioglimento, e che il matrimonio deve essere contratto solo con il libero e pieno consenso dei futuri sposi;
V. considerando che l'articolo 14 della UDHR riconosce il diritto di ogni individuo di cercare asilo dalle persecuzioni in altri paesi; che la Convenzione delle Nazioni Unite sullo status dei rifugiati afferma chiaramente che tutti i rifugiati hanno diritto a una protezione speciale e che nessuno Stato può espellere un rifugiato o rimandarlo in un territorio dove sarebbe vittima di persecuzioni o dove la sua vita e la sua libertà sarebbero minacciate;
W. considerando che l'articolo 18 della UDHR riconosce il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; che il numero di incidenti correlati alla libertà di religione o di credo è sensibilmente aumentato, come conseguenza, tra l'altro, del numero crescente di conflitti di carattere religioso;
X. considerando che l'articolo 25 della UDHR riconosce il diritto di ogni individuo a un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, in cui la maternità e l'infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza, comprese le cure mediche; che la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia, il trattato in materia di diritti umani più ampiamente ratificato, celebra il suo 25° anniversario; che la risoluzione 26/28 del CDU chiede che il prossimo forum sociale del CDU sia incentrato sull'accesso ai farmaci nel contesto del diritto di ciascuno di godere del miglior stato di salute fisica e mentale possibile; che l'atto costitutivo dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) prevede che il godimento del miglior stato di salute possibile costituisce un diritto fondamentale di ogni essere umano, senza distinzione di razza, religione, opinioni politiche e condizione economica o sociale;
Y. considerando che gli effetti dei cambiamenti climatici, come l'aumento delle temperature, l'innalzamento del livello del mare e condizioni meteorologiche più estreme, accresceranno le sfide legate all'instabilità globale e, di conseguenza, la minaccia di gravi violazioni dei diritti umani;
Z. considerando che l'accesso all'acqua potabile sicura e a strutture igienico-sanitarie è un diritto umano, che deriva dal diritto a un tenore di vita adeguato ed è intrinsecamente legato al diritto di godere del miglior stato di salute fisica e mentale possibile, nonché al diritto alla vita e alla dignità umana; che circa 2,6 miliardi di persone, vale a dire la metà del mondo in via di sviluppo, non hanno accesso neppure a una semplice latrina "migliorata" e che 1,1 miliardi di persone non hanno alcun accesso all'acqua potabile;
AA. considerando che la presente relazione, anche se elaborata in risposta alla relazione annuale dell'UE sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2013 adottata dal Consiglio, rappresenta un'analisi previsionale delle attività dell'Unione in questo settore; che il Parlamento, nelle sue risoluzioni sulle relazioni annuali precedenti e sul riesame della strategia dell'UE in materia di diritti dell'uomo, ha sottolineato la necessità di una riflessione continua sulle sue pratiche relative all'integrazione dei diritti umani nelle sue attività, al seguito da dare alle risoluzioni d'urgenza sulle violazioni della democrazia, dei diritti umani e dello Stato di diritto e al controllo del rispetto delle clausole sulla democrazia e i diritti umani in tutti gli accordi stipulati dall'UE con paesi terzi;
Centralità dei diritti umani nelle politiche esterne dell'Unione
1. rammenta che il preambolo della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea afferma che l'UE "pone la persona e la dignità umana al centro della sua azione";
2. invita tutte le istituzioni dell'Unione e gli Stati membri a porre i diritti umani al centro delle relazioni dell'UE con tutti i paesi terzi, compresi i partner strategici, e in tutte le dichiarazioni e le riunioni ad alto livello; sottolinea l'importanza di un'attuazione efficace, coerente e uniforme della politica dell'Unione in materia di diritti umani, in linea con i chiari obblighi previsti dall'articolo 21 TUE e dal quadro strategico dell'UE sui diritti umani e la democrazia; si congratula con il nuovo VP/AR per aver apertamente espresso il proprio chiaro impegno a favore dell'attuazione di tali principi;
3. sottolinea l'importanza che gli Stati membri dell'Unione si esprimano con una sola voce a sostegno dell'indivisibilità, dell'inviolabilità e dell'universalità dei diritti umani e, in particolare, della ratifica di tutti gli strumenti internazionali in materia di diritti umani stabiliti dalle Nazioni Unite; invita l'Unione a sostenere l'indivisibilità e l'inviolabilità dei diritti umani, compresi quelli sanciti dal Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali, conformemente all'articolo 21 TUE; invita l'Unione a promuovere ulteriormente le norme universali in materia di diritti umani quale base per il proprio impegno con i paesi terzi e le organizzazioni regionali, nell'ambito dei dialoghi politici e relativi ai diritti umani e dei negoziati commerciali;
4. accoglie con favore la decisione della Commissione di mettere lo Stato di diritto al centro del processo di allargamento; esorta l'UE a monitorare attentamente l'attuazione delle disposizioni a tutela dei diritti delle persone appartenenti a minoranze durante l'intero processo di allargamento;
5. mette in guardia, tuttavia, sulle conseguenze indesiderate di una continua estensione dell'elenco dei diritti umani e dell'inclusione di questioni controverse di natura ideologica o politica, dato che ciò potrebbe ridurre il sostegno generale all'idea stessa di universalità e indivisibilità dei diritti umani;
6. osserva che, in aggiunta alle sofferenze umane, l'UE dovrebbe altresì prendere atto di tutte le conseguenze derivanti dal mancato rispetto dei diritti umani laddove la violazione di tali diritti e la mancanza di partecipazione democratica legittima sono causa di instabilità, corruzione, fallimento degli Stati, crisi umanitarie o conflitti armati, fenomeni che rischiano di compromettere gli sforzi profusi dall'Unione nella sua politica di sviluppo e ai quali l'UE o gli Stati membri sono tenuti a far fronte nell'ambito della politica estera e di sicurezza; accoglie favorevolmente, a tale proposito, i recenti sforzi dell'UE finalizzati a includere le violazioni dei diritti umani nel suo quadro di allarme rapido legato alla prevenzione delle crisi; chiede, tuttavia, un'azione preventiva più forte ed esorta il VP/AR, la Commissione e gli Stati membri a elaborare uno strumento di prevenzione delle crisi basato sui diritti umani da aggiungere all'approccio globale dell'UE alle crisi e ai conflitti esterni e da includere nella prossima strategia di sicurezza europea riveduta;
7. ritiene che l'UE, comprese le sue delegazioni, debba individuare i segnali di preallarme, come la repressione delle minoranze e le violazioni dei diritti umani, che sono indice di potenziali conflitti e catastrofi umanitarie; invita l'UE a mettere a punto le migliori prassi per la promozione e la tutela dei diritti umani nelle situazioni post catastrofe e post conflitto, con particolare attenzione alle persone con disabilità, alle donne e ai minori, nonché ad altri gruppi vulnerabili, mettendo a disposizioni dati e adottando misure pertinenti con riferimento concreto alle persone con disabilità, elaborando piani per la prevenzione delle catastrofi che contemplino le persone con disabilità, formando il personale di servizio interessato e offrendo ricoveri di emergenza e siti per i soccorsi in caso di catastrofe che siano accessibili, nonché con un'attenzione all'integrazione della dimensione dei diritti umani nelle operazioni di soccorso, ripresa e ricostruzione, rispettando i principi umanitari di umanità, imparzialità, neutralità e indipendenza e l'approccio all'assistenza umanitaria basato sui bisogni;
8. incoraggia l'Unione a garantire che vi sia una sinergia tra le opportunità di sostegno offerte dallo strumento di stabilità, dallo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (EIDHR) e dal Fondo europeo per la democrazia;
9. esprime profonda preoccupazione per l'aumento di gravi violazioni dei diritti umani derivante dal terrorismo in tutto il mondo; rinvia a una relazione del 2014 che indicava un aumento del 62% dell'attività terroristica dal 2012 al 2013 e un aumento da 15 a 24 dei paesi dove il terrorismo ha provocato più di 50 morti; esorta il VP/AR e il Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE), in considerazione dell'aumento dell'attività terroristica, a collaborare più strettamente e in modo più efficiente con i governi per combattere tutte le forme di terrorismo;
10. sostiene che la negazione del genocidio e di altri crimini contro l'umanità, oltre agli atti di razzismo, xenofobia o odio religioso, costituiscono una chiara violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali e dovrebbero pertanto essere condannati;
11. invita il VP/AR Federica Mogherini e i ministri degli Esteri dell'UE a iscrivere regolarmente all'ordine del giorno del Consiglio "Affari esteri" la discussione sugli sforzi compiuti dall'Unione per ottenere il rilascio di difensori dei diritti umani, giornalisti, attivisti politici e altri che esercitano i loro diritti in modo pacifico;
La relazione annuale dell'Unione europea sui diritti umani e la democrazia nel mondo quale strumento di segnalazione per la politica dell'Unione europea in materia di diritti umani e di democrazia
12. accoglie con favore l'adozione da parte del Consiglio della relazione annuale dell'Unione europea sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2013; invita il VP/AR ad assumere per il futuro l'impegno di partecipare a due discussioni annuali dedicate alla politica di promozione dei diritti umani e della democrazia dell'UE durante le sedute plenarie del Parlamento, di presentare la relazione dell'UE e di rispondere alla relazione del Parlamento;
13. considera deplorevole il fatto che la Commissione non abbia dato una risposta scritta alla summenzionata risoluzione del Parlamento sulla relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo 2012 e ritiene che tali risposte scritte siano estremamente importanti ai fini della cooperazione interistituzionale in tale settore e che non possano essere sostituite dalla discussione in Aula, che concede meno tempo alla riflessione e alla risposta sistematica a tutti i punti sollevati dal Parlamento;
14. elogia il SEAE e la Commissione per i loro resoconti completi e chiari relativi alle azioni intraprese dall'Unione durante il periodo di riferimento; ribadisce tuttavia che le relazioni nazionali, in particolare, dovrebbero prevedere un quadro generale delle principali tendenze positive e negative e valutare l'efficacia delle azioni dell'UE; osserva che una segnalazione pubblica più accurata, basata in particolare su priorità e indicatori identificati in tali strategie riservate dell'UE in materia di diritti umani incoraggerebbe una maggiore coerenza nell'attuazione della condizionalità in materia di diritti umani o nella valutazione dell'impatto delle politiche dell'Unione su tali diritti;
15. resta del parere che le istituzioni dell'Unione dovrebbero adoperarsi congiuntamente per migliorare il formato della relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo affinché possa raggiungere un vasto pubblico conservando al contempo la sua completezza in quanto relazione sull'attuazione del quadro strategico e del piano d'azione sui diritti umani e la democrazia; ribadisce la sua disponibilità a prendere parte a una cooperazione attiva e costruttiva tra le istituzioni dell'UE nell'ambito della preparazione delle relazioni future; ribadisce la sua richiesta relativa all'inclusione nella relazione annuale di una sezione sull'attuazione del piano d'azione da parte degli Stati membri;
Attuazione del quadro strategico e del piano d'azione dell'UE
16. ribadisce la sua valutazione positiva del quadro strategico e del piano d'azione dell'UE sui diritti umani e la democrazia, adottato dal Consiglio nel 2012, quale tappa fondamentale per aprire nuove prospettive nell'elaborazione delle politiche e riconfermare l'impegno dell'Unione rispetto all'obbligo previsto dal trattato di integrare i diritti umani in tutte le politiche esterne dell'UE "senza alcuna eccezione";
17. ricorda che i diritti umani sono diventati una componente essenziale dell'azione esterna dell'Unione nonché un aspetto concreto dell'identità di quest'ultima nelle sue relazioni bilaterali, multilaterali e istituzionali;
18. apprezza gli sforzi compiuti dal SEAE e dalla Commissione per riferire al Parlamento europeo sull'attuazione del primo piano d'azione dell'UE sui diritti umani e la democrazia; invita il VP/AR e il SEAE ad associare gli Stati membri, la Commissione, il Parlamento, la società civile e le organizzazioni regionali e internazionali all'analisi e alle consultazioni finalizzate all'adozione di un nuovo piano d'azione che entri in vigore all'inizio del 2015; accoglie favorevolmente le discussioni volte a meglio definire le priorità degli obiettivi nel nuovo piano d'azione e a migliorare la leggibilità, l'efficacia e la coerenza di questo strumento della politica esterna dell'UE; avverte tuttavia che non sarebbe opportuno ridurre l'ambito del piano d'azione o abbassare il livello di ambizione per quanto riguarda l'integrazione sistematica dei diritti umani in tutti i settori di politica dell'UE;
19. incoraggia tutte le parti coinvolte nell'azione esterna dell'UE ad assumere la titolarità della politica esterna dell'Unione relativamente ai diritti umani e dei diversi strumenti ad essa associati, nonché a garantire che si tenga conto di tali diritti in maniera trasversale, fra l'altro organizzando regolari attività formative sul tema destinate ai funzionari interessati;
20. esprime particolare preoccupazione quanto all'attuazione dell'impegno assunto nell'ambito del quadro strategico di "porre i diritti umani al centro delle relazioni dell'UE con i paesi terzi, ivi compresi i partner strategici"; sollecita pertanto una particolare attenzione da parte del VP/AR e del SEAE affinché tale impegno sia rispettato e sia garantita l'integrazione sistematica dei diritti umani e della democrazia nelle relazioni dell'UE con i partner strategici, in contesti centrali quali le riunioni al vertice e le conclusioni del Consiglio; raccomanda inoltre all'UE, in caso di gravi violazioni dei diritti umani da parte di un paese partner con cui è stato siglato un accordo, di adottare misure più efficaci ai fini dell'applicazione delle sanzioni del caso, quali sancite dalle clausole in materia di diritti umani dell'accordo, compresa una possibile sospensione (temporanea) dello stesso;
21. invita il VP/AR, in coordinamento con tutti gli altri Commissari, a elaborare un programma che integri sistematicamente i diritti umani in varie attività dell'UE, in particolare nei settori dello sviluppo, della migrazione, dell'ambiente, dell'occupazione, della protezione dei dati in Internet, del commercio, degli investimenti, della tecnologia e degli affari;
22. si compiace che il VP/AR abbia dichiarato pubblicamente la necessità di rivedere la strategia dell'UE nei confronti di tutti i suoi partner strategici, comprese la Cina e la Russia, e lo invita a considerare prioritari i diritti umani in detti paesi nel corso del suo mandato, chiarendo che le gravi violazioni di tali diritti rappresentano una minaccia per le relazioni bilaterali tra l'UE e i suoi partner strategici;
Mandato del rappresentante speciale dell'Unione europea per i diritti umani
23. riconosce l'importanza del mandato conferito al primo rappresentante speciale dell'Unione europea (RSUE) per i diritti umani e si congratula con l'attuale titolare del mandato per il lavoro svolto finora; incoraggia il RSUE a continuare ad accrescere la visibilità dell'Unione e l'impegno che ha contratto con le pertinenti organizzazioni multilaterali e i meccanismi regionali attivi nel settore dei diritti umani (le Nazioni Unite, il Consiglio d'Europa, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici, l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, l'Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico, l'Unione africana e l'Organizzazione per la Cooperazione Islamica), a promuovere le priorità tematiche chiave dell'Unione espresse negli orientamenti dell'UE in materia di diritti umani, ad adoperarsi per l'emancipazione della società civile nel mondo, a contribuire all'integrazione, alla coerenza, all'uniformità e all'efficacia della politica dell'Unione in materia di diritti umani, e a trovare il giusto equilibrio tra diplomazia silenziosa e pubblica; riconosce la necessità di conferire maggiore visibilità al ruolo del RSUE per i diritti umani, il quale, supportato dai vari servizi interni alle istituzioni dell'UE ai fini di un buon coordinamento, deve disporre del potere d'iniziativa e poter prendere la parola pubblicamente;
24. invita il Consiglio ad adottare, come principio generale, la prassi che consiste nell'includere in modo sistematico la cooperazione con il RSUE per i diritti umani nel mandato dei futuri rappresentanti speciali geografici;
25. chiede che la carica di RSUE per i diritti umani sia mantenuta in vista di una sua trasformazione in una funzione permanente, dotata dei mezzi adeguati per svolgere pienamente i suoi compiti, tra cui l'impiego della diplomazia pubblica;
Coerenza interna/esterna della politica dell'UE in materia di diritti umani e democrazia
26. sottolinea che la politica dell'UE in materia di diritti umani deve essere coerente nel rispettare gli obblighi derivanti dal trattato, garantire la coerenza tra le azioni interne ed esterne, ed evitare la disparità di criteri; chiede pertanto l'adozione delle conclusioni del Consiglio "Affari esteri" sui diritti umani con riferimento ai partner strategici; chiede inoltre, in tale contesto, che siano fissate soglie minime comuni oltre le quali gli Stati membri e i funzionari dell'UE sono tenuti a segnalare alle controparti dei partner strategici le loro preoccupazioni in materia di diritti umani, tenendo presenti nel contempo le circostanze legate alla situazione di ciascun paese;
27. sottolinea che la coerenza dell'azione dell'Unione nei confronti dei paesi terzi è condizione essenziale per la sua credibilità e quindi per la sua efficacia, e che le divergenze e le incongruenze rendono tale azione meno valida e fanno sì che le opinioni dell'UE sui diritti umani rimangano inascoltate; ricorda che, nonostante le numerose difficoltà incontrate, la coerenza resta un obiettivo prioritario della politica esterna che deve essere al centro del mandato di tutti gli attori di tale politica;
28. reputa essenziale, d'altro canto, che i requisiti in materia di diritti umani fissati dall'Unione e applicabili nel quadro delle sue relazioni con i paesi terzi si applichino anche agli Stati membri; ricorda, a tale proposito, che il Parlamento europeo approva una relazione annuale sulla situazione dei diritti fondamentali nell'Unione europea, elaborata dalla commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni;
29. invita il SEAE a rafforzare la gestione, il controllo e la responsabilità dei fondi dell'UE per la difesa dei diritti umani;
30. sottolinea le notevoli sfide poste dall'annessione della Crimea da parte della Russia e dalla prosecuzione del coinvolgimento militare nell'Ucraina orientale; sottolinea altresì che questa politica di aggressione non fa che confermare la deriva della Russia verso un regime autoritario, accompagnata da un peggioramento della situazione dei diritti umani all'interno del paese; fa osservare che la Russia rappresenta ora una "sfida strategica" per l'UE e che non rispetta più i criteri del partenariato strategico;
31. invita l'UE ad affrontare in modo efficace le sfide interne in materia di diritti umani, ad esempio la situazione dei rom, il trattamento dei profughi e dei migranti, la discriminazione delle persone LGBTI, le condizioni di detenzione e la libertà dei mezzi di comunicazione negli Stati membri, così da mantenere credibilità e coerenza nella politica esterna in materia di diritti umani; ritiene deplorevole che la minoranza rom continui a essere oggetto di discriminazione, razzismo ed esclusione sociale sia nell'Unione europea che nei paesi dei Balcani occidentali candidati all'adesione o in Turchia; osserva a tale proposito che il rispetto dei diritti delle minoranze è tra le sfide chiave individuate nella strategia di allargamento della Commissione per il 2014-2015;
Strumenti di politica dell'UE in materia di diritti umani
Strategie nazionali in materia di diritti umani e ruolo delle delegazioni UE
32. si compiace con il SEAE per il positivo completamento del primo ciclo di strategie nazionali in materia di diritti umani, che sono state fortemente incentrate sulla titolarità a livello delle delegazioni UE; si rammarica tuttavia che continui a sussistere una mancanza di trasparenza per quanto riguarda il contenuto delle strategie nazionali, e in particolare che non vi sia un'informazione adeguata del Parlamento europeo; chiede ancora una volta che siano divulgate quanto meno le principali priorità di ciascuna strategia nazionale e che il Parlamento abbia accesso alle strategie, in un contesto appropriato, così da consentire un livello adeguato di controllo; esorta il SEAE ad adottare indicatori che servano a valutarne l'efficacia e a trattare più esplicitamente le sezioni nazionali della relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo come relazioni di attuazione sulle strategie nazionali; rammenta l'impegno dell'UE a garantire che le strategie nazionali in materia di diritti umani siano prese in considerazione a tutti i livelli del processo di adozione delle politiche con i paesi terzi, compresi i dialoghi politici e sui diritti umani;
33. sottolinea la necessità per le delegazioni UE di elaborare una relazione annuale sulle loro attività nel settore dei diritti umani;
34. accoglie positivamente la rete, quasi completata, dei punti di contatto sui diritti umani e degli ufficiali di collegamento per i difensori dei diritti umani presso le delegazioni UE; invita il VP/AR e il SEAE a elaborare chiari orientamenti operativi riguardo al loro ruolo in seno alle delegazioni, così da consentire loro di realizzare appieno il proprio potenziale, creare norme credibili ed evitare incoerenze tra le delegazioni UE;
35. incoraggia ad approfondire la cooperazione tra le reti diplomatiche degli Stati membri e le delegazioni UE nel mondo, al fine di contribuire alle riflessioni dei gruppi di lavoro sui diritti umani nei paesi terzi;
36. invita il SEAE a garantire che i casi dei difensori dei diritti umani incarcerati siano trattati in tutte le riunioni di alto livello tra l'UE e i paesi terzi, comprese quelle del Consiglio di cooperazione/Consiglio di associazione; insiste affinché tutte le strategie nazionali in materia di diritti umani UE-paesi terzi includano una sezione sui difensori dei diritti incarcerati;
37. rammenta l'impegno a integrare i diritti umani in tutte le valutazioni d'impatto dell'UE; insiste sull'importanza di tale impegno al fine di garantire che l'UE rispetti, tuteli e realizzi i diritti umani, e che le sue politiche e attività esterne siano pensate e attuate in modo tale da consolidare i diritti umani al di fuori dei suoi confini; invita l'UE, attraverso una migliore consultazione e un migliore coordinamento con la società civile e le proprie istituzioni, a migliorare la qualità e la sistematicità delle sue valutazioni d'impatto sui diritti umani;
Dialoghi e consultazioni in materia di diritti umani
38. ribadisce il proprio sostegno a favore di dialoghi specifici in materia di diritti umani quali strumenti della politica dell'UE in tale settore, a condizione che non costituiscano un fine in sé, ma che siano un mezzo per garantire impegni e risultati specifici della controparte; riconosce l'importanza di avviare un dialogo specificamente dedicato ai diritti umani, in particolare con paesi che presentano seri problemi sotto tale profilo; sottolinea tuttavia la necessità che l'UE tragga chiare conclusioni politiche quando il dialogo in materia di diritti umani non porta a risultati positivi a causa della mancanza di disponibilità della controparte a impegnarsi in buona fede o della mancanza di un reale impegno di riforma, e che ponga l'accento sulla diplomazia pubblica per evitare di compromettere la credibilità della politica dell'Unione in materia di diritti umani presso l'opinione pubblica; sconsiglia inoltre di dissociare le discussioni sui diritti umani dai dialoghi politici di alto livello; insiste affinché i singoli casi di difensori dei diritti umani a rischio di incarcerazione o già detenuti, oppure di prigionieri politici, siano effettivamente trattati dall'UE in modo responsabile e trasparente; chiede, in caso di gravi violazioni dei diritti umani, che la questione sia posta al centro del dialogo politico a tutti i livelli;
39. esorta il SEAE a mettere a punto un meccanismo globale di revisione per contribuire a valutare i dialoghi alla luce del mancato raggiungimento di risultati significativi e tangibili; sollecita l'UE a rafforzare i propri parametri di riferimento per contribuire a misurare la riuscita dei dialoghi e a renderli più efficaci, cosa che contribuirebbe ad avvicinare i paesi con gravi problemi nel settore dei diritti umani agli standard adottati al riguardo a livello internazionale; sollecita altresì l'UE, alla luce, ad esempio, del mancato raggiungimento di risultati significativi e tangibili nel quadro del dialogo UE-Cina sui diritti umani, nonché dei recenti sviluppi a Hong Kong, a ripensare la propria strategia in materia di diritti umani e ad adottare un approccio più coerente, unificato e strategico in materia;
40. deplora che, a causa della varietà di strutture, formati, periodicità e metodi impiegati, nonché del carattere riservato di questi scambi, non esista un reale meccanismo di controllo e di analisi di tali dialoghi, e che manchino gli indicatori di avanzamento; raccomanda che si chiariscano gli obiettivi di ciascun dialogo e che se ne valutino i risultati in consultazione con il Parlamento europeo;
41. esorta il SEAE a continuare ad attivarsi con tutti i paesi con cui intrattiene attualmente dialoghi sui diritti umani richiedendo impegni concreti alle rispettive autorità e dando regolarmente un seguito alle richieste da esse sollevate durante le consultazioni;
Orientamenti dell'UE in materia di diritti umani
42. accoglie positivamente l'adozione da parte del Consiglio degli orientamenti dell'UE per la promozione e la tutela dell'esercizio di tutti i diritti umani da parte di lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali, e degli orientamenti dell'UE sulla promozione e la protezione della libertà di religione o di credo, in entrambi i casi durante l'anno di riferimento 2013, nonché degli orientamenti dell'UE sulla libertà di espressione online e offline, nel 2014;
43. ribadisce che l'adozione di orientamenti non deve introdurre una selettività nel sistema dei diritti umani, giacché i principi di universalità e indivisibilità devono rimanere centrali; invita la Commissione a definire, congiuntamente al Parlamento europeo e a rappresentanti della società civile, i criteri per la selezione delle tematiche che sono oggetto di tali orientamenti, così da chiarire il processo di selezione;
44. invita la Commissione a completare gli orientamenti, che dovrebbero stabilire obiettivi, criteri, mezzi, calendari e indicatori nonché a includere un riesame regolare, armonizzandone il contenuto e il formato onde migliorarne la leggibilità; ricorda a tale proposito la recente raccomandazione formulata dal Parlamento europeo affinché l'attuazione degli orientamenti in materia di tortura sia efficace e orientata al risultato;
45. raccomanda una maggiore partecipazione degli attori della società civile all'elaborazione, alla valutazione e alla revisione degli orientamenti;
46. esorta il SEAE e il Consiglio a intraprendere azioni adeguate per attuare e valutare gli orientamenti dell'UE a livello nazionale; incoraggia il SEAE e gli Stati membri a impegnarsi inoltre nella formazione continua e nella sensibilizzazione del personale del SEAE e delle delegazioni UE, così come dei diplomatici nazionali, al fine di assicurare che gli orientamenti dell'UE in materia di diritti umani abbiano gli effetti desiderati nella definizione delle politiche sul terreno;
Politiche dell'UE a sostegno della democratizzazione e delle elezioni
47. sottolinea che i regimi democratici sono caratterizzati non solo dall'organizzazione di elezioni, ma anche dal rispetto dello Stato di diritto, dalla libertà di parola, dal rispetto dei diritti umani, da un sistema giudiziario indipendente e da un'amministrazione imparziale; invita la Commissione e il SEAE ad appoggiare i processi democratici avviati nei paesi terzi; sottolinea, a tale proposito, che è importante dare seguito ai resoconti e alle raccomandazioni delle missioni di osservazione elettorale, utilizzandoli come parte dell'impegno dell'UE a sostegno della democrazia con il paese interessato e dando mandato all'osservatore in capo di svolgere un ruolo speciale nel controllo di follow-up dell'attuazione delle raccomandazioni, quale parte coerente dell'approccio globale di sostegno alla democrazia del Parlamento europeo e con il supporto degli organi permanenti dell'Istituzione; rileva il ruolo positivo che possono svolgere le missioni di osservazione elettorale dell'UE al fine di garantire la credibilità di quest'ultima in quanto partner;
48. invita l'UE a continuare ad adoperarsi per definire le migliori pratiche in questo campo, onde sostenere e consolidare i processi di democratizzazione; incoraggia lo sviluppo di strumenti sia politici che operativi da applicare nei paesi prioritari per integrare nell'approccio dell'UE, in modo coerente, flessibile e credibile, le misure in materia di diritti umani e i provvedimenti a sostegno della democrazia, comprese misure di prevenzione dei conflitti e di mediazione;
49. sottolinea che la transizione politica e la democratizzazione devono essere combinate con il rispetto dei diritti umani, la promozione della giustizia, la trasparenza, la responsabilità, la riconciliazione, lo Stato di diritto e la creazione di istituzioni democratiche; chiede all'UE di sostenere sistematicamente i parlamenti eletti in modo libero ed equo; sottolinea la necessità di investire nei dialoghi politici tra partiti al governo e partiti all'opposizione;
50. ricorda che, in seguito alle primavere arabe, l'Unione europea ha ridefinito la propria politica di vicinato nei confronti del sud del Mediterraneo e ha insistito sul ruolo della società civile e sul principio "più progressi, più aiuti" al fine di sviluppare partenariati più solidi con i paesi vicini e accompagnare le loro riforme e transizioni democratiche;
51. è del parere che l'approccio "più progressi, più aiuti" finalizzato al miglioramento dei risultati dovrebbe guidare le relazioni dell'UE con tutti i paesi terzi, che l'Unione dovrebbe concedere uno status avanzato ai paesi partner solo se vengono soddisfatti chiari requisiti in materia di diritti umani e democrazia, e che non dovrebbe esitare a congelare questo status se detti requisiti non sono più soddisfatti;
52. chiede un impiego efficace delle nuove tecnologie e del Web mondiale per rendere le informazioni sui diritti umani e la democrazia, nonché sui programmi dell'UE, quanto più possibile accessibili alle persone di tutto il mondo;
53. accoglie positivamente i lavori finora condotti su paesi pilota da nove delegazioni UE per rafforzare la coerenza del sostegno alla democrazia nelle relazioni esterne dell'Unione, quali varati nelle conclusioni del Consiglio del 2009 e 2010 e poi integrati nel quadro strategico e piano d'azione dell'UE sui diritti umani e la democrazia nel 2012;
54. chiede alla Commissione e al SEAE di rafforzare il loro coordinamento con il Parlamento europeo per quanto concerne la seconda generazione di paesi pilota, in modo da assicurare che tutte le istituzioni dell'UE partecipino e associno la loro esperienza nell'efficace perseguimento del sostegno alla democrazia nei paesi terzi;
55. si congratula con il Fondo europeo per la democrazia per il lavoro efficace svolto a livello della promozione della democrazia nei paesi nostri vicini ed è favorevole a una cauta estensione del suo mandato ad altre società che lottano per la democratizzazione; invita gli Stati membri, in uno spirito di solidarietà e impegno, ad alimentare il bilancio del Fondo con finanziamenti sufficienti, al fine di garantire un sostegno il più flessibile ed efficace possibile agli attori locali del cambiamento democratico;
56. sottolinea l'importanza di rafforzare il ruolo delle donne nella promozione dei diritti umani e delle riforme democratiche, nel sostegno alla prevenzione dei conflitti e nel consolidamento della partecipazione e della rappresentanza politiche; osserva inoltre, a tale riguardo, che le raccomandazioni contenute nelle relazioni delle missioni di osservazione elettorale dell'UE riguardanti una piena ed equa partecipazione delle donne al processo elettorale dovrebbero essere prese in considerazione e portare a iniziative concrete;
57. rammenta che l'allargamento è stato lo sforzo di democratizzazione più riuscito dell'UE e sottolinea che i negoziati con i Balcani occidentali restano lo strumento principale per aiutare tali paesi a creare società democratiche a pieno titolo;
Il sostegno dell'UE ai difensori dei diritti umani
58. accoglie positivamente le conclusioni del Consiglio dedicate ai difensori dei diritti umani in occasione del 10° anniversario degli orientamenti dell'UE sui difensori dei diritti umani; elogia, inoltre, la Commissione per aver fatto un uso più intenso dei finanziamenti dello Strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (EIDHR) allo scopo di fornire un'assistenza d'urgenza a difensori dei diritti umani in situazioni di immediato pericolo; incoraggia la Commissione a continuare a ricercare nuovi sistemi per sostenere i difensori dei diritti umani; ricorda in questo contesto l'importanza del Fondo europeo per la democrazia quale strumento di promozione e di tutela degli attivisti pro-democrazia, dei blogger e dei giornalisti di tutto il mondo;
59. deplora il fatto che la persecuzione e l'emarginazione dei difensori dei diritti umani continuino a essere una tendenza diffusa in tutto il mondo, in particolare nei paesi che non accettano l'universalità dei diritti umani;
60. invita l'UE a prestare un'attenzione particolare alla questione dei difensori dei diritti umani detenuti in tutto il mondo e alla necessità, per l'Unione, di adoperarsi maggiormente sul piano collettivo per garantire il rilascio di tali persone istituendo, tra l'altro, un gruppo di lavoro interno del Parlamento europeo che si tenga aggiornato, grazie a una stretta collaborazione con la società civile, sui casi degli attivisti detenuti in tutto il mondo;
61. ribadisce il suo invito al SEAE a continuare a proteggere le ONG, i difensori dei diritti umani, gli attivisti della società civile, i giornalisti e gli avvocati potenziando l'efficacia dei dialoghi UE riguardanti i diritti umani e promuovendo le priorità tematiche e gli orientamenti dell'Unione in tale materia; incoraggia in questo contesto l'organizzazione di campagne volte a raggiungere i difensori dei diritti umani anche nelle aree più remote dei paesi terzi, così da contribuire alla realizzazione degli obiettivi di politica dell'Unione;
62. invita il SEAE e la Commissione a garantire la disponibilità di sovvenzioni dell'UE e di altri programmi non solo per le grandi ONG, ma anche per rafforzare le capacità locali; esorta pertanto a ridurre gli oneri burocratici preservando, nel contempo, la responsabilità nelle procedure di candidatura e in quelle contabili, e incoraggia a tenere conto della crescente pressione che grava sulla società civile a causa di regimi repressivi; chiede un approccio più pragmatico nei confronti delle società in transizione verso la democrazia, per garantire il sostegno delle organizzazioni e delle persone adeguate;
63. chiede che il SEAE e le delegazioni UE avviino un dialogo politico autentico e pragmatico con i difensori dei diritti umani e le ONG, volto a trovare il modo migliore di sostenere un contesto che sia favorevole alla loro attività; chiede che l'UE potenzi la sua diplomazia attiva nei paesi terzi e rafforzi la posizione dei punti focali per i diritti umani al fine di integrare sistematicamente detti diritti nell'attività politica quotidiana delle pertinenti delegazioni UE, menzionando sistematicamente i nomi dei prigionieri politici, seguendo i processi, visitando le carceri e assicurando il follow-up dei casi in questione; sottolinea la necessità che l'UE utilizzi la diplomazia pubblica per sostenere i difensori dei diritti umani e chieda il rilascio degli attivisti detenuti; insiste affinché i rappresentanti ad alto livello dell'UE, in particolare il VP/AR, il Presidente del Consiglio, i Commissari, i rappresentanti speciali dell'Unione e i funzionari dei governi degli Stati membri, incontrino sistematicamente i difensori dei diritti umani, segnatamente in occasione delle loro missioni in paesi in cui la società civile è sotto pressione;
64. invita il VP/AR e i ministri degli Esteri dell'Unione europea a tenere una sessione annuale del Consiglio "Affari esteri" dedicata alla discussione degli sforzi compiuti dall'UE per ottenere il rilascio di difensori dei diritti umani, giornalisti, attivisti politici e altre persone che esercitano i propri diritti in modo pacifico, prestando particolare attenzione ai casi sollevati nelle risoluzioni del Parlamento europeo riguardanti i dibattiti su casi di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto;
Il sostegno dell'UE ai diritti umani universali e alle organizzazioni multilaterali per i diritti umani
65. ricorda l'impegno del Parlamento e della sua sottocommissione per i diritti dell'uomo a sostenere un solido sistema multilaterale per i diritti umani sotto l'egida delle Nazioni Unite, compresi il Terzo Comitato dell'Assemblea generale, il Consiglio per i diritti umani, l'Ufficio dell'Alto commissario per i diritti umani, e le attività correlate delle agenzie specializzate dell'ONU, quali l'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), nonché le procedure speciali dell'ONU;
66. rammenta l'importanza delle decisioni pronunciate dalla Corte europea dei diritti umani e della loro attuazione da parte dei paesi interessati, in merito al rispetto e al consolidamento dei diritti umani quali valori e principi basilari;
67. ricorda la sua posizione inequivoca, che ufficializza la sua partecipazione alle sessioni dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, come espresso nella sua risoluzione del 7 febbraio 2013 sulle priorità dell'UE all'UNHRC; reputa indispensabile mantenere la prassi di inviare una delegazione del Parlamento europeo alle pertinenti sedute del Consiglio per i diritti umani e dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite e deplora che nel 2014 tale prassi sia stata interrotta;
68. ribadisce l'importanza che l'UE partecipi attivamente a tutti i meccanismi per i diritti umani dell'ONU, in particolare al Terzo Comitato dell'Assemblea generale e al Consiglio per i diritti umani; incoraggia gli Stati membri dell'UE ad agire in tal senso, co-patrocinando risoluzioni e facendosene promotori, partecipando attivamente a dibattiti e a dialoghi interattivi e rilasciando dichiarazioni; appoggia vigorosamente la crescente prassi dell'UE di attuare iniziative transregionali;
69. sottolinea ancora una volta l'importanza di un coordinamento e di una cooperazione efficaci tra il SEAE, la Commissione, il Parlamento e gli Stati membri in materia di diritti umani; incoraggia il SEAE, in particolare tramite le delegazioni dell'Unione di New York e Ginevra, a rafforzare la propria coerenza sulla base di consultazioni tempestive e concrete, al fine di presentare la posizione dell'UE "con una sola voce";
70. ricorda l'importanza dell'azione dell'UE in seno all'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) nel momento in cui quest'ultima si appresta a stilare il bilancio dei suoi 40 anni di esistenza; incoraggia il rafforzamento dei legami tra l'UE, l'OSCE e il Consiglio d'Europa;
71. rammenta altresì l'importanza del lavoro svolto dal Consiglio d'Europa in materia e la necessità per l'UE di aderire rapidamente alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo come previsto dai trattati;
72. ribadisce l'importanza di integrare i lavori svolti a New York e Ginevra nel contesto dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, del Terzo Comitato e del Consiglio per i diritti umani nelle pertinenti attività interne ed esterne dell'UE, al fine di assicurarne la coerenza;
La politica dell'UE in materia di giustizia penale internazionale e Corte penale internazionale
73. ribadisce il suo pieno sostegno alle attività della Corte penale internazionale (CPI) volte a porre fine all'impunità degli autori dei crimini più gravi, che sono motivo di preoccupazione per la comunità internazionale, e a offrire giustizia alle vittime dei crimini di guerra, dei crimini contro l'umanità e del genocidio; permane vigilante riguardo a ogni tentativo di minare la legittimità o l'indipendenza della Corte; ricorda il ruolo fondamentale della Corte nel duplice processo di giustizia e riconciliazione; esorta l'UE e i suoi Stati membri a collaborare con la Corte e a offrirle un forte sostegno diplomatico e politico nelle relazioni bilaterali e in tutti i consessi, comprese le Nazioni Unite; esprime preoccupazione per il fatto che diversi mandati d'arresto non siano ancora stati eseguiti; invita l'UE, i suoi Stati membri e i rappresentanti speciali dell'UE a promuovere attivamente la CPI, l'esecuzione delle sue decisioni e la lotta contro l'impunità per i reati contemplati dallo Statuto di Roma; considera il crescente numero degli Stati aderenti come uno sviluppo importante per rafforzare l'universalità della Corte; accoglie favorevolmente la ratifica dello Statuto di Roma da parte della Costa d'Avorio a febbraio 2013, ma deplora che nessuno Stato abbia ratificato lo Statuto nel 2014; incoraggia l'UE e i suoi Stati membri a intensificare gli sforzi per promuovere la ratifica e l'attuazione dello Statuto di Roma, al fine di ampliare l'accesso alla giustizia per le vittime di gravi crimini ai sensi del diritto internazionale; invita gli Stati membri dell'UE, in quanto Stati parte dello Statuto di Roma della CPI, a fornire a quest'ultima le risorse necessarie affinché possa esercitare il proprio mandato in modo equo ed efficace; incoraggia l'UE a continuare a fornire assistenza alla giustizia penale internazionale e alla CPI, anche sostenendo gli attori della società civile attraverso lo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (EIDHR);
74. reitera il suo invito alla creazione di un rappresentante speciale dell'Unione europea per la giustizia internazionale e il diritto umanitario internazionale, onde conferire a tali temi l'importanza e la visibilità che meritano, far avanzare efficacemente l'agenda dell'UE e integrare la lotta contro l'impunità in tutte le azioni esterne dell'UE;
75. deplora il fatto che lo Statuto di Roma della CPI non sia ancora stato incluso nell'elenco del nuovo regolamento SPG relativo alle convenzioni necessarie per ottenere lo status SPG+; osserva che un certo numero di candidati allo status SPG+ (ad esempio, l'Armenia e il Pakistan) non sono parti dello statuto o non lo hanno ratificato; ribadisce la sua raccomandazione di inserire lo Statuto di Roma in un futuro elenco delle convenzioni;
76. ribadisce il suo invito all'UE di adottare una posizione comune in merito al reato di aggressione e agli emendamenti di Kampala e invita gli Stati membri ad allineare rapidamente le loro legislazioni nazionali con le definizioni contenute negli emendamenti di Kampala e con gli altri obblighi derivanti dallo Statuto di Roma, al fine di consentire indagini nazionali e la prosecuzione da parte di Stati membri nonché di rafforzare la cooperazione con la Corte;
77. chiede a tutti gli Stati membri, in vista del 100° anniversario del genocidio armeno, di riconoscerlo e li incoraggia, insieme alle istituzioni europee, a contribuire ulteriormente al riconoscimento del genocidio armeno;
78. esorta il SEAE a diffondere le buone prassi in materia di diritti, protezione e sostegno delle vittime di reati e violenza nei paesi terzi e a scambiare politiche anticorruzione con i paesi terzi dato che la corruzione è spesso l'anticamera dell'impunità e l'origine dell'ingiustizia nei confronti delle vittime;
L'azione dell'UE contro la pena di morte
79. ribadisce la propria opposizione univoca alla pena capitale e incoraggia l'UE e i suoi Stati membri a continuare a condurre una politica di alto profilo volta all'abolizione della pena di morte a livello mondiale; esorta il SEAE a rimanere vigilante riguardo agli sviluppi in tutti i paesi e a utilizzare tutti gli strumenti di influenza di cui dispone;
80. esprime il suo pieno sostegno alla risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, del dicembre 2014, dal titolo: "Moratoria sull'uso della pena di morte"(23);
81. invita l'UE a continuare ad avvalersi della cooperazione e della diplomazia per perseguire l'abolizione della pena di morte in tutti i consessi possibili a livello mondiale, in linea con gli orientamenti dell'UE sulla pena di morte, e a garantire che il diritto a un giusto processo sia pienamente rispettato per tutte le persone che rischiano l'esecuzione, senza ricorso alla tortura e ad altri maltrattamenti per estorcere confessioni;
82. esprime la propria preoccupazione alla luce del riportato aumento nel numero di esecuzioni nel mondo dal 2012 al 2013, malgrado il fatto che le esecuzioni siano confinate a una sempre decrescente minoranza di paesi; chiede che l'UE prenda le debite iniziative riguardo al tasso costantemente elevato delle esecuzioni capitali in Cina e in Iran, alla ripresa delle esecuzioni in Indonesia, Kuwait, Nigeria e Vietnam, alle esecuzioni di minori in Iran, Arabia Saudita e Yemen nel 2013, nonché al netto aumento delle esecuzioni riportate in Iraq e Arabia Saudita;
83. accoglie con favore la ripresa, negli Stati Uniti, del dibattito sull'arbitrarietà e la suscettibilità all'errore della pena capitale, della campagna volta a porre fine al trasporto dall'Europa agli Stati Uniti di sostanze utilizzate per le esecuzioni e dell'abolizione della pena di morte da parte dello stato del Maryland nel 2013; incoraggia il VP/AR, il rappresentante speciale dell'UE e il SEAE ad attivarsi presso il governo federale statunitense e i governi nazionali al fine di accelerare l'eliminazione della pena di morte negli Stati Uniti, per rafforzare la cooperazione transatlantica a livello internazionale e far avanzare in modo credibile i diritti umani, la giustizia internazionale e la democrazia;
84. incoraggia la Commissione a utilizzare la nuova flessibilità offerta dallo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (EIDHR) per esplorare nuovi modi di fare campagna per l'abolizione della pena di morte e sostenere azioni volte a prevenire sentenze capitali o esecuzioni;
85. sottolinea l'importanza che l'UE continui a monitorare le condizioni in cui si svolgono le esecuzioni nei paesi che ancora praticano la pena di morte e a sostenere una riforma giuridica e costituzionale che porti alla piena e totale abolizione;
86. rammenta la sua ferma convinzione che la pena di morte, in quanto violazione del diritto all'integrità personale e alla dignità umana, sia incompatibile con il divieto di pena crudele, disumana o degradante in virtù del diritto internazionale e invita il SEAE e gli Stati membri a riconoscere formalmente tale incompatibilità e adattare di conseguenza la politica dell'UE sulla pena capitale; sottolinea l'esigenza di interpretare i pertinenti orientamenti sulla pena capitale e sulla tortura come trasversali;
L'azione dell'UE contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti
87. esorta il VP/AR e il SEAE, alla luce delle continue informazioni sulla diffusione di prassi di tortura e abusi nel mondo, ad intensificare gli sforzi dell'UE nella lotta contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti; ribadisce le sue preoccupazioni che l'azione dell'UE in tale ambito resti largamente insufficiente e sia inferiore agli impegni previsti dagli orientamenti dell'UE sulla tortura; chiede, in particolare, maggiore sostegno dell'UE per la creazione e il rafforzamento di meccanismi nazionali e regionali per la prevenzione della tortura; prende atto della proposta di regolamento della Commissione, del 14 gennaio 2014, recante modifica del regolamento (CE) n. 1236/2005 del Consiglio relativo al commercio di determinate merci che potrebbero essere utilizzate per la pena di morte, per la tortura o per altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti (COM(2014)0001), che risponde alla sua risoluzione del 17 giugno 2010;
88. rammenta che, ai sensi degli articoli 7 e 8 dello Statuto di Roma della CPI, la tortura commessa sistematicamente o su larga scala può costituire un crimine di guerra o un crimine contro l'umanità; sottolinea che il principio della responsabilità di proteggere conferisce alla comunità internazionale una responsabilità speciale che essa è chiamata a esercitare;
89. incoraggia il SEAE a rivolgere un'attenzione minuziosa alle conclusioni per paese del Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura, del sottocomitato istituito nell'ambito del protocollo facoltativo della Convenzione contro la tortura e del Comitato del Consiglio d'Europa per la prevenzione della tortura, e a trattare queste preoccupazioni in modo sistematico con i paesi interessati e in dichiarazioni pubbliche; invita il SEAE, in particolare le delegazioni dell'UE, e gli Stati membri, in particolare le ambasciate in loco, ad intensificare l'attuazione degli orientamenti dell'UE in materia di tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti; invita l'Unione e gli Stati membri a potenziare il controllo sul commercio dei prodotti che potrebbero essere utilizzati per atti di tortura o trattamenti inumani e degradanti, nonché sull'esportazione delle tecnologie e dei beni a duplice uso;
90. sottolinea il fatto che i membri dei gruppi vulnerabili, quali le minoranze etniche, linguistiche e religiose, sono molto spesso esposti alla tortura o a maltrattamenti durante la detenzione e, pertanto, richiedono un'attenzione particolare;
91. condanna le esportazioni da parte di imprese europee di prodotti e armi che potrebbero essere utilizzati a fini di tortura e per altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, ivi compreso nel quadro della repressione di manifestazioni; sostiene, a tale proposito, il processo di revisione del regolamento (CE) n. 1236/2005;
92. ribadisce l'importanza di meccanismi di controllo efficaci su taluni farmaci che possono essere impiegati per le esecuzioni e per apparecchiature che possono essere utilizzate per la tortura; invita la Commissione a far fronte alle restanti lacune nel regolamento introducendo una clausola onnicomprensiva di uso finale che vieti l'esportazione di qualsiasi farmaco che potrebbe essere impiegato a fini di tortura o di esecuzione;
93. invita l'Unione e i suoi Stati membri ad adoperarsi per la ratifica da parte di tutti i paesi terzi della Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate del 20 dicembre 2006;
I diritti umani negli accordi commerciali dell'UE e in altri accordi internazionali
94. invita l'UE ad accertarsi che gli accordi commerciali con i paesi terzi favoriscano il loro sviluppo economico e sociale e garantiscano una buona gestione delle loro risorse naturali, in particolare della terra e dell'acqua; ribadisce la sua richiesta di includere sistematicamente clausole sui diritti umani vincolanti, applicabili e non negoziabili in tutti gli accordi internazionali dell'UE, compresi gli accordi commerciali e di investimento, conclusi e da concludere con paesi terzi; e chiede una migliore consultazione del Parlamento europeo nelle prime fasi del processo di negoziazione degli accordi commerciali e di investimento, il controllo efficace dell'applicazione delle clausole sui diritti umani e che il Parlamento sia tenuto informato sugli aspetti degli accordi attinenti ai diritti umani;
95. sottolinea che la politica commerciale contribuisce al conseguimento degli obiettivi globali dell'UE e che, a norma dell'articolo 207 del TFUE, la politica commerciale dell'UE dev'essere condotta "nel quadro dei principi e obiettivi dell'azione esterna dell'Unione"; e che, a norma dell'articolo 3 del TUE, l'Unione "contribuisce alla pace, alla sicurezza, allo sviluppo sostenibile della Terra, alla solidarietà e al rispetto reciproco tra i popoli, al commercio libero ed equo, all'eliminazione della povertà e alla tutela dei diritti umani, in particolare dei diritti del minore, e alla rigorosa osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale, in particolare al rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite";
96. invita la Commissione a tenere conto, in sede di elaborazione della sua futura strategia commerciale, dell'importante ruolo del commercio e degli accordi internazionali nella promozione dei diritti umani sulla scena internazionale;
97. insiste sulla necessità di proseguire la cooperazione e il dialogo a livello multilaterale in materia di diritti umani fra l'Unione europea e, in particolare, l'Organizzazione mondiale del commercio e le Nazioni Unite, al fine di assicurare un quadro commerciale multilaterale che contribuisca al rispetto dei diritti dell'uomo;
98. ricorda che l'SPG presuppone il rispetto dei principi delle convenzioni internazionali sui diritti umani e delle norme fondamentali del lavoro da parte dei paesi beneficiari, e prevede un regime speciale di preferenze tariffarie supplementari per promuovere la ratifica e l'effettiva attuazione delle principali convenzioni internazionali sui diritti umani e del lavoro, la tutela ambientale e la buona governance; rammenta che il mancato rispetto di tali condizioni può comportare la sospensione del regime commerciale; ricorda l'importanza di effettuare un controllo regolare e una valutazione dell'attuazione delle convenzioni internazionali da parte dei paesi che beneficiano dell'SPG+;
99. si compiace dell'entrata in vigore, il 1° gennaio 2014, del sistema SPG riveduto; ricorda che nel sistema di preferenze generalizzate è stato mantenuto l'SPG+ e che il requisito per i paesi che chiedono di beneficiare dell'SPG+ è di impegnarsi a cooperare pienamente e senza riserve con le organizzazioni internazionali per quanto riguarda il rispetto delle convenzioni internazionali relative ai diritti dell'uomo e ai diritti dei lavoratori;
Imprese e diritti umani
100. deplora la perdurante assenza, a livello mondiale, di un approccio globale alle modalità di rispetto delle norme in materia di diritti umani da parte delle imprese, il che consente a taluni Stati e ad alcune imprese di non tenere conto di tali regole; sottolinea pertanto la necessità di adottare norme sulla responsabilità sociale delle imprese (RSI); sostiene vigorosamente l'attuazione dei principi guida su imprese e diritti umani delle Nazioni Unite; invita, in particolare, la Commissione ad adottare misure efficaci volte a rendere operativo il quadro dell'ONU "Proteggere, rispettare e rimediare", proposto da John Ruggie, rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite per le imprese e i diritti umani; ribadisce l'importanza di promuovere i principi della RSI, anche per le imprese che operano fuori dai confini dell'UE, nonché di garantire il rispetto della RSI lungo l'intera catena di approvvigionamento, in particolare per quanto concerne il commercio illegale di legname, il traffico di specie selvatiche e il commercio dei minerali provenienti da zone di conflitto; è convinto che le imprese europee, le loro controllate e i loro fornitori dovrebbero svolgere un ruolo fondamentale nella promozione e nella divulgazione delle norme internazionali relative alle attività economiche e ai diritti umani a livello globale;
101. chiede che la Commissione e il SEAE incoraggino le delegazioni dell'UE in tutto il mondo ad attivarsi presso le imprese europee al fine di promuovere il rispetto dei diritti umani e per garantire che il tema "imprese e diritti umani" sia iscritto tra i punti chiave negli inviti a presentare proposte a livello locale dello strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (EIDHR); invita gli Stati membri a controllare che le imprese soggette al diritto nazionale non si sottraggano al rispetto dei diritti umani e delle norme sociali, sanitarie e ambientali cui sono soggette quando si installano o conducono le proprie attività in un paese terzo;
102. richiama l'attenzione sulla strategia dell'UE per la responsabilità sociale delle imprese per il periodo 2011-2014, che invita gli Stati membri a elaborare piani nazionali per l'applicazione dei principi guida dell'ONU in materia di imprese e diritti umani; ribadisce il proprio invito alla Commissione a riferire regolarmente sull'attuazione dei principi guida su imprese e diritti umani delle Nazioni Unite da parte degli Stati membri, anche nei loro piani d'azione nazionali; deplora l'assenza di progressi da parte della Commissione nel rispondere alla richiesta del Parlamento di proporre una legislazione che imponga alle imprese dell'UE di garantire che le loro transazioni non sostengano i responsabili di conflitti e di gravi violazioni dei diritti umani;
103. ribadisce che le imprese europee debbono dar prova di debita diligenza onde garantire che le loro operazioni rispettino i diritti umani, ovunque vengano condotte; sottolinea l'importanza di informazioni significative sull'impatto sociale, ambientale e in termini di diritti umani, da parte dei progetti sostenuti dalle istituzioni finanziarie europee; insiste sulla necessità che tali istituzioni garantiscano la conformità delle loro attività con l'articolo 21 del TUE che prevede, tra l'altro, l'obbligo di rispettare i diritti umani;
104. osserva che le imprese non dovrebbero considerare tale quadro come una sfida, bensì come un'opportunità per creare un nuovo potenziale di attività nelle regioni che necessitano maggiormente di investimenti sostenibili e responsabili, e un mezzo per contribuire al rispetto dei diritti umani nei paesi in via di sviluppo;
105. invita la Commissione e il Consiglio a garantire che le aziende di proprietà di cittadini di paesi terzi o di Stati terzi stabilite negli Stati membri non sostengano i perpetratori di conflitti o gravi violazioni dei diritti umani, comprese le moderne forme di schiavitù come la tratta degli esseri umani e la loro occupazione in condizioni odiose;
106. invita la Commissione e il SEAE a prendere iniziative decise per migliorare l'accesso alla giustizia per le vittime di violazioni dei diritti umani connessi a operazioni commerciali al di fuori dell'UE; sottolinea altresì la necessità di introdurre mezzi di ricorso efficaci volti a sanzionare le imprese colpevoli di violazioni dei diritti umani e a prevedere il risarcimento delle vittime di dette violazioni;
107. invita l'Unione europea a impegnarsi nel dibattito emergente su uno strumento internazionale giuridicamente vincolante riguardante imprese e diritti umani nell'ambito del sistema delle Nazioni Unite;
108. rammenta le quattro norme fondamentali e universali in materia di lavoro, ancorate agli strumenti dell'Organizzazione internazionale del lavoro, ovvero la libertà di associazione e il diritto alla contrattazione collettiva; l'eliminazione di tutte le forme di lavoro forzato, sfruttamento e schiavitù; l'abolizione del lavoro minorile; e l'eliminazione della discriminazione in materia di occupazione;
109. ricorda, in particolare, l'assoluta necessità di rispettare la libertà sindacale e di combattere tutte le forme di repressione in questo ambito, compreso l'assassinio di sindacalisti;
110. osserva con profonda preoccupazione che, stando all'OIL, circa 21 milioni di persone, tra uomini, donne e bambini, sono vittime di una qualche forma di schiavitù; sottolinea la necessità di affrontare i diritti umani in modo olistico e indivisibile, ponendo l'accento sia sui diritti civili e politici, che su quelli economici, sociali, culturali e ambientali, e impegnandosi in modo vincolante in tal senso, poiché senza tali diritti non può esserci sviluppo; sottolinea la necessità di affrontare le cause profonde della povertà; evidenzia l'obbligo di rispettare le norme internazionali del lavoro, in linea con la realizzazione dell'agenda per il lavoro dignitoso dell'OIL; ritiene che le questioni sociali debbano occupare un ruolo più centrale nelle relazioni esterne dell'UE; si rammarica, a tale proposito, che l'UE non disponga di un formula standard per una "clausola sociale", da inserire in tutti gli accordi commerciali esterni; esorta pertanto l'UE ad incorporare un capitolo sullo sviluppo e una clausola sociale che rifletta le norme fondamentali del lavoro dell'OIL in tutti i suoi accordi commerciali esterni;
111. osserva che il deterioramento della situazione della sicurezza nel mondo e l'aggravarsi della crisi finanziaria dopo il collasso del 2008 sono all'origine di un aumento del lavoro minorile nei paesi più poveri del mondo e potrebbero avere implicazioni sul piano legale e in termini di reputazione per le imprese che importano beni dai paesi in via di sviluppo; esorta l'Alto rappresentante/vicepresidente e il SEAE a continuare a sostenere il programma internazionale per l'eliminazione del lavoro minorile, in particolare nei paesi in via di sviluppo in cui un numero deplorevole di minori è costretto a lavorare per arrotondare il reddito familiare;
L'azione dell'UE per garantire la libertà di espressione dei diritti online e offline e per limitare l'impatto delle tecnologie di sorveglianza sui diritti umani
112. riconosce che la rapida evoluzione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione ha trasformato il contesto in cui si esercita la libertà di espressione e di accesso alle informazioni in tutto il mondo, generando sia grandi vantaggi, sia serie preoccupazioni; accoglie con favore, in tale contesto, l'adozione da parte del Consiglio, nel maggio 2014, degli orientamenti specifici dell'UE in materia di libertà di espressione online e offline;
113. ribadisce che la libertà di espressione e la libertà, l'indipendenza e il pluralismo dei mezzi di comunicazione sono elementi essenziali per una democrazia sostenibile, massimizzando il coinvolgimento della società civile e rafforzando i diritti dei cittadini, e risultano pertanto imprescindibili per garantire la trasparenza e la responsabilità nella vita pubblica;
114. chiede un maggiore sostegno in ambiti quali la promozione della libertà dei mezzi di comunicazione, la protezione dei giornalisti e dei blogger indipendenti, la riduzione del divario digitale e la promozione di un accesso privo di restrizioni all'informazione e alla comunicazione, come pure di un accesso a Internet non soggetto a censure (libertà digitale);
115. invita l'UE e i suoi Stati membri a rafforzare il controllo e a condannare in modo chiaro e rapido tutte le limitazioni alla libertà di espressione, compreso il ricorso aggressivo alle leggi penali in materia di diffamazione e ad altre leggi restrittive, a criteri restrittivi o a procedure macchinose per l'accesso all'iscrizione in qualità di giornalista o a qualsiasi professione correlata ai mezzi di comunicazione, nonché alla creazione di sedi dei media, e ad adottare iniziative forti per sostenere un migliore accesso alle informazioni di pubblico interesse;
116. condanna tutte le restrizioni alla comunicazione digitale, compresa la chiusura di siti Web e il blocco di account personali, quando hanno come obiettivi la società civile, gli attivisti per le libertà civili e la libertà dei mezzi di comunicazione;
117. esprime preoccupazione per la proliferazione e diffusione di tecnologie di controllo, sorveglianza, censura e filtraggio, che costituiscono una crescente minaccia per gli attivisti dei diritti umani e la democrazia nei paesi autocratici e sollevano anche inquietanti interrogativi circa il diritto alla privacy nei paesi democratici, anche quando sono utilizzati con finalità legittime quali la lotta contro il terrorismo, la sicurezza dello Stato o l'applicazione della legge;
118. riconosce che produttori importanti di tecnologie di intrusione e sorveglianza, che possono essere utilizzate per violazioni dei diritti umani e per attaccare l'infrastruttura digitale europea, si trovano in Europa; invita la Commissione a rivedere il sistema europeo di controllo sulle esportazioni per evitare che tecnologie pericolose cadano nelle mani sbagliate;
119. loda la Commissione per la pubblicazione, nel giugno 2013, degli orientamenti settoriali per il settore delle TIC (tecnologie dell'informazione e della comunicazione) sull'attuazione dei principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani; resta tuttavia preoccupato dinanzi al commercio di prodotti e servizi volti a negare l'accesso a Internet, a consentire la sorveglianza di massa e il controllo del traffico Internet e delle comunicazioni mobili, a filtrare i risultati delle ricerche o a intercettare conversazioni private; ricorda la comunicazione della Commissione, del 24 aprile 2014, dal titolo "Revisione della politica di controllo delle esportazioni: garantire la sicurezza e la competitività in un mondo che cambia" (COM(2014)0244) che, tra le altre cose, riconosce i problemi legati ai diritti umani incontrati nell'esportazione di taluni tipi di TIC; chiede pertanto alla Commissione di riflettere su come migliorare tale situazione ai fini dell'eventuale adozione di orientamenti aggiornati sul controllo delle esportazioni;
120. invita la Commissione a continuare a sostenere le iniziative connesse allo sviluppo e alla diffusione di tecnologie per la sicurezza digitale, per conferire un ruolo più incisivo ai difensori dei diritti umani fornendo loro meccanismi sicuri per la raccolta, la cifratura e l'archiviazione al fine di evitare il controllo da parte di governi repressivi;
Il sostegno dell'UE alla società civile e alla libertà di riunione e di associazione
121. esprime la propria profonda preoccupazione riguardo alla contrazione del margine d'azione legittimo per la società civile in molti paesi del mondo; ritiene che una società civile libera costituisca uno dei fondamenti per la tutela e il sostegno dei diritti umani e dei valori democratici in tutte le società; accoglie con favore, a tale proposito, tutti i programmi dell'UE finalizzati alla formazione di giovani professionisti di paesi terzi e alla semplificazione dei programmi di scambio per gli studenti dei paesi terzi, in quanto promuovono la partecipazione attiva dei giovani al rafforzamento della democrazia e contribuiscono in modo efficace allo sviluppo della società civile;
122. invita l'Unione e i suoi Stati membri a migliorare il controllo su tutte le restrizioni alla libertà di riunione e di associazione, tra cui il divieto di organizzazioni della società civile, l'uso aggressivo delle leggi penali sulla diffamazione e di altre leggi restrittive, gli obblighi di registrazione e di rendiconto eccessivi, le regole troppo restrittive in materia di finanziamenti esteri e il divieto alle ONG di impegnarsi in attività politiche o di avere contatto con stranieri, e a condannare tali restrizioni tempestivamente e senza ambiguità;
123. invita l'UE e i suoi Stati membri a sollevare la questione delle violazioni della libertà di riunione e associazione a ogni livello del dialogo politico, anche al livello più elevato, qualora altre forme di dialogo, compreso quello sui diritti umani, non siano riuscite ad apportare un miglioramento concreto sul campo; esorta l'UE e i suoi Stati membri a utilizzare tali dialoghi per sollevare singoli casi preoccupanti, in particolare tutti i casi relativi a persone che sono incarcerate solo per avere esercitato il loro diritto di riunione pacifica e associazione;
124. incoraggia i rappresentanti delle delegazioni dell'Unione e delle ambasciate degli Stati membri a monitorare i processi dei difensori dei diritti umani e di tutti coloro che sono detenuti esclusivamente per avere esercitato il diritto di riunione pacifica e associazione e, se del caso, a condannare pubblicamente il mancato rispetto del diritto a un processo equo;
125. invita l'UE a fare del rispetto e della promozione della libertà di riunione e associazione priorità essenziali nel quadro del futuro piano d'azione dell'UE sui diritti umani e la democrazia, e a definire azioni specifiche a tale proposito, dal momento che la libertà di riunione e la libertà di associazione costituiscono elementi fondamentali della democrazia e di una società aperta;
126. ribadisce che approva il fatto che la maggior parte dei finanziamenti dell'EIDHR siano destinati al sostegno dei difensori dei diritti umani e delle azioni della società civile in tutto il mondo e sostiene lo sviluppo di fondi per la difesa legale al fine di aiutare i giornalisti e gli attivisti perseguitati ad avere accesso a un avvocato e a un processo equo;
127. sottolinea l'importanza degli istituti nazionali per i diritti umani a livello nazionale ai fini del controllo e della sensibilizzazione in materia di diritti umani, come pure per garantire mezzi di ricorso alle vittime di violazioni; invita l'UE a sviluppare una politica a sostegno degli istituti nazionali per i diritti umani, conformemente ai principi di Parigi, e a renderla prioritaria nell'ambito dell'assistenza esterna, in particolare nel quadro dello strumento europeo di vicinato;
Libertà di pensiero, di coscienza e di religione o di credo
128. condanna tutte le violenze e discriminazioni fondate sull'ideologia, sulla religione o sulle convinzioni personali, come sancito dall'articolo 10 TFUE; esprime profonda preoccupazione per le continue notizie di violenze e discriminazioni contro minoranze religiose in tutto il mondo, compreso il Medio Oriente; sottolinea che il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza, di religione o di credo è un diritto umano fondamentale, correlato ad altri diritti umani e libertà fondamentali, e comprende il diritto di credere o non credere, il diritto di professare o meno una religione o un credo così come e il diritto di adottare un credo di propria scelta, di cambiarlo, abbandonarlo o tornare a farlo proprio, come sancito dall'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo;
129. invita l'Unione e i suoi Stati membri a garantire che le minoranze religiose siano rispettate in tutto il mondo, in particolare in Medio Oriente, dove i cristiani, tra cui i cattolici, gli armeni apostolici, i copti e gli yazidi, nonché le minoranze musulmane, sono perseguitati dall'ISIS e da altri gruppi terroristici;
130. condanna fermamente gli attacchi contro i cristiani in vari paesi del mondo ed esprime solidarietà alle famiglie delle vittime; è profondamente preoccupato per il numero crescente di episodi di repressione, discriminazione, intolleranza e attacchi violenti nei confronti delle comunità cristiane, in particolare in Africa, Asia e Medio Oriente; invita altresì i governi a portare dinanzi alla giustizia tutti i responsabili; è profondamente preoccupato per la situazione attuale dei cristiani in Corea del Nord, Somalia, Siria, Iraq, Afghanistan, Arabia Saudita, Pakistan, Uzbekistan, Yemen, Nigeria e molti altri paesi, dove i cristiani vivono nel timore di essere uccisi, torturati, stuprati e rapiti e vedono le loro chiese danneggiate o distrutte;
131. esprime profonda preoccupazione per la situazione delle persone appartenenti alla minoranza dei musulmani rohingya in Myanmar/Birmania, a cui viene negata la cittadinanza del Myanmar/Birmania e che subiscono sistematicamente violazioni dei diritti umani e persecuzioni; ricorda la sua risoluzione del 13 giugno 2013 sulla situazione dei musulmani rohingya(24);
132. accoglie favorevolmente l'adozione, durante l'anno di riferimento 2013, degli orientamenti dell'UE sulla promozione e la tutela della libertà di religione o di credo e invita le istituzioni dell'Unione e gli Stati membri a rivolgere particolare attenzione all'attuazione di tali orientamenti sia nei fori internazionali e regionali che nell'ambito delle relazioni bilaterali con i paesi terzi, concentrandosi in particolare sulla situazione vulnerabile degli apostati; loda il nuovo VP/AR per avere affermato che la libertà di religione o di credo costituisce una delle priorità nell'ambito dei diritti umani; incoraggia il VP/AR e il SEAE a impegnarsi in un dialogo permanente con le ONG, i gruppi religiosi o di credo e i leader religiosi;
133. accoglie con favore l'impegno dell'Unione europea a promuovere il diritto alla libertà di religione o di credo nell'ambito dei consessi internazionali e regionali, tra cui le Nazioni Unite, l'OSCE, il Consiglio d'Europa e altri meccanismi regionali; esorta l'UE a continuare a presentare la sua risoluzione annuale sulla libertà di religione o di credo in seno all'Assemblea generale delle Nazioni Unite e a sostenere il mandato del relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di religione o di credo;
Diritti delle donne e delle ragazze
134. accoglie con favore il sostegno dell'UE alle risoluzioni delle Nazioni Unite sulle questioni di genere, in particolare sull'eliminazione della violenza contro le donne e le ragazze, sulla discriminazione nei confronti delle donne e sul ruolo della libertà di espressione e di opinione nell'emancipazione femminile, come pure alle dichiarazioni delle Nazioni Unite sul matrimonio forzato e precoce e sulle mutilazioni genitali femminili;
135. invita l'UE a partecipare attivamente alla 59ª sessione della Commissione sulla condizione delle donne e a continuare a lottare contro ogni tentativo di minare la Piattaforma d'azione di Pechino delle Nazioni Unite in relazione, tra l'altro, all'accesso all'istruzione e alla salute quali diritti umani fondamentali e ai diritti sessuali e riproduttivi;
136. deplora il fatto che i corpi delle donne e delle ragazze, in particolare riguardo alla loro salute sessuale e riproduttiva e ai relativi diritti, rimangano a tutt'oggi un campo di battaglia ideologico e invita l'UE e i suoi Stati membri a riconoscere i diritti inalienabili delle donne e delle ragazze all'integrità fisica e all'autonomia decisionale per quanto concerne, tra l'altro, il diritto di accedere alla pianificazione familiare volontaria e all'aborto sicuro e legale, la libertà dalla violenza, compresa la mutilazione genitale femminile, i matrimoni infantili, precoci e forzati e lo stupro coniugale.
137. conferma nuovamente la propria condanna di ogni tipo di abuso e violenza contro le donne e le ragazze, in particolare la violenza sessuale utilizzata come arma da guerra e la violenza domestica; invita di conseguenza tutti gli Stati membri del Consiglio d'Europa a firmare e ratificare la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica; invita l'UE in quanto tale a prendere misure per aderire alla Convenzione, al fine di garantire la coerenza tra l'azione interna ed esterna dell'Unione in materia di violenza contro le donne e le ragazze;
138. esprime profonda preoccupazione per il fatto che i governi fingano di non vedere casi inumani di abusi sessuali nei confronti di donne, in un momento in cui una donna su tre in tutto il mondo sperimenterà la violenza nel corso della propria vita; esorta il SEAE a stabilire ulteriori buone prassi sulla lotta agli stupri e alla violenza sessuale contro le donne nei paesi terzi, al fine di affrontare le cause profonde di tale problema;
139. sottolinea che è importante che le autorità si impegnino a realizzare campagne educative rivolte agli uomini, e in particolare alle generazioni più giovani, al fine di prevenire e progressivamente eliminare tutti i tipi di violenza basata sul genere; sottolinea l'esigenza di provvedere a che gli operatori sanitari, i funzionari di polizia, i magistrati e i giudici, sia nell'UE che nei paesi terzi, ricevano adeguata formazione per dare assistenza e aiuto alle vittime di violenza;
140. sottolinea che la violenza basata sul genere, comprese le pratiche nocive dettate dalle consuetudini e dalle tradizioni, costituisce una violazione dei diritti fondamentali e in particolare della dignità umana, del diritto alla vita e del diritto all'integrità della persona;
141. rileva che la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica è un importante strumento internazionale vincolante e che quindi l'adesione a essa di un numero sempre crescente di paesi contribuirà in modo significativo allo sviluppo di una politica integrata per la protezione e il rafforzamento dei diritti delle vittime e per la promozione della cooperazione internazionale in questo settore;
142. invita il Consiglio a includere la questione degli aborti "selettivi" negli orientamenti dell'UE sulle violenze contro le donne; incoraggia la Commissione e il Consiglio a sviluppare metodi e indicatori per la raccolta dei dati su questo fenomeno, e invita il SEAE a includere questa questione nello sviluppo e nell'attuazione delle strategie nazionali in materia di diritti umani;
143. sottolinea l'importanza di organizzare campagne di informazione e sensibilizzazione nelle comunità in cui vengono praticati mutilazione genitale femminile, abusi sessuali sulle giovani ragazze, matrimoni precoci e forzati, femminicidi e altre violazioni dei diritti umani basate sul genere, nonché di coinvolgere nell'elaborazione e nell'attuazione di tali campagne i difensori dei diritti umani che operano già per porre fine a tali pratiche; ricorda che i matrimoni infantili, precoci e forzati e la mancata applicazione di un'età minima legale per il matrimonio costituiscono non solo una violazione dei diritti dei minori, ma anche un vero e proprio freno all'emancipazione delle donne;
144. condanna fermamente il ricorso, come tattica di guerra, a violenze sessuali contro le donne e le ragazze quali lo stupro di massa, la schiavitù sessuale, la prostituzione forzata, le forme di persecuzione basate sul genere, inclusa la mutilazione genitale femminile, la tratta, il turismo sessuale, i matrimoni precoci e forzati, i delitti d'onore e tutte le altre forme di violenza sessuale di gravità paragonabile; resta particolarmente preoccupato a questo riguardo per la situazione, ad esempio, nella regione dei Grandi Laghi in Africa e in Siria; esprime il proprio sostegno ai lavori di UN Women, al relatore speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne, le sue cause e conseguenze, e al rappresentante speciale delle Nazioni Unite sulla violenza sessuale nei conflitti; accoglie con favore il fatto che il Premio Sacharov 2014 sia stato assegnato al dottor Denis Mukwege per la sua lotta straordinaria per proteggere le ragazze e le donne vittime di violenze sessuali durante i conflitti armati;
145. richiama l'attenzione sull'inclusione dei reati connessi al genere e dei reati di violenza sessuale nello Statuto di Roma in quanto crimini di guerra, crimini contro l'umanità o atti costitutivi rispetto al genocidio o alla tortura; accoglie positivamente, in tale contesto, la risoluzione 2106 del consiglio di sicurezza delle Nazioni unite sulla prevenzione della violenza sessuale nei conflitti, adottata il 24 giugno 2013, che ribadisce che la CPI svolge un ruolo chiave nella lotta contro l'impunità per i crimini sessuali e di genere; invita l'UE a sostenere pienamente l'attuazione di questi principi;
146. ricorda inoltre l'impegno dell'UE a integrare i diritti umani e le questioni di genere nelle missioni della politica di sicurezza e di difesa comune, in conformità con le risoluzioni 1325 e 1820 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulle donne, la pace e la sicurezza; ribadisce, a tale proposito, il suo appello all'UE e ai suoi Stati membri affinché sostengano, nel processo di costruzione di una riconciliazione sostenibile, la partecipazione sistematica delle donne in quanto componente essenziale dei processi di pace, e riconoscano la necessità di integrare le prospettive di genere nella prevenzione dei conflitti, nelle operazioni di mantenimento della pace, nell'assistenza umanitaria nonché nei processi di ricostruzione post-bellica e di transizione democratica;
147. ritiene che la sottorappresentanza delle donne nel processo decisionale politico sia una questione che riguarda i diritti fondamentali e la democrazia, valori che dovrebbero mettere in luce la capacità dei governi di dedicare pienamente la loro attenzione ai processi di costruzione e mantenimento della democrazia; accoglie con favore i sistemi di parità stabiliti per legge e le quote di genere e chiede di promuovere quanto prima il necessario processo legislativo;
148. chiede all'UE e ai suoi Stati membri di sostenere la piena partecipazione delle donne al processo decisionale politico ed economico, in particolare nei processi di costruzione della pace, transizione democratica e risoluzione dei conflitti; incoraggia gli Stati membri, la Commissione e il SEAE a concentrarsi sull'emancipazione economica e politica delle donne nei paesi in via di sviluppo, promuovendo il loro coinvolgimento nelle imprese e nell'attuazione di progetti regionali e progetti di sviluppo locale;
149. sottolinea la necessità di garantire alle donne in Europa e nel resto del mondo il diritto di poter operare liberamente ogni scelta individuale al pari degli uomini, senza alcuna imposizione ideologica, politica o religiosa;
Diritti umani e corruzione
150. ricorda che la corruzione costituisce una violazione dei diritti umani e che l'UE ha rivendicato la competenza per la firma della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (UNCAC);
151. si rammarica che non sia ancora stato dato alcun seguito alla richiesta rivolta dal Parlamento al VP/AR di presentare un piano d'azione UE contro la corruzione, al fine di controllare efficacemente le raccomandazioni dell'UNCAC, tra le quali l'obbligo per gli Stati contraenti di pubblicare e diffondere le informazioni sulla corruzione, di stabilire canali per la segnalazione di violazioni e di creare un quadro giuridico adeguato per la protezione dei testimoni e per le attività della società civile in questo settore;
152. incoraggia Europol a sviluppare un maggior numero di partenariati strategici e operativi con i paesi terzi per combattere più efficacemente la corruzione e la criminalità organizzata;
153. invita la Commissione a sviluppare meccanismi finanziari innovativi al fine di attuare le riforme fiscali e rafforzare la lotta contro la corruzione, i flussi finanziari illeciti e l'evasione fiscale; esorta, in tale contesto, a prendere in considerazione partenariati pubblico-privato, a combinare sovvenzioni e prestiti e ad assistere i paesi in via di sviluppo affinché mobilitino meglio le proprie risorse nazionali; segnala l'appello a favore di un'imposta internazionale sulle transazioni finanziarie, che potrebbe fungere da fonte supplementare di finanziamenti per lo sviluppo, e ricorda agli Stati membri che hanno già convenuto l'introduzione di un'imposta nazionale sulle transazioni finanziarie e assunto l'impegno di destinare una parte del gettito al finanziamento di beni pubblici globali, fra cui lo sviluppo;
154. osserva che i paesi terzi che presentano contestualmente una governance debole e un massiccio flusso di aiuti registrano anche un tasso di corruzione superiore che, di conseguenza, dirotta gli aiuti allo sviluppo dall'obiettivo perseguito e pregiudica il consolidamento dei diritti umani; invita il SEAE ad appoggiare programmi di sviluppo in cui gli aiuti umanitari e la trasparenza vadano di pari passo, con l'obiettivo di promuovere i diritti umani nei paesi terzi;
155. ribadisce la sua richiesta all'UE e agli Stati membri di sostenere l'istituzione di un relatore speciale delle Nazioni Unite sui reati finanziari, la corruzione e i diritti umani;
Tratta di esseri umani
156. condanna l'attività illecita della tratta di esseri umani, la tratta di esseri umani ai fini dell'espianto degli organi e qualsiasi altra attività di sfruttamento che viola il diritto all'integrità fisica e infligge violenza; insiste sulla necessità di lottare contro la tratta degli esseri umani, di cui la maggior parte delle vittime sono donne che vengono sfruttate a fini sessuali;
157. invita l'UE ad accordare priorità alla lotta contro la tratta di esseri umani nelle sue politiche sia interne che esterne, rivolgendo un'attenzione particolare alla protezione delle vittime; chiede di intensificare e rivedere periodicamente gli sforzi dell'Unione; sottolinea la necessità di una maggiore cooperazione con i paesi terzi per lo scambio di buone pratiche e lo smantellamento delle reti di traffico internazionale, che fanno anche ricorso a Internet per trovare nuove vittime; ribadisce la necessità che tutti gli Stati membri dell'Unione attuino la direttiva 2011/36/UE e la strategia dell'UE per l'eradicazione della tratta di esseri umani 2012-2016;
Discriminazione fondata sulla casta
158. condanna le continue violazioni dei diritti umani commesse nei confronti di persone che subiscono una discriminazione legata alla casta, le quali si vedono tra l'altro negare l'uguaglianza e l'accesso alla giustizia e al lavoro, sono vittime di una persistente segregazione e sono ostacolate dalla barriera della casta nella fruizione dei diritti umani basilari e dello sviluppo; invita l'UE ad adottare una politica finalizzata a dirigere l'azione per l'eliminazione della discriminazione fondata sulla casta e a includere obiettivi politici sulla discriminazione fondata sulla casta nel nuovo piano d'azione dell'UE sui diritti umani e la democrazia;
Diritti LGBTI
159. deplora che l'omosessualità sia tuttora sanzionata penalmente in 78 paesi, sette dei quali prevedono la pena di morte (Arabia Saudita, Nigeria, Mauritania, Sudan, Sierra Leone, Yemen, Afghanistan, Iran, Maldive e Brunei), e che in 20 paesi siano ancora configurate come reato le identità transgender; condanna fermamente il recente aumento di leggi discriminatorie e ritiene che le pratiche e gli atti di violenza contro gli individui sulla base del loro orientamento sessuale e dell'identità di genere non debbano restare impuniti; incoraggia un rigoroso controllo della situazione in Nigeria, Uganda, Malawi, India e Russia, dove nuove leggi o recenti sviluppi giuridici minacciano gravemente la libertà delle minoranze sessuali; riafferma il proprio sostegno all'incessante lavoro dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani volto a contrastare tali leggi e pratiche discriminatorie, nonché, più in generale, al lavoro delle Nazioni Unite su questo tema;
160. sostiene l'idea che il SEAE debba accordare priorità alle sue azioni in tale ambito e concentrarsi in modo particolare sulle situazioni in cui è in vigore la pena di morte e/o le persone LGBTI sono sottoposte a torture e maltrattamenti, condannando tali pratiche conformemente agli orientamenti dell'UE sulla pena di morte e a quelli in materia di tortura e altri pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti;
161. accoglie positivamente l'adozione, nel giugno 2013, degli orientamenti dell'Unione per la promozione e la tutela dell'esercizio di tutti i diritti umani da parte di lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali (LGBTI); invita il SEAE e la Commissione a sollevare la questione dei diritti delle persone LGBTI nei dialoghi politici e in materia di diritti umani con i paesi terzi e nelle sedi multilaterali; sottolinea l'importanza che la Commissione e il SEAE continuino a sollevare la questione dei diritti delle persone LGBTI nei dialoghi politici e in materia di diritti e umani e ricorrano all'EIDHR per sostenere le organizzazioni che difendono i diritti delle persone LGBTI consentendo loro di sfidare le leggi e le discriminazioni omofobe e transfobiche nei loro confronti, sensibilizzando il grande pubblico nei confronti della discriminazione e della violenza subite da persone di diversi orientamenti sessuali e identità di genere e garantendo che sia prestata assistenza di emergenza (comprese l'assistenza psicosociale e medica, le misure di mediazione e di reintegrazione) a coloro che hanno bisogno di tale sostegno;
162. prende atto della legalizzazione del matrimonio o delle unioni civili tra persone dello stesso sesso in un numero crescente di paesi nel mondo, attualmente diciassette; incoraggia le istituzioni e gli Stati membri dell'UE a contribuire ulteriormente alla riflessione sul riconoscimento del matrimonio o delle unioni civili tra persone dello stesso sesso in quanto questione politica, sociale e di diritti umani e civili;
163. invita la Commissione e l'OMS a eliminare i disturbi dell'identità di genere dall'elenco dei disturbi mentali e comportamentali; invita la Commissione a intensificare gli sforzi per porre fine alla patologizzazione delle identità transgender; incoraggia gli Stati a garantire procedure rapide, accessibili e trasparenti di riconoscimento del genere, che rispettino il diritto all'autodeterminazione;
164. accoglie con favore il crescente sostegno politico per la messa al bando della sterilizzazione quale requisito per il riconoscimento giuridico del genere, come espresso dal relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura, e condivide il punto di vista secondo cui tali requisiti dovrebbero essere trattati e perseguiti come una violazione del diritto all'integrità fisica nonché della salute sessuale e riproduttiva e dei relativi diritti;
165. accoglie positivamente l'annullamento, nell'ottobre 2013, della legge moldova che vietava la "diffusione di relazioni diverse da quelle contemplate dal matrimonio o dalla famiglia" e invita gli altri paesi della regione a seguire l'esempio della Moldova;
Diritti delle persone appartenenti a minoranze nazionali
166. sottolinea che le comunità minoritarie nazionali hanno esigenze specifiche, e che pertanto la piena ed effettiva uguaglianza tra le persone appartenenti a una minoranza nazionale e quelle appartenenti alla maggioranza dovrebbe essere promossa in tutti gli ambiti della vita economica, sociale, politica e culturale;
Diritti delle persone con disabilità
167. accoglie favorevolmente la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità; ribadisce l'importanza di una sua efficace attuazione da parte sia degli Stati membri sia delle istituzioni dell'Unione e sottolinea, in particolare, la necessità di integrare in modo credibile il principio dell'accessibilità universale e la totalità dei diritti delle persone con disabilità in tutti le politiche pertinenti dell'UE, compreso il settore della cooperazione allo sviluppo, e pone l'accento sul carattere prescrittivo e orizzontale di tale questione; evidenzia l'importanza che l'Unione agisca in cooperazione con le pertinenti organizzazioni internazionali e regionali e con la società civile, in particolare con le organizzazioni che rappresentano le persone con disabilità, al fine di garantire che i programmi di sviluppo internazionali tengano conto delle esigenze in termini di accessibilità delle persone con disabilità;
168. incoraggia il VP/AR a continuare a sostenere il processo di ratifica e attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità da parte di quei paesi che non l'hanno ancora ratificata o attuata;
169. esorta il SEAE a rivolgere un'attenzione minuziosa alle osservazioni e raccomandazioni per paese pubblicate dal Comitato sui diritti delle persone con disabilità nonché alle relazioni degli Stati, e a sollevare in modo sistematico queste preoccupazioni nei dialoghi politici con i paesi interessati e nelle dichiarazioni pubbliche; invita la Commissione a preparare ed elaborare principi guida dell'UE volti a promuovere e tutelare l'esercizio di tutti i diritti umani da parte delle persone con disabilità, onde garantire una politica sistematica e coerente a tale proposito, anche nei suoi dialoghi e nei negoziati con i paesi terzi;
170. chiede alla Commissione e al SEAE di incoraggiare le delegazioni dell'Unione in tutto il mondo a collaborare con la società civile per promuovere l'effettivo esercizio dei diritti umani da parte delle persone con disabilità;
Diritti dei minori
171. ribadisce l'invito alla Commissione affinché proponga una strategia ambiziosa e completa sui diritti dei minori e un piano d'azione per i prossimi cinque anni, come richiesto nella risoluzione summenzionata del 27 novembre 2014 sul 25° anniversario della convenzione ONU sui diritti dell'infanzia;
172. vede positivamente la cooperazione dell'UE con l'UNICEF e altre organizzazioni e ONG impegnate a favore dei diritti dei minori, che ha portato a definire una serie di strumenti per l'integrazione dei diritti dei bambini nella cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei principali OSM e di programmi di tutela dei minori ai fini dell'attuazione dei diritti dei minori, in particolare in contesti fragili; accoglie con favore, in particolare, il manifesto dei diritti dell'infanzia e incoraggia più deputati al Parlamento europeo, nonché parlamentari nazionali, a sottoscrivere il manifesto e a diventare "sostenitori dei diritti dei bambini"; accoglie con favore l'uso del denaro del Premio Nobel assegnato all'Unione europea per aiutare i bambini in situazioni di conflitto; ricorda l'importanza di fornire sostegno psicologico a tutti i minori che sono stati direttamente esposti a episodi di violenza o che sono vittime di guerra; sottolinea l'importanza di garantire accesso all'istruzione ai minori coinvolti in conflitti; accoglie con favore la partecipazione dell'UE alla terza conferenza mondiale sul lavoro minorile, tenutasi a Brasilia nell'ottobre 2013, e ai negoziati per la dichiarazione tripartita sul lavoro minorile;
173. sottolinea che è necessario contrastare tutte le forme di lavoro minorile forzato e di sfruttamento dei minori; invita a migliorare l'attuazione della legislazione nazionale e internazionale in vigore che promuove una maggiore consapevolezza riguardo agli abusi sui minori nel mercato del lavoro;
174. invita la Commissione e il SEAE a continuare ad agire nel campo dei diritti dei minori, incentrando gli sforzi in particolare sulla violenza contro i bambini, compresa la tortura, poiché di recente sono stati segnalati casi di tortura e detenzione di bambini; chiede che sia prestata particolare attenzione ai problemi del lavoro minorile forzato, della povertà infantile e della malnutrizione infantile, e, in tale contesto, agli obiettivi di educazione universale primaria, alla riduzione della mortalità infantile, ai matrimoni precoci e alle pratiche dannose, al disarmo, riabilitazione e successiva reintegrazione dei minori arruolati in gruppi armati, nonché all'inserimento della questione dei bambini stregoni all'ordine del giorno del dialogo sui diritti umani con i paesi interessati; sottolinea l'importanza di conferire priorità ai diritti dei minori nell'ambito delle politiche esterne dell'UE, della cooperazione allo sviluppo e degli aiuti umanitari, al fine di garantire finanziamenti adeguati e aumentare il livello di protezione dei minori in situazioni di emergenza; invita il VP/AR a riferire a cadenza annuale al Parlamento sui risultati conseguiti nell'azione esterna dell'UE incentrata sui minori; sottolinea che bambini e adolescenti dovrebbero svolgere solo lavori che non incidano negativamente sulla loro salute e sul loro sviluppo personale e non interferiscano con la loro scolarità; sottolinea l'importanza di conferire priorità ai diritti dei minori nell'ambito delle politiche esterne dell'UE;
175. rileva che la convenzione sui diritti dell'infanzia chiede misure legislative, amministrative, sociali ed educative in tema di lavoro minorile, riconoscendo l'esigenza di un approccio multidimensionale; sottolinea che, ai fini di un'efficace applicazione delle leggi, queste devono essere accompagnate da interventi politici che offrano alternative sotto forma di istruzione e formazione professionale, unitamente a misure di protezione sociale che vadano a beneficio dei minori e delle famiglie;
176. invita l'UE a continuare a promuovere un ambiente favorevole alla prevenzione e all'eliminazione del lavoro minorile, a un dialogo sociale nonché a un'azione concertata tra settori pubblico e privato ai fini dell'eradicazione del lavoro minorile; sottolinea la necessità di fornire sostegno alla lotta contro il lavoro minorile rafforzando le capacità dei paesi in situazioni di conflitto e post-conflitto;
177. ribadisce la necessità di intensificare gli sforzi per applicare la strategia di attuazione riveduta degli orientamenti dell'UE sui bambini e i conflitti armati; chiede, in tale contesto, un utilizzo più efficace delle risorse disponibili a titolo dello strumento di stabilità e dello strumento finanziario per la democrazia e i diritti umani per affrontare il fenomeno dei bambini soldato; incoraggia l'UE ad approfondire ulteriormente la sua cooperazione con il rappresentante speciale delle Nazioni unite per i bambini coinvolti nei conflitti armati, sostenendo i relativi piani d'azione e i meccanismi di controllo e di comunicazione; chiede la ratifica universale della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia, in particolare del terzo Protocollo opzionale, che permetterà ai bambini di presentare le loro denunce al Comitato delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia; invita la Commissione e il VP/AR a esplorare modalità per consentire all'UE di aderire unilateralmente alla convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia;
178. rileva che la denutrizione e malnutrizione infantili nei paesi in via di sviluppo sono fonte di grave preoccupazione; accoglie con favore a tale proposito il quadro d'azione adottato durante la seconda conferenza internazionale sulla nutrizione, che stabilisce un obiettivo globale di riduzione del 40% del numero di bambini di età inferiore a cinque anni con ritardi di crescita;
179. ribadisce che l'accesso all'istruzione è un diritto fondamentale del bambino, sancito dall'articolo 28 della convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia; sottolinea la necessità di migliorare l'accesso dei minori a un'assistenza sanitaria e a servizi di qualità in tutte le azioni intraprese dall'Unione e dai suoi Stati membri;
180. deplora che nel mondo vi siano ancora paesi restii a firmare la convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità e la convenzione ONU sui diritti dell'infanzia, che forniscono orientamenti dettagliati per lo sviluppo di società inclusive per la protezione dei minori con disabilità;
181. invita l'Unione e i suoi Stati membri ad attuare politiche concertate di aiuto umanitario e di sviluppo in uno sforzo volto combattere la malnutrizione infantile;
Diritti delle popolazioni indigene
182. rileva con preoccupazione che sono soprattutto le popolazioni indigene a rischiare di essere discriminate e sono, inoltre, particolarmente vulnerabili a cambiamenti e perturbazioni di carattere politico, economico, ambientale e lavorativo; rileva che la maggior parte vive al di sotto della soglia di povertà e ha un accesso limitato o inesistente alla rappresentanza, al processo decisionale o al sistema giudiziario; esprime particolare preoccupazione per le segnalazioni riguardanti la pratica diffusa dell'accaparramento delle terre, dei trasferimenti forzati e delle violazioni dei diritti umani a seguito di conflitti armati;
L'azione dell'UE in materia di migrazione e profughi
183. denuncia il numero di morti in mare nel Mediterraneo, stimato dall'Organizzazione internazionale per le migrazioni, nel suo rapporto "Fatal Journeys" (Viaggi fatali), a 3 000 persone nel 2013, il che rende questo mare la regione più letale al mondo per la migrazione irregolare; è estremamente preoccupato per le informazioni sugli abusi dei diritti umani dei migranti e dei richiedenti asilo durante il loro viaggio verso l'UE; invita l'Unione e gli Stati membri a collaborare con le Nazioni Unite, con i meccanismi regionali, con i governi e con le ONG per affrontare tali problemi; sottolinea l'urgente necessità di sviluppare politiche più incisive e più integrate che siano maggiormente radicate nel principio di solidarietà a livello dell'Unione, in modo da affrontare le questioni urgenti connesse a migranti, profughi e richiedenti asilo in forma coerente con il diritto internazionale dei diritti umani e la dignità umana fondamentale, e invita l'UE a garantire norme comuni efficaci per le procedure di accoglienza in tutta l'Unione, al fine di proteggere i minori non accompagnati e i più vulnerabili; invita il VP/AR, il commissario europeo per le migrazioni, gli affari interni e la cittadinanza e il SEAE a intensificare la cooperazione e l'equa ripartizione delle responsabilità tra gli Stati membri, compresi l'accoglienza e il reinsediamento dei rifugiati, e a contribuire ai servizi di ricerca e salvataggio per assistere i migranti in situazioni di emergenza in mare mentre tentano di raggiungere le coste dell'UE; rammenta a tale proposito la necessità di rispettare il principio di non respingimento in acque europee e internazionali, come confermato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo; ricorda l'impegno della Commissione a sviluppare canali adeguati di migrazione legale; invita pertanto gli Stati membri ad attuare interamente il pacchetto comune dell'UE in materia di asilo adottato di recente e la legislazione comune sulla migrazione e chiede, a tal fine, l'attuazione del meccanismo di gestione delle crisi previsto all'articolo 33 del regolamento di Dublino, che introdurrebbe un contingente minimo chiaramente definito per Stato membro, al fine di ottenere in tempi brevi un meccanismo operativo di gestione delle crisi per la ridistribuzione in modo da ridurre la pressione sugli Stati membri maggiormente colpiti qualora la quota minima sia nettamente superata; invita gli Stati membri a partecipare ai programmi di reinsediamento e a intensificare lo sviluppo di programmi di protezione regionale nelle zone più colpite; sottolinea la necessità di affrontare le cause profonde della migrazione illegale; incoraggia il SEAE e gli Stati membri a rivolgere un'attenzione minuziosa ai paesi in cui la tratta o il traffico di esseri umani ha origine, ai paesi di passaggio e ai paesi di destinazione; invita il VP/AR e gli Stati membri a rafforzare ulteriormente la dimensione esterna dell'Unione, lavorando insieme ai paesi di origine e di transito, inclusi i paesi partner dell'UE, in particolare nella regione mediterranea, sollevando sistematicamente tali questioni nei dialoghi politici con i paesi interessati e in dichiarazioni pubbliche, e promuovendo il più alto livello di cooperazione con tali paesi per smantellare le reti illegali operanti nel traffico di migranti e combattere le associazioni mafiose che traggono profitto dalla tratta e dal traffico di esseri umani;
184. ritiene che i minori migranti siano particolarmente vulnerabili, in particolare quando non accompagnati; rammenta che i minori non accompagnati sono in primo luogo minori e che il trattamento nei loro confronti deve fondarsi sul principio guida della protezione dei minori piuttosto che sulle politiche di immigrazione, rispettando in tal modo il principio cardine dell'interesse superiore del minore;
185. incoraggia il VP/AR e il SEAE a continuare a sostenere il processo di ratifica della convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, del relativo protocollo per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare di donne e bambini, del protocollo per combattere il traffico di migranti via terra, via mare e via aria, e del protocollo relativo alla produzione illegale e al traffico di armi da fuoco, delle loro parti e componenti e delle munizioni,
186. invita l'UE a garantire che la negoziazione e l'attuazione di tutti gli accordi di cooperazione in tema di migrazione e di riammissione con gli Stati non UE siano conformi al diritto internazionale dei diritti umani, al diritto internazionale dei rifugiati e al diritto internazionale marittimo e chiede di essere consultato prima della loro conclusione; chiede maggiore trasparenza nei negoziati di tali accordi e l'integrazione di meccanismi di controllo per valutare l'impatto sui diritti umani della cooperazione in materia di migrazione con gli Stati non UE nonché misure di controllo alle frontiere, compresi Frontex ed Eurosur; insiste affinché i diritti umani rivestano un ruolo importante nel settore della migrazione e dell'asilo; chiede pertanto che il responsabile per i diritti fondamentali di Frontex e gli specialisti della formazione dell'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo siano dotati di congrui finanziamenti che consentano loro di realizzare attività di valutazione e monitoraggio nonché di seguire le migliori prassi;
187. invita la Commissione a effettuare una valutazione permanente dei suoi programmi di migrazione e di controllo alle frontiere negli Stati UE e non UE, al fine di proporre misure migliorate per prevenire le violazioni dei diritti umani e di condividere le migliori prassi;
188. incoraggia l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo a sviluppare partenariati con i paesi terzi nell'ottica di rafforzare la tutela internazionale dei richiedenti asilo;
189. accoglie positivamente l'aggiunta del criterio del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali all'elenco dei criteri chiave presi in considerazione per l'avvio di negoziati con paesi terzi in ordine ad accordi di esenzione dal visto(25); invita la Commissione a utilizzare questo nuovo criterio come leva per approfondire il dialogo sui diritti dell'uomo con i paesi terzi nel quadro strategico ed economico rappresentato dai negoziati sui visti;
190. condanna la crescente criminalizzazione della migrazione irregolare all'interno dell'UE a spese dei diritti umani delle persone interessate; esorta a provvedere senza indugio alla creazione delle necessarie tutele dei diritti umani, nonché di meccanismi di responsabilizzazione e applicazione;
191. chiede alla Commissione e al SEAE di partecipare attivamente al dibattito sul termine "rifugiato climatico", compresa la sua eventuale definizione giuridica nel diritto internazionale o in qualsiasi accordo internazionale giuridicamente vincolante;
192. riconosce l'apolidia come un problema significativo sul piano dei diritti umani; invita la Commissione e il SEAE a combattere l'apolidia in tutte le azioni esterne dell'UE, in particolare affrontando nelle legislazioni nazionali la discriminazione fondata sul genere, la religione o lo status di minoranza, promuovendo il diritto dei minori a una cittadinanza e sostenendo la campagna dell'agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite (UNHCR) volta a porre fine all'apolidia entro il 2024;
Diritti umani e sviluppo
193. sottolinea che il rispetto dei diritti umani, ivi inclusi i diritti economici, culturali, sociali e ambientali, l'accesso all'alimentazione, la buona governance, i valori democratici, la pace, la sicurezza e l'accesso a un sistema giudiziario equo ed efficiente, costituisce una condizione essenziale per la riduzione della povertà e della disuguaglianza e per la realizzazione degli OSM; ritiene che i diritti umani debbano essere integrati in modo trasversale in tutti gli obiettivi e gli indicatori nell'agenda post-2015; evidenzia inoltre che l'attuazione di tale agenda deve basarsi su solidi meccanismi di trasparenza e responsabilizzazione; afferma che gli impegni relativi alla governance e ai diritti umani devono essere misurabili e monitorabili;
194. rammenta che l'ONU ha riconosciuto che senza un approccio allo sviluppo basato sui diritti umani non è possibile raggiungere interamente gli obiettivi di sviluppo; invita l'UE a restare vigile garantendo che la questione dei difensori dei diritti umani e dello spazio della società civile sia espressamente integrata nelle discussioni post-OSM;
195. evidenzia l'interconnessione tra povertà estrema e mancato rispetto dei diritti umani e sottolinea la necessità di mettere a punto un insieme di principi sull'applicazione delle norme e dei criteri relativi ai diritti umani nel contesto della lotta contro la povertà estrema;
196. sottolinea l'importanza della coerenza delle politiche per lo sviluppo (CPS) nel conseguire il rispetto dei diritti umani; ribadisce a tal fine la necessità di adottare senza remore le linee guida, le valutazioni d'impatto e i meccanismi di controllo e di comunicazione necessari per fare della coerenza delle politiche per lo sviluppo una realtà nelle politiche dell'Unione e in quelle degli Stati membri, in particolare nel commercio e nell'agricoltura; è del parere che l'UE debba mantenere la propria leadership politica in tale ambito; invita, pertanto, l'UE a collaborare con paesi partner impegnati per varare iniziative internazionali (nel quadro delle Nazioni unite, del G20, ecc.) intese a trasformare la coerenza delle politiche per lo sviluppo in un'agenda universale;
197. invita l'UE e gli Stati membri a coordinare meglio le proprie agende per lo sviluppo nello spirito del trattato di Lisbona, ponendo la politica di sviluppo in primo piano nelle relazioni esterne dell'UE, affinché le priorità nazionali e le agende europee per la promozione dei diritti umani siano meglio coordinate attraverso lo sviluppo, tenuto conto delle complessità intrinseche della politica di sviluppo dell'UE;
198. invita il SEAE, sotto il coordinamento del VP/AR, a collegare meglio la politica estera e di sicurezza alla politica di sviluppo, al fine di creare sinergie e garantire un approccio coerente finalizzato all'applicazione universale dei diritti umani attraverso la politica di sviluppo dell'UE; invita altresì l'UE a coordinarsi meglio all'esterno con le economie emergenti, come i paesi BRICS, in sedi multilaterali al fine di affrontare problemi di governance globali e promuovere i diritti umani attraverso il coordinamento delle loro diverse agende di sviluppo;
199. esorta l'UE a integrare in modo più efficace i diritti umani e la democrazia in tutta la cooperazione allo sviluppo e a far sì che i programmi di sviluppo dell'UE contribuiscano all'adempimento da parte dei paesi partner dei loro obblighi internazionali in materia di diritti umani;
200. sottolinea l'importanza di collegare gli aiuti allo sviluppo con sforzi credibili di democratizzazione;
201. invita il comitato per la valutazione d'impatto, sotto la supervisione del Presidente della Commissione, a garantire che l'impatto sulla situazione dei diritti umani sia tenuto in considerazione quando si parla dei progetti di cooperazione allo sviluppo dell'UE e viceversa;
202. riconosce l'importanza di coinvolgere attivamente le ONG nella pianificazione, nell'applicazione e nella valutazione delle disposizioni relative ai diritti umani, onde coinvolgere quanto più possibile la società civile al momento di definire le politiche e di garantire l'efficacia delle disposizioni in materia di diritti umani;
203. plaude alla nuova iniziativa del corpo volontario europeo di aiuto umanitario (EU Aid Volunteers), che nel periodo 2014-2020 offrirà a circa 18 000 persone dell'UE e di paesi terzi l'opportunità di partecipare a operazioni umanitarie in tutto il mondo, dove è maggiormente necessario l'aiuto, e di dare prova di solidarietà fornendo un aiuto alle comunità colpite da disastri naturali o provocati dall'uomo;
204. chiede una un'azione UE concertata per affrontare il problema dell'accaparramento di terre, promuovendo garanzie adeguate per prevenirlo nei paesi interessati e presso le imprese dell'UE e di altri Stati europei presenti in tali paesi; osserva che il negato accesso alla terra e alle risorse naturali per i poveri delle regioni rurali e urbane è una delle cause principali della fame e della povertà nel mondo, con conseguenze sulla capacità delle comunità locali di godere dei loro diritti umani e, in particolare, del loro diritto a un'alimentazione adeguata; chiede una valutazione dell'impatto della politica commerciale dell'UE sull'accaparramento di terre; accoglie con favore la partecipazione dell'UE allo sviluppo degli orientamenti globali volontari sulla governance responsabile della terra, della pesca e delle foreste nel contesto della sicurezza alimentare nazionale, adottati sotto l'egida dell'ONU, e chiede la loro attuazione e l'adozione di linee guida vincolanti per impedire l'accaparramento di terre; sottolinea, tuttavia, l'urgente necessità di integrare le questioni dei diritti umani e della riduzione della povertà nel processo decisionale riguardo all'acquisizione o all'affitto a lungo termine di vaste aree di terreno da parte di investitori; ritiene che la risposta dell'UE a questa problematica costituisca un'importante prova del suo impegno a muoversi verso un approccio basato sui diritti nella sua politica di cooperazione allo sviluppo, come previsto dal trattato di Lisbona, attraverso il quale la politica di sviluppo dell'UE contribuirebbe ulteriormente allo sviluppo sostenibile sul piano economico, sociale e ambientale dei paesi in via di sviluppo, con lo scopo principale di eliminare la povertà nel mondo; invita l'UE a impegnarsi a favore di una transizione radicale verso l’agro-ecologia quale mezzo per garantire il diritto all'alimentazione, in linea con le raccomandazioni del relatore speciale delle Nazioni Unite sul diritto all'alimentazione;
205. osserva con profonda preoccupazione che le popolazioni indigene sono particolarmente colpite dalle violazioni dei diritti umani legate all'estrazione di risorse; invita il SEAE a promuovere quadri normativi e iniziative rigorosi, intesi ad assicurare la trasparenza e la buona governance nel settore minerario e in altri settori legati alle risorse, che rispettino il consenso libero, previo e informato dalle popolazioni locali e la dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni;
206. osserva con profonda preoccupazione che i gruppi vulnerabili sono particolarmente colpiti dalle violazioni dei diritti umani legate al degrado ambientale, dal momento che la diffusione delle piantagioni monocoltura e lo sfruttamento forestale, nonché le infrastrutture e il sostegno allo sviluppo del gas e del petrolio, ai biocarburanti, all'estrazione mineraria o all'energia idroelettrica su ampia scala, stanno tutti provocando disboscamento e degrado forestale; invita la Commissione ad attuare il settimo piano d'azione per l'ambiente e ad elaborare un piano esaustivo per fermare il disboscamento e il degrado forestale e i relativi impatti sul piano ambientale, sociale e umano;
207. segnala che l'attuazione di programmi di sviluppo, istruzione e sanità permette non solo di contrastare la povertà ma anche di combattere il terrorismo internazionale; chiede all'UE di elaborare ulteriori strategie sul modello di quella del SEAE per la sicurezza e lo sviluppo nel Sahel;
208. sottolinea che, nonostante i progressi già raggiunti riguardo all'accesso all'acqua potabile e a strutture igienico-sanitarie, vi sono ancora circa 2,6 miliardi di persone che non dispongono di una latrina e 1,1 miliardi di persone senza accesso ad alcun tipo di acqua potabile; sostiene che ciò dipende non solo dalla mancanza di risorse, ma anche da una mancanza di volontà politica; invita pertanto i governi a garantire l'accesso ad acqua potabile sicura e a strutture igienico-sanitarie, con un'attenzione particolare alle donne e ai bambini;
209. chiede una strategia politica ambiziosa a lungo termine e un piano d'azione in materia di salute pubblica, innovazione e accesso ai farmaci che, tra l'altro, esplori nuovi meccanismi di incentivi per la ricerca e lo sviluppo, come delineato nella relazione 2012 del gruppo di lavoro consultivo di esperti dell'OMS sulla ricerca e lo sviluppo: finanziamento e coordinamento, per salvaguardare il diritto a un tenore di vita adeguato per la salute e il benessere di ogni persona senza distinzione di razza, religione, credo politico o condizione economica o sociale; sottolinea che donne e ragazze continuano a essere le più colpite dalla pandemia di HIV e sono anche le più coinvolte nell'assistenza ai pazienti delle loro comunità;
Eventi culturali e sportivi internazionali e diritti umani
210. denuncia la prassi sempre più diffusa da parte di Stati autoritari di ospitare mega eventi sportivi o culturali per rafforzare la propria legittimità internazionale limitando ulteriormente il dissenso interno; invita l'UE e gli Stati membri a collaborare con le federazioni sportive nazionali, le imprese e le organizzazioni della società civile sulle modalità della loro partecipazione a tali eventi, compresi i primi Giochi europei a Baku nel 2015 e la Coppa del mondo FIFA in Russia nel 2018; chiede lo sviluppo di un quadro politico dell'UE su sport e diritti umani e l'inclusione di impegni pertinenti nel prossimo piano d'azione sui diritti umani;
211. Ribadisce che, nel quadro della universalità dei diritti umani, e sulla base delle convenzioni UNESCO, la diversità e il patrimonio culturali sono eredità del mondo e che la comunità internazionale ha il dovere di cooperare per la loro tutela e valorizzazione; ritiene che le forme intenzionali di distruzione del patrimonio culturale e artistico, così come sta accadendo attualmente in Iraq e in Siria, dovrebbero essere perseguite come crimini di guerra e crimini contro l'umanità;
Potenziamento dell'azione del Parlamento europeo in materia di diritti umani
212. ribadisce il proprio impegno per il continuo miglioramento delle proprie procedure, processi e strutture, al fine di garantire che i diritti umani e la democrazia siano al centro delle sue azioni e politiche; richiama l'attenzione sul suo impegno storico a favore dei diritti umani, in particolare attraverso il suo Premio Sacharov per la libertà di pensiero; ritiene inoltre che un'efficace cooperazione a livello di Parlamento e l'integrazione sistematica dei diritti umani siano indispensabili affinché la sottocommissione per i diritti dell'uomo possa adempiere alla missione conferitale nel regolamento di "garantire la coerenza tra tutte le politiche esterne dell'Unione e la sua politica in materia di diritti umani";
213. chiede una migliore attuazione degli orientamenti destinati alle delegazioni interparlamentari del Parlamento europeo sulla promozione dei diritti umani e della democrazia e invoca un riesame di tali orientamenti da parte della Conferenza dei presidenti di delegazione in collaborazione con la sottocommissione per i diritti dell'uomo; raccomanda, in tale contesto, di sollevare in modo più sistematico e trasparente le questioni relative ai diritti umani, in particolare i casi specifici cui fanno riferimento le risoluzioni del Parlamento e i casi di vincitori e candidati al premio Sakharov in situazioni di rischio, durante le visite di delegazione nei paesi terzi e di riferire in merito alle azioni intraprese alla sottocommissione per i diritti dell'uomo per iscritto nonché, ove ciò sia politicamente giustificato, mediante una specifica sessione di resoconto;
214. sottolinea la necessità di portare avanti la riflessione sulle modalità più adeguate per massimizzare la credibilità, la visibilità e l'efficacia delle risoluzioni del Parlamento europeo sulle violazioni dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto, nonché la necessità che tutte le istituzioni europee e il Fondo europeo per la democrazia agiscano in sincronia e garantiscano un seguito adeguato; sottolinea in particolare la necessità di dare un seguito istituzionale alle questioni sollevate nelle risoluzioni d'urgenza del Parlamento;
215. incoraggia la discussione sull'inclusione dei diversi strumenti a disposizione del Parlamento per quanto riguarda il sostegno e la promozione dei diritti umani in un unico documento strategico, che sarà approvato dal Parlamento in seduta plenaria; invita a creare un sito web regolarmente aggiornato che elenchi i difensori dei diritti umani menzionati nelle risoluzioni d'urgenza del Parlamento europeo e a istituire un gruppo di lavoro interno al Parlamento incaricato di seguire i casi dei difensori riportati nell'elenco, in tutto il mondo, incoraggiando le delegazioni a recarsi nei paesi terzi per incontrarli;
o o o
216. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al rappresentante speciale dell'Unione per i diritti umani, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, al Segretario generale delle Nazioni Unite, al Presidente della 69ª Assemblea generale delle Nazioni Unite, al Presidente del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani, all'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani e ai capi delle delegazioni dell'Unione europea.
Regolamento (UE) n. 509/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che modifica il regolamento (CE) n. 539/2001 del Consiglio che adotta l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo (GU L 149 del 20.5.2014, pag. 67).
Relazioni fra l'UE e la Lega degli Stati arabi e cooperazione nella lotta al terrorismo
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Risoluzione del Parlamento europeo del 12 marzo 2015 sulle relazioni fra l'UE e la Lega degli Stati arabi e la cooperazione nella lotta al terrorismo (2015/2573(RSP))
– vista la risoluzione adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il 24 settembre 2014 sulle minacce alla pace e alla sicurezza internazionali causate da atti terroristici (risoluzione 2178(2014)),
– vista la dichiarazione congiunta di Riga, rilasciata a seguito della riunione informale dei ministri della Giustizia e degli affari interni tenutasi a Riga il 29 e 30 gennaio 2015,
– viste le attività dell'ufficio di collegamento UE-Lega araba a Malta, tese a facilitare il dialogo tra la Commissione e la Lega araba,
– vista la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
– vista la dichiarazione adottata in occasione della terza riunione dei ministri degli Affari esteri dell'Unione europea e della Lega degli Stati arabi, svoltasi il 10 e 11 giugno 2014,
– vista la firma di un memorandum d'intesa, in data 19 gennaio 2015, tra il vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR) Federica Mogherini e il segretario generale della Lega degli Stati arabi Nabil El Araby, in rappresentanza, rispettivamente, dell'Unione europea e della Lega degli Stati arabi,
– vista la strategia di sicurezza interna dell'UE adottata dal Consiglio il 25 febbraio 2010,
– viste le conclusioni del Consiglio "Affari esteri" sulla lotta al terrorismo, in particolare quelle del 9 febbraio 2015,
– vista la sua risoluzione dell'11 febbraio 2015 sulle misure antiterrorismo(1),
– vista la sua risoluzione del 15 gennaio 2015 sulla situazione in Egitto(2),
– viste le sue precedenti risoluzioni concernenti i paesi della Lega degli Stati arabi,
– vista la dichiarazione del VP/AR Federica Mogherini del 19 gennaio 2015,
– visto l'articolo 123, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,
A. considerando che il terrorismo e l'estremismo violento rappresentano gravi minacce per la sicurezza e le libertà a livello mondiale, e che il rispetto dei diritti fondamentali costituisce un elemento essenziale di efficaci politiche antiterrorismo;
B. considerando che il terrorismo è una minaccia globale che va contrastata con uno sforzo coordinato da parte dei governi nazionali e delle organizzazioni regionali e internazionali; che soltanto un'alleanza mondiale è in grado di affrontare tale minaccia in maniera efficace, nel pieno rispetto del diritto internazionale, dei valori fondamentali e delle norme internazionali in materia di diritti umani;
C. considerando che il 19 gennaio 2015 il vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR) Federica Mogherini e il segretario generale della Lega degli Stati arabi Nabil El Araby hanno firmato un memorandum d'intesa tra il Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) e il Segretariato generale della Lega degli Stati Arabi;
D. considerando che il contenuto del memorandum d'intesa del 2015 tra il SEAE e il Segretariato generale della Lega degli Stati arabi non è pubblico;
E. considerando che l'UE e la Lega degli Stati arabi sono legate dall'interesse comune di perseguire soluzioni durature che garantiscano la pace e la stabilità regionali; che il memorandum d'intesa è volto a sostenere e consolidare le relazioni tra gli Stati membri dell'UE e i membri della Lega degli Stati arabi al fine di rafforzare le loro strutture di lavoro, scambiare esperienze e migliorare il dialogo nell'ottica di raggiungere obiettivi e finalità comuni in settori di reciproco interesse;
F. considerando che il fenomeno dei combattenti che partono dall'Europa verso varie destinazioni per combattere la jihad è destinato a persistere nei prossimi anni, così come la minaccia potenziale per la sicurezza che queste persone rappresentano al loro rientro nell'UE; che, stando a quanto riportato, migliaia di cittadini dell'UE hanno lasciato le proprie case per diventare combattenti stranieri a seguito dello scoppio della guerra e della violenza in Siria, Iraq e Libia, il che costituisce un'ulteriore minaccia per la sicurezza dei cittadini dell'Unione; che i recenti atti terroristici di Parigi e Copenaghen sono stati commessi da cittadini dell'Unione europea;
G. considerando che la diffusione della propaganda terroristica è facilitata dall'uso di Internet e dei social media; che il ciberterrorismo permette ai gruppi terroristici di tessere e intrattenere legami senza l'ostacolo fisico delle frontiere, riducendo pertanto l'esigenza di disporre di basi o rifugi nei vari paesi;
H. considerando che si riscontrano gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani nei paesi membri della Lega degli Stati arabi;
I. considerando che le organizzazioni della società civile che, secondo l'UE, operano esercitando i loro diritti umani universali e le libertà fondamentali sono etichettate come organizzazioni terroristiche da governi di paesi facenti parte della Lega degli Stati arabi; che, sempre più spesso, la lotta al terrorismo e la sicurezza nazionale sono citati per legittimare la repressione degli oppositori, della società civile e dei giornalisti;
J. considerando che le politiche esterne dell'UE devono contribuire a contrastare la minaccia terroristica, che sta crescendo in talune parti del vicinato dell'Unione; che le strategie preventive di lotta al terrorismo dovrebbero affidarsi a un approccio articolato volto a contrastare direttamente la preparazione di attacchi sul territorio UE, ma anche ad integrare la necessità di affrontare le cause alla radice del terrorismo;
K. considerando che l'UE condanna l'applicazione della pena di morte e di punizioni crudeli e disumane in tutto il mondo, anche nei confronti di chi è stato riconosciuto colpevole di atti terroristici;
1. esprime profonda costernazione per il livello di sofferenza e perdita di vite umane dovuto agli attacchi terroristici, ed esprime la propria solidarietà alle famiglie di tutte le vittime innocenti;
2. sottolinea che il terrorismo rappresenta una minaccia diretta per tutti i paesi e per tutte le persone, indipendentemente dall'origine etnica, dalla religione o dal credo;
3. chiede la pubblicazione del memorandum d'intesa, affinché il suo contenuto possa essere sottoposto a un controllo democratico e giudiziario;
4. invita il Consiglio a elaborare con tutti gli Stati membri della Lega araba una definizione armonizzata e univoca di terrorismo;
5. sottolinea l'importanza della cooperazione nelle questioni di assistenza umanitaria attraverso lo scambio di informazioni sulle situazioni di crisi; pone in evidenza l'importanza di condividere opportunamente valutazioni e migliori pratiche, di cooperare nell'individuazione di misure pratiche che contribuiscano a far fronte alle minacce, inclusa una più efficace azione di contrasto alla radicalizzazione, al reclutamento e agli spostamenti di terroristi e combattenti stranieri, nonché di affrontare la questione dei combattenti che fanno ritorno al proprio luogo di partenza;
6. ribadisce la propria posizione secondo cui, nella lotta al terrorismo, è fondamentale affrontare non soltanto le conseguenze ma anche i fattori alla base della radicalizzazione, e sottolinea la necessità di un approccio globale e trasversale che garantisca il coinvolgimento di tutte le politiche interessate, nonché l'importanza di promuovere una cultura di inclusione e tolleranza grazie, ad esempio, a politiche educative, sociali e regionali;
7. rileva che una delle principali cause dell'attuale minaccia terroristica nell'Unione europea e negli Stati arabi risiede nell'estremismo jihadista; condivide l'opinione secondo cui la politica di deradicalizzazione e lotta al terrorismo potrà rivelarsi efficace soltanto se sarà sviluppata in stretta cooperazione con i paesi di origine;
8. invita le autorità degli Stati membri dell'UE e della Lega araba a rispettare il divieto di tortura, come sancito in particolare dalla Convenzione dell'ONU contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, che la maggior parte di questi paesi ha sottoscritto e ratificato; ribadisce che le confessioni forzate estorte sotto tortura non hanno validità;
9. ribadisce la necessità di mantenere un equilibrio tra libertà e sicurezza in risposta alle minacce terroristiche e di garantire che tutte le misure da intraprendere siano valutate dal punto di vista della loro compatibilità con lo Stato di diritto e con gli obblighi concernenti i diritti fondamentali;
10. accoglie positivamente, in linea generale, la cooperazione e il partenariato tra l'UE e i paesi terzi nella lotta al terrorismo; accoglie con favore l'avvio di un dialogo strategico tra l'UE e la Lega degli Stati arabi, ivi compresi gli scambi su questioni di politica e sicurezza e le riunioni periodiche tra il comitato politico e di sicurezza dell'UE e i rappresentanti permanenti degli Stati arabi, e plaude ai progressi compiuti per quanto concerne l'allarme tempestivo e la risposta alle crisi, in particolare alla piena attuazione del progetto di allarme tempestivo e di risposta alle crisi;
11. ricorda, tuttavia, che le misure antiterrorismo non devono mai essere applicate abusivamente per reprimere il dissenso legittimo o per violare i diritti umani universali degli individui; chiede all'UE di incorporare salvaguardie chiare nella propria cooperazione con i paesi terzi, per assicurarsi di non sostenere o legittimare, direttamente o indirettamente, la repressione di individui e organizzazioni legittime in nome della lotta al terrorismo;
12. sottolinea che i ministri degli Affari esteri dell'Unione europea e della Lega degli Stati arabi hanno altresì convenuto di continuare ad adoperarsi per la piena attuazione della strategia globale dell'ONU contro il terrorismo; si compiace che essi abbiano accolto con favore l'istituzione del Centro antiterrorismo delle Nazioni Unite, con l'iniziativa del custode delle due sacre moschee, e abbiano chiesto di accordare un sostegno a questo centro, e che abbiano altresì accolto con favore l'organizzazione della prima Conferenza internazionale sulla lotta al terrorismo, tenutasi a Baghdad nel marzo 2014, quale opportunità per discutere e cercare mezzi e modi appropriati per promuovere la cooperazione internazionale e combattere il terrorismo a livello regionale;
13. ribadisce la rilevanza della cooperazione tra Unione europea e Lega degli Stati arabi nel settore dei diritti umani e pone in evidenza l'importanza di continuare a promuovere e tutelare i diritti dell'uomo e di garantire il rispetto universale di tutti i diritti umani, incluso il diritto allo sviluppo economico e sociale, la libertà di espressione e la libertà di religione e credo, promuovendo al contempo i valori di tolleranza e coesistenza tra religioni diverse e rifiutando l'esclusione, l'estremismo, l'istigazione e la diffusione di odio e violenza;
14. chiede al Consiglio di accertare se vi siano state violazioni del codice di condotta dell'UE sulle esportazioni di armi in relazione alla repressione;
15. invita l'UE a sviluppare in cooperazione con la Lega degli Stati arabi un apposito meccanismo inteso ad arginare il fenomeno del traffico di armi che sia rivolto, in particolare, ai paesi da cui ha origine il terrorismo o in cui vengono addestrati i terroristi; chiede all'UE di monitorare attentamente le esportazioni di armi, in particolare delle tecnologie a duplice uso che potrebbero finire per essere strumentalizzate dai terroristi; ritiene essenziale contrastare il finanziamento del terrorismo in coordinamento con gli attori pertinenti, tra cui la Lega degli Stati arabi e i suoi membri;
16. ritiene che l'Unione europea debba riflettere sulla generale debolezza che ha caratterizzato in precedenza la cooperazione antiterrorismo con i paesi di origine, transito e destinazione attraverso cui vengono incanalati i combattenti stranieri e le risorse che li sostengono, inclusi i paesi membri della Lega degli Stati arabi;
17. sottolinea che una strategia globale dell'UE in materia di misure antiterrorismo, basata su un approccio che combini strumenti diplomatici, socioeconomici, di sviluppo, di prevenzione dei conflitti, di costruzione della pace e di gestione delle crisi, deve avvalersi pienamente anche della politica estera e di sviluppo dell'Unione per lottare contro la povertà, la discriminazione e l'emarginazione, combattere la corruzione, promuovere il buon governo nonché prevenire e risolvere i conflitti, in quanto tutti questi aspetti contribuiscono all'emarginazione di alcuni gruppi e settori della società rendendoli più vulnerabili alla propaganda dei gruppi estremisti;
18. rammenta che la comunità internazionale si è impegnata ad adottare misure che garantiscano il rispetto universale dei diritti umani e lo Stato di diritto quale base fondamentale della lotta al terrorismo tramite l'approvazione della Strategia globale delle Nazioni Unite contro il terrorismo da parte dell'Assemblea generale nella sua risoluzione 60/288;
19. rammenta agli Stati membri e alle agenzie dell'UE, incluse Europol ed Eurojust, gli obblighi imposti loro dalla Carta dei diritti fondamentali e dal diritto internazionale dei diritti umani, come pure gli obiettivi della politica esterna dell'UE;
20. ribadisce la propria posizione secondo cui i diritti delle minoranze religiose sono intrinsecamente connessi al rispetto di altri diritti e libertà fondamentali, come il diritto alla libertà, la sicurezza, le pari opportunità tra uomini e donne e la libertà di espressione, e invita la Lega degli Stati arabi, il SEAE e gli Stati membri di entrambe le organizzazioni a proteggere le minoranze religiose nel mondo arabo e ad attuare pienamente gli orientamenti dell'UE sulla promozione e la tutela della libertà di religione o di credo;
21. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e al segretario generale della Lega degli Stati arabi.
– vista la proposta di risoluzione della commissione per la pesca,
– visto l'articolo 123, paragrafo 2, del suo regolamento,
A. considerando che le informazioni scientifiche sullo stato degli stock di spigola, in particolare i dati disponibili sull'esatta delimitazione, sulle rotte migratorie degli stock e sui luoghi di riproduzione della spigola, sono insufficienti;
B. considerando che il Consiglio internazionale per l'esplorazione del mare (CIEM) individua quattro tipi di stock di spigola: Mar Celtico/Manica/Mare del Nord, Golfo di Biscaglia, acque a ovest della penisola iberica e acque a ovest di Scozia/Irlanda;
C. considerando che vari studi dimostrano che lo stato degli stock di spigola è preoccupante, nonostante le misure di emergenza già adottate dalla Commissione;
D. considerando che la ricostituzione della popolazione di spigola necessita di un periodo molto lungo, dato il tasso di mortalità ancora molto elevato e il fatto che la spigola è una specie a crescita lenta e a maturazione tardiva;
E. considerando che la spigola è una specie nobile molto richiesta dall'industria ittica in ragione del suo importante valore economico;
F. considerando che la pesca della spigola interessa un numero considerevole di imbarcazioni e che si tratta di un'attività di pesca eterogenea in termini di dimensioni dei pescherecci, stagioni di pesca e attrezzi utilizzati;
G. considerando che le catture effettuate nell'ambito della pesca ricreativa sono significative e contribuiscono ad almeno un quarto delle catture di questa specie;
H. considerando che il regolamento (UE) n. 1380/2013 dell'11 dicembre 2013 relativo alla politica comune della pesca(1) prevede che gli stock siano ricostituiti o mantenuti al di sopra dei livelli in grado di produrre il rendimento massimo sostenibile;
I. considerando che la spigola non è una specie soggetta a totali ammissibili di catture (TAC);
J. considerando che la Commissione ha adottato misure di emergenza che vietano la pesca della spigola con reti da traino pelagiche nel Mar Celtico, nella Manica, nel Mar d'Irlanda e nel Mar del Nord meridionale fino al 30 aprile 2015;
K. considerando che le misure di gestione nazionali adottate sino a oggi sono insufficienti per conservare la specie e non risolvono i problemi della condivisione e dell'accesso alle risorse;
L. considerando che lo sfruttamento della spigola durante i periodi di riproduzione deve essere particolarmente limitato in quanto rallenta visibilmente il rinnovo dello stock e ne impedisce la ricostituzione;
M. considerando che in Irlanda la pesca della spigola è riservata a coloro che praticano la pesca ricreativa;
N. considerando che il Comitato scientifico, tecnico ed economico per la pesca (CSTEP) raccomanda una riduzione della mortalità per pesca della spigola del 60 % circa;
O. considerando che il gruppo di lavoro Inter-CCR sulla spigola raccomanda l'adozione di misure di gestione europee;
P. considerando che lo sfruttamento sostenibile degli stock di spigola implica scelte politiche, che dovrebbero essere fatte coinvolgendo tutti i pertinenti soggetti interessati;
1. invita la Commissione e gli Stati membri a valutare lo stato degli stock di spigola e la loro delimitazione, così come la migrazione della specie e i luoghi esatti di riproduzione; invita la Commissione e gli Stati membri a basarsi sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP), che fornisce finanziamenti considerevoli per la raccolta di dati scientifici;
2. sottolinea l'importanza di valutare con precisione il segmento delle diverse attività di pesca della spigola e il segmento della percentuale della pesca ricreativa nelle catture;
3. ritiene che siano necessarie misure di gestione della pesca di spigola a livello europeo al fine di salvaguardare tale specie; reputa inoltre che dette misure dovrebbero tenere debitamente conto delle conoscenze scientifiche e favorire la gestione di prossimità e il principio di regionalizzazione;
4. invita la Commissione a proporre un piano di gestione pluriennale per la spigola che consenta di portare gli stock al di sopra dei livelli in grado di produrre il rendimento massimo sostenibile; sottolinea la necessità di coinvolgere i pescatori professionisti, i pescatori che praticano la pesca ricreativa nonché i consigli consultivi nell'elaborazione di tale piano di gestione;
5. rammenta che i piani di gestione pluriennali dovrebbero essere elaborati conformemente alla procedura di codecisione;
6. ritiene che per elaborare un piano di gestione pluriennale per la spigola sia importante valutare diverse misure di gestione per la pesca commerciale, in particolare l'introduzione di un totale ammissibile di catture e la necessità di una decisione con una solida base scientifica per quanto concerne la taglia minima per lo sbarco e i divieti spazio-temporali a tutela della riproduzione, così come altre misure tecniche;
7. riconosce i problemi che l'introduzione di un totale ammissibile di catture potrebbe generare, in particolare per quanto riguarda il calcolo delle catture storiche, la ripartizione dei contingenti a livello nazionale tra le diverse attività e la difficoltà di coprire la pesca ricreativa, tuttavia, alla luce dell'assoluta necessità di affrontare lo stato degli stock di spigola, sottolinea che tali misure devono essere prese in considerazione;
8. ritiene che nel settore della pesca ricreativa siano necessarie misure a livello di Unione sotto forma di limitazioni quantitative, con modalità ancora da definire;
9. è dell'avviso che le misure relative alla pesca commerciale e alla pesca ricreativa debbano essere coerenti le une con le altre al fine di mantenere lo stock al di sopra del rendimento massimo sostenibile, in linea con gli obiettivi della politica comune della pesca;
10. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione e ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.
28ª sessione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (UNHRC)
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Risoluzione del Parlamento europeo del 12 marzo 2015 sulle priorità dell'UE per il Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani nel 2015 (2015/2572(RSP))
– visti la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo nonché le convenzioni delle Nazioni Unite sui diritti umani e i relativi protocolli opzionali, tra cui la Convenzione sui diritti del fanciullo e la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW),
– vista la risoluzione 60/251 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite che istituisce il Consiglio per i diritti umani (CDU),
– viste la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, la Carta sociale europea e la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
– visti il quadro strategico e il piano di azione dell'UE per i diritti umani e la democrazia adottati il 25 giugno 2012,
– viste le precedenti risoluzioni sul Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani,
– viste le sue precedenti risoluzioni sulla violazione dei diritti umani, incluse le sue risoluzioni d'urgenza a tale riguardo,
– viste la relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2013 e la politica dell'Unione europea in materia,
– viste le conclusioni del Consiglio "Affari esteri", del 9 febbraio 2015, sulle priorità dell'UE nelle sedi delle Nazioni Unite competenti in materia di diritti umani,
– visti l'articolo 2, l'articolo 3, paragrafo 5, e gli articoli 18, 21, 27 e 47 del trattato sull'Unione europea,
– vista la 28a sessione del Consiglio per i diritti umani, che si terrà dal 2 al 27 marzo 2015,
– visto l'articolo 123, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,
A. considerando che il rispetto, la promozione e la salvaguardia dell'universalità dei diritti umani sono parte integrante dell'acquis etico e giuridico dell'Unione europea e costituiscono uno degli elementi fondanti dell'unità e dell'integrità europee;
B. considerando che i diritti umani sono intrinseci a tutti gli esseri umani a prescindere dalla nazionalità, dalla razza, dal sesso, dall'origine etnica, dalla religione o da qualsiasi altra condizione e che il rispetto di tali diritti è sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, dal Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, dal Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali come pure dalle successive convenzioni, dichiarazioni e risoluzioni adottate a livello internazionale in materia di diritti umani;
C. considerando che tutti i diritti umani (che siano civili, politici, economici, sociali o culturali) sono indivisibili, interconnessi e interdipendenti e che la privazione di uno qualsiasi di essi si ripercuote negativamente e in modo diretto sugli altri;
D. considerando che il mancato rispetto dei diritti umani e l'assenza di una legittima partecipazione democratica sono causa di instabilità, fallimento degli Stati, crisi umanitarie e conflitti armati;
E. considerando che l'azione dell'Unione nelle sue relazioni con i paesi terzi si fonda sull'articolo 21 del trattato di Lisbona, che ribadisce l'universalità e l'indivisibilità dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e sancisce il rispetto della dignità umana, dei principi di uguaglianza e solidarietà nonché dei principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale;
F. considerando che tutti gli Stati hanno l'obbligo di rispettare i diritti di base delle rispettive popolazioni nonché il dovere di intraprendere azioni concrete per agevolare il rispetto di tali diritti a livello nazionale e di collaborare a livello internazionale per eliminare gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione dei diritti umani in tutti i settori;
G. considerando che le sessioni ordinarie del Consiglio per i diritti umani, la nomina di relatori speciali, il meccanismo della revisione periodica universale e le procedure speciali riguardanti situazioni nazionali specifiche o questioni tematiche contribuiscono alla promozione e al rispetto dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto;
H. considerando che, purtroppo, alcuni degli attuali membri del Consiglio per i diritti umani sono considerati tra i maggiori responsabili di violazioni dei diritti umani e hanno fatto registrare risultati insoddisfacenti in termini di cooperazione nell'ambito delle procedure speciali delle Nazioni Unite e di osservanza dei propri obblighi di informazione nei confronti degli organismi delle Nazioni Unite incaricati di garantire il rispetto dei trattati in materia di diritti umani;
Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani
1. valuta positivamente le priorità individuate dall'UE in vista dell'imminente 28a sessione ordinaria del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani (CDU), figuranti nelle conclusioni del Consiglio del 9 febbraio 2015;
2. accoglie con favore la nomina dell'ambasciatore Joachim Rücker quale presidente del CDU per il 2015;
3. si congratula con Zeid Ra'ad Al Hussein per la sua nomina ad Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (UNHCHR) e rinnova l'impegno a sostenere con la massima fermezza i suoi sforzi e il suo mandato;
4. si compiace della partecipazione del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR) Federica Mogherini alla sessione ad alto livello del CDU, in quanto ciò trasmette il giusto segnale circa il forte impegno dell'UE a favore del sistema multilaterale per i diritti umani;
5. valuta positivamente la relazione annuale dell'Alto commissario per i diritti umani all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, riguardante il periodo compreso tra dicembre 2013 e novembre 2014, ed esprime pieno sostegno a favore dell'indipendenza e dell'integrità del suo Ufficio; sottolinea l'importanza di difendere tale indipendenza in modo da garantire che l'Alto commissario possa continuare a esercitare le proprie funzioni in modo efficace e imparziale; ribadisce che l'Alto commissario deve poter contare su finanziamenti adeguati;
6. ricorda l'impegno del Parlamento europeo e della sua sottocommissione per i diritti dell'uomo a sostenere un solido sistema multilaterale per i diritti umani sotto l'egida delle Nazioni Unite, compresi la terza commissione dell'Assemblea generale, il Consiglio per i diritti umani e l'Ufficio dell'Alto commissario per i diritti umani, unitamente ai lavori delle correlate agenzie specializzate delle Nazioni Unite, tra cui l'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), e delle procedure speciali delle Nazioni Unite;
7. incoraggia il SEAE, in particolare tramite le delegazioni dell'UE a New York e Ginevra, a rafforzare la coerenza dell'UE mediante consultazioni tempestive e concrete nell'ottica di presentare la posizione dell'Unione con una sola voce; ribadisce l'importanza di integrare i lavori svolti a New York e Ginevra nel contesto dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, della terza commissione e del Consiglio per i diritti umani nelle pertinenti attività interne ed esterne dell'UE, al fine di assicurare la coerenza;
8. ritiene che le continue vessazioni e la detenzione di difensori dei diritti umani e di figure dell'opposizione da parte di alcuni paesi membri del CDU minino la credibilità di quest'ultimo; ribadisce la propria posizione secondo cui i membri del CDU dovrebbero essere eletti tra gli Stati che rispettano i diritti umani, lo Stato di diritto e la democrazia e che hanno accettato di rivolgere inviti permanenti a tutte le procedure speciali; esorta gli Stati membri a promuovere e adottare criteri di risultato nel settore dei diritti umani, da applicare a qualsiasi Stato affinché possa essere eletto membro del CDU; sollecita gli Stati membri a incoraggiare l'adozione di procedure trasparenti, aperte e competitive per l'elezione dei membri del CDU;
9. ribadisce il proprio sostegno a favore del meccanismo di revisione periodica universale (UPR) e il proprio apprezzamento per il valido contributo apportato da detta revisione e invita i membri a elaborare attivamente le proprie revisioni periodiche universali, anche coinvolgendo la società civile, a impegnarsi nel dialogo interattivo durante la sessione della revisione periodica universale e nei dibattiti sull'adozione dei relativi esiti, a dare attuazione alle raccomandazioni che ne scaturiscono e ad adottare misure concrete intese a migliorare e a favorire il rispetto degli obblighi in materia di diritti umani;
10. rimane contrario al "voto in blocco" (bloc voting) in seno al CDU; esorta i paesi membri del CDU a mantenere la trasparenza nell'espressione del loro voto;
11. invita l'Unione europea e i suoi Stati membri a continuare a dar seguito alle raccomandazioni della revisione periodica universale nell'ambito di tutti i dialoghi programmatici dell'Unione con i paesi interessati, onde trovare modalità di sostegno ai governi nell'attuazione delle raccomandazioni;
12. ribadisce il proprio sostegno a favore delle procedure speciali e dello status indipendente dei detentori del mandato, che consentono loro di svolgere le loro funzioni nella piena imparzialità, invita tutti gli Stati a cooperare con le suddette procedure ed esorta gli Stati membri a denunciare i casi di mancata cooperazione da parte degli Stati con titolari di mandato per le procedure speciali;
13. ritiene importante inviare delegazioni parlamentari alle sessioni del CDU e ad altre sessioni pertinenti dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite;
14. deplora il fatto che le possibilità di interazione tra la società civile e il CDU siano sempre più esigue e che le opportunità offerte alle ONG di intervenire a tali sessioni continuino a diminuire; esorta l'UE e il CDU a garantire che la società civile possa contribuire quanto più possibile alla 28a sessione del CDU, nonché al processo di revisione periodica universale e ad altri meccanismi delle Nazioni Unite in materia di diritti umani, senza temere rappresaglie dopo il ritorno nel paese d'origine;
Diritti civili e politici
15. ribadisce che la libertà di espressione, che è alla base di ogni società libera e democratica, è un diritto fondamentale di ogni individuo; condanna fermamente l'assassinio in Francia, nel gennaio 2015, di 12 persone, tra cui i vignettisti del periodico Charlie Hebdo e di quattro persone in un supermercato ebraico, assieme all'uccisione di un regista e di un guardiano di una sinagoga a Copenaghen ad opera di terroristi che volevano colpire la libertà di espressione e di religione;
16. condanna l'uso della religione da parte dei gruppi estremisti e jihadisti in tutti i paesi, in particolare in Siria, Iraq, Libia, Myanmar/Birmania, Nigeria e Africa centrale, i quali sono responsabili di attacchi armati e dinamitardi, attentati suicidi, rapimenti e altri atti di violenza che terrorizzano la popolazione; è del parere che la lotta al terrorismo implichi la necessità di affrontare le sue cause profonde, tra le quali figurano l'esclusione sociale, l'emarginazione politica e la disuguaglianza; chiede che siano profusi maggiori sforzi per tutelare i diritti di coloro che appartengono alle minoranze religiose; esorta a rispettare i diritti umani e lo Stato di diritto in tutte le iniziative di lotta al terrorismo;
17. esprime preoccupazione per tutte le limitazioni alla libertà di riunione e di associazione, tra cui l'interdizione delle organizzazioni della società civile, l'uso aggressivo delle leggi penali sulla diffamazione e altre leggi restrittive, i requisiti esagerati in termini di registrazione e rendicontazione nonché le norme eccessivamente restrittive in materia di finanziamenti esteri, e ribadisce che la libertà di associazione e di riunione pacifica sono elementi fondamentali dei diritti umani;
18. invita tutti i governi a promuovere e a sostenere le organizzazioni della società civile e i difensori dei diritti umani e a consentire loro di operare liberi da timori, repressioni o intimidazioni, a cooperare con il CDU nell'ambito del meccanismo di revisione periodica universale e a garantire che i paesi responsabili delle rappresaglie contro gli attivisti dei diritti umani rispondano delle loro azioni, in particolare nel caso di rappresaglie fatali come quella che in Cina ha portato alla morte, nel marzo 2014, dell'attivista dei diritti umani Cao Shunli per aver tentato di imbarcarsi su un volo che le avrebbe permesso di partecipare al vertice del CDU a Ginevra nel settembre 2013;
19. ribadisce la propria condanna nei confronti dell'uso della pena di morte e appoggia con forza l'introduzione di una moratoria al riguardo, quale passo verso l'abolizione;
20. ricorda ancora una volta l'importanza della lotta contro la tortura e altre forme di maltrattamento, come pure del fatto che l'Unione si è impegnata a rendere prioritaria questa tematica, anche con riferimento ai minori, e ad agevolare il lavoro del relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura; esorta il SEAE, la Commissione e gli Stati membri dell'UE a dimostrare il loro impegno comune a eliminare la tortura e a sostenere le vittime, in particolare continuando o iniziando, a seconda dei casi, a fornire il loro contributo al Fondo volontario delle Nazioni Unite per le vittime della tortura e al Fondo speciale istituito dal protocollo facoltativo della Convenzione contro la tortura;
21. esprime preoccupazione per la persistente e diffusa discriminazione nei confronti dei migranti, compresi i richiedenti asilo e i rifugiati, e per le altrettanto persistenti e diffuse violazioni dei loro diritti; invita l'Unione europea e i suoi Stati membri a favorire il lavoro del relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti dei migranti, unitamente all'attuazione delle sue raccomandazioni; chiede ai governi di rispettare i diritti umani e la dignità intrinseca dei migranti, di porre fine all'arresto e alla detenzione arbitrari e, onde evitare la detenzione eccessiva di migranti irregolari, di riesaminare i periodi di detenzione e ricorrere a misure alternative ad essa; invita i governi a rispettare in qualsiasi circostanza il principio di non respingimento e a conformarsi pienamente ai loro obblighi giuridici a livello internazionale in relazione all'espulsione dei migranti; chiede agli Stati, qualora non vi abbiano già provveduto, di mettere a punto sistemi e procedure atti a garantire il pieno rispetto degli obblighi derivanti dal diritto internazionale in materia di diritti umani da parte di tutti i loro programmi e delle loro istituzioni nel campo dell'immigrazione;
22. sostiene l'ultima relazione e le relative conclusioni del relatore speciale del CDU sulle forme contemporanee di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e intolleranza; invita l'UE e i suoi Stati membri ad attuare le raccomandazioni del relatore speciale nella loro politica interna per combattere la diffusione dell'odio razziale, etnico e xenofobo e la sua istigazione su Internet e sulle reti dei media sociali tramite l'adozione di adeguati provvedimenti legislativi, nel pieno rispetto degli altri diritti fondamentali quali la libertà di espressione e di opinione;
23. riconosce che la rapida evoluzione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione ha trasformato il contesto in cui si esercita la libertà di espressione in tutto il mondo, generando sia notevoli vantaggi sia serie preoccupazioni; si compiace, in tale contesto, dell'adozione da parte del Consiglio, nel maggio 2014, degli orientamenti dell'UE sulla libertà di espressione online e offline, e condanna tutte le restrizioni alla comunicazione digitale, ivi comprese quelle che hanno come obiettivo membri della società civile; ribadisce la necessità di prestare particolare attenzione ai diritti di giornalisti e blogger;
24. incoraggia il CDU a proseguire il dibattito sul diritto alla riservatezza e, a tal fine, a nominare un relatore speciale delle Nazioni Unite sul diritto alla riservatezza, in particolare nel contesto della comunicazione digitale;
Diritti sociali ed economici
25. nota che l'agenda delle Nazioni Unite sullo sviluppo del millennio si pone l'obiettivo di eliminare la povertà entro il 2030 mediante un approccio olistico alle questioni economiche, sociali e ambientali; accoglie con favore la relazione di sintesi del Segretario generale delle Nazioni Unite in vista del vertice speciale dell'ONU sull'agenda per gli obiettivi di sviluppo sostenibile post-2015; sostiene gli appelli del Segretario generale per un approccio incentrato sulle esigenze e sui diritti dei cittadini al fine di eliminare la povertà;
26. ritiene importante affrontare le crescenti ed estreme disuguaglianze allo scopo di combattere la povertà in generale e di promuovere i diritti sociali ed economici, in particolare agevolando l'accesso al cibo, all'acqua, all'istruzione, all'assistenza sanitaria e ad alloggi adeguati; sottolinea, in tale contesto, il problema sempre più grave dell'accaparramento dei terreni, che deve essere affrontato;
27. è del parere che la corruzione, l'evasione fiscale, la cattiva gestione dei beni pubblici e la mancata assunzione di responsabilità contribuiscano alla violazione dei diritti dei cittadini, in quanto sottraggono fondi agli investimenti in servizi pubblici quanto mai necessari quali l'istruzione, i servizi sanitari di base e altre infrastrutture sociali, perpetuando così la povertà della popolazione; ricorda che, conformemente al Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali, i governi hanno l'obbligo di rispettare i diritti dei loro cittadini mettendo a disposizione risorse adeguate; sottolinea, a tale proposito, che occorre prestare particolare attenzione alla protezione dei difensori dei diritti umani attivi nella promozione dei diritti economici, sociali e culturali;
28. ribadisce il suo sostegno a favore dell'istituzione di un relatore speciale delle Nazioni Unite sui reati finanziari, la corruzione e i diritti umani;
Imprese e diritti umani
29. sostiene fermamente la diffusione e l'attuazione efficaci e globali dei principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani all'interno e all'esterno dell'UE ed evidenzia la necessità di adottare tutte le misure necessarie per affrontare le lacune esistenti nell'effettiva attuazione dei principi guida dell'ONU, anche per quanto riguarda l'accesso alla giustizia; accoglie con favore l'iniziativa concernente un regolamento che istituisce un sistema di dovuta diligenza nella catena di approvvigionamento per l'estrazione responsabile dei minerali provenienti dalle zone interessate dai conflitti; invita tutte le parti interessate ad assumere un ruolo attivo in occasione dell'11a sessione del gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sul tema dei diritti umani e delle società transnazionali e altre imprese commerciali, nonché a sostenere gli sforzi tesi ad allineare le rispettive politiche alle linee guida dell'OCSE destinate alle imprese multinazionali e ai principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani; ribadisce la sua richiesta alla Commissione affinché questa presenti, entro la fine del 2015, una relazione sull'attuazione dei principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani da parte degli Stati membri dell'UE;
30. incoraggia le delegazioni UE in tutto il mondo ad attivarsi presso le imprese dell'UE al fine di promuovere il rispetto dei diritti umani e di garantire che il tema "imprese e diritti umani" sia iscritto tra i punti chiave negli inviti a presentare proposte a livello locale nel quadro dello strumento europeo per la democrazia e i diritti umani;
31. ritiene che le imprese e i diritti umani possano rafforzarsi a vicenda creando nuovo potenziale imprenditoriale nelle regioni maggiormente bisognose di investimenti sostenibili e responsabili e contribuendo al rispetto generale dei diritti umani nei paesi in via di sviluppo;
32. invita l'UE e i suoi Stati membri a impegnarsi nel dibattito emergente su uno strumento internazionale giuridicamente vincolante in materia di imprese e diritti umani nell'ambito del sistema delle Nazioni Unite;
Diritti delle donne
33. sottolinea che l'integrazione della dimensione di genere – che comporta la riorganizzazione, il miglioramento, lo sviluppo e la valutazione delle politiche per garantire che i responsabili della loro elaborazione integrino in ciascuna di esse, a tutti i livelli e in tutte le fasi, un approccio basato sulle pari opportunità – è uno strumento importante per il conseguimento dell'uguaglianza di genere;
34. invita l'UE a partecipare attivamente alla 59a sessione della Commissione sulla condizione delle donne e a continuare a contrastare ogni tentativo di minare la piattaforma d'azione di Pechino delle Nazioni Unite, che sarà riesaminata in occasione del ventesimo anniversario della quarta Conferenza mondiale sulle donne, per quanto riguarda, tra l'altro, l'accesso all'istruzione e alla sanità quali diritti umani fondamentali e i diritti sessuali e riproduttivi;
35. biasima il fatto che, nonostante i progressi compiuti finora nel conseguimento della parità di genere e dell'emancipazione femminile, in molti paesi continuino a vigere leggi discriminatorie, in particolare in materia di famiglia e di accesso alla proprietà; rileva che le donne continuano a essere ampiamente sottorappresentate nelle posizioni decisionali e che la violenza nei loro confronti rimane diffusa, mentre l'accesso alla giustizia resta limitato nonostante il numero di donne che muoiono ogni giorno a seguito di violenze domestiche; esprime profonda preoccupazione per il fatto che in alcuni paesi si siano registrate battute d'arresto, in particolare in materia di diritti sessuali e riproduttivi;
36. condanna fermamente il ricorso a violenze sessuali contro le donne, tra cui crimini quali lo stupro di massa, la schiavitù sessuale, la prostituzione forzata, le forme di persecuzione basate sul genere, inclusa la mutilazione genitale femminile, la tratta, i matrimoni precoci e forzati, i delitti d'onore e tutte le altre forme di violenza sessuale di gravità paragonabile, anche quando sono usate come tattica di guerra; invita nuovamente l'UE e tutti i suoi Stati membri a firmare e ratificare la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul);
37. ricorda l'impegno dell'UE a integrare i diritti umani e le questioni di genere nelle missioni della politica di sicurezza e di difesa comune, in conformità con le storiche risoluzioni 1325 e 1820 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulle donne, la pace e la sicurezza; ribadisce, a tale proposito, il suo appello all'UE e ai suoi Stati membri affinché sostengano, nel processo di costruzione di una riconciliazione sostenibile, la partecipazione sistematica delle donne in quanto componente essenziale dei processi di pace, e riconoscano la necessità di integrare le prospettive di genere nella prevenzione dei conflitti, nelle operazioni di mantenimento della pace, nell'assistenza umanitaria nonché nei processi di ricostruzione post-bellica e di transizione democratica;
38. sottolinea che le mutilazioni genitali femminili sono una forma di tortura; sottolinea la costante necessità che l'UE cooperi con i paesi terzi al fine di eliminare la pratica delle mutilazioni genitali femminili; ricorda agli Stati membri la cui legislazione nazionale considera reato la mutilazione genitale femminile che essi devono applicare tale legislazione quando sia stabilito che i loro cittadini abbiano subito tali mutilazioni;
39. accoglie con favore l'inclusione da parte della Corte penale internazionale dei crimini sessuali e dei crimini di genere, compresi lo stupro, l'aggressione e l'umiliazione sessuali, e il fatto che abbia raccomandato di considerarli crimini di guerra;
Diritti dei minori
40. esprime preoccupazione per il fatto che, nonostante i progressi compiuti dall'adozione della Convenzione sui diritti dell'infanzia nel 1989, almeno 58 milioni di bambini, in particolare bambine, bambini di famiglie povere, bambini con disabilità e bambini in regioni interessate da conflitti, non frequentano la scuola, e molti soffrono di malattie facilmente prevenibili, mentre altri sono dediti al lavoro minorile;
41. invita tutti gli Stati ad impegnarsi per eliminare le forme peggiori di lavoro minorile quali definite all'articolo 3 della convenzione n. 182 dell'OIL, tra cui la schiavitù, la tratta e la prostituzione di minori e ogni lavoro pericoloso che comprometta la salute fisica e mentale del bambino;
42. ricorda che uno degli obblighi primari dello Stato consiste nel garantire l'istruzione a tutti i bambini, aumentando le opportunità, creando istituzioni adeguate e affrontando le cause strutturali dei principali ostacoli all'istruzione primaria universale, compresi i tassi di abbandono scolastico, che costituiscono tuttora un importante ostacolo all'istruzione primaria universale;
43. chiede un adeguato finanziamento dell'UE a favore di programmi di smobilitazione e reinserimento destinati ai bambini coinvolti in conflitti armati e a ex bambini soldato; ricorda il suo fermo sostegno a favore della campagna "Bambini, non soldati" espresso durante l'audizione sullo stesso tema organizzata in seno alla sottocommissione per i diritti dell'uomo il 3 dicembre 2014; si compiace delle relazioni annuali presentate dal rappresentante speciale delle Nazioni Unite per i bambini coinvolti nei conflitti armati e dal rappresentante speciale delle Nazioni Unite per la violenza sui bambini, nonché di quella del relatore speciale sulla vendita di bambini, la prostituzione di bambini e la pornografia rappresentante bambini;
Diritti delle persone LGBTI
44. esprime inquietudine per il recente aumento del numero di leggi e pratiche discriminatorie e di atti di violenza nei confronti delle persone sulla base del loro orientamento sessuale e della loro identità di genere; invita a un attento monitoraggio della situazione delle persone LGBTI, anche in Nigeria e in Gambia, dove le leggi anti-LGBTI recentemente introdotte costituiscono una minaccia per la vita delle minoranze sessuali; esprime forte preoccupazione per le cosiddette leggi "anti-propaganda" che limitano la libertà di espressione e di riunione, vigenti anche in paesi del continente europeo; si compiace della risoluzione del CDU sulla lotta contro la violenza e la discriminazione fondate sull'orientamento sessuale e l'identità di genere, adottata il 26 settembre 2014; ribadisce il suo sostegno all'incessante lavoro dell'Alto commissario per i diritti umani volto a promuovere e tutelare l'esercizio di tutti i diritti umani da parte delle persone LGBTI, in particolare mediante dichiarazioni, relazioni e la campagna "Liberi e uguali"; incoraggia l'Alto commissario per i diritti umani a continuare la sua lotta contro le leggi e le pratiche discriminatorie;
Cambiamento climatico e diritti umani
45. sottolinea che l'impatto del cambiamento climatico sui gruppi e gli individui in condizioni di vulnerabilità è elevato, in particolare nei paesi a basso reddito e negli Stati costieri e insulari a bassa altitudine che non dispongono delle risorse economiche necessarie per adattarsi a gravi cambiamenti ambientali;
46. rileva con preoccupazione che i popoli indigeni sono particolarmente colpiti dalle perturbazioni legate ai cambiamenti climatici; osserva al riguardo che la maggior parte dei popoli indigeni vive al di sotto della soglia di povertà e ha un accesso limitato o inesistente alla rappresentanza, al processo decisionale politico o al sistema giudiziario;
47. si compiace che il CDU abbia riconosciuto che i cambiamenti ambientali hanno un impatto negativo sui mezzi di sussistenza delle popolazioni e costituiscono un ostacolo alla realizzazione dei diritti umani fondamentali riconosciuti a livello internazionale; esorta pertanto gli Stati parte ad adottare misure di mitigazione e di adattamento urgenti e ambiziose alla prossima conferenza sui cambiamenti climatici che si terrà nel 2015 a Parigi;
48. chiede alla Commissione e al SEAE di partecipare attivamente al dibattito sul termine "rifugiato climatico", che comprenda la sua eventuale definizione nel diritto internazionale o in qualsiasi accordo internazionale giuridicamente vincolante;
Lotta contro l'impunità e Corte penale internazionale (CPI)
49. ribadisce il suo pieno sostegno alle attività della CPI finalizzate a porre fine all'impunità degli autori dei crimini più gravi, motivo di allarme per la comunità internazionale, e a offrire giustizia alle vittime dei crimini di guerra, dei crimini contro l'umanità e del genocidio; rimane vigile nei confronti di ogni tentativo di minare la legittimità o l'indipendenza della Corte; esorta l'UE e i suoi Stati membri a cooperare con la Corte e a garantirle un forte sostegno diplomatico, politico e finanziario, anche in seno alle Nazioni Unite; invita l'UE, i suoi Stati membri nonché i rappresentanti speciali dell'UE a promuovere attivamente la CPI, l'esecuzione delle sue decisioni e la lotta contro l'impunità per i reati previsti dallo Statuto di Roma; accoglie positivamente la recente ratifica, nel gennaio 2015, dello Statuto di Roma da parte dell'Autorità palestinese;
Popoli indigeni
50. invita il SEAE, la Commissione e gli Stati membri a sostenere la revisione del mandato del meccanismo di esperti sui diritti dei popoli indigeni, in linea con il documento finale della conferenza mondiale sui popoli indigeni (risoluzione 69/2 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite), al fine di monitorare, valutare e migliorare l'attuazione della dichiarazione sui diritti dei popoli indigeni; esorta gli Stati membri dell'UE a chiedere che tutti i titolari di mandato per le procedure speciali accordino particolare attenzione alle questioni che riguardano le donne e le ragazze indigene e riferiscano sistematicamente al CDU a tale riguardo; esorta il SEAE e gli Stati membri a sostenere attivamente lo sviluppo del piano d'azione sui popoli indigeni a livello dell'intero sistema, come richiesto dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nella sua risoluzione del settembre 2014, in particolare per quanto riguarda l'organizzazione di consultazioni periodiche dei popoli indigeni nell'ambito di tale processo;
Eventi culturali e sportivi internazionali e diritti umani
51. denuncia la pratica sempre più diffusa da parte di Stati autoritari di ospitare grandi eventi sportivi o culturali per promuovere la propria legittimità internazionale, limitando ulteriormente nel contempo il dissenso interno; invita l'UE e gli Stati membri a sollevare attivamente la questione, anche nel contesto del CDU, e a impegnarsi con le federazioni sportive nazionali, le imprese e le organizzazioni della società civile sulle modalità della loro partecipazione a tali eventi, compresi i primi Giochi europei di Baku nel 2015 e la Coppa del mondo FIFA in Russia nel 2018 e in Qatar nel 2022;
Droni e armi autonome
52. ribadisce la sua richiesta al Consiglio di elaborare una posizione comune dell'UE sull'uso di droni armati, in cui sia assegnata la massima importanza al rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario e siano trattate questioni quali il quadro giuridico, la proporzionalità, l'assunzione di responsabilità, la protezione dei civili e la trasparenza; esorta nuovamente l'UE a vietare lo sviluppo, la produzione e l'impiego di armi completamente autonome che consentono di sferrare attacchi senza intervento umano; insiste sulla necessità che i diritti umani siano presi in considerazione in tutti i dialoghi con i paesi terzi sulla lotta contro il terrorismo;
Integrazione dei diritti umani da parte dell'UE
53. invita l'UE a promuovere l'universalità e l'indivisibilità dei diritti umani, compresi i diritti civili e politici, economici, sociali e culturali, in conformità dell'articolo 21 del trattato di Lisbona e delle disposizioni generali sull'azione esterna dell'Unione;
54. invita l'UE, gli Stati membri, la Commissione e il SEAE a integrare i diritti umani in tutti i settori della politica esterna con i paesi terzi; sottolinea inoltre che la politica dell'UE in materia di diritti umani deve garantire che le politiche interne ed esterne siano coerenti, in linea con gli obblighi previsti dal trattato UE, ed evitare l'applicazione di due pesi e due misure quando si tratta di rispetto dei diritti umani;
55. invita l'UE ad adottare un approccio basato sui diritti e a integrare il rispetto dei diritti umani nel commercio, negli investimenti, nei servizi pubblici e nella cooperazione allo sviluppo nonché nella politica di sicurezza e di difesa comune;
Priorità dell'UE sulle questioni specifiche per paese
Ucraina
56. esprime profonda preoccupazione per la violenza e il conflitto armato nell'Ucraina orientale; si augura che l'accordo di cessate il fuoco, basato sull'accordo di Minsk, venga rispettato; condanna le violazioni su larga scala dei diritti umani commesse nel conflitto e le conseguenze derivanti dai recenti scontri; sostiene pienamente la missione di monitoraggio dei diritti umani delle Nazioni Unite e la missione speciale di monitoraggio dell'OSCE in Ucraina e chiede il rafforzamento di quest'ultima; sottolinea la forte preoccupazione per il destino degli sfollati interni a seguito del conflitto armato nelle regioni sudorientali; condanna l'annessione illegale della Crimea frutto della politica espansionistica e aggressiva della Russia, che costituisce una minaccia per l'unità e l'indipendenza dell'Ucraina; continua a guardare con preoccupazione alle discriminazioni e alle diffuse violazioni dei diritti umani perpetrate contro la popolazione locale in questa regione, in particolare contro i tatari di Crimea; esorta gli Stati membri dell'UE a sostenere tutti i possibili sforzi a livello di Nazioni Unite per combattere l'impunità e svolgere indagini imparziali sugli eventi violenti e sulle violazioni dei diritti umani connessi con la repressione nei confronti delle manifestazioni di piazza Maidan, l'annessione illegale della Crimea e il conflitto armato nell'Ucraina orientale; chiede il rispetto del diritto internazionale umanitario e dei suoi principi per garantire la protezione dei civili coinvolti nel conflitto;
Repubblica popolare democratica di Corea
57. accoglie con favore la proroga prevista del mandato del relatore speciale sulla situazione dei diritti umani nella Repubblica popolare democratica di Corea; accoglie altresì con favore la risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite che incoraggia il Consiglio di sicurezza ad adottare provvedimenti adeguati per garantire l'assunzione di responsabilità, anche prendendo in considerazione la possibilità di deferire la situazione nella Repubblica popolare democratica di Corea alla Corte penale internazionale; invita il Consiglio per i diritti umani a rilanciare il suo appello per l'assunzione di responsabilità, anche per quanto riguarda i responsabili di crimini contro l'umanità conformemente alle politiche stabilite ai massimi livelli dello Stato; accoglie con favore la creazione di una struttura sul campo nella Repubblica di Corea intesa a rafforzare il monitoraggio della situazione e la documentazione delle prove al fine di garantire l'assunzione di responsabilità, esorta tutti gli Stati a cooperare con tale struttura e invita il Consiglio per i diritti umani a prestare la massima attenzione alla situazione nella Repubblica popolare democratica di Corea, organizzando una tavola rotonda formale che dia voce alle vittime di violazioni dei diritti umani nel contesto di una prossima sessione del Consiglio stesso;
Iran
58. accoglie con favore la risoluzione del CDU del marzo 2014 sulla situazione dei diritti umani nella Repubblica islamica dell'Iran e la proroga del mandato del relatore speciale ed esorta l'Iran a consentire al rappresentante speciale delle Nazioni Unite di entrare nel paese come simbolo fondamentale della disponibilità dell'Iran di adottare provvedimenti verso l'apertura di un dialogo sui diritti umani; ribadisce la sua condanna della pena di morte in Iran, anche per i minori, che spesso viene eseguita al termine di un procedimento giudiziario che non rispetta le norme minime accettate a livello internazionale su un processo equo e giusto; continua a guardare con preoccupazione all'elevato tasso di esecuzioni compiute in assenza di un processo equo e giusto; sostiene la dichiarazione congiunta dell'agosto 2014 dei detentori del mandato delle procedure speciali delle Nazioni Unite, che deplora l'ondata di arresti e di condanne di soggetti della società civile in Iran; invita l'UE e il CDU a continuare a monitorare da vicino il sistematico abuso dei diritti umani e a garantire che i diritti umani restino una priorità fondamentale in tutte le relazioni con il governo iraniano; sollecita le autorità iraniane a rispettare il diritto internazionale in materia di diritti umani, in virtù del quale l'esecuzione di autori minorenni di reati costituisce una violazione delle norme minime internazionali, e ad astenersi dall'esecuzione di qualsiasi minore;
Myanmar/Birmania
59. appoggia l'ultima relazione del relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Myanmar/Birmania, che riconosce i progressi finora conseguiti e identifica, nel contempo, i settori che destano ancora grande preoccupazione; invita il governo del Myanmar/Birmania a integrare i diritti umani, anche quelli delle minoranze, nel quadro istituzionale e giuridico del paese e in tutti i settori programmatici, e a rispettare pienamente la libertà di espressione e di riunione; esprime preoccupazione per la normativa proposta in materia di "protezione della razza e della religione", comprendente quattro progetti di legge relativi a matrimoni interconfessionali, conversione religiosa, monogamia e controllo della popolazione; invita il CDU a rinnovare il mandato del relatore speciale a norma del punto 4, a ribadire la sua grave preoccupazione per la situazione della minoranza rohingya nello Stato di Rakhine, esacerbata dal fatto che questa comunità non possiede alcuno status giuridico e continua quindi a essere oggetto di discriminazioni sistemiche, ragione per cui chiede indagini approfondite, trasparenti e indipendenti in relazione a tutte le segnalazioni di violazioni dei diritti umani contro la minoranza rohingya, nonché ad accelerare il processo di apertura di un Ufficio dell'Alto commissario per i diritti umani nel paese con pieno mandato di controllo e comunicazione; deplora gli attacchi contro i civili negli Stati del Kachin e dello Shan, le violenze sessuali commesse dalle forze di sicurezza durante il conflitto armato, l'esistenza di prigionieri politici, le vessazioni nei confronti dei difensori dei diritti umani, degli attivisti e dei professionisti dei media, le esecuzioni extragiudiziali, la confisca dei terreni e gli attacchi alle minoranze etniche e religiose; è del parere che i negoziati per un accordo di investimento tra l'UE e il Myanmar/Birmania debbano essere valutati con attenzione, dal momento che gli investimenti esteri nel paese rischiano di aggravare le violazioni dei diritti umani;
Bielorussia
60. esprime profonda preoccupazione per le continue violazioni dei diritti umani in Bielorussia; condanna le tre esecuzioni attuate nel 2014, le vessazioni nei confronti dei difensori dei diritti umani, la persecuzione di giornalisti indipendenti, la censura di tutte le comunicazioni basate su Internet e la legislazione restrittiva sulle organizzazioni non governative; chiede il rinnovo del mandato del relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Bielorussia in occasione della 29ª sessione del Consiglio, e invita il governo a garantire pieno accesso ai titolari di mandato per le procedure speciali delle Nazioni Unite, incluso il relatore speciale; chiede il rilascio e la riabilitazione incondizionati di tutti i restanti prigionieri politici;
Bahrein
61. esprime costante preoccupazione per il giro di vite nei confronti di leader dell'opposizione, attori della società civile e attivisti in Bahrein, nonché per la situazione dei difensori dei diritti umani e degli attivisti dell'opposizione politica nel paese; chiede a tutti i soggetti interessati nel Bahrein di avviare colloqui costruttivi ed inclusivi al fine di conseguire una reale riconciliazione e il rispetto dei diritti umani di tutte le comunità del Bahrein; chiede la liberazione immediata e incondizionata di tutti i prigionieri di coscienza, i giornalisti, i difensori dei diritti umani e i manifestanti pacifici, ed esprime il suo sostegno per la dichiarazione congiunta del 4 febbraio 2015 dei detentori del mandato delle procedure speciali delle Nazioni Unite in relazione all'arresto di un dirigente politico dell'opposizione e allo scioglimento delle successive manifestazioni; invita gli Stati membri dell'UE e altri membri del CDU a continuare a seguire da vicino la situazione dei diritti umani nel Bahrein, prestando particolare attenzione all'attuazione degli impegni assunti dal paese durante il processo di revisione periodica universale e delle raccomandazioni della commissione d'inchiesta indipendente per il Bahrein, che sono state accolte con favore dal Re del Bahrein; si rammarica per l'assenza di progressi del governo del Bahrein nella sua cooperazione con l'Ufficio dell'Alto commissario per i diritti umani (OHCHR) e con le procedure speciali del CDU, e invita gli Stati membri dell'UE ad adoperarsi per adottare, durante la sessione di marzo del CDU, una risoluzione che solleciti la piena attuazione degli impegni assunti dal Bahrein nel corso del processo di revisione periodica universale e delle raccomandazioni, comprese quelle relative ai difensori dei diritti umani, formulate dalla commissione d'inchiesta indipendente del Bahrein, e che richieda all'OHCHR di riferire in merito alla situazione dei diritti umani sul campo e ai progressi compiuti nella cooperazione del Bahrein con i meccanismi delle Nazioni Unite in materia di diritti umani;
Egitto
62. accoglie con favore la procedura della revisione periodica universale per l'Egitto del novembre 2014 e attende con impazienza la sua adozione nella prossima sessione del CDU; esorta l'Egitto a rilasciare immediatamente e senza condizioni tutti gli attivisti e i difensori dei diritti umani, nonché tutte le persone che sono detenute per aver pacificamente esercitato il loro diritto alla libertà di espressione, di riunione e di associazione; chiede altresì al governo egiziano di attuare una legislazione in linea con le norme internazionali e di tutelare il diritto di associazione sancito dalla Costituzione egiziana, incluso il diritto di ricevere e concedere finanziamenti, nonché di abrogare la legge sulle manifestazioni del novembre 2013 e di introdurre una nuova legislazione che garantisca la libertà di riunione; sollecita il governo egiziano ad aprire un'indagine giudiziaria per stabilire l'identità di coloro che hanno commissionato ed eseguito uccisioni sommarie durante la repressione delle principali manifestazioni pacifiche che si sono svolte dal 3 luglio 2013, inclusi gli sgomberi del 14 agosto 2013 di Piazza Al-Nahda e Raba'a al-Adawiyya, in cui sono rimasti uccisi almeno 1 000 manifestanti; esorta l'Egitto a svolgere indagini indipendenti, imparziali ed efficaci su tutte le violazioni dei diritti umani commesse dal 2011, compresi i reati di violenza sessuale, e a garantire che i responsabili rispondano delle loro azioni e che le vittime abbiano a disposizione mezzi di ricorso adeguati in conformità delle norme internazionali; invita le autorità egiziane ad annullare immediatamente tutte le condanne alla pena capitale e a sollecitare la celebrazione di nuovi processi che salvaguardino il diritto a un processo equo e giusto, a imporre una moratoria immediata sulle condanne a morte e sulle esecuzioni capitali, a rilasciare immediatamente tutti i giornalisti e gli operatori dei media detenuti e a garantire il diritto alla libertà di informazione e di espressione, in conformità delle norme internazionali; esorta le autorità egiziane ad autorizzare la visita del relatore speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne, che è stata concordata in linea di principio, ma è rimasta in sospeso sin dall'inizio del 2014, e a invitare i pertinenti meccanismi e le pertinenti procedure sui diritti umani delle Nazioni Unite, in particolare il relatore speciale sulla libertà di riunione, il relatore speciale sulla tortura, il relatore speciale per i diritti umani nell'ambito della lotta contro il terrorismo e il relatore speciale sull'indipendenza dei giudici e degli avvocati; chiede alle autorità egiziane di garantire la conformità del diritto nazionale con le norme internazionali sui diritti umani, di ritirare immediatamente la legge n. 136/2014, di porre fine ai processi militari per i civili, di annullare tutte le sentenze emesse nei confronti di civili da parte dei tribunali militari e di sollecitare immediatamente la celebrazione di nuovi processi dinanzi a tribunali civili; invita l'UE e i suoi Stati membri ad appoggiare una dichiarazione incisiva su tali questioni;
Mali
63. si compiace del lavoro svolto dall'esperto indipendente delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Mali e chiede al CDU di prolungarne il mandato; accoglie con favore i progressi conseguiti dal governo del Mali per ristabilire l'autorità giudiziaria in alcune parti del paese e ai progressi delle indagini relative alla tortura e all'uccisione di 21 soldati di élite nel 2012, insieme al ripristino della commissione per la giustizia, la verità e la riconciliazione; ribadisce la propria preoccupazione per il nuovo deterioramento della situazione della sicurezza e per il costante sfruttamento e reclutamento di bambini soldato e chiede al governo del Mali di sottoporre a indagine e chiamare a rendere conto del loro operato i membri delle fazioni in lotta responsabili delle violazioni di guerra perpetrate durante il conflitto armato del 2012-2013; accoglie con favore l'accordo di pace per tutti i cittadini del Mali, dal momento che saranno i primi a beneficiarne dopo mesi di instabilità e insicurezza, ma lamenta la richiesta di ulteriore tempo da parte dei ribelli del nord; invita tutte le parti a prendere esempio dal governo maliano e a firmare l'accordo, la cui attuazione sarà oggetto di monitoraggio da parte dell'UE, come pure a garantire che il futuro accordo di pace preveda l'assunzione di responsabilità, il rafforzamento della commissione per la divulgazione della verità e il controllo del personale delle forze di sicurezza;
Sud Sudan
64. invita l'Unione africana a rendere pubblica la relazione della commissione d'inchiesta sulle violazioni dei diritti umani e gli abusi commessi da tutte le parti in Sud Sudan, quale passo in avanti verso la promozione della giustizia in relazione alle violazioni dei diritti umani attuate dall'inizio del conflitto; condanna il fatto che nel febbraio 2015 diversi bambini siano stati rapiti a Wau Shilluk per essere trasformati in bambini soldato; sollecita il Consiglio per i diritti umani ad adottare una risoluzione che sottolinei che indagini e azioni penali eque e credibili relative ai reati nel quadro del diritto internazionale sono essenziali per consentire al Sud Sudan di spezzare il circolo di brutalità alimentato dall'impunità e che chieda, a tal fine, che si presti la dovuta attenzione all'istituzione di un meccanismo giudiziario ibrido ed esorti inoltre il Sud Sudan ad aderire allo Statuto di Roma, nonché a istituire un mandato di relatore speciale per il Sud Sudan, al fine di contribuire alla promozione di azioni penali eque e credibili e di misure di assunzione di responsabilità più ampie, con il sostegno della comunità internazionale;
Sri Lanka
65. prende atto delle promesse fatte dal neoeletto governo dello Sri Lanka e gli chiede di adottare misure concrete per la definizione delle responsabilità entro la 30ª sessione del CDU del settembre 2015, al fine di realizzare gli impegni presi per migliorare la situazione dei diritti umani nel paese e impedire eventuali derive, anche avviando indagini e azioni penali serie, insieme ad altre misure intese ad affrontare il più ampio problema dell'impunità e degli abusi dei diritti umani, e di cooperare pienamente con l'Ufficio dell'Alto commissario per i diritti umani e le sue indagini internazionali relative allo Sri Lanka;
Siria
66. esprime profonda preoccupazione per il drammatico e violento conflitto e per la crisi umanitaria che è scaturita dal ricorso alla violenza, ad opera principalmente del regime di Assad, ma anche dello Stato islamico/Da'ish e delle altre milizie, contro i civili, in particolare i gruppi vulnerabili come le donne e i bambini; esprime preoccupazione per il fatto che il Da'ish sta esportando la propria ideologia all'estero; è estremamente preoccupato per le sistematiche violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario in Siria, che possono costituire crimini di guerra e crimini contro l'umanità; esorta tutte le parti a rispettare il diritto internazionale umanitario applicabile al fine di proteggere i civili, rispettare i loro diritti umani e provvedere alle loro esigenze di base; sollecita tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite a condannare chiaramente la violenza e in particolare a esprimersi in difesa dei diritti delle minoranze, soprattutto per quanto concerne la persecuzione sistematica dei cristiani; chiede il rilascio immediato e incondizionato di tutte le persone arbitrariamente detenute o sequestrate per avere esercitato i loro diritti umani o a causa di altre attività politiche pacifiche; chiede un forte sostegno da parte dell'UE e dei suoi Stati membri ai fini dell'assunzione di responsabilità e del rinnovo della Commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite;
Iraq
67. esprime profonda preoccupazione per il violento e drammatico conflitto e per la crisi umanitaria in Iraq; osserva che la situazione relativa ai diritti umani si sta deteriorando a causa dei sequestri e delle esecuzioni di massa, come pure della persecuzione delle minoranze etniche e religiose del paese, compresi i cristiani, da parte dell'IS/Da'ish e di altre milizie;
Palestina/Israele
68. condanna gli attacchi missilistici contro Israele dalla Striscia di Gaza ad opera di Hamas e di altri gruppi armati ed esprime profonda preoccupazione per la crisi umanitaria a Gaza; invita l'UE e i suoi Stati membri a esprimere pubblicamente sostegno a favore della commissione d'inchiesta dell'ONU (COI) e a denunciare la mancanza di cooperazione e di accesso concessi dalle autorità israeliane alla COI, attraverso una dichiarazione pubblica in seno al CDU; sottolinea che la giustizia e il rispetto dello Stato di diritto sono le basi indispensabili per la pace e che l'impunità generale di lunga data e sistematica per le violazioni del diritto internazionale deve cessare; accoglie con favore l'avvio, da parte del procuratore della Corte penale internazionale (CPI), di un esame preliminare della situazione in Palestina; invita l'UE a cooperare pienamente con l'Ufficio del procuratore della CPI; invita l'UE a riprendere l'impegno sul punto 7 del CDU e a condannare con fermezza le ripetute violazioni del diritto internazionale e la mancata attuazione del parere consultivo della Corte di giustizia internazionale, come pure a sostenere il rinnovo del mandato della COI;
o o o
69. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al rappresentante speciale dell'Unione per i diritti umani, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, al Segretario generale delle Nazioni Unite, al presidente della 69ª Assemblea generale delle Nazioni Unite, al presidente del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani e all'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani.
Situazione in Venezuela
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Risoluzione del Parlamento europeo del 12 marzo 2015 sulla situazione in Venezuela (2015/2582(RSP))
– viste le sue precedenti risoluzioni sulla situazione in Venezuela, in particolare quella del 27 febbraio 2014 sulla situazione in Venezuela(1) e quella del 18 dicembre 2014 sulla persecuzione dell'opposizione democratica in Venezuela(2),
– vista la sua risoluzione del 20 aprile 2012 sulla certezza giuridica degli investimenti europei al di fuori dell'Unione europea(3),
– viste le dichiarazioni alla stampa del 23 febbraio 2015 del portavoce del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Federica Mogherini sull'arresto del sindaco di Caracas, Antonio Ledezma, e sulla situazione in Venezuela,
– vista la dichiarazione del portavoce del Segretario generale delle Nazioni Unite, del 26 febbraio 2015, sulla situazione in Venezuela,
– vista la dichiarazione del 25 febbraio 2015 del Segretario generale dell'Unione delle nazioni sudamericane (UNASUR) ed ex presidente della Colombia, Ernesto Samper, sulla situazione in Venezuela e sulla morte dello studente quattordicenne Kluivert Roa,
– vista la dichiarazione del 24 febbraio 2015 della Commissione interamericana per i diritti umani (CIDH),
– visto il parere del 26 agosto 2014 del gruppo di lavoro del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite sulle detenzioni arbitrarie,
– vista la dichiarazione del 20 ottobre 2014 dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti Umani sulla detenzione di manifestanti e politici in Venezuela,
– visto il Patto internazionale sui diritti civili e politici, cui il Venezuela ha aderito,
– vista la relazione di Amnesty International 2014/2015 dal titolo "The state of World's Human Rights", del 25 febbraio 2015, e la relazione di Human Rights Watch sul Venezuela dal titolo "New Military Authority to Curb Protests", del 12 febbraio 2015,
– visto l'articolo 123, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,
A. considerando che il 19 febbraio 2015 Antonio Ledezma, eletto democraticamente due volte sindaco del distretto metropolitano di Caracas e uno dei leader dell'opposizione, è stato arbitrariamente incarcerato da funzionari pesantemente armati del servizio di intelligence boliviano (SEBIN) senza un mandato di arresto né prove di reato; che in seguito alla sua incarcerazione Antonio Ledezma è stato accusato di cospirazione e associazione a delinquere, reati punibili con gravi pene detentive in Venezuela, ed è stato recluso nel carcere militare Ramo Verde;
B. considerando che la detenzione di civili in un carcere militare è incompatibile con le norme internazionali; che il Venezuela ha l'obbligo di garantire la vita, il trattamento umano e la sicurezza di tutte le persone private della libertà, nonché di garantire condizioni di detenzione conformi alle norme internazionali applicabili;
C. considerando che il presidente Nicolas Maduro ha annunciato alla radio e alla televisione nazionali che è stato sventato un presunto piano volto a destabilizzare il suo governo mediante un colpo di Stato in cui sarebbero stati coinvolti leader dell'Unità democratica (Mesa de la Unidad Democrática), i membri dell'Assemblea nazionale Maria Corina Machado e Julio Borges nonché il sindaco di Caracas Antonio Ledezma; che tali leader di opposizione sarebbero inoltre collegati, secondo le accuse, a un piano finalizzato ad assassinare il leader dell'opposizione Leopoldo Lopez, detenuto in un carcere militare da oltre un anno; che dalla sua incarcerazione Leopoldo Lopez ha subito torture fisiche e psicologiche ed è stato detenuto in isolamento;
D. considerando che il presidente Maduro ha inoltre annunciato strane presunte cospirazioni straniere, piani di destabilizzazione e tentativi di assassinio, segnalati dall'amministrazione nazionale in diverse occasioni;
E. considerando che in passato i leader dell'opposizione democratica sono stati ripetutamente oggetto di accuse infondate di aver partecipato a presunti piani di destabilizzazione e colpi di Stato; che sono in aumento le intimidazione e i maltrattamenti ai danni di leader dell'opposizione e studenti imprigionati che hanno partecipato alle proteste del 2014; che Leopoldo López, Daniel Ceballos e altri politici dell'opposizione rimangono arbitrariamente detenuti, che María Corina Machado è stata illegittimamente e arbitrariamente destituita ed espulsa dal parlamento venezuelano, e che il governo del Venezuela minaccia di revocare l'immunità parlamentare di Julio Borges;
F. considerando che la presunzione di innocenza si ritiene violata nel caso in cui una persona accusata penalmente è soggetta a detenzione preventiva senza un'adeguata motivazione, poiché la detenzione risulta punitiva invece di rappresentare una misura precauzionale;
G. considerando che, stando a quanto riferito da organizzazioni locali e internazionali, un anno dopo le manifestazioni pacifiche oltre 1 700 manifestanti sono in attesa di processo, più di 69 sono tuttora in carcere e almeno 40 persone sono state uccise durante le proteste, mentre i loro assassini sono ancora a piede libero; che i manifestanti sono stati oggetto di un uso sproporzionato della forza e di violenza sistematica da parte della polizia, di membri della Guardia nazionale e di gruppi armati filogovernativi fuori controllo e violenti;
H. considerando che uno Stato democratico non deve criminalizzare i leader dell'opposizione politica e deve garantire la partecipazione di tutti i settori nella vita politica del paese nonché i diritti umani di coloro che affermano di far parte dell'opposizione, come dichiarato da Human Rights Watch il 24 febbraio 2015;
I. considerando che membri della Corte suprema hanno apertamente rifiutato il principio della separazione dei poteri, si sono impegnati pubblicamente a portare avanti il programma politico del governo e si sono ripetutamente pronunciati a favore del governo, convalidando le relative violazioni dei diritti umani; che nel dicembre 2014 la maggioranza filogovernativa in seno all'Assemblea nazionale ha nominato 12 nuovi membri della Corte suprema votando a maggioranza semplice poiché, non essendo riuscita ad ottenere una maggioranza di due terzi, le sarebbe stato necessario raggiungere un consenso con l'opposizione;
J. considerando che la risoluzione 8610 del ministero della Difesa consente all'esercito di utilizzare le armi da fuoco per controllare "riunioni pubbliche e manifestazioni pacifiche"; che l'articolo 68 della costituzione venezuelana vieta l'uso di armi da fuoco e di sostanze tossiche per controllare le manifestazioni pacifiche; che, secondo le norme internazionali, il ricorso alle forze militari nelle operazioni di pubblica sicurezza dovrebbe essere limitato;
K. considerando che il 24 febbraio 2015 Kluivert Roa, uno studente di 14 anni, è stato colpito mortalmente durante una manifestazione per la scarsità di cibo e medicine nella città di San Cristóbal, nello Stato di Táchira, ed è la prima vittima da quando l'uso delle armi da fuoco è stato autorizzato per reprimere le proteste; che il 25 febbraio 2015 l'ufficio del Procuratore generale ha dichiarato che un ufficiale di polizia è stato accusato, tra l'altro, di omicidio intenzionale;
L. considerando che la libertà di espressione e il diritto di prendere parte a manifestazioni pacifiche costituiscono gli elementi fondanti della democrazia; che l'uguaglianza e la giustizia per tutti sono impossibili senza il rispetto delle libertà fondamentali e dei diritti di ogni cittadino; che, secondo diverse denunce, i mezzi di comunicazione sarebbero soggetti a censura e intimidazioni crescenti;
M. considerando che il Venezuela è il paese dell'America latina con le più vaste riserve energetiche; che il popolo venezuelano deve far fronte a una grave carenza di prodotti di base, i prezzi dei prodotti alimentari sono raddoppiati ed è stato intensificato il razionamento dei viveri; che l'incapacità dello Stato di far rispettare la legge e garantire l'ordine nonché la crescente polarizzazione politica hanno reso il Venezuela uno dei paesi più violenti al mondo;
N. considerando che soltanto l'osservanza dei diritti e delle libertà fondamentali e un dialogo costruttivo e rispettoso condotto in uno spirito di tolleranza può aiutare il paese a uscire da questa grave crisi e a superare le difficoltà future;
O. considerando che la "Mesa de Dialogo" (tavolo di dialogo) tra il governo e l'opposizione è stata avviata e purtroppo interrotta senza giungere a buon fine;
P. considerando che l'articolo 207 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) stabilisce che gli investimenti europei nei paesi terzi costituiscono un elemento fondamentale della politica commerciale comune dell'UE e formano quindi parte integrante della sua azione politica esterna, e che, ai sensi del trattato di Lisbona, gli investimenti diretti esteri (IDE) sono di competenza esclusiva dell'UE, come stabilito dall'articolo 3, paragrafo 1, lettera e), e dagli articoli 206 e 207 del TFUE;
Q. considerando che il governo venezuelano ha una responsabilità particolare nel rispettare lo Stato di diritto e il diritto internazionale, dato che il 16 ottobre 2014 è stato eletto membro non permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite;
1. ricorda la sua profonda preoccupazione per il deteriorarsi della situazione in Venezuela e condanna l'uso della violenza contro i manifestanti; chiede alle autorità venezuelane di liberare immediatamente Antonio Ledezma, Leopoldo López, Daniel Ceballos e tutti i manifestanti pacifici, gli studenti e i leader dell'opposizione arbitrariamente detenuti per aver esercitato il loro diritto alla libertà di espressione e i loro diritti fondamentali, in linea con le richieste avanzate da vari organismi delle Nazioni Unite e organismi internazionali; invita le autorità venezuelane a ritirare le accuse infondate contro di essi;
2. chiede alle autorità del Venezuela di garantire che Antonio Ledezma, Leopoldo López, Daniel Ceballos e tutti gli altri prigionieri politici ricevano ogni assistenza medica di cui potrebbero avere bisogno e beneficino di contatti immediati, privati e regolari con i loro familiari e con avvocati di loro scelta; esprime profonda preoccupazione per il deteriorarsi delle condizioni dei detenuti;
3. invita il governo venezuelano a porre fine alla persecuzione politica e alla repressione dell'opposizione democratica, alle violazioni della libertà di espressione e di manifestazione, e sollecita la fine della censura ai danni dei media; ricorda alle autorità che le voci dell'opposizione sono necessarie per una società democratica;
4. condanna l'uccisione a colpi di arma da fuoco di Kluivert Roa e di sei altri studenti, ed esprime il suo cordoglio alle loro famiglie; invita il governo a revocare la risoluzione 8610 di recente pubblicazione, la quale permette alle forze di sicurezza di ricorrere alla forza potenzialmente letale, mediante l'uso di armi da fuoco o altre armi potenzialmente mortali, per reprimere le proteste civili, ignorando l'articolo 68 della costituzione venezuelana;
5. invita il governo venezuelano a rispettare la costituzione del paese e gli obblighi internazionali in materia di indipendenza del potere giudiziario, di diritto alla libertà di espressione, di associazione e di riunione pacifica e di pluralismo politico, che sono elementi fondanti della democrazia; invita il governo venezuelano a creare un ambiente in cui i difensori dei diritti umani e le organizzazioni non governative indipendenti possano svolgere il loro legittimo lavoro di promozione dei diritti umani e della democrazia; sottolinea che il governo venezuelano ha, come membro non permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, una responsabilità particolare nel rispettare lo Stato di diritto e il diritto internazionale;
6. chiede al governo venezuelano di assicurarsi che in relazione alle accuse siano condotte indagini rapide ed imparziali, che non lascino alcun margine all'impunità, nel pieno rispetto del principio di presunzione di innocenza e di un giusto processo; ricorda che, in democrazia, il principio della separazione dei poteri è fondamentale e che il sistema giudiziario non può essere utilizzato come arma politica; chiede alle autorità venezuelane di garantire la sicurezza di tutti i cittadini nel paese, a prescindere dalle loro opinioni e affiliazioni politiche;
7. esprime preoccupazione per la possibilità che nuove proteste possano portare a ulteriori atti di violenza, il che contribuirebbe soltanto ad accrescere il divario tra la posizione del governo e quella dell'opposizione nonché a polarizzare in misura ancora maggiore la delicata fase politica che il Venezuela sta attraversando; invita i rappresentanti di tutte le parti e di tutte le frange della società venezuelana a mantenere la calma a livello sia di atti che di parole; mette in guardia da qualsiasi azione che possa creare un clima di tensione e regressione, che potrebbe condurre alla delegittimazione dell'opposizione democratica rendendola illegale e/o all'annullamento delle elezioni;
8. è preoccupato per il fatto che, in un anno di elezioni, l'opposizione politica è stata vittima di detenzioni arbitrarie e di attacchi, il che può mettere in discussione sia la legittimità che l'esito del processo elettorale;
9. invita le autorità del Venezuela, in vista delle prossime elezioni parlamentari, a sfruttare tale periodo per avviare un processo politico inclusivo, basato sul consenso e sulla titolarità condivisa, attraverso un dialogo nazionale effettivo che veda una partecipazione significativa di tutte le forze politiche democratiche nel quadro della democrazia, dello Stato di diritto e del pieno rispetto dei diritti umani; invita altresì entrambe le parti a discutere dei problemi più gravi che il paese deve affrontare, al fine di intraprendere le necessarie riforme economiche e di governance; chiede alle autorità venezuelane di garantire lo svolgimento di elezioni parlamentari libere ed eque, nel quadro di un processo pienamente inclusivo che veda la partecipazione di tutti i soggetti democratici; invita gli attori politici a contenere la lotta politica entro i limiti dell'ordine costituzionale, resistendo a ogni pressione volta a inasprire le loro azioni;
10. incoraggia i partner regionali del Venezuela, quali l'UNASUR e l'Organizzazione degli Stati americani, ad aprire canali di dialogo e comprensione tra le parti in conflitto e a garantire sicurezza pubblica e protezione, insieme ad un ritorno alla calma e alla normalità in Venezuela;
11. sollecita l'UE, gli Stati membri e la comunità internazionale a prendere posizione ed adottare misure per mostrare solidarietà con il popolo venezuelano durante questo periodo difficile;
12. sollecita la Commissione e il Consiglio a valutare e ad adottare tutte le misure necessarie per tutelare gli interessi europei ed il principio della certezza giuridica per le imprese europee in Venezuela;
13. chiede al Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) e alla delegazione dell'UE in Venezuela, come pure alle ambasciate degli Stati membri, di continuare a monitorare da vicino le indagini riguardanti i leader dell'opposizione e le udienze dei relativi processi; ribadisce la sua richiesta di inviare una delegazione ad hoc del Parlamento europeo allo scopo di valutare la situazione in Venezuela e avviare un dialogo con tutte le parti coinvolte nel conflitto il prima possibile;
14. ricorda la sua richiesta da sottoporre al VP/AR affinché chieda il rilascio immediato dei manifestanti che sono stati arbitrariamente arrestati dall'inizio delle proteste;
15. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al governo e all'Assemblea nazionale della Repubblica bolivariana del Venezuela, all'Assemblea parlamentare euro-latinoamericana e al Segretario generale dell'Organizzazione degli Stati americani.