Risoluzione del Parlamento europeo del 25 novembre 2015 sulle decisioni anticipate in materia fiscale (tax ruling) e altre misure analoghe per natura o effetto (2015/2066(INI))
Il Parlamento europeo,
– visti gli articoli 4 e 13 del trattato sull'Unione europea,
– visti gli articoli 107, 108, 113, 115, 116, 175 e 208 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE),
– vista la sua decisione del 12 febbraio 2015 sulla costituzione, le attribuzioni, la composizione numerica e la durata del mandato della commissione speciale sulle decisioni anticipate in materia fiscale (tax ruling) e altre misure analoghe per natura o effetto(1),
– viste le rivelazioni del consorzio internazionale dei giornalisti d'inchiesta sui ruling fiscali e altre pratiche dannose in Lussemburgo, note come "LuxLeaks",
– visti gli esiti dei vertici G7, G8 e G20 sulle questioni fiscali internazionali, in particolare il vertice di Elmau del 7 e 8 giugno 2015, il vertice di Brisbane del 15 e 16 novembre 2014, il vertice di San Pietroburgo del 5 e 6 settembre 2013, il vertice di Lough Erne del 17 e 18 giugno 2013 e quello di Pittsburgh del 24 e 25 settembre 2009,
– vista la relazione dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici (OCSE) dal titolo "La concorrenza fiscale dannosa: una questione globale emergente", del 1998,
– visti la relazione dell'OCSE sulla lotta contro l'erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili (BEPS) del 2013, il piano d'azione dell'OCSE sul BEPS, nonché le pubblicazioni successive,
– viste le recenti conclusioni del Consiglio europeo in materia di base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società (14 marzo 2013), tassazione (22 maggio 2013), scambio automatico di informazioni (18 dicembre 2014), BEPS, scambio automatico di informazioni a livello globale e misure fiscali dannose (18 dicembre 2014) nonché evasione fiscale (27 giugno 2014),
– viste le conclusioni del Consiglio "Economia e finanza" (ECOFIN) e la sua relazione al Consiglio europeo sulle questioni fiscali del 22 giugno 2015,
– viste le relazioni semestrali del gruppo "Codice di condotta" (tassazione delle imprese) all'attenzione del Consiglio sul tema "Codice di condotta",
– viste la direttiva sulla cooperazione amministrativa(2), la direttiva sugli interessi e i canoni(3) e le ultime proposte legislative della Commissione recanti modifica delle predette direttive,
– vista la direttiva 90/435/CEE del Consiglio, del 23 luglio 1990, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi(4) ("direttiva sulle società madri e figlie"), modificata da ultimo nel 2015,
– vista la direttiva 2014/56/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2006/43/CE relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati(5),
– visto il regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell'articolo 108 TFUE(6),
– vista la direttiva 77/799/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1977, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri in materia di imposte dirette e di imposte sui premi assicurativi(7),
– vista la direttiva (UE) 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la direttiva 2006/70/CE della Commissione(8),
– vista la comunicazione della Commissione, del 26 febbraio 2007, al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale europeo relativa ai lavori svolti dal Forum congiunto dell'UE sui prezzi di trasferimento nel settore delle procedure di prevenzione e soluzione delle controversie e agli orientamenti in materia di accordi preventivi sui prezzi di trasferimento nell'UE (COM(2007)0071),
– vista la comunicazione della Commissione del 10 dicembre 1998 sull'applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato alle misure di tassazione diretta delle imprese(9),
– vista la comunicazione della Commissione del 17 giugno 2015 dal titolo "Un regime equo ed efficace per l'imposta societaria nell'Unione europea: i 5 settori principali d'intervento" (COM(2015)0302),
– vista la comunicazione della Commissione del 18 marzo 2015 sulla trasparenza fiscale per combattere l'evasione e l'elusione fiscali (COM(2015)0136),
– vista la comunicazione della Commissione del 6 dicembre 2012 dal titolo "Piano d'azione per rafforzare la lotta alla frode fiscale e all'evasione fiscale" (COM(2012)0722),
– vista la raccomandazione della Commissione del 6 dicembre 2012 sulla pianificazione fiscale aggressiva (C(2012)8806),
– vista la raccomandazione della Commissione del 6 dicembre 2012 concernente misure destinate a incoraggiare i paesi terzi ad applicare norme minime di buona governance in materia fiscale (C(2012)8805),
– vista la comunicazione della Commissione del 27 giugno 2012 su modalità concrete di rafforzamento della lotta alla frode fiscale e all'evasione fiscale, anche in relazione ai paesi terzi (COM(2012)0351),
– viste la proposta di direttiva del Consiglio, presentata dalla Commissione nel 2011, relativa a una base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società (CCCTB) (COM(2011)0121) e la posizione del Parlamento del 19 aprile 2012 al riguardo(10),
– vista la comunicazione della Commissione del 25 ottobre 2011 intitolata "Una strategia rinnovata dell'UE per il periodo 2011-2014 in materia di responsabilità sociale delle imprese" (COM(2011)0681),
– viste la risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri del 1° dicembre 1997 su un codice di condotta in materia di tassazione delle imprese(11) e le relazioni periodiche del gruppo "Codice di condotta (Tassazione delle imprese)" al Consiglio,
– vista la raccomandazione adottata il 30 aprile 2014 dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa sulla protezione degli informatori,
– viste la relazione Simmons & Simmons del 1999 sulle prassi amministrative di cui al paragrafo 26 della relazione del gruppo "Codice di condotta" del 1999, la relazione Primarolo (SN 4901/99) e la versione aggiornata del 2009 di tale relazione,
– visti gli emendamenti approvati l'8 luglio 2015 dal Parlamento alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2007/36/CE per quanto riguarda l'incoraggiamento dell'impegno a lungo termine degli azionisti e la direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda taluni elementi della relazione sul governo societario(12),
– vista la sua risoluzione dell'8 luglio 2015 sull'elusione e l'evasione fiscale quali sfide per la governance, la protezione sociale e lo sviluppo nei paesi in via di sviluppo(13),
– vista la sua risoluzione del 25 marzo 2015 sulla relazione annuale in materia di fiscalità(14),
– vista la sua risoluzione dell'11 marzo 2015 sulla relazione annuale 2013 relativa alla tutela degli interessi finanziari dell'Unione europea – Lotta contro la frode(15),
– vista la sua risoluzione del 23 ottobre 2013 sulla criminalità organizzata, la corruzione e il riciclaggio di denaro(16),
– vista la sua risoluzione del 21 maggio 2013 sulla lotta contro la frode fiscale, l'evasione fiscale e i paradisi fiscali(17),
– vista la sua risoluzione del 19 aprile 2012 sulla richiesta di misure concrete per combattere la frode e l'evasione fiscali(18),
– vista la sua risoluzione dell'8 marzo 2011 su fiscalità e sviluppo – cooperazione con i paesi in via di sviluppo per la promozione delle buone pratiche di gestione in materia tributaria(19),
– vista la sua risoluzione del 10 febbraio 2010 sulla promozione della buona governance in materia fiscale(20),
– viste le varie audizioni parlamentari tenutesi sull'argomento presso i parlamenti nazionali e, in particolare, presso la Camera dei comuni del Regno Unito, il Senato statunitense e l'Assemblea nazionale francese, nonché le conseguenti relazioni,
– visto l'articolo 52 del suo regolamento,
– vista la relazione della commissione speciale sulle decisioni anticipate in materia fiscale (tax ruling) e altre misure analoghe per natura o effetto (A8-0317/2015),
LuxLeaks: fatti e cifre
A. considerando che lo scandalo LuxLeaks, scoppiato il 5 novembre 2014 grazie al consorzio internazionale dei giornalisti d'inchiesta, nell'ambito del quale sono state divulgate circa 28 000 pagine di documenti confidenziali contenenti oltre 500 accordi privati in materia fiscale tra l'amministrazione tributaria lussemburghese e più di 300 società multinazionali, conclusi tra il 2002 e il 2010, ha messo a nudo il livello di ricorso a intese segrete che prevedono complesse strutture finanziarie volte a ottenere drastici sgravi fiscali; considerando che in molti casi le società figlie lussemburghesi, pur gestendo attività di centinaia di milioni di euro, mantengono una presenza minima e conducono un'attività economica limitata a Lussemburgo;
B. considerando che le questioni relative all'erosione della base imponibile in materia di imposta sulle società e le pratiche di pianificazione fiscale aggressiva sono note e analizzate a livello internazionale da decenni; che lo scandalo LuxLeaks ha focalizzato l'attenzione del pubblico e dei media su tali questioni, divulgando pratiche fiscali discutibili promosse da società di revisione contabile in un determinato Stato membro; che le indagini della Commissione e l'attività svolta dal Parlamento mediante la sua commissione speciale hanno mostrato che non si è trattato di un caso isolato ma che l'adozione di misure fiscali per ridurre una parte del debito d'imposta globale delle società in modo da aumentare artificialmente la base imponibile nazionale ai danni di altri paesi era una pratica diffusa in Europa e altrove;
C. considerando che tali comportamenti, che si traducono spesso in una mancata corrispondenza tra il luogo in cui si crea valore e quello in cui si tassano gli utili, non si limitano ai ruling fiscali, ma abbracciano un ampio ventaglio di pratiche fiscali dannose, attuate dalle amministrazioni tributarie nazionali tanto all'interno quanto all'esterno dell'UE;
D. considerando che sottoporre tali pratiche al controllo pubblico rientra nell'ambito del controllo democratico; che, date le ripercussioni negative di tali pratiche sull'intera società, esse possono essere mantenute soltanto finché restano nascoste o vengono tollerate; che i giornalisti d'inchiesta, il settore non governativo e il mondo universitario sono stati determinanti nel far emergere casi di elusione fiscale e nell'informare l'opinione pubblica in proposito; che, finché non sarà possibile impedire tali pratiche, la loro divulgazione non dovrebbe dipendere dal coraggio e dall'etica di singoli informatori, bensì rientrare nell'ambito di un meccanismo più sistematico di comunicazione e scambio delle informazioni;
L'approccio degli Stati membri alla tassazione delle società
E. considerando che per i 28 Stati membri dell'Unione il gettito fiscale dell'imposta societaria ammontava in media al 2,6 % del PIL nel 2012(21);
F. considerando che, secondo il trattato, le imposte dirette sono di competenza degli Stati membri; che, nella misura in cui l'UE è competente in materia fiscale, l'esercizio di tale competenza è di norma soggetto al requisito dell'unanimità in seno al Consiglio; che di conseguenza non è stata ancora presa alcuna decisione significativa a livello di UE nel settore della tassazione delle società, nonostante i recenti sviluppi nell'integrazione dell'Unione relativamente al mercato interno e altri settori contemplati dai trattati UE, ad esempio gli accordi commerciali internazionali, la moneta unica e la governance fiscale ed economica, nonché i principi e la normativa antiriciclaggio; che gli Stati membri devono rispettare il diritto europea della concorrenza e garantire che la propria normativa fiscale sia compatibile con i principi del mercato interno e non falsi la concorrenza; che, garantendo a ciascuno Stato membro il diritto di veto, la regola dell'unanimità in seno al Consiglio riduce gli incentivi a uscire dallo status quo verso una soluzione più collaborativa; che, salvo avvalersi della procedura di cui all'articolo 116 TFUE, occorrerebbe modificare i trattati per cambiare il requisito dell'unanimità nelle questioni relative alle imposte dirette;
G. considerando che nella situazione attuale, in cui ogni Stato membro dispone del diritto di veto, tutti gli Stati membri devono agire in maniera decisa e collaborativa per affrontare il problema di portata europea dell'evasione ed elusione fiscali;
H. considerando che, con alcune lodevoli eccezioni, i rappresentanti politici nazionali non si sono finora mostrati sufficientemente propositivi nell'affrontare il problema dell'elusione fiscale, tra cui i ruling fiscali;
I. considerando che nel mercato interno europeo i capitali circolano liberamente e le grandi società presentano i rendiconti delle loro attività su base consolidata, mentre le imposte sono riscosse a livello nazionale da autorità tributarie che si scambiano pochissime informazioni;
J. considerando che, in un mercato interno completato, nessuna forma di distorsione artificiale dovrebbe incidere sulle decisioni di investimento e sull'ubicazione delle attività imprenditoriali; che, tuttavia, la globalizzazione, la digitalizzazione e la libera circolazione di capitali creano le condizioni per una concorrenza fiscale più agguerrita tra Stati membri, nonché con i paesi terzi, al fine di attrarre investimenti e imprese; che, sebbene sia importante mantenere e attrarre imprese in Europa, ciò non può tradursi in regimi fiscali potenzialmente dannosi, finalizzati in primo luogo a promuovere gli investimenti e ad attrarre una maggiore attività economica, in risposta a misure simili adottate in paesi vicini, o a rettificare ciò che si considerano squilibri preesistenti tra gli Stati membri in termini di ricchezza relativa, dimensioni o posizione periferica; che, tra l'altro, in alcune giurisdizioni sembra esistere una correlazione tra regimi allettanti di fiscalità delle imprese e livelli elevati di benessere nazionale; che la concezione ottimale dei regimi fiscali dipende da numerosi fattori e differisce pertanto da paese a paese; che la concorrenza fiscale dannosa tra gli Stati membri limita il potenziale del mercato interno;
K. considerando che, invece di concentrarsi semplicemente sulla promozione di un clima imprenditoriale allettante, ad esempio mediante buone infrastrutture e una forza lavoro altamente qualificata, anche tramite investimenti intesi a migliorare la produttività, e di assicurare la stabilità e la prevedibilità del sistema fiscale, i paesi, nell'ambito del loro ruolo di partecipanti ai meccanismi di concorrenza fiscale, si servono della legislazione nazionale in combinato disposto con le loro reti di trattati fiscali per autopromuoversi in qualità di paesi d'investimento e di centri attraverso cui convogliare flussi finanziari o in cui realizzare utili, attirando in tal modo imprese e società di comodo a discapito dei paesi partner e creando pratiche sleali tra di loro; che, se considerato isolatamente, ciascun paese avrebbe un chiaro interesse ad adottare un comportamento opportunista, ovvero a definire e attuare per primo specifici regimi fiscali e disposizioni per accrescere la base imponibile, invece di partecipare ad azioni collaborative e coordinate volte ad affrontare l'elusione fiscale;
L. considerando la concorrenza fiscale esistente tra Stati membri; che il principio di leale cooperazione tra gli Stati membri dell'Unione è sancito dall'articolo 4 TUE; che gli Stati membri dovrebbero applicare pienamente il principio di leale cooperazione in materia di concorrenza fiscale;
M. considerando che alcuni Stati membri assumono una posizione ambivalente nei confronti dell'elusione fiscale, poiché da un lato protestano per l'erosione della base imponibile nazionale e dall'altro sono responsabili della concezione degli attuali regimi fiscali nazionali e internazionali che l'hanno resa possibile e continuano a opporsi a qualsiasi evoluzione dei loro sistemi fiscali verso una soluzione più coordinata; che, in un contesto di completa mobilità dei capitali all'interno dell'UE e visto l'obiettivo dichiarato della Commissione di introdurre un'unione dei mercati di capitali, si dovrebbe tenere debitamente conto dell'interdipendenza e degli effetti reciproci dei sistemi fiscali nazionali e del gettito fiscale nazionale, senza dimenticare i considerevoli effetti di ricaduta positivi e negativi a livello transfrontaliero derivanti dalle decisioni dei singoli Stati membri in materia fiscale, poiché ciò che costituisce un incentivo fiscale per un paese rappresenta l'erosione della base imponibile per un altro;
N. considerando che si assiste al paradosso per cui la libera concorrenza tra Stati membri in materia fiscale ha fatto emergere comportamenti anticoncorrenziali e distorsioni della concorrenza;
O. considerando che l'attuazione del mercato unico europeo si è rivelata fortemente positiva per le economie nazionali, consentendo loro di essere più competitive e interessanti in un'economia globalizzata, e che una convergenza fiscale tra Stati membri produrrà, nel tempo, lo stesso effetto;
P. considerando che i legislatori e le amministrazioni tributarie, spesso prive di risorse adeguate, non possono prevedere bensì soltanto reagire, talvolta con ampio ritardo, ai regimi innovativi di elusione fiscale che vengono concepiti e promossi da alcuni consulenti fiscali, in particolare da grandi società di revisione contabile, avvocati e società di intermediazione; che, in particolare, l'esperienza dimostra che gli organi dell'UE incaricati di impedire l'introduzione di misure fiscali dannose (ad esempio, il gruppo "Codice di condotta" istituito dagli Stati membri nel 1998, o la Commissione, in quanto custode dei trattati) si sono dimostrati incapaci di contrastare questi sviluppi indesiderati, talvolta reagendo in maniera inefficace o sulla base di un mandato troppo limitato, e che nell'UE è stata introdotta una grande quantità di nuovi e spesso aggressivi accordi e misure di elusione fiscale, come quelli relativi agli utili riconducibili ai brevetti (patent boxes); che le società multinazionali, nell'UE come nel resto del mondo, si affidano all'esperienza di un settore ben organizzato e qualificato di consulenti fiscali, nonché di banche e altri fornitori di servizi finanziari, per l'elaborazione dei loro sistemi di elusione fiscale; che tale settore è rappresentato nel contempo nell'ambito di organismi che forniscono consulenza fiscale ai governi e alle istituzioni pubbliche, come ad esempio la Piattaforma dell'UE per la buona governance in materia fiscale; che emergono preoccupazioni riguardo ai conflitti d'interesse che potrebbero sorgere a causa dell'offerta, da parte delle stesse società, di servizi di consulenza sia ad autorità pubbliche, sia a società multinazionali private;
Q. considerando che tutta la pianificazione fiscale dovrebbe essere effettuata nei limiti del diritto e nel rispetto dei trattati applicabili; che, di conseguenza, la risposta più adatta alla pianificazione fiscale aggressiva è una buona legislazione e il coordinamento internazionale per raggiungere i risultati desiderati;
R. considerando che l'attuazione della legislazione è decisiva per il raggiungimento degli obiettivi voluti; che tale attuazione è una questione che riguarda le amministrazioni nazionali, le quali sono spesso poco incentivate a collaborare tra di loro a livello europeo; che tale situazione si va ad aggiungere alle divergenze che già emergono nella legislazione all'interno dell'Unione e le acuisce;
S. considerando che la troika di istituzioni (Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale) che vigila sui programmi di aggiustamento finanziario e di bilancio in Stati membri come il Portogallo e la Grecia non ha tentato di prevenire i condoni fiscali, i ruling fiscali, i vantaggi fiscali e i regimi di esenzione fiscale che sono stati e sono a tutt'oggi ingiustamente discriminatori, dal momento che favoriscono le società e gli individui che evadono le tasse, causano una perdita notevole di gettito fiscale per lo Stato e aggravano gli oneri sulle piccole e medie imprese (PMI) e sui cittadini, già eccessivamente tassati;
T. considerando che le indagini e i procedimenti giudiziari relativi ai reati fiscali e al riciclaggio, che spesso riguardano operazioni finanziarie e persone giuridiche di varie giurisdizioni, sono particolarmente difficili; che il personale degli Stati membri incaricato di indagare e di intraprendere azioni giudiziarie nei confronti di chi commette reati fiscali e altri illeciti finanziari riceve spesso una formazione inadeguata ed è a corto di mezzi;
U. considerando che le politiche di austerità e di contenimento del bilancio degli ultimi anni hanno ridotto in modo significativo la capacità delle amministrazioni tributarie di svolgere indagini sui reati fiscali e sulle pratiche fiscali dannose; che questi tagli sono stati particolarmente dannosi in paesi che seguono programmi di assistenza finanziaria guidati dalla troika, in cui l'aumento del gettito fiscale dello Stato è stato ottenuto a spese di PMI e cittadini già eccessivamente tassati, mentre le grandi società e i ricchi evasori fiscali hanno spesso beneficiato di condoni fiscali, ruling fiscali e altri regimi di esenzioni e agevolazioni fiscali, come è avvenuto in Portogallo e Grecia;
Ruling fiscali e pratiche fiscali dannose
V. considerando che i ruling fiscali interessano una vasta gamma di pratiche negli Stati membri, che vanno da politiche ad hoc a un'applicazione chiaramente definita della legge, in termini di possibili ambiti di applicazione e temi trattati, natura vincolante, frequenza di utilizzo, pubblicità, durata e pagamento di commissioni; che non esiste una definizione condivisa a livello internazionale di ruling fiscali, salvo un riferimento della Commissione che li definisce un accordo, una comunicazione o qualsiasi altro strumento o azione con effetti analoghi, da parte di uno Stato membro o per suo conto, che riguarda l'interpretazione o l'applicazione di disposizioni in materia fiscale;
W. considerando che i ruling fiscali non sono problematici di per sé poiché possono, conformemente alla loro finalità originaria, fornire certezza giuridica al contribuente e ridurre il rischio finanziario per le imprese oneste nei casi in cui la legislazione fiscale o la sua particolare applicazione in determinate circostanze non è chiara o è soggetta a dar luogo a interpretazioni divergenti, in particolare per quanto concerne le operazioni complesse, e possono quindi evitare controversie future tra il contribuente e l'amministrazione fiscale;
X. considerando che la pratica dei ruling si è sviluppata, nel quadro di una relazione più stretta e collaborativa tra le amministrazioni fiscali e i contribuenti, come strumento per far fronte alla crescente complessità del trattamento fiscale riservato a determinate operazioni in un'economia sempre più complessa, globale e digitalizzata; che – sebbene gli Stati membri asseriscano che i ruling fiscali non sono discrezionali bensì un semplice strumento per chiarire la normativa tributaria vigente, pur tenendoli segreti – i lavori della sua commissione speciale hanno confermato che i ruling fiscali possono essere pronunciati al di fuori di qualunque quadro giuridico attraverso accordi informali o discrezionali, a sostegno di strutture fiscali che si basano su strumenti di pianificazione generalmente utilizzati dalle società multinazionali per ridurre i loro contributi fiscali; che ciò sembra essere un problema specifico, anche se non esclusivo, dei ruling relativi ai prezzi dei trasferimenti intrasocietari (i cosiddetti accordi preventivi sui prezzi di trasferimento); che nel fornire la certezza giuridica solo ad alcuni soggetti specifici, i ruling potrebbero creare disparità tra le società alle quali sono stati concessi e quelle del medesimo settore che non ne hanno diritto;
Y. considerando che né l'OCSE né la Commissione europea hanno chiesto di porre fine alla pratica dei ruling fiscali in quanto tali;
Z. considerando che i ruling fiscali preventivi non dovrebbero influenzare in alcun modo il trattamento fiscale di nessuna operazione, né avvantaggiare un contribuente rispetto a un altro, bensì dovrebbero avere, a parità di condizioni, lo stesso effetto dell'applicazione ex post delle disposizioni fiscali di base; che, di conseguenza, l'oggetto della presente relazione non è strettamente limitato ai ruling fiscali ma comprende, in linea con il mandato conferito alla commissione speciale del Parlamento (TAXE), qualsiasi misura fiscale avente natura o effetto analogo, che rientra nella definizione generica di "pratiche fiscali dannose", ovvero misure finalizzate ad attrarre imprese non residenti o operazioni ai danni di altre giurisdizioni fiscali nell'ambito delle quali tali operazioni andrebbero di norma tassate e/o misure tese a privilegiare soltanto alcune società, falsando in tal modo la concorrenza;
AA. considerando che le pratiche fiscali dannose possono essere collegate, in una certa misura, a uno o più dei seguenti effetti indesiderati: mancanza di trasparenza, discriminazione arbitraria, distorsione della concorrenza e condizioni di disparità nel mercato interno e al di fuori di esso, incidenza sull'integrità del mercato interno e sull'equità, sulla stabilità e sulla legittimità del sistema fiscale, maggiore tassazione dei fattori economici meno mobili, maggiori disparità economiche, concorrenza sleale tra Stati, erosione della base imponibile, malcontento sociale, sfiducia e deficit democratico;
AB. considerando che è opportuno riconoscere che, sebbene le PMI restino il fattore trainante dell'economia e dell'occupazione in Europa, anche le società multinazionali svolgono un ruolo centrale nel generare investimenti, crescita economica e posti di lavoro; che il fatto di pagare la giusta quota di imposte nei paesi in cui si svolge effettivamente l'attività economica e avviene la creazione di valore resta il contributo fondamentale delle multinazionali al benessere e alla sostenibilità delle società europee;
Attività della commissione speciale
AC. considerando che la sua commissione speciale, istituita il 26 febbraio 2015, ha tenuto 14 riunioni in occasione delle quali ha sentito il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, il commissario per la concorrenza Margrethe Vestager, il commissario per gli affari economici e finanziari, la fiscalità e le dogane Pierre Moscovici, il presidente in carica del Consiglio Pierre Gramegna, i ministri delle Finanze di Francia, Michel Sapin, Germania, Wolfgang Schäuble, Italia, Pier Carlo Padoan, e Spagna, Luis de Guindos, rappresentanti dell'OCSE, informatori, giornalisti d'inchiesta, esperti, rappresentanti del mondo accademico, di società multinazionali, di associazioni professionali, di sindacati, di organizzazioni non governative nonché membri dei parlamenti nazionali dell'UE (cfr. l'allegato 1); che delegazioni della commissione TAXE si sono recate in Svizzera, per esaminare aspetti specifici del mandato della commissione riguardanti i paesi terzi, e nei seguenti Stati membri per condurre missioni d'inchiesta: Belgio, Lussemburgo, Irlanda, Paesi Bassi e Regno Unito; che sono anche state organizzate riunioni con i rappresentanti dei governi di Gibilterra e Bermuda; considerando che tutte le attività sopra menzionate, pur fornendo un quadro diversificato e inestimabile dei regimi e delle pratiche fiscali in tutta l'UE, non hanno chiarito tutte le questioni pertinenti, fra cui le restanti incongruenze nelle dichiarazioni del Presidente della Commissione Jean-Claude Juncker con riferimento alla pagina per lungo tempo secretata della relazione Krecké;
AD. considerando che parte del lavoro della commissione è stato ostacolato dal fatto che diversi Stati membri e il Consiglio non hanno risposto in tempo utile (cfr. l'allegato 2) e alla fine non hanno trasmesso tutti i documenti richiesti o hanno semplicemente fornito risposte di cortesia senza affrontare nella sostanza le richieste ricevute; che su 17 società multinazionali invitate soltanto quattro hanno accettato di comparire al primo invito dinanzi alla commissione nei mesi di giugno e luglio 2015; che altre 11 società multinazionali hanno accettato di comparire dinanzi alla commissione soltanto dopo che la commissione TAXE ha votato sulla relazione e dopo ripetuti inviti, con la conseguenza che è stato necessario convocare una nuova riunione straordinaria poco prima della votazione in plenaria (cfr. l'allegato 3); che anche la Commissione europea non ha cooperato pienamente e non ha trasmesso tutti i documenti di seduta e i resoconti delle riunioni informali del gruppo "Codice di condotta", prevedendo soltanto, a causa dell'intransigenza di alcuni Stati membri, una limitata procedura di consultazione; che di conseguenza è stato necessario estendere il mandato della commissione;
AE. considerando che diverse indagini sugli aiuti di Stato condotte dalla Commissione che riguardavano la determinazione dei prezzi di trasferimento, convalidata da ruling fiscali e altre misure analoghe per natura o effetto, avente effetti sull'utile imponibile attribuito a determinate società figlie di multinazionali, erano ancora in corso al momento dell'approvazione della presente relazione;
Panoramica delle pratiche fiscali societarie negli Stati membri
1. ricorda che i modelli di tassazione delle società in vigore nei paesi industrializzati sono stati concepiti nella prima metà del XX secolo, quando le attività transfrontaliere erano ancora limitate; osserva che la globalizzazione e la digitalizzazione dell'economia hanno radicalmente alterato la catena del valore globale e il modo in cui operano i mercati e che la maggior parte delle grandi imprese ha attualmente una struttura transnazionale che esige il superamento delle norme fiscali nazionali; sottolinea che le norme nazionali e internazionali nel settore della tassazione non sono al passo con l'evoluzione del contesto imprenditoriale;
2. evidenzia che occorre elaborare una politica fiscale bilanciata ed equa quale parte integrante delle riforme strutturali negli Stati membri;
3. osserva che, se da un lato il rispetto dei diversi sistemi fiscali è diventato sempre più complesso per le imprese operanti a livello transfrontaliero, dall'altro la globalizzazione e la digitalizzazione hanno reso più semplice l'organizzazione delle loro attività mediante centri finanziari offshore e la creazione di strutture sofisticate volte a ridurre la loro contribuzione fiscale globale; esprime preoccupazione per il fatto che, a causa della crisi economica e del debito nonché del risanamento di bilancio, la maggior parte degli Stati membri abbia ridotto notevolmente il personale dell'amministrazione tributaria; sottolinea che le amministrazioni tributarie nazionali dovrebbero disporre di risorse sufficienti, anche in termini di personale, per operare con efficacia ai fini della prevenzione e individuazione della pianificazione fiscale aggressiva, dell'evasione fiscale e dell'elusione fiscale, come pure della lotta contro tali pratiche, che generano una sostanziale erosione della loro base imponibile, e garantire una migliore e più equa riscossione delle imposte nonché la credibilità del sistema fiscale; rileva che secondo alcuni studi la presenza di personale qualificato nelle amministrazioni tributarie garantisce allo Stato entrate di gran lunga superiori rispetto alle relative spese,, poiché l'efficacia delle amministrazioni tributarie ha un impatto positivo diretto sul gettito fiscale;
4. pone l'accento sulla differenza tra, da un lato, le pratiche dannose di talune amministrazioni tributarie e nazionali che consentono alle multinazionali di trasferire gli utili per evitare l'imposizione nei territori dove erano stati generati gli utili e, dall'altro, la concorrenza fra i governi nell'attrarre investimenti esteri diretti o nel mantenere le attività economiche all'interno del paese in piena conformità alla legislazione UE;
5. sottolinea che il trattato, conformemente al principio di sussidiarietà, consente agli Stati membri di determinare le proprie aliquote relative all'imposta sulle società e la base imponibile finché non saranno concordate misure di convergenza fiscale più incisive in linea con il trattato; fa notare tuttavia che le norme eccessivamente complesse dei sistemi fiscali nazionali, nonché le differenze tra tali sistemi, creano scappatoie utilizzate dalle società multinazionali ai fini della pianificazione fiscale aggressiva, e causano di conseguenza l'erosione della base imponibile, il trasferimento degli utili, una corsa al ribasso e, in definitiva, risultati economici subottimali; pone in evidenza il fatto che questa forma di elusione fiscale costituisce un gioco a somma negativa per tutti i bilanci nazionali considerati nel complesso, poiché l'aumento del gettito fiscale risultante da pratiche dannose in uno Stato membro (mediante deroghe, deduzioni specifiche o scappatoie), non compensa la diminuzione di gettito fiscale in altri paesi; indica che solo un approccio congiunto e più coordinato degli Stati membri, che dovrebbe tradursi in un quadro comune nell'ambito del quale gli Stati membri possono definire le proprie aliquote fiscali, può evitare un'ulteriore erosione della base imponibile, una concorrenza fiscale dannosa, così come una corsa al ribasso sul piano delle aliquote d'imposta;
6. ricorda che in alcuni Stati membri le imposte sulle società sono formalmente più elevate rispetto ad altri paesi anche se, in realtà, le aliquote sono sostanzialmente inferiori in ragione di deduzioni e scappatoie che favoriscono le imprese nazionali, il che rende l'aliquota d'imposta effettiva inferiore rispetto all'aliquota formalmente bassa che vige in alcuni Stati membri;
7. sottolinea che una minore imposizione delle società in alcuni Stati membri può garantire un gettito fiscale relativamente più elevato rispetto a quello garantito da aliquote fiscali più alte;
8. osserva che, secondo la Commissione(22), le aliquote d'imposta sul reddito delle società fissate a norma di legge nell'UE sono diminuite di 12 punti percentuali, passando dal 35% al 23% tra il 1995 e il 2014; sottolinea che tale diminuzione delle aliquote è accompagnata da un ampliamento della base imponibile volto a mitigare le perdite di gettito fiscale e che la relativa stabilità delle entrate provenienti dalla tassazione delle società nello stesso periodo può essere spiegata anche da una sostanziale tendenza a costituire società dotate di personalità giuridica, vale a dire il passaggio da determinate forme giuridiche di attività economica (ad esempio le imprese individuali) a società di capitali, il che provoca un passaggio simile da una base imponibile sulle persone fisiche a una base imponibile societaria;
9. osserva che la maggior parte degli Stati membri spende ingenti somme per incentivi fiscali intesi a conferire alle PMI un vantaggio concorrenziale, ma che, secondo la Commissione(23), in tre Stati membri su quattro oggetto di un recente studio tali tentativi sono compromessi dall'effetto della pianificazione fiscale internazionale; rileva che tali effetti pongono le PMI in una situazione di svantaggio concorrenziale, nonostante gli ingenti costi associati alle spese fiscali a loro sostegno, e che tali risultati pregiudicano le intenzioni dei responsabili politici nazionali;
10. sottolinea l'aumento del divario tra le aliquote d'imposta fissate a norma di legge e quelle effettive, in particolare nel caso di società operanti a livello globale, che riflette almeno in parte le varie deroghe ed esenzioni dal regime fiscale generale, sia previste dal legislatore per conseguire obiettivi specifici, sia risultanti da una pianificazione fiscale aggressiva, vale a dire ottenute da costruzioni di puro artificio a fini meramente fiscali;
11. sottolinea che le asimmetrie tra i sistemi fiscali a livello globale contribuiscono notevolmente all'erosione della base imponibile e all'evasione fiscale, ma che un intervento solo a livello di UE non è in grado di risolvere il problema;
12. fa notare che i 28 sistemi fiscali in vigore nell'UE sono notevolmente diversi, sia per quanto concerne la definizione della base imponibile sia per i livelli delle aliquote, e tali differenze sono ancora maggiori se si tiene conto delle giurisdizioni speciali dotate di sistemi fiscali autonomi che sono collegate a Stati membri dell'UE (territori d'oltremare e dipendenze della Corona); esprime rammarico per il fatto che le nozioni e gli elementi di base, ad esempio l'equilibrio tra tassazione alla fonte e basata sulla residenza, la stabile organizzazione e le entità tassabili, la sostanza economica e le norme antiabuso, la definizione di interessi e canoni, il trattamento dei beni immateriali, il trattamento del capitale di debito e del capitale di rischio, senza dimenticare ciò che può o non può essere dedotto dalla base imponibile, non sono attualmente oggetto di definizioni o orientamenti comuni nell'UE, il che lascia agli Stati membri sistemi fiscali non coordinati; sottolinea la necessità di armonizzare tali definizioni;
13. sottolinea che i regimi preferenziali nazionali e le asimmetrie tra i diversi sistemi fiscali all'interno del mercato unico creano opportunità di elusione fiscale; osserva che tali effetti indesiderati sono ulteriormente aggravati dall'interazione con un elevato numero di trattati bilaterali in materia fiscale tra Stati membri e paesi terzi e dalle insufficienti disposizioni antiabuso ivi contenute;
14. osserva che tale quadro fiscale non coordinato a livello di UE soffre anche di un'evidente mancanza di cooperazione tra Stati membri; sottolinea a tale riguardo che gli Stati membri non tengono necessariamente conto dell'impatto che le loro misure fiscali hanno su altri Stati membri, non solo in sede di definizione delle misure fiscali, ma anche nella condivisione di informazioni riguardanti l'attuazione di tali misure, il che causa di fatto politiche ai danni dei vicini ("beggar-thy-neighbor") nelle questioni fiscali, contrarie ai fondamenti stessi del progetto europeo; indica che un sistematico ed efficiente scambio automatico di informazioni tra Stati membri consentirebbe di tenere conto del trattamento fiscale di specifici flussi di reddito o operazioni in altri Stati membri; sottolinea che tale contesto contribuisce inoltre a creare una situazione inaccettabile in cui i profitti generati da società multinazionali in uno Stato membro sono spesso tassati ad aliquote estremamente basse o nulle nell'UE;
15. ritiene che la politica fiscale e la politica di concorrenza debbano essere considerate due facce della stessa medaglia nel mercato interno e invita la Commissione a rivalutare e a potenziare gli strumenti e le risorse disponibili per la politica di concorrenza e gli aiuti di Stato;
16. rileva che la convergenza tra i sistemi fiscali nazionali nell'UE è molto limitata nonostante un approfondimento senza precedenti del processo di integrazione negli ultimi 30 anni, in particolare per quanto concerne il mercato unico e l'Unione economica e monetaria; deplora il fatto che il coordinamento dei sistemi fiscali nazionali presenti gravi ritardi rispetto agli sforzi di coordinamento in altri ambiti a livello di UE, in particolare nel quadro del semestre europeo, sebbene, a parte l'importanza delle misure riguardanti le spese, un aspetto significativo della combinazione di politiche volte a garantire il risanamento di bilancio riguardi le entrate; è del parere che la relazione dei cinque presidenti del giugno 2015, dal titolo "Completare l'Unione economica e monetaria dell'Europa", avrebbe dovuto menzionare questo aspetto;
17. sottolinea che la mancanza di volontà politica per conseguire una convergenza delle politiche fiscali nazionali induce gli Stati membri a optare per un approccio bilaterale, mentre un approccio comune sarebbe più efficace; ricorda la possibilità di lavorare sulla convergenza fiscale utilizzando la cooperazione rafforzata; accoglie con favore, in tal senso, la volontà di taluni Stati membri di istituire un'imposta sulle transazioni finanziarie;
Strumenti di pianificazione fiscale aggressiva e relative conseguenze
18. sottolinea che l'elusione fiscale ad opera di alcune società multinazionali può causare aliquote fiscali effettive quasi nulle per gli utili generati nelle giurisdizioni europee, e in particolare che tali società multinazionali, pur beneficiando dei vari beni e servizi pubblici del luogo in cui operano, non pagano il loro equo contributo e contribuiscono così all'erosione della base imponibile nazionale e all'aumento delle disuguaglianze; sottolinea altresì che solo le imprese impegnate in attività transfrontaliere hanno la possibilità di trasferire gli utili, il che penalizza i concorrenti operanti solo in un paese;
19. osserva con grave preoccupazione che l'elusione dell'imposta sulle società ha un impatto diretto sui bilanci nazionali e sulla ripartizione dell'onere fiscale tra categorie di contribuenti nonché tra fattori economici (a vantaggio dei fattori più mobili quali il capitale sotto forma di investimenti esteri diretti); deplora che, oltre alla distorsione della concorrenza e a condizioni di disparità, ciò provoca una situazione estremamente preoccupante in cui, in un contesto di intensi sforzi di risanamento di bilancio e riforme strutturali, alcuni dei contribuenti con la maggiore capacità di pagare contribuiscono in misura significativamente minore rispetto a quelli più colpiti dalla crisi economica, finanziaria e del debito, ad esempio i comuni cittadini e le imprese che non si avvalgono di una pianificazione fiscale aggressiva, spesso appartenenti alla categoria delle PMI, che sovente non sono in grado di competere con le multinazionali a causa del loro svantaggio fiscale comparativo; sottolinea che la situazione rischia di alimentare la sfiducia nella democrazia e di compromettere l'osservanza delle norme fiscali in generale, soprattutto nei paesi interessati dai programmi di aggiustamento; deplora che gli informatori, i quali forniscono alle autorità nazionali, nell'interesse pubblico, informazioni fondamentali riguardanti casi di cattiva amministrazione, atti illeciti, frodi oppure pratiche o attività illegali, possano essere soggetti a procedimenti giudiziari nonché a ripercussioni personali ed economiche; constata con grande preoccupazione che persino i giornalisti autori di rivelazioni su pratiche illegali o illegittime hanno talvolta affrontato conseguenze simili;
20. osserva che, secondo le conclusioni di uno studio condotto dal FMI(24) su 51 paesi, il trasferimento degli utili tra giurisdizioni fiscali comporta una perdita di gettito che mediamente corrisponde a circa il 5% delle attuali entrate fiscali provenienti dall'imposizione del reddito delle società, ma che è pari a quasi il 13% nei paesi non appartenenti all'OCSE; osserva altresì che, stando alla Commissione, dati econometrici dimostrano che la sensibilità degli investimenti esteri diretti all'imposizione delle società è aumentata nel tempo; sottolinea che, secondo uno studio, ogni anno nell'UE si perde un gettito potenziale valutato a mille miliardi di euro a causa dell'effetto combinato di frode fiscale, evasione fiscale, compresa l'economia sommersa, ed elusione fiscale(25) e che, secondo le stime, ogni anno l'elusione fiscale fa perdere ai bilanci nazionali 50-70 miliardi di euro circa, ma che tali perdite di gettito in tutta l'UE potrebbero in realtà ammontare a circa 160-190 miliardi di euro se si tiene conto delle intese fiscali particolari, delle inefficienze nella riscossione e di altre attività analoghe(26); osserva che la commissione dell'ONU per il commercio e lo sviluppo ha calcolato che i paesi in via di sviluppo perdono circa 100 miliardi di dollari USA all'anno di gettito fiscale a causa dell'elusione fiscale delle società multinazionali; sottolinea che tali cifre dovrebbero essere considerate con cautela e potrebbero sottovalutare le reali perdite per i bilanci nazionali, data la scarsa trasparenza e i diversi approcci contabili e concettuali adottati nel mondo, che incidono sulla disponibilità di dati comparabili e significativi nonché sull'affidabilità di qualsiasi stima;
21. rileva che le strategie di pianificazione fiscale possono essere basate sulla strutturazione delle società, su accordi di finanziamento riguardanti le loro succursali o sui prezzi di trasferimento, senza alcuna connessione con le reali attività economiche, il che permette di trasferire artificialmente gli utili tra le giurisdizioni con l'obiettivo di ridurre la contribuzione fiscale complessiva delle società; osserva con profonda preoccupazione che nell'UE sono sempre più numerose le società di comodo, che di "società" hanno solo il nome e che sono utilizzate esclusivamente per evadere il fisco; osserva lo specifico esempio di McDonalds, le cui pratiche fiscali, secondo la relazione di una confederazione di sindacati, hanno fatto perdere ai paesi europei oltre 1 miliardo di euro di entrate fiscali tra il 2009 e il 2013(27);
22. è del parere che, malgrado l'efficacia delle interconnessioni economiche e delle interazioni nell'ambito del mercato interno, i regimi preferenziali nazionali e lo scarso livello di coordinamento o di convergenza tra i sistemi fiscali degli Stati membri diano luogo a una serie di asimmetrie che consentono una pianificazione fiscale aggressiva, doppie deduzioni e una doppia non imposizione, ad esempio tramite una o più delle seguenti pratiche: determinazione abusiva dei prezzi di trasferimento, localizzazione delle deduzioni in giurisdizioni con un'elevata pressione fiscale, trasmissione di fondi attinti da prestiti tramite società intermedie, trasferimento del rischio, prodotti finanziari ibridi, sfruttamento delle asimmetrie, arbitraggio fiscale, accordi di royalty, ricerca dei trattati più vantaggiosi (treaty shopping) e localizzazione delle cessioni di attivi in giurisdizioni con una bassa pressione fiscale;
23. sottolinea che, durante le missioni d'inchiesta condotte in cinque Stati membri e in Svizzera, la commissione speciale ha osservato che varie misure fiscali nazionali, di cui le multinazionali fanno spesso un uso combinato, erano suscettibili di costituire pratiche fiscali dannose, in particolare quelle riportate nell'elenco seguente, da considerarsi come non esaustivo:
–
uso abusivo di ruling fiscali o intese transattive in modo da andare oltre il semplice chiarimento della legislazione in vigore e ottenere un trattamento fiscale preferenziale;
–
definizioni discordanti di stabile organizzazione e di residenza fiscale;
–
interesse scarso o assente nei confronti della sostanza economica, il che consente la creazione di società a destinazione specifica (società di comodo, società non operative, ecc.) con un trattamento fiscale ridotto;
–
deduzione degli interessi nozionali (che permette alle società di dedurre dal reddito imponibile un interesse fittizio calcolato sulla base del patrimonio netto degli azionisti);
–
pratiche di ruling applicate agli utili in eccesso (tramite le quali una società può ottenere dall'amministrazione tributaria conferma scritta che il proprio reddito imponibile non comprende gli utili che non sarebbero stati realizzati in una situazione "indipendente");
–
disposizioni poco chiare o non coordinate in materia di prezzi di trasferimento;
–
una serie di regimi preferenziali, relativi in particolare ai beni immateriali (regimi speciali sugli utili riconducibili a brevetti, conoscenze o proprietà intellettuale);
–
rimborso o esenzione relativi alla ritenuta alla fonte su interessi, dividendi e canoni mediante trattati fiscali bilaterali e/o come stabilito dalla legislazione nazionale;
–
utilizzo di denominazioni giuridiche differenti negli Stati membri (entità ibride o finanziamenti ibridi, nel cui contesto gli interessi passivi diventano dividendi esenti);
–
nel caso della Svizzera, regimi fiscali speciali applicati su base cantonale alle società controllate dall'estero ma non alle società controllate a livello nazionale (i cosiddetti regimi di ring fencing);
–
mancanza di efficaci norme antiabuso generali o specifiche oppure carenze nell'applicazione o nell'interpretazione di tali norme;
–
strutture che possono occultare gli effettivi titolari di attivi e non essere soggette a regimi di scambio di informazioni, ad esempio i trust e i cosiddetti "porti franchi";
24. constata che, secondo la Commissione(28), il 72% dei trasferimenti degli utili nell'UE avviene tramite i canali della determinazione dei prezzi di trasferimento e dell'ubicazione della proprietà intellettuale;
25. sottolinea che negli ultimi anni una serie di Stati membri ha sviluppato specifici regimi di riduzione dell'imposta societaria per attirare gli attivi immateriali mobili delle società, come ad esempio il reddito derivante dalla proprietà intellettuale; fa notare la varietà che caratterizza sia le riduzioni delle aliquote d'imposta e le agevolazioni fiscali sia l'ambito di applicazione dei regimi proposti (innovazione, proprietà intellettuale, conoscenze, brevetti, ecc.); evidenzia che, in alcuni Stati membri, i contribuenti non devono necessariamente produrre proprietà intellettuale essi stesso e/o all'interno del paese per poter accedere ai vantaggi fiscali, ma possono limitarsi ad acquisirla tramite una società con residenza all'interno della giurisdizione; sottolinea pertanto che i vantaggi fiscali a favore di ricerca e sviluppo devono essere correlati alle spese effettive nella giurisdizione interessata;
26. sottolinea altresì che i costi in materia di ricerca e sviluppo possono essere già portati in deduzione nel quadro dei sistemi fiscali nazionali anche in assenza di regimi fiscali agevolati in materia di brevetti (patent box), e che questi ultimi contribuiscono pertanto all'elusione fiscale secondo una modalità contraria al sistema;
27. ritiene che tali regimi siano esempi di concorrenza fiscale dannosa tra paesi poiché, sebbene il loro legame con l'economia reale e il loro impatto su quest'ultima siano, nella maggior parte dei casi, inesistenti, comportano una riduzione delle entrate fiscali di altri paesi, tra cui gli Stati membri; osserva che, secondo uno studio della Commissione sugli incentivi fiscali a favore di ricerca e sviluppo(29), i patent box sembrano più adatti a trasferire i redditi delle società che a stimolare l'innovazione;
28. sottolinea che, in un contesto economico caratterizzato da una maggiore quantità di attivi immateriali, la mancanza di transazioni comparabili e di parametri di riferimento incide spesso sui prezzi di trasferimento, il che rende la corretta applicazione del principio di libera concorrenza, in base al quale i prezzi delle transazioni tra entità appartenenti allo stesso gruppo societario dovrebbero essere determinati nello stesso modo in cui vengono fissati i prezzi delle transazioni tra entità indipendenti, un esercizio impegnativo;
29. osserva che gli attuali orientamenti in materia di prezzi di trasferimento lasciano alle multinazionali un significativo margine di discrezionalità nella scelta e nell'attuazione dei metodi di valutazione; sottolinea che la mancanza di efficaci norme comuni per la determinazione dei prezzi di trasferimento e le varie deroghe, eccezioni e alternative previste sono sfruttate dalle multinazionali in contrasto con lo spirito di tali orientamenti, al fine di calibrare i loro utili imponibili sulla giurisdizione e di ridurre il loro debito d'imposta complessivo mediante, ad esempio, la maggiorazione abusiva dei costi, la determinazione arbitraria dei margini di utile e la discutibile esclusione di talune spese dal loro calcolo; sottolinea che il modo migliore per affrontare la questione dei prezzi di trasferimento a livello UE è ricorrendo al consolidamento della base imponibile comune, che elimina la necessità di tali prezzi;
30. sottolinea che i fascicoli relativi ai prezzi di trasferimento presentati dalle multinazionali o dai loro rappresentanti non possono essere controllati in modo adeguato dalle amministrazioni tributarie, che spesso non sono sufficientemente attrezzate né dotate di sufficiente personale per procedere a un esame critico e approfondito di tali analisi e del loro risultato o impatto;
31. deplora che, in un contesto economico in cui il 60% del commercio mondiale ha una dimensione intragruppo(30), gli orientamenti per l'applicazione di tale concetto puramente economico siano frammentati a livello nazionale e quindi soggetti a incongruenze tra Stati membri e a controversie legali;
32. evidenzia altresì che, malgrado l'elevato numero di cause intentate nell'UE a seguito di interpretazioni divergenti dei medesimi principi in materia di prezzi di trasferimento, non esiste a livello europeo un meccanismo efficiente per la composizione di tali controversie; osserva che la risoluzione delle cause presentate in virtù della convenzione arbitrale dell'UE sui prezzi di trasferimento può richiedere sino a otto anni, alimentando l'incertezza giuridica per le società e le amministrazioni tributarie;
33. sottolinea il ruolo cruciale svolto dalle grandi società di revisione contabile, ivi incluse le "Big Four", nella progettazione e nella commercializzazione di ruling e regimi di elusione fiscale che sfruttano le asimmetrie tra legislazioni nazionali; evidenzia che tali società, i cui servizi fiscali sembrano generare una parte considerevole dei loro introiti, dominano i mercati della revisione contabile nella maggior parte degli Stati membri e si impongono nel settore dei servizi di consulenza fiscale globale, costituendo un oligopolio ristretto; ritiene che una simile situazione non possa continuare senza danneggiare il funzionamento del mercato unico nei settori di attività delle "Big Four"; richiama l'attenzione sul conflitto di interesse risultante dalla coesistenza, all'interno di tali società, di servizi di consulenza fiscale e di altre attività di consulenza indirizzati, da un lato, alle amministrazioni tributarie e, dall'altro, ai servizi di pianificazione fiscale delle multinazionali, che sfruttano i punti deboli delle norme tributarie nazionali; è del parere che a tale proposito sia necessario promuovere le buone pratiche e migliorare i codici di condotta esistenti; si interroga tuttavia in merito all'efficacia dei codici di condotta societari e delle politiche in materia di responsabilità sociale delle imprese nel combattere tale fenomeno; sottolinea che i ruling fiscali sono diventati, nell'UE e in tutto il mondo, una prassi commerciale corrente, non solo per ottenere certezza giuridica o intese fiscali vantaggiose, ma anche nei casi in cui le disposizioni legislative non consentono alcun margine di interpretazione; esprime preoccupazione in merito alle stime provenienti dal settore della consulenza fiscale secondo cui la semplice probabilità del 50 % di rispettare la legge è sufficiente per proporre ai clienti uno schema di pianificazione fiscale(31);
34. invita le autorità tributarie a migliorare e diversificare le fonti del loro know-how e a migliorare in modo sostanziale il processo della valutazione d'impatto onde ridurre i rischi derivanti da conseguenze inattese di nuove misure fiscali; ricorda agli Stati membri che non sono soltanto le differenze tra i sistemi fiscali a contribuire in modo importante alla creazione dei divari fiscali, all'iniquità dei sistemi fiscali e a una bassa credibilità della politica fiscale, ma anche sistemi fiscali nazionali eccessivamente complessi e una scarsa stabilità caratterizzata da cambiamenti troppo frequenti; sottolinea a tale riguardo l'ostacolo frapposto dalla frammentazione fiscale alla creazione di un'Unione dei mercati dei capitali europea;
Situazione attuale e valutazione delle azioni UE, internazionali e nazionali
35. riconosce che, a seguito della crisi economica nonché dello scandalo LuxLeaks, far fronte alla pianificazione fiscale aggressiva da parte delle multinazionali ha rappresentato un obiettivo prioritario dell'agenda politica degli Stati membri, dell'UE, dell'OCSE e del G20, ma si rammarica del fatto che, sino ad oggi, ad eccezione del progetto BEPS dell'OCSE sponsorizzato dal G20, appena completato ma non ancora attuato dai paesi, non siano stati compiuti progressi significativi sul piano pratico;
36. osserva, in questo contesto, che molti Stati membri hanno introdotto o intendono adottare misure volte a combattere l'elusione fiscale, riguardanti in particolare la limitazione della deducibilità degli interessi, le norme antiabuso, una migliore definizione del concetto di stabile organizzazione (compreso lo sviluppo di verifiche atte ad accertare la sostanza economica per determinare più efficacemente la presenza a fini fiscali delle società), l'eventuale esclusione dagli appalti pubblici delle società che adottano comportamenti scorretti, oppure la pubblicazione di meccanismi di pianificazione fiscale che possano servire a riconquistare la credibilità del sistema tributario e a ridurre il tempo che intercorre tra l'instaurazione di regimi specifici e l'adozione di misure correttive, anche a livello legislativo;
37. teme tuttavia che, in mancanza di un approccio cooperativo, le misure unilaterali adottate dagli Stati membri contro l'erosione della base imponibile possano contribuire a una maggiore complessità, dando luogo a nuove asimmetrie e, di conseguenza, a ulteriori opportunità di elusione fiscale nel mercato interno; sottolinea che eventuali divergenze nell'applicazione, da parte degli Stati membri, degli orientamenti internazionali o dell'UE possono sortire lo stesso effetto;
38. accoglie con favore le varie iniziative e proposte legislative elaborate dalla Commissione negli ultimi 20 anni, comprese le più recenti che prevedono un'evoluzione verso un maggiore coordinamento dei sistemi di imposizione delle società applicati negli Stati membri, nell'ottica di rafforzare il mercato interno, affrontare le questioni della doppia imposizione o della doppia non imposizione oppure mantenere il diritto degli Stati membri di imporre una tassazione effettiva; deplora cionondimeno che il Consiglio abbia adottato finora solo un numero limitato di tali proposte a causa del requisito dell'unanimità e del fatto che taluni Stati membri sono convinti di poter ottenere maggiori vantaggi individuali dalle scappatoie di un sistema fiscale privo di coordinamento piuttosto che vantaggi collettivi in un sistema coordinato;
39. accoglie con favore la pubblicazione di una nuova serie di politiche fiscali e invita la Commissione a cercare di garantire un sistema fiscale equo, basato sul principio dell'imposizione nel paese in cui vengono generati gli utili, evitando così distorsioni del mercato interno e concorrenza sleale;
40. sottolinea che, alla fine degli anni '90 e nei primi anni 2000, il gruppo "Codice di condotta sulla tassazione delle imprese" (di seguito "il gruppo"), istituito nel 1998 dagli Stati membri, ha consentito di eliminare quelle che all'epoca costituivano le pratiche fiscali più dannose, adottando un duplice approccio giuridico non vincolante che prevedeva di "smantellare" le misure fiscali vigenti all'origine di casi di concorrenza fiscale dannosa nonché di astenersi dall'introdurre tali misure in futuro ("status quo");
41. si rammarica che le attività del gruppo sembrino aver perso slancio; osserva che alcune delle oltre 100 misure smantellate tramite il suo operato sono state sostituite negli Stati membri da misure fiscali che producono effetti dannosi analoghi; osserva che le autorità tributarie hanno reagito alle raccomandazioni del gruppo creando nuove strutture che esercitano gli stessi effetti dannosi di quelle che il gruppo aveva eliminato; deplora che in passato non abbiano avuto successo i tentativi di rafforzare la governance e il mandato del gruppo, nonché di adeguare e di estendere i metodi di lavoro e i criteri stabiliti nel codice al fine di combattere nuove forme di pratiche fiscali dannose nel contesto economico attuale; appoggia le più recenti proposte della Commissione in materia, quali definite nel suo piano d'azione del 17 giugno 2015 relativo a un regime equo ed efficace per l'imposta societaria nell'UE;
42. si rammarica del fatto che, nonostante gli obiettivi ambiziosi annunciati fin dal 1997, tra gli Stati membri persista una concorrenza fiscale risultante non tanto delle differenze tra le aliquote quanto dell'eterogeneità delle norme nazionali che disciplinano il calcolo della base imponibile, come risulta invariabilmente da molti decenni dalle disparità tra aliquote nominali e aliquote effettive relative all'imposta sulle società applicate dagli Stati membri;
43. si rammarica altresì del fatto che lo status e l'assetto di governance originari del gruppo abbiano lasciato troppo spazio a negoziati e a compromessi politici volti a cercare di ottenere un "ampio consenso" (ossia una quasi unanimità di fatto, con la possibilità di esprimere disaccordo nelle note in calce) sulla valutazione delle pratiche dannose, compromettendo in tal modo l'affidabilità e la completezza delle sue attività e talvolta portando alla non pubblicazione deliberata o al mancato seguito delle relazioni, come la relazione del 1999 di Simmons & Simmons relativa alle pratiche amministrative; reputa deplorevole che lo smantellamento delle misure in vigore abbia subìto ritardi di natura politica e, in alcuni casi, abbia permesso l'inclusione di nuovi beneficiari dopo la scadenza, cosa che è altresì connessa alla grande fragilità del gruppo in termini di assunzione di responsabilità e di meccanismi di monitoraggio;
44. sottolinea la questione più fondamentale dell'approccio caso per caso previsto dal codice, il quale, pur avendo fatto sì che ora gli Stati membri competano maggiormente nell'ambito di misure di carattere generale, non affronta le carenze sistemiche di un quadro UE in materia di imposta societaria che è frammentato e che necessita di una riorganizzazione più sostanziale;
45. prende atto, inoltre, degli sforzi compiuti con l'istituzione della "Piattaforma per la buona governance in materia fiscale", che riunisce attorno a uno stesso tavolo varie parti interessate al fine di creare una visione comune sul tema dell'elusione fiscale, in particolare in un contesto internazionale, nonché con la creazione del "Forum congiunto sui prezzi di trasferimento", che fornisce una serie di orientamenti sugli aspetti tecnici della determinazione dei prezzi di trasferimento; sottolinea che, sinora, tali organi hanno contribuito ad apportare correzioni di portata limitata al quadro relativo all'imposta societaria; si rammarica del fatto che gli orientamenti emanati dal "Forum congiunto sui prezzi di trasferimento" non abbiano sinora affrontato in modo sufficiente la questione dell'elusione fiscale; si rammarica che la composizione del "Forum congiunto sui prezzi di trasferimento", nonostante sia stata recentemente modificata, risulti ancora squilibrata; obietta inoltre al fatto che contribuiscono ai lavori sugli orientamenti riguardanti i prezzi di trasferimento esperti fiscali che, parallelamente, possono fornire consulenza ai loro clienti riguardo a strategie di pianificazione fiscale aggressiva, ritrovandosi così in una situazione di conflitto di interessi;
46. sottolinea che la legislazione dell'UE (direttive in materia di società madri e figlie, di interessi e canoni, di fusioni e di cooperazione amministrativa), pur coprendo aspetti circoscritti legati all'imposizione delle società, ha saputo far fronte a specifiche problematiche incontrate dagli Stati membri e dalle società operanti in più paesi; evidenzia che tali misure, concepite originariamente per eliminare la doppia imposizione, stanno esercitando alcuni effetti controproducenti non desiderati sull'elusione fiscale e talvolta portano a una doppia non imposizione; accoglie con favore la recente approvazione da parte del Consiglio delle modifiche alla direttiva sulle società madri e figlie, che mirano a introdurre una clausola generale antiabuso e a combattere le asimmetrie relative ai finanziamenti ibridi, e che entreranno in vigore alla fine del 2015, nella convinzione che ciò contribuirà a eliminare alcune delle opportunità di elusione fiscale nell'UE;
47. ricorda le disposizioni della direttiva 2011/16/UE del Consiglio in materia di cooperazione amministrativa volte a promuovere lo scambio di tutte le informazioni fiscali pertinenti; ritiene che uno scambio automatico, immediato ed esaustivo e un trattamento efficiente delle informazioni fiscali eserciterebbero un forte effetto deterrente contro l'evasione fiscale e l'introduzione di pratiche fiscali dannose e consentirebbero agli Stati membri e alla Commissione di accedere a tutte le informazioni pertinenti a loro disposizione per poter far fronte a tali pratiche;
48. si rammarica che l'attuale quadro legislativo e di monitoraggio relativo allo scambio di informazioni sulle misure fiscali non sia efficace, come dimostrato dal fatto che i requisiti esistenti per gli scambi di informazioni spontanei o su richiesta non vengono rispettati; si rammarica altresì del fatto che praticamente nessuno Stato membro scambi informazioni che potrebbero avere un impatto sui paesi partner dell'UE; deplora la mancanza di coordinamento tra la Commissione e le autorità competenti dei vari Stati membri;
49. si rammarica del fatto che le informazioni fiscali siano raramente scambiate in modo spontaneo tra gli Stati membri; è favorevole a uno scambio automatico di informazioni non più basato sulla reciprocità; richiama l'attenzione sui problemi di concezione strutturale di un sistema basato sulla discrezionalità quanto alle informazioni da comunicare o meno, e accompagnato da sistemi di monitoraggio deboli, che rendono molto difficile individuare le violazioni dell'obbligo di scambio di informazioni;
50. si compiace dell'impegno della Commissione di promuovere lo scambio automatico di informazioni fiscali quale futura norma europea e internazionale per la trasparenza; esorta la Commissione, in prima battuta, ad adempiere al suo dovere di custode dei trattati e ad adottare tutte le misure necessarie per garantire che la vigente legislazione dell'UE e il principio di leale cooperazione tra Stati membri sancito dai trattati siano debitamente rispettati; valuta positivamente la proposta del gruppo di esperti sullo scambio automatico di informazioni finanziarie a fini fiscali di considerare le possibilità di sostenere i paesi in via di sviluppo mediante lo scambio automatico di informazioni concedendo accordi di scambio non reciproci;
51. osserva che le norme e le sanzioni concernenti gli aiuti di Stato sono un utile strumento per far fronte alle pratiche fiscali dannose più abusive e distorsive, e possono esercitare un notevole effetto deterrente;
52. accoglie con favore il pacchetto della Commissione in materia di trasparenza fiscale, del marzo 2015, concernente lo scambio automatico di informazioni tra gli Stati membri riguardo ai loro ruling fiscali, e il piano d'azione del giugno 2015 relativo a un regime equo ed efficace per l'imposta societaria nell'UE; sottolinea, tuttavia, che questi testi possono essere visti soltanto come primi passi nella giusta direzione e che sono urgentemente necessari un quadro coerente di disposizioni legislative e un coordinamento amministrativo anche a beneficio delle PMI e di quelle società multinazionali che contribuiscono a realizzare un'autentica crescita economica e che pagano la loro giusta quota di tasse nel mercato interno;
53. plaude al recente accordo sul piano d'azione BEPS dell'OCSE il quale, in seguito ai successivi appelli a intervenire lanciati in occasione dei vertici del G7 e del G20, cerca di risolvere le singole questioni riguardanti il funzionamento del sistema internazionale in materia di imposte societarie proponendo un'azione globale e sistematica per affrontarle; si rammarica dell'inclusione tardiva e iniqua dei paesi in via di sviluppo nel processo BEPS dell'OCSE, al quale essi dovrebbero partecipare equamente; si rammarica altresì del fatto che alcuni risultati del piano d'azione BEPS non si spingano oltre in settori quali i regimi fiscali dannosi, l'economia digitale e la trasparenza;
54. osserva che, in seguito a un'analisi sistematica dei "punti di pressione" del sistema fiscale internazionale, il piano d'azione BEPS è stato tracciato in 15 punti d'azione, sette dei quali sono stati approvati dal G20 nel novembre 2014, mentre gli altri dovrebbero essere concordati entro la fine del 2015; sottolinea che tali azioni, a fronte di un contesto imprenditoriale in evoluzione, mirano ad affrontare questioni relative alla trasparenza, ad esempio emanando orientamenti in materia di comunicazione per paese, e questioni relative alla mancanza di elementi sostanziali in alcuni accordi di elusione fiscale e a una maggiore coerenza per quanto concerne le norme internazionali;
55. mette in guardia, tuttavia, dai compromessi che potrebbero non soddisfare le ambizioni iniziali o condurre a interpretazioni divergenti a livello nazionale; sottolinea altresì che finora non è stato effettuato pressoché alcun monitoraggio efficace dell'attuazione degli orientamenti dell'OCSE nei paesi che li hanno avallati, e che anche le migliori soluzioni concepite non possono essere efficaci se non sono monitorate e attuate in modo appropriato;
56. sottolinea la natura complementare dell'attività dell'UE e dell'OCSE in questo campo; ritiene che, in virtù del suo grado di integrazione, l'UE debba andare al di là delle proposte BEPS in termini di coordinamento e convergenza, onde evitare ogni forma di concorrenza fiscale dannosa nel mercato interno; è convinto che l'UE, garantendo che la propria competitività non venga colpita negativamente, potrebbe mettere in atto strumenti più efficaci per assicurare una concorrenza fiscale leale e il diritto degli Stati membri a operare una effettiva tassazione degli utili generati nei rispettivi territori;
Indagini della Commissione in materia di aiuti di Stato: quadro d'insieme e risultati
57. sottolinea che, nel mercato interno, i nuovi operatori e le imprese, comprese le PMI, che non si avvalgono di una pianificazione fiscale aggressiva sono penalizzati rispetto alle società multinazionali, le quali possono trasferire gli utili o attuare altre forme di pianificazione fiscale aggressiva attraverso una serie di decisioni e strumenti che soltanto loro hanno a disposizione grazie alle loro dimensioni e alla capacità di articolare le attività imprenditoriali a livello internazionale; osserva con preoccupazione che, a parità di condizioni, i conseguenti debiti d'imposta più bassi conferiscono alle società multinazionali un utile al netto delle imposte più alto e creano in seno al mercato interno condizioni di disparità con i concorrenti rispettivi che non ricorrono alla pianificazione fiscale aggressiva e mantengono il legame tra il luogo in cui generano gli utili e il luogo in cui vengono tassati; segnala che tale distorsione delle condizioni di parità a favore delle multinazionali è in contrasto con il principio fondamentale del mercato unico;
58. sottolinea che l'OCSE(32) evidenzia il fatto che alcune società multinazionali utilizzano strategie che consentono loro di versare appena il 5% in imposte societarie, mentre imprese di dimensioni più ridotte versano fino al 30%, ed è profondamente preoccupato in relazione al fatto che, in base ad alcuni studi(33), il versamento dell'imposta societaria delle società transfrontaliere è, in media, fino al 30% inferiore rispetto alle società nazionali che operano in un solo paese; reputa inaccettabile che, a seguito di tali strategie, alcune multinazionali beneficino di un'aliquota fiscale societaria effettiva molto bassa, mentre alcune PMI devono versare tutte le imposte dovute;
59. rileva che tale distorsione relativa alle decisioni degli operatori economici adottate sulla base dei rendimenti al netto delle imposte attesi sfocia in un'allocazione subottimale delle risorse nell'UE e tende a ridurre il livello di concorrenza, incidendo in questo modo sulla crescita e l'occupazione;
60. sottolinea che alcune pratiche fiscali dannose potrebbero ricadere nell'ambito di applicazione delle norme sugli aiuti di Stato in materia fiscale, in particolare nella misura in cui possono conferire, allo stesso modo, un vantaggio "selettivo" e comportare distorsioni della concorrenza nel mercato interno; osserva che, in passato, le procedure inerenti agli aiuti di Stato e al gruppo "Codice di condotta" hanno svolto un'attività di sostegno reciproco, in particolare nel 1999 e nella prima metà degli anni 2000; sottolinea che l'applicazione delle norme dell'UE in materia di concorrenza ha incrementato la pressione giuridica integrando il processo decisionale relativo alle norme non vincolanti all'interno del gruppo, compensando parzialmente la mancanza di qualsiasi altro strumento efficace atto a porre rimedio all'elusione fiscale a livello dell'UE;
61. riconosce gli importanti sviluppi verificatisi negli ultimi 20 anni per quanto concerne il quadro analitico della Commissione relativo agli aiuti di Stato di natura fiscale, che hanno consentito di pervenire a una maggiore chiarezza nella definizione e nell'analisi in materia di aiuto di Stato mediante misure fiscali, nonché a un'azione più sistematica contro tali misure; osserva, in particolare, gli orientamenti della Commissione del 1998 sull'applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato alla tassazione diretta delle imprese, la relativa relazione del 2004 e varie importanti decisioni giurisprudenziali degli anni 2000; accoglie con favore, nell'ambito del processo di modernizzazione degli aiuti di Stato promosso dalla Commissione, l'avvio, nel 2014, di una consultazione pubblica su progetti di orientamenti finalizzati a chiarire la nozione di aiuti di Stato a norma dell'articolo 107 TFUE, che contiene elementi in materia di aiuti di Stato di natura fiscale e, in particolare, ai ruling fiscali;
62. rileva che negli ultimi decenni si è sviluppata una giurisprudenza sempre più ampia della Corte di giustizia europea legata all'applicazione della legislazione sugli aiuti di Stato alle misure fiscali degli Stati membri, recentemente nella causa relativa a Gibilterra del 2011(34);
63. rileva che la Corte di giustizia ha evidenziato il principio della "sostanza prima della forma" e pertanto che l'incidenza economica di una misura costituisce il criterio di riferimento per la valutazione;
64. osserva quindi che la Corte di giustizia ha dedotto dal divieto di aiuti di Stato requisiti di più ampia portata riguardanti la competenza legislativa degli Stati membri in materia fiscale;
65. osserva che il concetto di "natura e struttura generale del sistema nazionale" costituisce un riferimento centrale nel valutare se le misure fiscali dirette o indirette siano o meno selettive, e pertanto compatibili o meno con il mercato interno, e che qualsiasi aiuto di Stato dovrebbe essere valutato in relazione all'equilibrio preesistente; sottolinea che, poiché il parametro di riferimento dell'UE per valutare potenziali distorsioni è il sistema nazionale di riferimento(35), non tutte le distorsioni della concorrenza né tutte le pratiche fiscali dannose nel mercato interno possono essere coperte dalle attuali norme in materia di concorrenza; osserva pertanto che la sola applicazione integrale di tali norme non consentirebbe di risolvere la questione dell'elusione dell'imposta societaria nell'UE;
66. osserva che, secondo i dati forniti alla sua commissione speciale competente(36) dalla Commissione, dal 1991 quest'ultima ha esaminato ufficialmente soltanto 65 casi di aiuti di Stato di natura fiscale, di cui 7 erano ruling fiscali e soltanto 10 hanno avuto origine con notifiche formali da parte degli Stati membri;
67. sottolinea che la Commissione ha gestito solo un numero esiguo di casi nel campo degli aiuti di Stato di natura fiscale nella seconda metà degli anni 2000, e che tra le recenti procedure in materia di aiuti di Stato figurano:
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l'avvio, nel giugno 2013, di un'indagine concernente le pratiche in materia di ruling fiscali in sette Stati membri, estesa a tutti gli Stati membri nel dicembre 2014,
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l'avvio, nell'ottobre 2013, di un'indagine intesa ad accertare se il regime fiscale delle società a Gibilterra favorisse taluni tipi di società, con successiva estensione, nell'ottobre 2014, per esaminare i ruling fiscali in detto territorio,
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l'avvio, in parallelo, di un'indagine separata relativa ai regimi fiscali in materia di proprietà intellettuale ("regimi speciali in materia di brevetti"),
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l'apertura, nel giugno 2014, di indagini formali concernenti tre casi: Apple in Irlanda, Fiat Finance and Trade in Lussemburgo e Starbucks nei Paesi Bassi, seguiti, nell'ottobre 2014, da Amazon in Lussemburgo,
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l'apertura, nel febbraio 2015, di un'indagine formale concernente un regime fiscale in Belgio (sistema di ruling fiscale applicato agli utili in eccesso);
68. sottolinea che le indagini in corso e completate della Commissione, e i casi rivelati nell'ambito di LuxLeaks indicano che alcuni Stati membri sono venuti meno al loro obbligo giuridico(37) di comunicare alla Commissione tutti i potenziali fascicoli relativi ad aiuti di Stato;
69. sottolinea che tali indagini mettono in luce soltanto un campione molto limitato di alcune pratiche tipiche che incidono sull'utile imponibile attribuito ad alcune società figlie di multinazionali attraverso i prezzi di trasferimento; esprime preoccupazione quanto al fatto che le attuali risorse dei servizi competenti della Commissione possano limitare la sua capacità di gestire un numero significativamente più grande di casi e di eseguire controlli sistematici per accertare se altre prassi in materia di regime fiscale delle società possano confliggere con la legislazione sugli aiuti di Stato;
70. sostiene con forza la Commissione nel suo approccio, che consiste nell'avvalersi del tempo necessario per valutare i casi in corso approfonditamente e con tutta la dovuta diligenza; è del parere che l'esito delle indagini contribuirà a stabilire orientamenti più precisi ed efficaci in materia di aiuti di Stato di natura fiscale e di prezzi di trasferimento e imporrà agli Stati membri di rettificare conseguentemente le loro pratiche; invita cionondimeno la Commissione a portare a termine quanto prima le indagini in corso sugli aiuti di Stato di natura fiscale senza pregiudicarne la qualità e la credibilità, e attende con grande interesse i loro risultati; invita la Commissione a riferire regolarmente al Parlamento europeo in merito a tali indagini; invita altresì la Commissione a esigere il recupero di ogni euro mancante in caso di accertamento di aiuti di Stato illegali nelle indagini in corso;
71. sottolinea che le indagini in corso potrebbero condurre, in caso di infrazione delle norme dell'UE, al recupero, da parte dello Stato membro che ha approvato la misura fiscale esaminata, dell'importo corrispondente all'aiuto di Stato illecito concesso alle imprese beneficiarie; rileva che, sebbene possa avere un effetto negativo significativo sulla reputazione dello Stato membro interessato, ciò costituisce di fatto una ricompensa per il mancato adempimento che probabilmente non scoraggerà gli Stati membri, in caso di dubbio, dal porre in atto pratiche illegali in materia di aiuti di Stato e dal concedere benefici fiscali abusivi e che, anzi, li esonererà dalla loro responsabilità di rispettare le norme dell'UE in tale settore e non allevierà il danno finanziario arrecato ai bilanci degli Stati membri interessati; rileva, in termini più generali, che le norme in materia di aiuti di Stato non prevedono sanzioni atte a costituire un deterrente efficace quando si tratta di aiuti di Stato illegali;
72. evidenzia altresì la possibilità, in caso di prezzi di trasferimento abusivi tra società figlie transfrontaliere, che non soltanto lo Stato membro all'origine del trattamento fiscale vantaggioso si veda rettificare il gettito fiscale (recupero dell'aiuto), ma che lo stesso accada ad altri paesi in cui la transazione ha avuto luogo (rettifica ex post del prezzo di trasferimento e quindi del reddito imponibile); sottolinea che, in alcuni casi, ciò potrebbe condurre a una doppia imposizione;
73. ricorda che i ruling fiscali dovrebbero essere finalizzati a fornire certezza giuridica e suscitare aspettative legittime presso i loro beneficiari; sottolinea, in un contesto in cui i ruling nazionali possono essere impugnati in virtù delle norme sugli aiuti di Stato a livello dell'UE, che esiste il rischio che gli Stati membri comunichino alla Commissione una quantità ingente di istanze di ruling individuali per ottenere un suo nulla osta preventivo, con lo scopo di evitare incertezze giuridiche per le amministrazioni tributarie e le imprese; sottolinea che il rafforzamento delle capacità in seno alla Commissione e il miglioramento dei processi di trasmissione delle informazioni rappresentano le soluzioni più appropriate per gestire l'aumento del flusso di notifiche e la maggiore trasparenza richiesta agli Stati membri in ambito fiscale;
Paesi terzi
74. esprime preoccupazione quanto al fatto che gli effetti di ricaduta delle pratiche fiscali dannose di alcune società multinazionali sembrano essere molto più significativi nel caso dei paesi in via di sviluppo rispetto ai paesi sviluppati(38), in quanto i primi traggono una quota maggiore del loro gettito dall'imposta societaria, oltre ad avere sistemi più deboli per quanto concerne le finanze pubbliche, il quadro normativo e la capacità amministrativa di garantire l'adempimento fiscale e affrontare tali pratiche fiscali dannose; osserva che, secondo il FMI(39), a causa della pianificazione fiscale aggressiva i paesi in via di sviluppo perdono in termini relativi un gettito tre volte maggiore rispetto ai paesi sviluppati; fa notare che l'articolo 208 del trattato di Lisbona impone agli Stati membri di adeguare le loro politiche per sostenere lo sviluppo nei paesi in via di sviluppo; ricorda che le analisi esaustive ex ante sugli effetti di ricaduta delle pratiche fiscali degli Stati membri, i cui risultati andrebbero resi pubblici, dovrebbero contribuire a orientare il processo decisionale, onde garantire che dette pratiche non provochino l'erosione della base imponibile di altri Stati membri o paesi terzi;
75. sottolinea che, nel contempo, i pochi "vincitori" della concorrenza fiscale globale, ovvero i paesi con politiche molto attraenti in materia di imposta societaria all'interno e all'esterno dell'UE, presentano fondamentali economici sproporzionati rispetto alle loro dimensioni e alla loro reale attività economica, soprattutto se si considerano, ad esempio, il numero delle società residenti pro capite, l'ammontare degli utili esteri contabilizzati, gli IED o i flussi finanziari in uscita rispetto al PIL, ecc.; osserva che ciò denota la natura artificiale della loro base imponibile e dei flussi finanziari in entrata, nonché la mancanza di nesso consentita dagli attuali sistemi fiscali tra il luogo in cui il valore viene creato e il luogo in cui viene operata la tassazione;
76. sottolinea che la concorrenza fiscale è lungi dall'essere limitata agli Stati membri, ivi inclusi i loro territori dipendenti o associati, e che la maggior parte delle pratiche in esame presenta una dimensione internazionale attraverso il trasferimento degli utili verso giurisdizioni a tassazione bassa o nulla, o attraverso giurisdizioni che praticano la segretezza e in cui, spesso, non viene svolta alcuna attività economica sostanziale; deplora la mancanza di un approccio coordinato da parte degli Stati membri nei confronti di tutte queste giurisdizioni, non soltanto in termini di azione o reazione comune contro le pratiche dannose, ma anche, nonostante gli sforzi della Commissione, per quanto riguarda la loro identificazione e i criteri pertinenti; sostiene pertanto fermamente la proposta della Commissione del 2012, che contiene criteri sostanziali per garantire una concorrenza equa in aggiunta alla trasparenza e allo scambio di informazioni, così come la recente pubblicazione, nel pacchetto fiscale della Commissione del 17 giugno 2015, di un elenco di giurisdizioni fiscali non collaborative, stabilito seguendo l'approccio del "denominatore comune" sulla base di elenchi esistenti a livello nazionale; sottolinea che l'istituzione di un siffatto elenco è il presupposto per intraprendere azioni appropriate contro dette giurisdizioni; ritiene che tale elenco dovrebbe essere la prima versione di un processo che sfoci in una definizione rigorosa e oggettiva di "paradiso fiscale", che possa poi servire da base per elenchi futuri elaborati in funzione di criteri chiari che dovrebbero essere noti in anticipo; incoraggia la Commissione a valutare se le giurisdizioni europee rispettano tali criteri;
77. sottolinea che l'attività dell'OCSE in proposito ha raggiunto alcuni risultati significativi in termini di trasparenza e scambio di informazioni; si compiace in particolare del fatto che nel giugno 2015 quasi 100 paesi avevano firmato la convenzione multilaterale dell'OCSE sull'assistenza amministrativa in materia fiscale (la "convenzione comune"), che prevede una cooperazione amministrativa tra Stati in merito all'accertamento e alla riscossione delle imposte, in particolare nell'ottica di contrastare l'elusione e l'evasione fiscali;
78. sottolinea tuttavia che l'attività dell'OCSE relativa al suo precedente elenco di paradisi fiscali non collaborativi era basata su un processo politico che ha condotto a compromessi arbitrari già al momento di fissare i criteri per stilare gli elenchi, come ad esempio l'obbligo di concludere accordi fiscali con altri 12 paesi, con la conseguenza che nessuna giurisdizione è stata elencata tra i paradisi fiscali non collaborativi; rileva che il suo approccio attuale è ancora basato su criteri che si riferiscono alla trasparenza fiscale e allo scambio di informazioni, i quali non sono sufficientemente esaurienti per affrontare la dannosità di determinate pratiche fiscali; osserva che, a prescindere dai suoi meriti, tale aspetto limita la pertinenza dell'approccio dell'OCSE inteso a individuare le giurisdizioni fiscali che sono i pilastri delle pratiche di elusione fiscale e della concorrenza fiscale dannosa a livello mondiale; sottolinea, in particolare, che questo approccio non fa riferimento a eventuali indicatori qualitativi per una valutazione oggettiva del rispetto delle pratiche di buona governance né prende in esame dati quantitativi come gli utili contabili, i flussi finanziari in entrata e in uscita e la loro corrispondenza (o meno) con la realtà economica di una data giurisdizione;
79. sottolinea inoltre che tali elenchi possono essere utilizzati a livello nazionale per attuare norme di protezione e antielusione nazionali nei confronti di paesi terzi (come la limitazione dei benefici, l'applicazione del test per la verifica delle finalità principali, le norme sulle società estere controllate, ecc.), e che le loro carenze possono quindi limitare l'ambito di applicazione e l'efficacia delle misure nazionali finalizzate a contrastare le pratiche fiscali dannose;
80. è convinto che garantire una concorrenza equa nel mercato interno e proteggere le basi imponibili degli Stati membri dipende in gran parte dal fatto di affrontare l'anello più debole, vale a dire le interazioni con le giurisdizioni a tassazione bassa o nulla e le giurisdizioni che praticano la segretezza, tenendo presente che le aliquote fiscali sono di competenza degli Stati membri, dato che l'esistenza di un accesso fiscale (ad esempio, assenza di ritenuta alla fonte) ai paesi terzi, indipendentemente dalle loro pratiche fiscali, incrementa considerevolmente le opportunità di elusione fiscale nell'UE;
81. sottolinea che un approccio coordinato da parte degli Stati membri nei confronti tanto dei paesi in via di sviluppo quanto dei paesi sviluppati potrebbe rivelarsi molto più efficace nel contrastare le pratiche fiscali dannose e promuovere una maggiore reciprocità in materia fiscale;
82. sottolinea che, in risposta alle pressioni dell'UE e del G20 sulla questione della trasparenza fiscale, e nel contesto della crisi finanziaria, economica e del debito, alcuni paesi terzi hanno infine firmato accordi sullo scambio di informazioni in materia fiscale con l'UE, cosa che dovrebbe migliorare la cooperazione con tali paesi; rileva che, nel caso della Svizzera, è stato firmato un accordo nel maggio 2015, dopo un lungo periodo di transizione durante il quale tale importante partner commerciale dell'UE ha beneficiato di un accesso privilegiato al mercato unico, senza tuttavia collaborare in altri settori, in particolare quello fiscale;
83. osserva che, nonostante i negoziati in corso, restano lenti i progressi per quanto concerne la firma di analoghi accordi di cooperazione con San Marino, Monaco, il Liechtenstein e Andorra; si rammarica che la Commissione non disponga di un simile mandato europeo a negoziare accordi di scambio automatico delle informazioni con i territori d'oltremare attualmente coperti dalla direttiva dell'UE sulla tassazione dei redditi da risparmio;
84. osserva con preoccupazione che molti paesi in via di sviluppo si trovano in una situazione particolarmente vulnerabile rispetto alle attività di elusione fiscale delle società multinazionali, e che la causa principale del mancato gettito per i loro bilanci nazionali risiede nelle pratiche in materia di prezzi di trasferimento di dette società(40); sottolinea inoltre che tali paesi si trovano in una posizione negoziale estremamente debole nei confronti di talune società multinazionali o di taluni investitori esteri diretti alla ricerca di sovvenzioni e di esenzioni fiscali in giro per il mondo; denuncia il fatto che, stando alle stime, le perdite di entrate fiscali subite annualmente dai bilanci nazionali sono comprese all'incirca tra i 91(41) e i 125 miliardi di EUR(42);
85. ricorda agli Stati membri che sono tenuti a rispettare, conformemente al trattato di Lisbona, il principio della coerenza delle politiche per lo sviluppo e devono assicurare che le loro politiche fiscali non compromettano gli obiettivi dell'UE riguardo allo sviluppo; incoraggia gli Stati membri ad analizzare le ricadute delle loro politiche fiscali e i relativi effetti sui paesi in via di sviluppo, come suggerito dal FMI;
Conclusioni e raccomandazioni
86. conclude, guardando al mandato da esso conferito alla sua commissione speciale e nonostante le varie limitazioni e i diversi ostacoli incontrati nello svolgimento delle sue missioni d'inchiesta nonché presso altre istituzioni europee, taluni Stati membri e società multinazionali, che:
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fatto salvo l'esito delle indagini in corso sugli aiuti di Stato condotte dalla Commissione, le informazioni raccolte indicano che, in diversi casi, gli Stati membri non hanno rispettato l'articolo 107, paragrafo 1, TFUE, dal momento che hanno introdotto ruling fiscali e altre misure analoghe per natura o effetto i quali, favorendo talune imprese, hanno falsato la concorrenza nel mercato interno;
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alcuni Stati membri non hanno applicato pienamente l'articolo 108 TFUE, dal momento che non hanno formalmente comunicato alla Commissione tutti i loro progetti diretti a istituire aiuti di natura fiscale, violando in tal modo le corrispondenti disposizioni del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio; sottolinea che, di conseguenza, la Commissione non ha potuto procedere all'esame permanente di tutti regimi di aiuto esistenti, a norma dell'articolo 108 TFUE, dal momento che non ha avuto accesso a tutte le informazioni pertinenti, almeno precedentemente al 2010, vale a dire il periodo non coperto dalle indagini in corso;
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gli Stati membri non hanno osservato gli obblighi di cui alle direttive 77/799/CEE e 2011/16/UE del Consiglio, dal momento che non hanno proceduto e continuano a non procedere a uno scambio spontaneo di informazioni fiscali, anche nei casi in cui, nonostante il margine di discrezionalità accordato da tali direttive, sussistevano fondati motivi di presumere che potessero esistere perdite di gettito fiscale in altri Stati membri ovvero risparmi d'imposta risultanti da trasferimenti fittizi di utili all'interno di gruppi;
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alcuni Stati membri non hanno osservato il principio di leale cooperazione sancito dall'articolo 4, paragrafo 3, TUE, dal momento che non hanno adottato tutte le misure di carattere generale o particolare atte ad assicurare l'esecuzione dei loro obblighi;
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non è stato possibile condurre un'analisi sui singoli casi di violazione del diritto dell'Unione per quanto concerne i summenzionati paragrafi a causa della mancanza di informazioni dettagliate da parte degli Stati membri, del Consiglio e della Commissione;
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infine, la Commissione non ha adempiuto al suo ruolo di guardiana dei trattati, di cui all'articolo 17, paragrafo 1, TUE, poiché non è intervenuta su questa questione adottando tutte le misure del caso per garantire il rispetto, da parte degli Stati membri, dei loro obblighi, in particolare quelli di cui alle direttive 77/799/CEE e 2011/16/UE del Consiglio, nonostante fossero emerse prove del contrario; essa ha inoltre violato i suoi obblighi a norma dell'articolo 108 del trattato di Lisbona sul funzionamento del mercato interno, non avviando in passato indagini sugli aiuti di Stato;
87. condanna il fatto che diversi documenti fiscali delle riunioni del gruppo Codice di condotta che erano stati richiesti non siano stati trasmessi o siano stati trasmessi solo in parte alla commissione, sebbene alcuni di essi siano stati già stati forniti a singoli cittadini che li avevano richiesti mediante la procedura di accesso ai documenti, il che ha comportato che il Parlamento europeo fosse meno informato dei cittadini europei circa la posizione degli Stati membri sulle questioni fiscali; deplora inoltre il fatto che la Commissione abbia divulgato soltanto meno del 5% del numero totale dei documenti richiesti, che sembra essere circa 5 500; si rammarica per la mancanza di cooperazione dimostrata dalla Commissione e dal Consiglio nei confronti della commissione, che ha impedito a quest'ultima di svolgere il proprio mandato;
88. chiede alla Commissione e al Consiglio europeo, in considerazione dell'attuale mancanza di poteri d'inchiesta parlamentare del Parlamento, di accordare quanto prima il loro consenso alla proposta, in corso, di regolamento del Parlamento europeo relativo alle modalità per l'esercizio del diritto d'inchiesta del Parlamento europeo(43), al fine di conferire a quest'ultimo un effettivo potere d'inchiesta, necessario per esercitare il proprio diritto d'inchiesta parlamentare;
89. invita la Commissione a considerare se le suddette violazioni possano ancora essere deferite alla Corte di giustizia;
90. invita gli Stati membri a rispettare il principio della tassazione degli utili nel territorio in cui sono generati;
91. invita gli Stati membri e le istituzioni dell'UE, che hanno una responsabilità politica condivisa per la situazione attuale, a porre fine alla concorrenza fiscale dannosa e a collaborare pienamente al fine di eliminare, astenendosi dal crearne altre, le asimmetrie tra i sistemi fiscali e le misure fiscali dannose che creano le condizioni per un'elusione fiscale massiccia da parte delle società multinazionali e per l'erosione della base imponibile nel mercato interno; chiede al riguardo agli Stati membri di comunicare alla Commissione e agli altri Stati membri eventuali modifiche pertinenti alla loro legislazione in materia di tassazione delle imprese che potrebbero incidere sulle loro aliquote fiscali effettive o sulle entrate fiscali di qualsiasi altro Stato membro; sottolinea che taluni Stati che rivestono un ruolo determinante nell'agevolare l'evasione fiscale, dovrebbero assumersi le loro responsabilità e guidare gli sforzi intesi a migliorare la cooperazione in materia fiscale all'interno dell'UE;
92. invita i capi di Stato e di governo dell'UE ad assumere il nuovo, chiaro impegno politico di adottare misure urgenti per affrontare una situazione che non è più tollerabile, anche a causa della sua incidenza sui bilanci nazionali, che sono già soggetti a misure di risanamento di bilancio, e sulla tassazione che grava sugli altri contribuenti, compresi le PMI e i cittadini; sottolinea, in tale contesto, che intende svolgere pienamente il proprio ruolo ed è pronto a esercitare un controllo politico più efficace in stretta collaborazione con i parlamenti nazionali;
93. invita la Commissione ad assolvere il suo compito di custode dei trattati garantendo il pieno rispetto del diritto dell'UE e del principio di leale cooperazione tra Stati membri; la sollecita a intraprendere sistematicamente ulteriori azioni conformemente alle competenze attribuitele dai trattati; invita pertanto la Commissione a rafforzare la sua capacità interna, possibilmente attraverso la creazione, all'interno dei suoi servizi, di un dipartimento fiscale specifico, affinché si occupi del crescente flusso di notifiche in materia di aiuti di Stato nel settore della politica della concorrenza e delle sue accresciute responsabilità di coordinamento delle nuove misure relative alla trasparenza fiscale;
94. invita gli Stati membri a fornire alla Commissione tutte le informazioni necessarie affinché possa svolgere, senza ostacoli, il suo ruolo di custode dei trattati;
95. invita la Commissione a promuovere buone pratiche per quanto concerne i prezzi di trasferimento e la determinazione dei prezzi relativi a prestiti e oneri finanziari nelle transazioni infragruppo, onde allinearli ai prezzi di mercato prevalenti;
96. sottolinea che gli Stati membri rimangono pienamente competenti a fissare le proprie aliquote relative all'imposta sulle società; insiste tuttavia sul fatto che la concorrenza fiscale nell'UE e nei confronti dei paesi terzi dovrebbe avvenire in un quadro normativo chiaro allo scopo di garantire una concorrenza leale tra le imprese nel mercato interno; invita gli Stati membri a garantire innanzitutto un contesto favorevole per le imprese, caratterizzato, tra l'altro, da stabilità economica, finanziaria e politica, nonché da certezza giuridica e da norme fiscali semplici; chiede alla Commissione europea di affrontare in modo più approfondito, alla luce del loro ruolo fondamentale nel garantire la sostenibilità di bilancio, le questioni relative alla tassazione delle società, comprese le pratiche fiscali dannose e la loro incidenza, nel quadro del semestre europeo; chiede inoltre di includere nel quadro di valutazione della procedura per gli squilibri macroeconomici degli indicatori pertinenti, tra cui le stime del divario fiscale derivante dall'evasione fiscale e dall'elusione fiscale;
97. invita gli Stati membri, in particolare quelli che ricevono assistenza finanziaria, ad attuare le riforme strutturali, combattere la frode fiscale e imporre misure contro la pianificazione fiscale aggressiva;
98. invita la Commissione, a tale proposito, a stabilire un giusto equilibrio tra la convergenza di bilancio ed economica, e a garantire che le azioni siano intese a sostenere la crescita, gli investimenti e i posti di lavoro;
99. è del parere che, tra gli altri fattori, uno scambio di informazioni in materia fiscale completo, trasparente ed efficace e una base imponibile obbligatoria, consolidata e comune per l'imposta sulle società siano presupposti fondamentali per il conseguimento di un sistema fiscale a livello dell'UE che rispetti e tuteli i principi di base del mercato interno;
100. invita gli Stati membri e le istituzioni dell'UE, data la complessità della questione, ad attuare diversi tipi di azioni complementari al fine di migliorare la situazione attuale, tenendo presente l'esigenza di ridurre la complessità per tutte le parti interessate e di minimizzare i costi di adempimento per le imprese e le amministrazioni tributarie; sottolinea pertanto che la semplificazione dei regimi fiscali dovrebbe costituire il primo passo per cercare di fare chiarezza non solo tra gli Stati membri ma anche tra i cittadini, che sono al momento esclusi dallo scambio di informazioni;
101. invita la Commissione a condurre ulteriori analisi empiriche in merito alla possibilità di limitare la deduzione dei canoni versati alle società collegate dai pagamenti sulla base imponibile dell'imposta sul reddito delle società, quale mezzo per contrastare il trasferimento infragruppo degli utili;
102. sottolinea il fatto che, nonostante i ripetuti inviti, soltanto quattro multinazionali(44) su un totale di 17 hanno accettato inizialmente di comparire dinanzi alla commissione per discutere delle questioni relative alla pianificazione fiscale internazionale; considera che il rifiuto iniziale di 13 di esse – alcune delle quali con un elevato livello di visibilità – di cooperare con una commissione parlamentare sia inaccettabile e decisamente lesivo della dignità del Parlamento europeo e dei cittadini che rappresenta; osserva, tuttavia, che 11 società multinazionali(45) hanno infine accettato di presentarsi dinanzi alla commissione soltanto dopo che la relazione è stata votata in seno alla commissione TAXE e poco prima della votazione in plenaria, mentre due multinazionali(46) hanno persistito nel rifiuto; raccomanda pertanto che le autorità competenti del Parlamento europeo valutino la possibilità di privare queste imprese dell'accesso ai suoi locali e che sia presa in seria considerazione l'istituzione di un quadro ben definito e il rafforzamento degli obblighi previsti nel codice di condotta per le organizzazioni figuranti nel registro per la trasparenza(47), per quanto riguarda la cooperazione con le commissioni del Parlamento e con altri organismi politici;
103. chiede un'indagine sul ruolo svolto dalle istituzioni finanziarie nel favorire pratiche fiscali dannose;
Cooperazione e coordinamento relativi ai ruling fiscali preventivi
104. deplora il contenuto dell'accordo politico raggiunto in seno al Consiglio il 6 ottobre 2015, che non è rispondente alla proposta legislativa della Commissione del marzo 2015 recante modifica della direttiva 2011/16/UE per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale; sottolinea che quest'ultima, oltre ad un quadro comune per la registrazione e lo scambio automatico di informazioni relative ai ruling, prevedeva disposizioni che consentono alla Commissione di monitorare in modo efficace la sua attuazione da parte degli Stati membri e di garantire che i ruling non abbiano un impatto negativo sul mercato interno; sottolinea che l'adozione della posizione del Consiglio impedirebbe di trarre tutti i vantaggi dallo scambio automatico di informazioni relative ai ruling, in particolare in termini di un'attuazione efficace, e invita quindi il Consiglio ad attenersi alla proposta della Commissione e a tenere debitamente conto del parere del Parlamento in materia, in particolare per quanto riguarda il campo d'applicazione della direttiva (che dovrebbe contemplare tutti i ruling anziché limitarsi a quelli transfrontalieri), il periodo di retroattività (scambio di informazioni su tutti i ruling ancora validi) e le informazioni fornite alla Commissione, la quale dovrebbe poter avere accesso ai ruling fiscali;
105. invita gli Stati membri a sostenere, in tutti i consessi internazionali, lo scambio automatico di informazioni (SAI) tra le amministrazioni tributarie quale nuovo standard globale; invita in particolare la Commissione, l'OCSE e il G20 a promuovere tale scambio tramite gli strumenti più adeguati ed efficaci all'interno di un processo inclusivo globale, ribadisce che è opportuno adottare provvedimenti concreti volti a garantire che lo scambio automatico di informazioni diventi realmente globale, e quindi efficace, rispettando al contempo gli obblighi di riservatezza e sostenendo gli sforzi dei paesi in via i sviluppo tesi a sviluppare la loro capacità di partecipare appieno allo scambio automatico di informazioni; sottolinea che, all'interno dell'Unione, lo scambio automatico di informazioni potrebbe svolgersi per mezzo di un registro centrale a livello di UE accessibile alla Commissione e alle autorità competenti;
106. invita gli Stati membri a considerare che qualsiasi ruling fiscale dovrebbe, in particolare quando riguarda i prezzi di trasferimento, essere adottato in cooperazione con tutti i paesi interessati, che le informazioni pertinenti dovrebbero essere oggetto di scambio tra tali paesi in modo automatico, completo e tempestivo e che qualsiasi azione nazionale volta a ridurre l'elusione fiscale e l'erosione della base imponibile all'interno dell'UE, compresi gli audit, dovrebbe essere adottata in modo congiunto, tenendo in debita considerazione l'esperienza acquisita mediante il programma FISCALIS 2020; ribadisce la propria opinione secondo cui gli elementi di base di tutti i ruling che incidono su altri Stati membri non solo dovrebbero essere condivisi tra le amministrazioni tributarie e la Commissione, ma dovrebbero altresì essere presentati dalle multinazionali nelle loro comunicazioni per paese;
107. sottolinea, a tal proposito, che anche i ruling nazionali e non solo quelli transfrontalieri possono incidere su altri Stati membri, e chiede pertanto che lo scambio automatico di informazioni sia esteso a tutti i ruling emanati da, o per conto di, un governo o autorità fiscale di uno Stato membro o di una sua suddivisione territoriale o amministrativa, che siano ancora attivi alla data di entrata in vigore della direttiva; insiste con determinazione sul ruolo chiave della partecipazione della Commissione al processo di raccolta delle informazioni e di analisi dei ruling;
108. chiede altresì un quadro volto a un controllo effettivo dell'attuazione dello scambio automatico di informazioni, la raccolta e la pubblicazione di statistiche sulle informazioni scambiate, e, in particolare, l'istituzione da parte della Commissione, entro il 31 dicembre 2016, di un repertorio centrale sicuro per facilitare lo scambio di informazioni tra le autorità fiscali partecipanti; rammenta che l'istituzione di un sistema di scambio automatico delle informazioni sui ruling fiscali si tradurrà in una grande quantità di informazioni raccolte che potrebbe rendere difficoltosa l'individuazione dei casi realmente problematici; sottolinea che questa situazione, e il fatto che vi siano 28 Stati membri con lingue e pratiche amministrative differenti, rendono necessaria l'elaborazione, da parte della Commissione e degli Stati membri, di modalità intelligenti, compreso il ricorso alle tecnologie informatiche, per gestire il volume e la disparità dei dati raccolti, al fine di rendere lo scambio automatico di informazioni nell'Unione realmente efficace e vantaggioso;
109. invita la Commissione a esaminare le condizioni per la creazione, nel lungo periodo, di un sistema di compensazione a livello UE, tramite il quale i ruling fiscali siano sistematicamente controllati dalla Commissione in modo da aumentare il livello di certezza, coerenza, uniformità e trasparenza del sistema, e verificare l'eventuale effetto dannoso di questi ruling su altri Stati membri;
110. sottolinea che, per aumentare la trasparenza nei confronti dei cittadini, la Commissione dovrebbe pubblicare una relazione annuale che sintetizzi i casi più significativi raccolti nel repertorio centrale sicuro e che, così facendo, la Commissione dovrebbe tenere conto delle disposizioni della direttiva sulla reciproca assistenza relative alla confidenzialità;
111. invita la Commissione a valutare la possibilità di istituire un quadro comune a livello dell'UE per i ruling fiscali, compresi criteri comuni, tra cui:
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l'obbligo di adottare i ruling fiscali sulla base di un'analisi esaustiva delle ricadute, comprendente gli effetti dei ruling fiscali sulle basi imponibili di altri paesi, con il coinvolgimento di tutte le parti e di tutti i paesi interessati,
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la loro pubblicazione, integrale o in forma semplificata, nel pieno rispetto degli obblighi di riservatezza,
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l'obbligo di pubblicare i criteri di concessione, rifiuto e revoca dei ruling fiscali,
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parità di trattamento e accessibilità da parte di tutti i contribuenti,
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assenza di discrezionalità e piena osservanza delle disposizioni fiscali sottostanti;
112. invita la Commissione a definire orientamenti europei comuni per l'applicazione del principio di libera concorrenza dell'OCSE, volti ad armonizzare le prassi degli Stati membri dell'UE in materia di fissazione dei prezzi di trasferimento in modo tale che, quando stabiliscono accordi in materia di prezzi di trasferimento, le amministrazioni nazionali dispongano di strumenti che consentano loro di comparare imprese simili tra loro, e non solo operazioni simili tra loro;
113. ritiene che un sistema fiscale equo ed efficiente richieda un livello adeguato di trasparenza e confidenzialità; è pertanto convinto che le amministrazioni fiscali degli Stati membri e, ove pertinente, la Commissione, dovrebbero avere accesso alle informazioni riguardanti i beneficiari finali di qualunque strumento giuridico e/o ruling fiscale;
114. invita la Commissione a ricorrere, tra l'altro, alla direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, che include i "reati fiscali" nella più ampia definizione di "attività criminosa" al fine di determinare i beneficiari finali di taluni strumenti giuridici;
115. invita la Commissione a istituire al suo interno un registro pubblico centralizzato di tutte le esenzioni, gli esoneri, le deduzioni e i crediti d'imposta legali sulle imposte societarie, accompagnato da una valutazione quantitativa dell'impatto di bilancio per ciascuno Stato membro;
Base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società (CCCTB)
116. accoglie con favore il piano d'azione proposto dalla Commissione il 17 giugno 2015 volto ad affrontare l'elusione fiscale e a promuovere un'equa ed efficace tassazione delle società nell'UE; invita la Commissione ad accelerare la presentazione delle modifiche legislative per la rapida istituzione di una base imponibile consolidata comune per le società (CCCTB) a livello dell'UE obbligatoria, che affronterebbe non solo la questione dei regimi preferenziali e delle asimmetrie tra i sistemi fiscali nazionali, ma anche gran parte dei problemi all'origine dell'erosione della base imponibile a livello europeo (in particolare le questioni relative ai prezzi di trasferimento); invita la Commissione a riprendere quanto prima i lavori conclusi nel 2011 in merito alla proposta di direttiva del Consiglio che istituisce la CCCTB, tenendo conto della posizione del Parlamento in materia e dei nuovi sviluppi intervenuti da allora e integrando le più recenti conclusioni del lavoro svolto dall'OCSE, segnatamente le norme risultanti dal Piano d'azione sull'erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili (BEPS), in modo da consentire la redazione di un testo consolidato nel corso del 2016;
117. invita la Commissione a includere nelle sue proposte disposizioni volte a chiarire la definizione di investimenti nella R&S e di stabile organizzazione in linea con la sostanza economica, inclusa l'economia digitale; sottolinea l'importanza degli investimenti nella R&S e la necessità di agevolare piuttosto che ostacolare gli investimenti e la crescita nell'economia digitale, dando all'economia emergente europea del settore digitale un vantaggio competitivo rispetto ad altri soggetti negli Stati Uniti e altrove; evidenzia che, stando ai dati esistenti, gli speciali regimi fiscali sugli utili riconducibili ai brevetti (patent box) non contribuiscono a stimolare l'innovazione e possono dar luogo a una forte erosione della base imponibile mediante il trasferimento degli utili; sottolinea al contempo la necessità di ridurre al minimo l'abuso o lo sfruttamento di tali sistemi tramite un'azione coordinata degli Stati membri e l'adozione di norme e definizioni comuni che stabiliscano cosa rientra nel concetto di promozione della R&S; pone in evidenza che il cosiddetto "nexus approach" modificato per i regimi fiscali speciali sugli utili riconducibili ai brevetti, raccomandato dall'iniziativa BEPS, non basterà per limitare in maniera adeguata i problemi associati a tali regimi;
118. sottolinea che, per ripristinare il nesso tra imposizione fiscale e sostanza economica e garantire che le imposte vengano pagate nei paesi in cui si svolge effettivamente l'attività economica e avviene la creazione di valore, e per correggere le asimmetrie esistenti, la "formula di ripartizione" dovrebbe operare una distinzione tra i settori onde tenere conto delle loro caratteristiche specifiche, in particolare per quanto riguarda le imprese digitali, dal momento che l'economia digitale rende ancora più difficile per le autorità fiscali determinare dove avviene la creazione di valore; invita la Commissione a considerare attentamente la posizione del Parlamento sulla CCCBT e ad adottare una formula di ripartizione che rifletta le reali attività economiche delle imprese; esorta la Commissione a proseguire i lavori sulle opzioni concrete per l'elaborazione di tale criterio di ripartizione, in particolare al fine di prevedere, per ogni settore, l'impatto sul gettito fiscale di ciascuno Stato membro, secondo la struttura della sua economia; sottolinea inoltre che la CCCTB rappresenta uno strumento utile per combattere l'erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili e creare valore aggiunto europeo indipendentemente dall'eventuale impiego parziale del gettito fiscale come nuova risorsa propria del bilancio dell'UE;
119. sostiene fermamente l'introduzione tempestiva di una CCCTB piena e obbligatoria; approva la strategia della Commissione di introdurre una CCTB semplice (senza consolidamento) quale primo passo del suo piano d'azione del giugno 2015, ma sottolinea che ciò lascerà aperte molte questioni, specialmente per le imprese che operano nel mercato unico, dal momento che una CCTB non garantirebbe la compensazione delle perdite mediante il consolidamento, non affronterebbe la burocrazia e l'incertezza associate ai prezzi di trasferimento, che costituiscono un altro dei principali strumenti di elusione fiscale utilizzati dalle multinazionali, né metterebbe efficacemente fine allo spostamento delle basi imponibili nell'Unione; esorta pertanto la Commissione a stabilire un termine concreto e ravvicinato per l'inclusione dell'"elemento consolidamento" nell'iniziativa relativa alla CCCTB; invita la Commissione ad astenersi da qualsiasi valutazione d'impatto aggiuntiva di tale misura, che è presente nell'agenda dell'UE ormai da decenni, è già stata oggetto di ampi lavori preparatori ed è rimasta bloccata in seno al Consiglio fin dalla sua presentazione ufficiale nel 2011;
120. invita la Commissione, in attesa dell'adozione di una CCCTB piena e della sua completa attuazione a livello dell'UE, ad attivarsi immediatamente per garantire una tassazione efficace, ridurre il trasferimento degli utili (principalmente mediante i prezzi di trasferimento), predisporre, in attesa del consolidamento, un regime provvisorio di compensazione degli utili e delle perdite transfrontalieri, che dovrebbe essere di natura temporanea e dotato di sufficienti garanzie che non verranno a crearsi ulteriori opportunità di pianificazione fiscale aggressiva, e introdurre altresì norme antiabuso appropriate ed efficaci in tutte le direttive pertinenti; invita la Commissione a verificare che le direttive e le proposte di direttiva esistenti nel settore del diritto fiscale e societario siano atte a garantire una tassazione efficace; invita il Consiglio a prepararsi per l'adozione tempestiva di tali disposizioni; evidenzia che, per realizzare uno dei suoi obiettivi, vale a dire la riduzione della burocrazia, l'applicazione di una base imponibile consolidata comune dovrebbe essere accompagnata dalla messa in atto di norme contabili comuni e da un'adeguata armonizzazione delle prassi amministrative in materia fiscale;
121. invita la Commissione a formulare una legislazione chiara sulla definizione di sostanza economica, creazione di valore e stabile organizzazione, allo scopo di affrontare in particolare la questione delle società di comodo, nonché a elaborare criteri e una legislazione dell'UE per il trattamento della R&S che siano compatibili anche, ma non solo, con i lavori dell'OCSE in materia, dal momento che gli Stati membri stanno attualmente procedendo alla riforma della loro strategia al riguardo, spesso cumulativamente con le sovvenzioni; sottolinea che tale legislazione dovrebbe indicare chiaramente la necessità di un legame diretto tra i regimi preferenziali concessi dall'amministrazione fiscale e le sottostanti attività di R&S; invita la Commissione a rivedere la normativa dell'UE sulle società estere controllate e la relativa attuazione in conformità della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea nella causa Cadbury Schweppes (C-196/04), al fine di garantire il pieno uso di questo tipo di società, escludendo costruzioni di puro artificio, per evitare casi di doppia non imposizione; invita altresì la Commissione a presentare proposte intese ad armonizzare le norme in materia di società estere controllate nell'UE;
122. invita inoltre la Commissione, in assenza di una definizione generalmente accettata, a effettuare ulteriori analisi e studi allo scopo di definire la pianificazione fiscale aggressiva e le pratiche fiscali dannose, e in particolare per quanto riguarda le violazioni delle convenzioni in materia di doppia imposizione e le regolazioni ibride da disallineamento fiscale, tenendo conto dei diversi impatti negativi che possono avere sulla società, a garantire il loro monitoraggio e determinare con maggiore precisione l'incidenza dell'elusione fiscale nell'UE e nei paesi in via di sviluppo; invita altresì la Commissione a definire una metodologia di misurazione della perdita di gettito fiscale risultante dall'elusione e dall'evasione fiscali – come annunciato nella sua proposta del marzo 2015 – e ad assicurare che tale misurazione abbia luogo regolarmente per monitorare i progressi compiuti ed elaborare risposte strategiche adeguate; chiede alla Commissione di adottare le misure necessarie per chiarire lo status preciso di tutte le "giurisdizioni dipendenti" degli Stati membri e stabilire quali pressioni sarebbe possibile esercitare per modificare le loro pratiche, al fine di evitare l'erosione della base imponibile all'interno dell'UE;
123. rammenta che, oltre alla frode fiscale a livello delle imprese, si registra un numero considerevole di frodi a danno dell'IVA transfrontaliera, un'imposta che è fondamentale per tutte le tesorerie nazionali; invita la Commissione a prevedere misure che consentano di affrontare il problema, fra cui un migliore coordinamento tra le agenzie fiscali nazionali sulla questione;
Codice di condotta in materia di tassazione delle imprese
124. chiede un'urgente riforma del Codice di condotta in materia di tassazione delle imprese e del gruppo responsabile della sua applicazione, poiché fino ad ora la sua utilità è stata alquanto discutibile, al fine di affrontare gli ostacoli che impediscono attualmente di combattere efficacemente le pratiche fiscali dannose e di agevolare il coordinamento e la cooperazione in materia di politica fiscale a livello di UE;
125. invita gli Stati membri, in uno spirito di buona cooperazione, a sottoscrivere le proposte incluse nel piano d'azione della Commissione del 17 giugno 2015 per un'equa ed efficace tassazione delle società nell'UE; ritiene che una maggiore trasparenza e rendicontabilità conferirebbero maggiore legittimità al gruppo; raccomanda pertanto la riorganizzazione della governance e del mandato del gruppo, anche attraverso la nomina di un presidente permanente e politicamente responsabile, il miglioramento dei suoi metodi di lavoro, tra cui un eventuale meccanismo di applicazione, la regolare partecipazione dei ministri delle Finanze o di alti funzionari ai suoi lavori, onde accrescerne la visibilità, e uno scambio di informazioni rafforzato all'interno del gruppo, allo scopo di affrontare in modo efficace le questioni relative all'erosione della base imponibile e del trasferimento degli utili; chiede inoltre l'aggiornamento e l'ampliamento dei criteri fissati nel Codice, al fine di far fronte a nuove forme di pratiche fiscali dannose, anche nei paesi terzi; invita il presidente del gruppo e il Consiglio a riferire periodicamente alla propria commissione competente e a scambiare opinioni con essa in merito alle attività del gruppo, in particolare per quanto riguarda la presentazione delle sue relazioni semestrali al Consiglio ECOFIN;
126. invita il Consiglio, più in generale, a sostenere la promozione di un reale controllo democratico delle questioni fiscali transfrontaliere a livello dell'UE, analogamente a quanto già previsto in altri ambiti in cui gli Stati membri o altre istituzioni indipendenti, quali la Banca centrale europea o il Consiglio di vigilanza del Meccanismo di vigilanza unico, hanno competenza esclusiva; invita il Consiglio e gli Stati membri a valutare la possibilità di istituire un gruppo ad alto livello sulla politica fiscale, come proposto anche dal Presidente della Commissione; sottolinea che un siffatto "comitato fiscale", con l'obbligo di render conto al Parlamento del proprio operato, sarebbe composto dal Consiglio e dalla Commissione, sul modello del comitato economico e finanziario, nonché da esperti indipendenti, ed eserciterebbe più in generale un controllo sulla politica fiscale legislativa e non legislativa e riferirebbe al Consiglio ECOFIN; rivendica un diritto d'iniziativa per poter denunciare al gruppo "Codice di condotta" le eventuali misure nazionali che, a suo avviso, soddisfano i criteri di concorrenza fiscale dannosa previsti dal Codice di condotta;
127. invita la Commissione a procedere a un secondo aggiornamento della relazione Simmons & Simmons del 1999 sulle pratiche amministrative, cui è fatto riferimento al paragrafo 26 della relazione del gruppo "Codice di condotta" (relazione Primarolo (SN 4901/99));
128. esorta il Consiglio e gli Stati membri, nel pieno rispetto dei trattati e della competenza degli Stati membri in materia di imposizione diretta, ad accrescere la trasparenza e l'assunzione di responsabilità del gruppo, nonché a migliorarne l'attività di monitoraggio, e invita la Commissione a proporre una legislazione quadro nell'ambito del metodo comunitario; considera indispensabile garantire al pubblico in generale maggiori informazioni sui lavori del gruppo;
129. invita la Commissione ad attuare pienamente le raccomandazioni del Mediatore europeo riguardanti la composizione dei gruppi di esperti e ad adottare una tabella di marcia per garantire che i gruppi di esperti abbiano una composizione equilibrata; insiste sul fatto che, contemporaneamente al lavoro volto alla realizzazione di questo obiettivo, dovrebbero essere immediatamente avviate le riforme della struttura e della composizione attuali; sottolinea che tali riforme non comporterebbero una carenza di competenze tecniche disponibili per il processo legislativo, dal momento che queste potrebbero essere presentate tramite consultazioni pubbliche o audizioni pubbliche di esperti aperte ai rappresentanti di qualsiasi interesse; invita la Commissione ad adottare una chiara definizione di conflitto di interessi e politiche rigorose per evitare che gli attori esposti al rischio di tali conflitti di interesse, come pure i rappresentanti delle organizzazioni condannate per evasione fiscale o di qualsiasi altro illecito penale, siano membri attivi di qualsiasi o organo specialistico o consultivo;
Aiuti di Stato
130. accoglie molto favorevolmente e sostiene il ruolo essenziale della Commissione quale competente autorità garante della concorrenza nelle indagini in corso sugli aiuti di Stato riguardanti i ruling fiscali; reputa inappropriata la scelta di diversi Stati membri di trincerarsi dietro al segreto nel caso di progetti che hanno beneficiato di aiuti di Stato; incoraggia la Commissione ad esercitare appieno i suoi poteri in conformità delle norme dell'UE in materia di concorrenza per combattere le pratiche fiscali dannose e a sanzionare gli Stati membri e le società di cui è accertato il coinvolgimento in siffatte pratiche; sottolinea la necessità che la Commissione consacri maggiori risorse – finanziarie e umane – al potenziamento della propria capacità di portare avanti contemporaneamente tutte le necessarie indagini sugli aiuti di Stato di natura fiscale; sottolinea altresì la necessità che gli Stati membri si conformino pienamente alle indagini e alle richieste di informazioni della Commissione;
131. invita la Commissione ad adottare nuovi orientamenti, al più tardi entro la metà del 2017, nel quadro della sua iniziativa per la modernizzazione degli aiuti di Stato, volti a chiarire cosa s'intenda per aiuto di Stato di natura fiscale e per prezzi di trasferimento "adeguati", al fine di eliminare le incertezze giuridiche sia per i contribuenti adempienti sia per le amministrazioni fiscali, e a definire di conseguenza un quadro per le pratiche fiscali degli Stati membri, senza scoraggiare il ricorso a ruling fiscali legittimi; contesta l'utilità della convenzione sull'arbitrato, che non è efficiente per la risoluzione delle controversie, in particolare in materia di prezzi di trasferimento; ritiene che tale strumento debba essere riorganizzato e reso più efficiente oppure sostituito da un meccanismo di composizione delle controversie dell'UE con procedure amichevoli più efficaci;
132. invita la Commissione ad estendere le indagini ad altre società multinazionali citate nell'ambito dello scandalo Luxleaks e ad altre misure analoghe per natura o effetto, quali i prezzi di trasferimento;
133. invita la Commissione, in linea con la responsabilità più ampia attribuita agli Stati membri dall'iniziativa per la modernizzazione degli aiuti di Stato, a valutare la possibilità di istituire una rete di amministrazioni fiscali nazionali per scambiare le migliori prassi e contribuire in modo più coerente a evitare l'introduzione di qualsiasi misura fiscale che potrebbe costituire un aiuto di Stato illecito; invita la Commissione a rafforzare le sinergie strategiche tra le attività del gruppo "Codice di condotta" (riformato) e l'applicazione da parte della Commissione delle norme in materia di concorrenza nell'ambito degli aiuti di natura fiscale;
134. prende atto che le vigenti norme di controllo degli aiuti di Stato tentano di affrontare le prassi anticoncorrenziali revocando i vantaggi indebiti concessi a determinate società; invita la Commissione a valutare la possibilità di modificare le norme esistenti allo scopo di consentire che gli importi recuperati a seguito di una violazione delle norme dell'UE in materia di aiuti di Stato siano restituiti agli Stati membri che hanno subito un'erosione delle loro basi imponibili, e non allo Stato membro che ha concesso l'aiuto illecito di natura fiscale, come avviene attualmente, o al bilancio dell'UE; chiede alla Commissione di modificare la normativa in vigore per garantire la possibilità di adottare sanzioni nei confronti dei paesi e delle società che violano le norme sugli aiuti di Stato;
Trasparenza
135. è del parere che l'Unione abbia sia potenzialmente in grado di divenire un modello e un leader mondiale in termini di trasparenza fiscale;
136. pone l'accento sull'importanza cruciale della trasparenza per rafforzare l'obbligo delle società multinazionali di rendere conto al pubblico e assistere le amministrazioni fiscali nelle loro indagini: sottolinea che essa può esercitare un forte effetto deterrente e portare a una modifica dei comportamenti sia in ragione dei rischi per la reputazione delle società che non si adeguano sia mediante la fornitura di informazioni alle autorità competenti, le quali possono quindi adottare le misure correttive e le sanzioni del caso; sottolinea che occorre trovare un equilibrio tra la necessità di trasparenza e l'esigenza di tutelare gli interessi commerciali sensibili e di rispettare le norme in materia di protezione dei dati;
137. ritiene che una maggiore trasparenza per quanto riguarda le attività delle grandi società multinazionali sia essenziale per garantire che le amministrazioni fiscali siano in grado di contrastare efficacemente l'erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili (BEPS); ribadisce pertanto la propria posizione secondo cui le società multinazionali in tutti i settori dovrebbero pubblicare in maniera chiara e comprensibile nei propri bilanci, per Stato membro e per paese terzo in cui sono stabilite, una serie di informazioni aggregate, tra cui utile o perdita prima delle imposte, imposte sull'utile o sulla perdita, numero di dipendenti, attività detenute, informazioni di base sui ruling fiscali, ecc. (comunicazione per paese); sottolinea l'importanza di rendere tali informazioni disponibili al pubblico, eventualmente per mezzo di un registro centrale a livello di UE; sottolinea inoltre che le PMI e le imprese a media capitalizzazione che non sono società multinazionali dovrebbero essere esentate da tale obbligo; invita il Consiglio ad adottare, entro la fine del 2015, la posizione votata dal Parlamento votata sulla direttiva sui diritti degli azionisti nel luglio 2015; sottolinea che i requisiti in materia di trasparenza dovrebbero essere definiti e applicati in modo da non avere l'effetto di porre le imprese dell'UE in una situazione di svantaggio concorrenziale;
138. invita gli Stati membri ad attuare un sistema più ampio di comunicazione per paese da mettere a disposizione delle autorità fiscali, che sia conforme alla norma dell'OCSE e comprenda informazioni più dettagliate quali dichiarazioni dei redditi e operazioni intragruppo; sottolinea che la fornitura di informazioni fiscali da parte delle imprese ad altre amministrazioni fiscali deve essere accompagnata da un miglioramento del quadro per la composizione delle controversie, al fine di chiarire i rispettivi diritti di ciascuna parte e di evitare qualsiasi effetto secondario negativo; sottolinea che, nei confronti delle autorità fiscali dei paesi terzi, le informazioni dovrebbero essere trasmesse solamente alle autorità dei paesi che hanno concluso accordi equivalenti a quelli previsti dalla Convenzione sull'arbitrato dell'Unione europea; chiede inoltre la definizione di principi contabili armonizzati che consentano, in particolare, un'informazione più dettagliata per quanto riguarda i canoni;
139. chiede alla Commissione di sostenere tale impostazione, in linea con le sue precedenti valutazioni e posizioni, e di adottare tutte le misure necessarie per garantire l'estensione della sua applicazione a tutte le società multinazionali operanti sul mercato interno, e sollecita altresì l'OCSE a sostenerne l'estensione in tutto il mondo per garantire che tutte le società che effettuano operazioni transfrontaliere siano soggette a obblighi analoghi; sottolinea che le azioni volte a rafforzare la trasparenza, seppur necessarie, non sono sufficienti per affrontare la questione in modo globale e che occorre altresì realizzare riforme sostanziali dei sistemi fiscali a livello nazionale, unionale e internazionale;
140. sottolinea che l'attuale opacità attorno al sistema fiscale internazionale consente alle società multinazionali di eludere le imposte e le legislazioni nazionali in materia fiscale, nonché di spostare i loro utili in paradisi fiscali; invita la Commissione e gli Stati membri a garantire che le autorità competenti abbiano pieno accesso pieno ai registri centrali contenenti informazioni sulla titolarità effettiva di società e fiduciarie, in conformità della quarta direttiva antiriciclaggio; invita gli Stati membri a recepire rapidamente la quarta direttiva antiriciclaggio, garantendo un accesso ampio e semplificato alle informazioni contenute nei registri centrali dei titolari effettivi; ribadisce la propria posizione secondo cui tali registri dovrebbero essere pubblici;
141. prende atto del lavoro svolto dalla Commissione ai fini della creazione di un codice di identificazione fiscale europeo (CIF); invita la Commissione a presentare una proposta relativa a un CIF, basata sull'idea di CIF Unione europea delineata nel Piano d'azione per rafforzare la lotta alla frode fiscale e all'evasione fiscale della Commissione (azione 22); rammenta che i CIF sono considerati gli strumenti migliori per identificare i contribuenti ed esorta pertanto ad accelerare l'attuazione del progetto; invita inoltre la Commissione ad adoperarsi attivamente per mettere a punto un codice identificativo simile a livello globale, come ad esempio l'identificativo dei soggetti giuridici (LEI) elaborato dal comitato di sorveglianza sulla regolamentazione;
142. sottolinea inoltre che la trasparenza è importante anche nelle indagini in corso sugli aiuti di Stato in relazione ai ruling fiscali;
143. chiede alla Commissione di esaminare le possibilità di applicare nell'Unione europea disposizioni simili alla norma(48) del Governmental Accounting Standards Board (GASB) degli Stati Uniti, che obbliga i governi statali e locali a comunicare il volume di gettito che perdono a causa delle agevolazioni fiscali concesse alle imprese ai fini dello sviluppo economico;
Protezione degli informatori
144. invita la Commissione a proporre l'istituzione, entro il giugno 2016, di un quadro legislativo dell'UE per l'efficace protezione di informatori e soggetti analoghi; sottolinea che non è accettabile che i cittadini e i giornalisti possano essere soggetti a procedimenti giudiziari invece di beneficiare di protezione giuridica quando, agendo nel pubblico interesse, rivelano informazioni o segnalano sospetti comportamenti scorretti, irregolarità, frodi o attività illecite, in particolare riguardo a casi di elusione fiscale, evasione fiscale e riciclaggio di denaro o ad altri comportamenti che violano i principi fondamentali dell'Unione europea, quale il principio della cooperazione leale;
145. chiede alla Commissione di prendere in considerazione una serie di strumenti che consentano di assicurare la protezione contro procedimenti giudiziari ingiustificati, sanzioni economiche e discriminazioni, garantendo nel contempo anche la tutela della riservatezza e dei segreti commerciali; richiama l'attenzione, a tale riguardo, sull'esempio offerto dalla legge statunitense "Dodd-Frank Act", che prevede una ricompensa per gli informatori che forniscono informazioni originali alle autorità e li protegge dai procedimenti giudiziari e dalla perdita del posto di lavoro, tenendo presente che tale ricompensa non dovrebbe costituire un incentivo a pubblicare informazioni sensibili sotto il profilo commerciale; propone la creazione di un organo europeo indipendente incaricata di raccogliere queste informazioni e di condurre indagini, come pure di un fondo comune paneuropeo per gli informatori al fine di garantire che gli informatori ricevano un'assistenza finanziaria adeguata, finanziato mediante un prelievo su una quota dei fondi recuperati o delle ammende versate; è del parere che occorra garantire protezione agli informatori anche nel caso in cui informino il pubblico quando le autorità competenti a livello nazionale e di UE sono state informate ma non hanno reagito entro un mese dalla notifica;
Responsabilità sociale delle imprese
146. ritiene che attuare una strategia fiscale responsabile debba essere considerato uno dei pilastri della responsabilità sociale delle imprese (RSI), in particolare in conformità della definizione aggiornata di RSI come "responsabilità delle imprese per il loro impatto sulla società"(49); si rammarica del fatto che la maggior parte delle imprese non includono tale concetto nella relazione sull'RSI; sottolinea che la pianificazione fiscale aggressiva è incompatibile con l'RSI; invita la Commissione a inserire il concetto in questione, definendone correttamente il contenuto, in una strategia aggiornata dell'UE in materia di responsabilità sociale delle imprese;
Dimensione extra-UE
OCSE
147. sostiene il piano d'azione dell'OCSE sull'erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili, pur riconoscendo che è il frutto di un compromesso che risulta insufficiente per affrontare il problema dell'elusione fiscale in tutta la sua portata e che tali proposte dovrebbero costituire la base per un'ulteriore azione a livello di UE e mondiale; invita l'OCSE, i suoi paesi membri e tutti gli altri paesi interessati a creare un efficace strumento di monitoraggio, al fine di valutare i progressi compiuti nell'attuazione di tali orientamenti, ottenere prove della sua efficacia e, se del caso, ad adottare misure correttive;
148. raccomanda il rafforzamento dei legami istituzionali e della cooperazione tra l'OCSE e la Commissione per continuare a garantire la compatibilità dei due processi ed evitare la duplicazione delle norme; invita gli Stati membri a recepire correttamente nella legislazione nazionale tutta la legislazione dell'UE basata sugli orientamenti dell'OCSE, facendo dell'UE un precursore nell'attuazione delle raccomandazioni dell'OCSE; sottolinea, tuttavia, che l'approccio dell'OCSE continua a essere basato su norme non vincolanti e che la sua azione deve essere integrata da un adeguato quadro legislativo a livello dell'UE per affrontare le esigenze di un mercato unico, ad esempio sotto forma di una direttiva contro l'erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili che vada oltre la relativa iniziativa dell'OCSE nei settori che non sono sufficientemente coperti;
Paradisi fiscali
149. chiede un approccio comune dell'UE in relazione ai paradisi fiscali; invita la Commissione, in particolare, a portare avanti i lavori volti a sviluppare e ad adottare una definizione europea di paradisi fiscali, un insieme comune di criteri per la loro identificazione, indipendentemente dal luogo in cui sono situati, e sanzioni appropriate nei confronti dei paesi che cooperano con essi, come previsto dalla raccomandazione della Commissione del dicembre 2012 concernente misure destinate a incoraggiare i paesi terzi ad applicare norme minime di buona governance in materia fiscale (che ad esempio non si limitino allo scambio di informazioni e alla trasparenza, ma includano altresì una concorrenza fiscale leale e una tassazione efficace) e delle società che se ne avvalgono a fini di pianificazione fiscale aggressiva, e a proseguire altresì i lavori intesi a definire adeguate misure comuni che si applichino a tali giurisdizioni; rimanda alla sua risoluzione del 21 maggio 2013 sulla lotta contro la frode fiscale, l'evasione fiscale e i paradisi fiscali, nella quale figura un elenco non esaustivo di possibili misure in tal senso(50); ribadisce che veri e propri elenchi europei, aggiornati periodicamente e basati su indicatori esaustivi, trasparenti, concreti, oggettivamente verificabili e comunemente accettati, costituirebbero uno strumento più efficace per promuovere una buona governance in materia fiscale e modificare i comportamenti fiscali nei confronti di tali giurisdizioni e al loro interno;
150. invita la Commissione a includere nella lista nera europea i territori che concedono vantaggi fiscali a soggetti senza richiedere loro di svolgere attività economiche sostanziali nel paese, che applicano un prelievo fiscale effettivo considerevolmente basso e che non garantiscono lo scambio automatico di informazioni fiscali con le altre giurisdizioni;
151. pone in particolare l'accento sulla necessità di garantire che i flussi finanziari in uscita siano tassati almeno una volta, ad esempio imponendo una ritenuta d'imposta o adottando misure equivalenti, al fine di evitare che gli utili escano dall'UE senza essere soggetti a tassazione, e invita la Commissione a presentare una proposta legislativa in tal senso, ad esempio attraverso la revisione della direttiva sulle società madri e figlie e della direttiva sugli interessi e i canoni; ribadisce che dovrebbe essere istituito un sistema che imponga di presentare alle autorità fiscali nazionali e di inoltrare alla Commissione un documento di conferma attestante tale operazione, in modo da proteggere il mercato unico e mantenere il collegamento tra il luogo in cui sono realizzati gli utili e il valore economico e quello in cui questi sono tassati, sottolinea che un sistema di questo tipo dovrebbe essere concepito accuratamente, onde evitare la doppia imposizione e controversie; invita la Commissione non solo a sostenere la promozione, da parte dell'OCSE, di un approccio multilaterale alle questioni fiscali inteso a semplificare gli accordi internazionali in materia fiscale e a garantire che gli utili siano tassati nel luogo in cui è stato creato il valore, ma anche a rafforzare il ruolo dell'UE sulla scena internazionale, assicurando che essa si esprima con una sola voce, e ad adoperarsi per l'istituzione di un quadro comune dell'UE sui trattati bilaterali in materia fiscale come pure per la progressiva sostituzione dell'elevato numero di singoli trattati fiscali bilaterali con trattati conclusi tra l'UE e le giurisdizioni terze; sottolinea che questo sarebbe il modo più immediato per combattere le pratiche di ricerca dei trattati più vantaggiosi; invita, nel frattempo, gli Stati membri a inserire immediatamente nei loro trattati fiscali clausole antiabuso, in linea con le proposte BEPS;
152. ritiene che l'istituzione di accordi di libero scambio debba essere accompagnata da un rafforzamento della cooperazione in materia fiscale, evitando l'elusione fiscale ad opera delle società che competono sugli stessi mercati e garantendo condizioni di parità; chiede pertanto alla Commissione di introdurre in tutti gli accordi di libero scambio dell'UE disposizioni in materia fiscale che obblighino i paesi partner a esercitare la buona governance fiscale e ad assicurare la reciprocità nelle questioni fiscali; sottolinea che i lavori intrapresi nell'ambito della Piattaforma per la buona governance in materia fiscale costituiscono una buona base per l'attuazione di questo principio; evidenzia che si potrebbe adottare un'impostazione analoga per gli accordi di cooperazione dell'UE;
153. invita gli organi dell'Unione europea a non cooperare con le giurisdizioni considerate poco collaborative in materia fiscale, né con le imprese condannate per frode fiscale, evasione fiscale o pianificazione fiscale aggressiva; chiede che istituzioni come la Banca europea per gli investimenti (BEI) e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) non cooperino più, attraverso i loro intermediari finanziari, con le giurisdizioni fiscali non cooperative, chiede inoltre agli organismi dell'UE di impegnarsi a non concedere finanziamenti UE a imprese condannate per frode fiscale, evasione fiscale o pianificazione fiscale aggressiva;
154. invita la Commissione ad avvalersi di tutti gli strumenti a sua disposizione per incoraggiare un approccio più coordinato nei confronti dei paesi sviluppati al fine di promuovere una maggiore reciprocità nelle questioni fiscali, in particolare per quanto concerne lo scambio di informazioni con gli Stati Uniti d'America a seguito dell'entrata in vigore della legge statunitense sugli adempimenti fiscali dei conti esteri ("Foreign Account Tax Compliance Act"); chiede altresì alla Commissione, alla luce dell'accordo concluso il 27 maggio 2015 tra l'UE e la Svizzera in relazione allo scambio automatico di informazioni finanziarie a fini fiscali, di monitorare con attenzione, nell'ottica di preservare il mercato unico, la progressiva eliminazione concordata con la Svizzera di alcune pratiche fiscali dannose, in linea con gli orientamenti sull'erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili, nonché di controllare che non vengano introdotte nuove misure fiscali dannose in futuro; invita la Commissione, nei suoi negoziati in corso con la Svizzera, a suggerire l'introduzione di norme relative alle società controllate estere nel diritto di tale paese; ribadisce che la Commissione deve assicurare che la Svizzera segua l'approccio dell'UE in campo fiscale e riferire al Parlamento;
155. ricorda che tutti gli Stati membri hanno scelto un approccio multilaterale di scambio automatico di informazioni, attraverso la convenzione sulla reciproca assistenza in materia fiscale e attraverso la revisione nel 2014 delle pertinenti direttive dell'UE(51); sottolinea che queste due iniziative sono elementi chiave per combattere l'evasione fiscale e il segreto bancario, in quanto comportano l'obbligo delle istituzioni finanziarie di segnalare alle amministrazioni fiscali una vasta gamma di informazioni riguardanti i residenti con reddito generato da attività detenute all'estero;
Paesi in via di sviluppo
156. sottolinea che, nel mettere a punto azioni e politiche volte a contrastare l'elusione fiscale, occorre prestare un'attenzione specifica, a livello nazionale, dell'UE e internazionale, alla situazione dei paesi in via di sviluppo, e in particolare dei paesi meno sviluppati, che in genere sono i più colpiti dall'elusione fiscale societaria e presentano una base imponibile molto ristretta e un rapporto ridotto tra gettito fiscale e PIL; pone in evidenza che tali azioni e politiche dovrebbero contribuire a generare entrate pubbliche proporzionate al valore aggiunto creato sul loro territorio, in modo da garantire finanziamenti adeguati per le strategie di sviluppo, il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del Millennio e l'agenda di sviluppo post-2015; valuta positivamente, in questo contesto, l'operato del Comitato di esperti delle Nazioni Unite sulla cooperazione internazionale in materia fiscale; chiede alla Commissione di sostenere gli interessi dei paesi in via di sviluppo nelle iniziative internazionali esistenti e di includere i rappresentanti di tali paesi nella sua Piattaforma per la buona governance in materia fiscale;
157. invita l'UE e i membri BEPS dell'OCSE a provvedere affinché la nuova "norma globale per lo scambio automatico di informazioni" preveda un periodo di transizione per i paesi in via di sviluppo che attualmente non possono soddisfare i requisiti in materia di scambio reciproco e automatico di informazioni a causa della mancanza di capacità amministrativa;
158. invita la Commissione a proporre nuove misure che contribuiscano a rafforzare le capacità amministrative nei paesi in via di sviluppo, in particolare in materia fiscale, nell'ottica di consentire uno scambio efficace di informazioni fiscali con le loro amministrazioni; chiede l'istituzione di una piattaforma per i paesi in via di sviluppo mediante l'attuazione di progetti pilota relativi allo scambio automatico di informazioni in materia fiscale; invita i paesi in via di sviluppo a promuovere accordi regionali o altre forme di cooperazione in materia fiscale, al fine di migliorare la loro posizione negoziale nei confronti degli investitori esteri diretti e delle società multinazionali e di affrontare le questioni di interesse comune;
159. invita gli Stati membri a garantire che le loro agenzie di aiuto allo sviluppo dispongano di sufficienti competenze tecniche, provenienti in particolare dai ministeri delle finanze e dalle amministrazioni tributarie, per affrontare le questioni fiscali nelle politiche di sviluppo;
160. richiama l'attenzione sul piano d'azione presentato nella sua risoluzione dell'8 luglio 2015 sull'elusione e l'evasione fiscali quali sfide per la governance, la protezione sociale e lo sviluppo nei paesi in via di sviluppo; incoraggia tutti i paesi e le organizzazioni internazionali, tra cui le Nazioni Unite, a prendere parte a un processo inclusivo e a contribuire all'agenda fiscale del G20/OCSE affrontando l'erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili, nonché promuovendo la trasparenza fiscale internazionale e la condivisione globale delle informazioni fiscali, ad esempio mediante la definizione di uno standard comune per la comunicazione di informazioni nell'ambito dello scambio automatico di informazioni in materia fiscale o attraverso la comunicazione al pubblico della titolarità effettiva; invita la Commissione e gli Stati membri ad appoggiare un ruolo più incisivo delle Nazioni Unite in future discussioni internazionali in materia fiscale, ad esempio incentivando la creazione di un organismo fiscale globale sotto l'egida delle Nazioni Unite;
Consulenti fiscali
161. richiama l'attenzione sulla problematica e discutibile coesistenza, all'interno delle stesse società, di servizi di consulenza fiscale e di audit e di altre attività di consulenza intesi, da un lato, a prestare assistenza alle amministrazioni tributarie, ad esempio per l'elaborazione di sistemi d'imposizione o il miglioramenti nella riscossione delle imposte, e, dall'altro, a fornire servizi di pianificazione fiscale alle multinazionali, che potrebbero sfruttare i punti deboli delle norme tributarie nazionali;
162. sottolinea che esiste un quadro giuridico europeo, che include il più recente pacchetto di riforme del mercato della revisione contabile, approvato dal Parlamento il 3 aprile 2014(52); invita la Commissione a garantire che le pertinenti disposizioni legislative siano effettivamente applicate negli Stati membri entro i termini previsti e in linea con gli obiettivi perseguiti;
163. invita la Commissione a presentare proposte volte a definire orientamenti per il settore della consulenza fiscale e a istituire un regime UE di incompatibilità per i consulenti fiscali e, se del caso, per le banche, creando un quadro volto a impedire con efficacia i conflitti di interessi tra i servizi rivolti al settore pubblico e quelli rivolti al settore privato;
164. invita inoltre la Commissione ad avviare un'indagine per valutare lo stato di concentrazione del settore e le eventuali conseguenti distorsioni della concorrenza; raccomanda che tale indagine esamini altresì specificamente se l'abbinamento di servizi di consulenza fiscale e funzioni di audit all'interno delle stesse società possa dare origine a conflitti di interessi, e che siano di conseguenza proposte misure adeguate, anche introducendo meccanismi per mantenere separati i dipartimenti all'interno delle società di consulenza;
165. chiede che la Commissione consideri con urgenza la possibilità di introdurre un quadro legislativo che preveda sanzioni adeguate per le società, le banche, le imprese di revisione contabile e i consulenti finanziari di cui è stato dimostrato il coinvolgimento nell'attuazione o nella promozione dell'elusione fiscale illecita e della pianificazione fiscale aggressiva; sottolinea che tali sanzioni dovrebbero esercitare un effetto deterrente e possono includere, tra l'altro, ammende, il divieto di accesso ai finanziamenti a carico del bilancio UE, il divieto di qualsiasi ruolo consultivo nelle istituzioni dell'UE e, in casi estremi e ripetuti, la revoca delle licenze commerciali;
Azioni ulteriori a livello nazionale
166. incoraggia l'adozione, a livello nazionale, di azioni ulteriori volte a contrastare l'elusione fiscale che si iscrivano nei quadri dell'UE e dell'OCSE, in quanto risposte non coordinate possono dare luogo a nuove asimmetrie e possibilità di raggiro fiscale; sottolinea che il migliore strumento per combattere l'erosione della base imponibile è la cooperazione, in luogo dell'introduzione unilaterale di regimi preferenziali per attirare investimenti;
167. invita la Commissione a stabilire linee guida sui condoni fiscali concessi dagli Stati membri allo scopo di definire le circostanze in cui tali condoni sarebbero conformi alle disposizioni dei trattati UE relative alla libera circolazione dei capitali, alla libera prestazione di servizi, alle regole sugli aiuti di Stato e alle norme antiriciclaggio, nonché all'approccio comune dell'UE contro i paradisi fiscali; rammenta la necessità di utilizzare tale pratica con estrema cautela per non incoraggiare gli evasori fiscali ad aspettare il prossimo condono;
168. invita gli Stati membri a introdurre un sistema di ritenute alla fonte sui canoni, per garantire che anche i canoni versati a paesi terzi non contemplati da accordi bilaterali in materia fiscale siano assoggettati ad imposta;
169. esorta tutti gli Stati membri, prima di introdurre qualsiasi misura fiscale che possa avere ripercussioni all'estero, a effettuare valutazioni di impatto in merito agli effetti di ricaduta negli altri paesi, se del caso con il sostegno tecnico della Commissione; chiede il forte coinvolgimento dei parlamenti nazionali sulla questione dell'elusione fiscale, in quanto nessun regime o trattamento fiscale dovrebbe sfuggire all'adeguata valutazione e al controllo democratico del legislatore;
170. esorta fermamente gli Stati membri ad arrestare e riconsiderare i tagli alle risorse delle rispettive amministrazioni tributarie, ad incrementare gli investimenti e ad accrescere l'efficienza delle loro amministrazioni tributarie, nonché ad assicurare un'efficace riorganizzazione del personale come pure aggiornamenti delle tecnologie e delle competenze, nell'ottica di contrastare lo sviluppo e l'impatto di pratiche fiscali dannose, che diventano sempre più sofisticate; sollecita la Commissione a prestare assistenza tecnica in relazione a tali sforzi, in particolare nel contesto del programma FISCALIS 2020; invita altresì gli Stati membri ad adoperarsi a favore di regimi fiscali più semplici, efficaci e trasparenti nell'interesse degli Stati membri, dei cittadini e delle imprese;
171. rammenta che gli appalti pubblici rappresentano il 16% del PIL nell'area UE; chiede una valutazione della possibilità di introdurre criteri di fiscalità, trasparenza o cooperazione relativamente alle gare di appalti pubblici in occasione del prossimo processo di modifica della direttiva sugli appalti pubblici; invita inoltre gli Stati membri a considerare la possibilità di escludere dalla partecipazione agli appalti pubblici le imprese che risultano aver perseguito una pianificazione fiscale aggressiva e regimi di elusione fiscale;
172. sottolinea infine che la regola dell'unanimità in seno al Consiglio, conferendo a ciascuno Stato membro il diritto di veto, riduce gli incentivi a progredire dalla situazione attuale verso una soluzione più collaborativa; invita la Commissione a non astenersi dal ricorrere, ove opportuno, all'articolo 116 TFUE, secondo cui "qualora la Commissione constati che una disparità esistente nelle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative degli Stati membri falsa le condizioni di concorrenza sul mercato interno e provoca, per tal motivo, una distorsione che deve essere eliminata, essa provvede a consultarsi con gli Stati membri interessati. Se attraverso tale consultazione non si raggiunge un accordo che elimini la distorsione in questione, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, stabiliscono le direttive all'uopo necessarie. [...]";
173. si impegna a portare avanti i lavori avviati dalla sua commissione speciale, affrontando gli ostacoli che le hanno impedito di portare a compimento il proprio mandato e assicurando che sia dato un adeguato seguito alle sue raccomandazioni; incarica le autorità competenti di individuare il miglior assetto istituzionale per conseguire tale obiettivo;
174. ribadisce la sua richiesta di accesso a tutti i documenti UE pertinenti; invita il suo Presidente a trasmettere la presente richiesta alla Commissione e al Consiglio, e fa presente che il Parlamento intende ricorrere a tutti i mezzi possibili a sua disposizione per raggiungere tale obiettivo;
175. invita la propria commissione competente a dare seguito a queste raccomandazioni nella sua futura relazione di iniziativa legislativa su questo tema;
176. invita la sua commissione competente per gli affari costituzionali a dar seguito a tali raccomandazioni, in particolare per quanto riguarda l'inserimento di clausole di cooperazione vincolanti nel codice di condotta delle organizzazioni che figurano nel registro per la trasparenza, e le modifiche alle regole che disciplinano l'accesso ai documenti tra le istituzioni dell'UE, al fine di allinearle meglio al principio di leale cooperazione sancito dal TUE;
o o o
177. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio europeo, al Consiglio, alla Commissione, agli Stati membri, ai parlamenti nazionali, al G20 e all'OCSE.
Direttiva 2011/16/UE del Consiglio, del 15 febbraio 2011, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga la direttiva 77/799/CEE (GU L 64 dell'11.3.2011, pag. 1) relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati Membri nel settore delle imposte dirette.
Direttiva 2003/49/CE del Consiglio, del 3 giugno 2003, concernente il regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate di Stati membri diversi (GU L 157 del 26.6.2003, pag. 49).
Commissione europea (2015), "SME taxation in Europe – an empirical study of applied corporate income taxation for SMEs compared to large enterprises" (Tassazione delle PMI in Europa – uno studio empirico delle imposte societarie applicate alle PMI rispetto a quelle applicate alle grandi imprese).
Documenti programmatici del FMI, "Spillovers in international corporate taxation" (Effetti di ricaduta in materia di tassazione internazionale delle società), 9 maggio 2014, e "Base Erosion, Profit Shifting and Developing Countries" (Erosione della base imponibile, trasferimento degli utili e paesi in via di sviluppo), 29 maggio 2015.
"European added value of legislative report on bringing Transparency, coordination and convergence to corporate tax policies in the European Union" (Valore aggiunto europeo della relazione legislativa sul tema "Favorire la trasparenza, il coordinamento e la convergenza delle politiche in materia di imposizione delle società nell'Unione europea"), dott. Benjamin Ferrett, Daniel Gravino e Silvia Merler, Parlamento europeo.
Documento di lavoro dei servizi della Commissione del 17 giugno 2015 dal titolo "Corporate Income Taxation in the European Union" (Imposizione del reddito delle società nell'Unione europea), SWD(2015)0121.
"Transfer pricing: Keeping it at arm's length" (Determinazione dei prezzi di trasferimento: mantenere il principio di libera concorrenza), OECD Observer n. 230, gennaio 2002 (corretto nel 2008).
Comunicato stampa dell'OCSE, "OECD urges stronger international co-operation on corporate tax" (L'OCSE sollecita una maggiore cooperazione internazionale in materia di imposta sulle società), del 12.2.2013.
"SME taxation in Europe – an empirical study of applied corporate income taxation for SMEs compared to large enterprises" (Tassazione delle PMI in Europa – uno studio empirico delle imposte societarie applicate alle PMI rispetto a quelle applicate alle grandi imprese) – Commissione europea, maggio 2015, e P.Egger, W. Eggert e H. Winner (2010), "Saving taxes through foreign plant ownership" (Risparmio d'imposta mediante la proprietà di uno stabilimento estero", Journal of International Economics n. 81, pagg. 99-108.
Se le misure adottate dagli Stati membri riguardano l'intero sistema fiscale, esse costituiscono rettifiche rispetto alla politica di bilancio generale e non aiuti di Stato.
Secondo quanto stabilito nel regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell'articolo 108 TFUE, per quanto concerne l'obbligo di cooperare e fornire tutta la documentazione necessaria.
Documento programmatico del FMI "Spillovers in international corporate taxation" (Effetti di ricaduta in materia di tassazione internazionale delle società), del 9 maggio 2014.
Documento di lavoro del FMI "Base erosion, profit shifting and developing countries" (Erosione della base imponibile, trasferimento degli utili e paesi in via di sviluppo), del maggio 2015.
Studio "Tax revenue mobilisation in developing countries: issues and challenges" (Mobilitazione del gettito fiscale nei paesi in via di sviluppo: problematiche e sfide), Parlamento europeo, aprile 2014.
Amazon, Anheuser-Busch InBev, Barclays Bank Group, Coca-Cola Company, Facebook, Google, HSBC Bank plc, IKEA, McDonald’s Corporation, Philip Morris, Walt Disney Company.
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni dal titolo "Strategia rinnovata dell'UE per il periodo 2011-14 in materia di responsabilità sociale delle imprese" (COM(2011)0681), pag. 6 .
Per citare alcuni esempi, tali misure prevedono di: sospendere o porre fine alle convenzioni sulla doppia imposizione concluse con giurisdizioni inserite nella lista nera; vietare l'accesso agli appalti pubblici dell'UE per la fornitura di beni e servizi e rifiutare di concedere aiuti di Stato alle società aventi sede in giurisdizioni incluse nella lista nera; vietare alle istituzioni finanziarie e ai consulenti finanziari dell'UE di stabilire o mantenere filiali e consociate in giurisdizioni incluse nella lista nera, ed esaminare la possibilità di revocare le licenze bancarie degli istituti di credito e dei consulenti finanziari europei che mantengono consociate e continuano a operare in giurisdizioni incluse nella lista nera; introdurre un prelievo speciale su tutte le operazioni verso o da giurisdizioni incluse nella lista nera; esaminare diverse opzioni per il mancato riconoscimento, all'interno dell'Unione europea, dello status giuridico delle società costituite in giurisdizioni incluse nella lista nera; applicare barriere tariffarie nei casi di scambi commerciali con paesi terzi inclusi nella lista nera.
— Gabriel Zucman, professore associato, London School of Economics and Political Sciences
— Achim Doerfer, avvocato tributarista, autore e filosofo giuridico
12.5.2015
Delegazione in Belgio
— Jacques Malherbe, Università di Lovanio (UCL)
— Axel Haelterman, Università di Lovanio (KUL)
— Werner Heyvaert, esperto in materia fiscale, Jones Day
— Wim Wuyts, responsabile fiscale – presidente del comitato fiscale FEB-VBO e Hilde Wampers, vicepresidente in materia fiscale - Gruppo Finanza FEB-VBO
— Christophe Quintard, (esperto di FGTB, ex ispettore fiscale)
— Eric van Rompuy (presidente) e altri membri della commissione Bilancio e finanze del parlamento federale
— Steven Van den Berghe, capo del servizio competente in materia di ruling fiscale
— Johan Van Overtveld - ministro delle Finanze (riunione tenutasi il 17 giugno)
18.5.2015
Delegazione in Lussemburgo
— Wim Piot, responsabile fiscale, PWC Luxembourg
— Nicolas Mackel, amministratore delegato di Luxembourg for Finance
— Christine Dahm, direttore, e Mike Mathias, membro del Cercle de Coopération des ONG du développement
— Eugène Berger (presidente) e altri membri della commissione parlamentare per le Finanze
— Pierre Gramegna, ministro delle Finanze
— Pascale Toussing, direttore responsabile di questioni fiscali, ministero delle Finanze e membri dell'amministrazione fiscale
22.5.2015
Delegazione a Berna, Svizzera
— Markus R. Neuhaus, presidente del consiglio di amministrazione di PwC Switzerland, membro dell'ufficio del presidente globale di PwC
— Frank Marty, membro della direzione, responsabile finanze e imposte, Economie Suisse
— François Baur, delegato permanente a Bruxelles, responsabile affari europei di Economie Suisse
— Martin Zogg, membro del comitato esecutivo, responsabile della fiscalità interna e internazionale, Swiss Holdings
— Urs Kapalle, direttore responsabile per le politiche fiscali e le imposte, Associazione svizzera dei banchieri
— Mark Herkenrath, Alliance Sud, membro di Global Alliance for Tax Justice
— Olivier Longchamp, Dichiarazione di Berna
— Jacques de Watteville, Segretario di Stato per le questioni finanziarie internazionali (SFI)
— Ambasciatore Christoph Schelling, capo della divisione Fiscalità
— Adrian Hug, direttore dell'Amministrazione federale svizzera delle contribuzioni
— Ruedi Noser, membro del Consiglio nazionale, presidente della commissione dell'Economia e dei tributi
— Urs Schwaller, membro del Consiglio degli Stati
— Ulrich Trautmann, responsabile per economia e commercio, delegazione dell'Unione europea per la Svizzera e il Principato del Liechtenstein
— Marco Salvi, ricercatore senior, Avenir Suisse
27.5.2015
Riunione con il Governo di Gibilterra (alla presenza dei coordinatori della commissione TAXE)
— Fabian Picardo, primo ministro
— Joseph Garcia, vice primo ministro
28.5.2015
Delegazione a Dublino, Irlanda
— Martin Lambe, direttore generale, Istituto tributario irlandese
Michael Noonan, ministro delle Finanze
— Niall Cody, presidente della commissione Entrate
— Liam Twomy (presidente) e altri membri della commissione parlamentare per le Finanze (Oireachtas) +commissione mista (Camera-Senato) per gli affari europei -
— Frank Barry, Trinity College Dublin (TCD)
— Seamus Coffey, University College Cork (UCC)
— Feargal O'Rourke, responsabile fiscale, PWC
— Conor O'Brien, responsabile fiscale, KPMG
— Jim Clarken, amministratore delegato di Oxfam Ireland
— Micheál Collins, Nevin Economic Research Institute (NERI).
29.5.2015
Delegazione a L'Aia, Paesi Bassi
— Sjoera Dikkers, deputato, e altri membri della commissione Finanze del parlamento dei Paesi Bassi
— Bartjan Zoetmulder, Associazione olandese dei consulenti tributari
— Hans Van den Hurk, Università di Maastricht
— Indra Römgens, SOMO, organizzazione indipendente di rete e di ricerca senza fini di lucro
— Francis Weyzig, Oxfam
— Pieterbas Plasman, capo dell'Ufficio competente in materia di ruling fiscale
— Eric Wiebes, Segretario di Stato olandese responsabile per le questioni fiscali
1.6.2015
Audizione pubblica sulla dimensione internazionale dei ruling fiscali e di altre misure
— Senatore Mario Monti, ex commissario per la concorrenza e le dogane, la fiscalità e il mercato interno
— Tove Maria Ryding, responsabile in materia di strategia e sensibilizzazione, Rete europea sul debito e lo sviluppo (EURODAD)
— Antoine Deltour, informatore, ex revisore contabile, Pwc Luxembourg
17.6.2015
Riunione interparlamentare sul tema "pianificazione fiscale aggressiva e ruolo di controllo democratico da parte dei parlamenti"
Trentasette membri provenienti da diciotto parlamenti nazionali:
AT, BE, CY, CZ, FR, DE, GR, HU, IE, IT, LT, LU, MT, PL, PT, RO, ES, SV
— Heinz Zourek, direttore generale, DG TAXUD
— Pascal Saint-Amans, direttore del Centro per le politiche e l'amministrazione fiscali dell'OCSE
18.6.2015
Delegazione a Londra, Regno Unito
— David Gauke, deputato, Segretario finanziario al Tesoro
— Jim Harra, direttore generale, imposta sulle società, amministrazione tributaria e doganale del Regno Unito (HMRC)
— Fergus Harradence, direttore di dipartimento, squadra "imposta sulle società", gruppo per le imposte internazionali e sulle società, ministero del Tesoro
— Andrew Dawson, responsabile della squadra "trattati fiscali", principale negoziatore per i trattati fiscali del Regno Unito
— Maura Parsons, vicedirettore, responsabile per i prezzi di trasferimento presso l'unità Business International dell'HMRC e presidente del consiglio sui prezzi di trasferimento dell'HMRC
— Meg Hillier (presidente), Margaret Hodge (ex presidente) e Guto Bebb, membro della commissione sui conti pubblici della Camera dei comuni del Regno Unito
— Prem Sikka, professore di contabilità, Essex Business School, University of Essex
— Frank Haskew, capo del dipartimento fiscale dell'ICAEW (Institute of Chartered Accountants in England and Wales), e Ian Young, International Tax Manager
— Will Morris, presidente della commissione fiscale e della commissione fiscale del BIAC Confederazione dell'industria britannica (CBI)
— Richard Collier, Senior Tax Partner presso PwC
— Joseph Stead, Christian Aid
— Meesha Nehru, direttore dei programmi, Fair Tax Mark
23.6.2015
Scambio di opinioni con le società multinazionali
— Nathalie Mognetti, direttore fiscale, Total S.A.
— Martin McEwen, responsabile fiscale, SSE plc
— Christian Comolet-Tirman, direttore, affari fiscali, Gruppo BNP Paribas
25.6.2015
Riunione con i rappresentanti del governo delle Bermuda (alla presenza dei coordinatori della commissione TAXE)
— Everard Bob Richards, vice primo ministro e ministro delle Finanze
— Alastair Sutton, consigliere giuridico UE presso il governo delle Bermuda
02.7.2015
— Richard Murphy, Tax Research LLP e membro fondatore della Rete per la giustizia fiscale (Tax Justice Network)
— Guillaume de la Villeguérin, vicepresidente in materia fiscale e doganale, Airbus
17.9.2015
— Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea
— Pierre Moscovici, commissario europeo per gli affari economici e finanziari, la fiscalità e le dogane
— Margrethe Vestager, commissario europeo per la concorrenza
22.9.2015
— Pierre Gramegna, Presidente del Consiglio ECOFIN, ministro delle Finanze, Lussemburgo
— Wolfgang Schäuble, ministro federale delle Finanze, Germania
— Luis de Guindos, ministro dell'Economia e della competitività, Spagna
— Michel Sapin, ministro delle Finanze e dei conti pubblici, Francia
— Pier Carlo Padoan, ministro dell'Economia e delle finanze, Italia
16.11.2015
Scambio di opinioni con le società multinazionali
— Monique Meche, vicepresidente, politica pubblica globale, Amazon
— Malte Lohan, direttore affari pubblici, Anheuser-Busch InBev SA
— Mark Hubbard, responsabile globale della politica fiscale, Barclays Bank Group
— Delphine Reyre, direttore politiche pubbliche Europa meridionale, Facebook
— Iain McKinnon, responsabile fiscale, HSBC
— Krister Mattsson, responsabile finanziario e fiscale, IKEA Group
— Irene Yates, vicepresidente, imposta sulle società, McDonald's Europe
— Werner Schuster, vicepresidente in materia fiscale, Philip Morris International
— Nicklas Lundblad, direttore, politica pubblica e relazioni con il governo, Google
— John Stowell, vicepresidente, imposta sulle società, The Walt Disney Company
— Robert Jordan, vicepresidente, consiglio fiscale generale, Coca-Cola Company
ALLEGATO 2
ELENCO DELLE RISPOSTE FORNITE DAI PAESI/DALLE ISTITUZIONI
(situazione aggiornata al 16 novembre 2015)
Paese
Risposta
1ª richiesta in data 23.4.2015 - Termine 31.5.2015
Svezia
29.5.2015
Jersey
29.5.2015
Guernsey
31.5.2015
Lussemburgo
1.6.2015
Finlandia
2.6.2015
Slovacchia
3.6.2015
Irlanda
5.6.2015
Paesi Bassi
8.6.2015
Regno Unito
8.6.2015
Francia
10.6.2015
Repubblica ceca
11.6.2015
Lettonia
16.6.2015
Belgio
16.6.2015
Malta
18.6.2015
1° sollecito in data 29.6.2015 - Termine 9.7.2015
Portogallo
30.6.2015
Polonia
2.7.2015
Lituania
3.7.2015
Ungheria
7.7.2015
Croazia
8.7.2015
Estonia
10.7.2015
Grecia
10.7.2015
Spagna
10.7.2015
Gibilterra
13.8.2015
Danimarca
26.8.2015
Germania
2.9.2015
Romania
3.9.2015
Italia
17.9.2015
Ultimo sollecito in data 21.9.2015
Austria
21.9.2015
Cipro
22.9.2015
Bulgaria
28.9.2015
Slovenia
28.9.2015
ISTITUZIONI
Risposta
Commissione
29.4.2015
3.6.2015
31.8.2015
23.10.2015
9.11.2015
Consiglio
29.5.2015
15.6.2015
27.7.2015
ALLEGATO 3
SOCIETÀ MULTINAZIONALI INVITATE
ALLE RIUNIONI DI COMMISSIONE
Nome
Invitati/rappresentanti
Situazione al 16 novembre 2015
Airbus
Guillaume de La Villeguérin,
vicepresidente in materia fiscale e doganale
Partecipazione - 2.7.2015
BNP Paribas
Christian Comolet-Tirman,
direttore, affari fiscali
Partecipazione - 23.6.2015
SSE plc
Martin McEwen, responsabile fiscale
Partecipazione - 23.6.2015
Total S.A.
Nathalie Mognetti,
direttore fiscale
Partecipazione - 23.6.2015
Amazon
Monique Meche, vicepresidente, politica pubblica globale
Partecipazione - 16.11.2015
Anheuser-Busch InBev
Malte Lohan, direttore affari pubblici
Partecipazione - 16.11.2015
Barclays Bank Group
Mark Hubbard, responsabile globale della politica fiscale
Partecipazione - 16.11.2015
Coca-Cola Company
Robert Jordan, vicepresidente, consiglio fiscale generale
Partecipazione - 16.11.2015
Facebook
Delphine Reyre, direttore politiche pubbliche Europa meridionale
Partecipazione - 16.11.2015
Google
Nicklas Lundblad, direttore, politica pubblica e relazioni con il governo
Partecipazione - 16.11.2015
HSBC Bank plc
Iain McKinnon, responsabile fiscale
Partecipazione - 16.11.2015
IKEA Group
Krister Mattsson, responsabile finanziario e fiscale
Partecipazione - 16.11.2015
McDonald's Europe
Irene Yates, vicepresidente, imposta sulle società
Partecipazione - 16.11.2015
Philip Morris
International
Werner Schuster, vicepresidente in materia fiscale
Partecipazione - 16.11.2015
The Walt Disney Company
John Stowell, vicepresidente, imposta sulle società
Partecipazione - 16.11.2015
Fiat Chrysler Automobiles
Sergio Marchionne,
amministratore delegato
Invito declinato in ragione di un'indagine in corso
Walmart
Shelley Broader,
presidente e amministratore delegato, regione EMEA