Indice 
Testi approvati
Giovedì 17 dicembre 2015 - Strasburgo
Costituzione della commissione d'inchiesta sulla misurazione delle emissioni nel settore automobilistico
 Ibrahim Halawa rischia la pena di morte
 Situazione nelle Maldive
 Malaysia
 Protocollo dell'accordo quadro globale di partenariato e cooperazione UE-Vietnam (per tener conto dell'adesione della Repubblica di Croazia all'Unione europea) ***
 Accordo quadro globale di partenariato e cooperazione UE-Vietnam (approvazione) ***
 Accordo quadro globale di partenariato e cooperazione UE-Vietnam (risoluzione)
 Completare l'unione economica e monetaria dell'Europa
 Relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2014 e sulla politica dell'Unione europea in materia
 20° anniversario dell'accordo di pace di Dayton
 Esportazioni di armi: applicazione della posizione comune 2008/944/PESC
 Brevetti e privativa per i ritrovati vegetali
 Situazione nel Burundi
 Protezione del parco nazionale di Virunga nella Repubblica democratica del Congo

Costituzione della commissione d'inchiesta sulla misurazione delle emissioni nel settore automobilistico
PDF 227kWORD 69k
Decisione del Parlamento europeo del 17 dicembre 2015 sulla costituzione, le attribuzioni, la composizione numerica e la durata del mandato della commissione d'inchiesta sulla misurazione delle emissioni nel settore automobilistico (2015/3037(RSO))
P8_TA(2015)0462B8-1424/2015

Il Parlamento europeo,

–  vista la richiesta presentata da 283 deputati relativa alla costituzione di una commissione d'inchiesta incaricata di esaminare le denunce di infrazione e di cattiva amministrazione nell'applicazione del diritto dell'Unione in relazione alla misurazione delle emissioni nel settore automobilistico,

–  vista la proposta della Conferenza dei presidenti,

–  visto l'articolo 226 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,

–  vista la decisione 95/167/CE, Euratom, CECA del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, del 19 aprile 1995, relativa alle modalità per l'esercizio del diritto d'inchiesta del Parlamento europeo(1),

—  visto il regolamento (CE) n. 715/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2007, relativo all'omologazione dei veicoli a motore riguardo alle emissioni dai veicoli passeggeri e commerciali leggeri (Euro 5 ed Euro 6) e all'ottenimento di informazioni sulla riparazione e la manutenzione del veicolo(2),

—  vista la direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli(3),

—  vista la direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa(4), e le relative procedure d'infrazione in corso,

—  visto il regolamento (CE) n. 443/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, che definisce i livelli di prestazione in materia di emissioni delle autovetture nuove nell'ambito dell'approccio comunitario integrato finalizzato a ridurre le emissioni di CO2 dei veicoli leggeri(5),

—  vista la sua risoluzione del 27 ottobre 2015 sulla misurazione delle emissioni nel settore automobilistico(6), che chiede un'indagine approfondita riguardo al ruolo e alla responsabilità della Commissione e delle autorità degli Stati membri, tra l'altro alla luce dei problemi identificati dal Centro comune di ricerca della Commissione nella sua relazione del 2011,

—  visto il progetto di regolamento della Commissione che modifica il regolamento (CE) n. 692/2008 per quanto riguarda le emissioni dai veicoli passeggeri e commerciali leggeri (Euro 6) (D042120),

—  visto il parere espresso il 28 ottobre 2015 dal Comitato tecnico – Veicoli a motore (CTVM) istituito dall'articolo 40, paragrafo 1, della direttiva 2007/46/EC,

–  visto l'articolo 198 del suo regolamento,

1.  decide di costituire una commissione d'inchiesta per esaminare le denunce di infrazione della legislazione dell'Unione e di cattiva amministrazione nell'applicazione della stessa in relazione alla misurazione delle emissioni nel settore automobilistico, fatte salve le prerogative delle giurisdizioni nazionali o dell'Unione;

2.  decide che la commissione d'inchiesta sarà incaricata di:

   indagare sul denunciato inadempimento da parte della Commissione dell'obbligo, ad essa incombente in forza dell'articolo 14, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 715/2007, di verificare i cicli di prova utilizzati per misurare le emissioni e di adattarli, se non sono più adeguati o non riflettono più le emissioni reali, per dare adeguato riscontro alle emissioni generate dalla vera guida su strada, malgrado le informazioni relative a gravi e persistenti superamenti dei valori limite di emissione nell'uso normale dei veicoli, in violazione degli obblighi di cui all'articolo 5, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 715/2007, tra cui le relazioni 2011 e 2013 del Centro comune di ricerca della Commissione e le ricerche dell'International Council on Clean Transportation (ICCT) messe a disposizione a maggio 2014;
   indagare sulla denunciata mancata adozione, da parte della Commissione e delle autorità degli Stati membri, di misure appropriate ed efficaci per sorvegliare e rendere effettiva l'applicazione dell'esplicito divieto dell'uso di impianti di manipolazione stabilito dall'articolo 5, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 715/2007;
   indagare sulla denunciata omissione, da parte della Commissione, della tempestiva introduzione di prove che riflettano le condizioni reali di guida e dell'adozione di misure volte a impedire l'uso di meccanismi di manipolazione, secondo il disposto dell'articolo 5, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 715/2007;
   indagare sulla denunciata mancata fissazione, da parte degli Stati membri, di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive applicabili ai costruttori per le violazioni delle disposizioni del regolamento (CE) n. 715/2007, tra cui l'uso di impianti di manipolazione, il rifiuto di consentire l'accesso alle informazioni e la falsificazione dei risultati delle prove relative all'omologazione o alla conformità in servizio, secondo il disposto dell'articolo 13, paragrafi 1 e 2, di tale regolamento;
   indagare sulla denunciata mancata adozione, da parte degli Stati membri, delle misure necessarie per garantire l'attuazione delle norme sulle sanzioni applicabili per le violazioni del regolamento (CE) n. 715/2007, come prescrive l'articolo 13, paragrafo 1, di tale regolamento;
   raccogliere e analizzare informazioni per appurare se la Commissione e gli Stati membri disponevano di elementi di prova dell'uso di meccanismi di manipolazione prima dell'avviso di violazione emesso dall'Environmental Protection Agency (agenzia per la protezione dell'ambiente) degli Stati Uniti d'America il 18 settembre 2015;
   raccogliere e analizzare informazioni in merito all'attuazione da parte degli Stati membri delle disposizioni della direttiva 2007/46/CE, in particolare per quanto riguarda l'articolo 12, paragrafo 1, e l'articolo 30, paragrafi 1, 3 e 4;
   raccogliere e analizzare informazioni per appurare se la Commissione e gli Stati membri disponevano di elementi di prova dell'uso di impianti di manipolazione per le prove delle emissioni di CO2;
   presentare le eventuali proposte che riterrà opportune al riguardo;

3.  decide che la commissione d'inchiesta presenterà una relazione intermedia entro un termine di 6 mesi dall'inizio dei suoi lavori e presenterà la sua relazione finale entro un termine di 12 mesi dall'inizio dei suoi lavori;

4.  decide che la commissione d'inchiesta sarà composta di 45 membri;

5.  incarica il suo Presidente di provvedere alla pubblicazione della presente decisione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

(1) GU L 113 del 19.5.1995, pag. 1.
(2) GU L 171 del 29.6.2007, pag. 1.
(3) GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1.
(4) GU L 152 dell'11.6.2008, pag. 1.
(5) GU L 140 del 5.6.2009, pag. 1.
(6) Testi approvati, P8_TA(2015)0375.


Ibrahim Halawa rischia la pena di morte
PDF 171kWORD 72k
Risoluzione del Parlamento europeo del 17 dicembre 2015 sul caso di Ibrahim Halawa, che rischia la pena di morte (2015/3016(RSP))
P8_TA(2015)0463RC-B8-1402/2015

Il Parlamento europeo,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sull'Egitto, in particolare quelle del 15 gennaio 2015 sulla situazione in Egitto(1) e dell'8 ottobre 2015 sulla pena di morte(2),

–  viste le conclusioni del Consiglio "Affari esteri" dell'UE sull'Egitto dell'agosto 2013 e del febbraio 2014,

–  visto l'accordo di associazione UE-Egitto del 2001, entrato in vigore nel 2004 e integrato dal piano di azione UE-Egitto del 2007,

–  vista la relazione 2014 sui progressi compiuti dall'Egitto nell'ambito della PEV, del 25 marzo 2015,

–  viste le recenti dichiarazioni sull'Egitto del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE), in particolare quella del 16 giugno 2015 sulle sentenze pronunciate dai tribunali egiziani e quella del 4 febbraio 2015 sulla condanna di attivisti in Egitto,

–  vista la dichiarazione congiunta rilasciata il 10 ottobre 2015 da Federica Mogherini, alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, a nome dell'UE, e da Thorbjørn Jagland, segretario generale del Consiglio d'Europa, in occasione della Giornata europea e mondiale contro la pena di morte,

–  visti gli orientamenti dell'UE sulla pena di morte e gli orientamenti per una politica dell'Unione nei confronti dei paesi terzi in materia di tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti,

–  visti il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1966, la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo e la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, di cui l'Egitto è firmatario, nonché le risoluzioni dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, in particolare quella del 18 dicembre 2014 relativa a una moratoria sull'uso della pena di morte (69/186),

–  vista la Costituzione della Repubblica araba d'Egitto,

–  vista la legge egiziana n. 107, del 24 novembre 2013, concernente il diritto di tenere raduni pubblici, cortei e manifestazioni pacifiche,

–  visto il decreto presidenziale del novembre 2014 (legge n. 140), che consente l'espulsione dei cittadini stranieri accusati di un reato verso il loro paese di origine,

–  visti i principi e gli orientamenti sul diritto a un giusto processo e all'assistenza legale in Africa della Commissione africana dei diritti dell'uomo e dei popoli, nonché la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli,

–  visti l'articolo 135, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,

A.  considerando che Ibrahim Halawa, cittadino irlandese, è in carcere da oltre due anni con l'accusa di aver partecipato, mentre si trovava in vacanza con la famiglia al Cairo, alle proteste illegali del 16 e 17 agosto 2013, durante le quali i manifestanti avrebbero commesso uccisioni e atti vandalici; che 97 persone hanno perso la vita in tali proteste, nella maggior parte dei casi a causa di un uso eccessivo della forza da parte delle forze di sicurezza; che, al momento dell'arresto, Ibrahim Halawa aveva 17 anni e pertanto era ancora minorenne secondo la legge egiziana e il diritto internazionale;

B.  considerando che Ibrahim Halawa è stato arrestato insieme alle tre sorelle dopo aver cercato rifugio nella moschea di Al-Fateh allo scoppio di violenze durante una manifestazione; che le sue tre sorelle sono successivamente state rilasciate dalle autorità;

C.  considerando che il procuratore non ha fornito alcuna prova del coinvolgimento di Ibrahim Halawa negli atti di violenza commessi durante le proteste; che il procuratore si è basato unicamente sulle testimonianze e i rapporti di polizia e sulle indagini effettuate dai servizi di intelligence; che il processo a carico di Ibrahim Halawa è stato ripetutamente rinviato dal tribunale egiziano, da ultimo il 15 dicembre 2015; che la sua imputazione ha avuto luogo un anno dopo l'arresto; che Ibrahim Halawa è in attesa di giudizio insieme ad altre 493 persone, per la maggior parte adulti, nell'ambito di un processo di massa che dovrebbe avere luogo il 19 dicembre 2015, senza che vi sia alcuna garanzia circa l'applicazione delle norme minime in materia di processo libero ed equo, e che in caso di condanna rischia la pena di morte; che nel maggio 2015 l'Egitto ha giustiziato sei persone, una delle quali sua coetanea;

D.  considerando che, dal 2013, sono state comminate numerose condanne a morte nell'ambito di processi di massa contro presunti membri dei Fratelli musulmani e presunti sostenitori del deposto presidente Morsi; che tali procedimenti violano gli obblighi che incombono all'Egitto in forza del diritto internazionale;

E.  considerando che, a norma dell'articolo 10 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri, nonché della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta;

F.  considerando che Ibrahim Halawa è in carcere per aver esercitato pacificamente i propri diritti alla libertà di espressione e di riunione ed è considerato da Amnesty International un prigioniero di coscienza; che la libertà di espressione e la libertà di riunione sono pilastri indispensabili di una società democratica e pluralista; che l'articolo 73 della Costituzione egiziana sancisce che i cittadini hanno il diritto di organizzare raduni pubblici, cortei, manifestazioni e qualsiasi forma di protesta pacifica;

G.  considerando che, in seguito al golpe militare del giugno 2013, in Egitto sono stati segnalati numerosi casi di detenzione di manifestanti e prigionieri di coscienza; che le libertà di associazione, di riunione e di espressione sono ambiti che continuano a destare particolare preoccupazione dal luglio 2013;

H.  considerando che Ibrahim Halawa è stato sottoposto a condizioni carcerarie estremamente dure, inclusi possibili torture e altri trattamenti crudeli, disumani o degradanti, dopo l'arresto e durante la detenzione, oltre a essersi visto negare l'accesso all'assistenza medica e legale; che, secondo la sua famiglia e i suoi legali, Ibrahim Halawa sta osservando uno sciopero della fame dal 21 ottobre 2015 per protestare contro il protrarsi della sua detenzione, mettendo così in grave pericolo il suo stato di salute;

I.  considerando che i servizi della Procura del Cairo settentrionale e il tribunale non hanno riconosciuto Ibrahim Halawa quale minorenne al momento dell'arresto, in violazione degli obblighi imposti alle autorità egiziane dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, di cui l'Egitto è firmatario;

J.  considerando che la condanna a morte di un individuo che avesse meno di 18 anni nel momento in cui ha commesso il reato così come la sua esecuzione sono incompatibili con gli obblighi internazionali dell'Egitto;

K.  considerando che Charles Flanagan, ministro irlandese degli Affari esteri e del commercio estero, ha espresso il proprio rammarico per i continui rinvii nel processo di Ibrahim Halawa in Egitto; che i funzionari consolari irlandesi hanno finora partecipato a tutte le udienze e hanno visitato Ibrahim Halawa in 48 occasioni nell'ambito di visite consolari; che ciò sottolinea l'importanza attribuita al caso dal governo irlandese;

L.  considerando che l'Egitto ha rilasciato cittadini stranieri in conformità di un decreto presidenziale emanato nel novembre 2014, che consente l'espulsione degli stranieri accusati di un reato verso il loro paese di origine;

M.  considerando che l'Egitto non ha ancora attuato le misure transitorie richieste dalla Commissione africana dei diritti dell'uomo e dei popoli nel marzo 2015 al fine di garantire l'integrità di Ibrahim Halawa e degli altri minori coinvolti nel caso, disponendo il loro rilascio immediato su cauzione;

N.  considerando che l'Unione europea e gli Stati membri stanno cercando di sviluppare relazioni più strette con l'Egitto e il popolo egiziano, in quanto importante vicino e partner, in numerosi ambiti; che l'Egitto, con oltre 80 milioni di abitanti, è il paese arabo più popoloso nonché un paese cardine nel Mediterraneo meridionale; che deve far fronte a gravi problemi di sicurezza dovuti all'impatto della situazione in paesi confinanti; che gli sviluppi politici, economici e sociali in Egitto presentano notevoli implicazioni per l'intera regione e non solo;

1.  esprime profonda preoccupazione per l'inaccettabile violazione dei diritti umani fondamentali derivante dalla detenzione arbitraria del cittadino irlandese Ibrahim Halawa e invita le autorità egiziane a rilasciarlo immediatamente e senza condizioni e a consegnarlo alle autorità irlandesi, a norma del decreto presidenziale emanato nel novembre 2014 nel quadro della legge n. 140;

2.  è profondamente preoccupato per il peggioramento delle condizioni di Ibrahim Halawa a causa del suo sciopero della fame e delle presunte cattive condizioni cui sarebbe sottoposto in carcere; invita le autorità egiziane ad assicurare in via prioritaria il buono stato di salute e il benessere di Ibrahim Halawa durante la sua permanenza in carcere; chiede lo svolgimento di indagini approfondite e indipendenti in relazione a tutte le accuse di tortura e maltrattamento ai danni di Ibrahim Halawa;

3.  chiede alle autorità egiziane di assicurare il rispetto dell'articolo 10 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, che stabilisce che qualsiasi individuo privato della propria libertà deve essere trattato con umanità e col rispetto della dignità inerente alla persona umana;

4.  ricorda alle autorità egiziane che l'Egitto è vincolato da obblighi internazionali incontestabili derivanti dalla Convenzione sui diritti del fanciullo e applicabili al caso di Ibrahim Halawa; chiede alle autorità egiziane di escludere categoricamente il rischio che sia applicata la pena di morte in caso di condanna di Ibrahim Halawa, giacché al momento dell'arresto era minorenne;

5.  ribadisce l'opposizione assoluta dell'Unione europea al ricorso alla pena di morte in qualunque circostanza e chiede una moratoria totale sulla pronuncia di condanne a morte in Egitto; esorta l'Egitto a ratificare il secondo protocollo facoltativo del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1996, mirante all'abolizione della pena capitale;

6.  è estremamente preoccupato per la mancata garanzia, da parte delle autorità egiziane, del diritto a un processo equo per Ibrahim Halawa e gli altri 493 imputati, in particolare per l'impossibilità di rivedere o contestare il loro mantenimento in detenzione e le accuse contro di loro, per il ripetuto diniego dell'accesso a un difensore e per la durata eccessiva della custodia cautelare, in violazione degli obblighi interni e internazionali dell'Egitto;

7.  resta dell'avviso che sarà estremamente difficile per i difensori di Ibrahim Halawa elaborare una difesa individuale qualora il suo caso sia trattato nell'ambito di un processo di massa nei confronti di tutti gli imputati arrestati a seguito delle proteste dell'agosto 2013;

8.  condanna con forza il ricorso a un processo di massa nell'ambito del procedimento giudiziario e invita le autorità egiziane a rispettare il diritto internazionale nonché ad assicurare le più rigorose norme internazionali per quanto riguarda il diritto a un processo equo e giusto; invita le autorità egiziane a rilasciare tutte le persone detenute per aver esercitato pacificamente il loro diritto alla libertà di espressione, di riunione e di associazione sancito dalla Costituzione egiziana e da altre convenzioni internazionali di cui l'Egitto è firmatario; esprime profonda preoccupazione per il grave peggioramento del contesto mediatico; deplora i processi e la condanna in contumacia di giornalisti egiziani e stranieri;

9.  invita il SEAE, attraverso la delegazione dell'UE al Cairo, nonché gli Stati membri, in particolare l'Irlanda, a seguire tutte le udienze nell'ambito del processo a carico di Ibrahim Halawa e dei coimputati; si attende che il SEAE sollevi questo caso nel quadro dei dialoghi di massimo livello con l'Egitto e che riferisca regolarmente al Parlamento europeo in merito all'osservazione del processo; invita le autorità irlandesi, come pure la delegazione dell'UE, a continuare a fornire piena assistenza legale, consolare e di altro genere a Ibrahim Halawa e ai suoi familiari, nonché a visitarlo regolarmente in carcere; invita le autorità egiziane, in considerazione della cittadinanza europea di Ibrahim Halawa, a continuare ad agevolare l'accesso del personale consolare del governo irlandese;

10.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, all'Ufficio dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, ai parlamenti e ai governi degli Stati membri nonché al presidente e al governo ad interim della Repubblica araba d'Egitto.

(1) Testi approvati, P8_TA(2015)0012.
(2) Testi approvati, P8_TA(2015)0348.


Situazione nelle Maldive
PDF 168kWORD 72k
Risoluzione del Parlamento europeo del 17 dicembre 2015 sulla situazione nelle Maldive (2015/3017(RSP))
P8_TA(2015)0464RC-B8-1409/2015

Il Parlamento europeo,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sulle Maldive, segnatamente quelle del 16 settembre 2004(1) e del 30 aprile 2015(2),

−  vista la relazione finale, del 22 marzo 2014, della missione di osservazione elettorale dell'UE alle elezioni parlamentari nella Repubblica delle Maldive,

−  vista la dichiarazione congiunta relativa alle minacce nei confronti della società civile e dei diritti umani nelle Maldive, rilasciata localmente il 30 settembre 2014 dalla delegazione dell'UE di concerto con le ambasciate degli Stati membri dell'UE, della Norvegia e della Svizzera a Colombo, accreditate alle Maldive,

−  viste la dichiarazione rilasciata il 12 marzo 2015 dal presidente della sua delegazione per le relazioni con i paesi dell'Asia meridionale in merito all'arresto nelle Maldive dell'ex presidente Mohamed Nasheed, nonché la lettera del 10 aprile 2015 inviata dal presidente della sua commissione per gli affari esteri al ministro degli Affari esteri della Repubblica delle Maldive,

−  vista la dichiarazione rilasciata il 14 marzo 2015 dal portavoce del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza sulla condanna dell'ex presidente Mohamed Nasheed,

−  vista la dichiarazione rilasciata il 5 novembre 2015 dal portavoce del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza sulla proclamazione dello stato di emergenza da parte del presidente delle Maldive,

−  visto il patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR), di cui le Maldive sono parte firmataria,

−  vista la dichiarazione del 18 marzo 2015 dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Zeid Ra’ad Al-Hussein, sul processo a carico dell'ex presidente Mohamed Nasheed,

−  visto il parere n. 33/2015 (Maldive) del 4 settembre 2015 del gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulle detenzioni arbitrarie,

−  vista la documentazione relativa all'ultima revisione periodica universale del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite riguardo alle Maldive, del 6 maggio 2015,

–  visti l'articolo 135, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,

A.  considerando che le elezioni presidenziali del 2013, che hanno portato al potere Abdulla Yameen Abdul Gayoom, sono state inficiate da irregolarità;

B.  considerando che il 13 marzo 2015 Mohamed Nasheed, primo presidente delle Maldive democraticamente eletto, è stato condannato a 13 anni di carcere in seguito ad accuse di matrice politica, fatto che è stato condannato dal gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulle detenzioni arbitrarie; che il processo nei suoi confronti è stato viziato da irregolarità; che anche altri ex funzionari, tra cui l'ex vicepresidente Ahmed Adeeb e gli ex ministri della Difesa Mohamed Nazim e Tholhath Ibrahim, sono stati arrestati e detenuti;

C.  considerando che sono state sollevate preoccupazioni in merito alla forte politicizzazione della magistratura delle Maldive, che negli anni ha abusato dei suoi poteri e agito nell'interesse del partito attualmente al governo e contro i politici all'opposizione;

D.  considerando che il 4 novembre 2015 il governo delle Maldive ha dichiarato uno stato di emergenza, revocato sei giorni dopo, in quella che è sembrata una mossa per prevenire proteste di massa contro il governo e che quest'ultimo è stato ampiamente condannato per aver sospeso i diritti fondamentali dei cittadini e per aver conferito all'esercito e alla polizia il potere di perquisire e arrestare arbitrariamente;

E.  considerando che il 27 e il 28 novembre 2015 la polizia nelle Maldive è intervenuta per disperdere i manifestanti dell'opposizione utilizzando gas lacrimogeni e spray urticanti e arrestando una dozzina di manifestanti che chiedevano il rilascio dell'ex presidente e degli altri leader politici detenuti;

F.  considerando che Mahfooz Saeed, avvocato per i diritti umani e legale dell'ex presidente Mohamed Nasheed, ha subito un'aggressione il 4 settembre 2015;

G.  considerando che la moratoria sulla pena di morte nelle Maldive (comprese le sentenze in ritardo imposte ai minori) che era stata adottata nel 1953 è stata annullata nell'aprile 2014;

H.  considerando che il parlamento ha approvato una legge che considera reato di tradimento la richiesta di misure restrittive e altre sanzioni associate nei confronti del governo delle Maldive e dei suoi membri;

I.  considerando che la commissione dell'Unione interparlamentare sui diritti umani dei parlamenti ha indicato le Maldive come uno dei peggiori paesi al mondo per quanto riguarda gli attacchi contro i deputati all'opposizione, dato che questi sono spesso vittime di intimidazioni, arresti e detenzioni; che la libertà di espressione (compresa la libertà dei mezzi di comunicazione), la libertà di associazione e il pluralismo politico sono sempre più minacciati, dati l'arresto e l'accusa di centinaia di manifestanti antigovernativi;

J.  considerando che si registrano preoccupazioni anche riguardo all'aumento del radicalismo islamico militante e al numero di giovani radicalizzati, uomini e donne, che si sarebbero schierati con l'ISIS; che, secondo le stime, le Maldive sono il paese con il maggior numero di reclute dell'ISIS, su base pro capite;

K.  considerando che Ahmed Rilwan, un giornalista critico nei confronti del governo, è "scomparso" nell'agosto 2014 senza mai essere stato ritrovato e che si teme per la sua vita;

L.  considerando che bande e gruppi islamici radicali, presumibilmente in collaborazione con la polizia, attaccano di frequente le istituzioni, le organizzazioni e gli individui che contestano le azioni del governo o sono accusati di promuovere l'ateismo e che tale situazione crea un clima intimidatorio;

M.  considerando che sono sempre più frequenti i casi di vessazioni, minacce e attacchi di cui sono vittime le organizzazioni della società civile e i difensori dei diritti umani, come la Commissione per i diritti umani delle Maldive (HRCM), criticata dalla Corte suprema per avere presentato una relazione in occasione della revisione periodica universale del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani;

1.  esprime profonda preoccupazione per il graduale deterioramento degli standard democratici e per le crescenti tendenze all'autoritarismo nelle Maldive, che stanno generando un clima di paura e tensione politica che potrebbe mettere a repentaglio i progressi compiuti negli ultimi anni sul piano dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto nel paese;

2.  deplora la repressione ai danni dell'opposizione politica; invita il governo delle Maldive a rilasciare immediatamente e senza condizioni l'ex presidente Mohamed Nasheed, l'ex vice-presidente Ahmed Adeeb e gli ex ministri della difesa Tholhath Ibrahim e Mohamed Nazim, insieme con lo sceicco Imran Abdulla e altri prigionieri politici, e a proscioglierli da tutte le accuse; esprime preoccupazione anche per il deterioramento delle condizioni di salute dell'ex presidente;

3.  reitera la propria profonda insoddisfazione per le gravi irregolarità nel processo a carico dell'ex presidente Mohamed Nasheed;

4.  chiede al governo delle Maldive di garantire la piena imparzialità del potere giudiziario e di rispettare le garanzie processuali e il diritto a un processo equo, imparziale e indipendente; sottolinea la necessità di depoliticizzare la magistratura e i servizi di sicurezza del paese;

5.  esprime forte preoccupazione, in tale contesto, per il licenziamento del procuratore generale e ricorda al governo che la procura generale è un organo costituzionale indipendente ai sensi della costituzione delle Maldive e che il procuratore generale deve essere messo in grado di svolgere il suo mandato costituzionale legittimo senza arbitrarie interferenze politiche o intimidazioni da parte di altri rami del governo;

6.  è profondamente preoccupato per la costante erosione dei diritti umani nelle Maldive, ivi incluso il ricorso abusivo allo stato di emergenza da parte dei poteri esecutivi nel paese, e per il rischio di un ulteriore deterioramento; ricorda alla Repubblica delle Maldive i suoi impegni internazionali in materia di rispetto dei diritti umani, compresi i diritti dei minori e le libertà fondamentali;

7.  chiede l'instaurazione di un vero dialogo tra tutti i partiti politici sul futuro di questo fragile Stato insulare;

8.  invita il governo delle Maldive a rispettare e sostenere pienamente il diritto di protestare e il diritto alla libertà di espressione, associazione e riunione, e a non cercare di limitare tali diritti; invita il governo delle Maldive inoltre a porre fine all'impunità delle milizie che hanno usato violenza contro le persone che promuovono la tolleranza religiosa, i manifestanti pacifici, i mezzi d'informazione critici e la società civile; invita le Maldive a rispettare appieno i propri obblighi internazionali;

9.  chiede al governo delle Maldive di salvaguardare i diritti degli attivisti pro-democrazia, dei musulmani moderati, dei sostenitori del secolarismo e di quanti si oppongono alla promozione dell'ideologia wahhabita-salafita nel paese, e di garantire il loro diritto a partecipare a tutti i settori della vita pubblica nel paese;

10.  ricorda che la libertà dei media è il cardine di una democrazia funzionante; invita il governo delle Maldive e le autorità a garantire un'adeguata protezione dei giornalisti e dei difensori dei diritti umani che sono vittime di minacce e di attacchi a causa del loro legittimo lavoro, e, a tale riguardo, a consentire la conduzione di indagini adeguate sulla scomparsa di Ahmed Rilwan, sull'assalto a Mahfooz Saeed e sugli attacchi e le minacce nei confronti di giornalisti, membri della società civile e istituzioni indipendenti;

11.  chiede che sia ripristinata con urgenza la moratoria sulla pena di morte, nella prospettiva della sua abolizione, e che si proceda alla revisione del codice penale, con l'obiettivo di porre fine al ricorso alle punizioni corporali;

12.  chiede alla Commissione e agli Stati membri di pubblicare segnalazioni esaurienti sulla situazione dei diritti umani nelle Maldive per i turisti che intendono recarvisi; invita inoltre il Servizio europeo per l'azione esterna a monitorare da vicino la situazione politica e dei diritti umani nelle Maldive;

13.  chiede all'UE e agli Stati membri, alla luce del perdurare dell'arretramento democratico e del deterioramento della situazione dei diritti umani nelle Maldive, di introdurre misure restrittive sotto forma di sanzioni mirate per congelare i beni detenuti all'estero da taluni membri del governo del paese e dai loro principali sostenitori appartenenti alla comunità imprenditoriale maldiviana, e imporre loro il divieto di viaggio;

14.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione, al Consiglio e agli Stati membri nonché al governo e al parlamento delle Maldive.

(1) GU C 140 E del 9.6.2005, pag. 165.
(2) Testi approvati, P8_TA(2015)0180.


Malaysia
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Risoluzione del Parlamento europeo del 17 dicembre 2015 sulla Malaysia (2015/3018(RSP))
P8_TA(2015)0465RC-B8-1412/2015

Il Parlamento europeo,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sulla Malaysia,

–  vista la sua risoluzione del 15 gennaio 2014 sul futuro delle relazioni UE-ASEAN(1),

–  vista la dichiarazione rilasciata il 15 aprile 2015 dal portavoce del SEAE sull'emendamento, recentemente adottato, al Sedition Act in Malaysia,

–  vista la dichiarazione rilasciata il 17 marzo 2015 dal portavoce del SEAE sull'arresto di Nurul Izzah, membro dell'opposizione al Parlamento in Malaysia,

–  vista la dichiarazione rilasciata il 10 febbraio 2015 dal portavoce del SEAE sulla condanna del politico dell'opposizione malese Anwar Ibrahim,

–  visto il quadro strategico dell'UE sui diritti umani,

–  vista la dichiarazione dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, del 9 aprile 2015, sui progetti di legge in materia di antiterrorismo e sedizione,

–  visto il comunicato stampa congiunto del SEAE sul dialogo politico UE-ASEAN in materia di diritti umani del 23 ottobre 2015,

–  visti gli orientamenti dell'UE sui difensori dei diritti umani,

–  vista la sessione della revisione periodica universale dell'ONU dell'ottobre 2013,

–  vista la relazione del relatore speciale sulla tratta di esseri umani, del giugno 2015,

–  viste la seconda revisione periodica universale sulla Malaysia dinanzi al Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani e le sue raccomandazioni, dell'ottobre 2013,

–  vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948,

–  vista la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani del 1998,

–  visto il Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR) del 1966,

–  vista la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti (CAT) del 1984,

–  vista la dichiarazione sui diritti umani dell'Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico,

–  visti l'articolo 135, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,

A.  considerando che l'Unione europea considera la Malaysia un partner politico ed economico fondamentale nel Sud-Est asiatico; che l'UE e la Malaysia stanno attualmente negoziando un accordo di partenariato e cooperazione e un accordo di libero scambio;

B.  considerando che le possibilità di dibattito pubblico e di esercizio della libertà di espressione in Malaysia sono in rapida diminuzione, dal momento che il governo si avvale di leggi penali formulate in maniera vaga per mettere a tacere le critiche e per reprimere il malcontento dell'opinione pubblica e la pacifica espressione di opinioni, inclusi i dibattiti su questioni di interesse pubblico; che tra tali leggi figurano, per citarne alcune, il Sedition Act, il Printing Presses and Publications Act, il Communications and Multimedia Act e il Peaceful Assembly Act;

C.  considerando che il 3 dicembre 2015 il Parlamento malese ha approvato a maggioranza il progetto di legge sul Consiglio di sicurezza nazionale; che tale progetto di legge attribuisce al Consiglio di sicurezza nazionale, guidato dal Primo ministro, ampi poteri per dichiarare lo stato di emergenza in qualsiasi zona ritenuta a rischio di sicurezza, conferendo vasti poteri di arresto, perquisizione e sequestro senza mandato;

D.  considerando che, in virtù del solo Sedition Act, 78 persone sono state indagate o accusate dall'inizio del 2014;

E.  considerando che l'ex leader dell'opposizione Anwar Ibrahim è stato condannato per sodomia nel febbraio 2015 a seguito di una persecuzione a sfondo politico, sfociata in un procedimento penale difforme dagli standard internazionali di giusto processo; che gli sono state negate cure mediche adeguate;

F.  considerando che le persone LGBTI in Malaysia sono criminalizzate in virtù della legge del paese contro la sodomia e delle leggi regionali che vietano il transvestitismo e sono vittime di incitamento all'odio a sfondo politico, arresti arbitrari, aggressioni fisiche e sessuali, reclusione e altri abusi;

G.  considerando che il vignettista malese Zulkiflee Anwar Ulhaque (Zunar) è stato accusato ai sensi del Sedition Act di aver pubblicato tweet critici nei confronti del governo per quanto riguarda la condanna di Anwar Ibrahim; che sono state formulate accuse analoghe a carico del blogger Khalid Ismath e del docente universitario Azmi Sharom;

H.  considerando che la commissione malese anticorruzione ha chiesto chiarimenti al primo ministro sulle accuse di corruzione formulate dopo che sono stati scoperti sul suo conto bancario oltre 600 milioni di euro senza che ne siano stati giustificati la fonte e lo scopo, nonché su varie accuse secondo cui mancherebbero centinaia di milioni di euro da contratti che coinvolgono un'impresa statale avviata dal primo ministro stesso, ossia la 1Malaysia Development Berhad (1MDB);

I.  considerando che i mezzi di informazione e le case editrici hanno subito restrizioni ai sensi del Printing Presses and Publications Act dopo aver riferito in merito a tali accuse, e che l'avvocato Matthias Chang e il politico Khairuddin Abu Hassan sono stati arrestati in seguito alle loro indagini sulle predette accuse;

J.  considerando che, durante la visita in Malaysia del 5 e 6 agosto 2015, l'alto rappresentante ha espresso la sua preoccupazione per l'uso abusivo di leggi penali;

K.  considerando che, secondo l'ONU e le ONG, le forze di polizia malesi fanno sempre più spesso ricorso ad atti di tortura, ad arresti notturni, a ingiustificabili provvedimenti di custodia cautelare nonché ad azioni giudiziarie selettive;

L.  considerando che la Malaysia continua ad applicare la pena di morte e che attualmente fino a 1 000 prigionieri si trovano nel braccio della morte;

M.  considerando che la Malaysia fa parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e presiede attualmente l'ASEAN, e che il 27º vertice dell'ASEAN si è tenuto a Kuala Lumpur dal 18 al 22 novembre 2015;

1.  ribadisce il forte impegno dell'UE a favore del popolo malese, con il quale l'Unione ha legami politici, economici e culturali stretti e di lunga data;

2.  deplora il deterioramento della situazione dei diritti umani in Malaysia e, in particolare, la repressione nei confronti degli attivisti della società civile, degli esponenti del mondo accademico, dei media e degli attivisti politici; esprime preoccupazione per l'aumento esponenziale del numero di persone incriminate o arrestate ai sensi del Sedition Act;

3.  è particolarmente preoccupato per l'adozione del progetto di legge sul Consiglio di sicurezza nazionale e ne sollecita il ritiro; invita il governo a mantenere un giusto equilibrio tra la necessità di salvaguardare la sicurezza nazionale, da un lato, e l'imperativo di tutelare i diritti civili e politici, dall'altro;

4.  esorta il governo malese a rilasciare immediatamente tutti i prigionieri politici, tra cui l'ex leader dell'opposizione Anwar Ibrahim, a fornire loro un'adeguata assistenza medica e a ritirare le accuse di matrice politica, comprese quelle nei confronti del vignettista Zulkiflee Anwar Haque (Zunar), del blogger Khalid Ismath, del docente universitario Azmi Sharom, dei dissidenti politici Khairuddin Abu Hassan e Matthias Chang, nonché degli attivisti per i diritti umani Lena Hendry e Maria Chin Abdullah;

5.  esorta le autorità malesi ad abrogare il Sedition Act e ad allineare tutta la legislazione, compresi il Prevention of Terrorism Act, il Printing Presses and Publications Act, il Communications and Multimedia Act, il Peaceful Assembly Act ed altre pertinenti disposizioni del codice penale, alle norme internazionali in materia di libertà di espressione e di riunione e tutela dei diritti umani; invita le autorità malesi ad agevolare i raduni pacifici e a garantire la sicurezza di tutti i partecipanti e la loro libertà di espressione in tutto il paese;

6.  esorta l'istituzione di una commissione indipendente sulla condotta scorretta e le denunce riguardanti la polizia, come raccomandato dalla commissione di inchiesta sulla polizia del 2005, al fine di indagare sulle accuse di tortura e sui decessi avvenuti durante la detenzione;

7.  sottolinea l'importanza di condurre indagini indipendenti e trasparenti sulle accuse di corruzione e di garantire la completa collaborazione con gli inquirenti; esorta il governo della Malaysia a non esercitare pressioni sulla commissione malese anticorruzione e sui media del paese;

8.  deplora profondamente l'ascesa di gruppi supremazisti che contribuiscono a creare ulteriori tensioni etniche;

9.  incoraggia il governo malese ad avviare un dialogo con i partiti dell'opposizione e i soggetti interessati della società civile;

10.  invita il governo malese a ratificare le principali convenzioni internazionali sui diritti umani, tra cui l'ICCPR, il Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali (ICESCR), la CAT, la Convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale (ICERD), la convenzione 169 dell'OIL, lo Statuto di Roma della CPI nonché la convenzione del 1951 relativa allo status dei rifugiati e il relativo protocollo facoltativo;

11.  chiede al governo della Malaysia di estendere un invito permanente a tutte le procedure speciali delle Nazioni Unite, consentendo in tal modo ai relatori speciali di recarsi nel paese senza dover fare richiesta di ingresso;

12.  ribadisce la sua posizione secondo cui la pena di morte costituisce un trattamento crudele, disumano e degradante, e chiede alla Malaysia di introdurre una moratoria quale primo passo verso l'abolizione della pena capitale per qualsiasi reato e di commutare in ergastolo tutte le condanne a morte;

13.  invita l'Unione e i suoi Stati membri a coordinare le politiche nei confronti della Malaysia, in linea con il quadro strategico dell'UE sui diritti umani, al fine di incoraggiare le riforme sulle questioni citate, oggetto di preoccupazione, attraverso tutti i canali possibili, anche nell'ambito delle Nazioni Unite a cui la Malaysia partecipa come membro non permanente del Consiglio di sicurezza per il periodo 2015-2016;

14.  sollecita la delegazione dell'UE in Malaysia a intensificare gli sforzi per finanziare i progetti a favore della libertà di espressione e la riforma delle leggi repressive, nonché a impiegare tutti gli strumenti appropriati, tra cui lo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani, per tutelare i difensori dei diritti umani; esorta ad abrogare la legge contro la sodomia e invita il SEAE, in linea con gli orientamenti dell'UE per la tutela e la promozione dei diritti delle persone LGBTI, a intensificare il lavoro sui diritti delle persone LGBTI in Malaysia, oggetto di violenza e persecuzioni, e a mirare in particolare a decriminalizzare l'omosessualità e il transessualismo;

15.  ribadisce l'importanza del dialogo politico UE-ASEAN in materia di diritti umani, quale strumento efficace per lo scambio di buone prassi e la promozione di iniziative per rafforzare le capacità;

16.  invita la Commissione a garantire che le preoccupazioni in materia di diritti umani siano tenute in debita considerazione nel corso dei negoziati futuri su un accordo di libero scambio e un accordo di partenariato e di cooperazione UE-Malaysia;

17.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ai parlamenti e ai governi degli Stati membri, al parlamento e al governo della Malaysia, all'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani nonché ai governi dei paesi membri dell'ASEAN.

(1) Testi approvati, P7_TA(2014)0022.


Protocollo dell'accordo quadro globale di partenariato e cooperazione UE-Vietnam (per tener conto dell'adesione della Repubblica di Croazia all'Unione europea) ***
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Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 17 dicembre 2015 concernente il progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione europea e dei suoi Stati membri,di un protocollo dell'accordo quadro globale di partenariato e cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica socialista del Vietnam, dall'altra, per tener conto dell'adesione della Repubblica di Croazia all'Unione europea (13079/2014 – C8-0282/2014 – 2014/0222(NLE))
P8_TA(2015)0466A8-0340/2015

(Approvazione)

Il Parlamento europeo,

–  visto il progetto di decisione del Consiglio (13079/2014),

–  visto il progetto di protocollo dell'accordo quadro globale di partenariato e cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica socialista del Vietnam, dall'altra, per tener conto dell'adesione della Repubblica di Croazia all'Unione europea (13078/2014),

–  vista la richiesta di approvazione presentata dal Consiglio a norma degli articoli 207 e 209 e dell'articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, lettera a), del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (C8-0282/2014),

–  visti l'articolo 99, paragrafo 1, primo e terzo comma, e paragrafo 2, nonché l'articolo 108, paragrafo 7, del suo regolamento,

–  vista la raccomandazione della commissione per gli affari esteri (A8-0340/2015),

1.  dà la sua approvazione alla conclusione del protocollo;

2.  incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e alla Repubblica socialista del Vietnam.


Accordo quadro globale di partenariato e cooperazione UE-Vietnam (approvazione) ***
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Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 17 dicembre 2015 concernente il progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione, dell'accordo quadro globale di partenariato e cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica socialista del Vietnam, dall'altra (05432/2015 – C8-0062/2015 – 2013/0440(NLE))
P8_TA(2015)0467A8-0339/2015

(Approvazione)

Il Parlamento europeo,

–  visto il progetto di decisione del Consiglio (05432/2015),

–  visto il progetto di accordo quadro globale di partenariato e cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica socialista del Vietnam, dall'altra (18204/2010),

–  vista la richiesta di approvazione presentata dal Consiglio a norma degli articoli 207 e 209 e dell'articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, lettera a), del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (C8-0062/2015),

–  vista la sua risoluzione non legislativa del 17 dicembre 2015(1) sul progetto di decisione,

–  visti l'articolo 99, paragrafo 1, primo e terzo comma, e paragrafo 2, nonché l'articolo 108, paragrafo 7, del suo regolamento,

–  vista la raccomandazione della commissione per gli affari esteri (A8-0339/2015),

1.  dà la sua approvazione alla conclusione dell'accordo;

2.  incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e della Repubblica socialista del Vietnam.

(1) Testi approvati, P8_TA(2015)0468.


Accordo quadro globale di partenariato e cooperazione UE-Vietnam (risoluzione)
PDF 289kWORD 98k
Risoluzione non legislativa del Parlamento europeo del 17 dicembre 2015 sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell’Unione, dell’accordo quadro globale di partenariato e cooperazione tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica socialista del Vietnam, dall’altra (05432/2015 – C8-0062/2015 – 2013/0440(NLE)2015/2096(INI))
P8_TA(2015)0468A8-0342/2015

Il Parlamento europeo,

–  visto il progetto di decisione del Consiglio (05432/2015),

–  visto il progetto di accordo quadro globale di partenariato e cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica socialista del Vietnam, dall'altra (18204/2010),

–  vista la richiesta di approvazione presentata dal Consiglio a norma degli articoli 207 e 209 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in combinato disposto con l'articolo 218, paragrafo 6, lettera a), dello stesso trattato,

–  vista la sua risoluzione legislativa del 17 dicembre 2015(1) sul progetto di decisione,

–  viste le relazioni diplomatiche tra il Vietnam e l'UE (all'epoca le Comunità europee) che sono state allacciate il 22 ottobre 1990,

–  visto l'accordo quadro di cooperazione UE-Vietnam entrato in vigore il 1° giugno 1996(2),

–  visto l'annuncio da parte della Commissione, il 4 agosto 2015, del raggiungimento di un'intesa tra l'UE e il Vietnam per un accordo di libero scambio (ALS) globale, in corso di negoziazione dal 26 giugno 2012,

–  visto il progetto di raccomandazione del Mediatore europeo Emily O'Reilly, del 26 marzo 2015, che invita la Commissione a procedere, senza ulteriori indugi, ad una valutazione d'impatto in materia di diritti umani nel contesto del previsto ALS con il Vietnam,

–  visto il programma indicativo pluriennale dell'Unione europea per il Vietnam 2014-2020,

–  visti il dialogo UE-Vietnam sui diritti umani che è stato avviato nel 2003 e la quarta tornata del dialogo rafforzato UE-Vietnam sui diritti umani svoltasi a Bruxelles il 19 gennaio 2015,

–  visti i negoziati per un accordo di partenariato volontario con il Vietnam in relazione al piano d'azione per l'applicazione delle normative, la governance e il commercio nel settore forestale (FLEGT), avviati nel novembre 2010,

–  visti il regolamento (CEE) n. 1440/80 del Consiglio, del 30 maggio 1980, relativo alla conclusione dell'accordo di cooperazione tra la Comunità economica europea e l'Indonesia, la Malaysia, le Filippine, Singapore e la Tailandia, Stati membri dell'Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico(3), e il protocollo che estende l'accordo di cooperazione tra la Comunità europea e i paesi membri dell'ASEAN alla Repubblica socialista del Vietnam, firmato il 14 febbraio 1997(4),

–  vista la comunicazione congiunta al Parlamento e al Consiglio del 18 maggio 2015 intitolata "UE e ASEAN: un partenariato con obiettivi strategici",

–  visto il 10° vertice dell'ASEM tenutosi a Milano il 16-17 ottobre 2014, e in vista del prossimo vertice che si terrà a Ulan-Bator, in Mongolia, nel 2016,

–  vista la visita in Vietnam dell'ottobre 2013 della delegazione del Parlamento per le relazioni con il Sud-Est asiatico ,

–  vista la riunione interparlamentare PE-Vietnam tenutasi ad Hanoi il 30 ottobre 2013,

–  vista la visita in Vietnam del Presidente della Commissione José Manuel Barroso nell'agosto 2014,

–  vista la visita del Primo ministro vietnamita Nguyen Tan Dung nell'Unione europea nell'ottobre 2014,

–  vista la 22a riunione del comitato misto di cooperazione UE-ASEAN tenutasi a Giacarta il 5 febbraio 2015,

–  viste le proprie recenti risoluzioni sul Vietnam, in particolare quelle del 12 luglio 2007 sui diritti umani in Vietnam(5), del 22 ottobre 2008 sulla democrazia, i diritti umani e il nuovo Accordo di partenariato e cooperazione UE-Vietnam(6), del 26 novembre 2009 sulla situazione in Laos e in Vietnam(7), del 18 aprile 2013 sul Vietnam, in particolare la libertà di espressione(8), del 15 gennaio 2014 sulla futuro delle relazioni UE-ASEAN(9) e del 17 aprile 2014 sulla situazione dell'accordo di libero scambio UE-Vietnam(10),

–  vista la propria risoluzione dell'11 dicembre 2012 su una strategia di libertà digitale nella politica estera dell'UE(11),

–  vista la propria risoluzione del 13 giugno 2013 sulla libertà della stampa e dei media nel mondo(12),

–  visti gli orientamenti dell'UE in materia di diritti umani per la libertà di espressione online e offline, adottati nel corso del Consiglio Affari esteri dell'UE il 12 maggio 2014,

–  vista la propria risoluzione dell'8 settembre 2015 su "Diritti umani e tecnologia: impatto dei sistemi di sorveglianza e di individuazione delle intrusioni sui diritti umani nei paesi terzi"(13),

–  vista l'adesione del Vietnam, quale membro a pieno titolo, all'Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico (ASEAN), avvenuta il 28 luglio 1995,

–  vista la qualità del Vietnam di membro fondatore della Commissione del fiume Mekong, costituitasi il 5 aprile 1995 per rafforzare la cooperazione per lo sviluppo sostenibile del bacino del fiume Mekong,

–  visto il 26° vertice dell’Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico (ASEAN), tenutosi a Kuala Lumpur e a Langkawi, in Malaysia, il 26-28 aprile 2015,

–  visto il 14° Asia Security Summit (IISS Shangri-La Dialogue), tenutosi a Singapore il 29-31 maggio 2015,

–  visto lo Hanoi Core Statement (HCS), strategia nazionale del Vietnam per l'attuazione della Dichiarazione di Parigi sull'efficienza degli aiuti,

–  viste la relazione sul Vietnam del 9 ottobre 2009 del gruppo di lavoro per la Revisione periodica universale (RPU), nonché le raccomandazioni della seconda relazione RPU sul Vietnam in occasione della 26a sessione del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite del 20 giugno 2014, e la qualità del Vietnam di membro del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite per il periodo 2014-2016,

–  vista la recente ratifica da parte del Vietnam della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti e della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, nonché la tanto attesa visita del Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di religione o di credo nel luglio 2014,

–  vista la commemorazione avvenuta quest'anno della fine della guerra del Vietnam (40° anniversario),

–  visto l'articolo 99, paragrafo 1, secondo comma, del proprio regolamento,

–  vista la relazione della commissione per gli affari esteri (A8-0342/2015),

A.  considerando che nel 2015 ricorre il 25° anniversario dell'avvio delle relazioni UE-Vietnam; che tali relazioni si sono rapidamente allargate dal commercio e dagli aiuti ad un rapporto più globale;

B.  considerando che l'accordo globale di partenariato e di cooperazione mira a stabilire un partenariato moderno, con un'ampia base e reciprocamente vantaggioso, sulla base di interessi e principi condivisi come l'uguaglianza, il rispetto reciproco, lo Stato di diritto e i diritti umani;

C.  considerando che l'UE è il più grande mercato di esportazione del Vietnam; che l'UE insieme ai suoi Stati membri è il maggior fornitore di APS (aiuto pubblico allo sviluppo) al Vietnam e che gli stanziamenti del bilancio dell'UE a ciò destinati aumenteranno del 30% nel periodo 2014-2020, portandosi a 400 milioni di euro;

D.  considerando che le autorità vietnamite hanno annunciato l'abolizione dei divieti di investimenti esteri diretti in 45 settori e hanno adottato misure per rendere meno onerosa la regolamentazione delle attività economiche nel paese al fine di sostenere gli investimenti esteri;

E.  considerando che negli ultimi decenni il Vietnam ha sistematicamente adottato un approccio marcatamente pro-europeo e si è impegnato attivamente con l'UE come paese ASEAN coordinatore per le relazioni del dialogo ASEAN-UE dal 2012-2015 e come paese ospitante della 132a Assemblea dell'Unione interparlamentare (UIP), tenutasi ad Hanoi dal 28 marzo al 1° aprile 2015; che la sua opera di coordinamento è stata caratterizzata da un significativo aumento del numero e del livello degli incontri tra l'UE e l'ASEAN; che il Vietnam ha aderito al progetto della Banca asiatica per gli investimenti infrastrutturali (AIIB) sotto la guida di Pechino;

F.  considerando che le relazioni UE-ASEAN sono globali e comprendono una vasta gamma di settori, tra cui il commercio e gli investimenti, lo sviluppo, l'economia e gli affari politici; che il piano d'azione di Bandar Seri Begawan del 2012 è stato adottato per prestare un'attenzione più strategica alla cooperazione regionale tra l'UE e l'ASEAN in questi settori;

G.  considerando che l'accordo sul Partenariato Trans-Pacifico (TPP, Trans-Pacific Partnership) fra dodici paesi che si affacciano sul Pacifico, tra cui il Vietnam, è stato finalizzato il 5 ottobre 2015, creando un nuovo blocco commerciale che corrisponde al 36% del PIL mondiale e che potrebbe avere effetti di vasta portata sul commercio mondiale;

H.  considerando che il Vietnam ha riportato un grande risultato nel realizzare, negli ultimi due decenni, gli Obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM), riduzione della povertà, sviluppo economico, sicurezza sociale, occupazione, istruzione e sanità;

I.  considerando che l'impatto della politica del "doi moi" (rinnovamento) e le iniziative volte a instaurare un'economia di mercato hanno determinato anche un aumento del divario di povertà; che sono aumentate le proteste per le terre e i beni confiscati dal governo; che comunque la recessione mondiale ha danneggiato le esportazioni vietnamite, e che nel 2014 il PIL è cresciuto a uno dei tassi più bassi registrati dalla fine della crisi economica asiatica; che il Vietnam si trova ad affrontare il problema di una forza lavoro che ogni anno registra più di un milione di nuove unità;

J.  considerando che l'articolo 1, paragrafo 1, dell'accordo globale di partenariato e cooperazione ribadisce l'adesione ai principi generali del diritto internazionale e afferma che il "rispetto dei principi democratici e dei diritti umani" costituisce un elemento essenziale dell'accordo, ispirando le politiche interne ed estere di entrambe le parti; che si verificano ancora casi di attivisti per i diritti umani arrestati in circostanze poco trasparenti, e che il prossimo Congresso del Partito comunista vietnamita, in programma a gennaio 2016, sarà il vero banco di prova per misurare il concreto rispetto dei princìpi democratici in Vietnam;

K.  considerando che le restrizioni imposte in Vietnam alla libertà di espressione, sia online che offline, alla libertà di stampa e dei media, all'accesso all'informazione, alla libertà di riunione e di associazione nonché alla libertà di religione, quali riportate dal Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di religione o di credo, rimangono una seria fonte di preoccupazione;

L.  considerando che il Vietnam è un partner prezioso per l'Unione europea nei negoziati sul cambiamento climatico e si è impegnato a ridurre le emissioni dell'8-10% rispetto al 2010 e a ridurre il rapporto consumo energetico/PIL dell'1-1,5% all'anno nel periodo che precede la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici in programma a Parigi nel novembre 2015;

M.  considerando che numerosi cittadini europei sono di origine vietnamita per via di legami storici e che la Repubblica ceca ha riconosciuto come minoranza etnica i suoi cittadini di origine vietnamita;

N.  considerando che di recente si è registrato un acuirsi delle tensioni tra la Cina e i paesi vicini del Mar Cinese Meridionale, tra cui il Vietnam, in conseguenza di azioni unilaterali, non in linea con il diritto internazionale, compiute in aree contestate di tale Mare; che l'inasprirsi delle dispute territoriali nella regione ha implicazioni per le vicende mondiali e rappresenta una grave minaccia per la pace, la sicurezza, la stabilità e il commercio internazionale; che la composizione di tali tensioni costituisce un interesse strategico primario per l'UE, ai fini del mantenimento della sicurezza globale nonché della garanzia della stabilità di importanti rotte marittime nel Mar Cinese Meridionale, vitali per il commercio dell'UE; che il Vietnam appoggia ufficialmente la domanda di arbitrato presentata delle Filippine alla Corte permanente di arbitrato dell'Aia il 16 marzo 2015 in base alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS);

O.  che il Vietnam ha intensificato contemporaneamente la cooperazione strategica, di sicurezza ed energetica con i suoi vicini asiatici e sta rafforzando i suoi legami bilaterali con attori chiave della scena internazionale, come gli Stati Uniti e la Russia, date le rinascenti tensioni nel Mar Cinese Meridionale;

P.  considerando che il Vietnam è tuttora fortemente contaminato dai residui di esplosivi della guerra del Vietnam e che la popolazione e l'ambiente subiscono ancora gli effetti dei circa 20 milioni di galloni di Agente Arancio (diossina) che furono irrorati;

1.  accoglie con favore la conclusione dell'accordo globale di partenariato e cooperazione con il Vietnam sottolineando la grande importanza strategica del Vietnam come partner essenziale dell'UE nel Sud-Est asiatico e nell'ASEAN; sottolinea che l'accordo definisce le relazioni future in un ampio spettro di materie, al fine di rafforzare ulteriormente la cooperazione di fronte a sfide globali e regionali come la buona governance e la lotta alla corruzione, un progresso economico e sociale che tenga conto del principio dello sviluppo sostenibile, il disarmo e le armi di distruzione di massa, la lotta al terrorismo; invita i governi e i parlamenti degli Stati membri ad accelerare il processo di ratifica per garantire che l'accordo possa entrare in vigore;

2.  auspica che l'UE e il Vietnam traggano entrambi un beneficio economico dalla ratifica dell'accordo globale di partenariato e cooperazione; mette in evidenza l'impatto che un futuro accordo in materia di scambi e investimenti potrà avere sulla creazione di occupazione e la riduzione della povertà; plaude alle riforme economiche e finanziarie avviate dalle autorità vietnamite per favorire l'ulteriore integrazione del Vietnam nell'economia mondiale e invita il Vietnam a portarle avanti; invita il governo vietnamita e l'UE a continuare nelle sedi multilaterali la cooperazione in campo economico e commerciale e nel settore delle nuove tecnologie; si rallegra del quasi raddoppio del PIL vietnamita pro capite dal 2010 ad oggi;

3.  sottolinea l'importanza degli accordi globali di partenariato e cooperazione nelle relazioni UE-ASEAN; ritiene che la cooperazione UE-ASEAN potrebbe essere rafforzata in vari settori quali lo sviluppo del settore finanziario, la trasparenza e il coordinamento delle politiche macroeconomiche;

4.  invita gli Stati membri dell'UE, nello sforzo di raggiungere la coerenza delle politiche, ad allineare quanto più possibile gli obiettivi individuali della loro rispettiva cooperazione allo sviluppo agli obiettivi specificati nell'accordo globale di partenariato e cooperazione;

5.  valuta positivamente l'attuazione anticipata dell'accordo globale di partenariato e cooperazione, mentre il processo di ratifica è in corso, nei settori del commercio, dei diritti umani, delle migrazioni, della sicurezza regionale, dell'energia, della scienza e della tecnologia;

6.  sottolinea l'importanza di stabilire parametri di riferimento chiari e scadenze vincolanti per l'attuazione dell'accordo globale di partenariato e cooperazione;

7.  valuta positivamente gli articoli dell'accordo globale di partenariato e cooperazione relativi all'impegno comune e alla cooperazione in materia di diritti umani; esprime l'auspicio che l'accordo reciproco sul rispetto dei principi democratici e dei diritti umani favorirà ulteriormente il dialogo da tempo avviato con il governo vietnamita sulla promozione, in particolare, della libertà di espressione, di riunione, di associazione e di religione sancita dalla stessa Costituzione vietnamita all'articolo 69 e dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo agli articoli 9, 10 ed 11;

8.  mette in risalto il potenziale di creazione di possibilità, di creatività e di catalizzazione che l'Internet aperta e le TIC possiedono per la costruzione di comunità, per la società civile e per lo sviluppo economico, sociale, scientifico, culturale e politico globale; sottolinea pertanto l'importanza di un accesso illimitato a un'Internet libera e aperta, sia da un punto di vista economico e sociale che dei diritti umani;

9.  accoglie con favore la decisione delle autorità vietnamite di abolire il regime dei visti per i cittadini di cinque paesi europei e ritiene che questa decisione stimolerà una maggiore cooperazione nel settore del turismo;

10.  accoglie con favore l'annuncio del Primo ministro vietnamita di un piano generale per l'attuazione delle raccomandazioni formulate nella Revisione periodica universale (RPU) dell'UNHCR, così come la strategia di riforma giudiziaria che dovrebbe concludersi entro il 2020;

11.  accoglie con favore l'aumento del bilancio dell'APS dell'UE destinato al Vietnam, pari a EUR 400 milioni nel periodo 2014-2020; esorta la Commissione ad investire nell'aumento della visibilità delle attività dell'UE in Vietnam e del sostegno al paese per massimizzare il potenziale strategico di queste risorse;

12.  incoraggia l'UE a continuare a sostenere lo sviluppo della capacità del Vietnam nel promuovere il rispetto per la buona governance e lo Stato di diritto e si compiace dell'importanza che la cooperazione dell'UE attribuisce, tra l'altro, alle riforme della pubblica amministrazione, anche per quanto riguarda l'imposizione fiscale, che è fondamentale per garantire la massimizzazione della capacità di generazione di reddito interno e per lottare contro l'evasione fiscale e la corruzione, nonché alla scienza e alla tecnologia, ai trasporti e alla pianificazione e allo sviluppo urbani e regionali;

13.  invita il Parlamento e la Commissione a valutare, in stretta concertazione, eventuali violazioni dei diritti umani al fine di garantire un adeguato controllo democratico dell'applicazione dell'accordo globale di partenariato e cooperazione; chiede alla Commissione di provvedere alla contestuale, tempestiva e appropriata trasmissione dei documenti pertinenti al Parlamento;

14.  accoglie con favore la conclusione dei negoziati sull'ALS; è fermamente convinto che l'accordo globale di partenariato e cooperazione e l'ALS tra l'UE e il Vietnam debbano contribuire al rafforzamento dei diritti umani in Vietnam;

15.  plaude all'inserimento, nel futuro ALS, di un capitolo sul commercio e lo sviluppo sostenibile, degli impegni assunti relativamente alle norme fondamentali del lavoro e alle convenzioni dell'OIL, del rispetto di entrambe le parti per i diritti fondamentali dei lavoratori, degli impegni che sosterranno la conservazione e la gestione sostenibile delle risorse naturali con particolare attenzione alla responsabilità sociale delle imprese e ai regimi commerciali equi ed etici;

16.  invita il Vicepresidente/Alto rappresentante a non deludere le aspettative sollevate dal nuovo accordo e a garantire che le politiche dell'UE e dei suoi Stati membri adottate nel contesto dell'attuazione dell'APC e del futuro ALS con il Vietnam contribuiscano a far avanzare il rispetto dei diritti umani, dello Stato di diritto e della buona governance; chiede lo sviluppo delle capacità per migliorare la composizione delle controversie da parte di cittadini e comunità interessati nel contesto dell'articolo 35 dell'accordo globale di partenariato e cooperazione; invita il governo vietnamita a rafforzare il coinvolgimento della società civile attraverso la partecipazione delle associazioni e delle ONG allo sviluppo politico, economico e sociale del Paese;

17.  invita il governo vietnamita a fare progressi concreti in merito all'attuazione delle raccomandazioni della RPU dell'UNHCR, a partire dalla creazione di una istituzione nazionale indipendente per i diritti umani; esorta la Commissione a fornire al Vietnam il sostegno necessario per lo sviluppo delle capacità; si compiace del finanziamento fornito dall'UE tramite lo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani ed esorta a proseguire tali iniziative al fine di sostenere gli sforzi del governo;

18.  invita il 12° Congresso del Partito comunista vietnamita, in vista delle elezioni del 2016, a consentire una maggiore partecipazione dei cittadini al funzionamento democratico dello Stato, in particolare permettendo la creazione di partiti di opposizione, movimenti della società civile e ONG;

19.  deplora il fatto che oltre 500 detenuti, secondo le stime, si trovino nel braccio della morte; chiede al governo vietnamita di istituire una moratoria immediata sulle esecuzioni e di adottare le disposizioni legislative del caso per abolire la pena capitale, plaudendo alle aperture del sistema ma altresì rammaricandosi per la detenzione degli attivisti dei diritti umani; valuta positivamente, a questo proposito, la disponibilità del governo a ridurre il numero dei reati punibili con la morte, e invita il governo a far sapere in modo trasparente se abbiano ancora luogo delle esecuzioni e, nell'affermativa, sulla base di quali imputazioni;

20.  ricorda l'importanza del dialogo UE-Vietnam sui diritti umani, quale strumento chiave da utilizzare in modo efficiente e pragmatico per accompagnare e incoraggiare il Vietnam nell'attuazione delle riforme necessarie;

21.  esorta a procedere alla ratifica dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale;

22.  prende atto che l'industria tessile e dell'abbigliamento, che impiega oltre due milioni di lavoratori, è il maggior settore di esportazione del Vietnam, ed è preoccupato per la mancanza di meccanismi a disposizione dei lavoratori per la difesa dei loro diritti; mette in rilievo il segnale positivo che verrebbe trasmesso se le autorità vietnamite procedessero alla ratifica della Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) n. 87 concernente la libertà sindacale e la protezione del diritto sindacale, e della Convenzione n. 98 concernente l'applicazione dei principi del diritto di organizzazione e di negoziazione collettiva;

23.  invita le autorità ad astenersi dalla repressione dell'esercizio pacifico del diritto alla libertà di espressione, di riunione e di associazione; sollecita, a tale riguardo, la revisione del codice penale, in particolare gli articoli 79, 87, 88 e 258; prende atto dell'amnistia recentemente concessa a oltre 18 000 detenuti e si rammarica che ne siano stati esclusi i prigionieri politici; resta preoccupato per i circa 60 prigionieri di coscienza, tra cui difensori dei diritti umani, giornalisti, blogger, nonché attivisti che si battono per la difesa del diritto alla terra, dei lavoratori o dell'ambiente, detenuti nelle carceri vietnamite e condannati con processi sommari a vario titolo, per reati riguardanti soprattutto la libertà di espressione e crimini contro lo Stato, e ne chiede il rilascio; incoraggia le riforme del sistema di giustizia penale, in particolare del codice di procedura penale, comprese le clausole che criminalizzano attività pacifiche adducendo motivi di sicurezza nazionale; esorta le autorità a istituire un sistema di giustizia penale indipendente;

24.  chiede che sia rispettata la libertà di religione e che si ponga termine alla discriminazione e alla repressione delle minoranze etniche e religiose, praticate fra l'altro mediante vessazioni, sorveglianza, intimidazioni, detenzione, arresti domiciliari, aggressioni fisiche e divieti di viaggio a danno di cristiani, buddisti, Hoa Hao e Cao Dai, e chiede in particolare che cessi la persecuzione delle comunità religiose come la Chiesa buddista unificata del Vietnam, i cristiani Montagnard e i buddisti Khmer Krom; sollecita l'attuazione delle riforme per migliorare le condizioni socioeconomiche delle minoranze etniche e religiose; chiede la revisione della legislazione che regolamenta la registrazione dei gruppi religiosi; ricorda il tragico destino del Venerabile Thich Quang Do, un dissidente buddista di 87 anni rimasto da più di trent'anni agli arresti domiciliari nel suo tempio senza un'accusa definita, e ne chiede la liberazione;

25.  chiede una riforma urgente del sistema giudiziario al fine di garantire gli standard internazionali sul giusto processo, ai sensi dell'articolo 10 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo;

26.  esprime preoccupazione per il fatto che il Vietnam costituisce uno dei principali paesi d'origine delle vittime della tratta di esseri umani, e per le notizie circa l'ingente numero di minori, in particolare maschi, che non sono tutelati dalla legge contro gli abusi sessuali e che diventano vittime della prostituzione minorile, della tratta o di maltrattamenti; esorta il Vietnam a mettere a punto una legislazione forte ed efficace per la tutela dell'infanzia che protegga tutti i minori, qualunque sia il loro genere; invita la Commissione a fornire sostegno al Vietnam nel rafforzamento delle sue capacità nel campo delle politiche migratorie e della lotta contro la tratta di esseri umani e la criminalità organizzata, anche nel contesto delle sue politiche del lavoro e delle migrazioni; è parimenti preoccupato per le notizie circa lo sfruttamento delle vittime vietnamite della tratta di esseri umani, anche minorenni, negli Stati membri; sollecita la Commissione a garantire con urgenza la piena attuazione delle principali disposizioni di protezione enunciate nella strategia dell'UE per l'eradicazione della tratta degli esseri umani; incoraggia il governo vietnamita e la Commissione a prendere in considerazione la creazione, nel quadro dell'accordo globale di partenariato e cooperazione, di una sottocommissione o di un gruppo di lavoro specializzato per il problema della tratta di esseri umani;

27.  pone l'accento sulle sfide socioeconomiche che il Vietnam sta affrontando con la sua giovane popolazione e la crescente migrazione interna verso le città;

28.  accoglie con favore l'adozione della legge fondiaria modificata del 2013 ma resta seriamente preoccupato per le violazioni dei diritti di proprietà, gli sgomberi forzati e la confisca delle terre ad opera dello Stato per progetti di sviluppo che comportano l'espropriazione di centinaia di migliaia di agricoltori; rivolge un appello al governo affinché metta fine alla sottrazione dei terreni e istituisca adeguati meccanismi di ricorso;

29.  accoglie con favore gli ampi impegni giuridici assunti dalle autorità vietnamite al fine di promuovere la parità di genere e lottare contro le discriminazioni, ma esprime preoccupazione per il fatto che la violenza domestica, il traffico di donne e minori, il crescente problema dell'HIV/AIDS tra le donne, le violazioni dei diritti sessuali e riproduttivi rimangono gravi problemi; esorta il governo vietnamita a proseguire la riforma del suo registro di stato civile e a porre fine alle pratiche discriminatorie dovute talvolta alle peculiarità dello "Hộ khẩu" (registro familiare), che impedisce a molte famiglie, e in particolare ai bambini, di essere registrati e quindi di avere accesso all'istruzione e ai servizi sociali;

30.  elogia il Vietnam per il ruolo di primo piano che svolge in Asia in relazione allo sviluppo dei diritti LGBTI, in particolare la legge recentemente approvata sul matrimonio e la famiglia, che consente la celebrazione di matrimoni omosessuali;

31.  condivide la preoccupazione del governo vietnamita in relazione al fatto che la corruzione rappresenta una delle principali sfide per il paese; chiede un esame più approfondito della situazione riguardante i cittadini che, avendo denunciato la corruzione, sono presi di mira dalle autorità; esorta le autorità vietnamite a indagare a fondo sugli abusi commessi contro giornalisti, blogger e dipendenti che segnalano illeciti (whistle-blowers); si rammarica inoltre del ricorso improprio, da parte del governo vietnamita, all'articolo 258 del Codice penale che punisce "l'abuso delle libertà democratiche" – che può costare fino a sette anni di detenzione; constata che solo pochissimi casi sono stati perseguiti con successo malgrado la legge anticorruzione, e fa appello al governo affinché ne rafforzi l'applicazione;

32.  invita le autorità vietnamite a mettere in atto maggiori sforzi contro la corruzione in modo da inviare un segnale positivo agli investitori stranieri; osserva che la debolezza dell'infrastruttura giuridica e il sistema della corruzione determinano un'imprevedibilità finanziaria e costituiscono un serio ostacolo per gli investimenti e le attività imprenditoriali;

33.  esprime profonda preoccupazione per il danno ambientale in Vietnam, in particolare l'inquinamento, la deforestazione e le attività estrattive non sostenibili che distruggono intere regioni e corsi d'acqua e sconvolgono il modo di vivere delle comunità locali, come pure per le attività delle imprese vietnamite all'estero che contribuiscono al degrado dell'ambiente e alla sottrazione di terreni;

34.  esorta il governo vietnamita ad introdurre misure per garantire l'efficace applicazione della legislazione per proteggere l'ambiente e la biodiversità soprattutto dagli effetti negativi della deforestazione e dell'estrazione di materie prime, fissando in ciascuno dei suddetti settori obiettivi chiari, scadenzati e definiti in termini di risultati; invita la Commissione a fornire il sostegno necessario per lo sviluppo delle capacità destinate a tale scopo;

35.  sottolinea la necessità che la commissione del fiume Mekong (Mekong River Commission) effettui consultazioni preliminari approfondite e svolga esaurienti valutazioni dell'impatto sull'ambiente, sulla pesca e sui mezzi di sussistenza, nonché dell'impatto transfrontaliero, dei progetti di sviluppo dell'energia idroelettrica nel corso principale del fiume Mekong;

36.  prende atto che il ministero delle Risorse naturali e dell'Ambiente ha adottato una strategia di adattamento ai cambiamenti climatici; sottolinea che il paese si è impegnato nello sviluppo della biomassa e dell'energia solare e accoglie con favore la forte attenzione che il pacchetto di aiuti dell'Unione europea (2014-2020) dedica allo sviluppo energetico sostenibile;

37.  invita la Commissione e gli Stati membri, in considerazione dell'eredità che la guerra del Vietnam ha lasciato in materia di salute e ambiente, a vagliare l'opportunità di creare un fondo a sostegno delle vittime e dei reduci di guerra, nonché ad intensificare le azioni, con l'invio di missioni specializzate, per una decontaminazione dalle sostanze nocive e lo sminamento dei territori, dato che tali sostanze e le mine continuano a provocare vittime anche a distanza di ormai 40 anni dalla fine del conflitto;

38.  invita il governo a riconsiderare la sua decisione di costruire e gestire la prima centrale nucleare del Vietnam, a Ninh;

39.  si rallegra che il Vietnam abbia adottato misure specifiche per sviluppare le conoscenze e la ricerca nel campo della scienza e della tecnologia, per ovviare alle carenze dell'istruzione superiore, per attirare vietnamiti che si trovano all'estero e per cooperare con istituzioni accademiche europee e statunitensi al fine di agevolare tale processo;

40.  invita la Cina ed i paesi limitrofi interessati, tra cui il Vietnam, ad intensificare gli sforzi per allentare la tensione nella zona contesa nel Mar Cinese meridionale; ritiene che la situazione rischi di compromettere importanti interessi dell'UE nella regione, anche in termini di sicurezza globale e di mantenimento della stabilità di rotte marittime di primaria importanza, vitali per il commercio dell'UE; evidenzia la necessità di trattare le controversie in modo pacifico, attraverso il rafforzamento della fiducia, discussioni bilaterali e regionali e sulla base del diritto internazionale, compreso il diritto del mare e la mediazione di organismi internazionali imparziali come l'UNCLOS: ricorda l'importanza di costruire soluzioni cooperative che includano tutte le parti; invita la Commissione e il Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante a monitorare attivamente la situazione e a patrocinare una soluzione della controversia in conformità del diritto internazionale; valuta positivamente la dichiarazione congiunta dell'aprile 2015 con cui i leader cinesi e vietnamiti s'impegnano per una soluzione pacifica delle controversie relative alle isole;

41.  plaude al ruolo svolto dall'ASEAN per la gestione pacifica delle controversie, in particolare cercando di introdurre un codice di condotta regionale;

42.  chiede un rafforzamento della cooperazione parlamentare e del ruolo svolto dal Parlamento e dalle riunioni interparlamentari ai fini del monitoraggio dell'attuazione dell'accordo globale di partenariato e cooperazione;

43.  vede nell'accordo globale di partenariato e cooperazione con il Vietnam un'opportunità per l'UE di rafforzare il proprio posizionamento in Asia e di avere un ruolo maggiore nella regione; sottolinea che tale accordo offre inoltre all'UE l'occasione per promuovere i suoi obiettivi di pace, lo Stato di diritto, la democrazia e i diritti umani, la sicurezza marittima e la condivisione delle risorse;

44.  sottolinea che, ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 10, TFUE, il Parlamento deve essere immediatamente e pienamente informato in tutte le fasi della procedura relativa all'accordo globale di partenariato e di cooperazione; insiste sul fatto che tale meccanismo dovrebbe prevedere la fornitura per iscritto di esaurienti informazioni al Parlamento sugli obiettivi perseguiti dalle azioni e posizioni dell'UE, in particolare sull'evoluzione della situazione in materia di diritti umani, libertà d'espressione e Stato di diritto nel paese; evidenzia, inoltre, il ruolo fondamentale svolto dai punti di contatto delle delegazioni dell'UE nel monitoraggio dei diritti umani nel paese;

45.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al Servizio europeo per l'azione esterna, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e al governo e all’Assemblea nazionale del Vietnam.

(1) Testi approvati, P8_TA-PROV(2015)0467.
(2) GU L 136 del 7.6.1996, pag. 28.
(3) GU L 144 del 10.6.1980, pag. 1.
(4) GU L 117 del 5.5.1999, pag. 31.
(5) GU C 175 E del 10.7.2008, pag. 615.
(6) GU C 15 E del 21.1.2010, pag. 58.
(7) GU C 285 E del 21.10.2010, pag. 76.
(8) Testi approvati, P7_TA(2013)0189.
(9) Testi approvati, P7_TA(2014)0022.
(10) Testi approvati, P7_TA(2014)0458.
(11) Testi approvati, P7_TA(2012)0470.
(12) Testi approvati, P7_TA(2013)0274.
(13) Testi approvati, P8_TA(2015)0288.


Completare l'unione economica e monetaria dell'Europa
PDF 161kWORD 66k
Risoluzione del Parlamento europeo del 17 dicembre 2015 sul completamento dell'Unione economica e monetaria dell'Europa (2015/2936(RSP))
P8_TA(2015)0469B8-1347/2015

Il Parlamento europeo,

–  visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,

–  vista la comunicazione della Commissione, del 21 ottobre 2015, sulle tappe verso il completamento dell'Unione economica e monetaria (COM(2015)0600),

–  vista la decisione della Commissione, del 21 ottobre 2015, che istituisce un Comitato consultivo indipendente europeo per le finanze pubbliche (C(2015)8000),

–  vista la raccomandazione della Commissione, del 21 ottobre 2015, relativa a una raccomandazione del Consiglio sull'istituzione di comitati nazionali per la competitività nella zona euro (COM(2015)0601),

–  vista la comunicazione della Commissione, del 21 ottobre 2015, su una tabella di marcia verso una rappresentanza esterna più coerente della zona euro nei consessi internazionali (COM(2015)0602),

–  vista la proposta della Commissione, del 21 ottobre 2015, relativa ad una proposta di decisione del Consiglio che stabilisce talune misure volte alla progressiva introduzione di una rappresentanza unificata della zona euro nel Fondo monetario internazionale (COM(2015)0603),

–  vista la relazione dal titolo "Completare l'Unione economica e monetaria dell'Europa" ("relazione dei cinque presidenti"),

–  vista la sua risoluzione del 24 giugno 2015 sulla verifica del quadro di governance economica: bilancio e sfide(1),

–  visti i regolamenti (UE) n. 1173/2011(2), (UE) n. 1174/2011(3), (UE) n. 1175/2011(4), (UE) n. 1176/2011(5) e (UE) n. 1177/2011(6), la direttiva 2011/85/UE (7), e i regolamenti (UE) n. 472/2013(8) e (UE) n. 473/2013(9) (il "six-pack" e il "two-pack"),

–  vista la direttiva 2014/49/UE relativa ai sistemi di garanzia dei depositi(10),

–  vista l'interrogazione alla Commissione sul completamento dell'Unione economica e monetaria (O-000152/2015 – B8-1113/2015),

–  visti l'articolo 128, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 2, del regolamento,

A.  considerando che la relazione dei cinque presidenti dal titolo "Completare l'Unione economica e monetaria dell'Europa" stabilisce proposte per il completamento dell'Unione economica e monetaria dell'Europa;

B.  considerando che la sua risoluzione sulla "verifica del quadro di governance economica: bilancio e sfide" ha sottolineato l'esigenza di ambizioni e rapidi progressi nel rafforzamento della zona euro;

C.  considerando che la Commissione, nel quadro della fase 1 della tabella di marcia contenuta nella relazione dei cinque presidenti, ha pubblicato il 21 ottobre 2015 un pacchetto contenente le fasi verso il completamento dell'Unione economica e monetaria (UEM), composto di due comunicazioni, una raccomandazione relativa ad una raccomandazione del Consiglio e una proposta di decisione del Consiglio e di decisione della Commissione;

Valutazione generale

1.  prende atto delle proposte avanzate dalla Commissione per rafforzare l'UEM e, pur riconoscendo che sono stati compiuti alcuni passi nella giusta direzione, osserva che saranno necessari ulteriori sforzi per affrontare le attuali carenze del quadro istituzionale della zona euro;

2.  insiste, come affermato nella sua risoluzione sulla "verifica del quadro di governance economica: bilancio e sfide", sull'attuazione delle disposizioni del six-pack e del two-pack, sottolineando comunque che gli attuali trattati e strumenti consentirebbero di adottare alcuni dei necessari passi supplementari verso il completamento dell'UEM;

3.  deplora che il pacchetto pubblicato dalla Commissione non lasci abbastanza spazio per il controllo parlamentare e il dibattito a livello europeo che sono necessari per garantire la responsabilità democratica delle decisioni adottate nel quadro dell'UEM e, di conseguenza, per garantire la titolarità dei cittadini in merito alla governance della zona euro;

4.  invita la Commissione, come previsto dalla relazione dei cinque presidenti, a consultare il Parlamento a tempo debito nel quadro della preparazione del Libro bianco sul passaggio tra la fase 1 e la fase 2 delle riforme dell'UEM;

Semestre europeo

5.  esorta la Commissione ad avviare negoziati su un accordo interistituzionale (AII) in materia di governance economica europea, che comprenda il Semestre europeo e il controllo dell'attuazione del programma di adeguamento macroeconomico con il Parlamento, il Consiglio e l'Eurogruppo, come previsto nella relazione dei cinque presidenti; insiste affinché questo AII garantisca, nel quadro dei trattati, che la struttura del Semestre europeo preveda un idoneo e periodico controllo parlamentare del processo, soprattutto per quanto riguarda le raccomandazioni relative alla zona euro;

Comitato europeo per le finanze pubbliche e comitati nazionali per la competitività

6.  deplora che la Commissione abbia scelto di non ricorrere alla procedura legislativa ordinaria per le decisioni riguardanti i comitati nazionali per la competitività e invita la Commissione ad avanzare una proposta legislativa a tal fine;

7.  sottolinea che il Comitato europeo per le finanze pubbliche, in quanto comitato consultivo della Commissione, dovrebbe rispondere al Parlamento e che, in tale contesto, le sue valutazioni dovrebbero essere pubbliche e trasparenti;

Rappresentanza esterna della zona euro

8.  invita la Commissione a garantire che la rappresentanza internazionale della zona euro sia soggetta al controllo democratico del Parlamento;

o
o   o

9.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.

(1) Testi approvati, P8_TA(2015)0238.
(2) GU L 306 del 23.11.2011, pag. 1.
(3) GU L 306 del 23.11.2011, pag. 8.
(4) GU L 306 del 23.11.2011, pag. 12.
(5) GU L 306 del 23.11.2011, pag. 25.
(6) GU L 306 del 23.11.2011, pag. 33.
(7) GU L 306 del 23.11.2011, pag. 41.
(8) GU L 140 del 27.5.2013, pag. 1.
(9) GU L 140 del 27.5.2013, pag. 11.
(10) GU L 173 del 12.6.2014, pag. 149.


Relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2014 e sulla politica dell'Unione europea in materia
PDF 302kWORD 186k
Risoluzione del Parlamento europeo del 17 dicembre 2015 sulla relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2014 e sulla politica dell'Unione europea in materia (2015/2229(INI))
P8_TA(2015)0470A8-0344/2015

Il Parlamento europeo,

–  visti la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (UDHR) e gli altri trattati e strumenti delle Nazioni Unite in materia di diritti umani, in particolare il Patto internazionale sui diritti civili e politici e il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali adottati a New York il 16 dicembre 1966,

–  viste la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e la risoluzione del Parlamento europeo del 27 novembre 2014 sul 25° anniversario della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia(1),

–  vista la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,

–  vista la Convenzione europea dei diritti dell'uomo,

–  visti gli articoli 2, 3, 8, 21 e 23 del trattato sull'Unione europea (TUE),

–  visti il quadro strategico e il piano d'azione dell'UE sui diritti umani e la democrazia, quali adottati dal Consiglio "Affari esteri" il 25 giugno 2012(2),

–  visti gli orientamenti dell'Unione europea in materia di diritti umani,

–  visti gli orientamenti dell'UE in materia di diritti umani per la libertà di espressione online e offline, adottati dal Consiglio "Affari esteri" il 12 maggio 2014(3),

–  visti gli orientamenti dell'UE sulla promozione e la tutela della libertà di religione o di credo(4),

–  visti gli orientamenti destinati alle delegazioni interparlamentari del Parlamento europeo sulla promozione dei diritti umani e della democrazia nell'ambito delle visite nei paesi terzi(5),

–  vista la relazione annuale dell'Unione europea sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2014, adottata dal Consiglio il 22 giugno 2015(6),

–  visto il piano d'azione sui diritti umani e la democrazia 2015-2019, adottato dal Consiglio il 20 luglio 2015(7),

–  visto il piano di azione dell'UE sulla parità tra donne e uomini e sull'emancipazione femminile: trasformare la vita delle ragazze e delle donne mediante le relazioni esterne dell'Unione europea 2016-2020 (GAPII), adottato dal Consiglio il 26 ottobre 2015(8),

–  viste le conclusioni del Consiglio, del 14 maggio 2012, dal titolo "Potenziare l'impatto della politica di sviluppo dell'UE: un programma di cambiamento"(9),

–  viste le conclusioni del Consiglio, del 5 dicembre 2014, sulla promozione e tutela dei diritti dei minori(10),

–  vista la decisione 2015/260/PESC del Consiglio, del 17 febbraio 2015, che proroga il mandato del rappresentante speciale dell'Unione europea per i diritti umani(11),

–  viste le conclusioni del Consiglio, del 26 maggio 2015, sulle questioni di genere nel contesto dello sviluppo(12),

–  vista la risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, del 31 ottobre 2000, sulle donne, la pace e la sicurezza(13),

–  viste le sue risoluzioni d'urgenza su casi di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto,

–  vista la sua risoluzione del 17 giugno 2010 sulla politica dell'Unione europea a favore dei difensori dei diritti umani(14),

–  vista la sua risoluzione del 7 luglio 2011 sulle politiche esterne dell'UE a favore della democratizzazione(15),

–  vista la sua risoluzione dell'11 dicembre 2012 su "Una strategia di libertà digitale nella politica estera dell'UE"(16),

–  vista la sua risoluzione del 13 giugno 2013 sulla libertà della stampa e dei media nel mondo(17),

–  vista la sua risoluzione dell'8 ottobre 2013 sulla corruzione nei settori pubblico e privato: l'impatto sui diritti umani nei paesi terzi(18),

–  vista la sua risoluzione del 10 ottobre 2013 sulla discriminazione di casta(19),

–  vista la sua risoluzione del 13 marzo 2014 sulle priorità dell'UE per la 25ª sessione del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani (UNHRC)(20),

–  vista la sua risoluzione del 12 marzo 2015 sulle priorità dell'UE all'UNHRC nel 2015(21),

–  vista la sua raccomandazione al Consiglio del 2 aprile 2014 sulla 69ª sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite (UNGA)(22),

–  vista la sua risoluzione dell'11 marzo 2014 sull'eliminazione della tortura nel mondo(23),

–  vista la sua risoluzione del 12 marzo 2015 sulla relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2013 e sulla politica dell'Unione europea in materia(24),

–  vista la sua risoluzione del 9 luglio 2015 sulla revisione della politica europea di vicinato(25),

–  vista la sua risoluzione dell'8 settembre 2015 su "Diritti umani e tecnologia: impatto dei sistemi di sorveglianza e di individuazione delle intrusioni sui diritti umani nei paesi terzi"(26),

–  vista la sua risoluzione del 10 settembre 2015 sulla migrazione e i rifugiati in Europa(27),

–  vista la sua risoluzione dell'8 ottobre 2015 sul rinnovo del piano di azione dell'UE sulla parità di genere e l'emancipazione femminile nella cooperazione allo sviluppo(28),

–  vista la sua risoluzione dell'8 ottobre 2015 sulla pena di morte(29),

–  vista la comunicazione, dell'8 ottobre 2014, della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, intitolata "Strategia di allargamento e sfide principali per il periodo 2014-2015"(30),

–  vista la comunicazione congiunta, dell'8 marzo 2011, dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e della Commissione al Consiglio europeo, al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni su un partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa con il Mediterraneo meridionale(31),

–  vista la comunicazione congiunta, del 25 maggio 2011, dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni su una risposta nuova ad un vicinato in mutamento(32),

–  visto il documento di lavoro dei servizi della Commissione, del 30 aprile 2014, concernente un approccio basato sui diritti che copra tutti i diritti umani per la cooperazione allo sviluppo dell'UE (SWD(2014)0152),

–  vista la risoluzione del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani, del 26 giugno 2014, che invita a creare un gruppo di lavoro intergovernativo aperto con il mandato di elaborare uno strumento internazionale giuridicamente vincolante per regolamentare le attività delle società transnazionali e di altre imprese in materia di diritti umani(33),

–  vista la sua risoluzione del 9 luglio 2015 sul nuovo approccio dell'UE nei confronti dei diritti umani e della democrazia – valutazione delle attività svolte dal Fondo europeo per la democrazia (EED) fin dalla sua istituzione(34),

–  vista la relazione annuale 2014 dell'UNFPA - UNICEF relativa al programma congiunto sulle mutilazioni genitali femminili(35),

–  visto l'articolo 52 del suo regolamento,

–  visti la relazione della commissione per gli affari esteri e i pareri della commissione per lo sviluppo e della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere (A8-0344/2015),

A.  considerando che, a norma dell'articolo 21 TUE, l'UE è tenuta a sviluppare una politica estera e di sicurezza comune (PESC) fondata sui principi di democrazia, Stato di diritto, universalità e indivisibilità dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, rispetto della dignità umana, sui principi di uguaglianza e di solidarietà e sul rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e del diritto internazionale;

B.  considerando che, a norma dell'articolo 6, paragrafo 2 TUE, "l'Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali";

C.  considerando che il rispetto, la promozione, l'indivisibilità e la tutela dell'universalità dei diritti umani devono essere le pietre miliari dell'azione esterna dell'UE;

D.  considerando che una maggiore coerenza tra le politiche interne ed esterne dell'UE, come pure tra queste ultime, si pone come un requisito indispensabile per una politica dell'UE in materia di diritti umani positiva ed efficace; che una maggiore coerenza dovrebbe consentire all'UE di rispondere in modo più rapido e precoce alle violazioni dei diritti umani;

E.  considerando che l'impegno dell'UE a favore di un multilateralismo efficace incentrato sulle Nazioni Unite è parte integrante della politica esterna dell'Unione ed è fondato sulla convinzione che un sistema multilaterale basato su norme e valori universali sia lo strumento più adatto per affrontare le crisi, le sfide e le minacce globali;

F.  considerando che il rispetto dei diritti umani è minacciato e messo a repentaglio in tutto il mondo; considerando che l'universalità dei diritti umani è messa seriamente in discussione da numerosi regimi autoritari, in particolare in consessi multilaterali;

G.  considerando che oltre la metà della popolazione mondiale vive ancora in regimi non democratici e repressivi e che negli ultimi anni la libertà a livello globale ha subito un declino costante; che il mancato rispetto dei diritti umani ha un costo sociale e umano;

H.  considerando i numerosi tentativi in tutto il mondo di diminuire lo spazio della società civile, anche in seno al Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani;

I.  considerando che per definire un regime democratico non è sufficiente l'organizzazione di elezioni libere, ma sono altresì necessari un'amministrazione trasparente, il rispetto dello Stato di diritto, la libertà di espressione, il rispetto dei diritti umani, l'esistenza di un sistema giudiziario indipendente e il rispetto del diritto internazionale e degli accordi e orientamenti internazionali relativi al rispetto dei diritti umani;

J.  considerando che, quando è stato proposto il nuovo piano d'azione comune sui diritti umani e la democrazia, il Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR) ha dichiarato che i diritti umani avrebbero costituito una delle priorità assolute del suo mandato, da utilizzare come mezzo di orientamento in tutte le relazioni con le istituzioni dell'UE e con i paesi terzi, le organizzazioni internazionali e la società civile; che nel 2017 sarà condotta una revisione intermedia del piano d'azione sui diritti umani e la democrazia, che coinciderà con la valutazione intermedia degli strumenti di finanziamento esterni, il che dovrebbe contribuire a rafforzare la coerenza dell'azione esterna dell'UE;

K.  considerando che il Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE), la Commissione, il Consiglio e gli Stati membri sono responsabili dell'attuazione del nuovo piano d'azione; che le missioni e le rappresentanze dell'UE nei paesi terzi possono svolgere un ruolo importante e complementare ai fini del successo del piano d'azione;

L.  considerando che occorre garantire risorse adeguate e l'utilizzo ottimale delle stesse, al fine di rafforzare la promozione dei diritti umani e della democrazia nei paesi terzi;

M.  considerando che l'Unione europea dovrebbe adoperarsi maggiormente per valutare l'impatto delle proprie politiche sui diritti umani, ottimizzare gli impatti positivi, prevenire e attenuare gli impatti negativi e rafforzare l'accesso delle popolazioni colpite ai mezzi di ricorso;

N.  considerando che il rafforzamento del dialogo con i leader e le autorità responsabili dei paesi terzi in tutte le sedi bilaterali e multilaterali rappresenta uno degli strumenti più efficaci per affrontare le questioni dei diritti umani nei paesi terzi; che le organizzazioni della società civile nei paesi terzi sono un interlocutore chiave nella definizione e nell'attuazione della politica dell'UE in materia di diritti umani;

O.  considerando che l'UE ritiene che una stretta cooperazione con la società civile e i difensori dei diritti umani nei paesi terzi rappresenti una delle sue principali priorità nella lotta alle violazioni dei diritti umani;

P.  considerando che la cooperazione internazionale dovrebbe svolgere un ruolo più incisivo nel rafforzamento del rispetto dei diritti fondamentali e nell'efficace controllo parlamentare dei servizi di intelligence che utilizzano la tecnologia di sorveglianza digitale;

Q.  considerando che l'UE e i suoi Stati membri sono fedeli alleati della Corte penale internazionale sin dalla sua istituzione, offrendole sostegno finanziario, politico, diplomatico e logistico, nonché promuovendo l'universalità dello Statuto di Roma e difendendone l'integrità, al fine di potenziare l'indipendenza della Corte;

R.  considerando che la politica di sostegno ai diritti umani e alla democrazia dovrebbe essere integrata in tutte le politiche dell'UE aventi una dimensione esterna, tra cui quelle in materia di sviluppo, migrazione, sicurezza, lotta al terrorismo, allargamento e commercio, al fine di continuare a promuovere il rispetto dei diritti umani;

S.  considerando che, a norma dell'articolo 207 TFUE, la politica commerciale comune è condotta nel quadro dei principi e obiettivi dell'azione esterna dell'Unione europea;

T.  considerando che le diverse forme di migrazione rappresentano un'importante sfida per la politica esterna dell'UE e richiedono soluzioni immediate, efficaci e durature per garantire il rispetto dei diritti umani delle persone in stato di bisogno, come quelle che fuggono dalla guerra e dalla violenza, in linea con i valori europei e con le norme internazionali in materia di diritti umani;

U.  considerando che l'economia mondiale ha attraversato un periodo di crisi che potrebbe avere un impatto sui diritti economici e sociali, sulle condizioni di vita delle popolazioni (aumento della disoccupazione e della povertà, delle disuguaglianze e delle condizioni di lavoro precarie, riduzione della qualità dei servizi e limitazione dell'accesso a questi ultimi) e di conseguenza sul loro benessere;

V.  considerando che, sulla base dei valori universali e indivisibili, la libertà di pensiero, di coscienza, di religione e di credo dovrebbe diventare una delle priorità dell'UE e deve essere sostenuta incondizionatamente; che tali diritti continuano a essere ampiamente minacciati visto che il numero delle loro violazioni è sensibilmente aumentato;

W.  considerando che l'abolizione universale della pena di morte rimane una delle priorità dell'UE nella sua politica esterna in materia di diritti umani; che nel giugno 2016 a Oslo, in Norvegia, si terrà il sesto Congresso mondiale contro la pena di morte;

X.  considerando che i bambini, le donne e le persone appartenenti a minoranze sono confrontati a crescenti minacce specifiche, ad atti di violenza e a violenza sessuale, in particolare nelle zone di conflitto;

Y.  considerando che il Premio Sacharov 2014 è stato conferito al dottor Denis Mukwege per il suo costante impegno, in qualità di medico e difensore dei diritti umani, a favore delle vittime della violenza sessuale e della mutilazione genitale; che la mutilazione genitale femminile rappresenta una violazione fondamentale dei diritti delle donne e delle bambine e che è assolutamente necessario porre la lotta contro la mutilazione genitale e la violenza sessuale al centro della politica esterna e della politica in materia di diritti umani dell'UE;

Z.  considerando che, secondo le stime, nel 2014 230 milioni di bambini che vivono attualmente in paesi e in regioni in cui sono in corso conflitti armati sono stati esposti a forme estreme di violenza e a traumi, essendo stati arruolati con la forza e deliberatamente presi di mira da gruppi violenti;

AA.  considerando che l'articolo 25 della UDHR riconosce il diritto di ogni individuo ad "un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia", in cui la maternità e l'infanzia hanno diritto a speciali cure e assistenza, comprese le cure mediche; che la risoluzione 26/28(36) del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani (UNHRC) chiede che il prossimo forum sociale dell'UNHRC sia incentrato sull'accesso ai farmaci nel contesto del diritto di ciascuno di godere del miglior stato di salute fisica e mentale possibile; che la Costituzione dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) prevede che il godimento del miglior stato di salute possibile costituisce un diritto fondamentale di ogni essere umano, senza distinzione di razza, religione, opinioni politiche e condizione economica o sociale;

AB.  considerando che i cambiamenti climatici hanno un impatto sull'accesso all'acqua, sulle risorse naturali e sull''alimentazione;

AC.  considerando che la distruzione intenzionale e sistematica da parte di organizzazioni terroristiche e gruppi belligeranti di siti archeologici di grande valore che fanno parte del patrimonio mondiale è volta a destabilizzare le popolazioni e a privarle della loro identità culturale e non dovrebbe essere considerata soltanto un crimine di guerra ma anche un crimine contro l'umanità;

Osservazioni generali

1.  esprime profonda preoccupazione per il fatto che i diritti umani e i valori democratici, come la libertà di espressione, di pensiero, di coscienza e di religione e la libertà di riunione e di associazione, sono sempre più minacciati in molte parti del mondo, in particolare sotto i regimi autoritari; esprime altresì profonda preoccupazione per il fatto che lo spazio pubblico per la società civile si sta restringendo e che un numero crescente di difensori dei diritti umani subiscono attacchi in tutto il mondo;

2.  invita l'UE e i suoi Stati membri a intensificare i propri sforzi volti a porre effettivamente i valori democratici e i diritti umani al centro delle loro relazioni con il resto del mondo, rispettando l'impegno assunto nel TUE; osserva che l'UE dovrebbe adottare misure adeguate per far fronte alle gravi violazioni dei diritti umani nei paesi terzi, in particolare nel caso di regimi autoritari, anche avvalendosi delle relazioni nel settore commerciale, dell'energia o della sicurezza;

3.  ribadisce la cruciale importanza di garantire una maggiore coerenza tra le politiche interne ed esterne dell'UE per quanto concerne il rispetto dei diritti umani e dei valori democratici; sottolinea a tale proposito che, mentre la presente relazione riguarda le politiche esterne dell'UE volte a promuovere i diritti umani, il Parlamento adotta anche una relazione annuale sulla situazione dei diritti fondamentali nell'Unione europea, elaborata dalla commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni; sottolinea altresì l'importanza di una maggiore uniformità e coerenza e di evitare disparità di trattamento nelle politiche esterne dell'UE e in tutti i suoi strumenti;

4.  invita l'UE e i suoi Stati membri ad affrontare in modo efficace le sfide interne in materia di diritti umani, per esempio la situazione dei rom, il trattamento dei rifugiati e dei migranti, la discriminazione delle persone LGBTI, il razzismo, la violenza contro le donne, le condizioni di detenzione e la libertà dei mezzi di comunicazione negli Stati membri, così da mantenere credibilità e coerenza nella politica esterna in materia di diritti umani;

5.  insiste sull'importanza di garantire la coerenza della politica dell'UE nei confronti delle situazioni di occupazione o annessione del territorio; ricorda che il diritto internazionale umanitario dovrebbe orientare la politica dell'UE verso tutte le suddette situazioni;

6.  esprime la sua ferma opposizione all'annessione, all'occupazione e alla colonizzazione di territori e ribadisce il diritto inalienabile dei popoli all'autodeterminazione;

7.  ritiene che, per tenere fede al loro impegno di promuovere i diritti umani e la democrazia nel mondo, l'UE e i suoi Stati membri devono esprimersi con una voce unica e coerente, affinché il loro messaggio venga ascoltato;

8.  sottolinea altresì l'importanza di una cooperazione rafforzata tra la Commissione, il Consiglio, il SEAE, il Parlamento e le delegazioni dell'UE al fine di migliorare la coerenza globale della politica dell'UE in materia di diritti umani e di democrazia e la sua centralità rispetto a tutte le politiche dell'Unione aventi una dimensione esterna, in particolare in materia di sviluppo, sicurezza, occupazione, migrazione, commercio e tecnologia;

9.  chiede all'UE di migliorare e rendere sistematica l'intera dimensione dell'impatto delle sue politiche sui diritti umani e di garantire che queste analisi contribuiscano a riformulare le sue politiche in modo conseguente; invita l'UE a mettere a punto meccanismi più efficienti per ottimizzare gli impatti positivi delle sue politiche sui diritti umani, prevenire e attenuare gli impatti negativi e rafforzare l'accesso delle popolazioni colpite ai mezzi di ricorso;

10.  richiama l'attenzione sul suo impegno a lungo termine per la promozione dei diritti umani e dei valori democratici, come dimostrato, tra l'altro, dall'attribuzione annuale del Premio Sacharov per la libertà di pensiero, dai lavori della sottocommissione per i diritti dell'uomo e dai dibattiti mensili in plenaria, nonché dalle risoluzioni su casi di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto;

11.  esprime profonda preoccupazione per la distruzione e il saccheggio intenzionali e sistematici di siti archeologici di grande valore che fanno parte del patrimonio mondiale da parte di organizzazioni terroristiche e gruppi belligeranti che mirano a destabilizzare le popolazioni e a minarne l'identità culturale e che finanziano le loro attività violente mediante la vendita illecita del patrimonio artistico sottratto; invita pertanto la Commissione, in collaborazione con le Nazioni Unite e l'UNESCO, a contrastare il commercio illecito di tesori artistici provenienti dalle zone di conflitto e a intraprendere iniziative per la protezione del patrimonio culturale in queste zone; invita la Commissione a considerare la distruzione intenzionale del patrimonio dell'umanità come un crimine contro l'umanità e ad adottare di conseguenza i necessari provvedimenti giuridici;

Strumenti politici dell'UE per promuovere i diritti umani e la democrazia nel mondo

Relazione annuale dell'UE sui diritti umani e la democrazia nel mondo

12.  accoglie con favore l'approvazione della relazione annuale dell'Unione europea sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2014; ritiene che la relazione annuale rappresenti uno strumento indispensabile di controllo, comunicazione e discussione sulla politica dell'UE in materia di diritti umani, democrazia e Stato di diritto nel mondo; invita il SEAE e la Commissione a garantire che venga dato un seguito coerente alle questioni sollevate nella relazione annuale, incluse proposte specifiche mirate a risolvere tali problemi, nonché a garantire una maggiore coerenza tra le varie relazioni sulla politica esterna dell'UE in materia di diritti umani e democrazia;

13.  ribadisce il suo invito al VP/AR a discutere con i deputati al Parlamento europeo in due sessioni plenarie all'anno, una al momento della presentazione della relazione annuale dell'UE e l'altra in risposta alla relazione del Parlamento; sottolinea che le risposte scritte della Commissione e del SEAE alla risoluzione del Parlamento sulla relazione annuale sui diritti umani e la democrazia svolgono un ruolo importante nelle relazioni interistituzionali, in quanto consentono un monitoraggio sistematico e approfondito di tutti i punti sollevati dal Parlamento;

14.  elogia il SEAE e la Commissione per la loro comunicazione esaustiva sulle attività svolte dall'UE in materia di diritti umani e democrazia nel 2014; considera, tuttavia, che l'attuale formato della relazione annuale sui diritti umani e la democrazia potrebbe essere migliorato fornendo una migliore visione d'insieme dell'impatto concreto delle azioni dell'UE sui diritti umani e la democrazia nei paesi terzi e dei progressi realizzati, e utilizzando un formato di più facile lettura; chiede inoltre che si riferisca sulle azioni intraprese in risposta alle risoluzioni del Parlamento su casi di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto;

15.  raccomanda, a tale riguardo, che il SEAE adotti un approccio più analitico nell'elaborazione della relazione annuale, pur continuando a riferire in merito all'attuazione del quadro strategico e del piano d'azione dell'UE; ritiene che la relazione annuale debba non solo sottolineare i successi e le migliori prassi dell'UE nel settore, ma anche indicare le sfide e i limiti incontrati dall'UE nei suoi sforzi volti a promuovere i diritti umani e la democrazia nei paesi terzi, nonché gli insegnamenti che si possono trarre per una futura azione concreta;

16.  ribadisce che le relazioni per paese presentate nella relazione annuale dovrebbero essere meno descrittive e statiche e dovrebbero invece rispecchiare maggiormente l'attuazione delle strategie nazionali in materia di diritti umani e fornire un quadro dell'impatto dell'azione dell'UE sul terreno;

Quadro strategico dell'UE e (nuovo) piano d'azione sui diritti umani e la democrazia

17.  ribadisce la propria opinione che l'adozione del quadro strategico dell'UE e del primo piano d'azione dell'UE sui diritti umani e la democrazia nel 2012 hanno rappresentato una tappa importante per l'UE, integrando senza eccezioni i diritti umani e la democrazia nelle sue relazioni con il resto del mondo;

18.  accoglie con favore l'adozione da parte del Consiglio, nel luglio 2015, di un nuovo piano d'azione sui diritti umani e la democrazia per il periodo 2015-2019; si congratula con il SEAE per aver consultato la Commissione, il Parlamento, gli Stati membri, la società civile e le organizzazioni regionali e internazionali nel corso della valutazione del primo piano d'azione e nell'elaborazione di quello nuovo;

19.  plaude al rinnovato impegno dell'UE a promuovere e tutelare i diritti umani e a sostenere la democrazia su scala mondiale; rileva che il piano d'azione ha l'obiettivo di consentire all'UE di intervenire in modo più mirato, sistematico e coordinato in materia di diritti umani e democrazia, nonché di potenziare l'impatto delle sue politiche e dei suoi strumenti in loco; sostiene, a tale proposito, l'attribuzione di priorità a cinque settori d'intervento strategici;

20.  invita il VP/AR, il SEAE, la Commissione, il Consiglio e gli Stati membri a garantire un'attuazione coerente ed efficace del nuovo piano d'azione; richiama l'attenzione, in particolare, sull'importanza di aumentare l'efficacia e massimizzare l'impatto locale degli strumenti utilizzati dall'UE per promuovere il rispetto dei diritti umani e della democrazia nel mondo; sottolinea la necessità di reagire in modo rapido e adeguato alle violazioni dei diritti umani; ribadisce l'importanza di intensificare gli sforzi per integrare i diritti umani e la democrazia in tutte le azioni esterne dell'UE, anche ad alto livello politico;

21.  sottolinea che, al fine di soddisfare gli ambiziosi obiettivi definiti nel nuovo piano d'azione, l'UE deve destinare adeguate risorse e competenze, sia in termini di risorse umane specifiche presso le delegazioni e la sede centrale sia in termini di fondi disponibili per i progetti;

22.  ribadisce la propria convinzione che, per portare avanti in maniera coerente l'agenda in materia di diritti umani e democrazia, occorrano un solido consenso e un coordinamento rafforzato tra Stati membri e istituzioni dell'UE; ricorda che il piano d'azione riguarda sia l'UE sia gli Stati membri; sottolinea pertanto con forza che gli Stati membri dovrebbero, senza eccezioni, acquisire una maggiore titolarità dell'attuazione del piano d'azione e del quadro strategico dell'UE, utilizzandoli come loro modello per promuovere la democrazia e i diritti umani a livello sia bilaterale che multilaterale; prende atto con soddisfazione della prevista valutazione intermedia del nuovo piano d'azione ed evidenzia l'importanza di consultazioni inclusive al fine di tener conto in modo coerente dei risultati conseguiti nell'integrazione della dimensione dei diritti umani;

23.  esorta, a tale riguardo, il Consiglio "Affari esteri" a discutere regolarmente le questioni riguardanti i diritti umani e la democrazia; ribadisce il suo invito al Consiglio "Affari esteri" a tenere un dibattito pubblico annuale sull'azione dell'UE in materia di diritti umani e democrazia;

24.  elogia l'opera di comunicazione del SEAE e della Commissione sull'attuazione del primo piano d'azione e si aspetta che tale informazione continui nell'ambito del nuovo piano d'azione; ricorda, inoltre, la sua determinazione ad essere strettamente associato e consultato in merito all'attuazione del nuovo piano d'azione;

25.  invita il VP/AR, in coordinamento con tutti gli altri Commissari, a elaborare un programma che integri i diritti umani in varie attività dell'UE, in particolare nei settori dello sviluppo, della migrazione, dell'ambiente, dell'occupazione, della protezione dei dati in Internet, del commercio, degli investimenti, della tecnologia e delle imprese;

Panoramica degli altri strumenti politici dell'UE

Mandato del rappresentante speciale dell'Unione europea per i diritti umani

26.  ricorda l'importanza del mandato del Rappresentante speciale dell'UE (RSUE) per i diritti umani ai fini del rafforzamento dell'efficacia e della visibilità delle azioni dell'UE per la tutela e la promozione dei diritti umani e dei principi democratici a livello mondiale; si congratula con l'attuale titolare del mandato per il conseguimento di risultati significativi e per aver partecipato a scambi periodici con il Parlamento e con la società civile;

27.  accoglie con favore la proroga del mandato dell'RSUE fino al febbraio 2017 e ribadisce la sua richiesta che questo mandato assuma carattere permanente; chiede, pertanto, la revisione del mandato in modo da concedere all'RSUE poteri d'iniziativa, personale e risorse finanziarie sufficienti, nonché la capacità di esprimersi pubblicamente, di riferire in merito ai risultati delle missioni in paesi terzi e di comunicare la posizione dell'UE sulle questioni concernenti i diritti umani, al fine di rafforzare il ruolo dell'RSUE rendendolo più visibile ed efficace;

28.  ribadisce la sua richiesta al Consiglio di inserire nel mandato dei rappresentanti speciali geografici l'obbligo di collaborare strettamente con l'RSUE per i diritti umani;

Strategie nazionali in materia di diritti umani e ruolo delle delegazioni dell'UE

29.  osserva che 132 strategie nazionali in materia di diritti umani (HRCS) sono state approvate dal Comitato politico e di sicurezza, a seguito di sforzi concertati da parte delle delegazioni e istituzioni dell'UE e degli Stati membri; ribadisce il proprio sostegno all'obiettivo delle HRCS, che consiste nell'adattare l'azione dell'UE alla situazione e alle esigenze specifiche proprie di ciascun paese; evidenzia la necessità di valutare costantemente le HRCS e, se del caso, di adeguarle, e chiede un ulteriore rafforzamento della cooperazione, della comunicazione e dello scambio di dati tra le delegazioni dell'UE, le ambasciate degli Stati membri e le istituzioni dell'UE nell'elaborazione e attuazione delle HRCS;

30.  ribadisce il suo appello affinché i deputati al Parlamento europeo abbiano accesso ai contenuti delle strategie in un formato adeguato, in modo da svolgere le proprie funzioni in maniera corretta e trasparente; raccomanda che il SEAE e la Commissione comunichino all'esterno l'obiettivo di ciascuna strategia in modo da aumentare la trasparenza delle HRCS; insiste sulla necessità che il SEAE includa indicatori di progresso chiari e misurabili in ogni singola strategia;

31.  sottolinea con forza l'importanza di tenere conto delle HRCS a tutti i livelli del processo di formulazione delle politiche nei confronti di singoli paesi terzi, anche durante la preparazione dei dialoghi politici ad alto livello, dei dialoghi sui diritti umani, dei documenti strategici nazionali e dei programmi d'azione annuali;

32.  accoglie con favore la designazione di punti focali per i diritti umani e/o la dimensione di genere da parte di tutte le delegazioni e missioni della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC); rileva, tuttavia, che le informazioni pubblicate online sono in molti casi obsolete e ne chiede pertanto una tempestiva revisione;

33.  ribadisce la propria raccomandazione al VP/AR e al SEAE di elaborare chiari orientamenti operativi riguardo al ruolo dei punti focali in seno alle delegazioni, per consentire loro di fungere da veri e propri consulenti per i diritti umani e di svolgere il loro lavoro in modo coerente e inclusivo, al fine di ottimizzare il lavoro delle delegazioni; ritiene che l'attività dei punti focali per i diritti umani dovrebbe essere sostenuta anche dal personale diplomatico degli Stati membri; ritiene che l'attività dei punti focali per i diritti umani dovrebbe essere pienamente indipendente e immune da interferenze politiche e vessazioni da parte delle autorità nazionali dei paesi terzi, in particolare nei loro contatti con gli attivisti dei diritti umani e la società civile;

Dialoghi e consultazioni in materia di diritti umani

34.  riconosce che i dialoghi sui diritti umani con i paesi terzi possono rappresentare uno strumento efficace di coinvolgimento e cooperazione bilaterale nella promozione e nella tutela dei diritti umani, a condizione che non costituiscano un fine in sé, ma che siano un mezzo per garantire impegni e risultati specifici delle controparti; accoglie con favore e incoraggia, pertanto, l'avvio di dialoghi sui diritti umani con un numero crescente di paesi, come il Myanmar/Birmania; accoglie positivamente, a tale riguardo, il dialogo UE-Moldova sui diritti umani;

35.  sollecita il VP/AR e il SEAE a condurre i loro dialoghi sui diritti umani e i relativi seminari della società civile con un impegno chiaro e orientato ai risultati, che tenga conto delle HRCS; esorta il SEAE a includere sistematicamente un dialogo preparatorio con le organizzazioni della società civile, che confluisca automaticamente nel dialogo vero e proprio; insiste altresì sulla necessità che il VP/AR, l'RSUE per i diritti umani e il SEAE sollevino in modo sistematico i singoli casi concernenti i difensori dei diritti umani a rischio di incarcerazione o già detenuti, i prigionieri politici e le violazioni dei diritti umani in modo responsabile e trasparente nel corso dei dialoghi sui diritti umani; ritiene essenziale che il SEAE assicuri in modo sistematico che tutti gli impegni assunti nel corso di ciascuno dei dialoghi sui diritti umani siano rispettati;

36.  ribadisce il suo invito al SEAE a sviluppare un meccanismo globale per il monitoraggio e il riesame del funzionamento dei dialoghi sui diritti umani, in cooperazione con la società civile e le organizzazioni per i diritti umani, al fine di migliorare il loro impatto; ritiene che, qualora tali dialoghi dovessero registrare fallimenti ripetuti, si dovrebbero trarre conclusioni politiche e si dovrebbe ricorrere a strumenti alternativi per favorire il progresso dei diritti umani nel paese in questione; rileva, a questo proposito, che il dialogo sui diritti umani con la Russia è stato sospeso nel 2014 e rileva altresì la mancanza di risultati nei dialoghi sui diritti umani con la Cina e la Bielorussia; esorta pertanto il SEAE a rivedere radicalmente la sua strategia in materia di diritti umani nei confronti della Russia e della Cina;

37.  invita l'UE e le sue delegazioni a potenziare il loro dialogo politico con i governi che violano i diritti umani, la democrazia e lo Stato di diritto, insieme alla società civile, e insiste sul fatto che il dialogo politico sui diritti umani fra l'UE e i paesi terzi deve comprendere una definizione più inclusiva e globale di non discriminazione, tra l'altro nei confronti delle persone LGBTI, fondata sulla religione o le convinzioni personali, il sesso, la razza o l'origine etnica, l'età, la disabilità e l'orientamento sessuale; sottolinea che, in particolare nei paesi che registrano scarsi risultati in termini di sviluppo e rispetto dei diritti umani, gli aiuti allo sviluppo dovrebbero essere mantenuti e addirittura rafforzati, ma dovrebbero essere preferibilmente erogati per il tramite delle organizzazioni della società civile e dei partner locali non governativi, e dovrebbero essere monitorati in modo sistematico e accompagnati da impegni di governo volti a migliorare la situazione dei diritti umani in loco;

38.  riconosce l'importanza di adottare ulteriori misure nei confronti di individui (sanzioni mirate come il congelamento dei beni o i divieti di viaggio) nel caso di regimi autoritari, qualora i dialoghi dovessero registrare fallimenti ripetuti;

Orientamenti dell'UE in materia di diritti umani

39.  accoglie con favore l'adozione da parte del Consiglio, nel maggio 2014, degli orientamenti dell'UE in materia di diritti umani per la libertà di espressione online e offline; rammenta tuttavia la sua richiesta al SEAE di fornire chiarimenti circa il processo di selezione delle tematiche oggetto degli orientamenti dell'UE e di consultare in merito anche il Parlamento e la società civile prima della selezione dei temi;

40.  ribadisce il suo invito al VP/HR e al SEAE ad attuare in modo efficace e coerente gli orientamenti dell'UE sul diritto internazionale umanitario (DIU),(37) anche in relazione ai conflitti e alle crisi umanitarie in paesi come la Siria, l'Iraq, la Libia e l'Ucraina; raccomanda, a questo proposito, che il SEAE sostenga le organizzazioni della società civile che promuovono il rispetto del diritto internazionale umanitario da parte di attori statali e non statali; esorta inoltre l'UE ad avvalersi di tutti gli strumenti a sua disposizione per migliorare il rispetto del diritto internazionale umanitario da parte degli attori statali e non statali; chiede che l'UE e gli Stati membri contribuiscano all'iniziativa in corso della Svizzera e del comitato internazionale della Croce Rossa sul rafforzamento del rispetto del diritto internazionale umanitario;

41.  sottolinea con forza l'importanza di valutare sistematicamente l'attuazione degli orientamenti dell'UE in materia di diritti umani, ivi compresa l'attuazione degli orientamenti dell'UE per promuovere e tutelare i diritti dell'infanzia, utilizzando parametri di riferimento ben definiti; ritiene che, al fine di garantire una corretta attuazione degli orientamenti, sia necessario adottare ulteriori misure di sensibilizzazione sul loro contenuto presso il personale del SEAE e delle delegazioni dell'UE nonché delle rappresentanze estere degli Stati membri; ribadisce l'invito a coinvolgere più attivamente gli attori della società civile e i difensori dei diritti umani nella scelta, attuazione, valutazione e revisione degli orientamenti;

Diritti umani e democrazia nelle politiche e negli strumenti dell'azione esterna dell'UE

42.  ricorda che l'UE si è impegnata a porre i diritti umani e la democrazia al centro delle sue relazioni con i paesi terzi; sottolinea pertanto che la promozione dei diritti umani e dei principi democratici deve essere sostenuta attraverso tutte le politiche dell'UE e adeguati strumenti finanziari aventi una dimensione esterna, come la politica di allargamento e la politica di vicinato, la politica di sicurezza e di difesa comune nonché le politiche in materia di sviluppo, scambi commerciali, migrazione e giustizia e affari interni; evidenzia, a tale proposito, i recenti sforzi dell'UE finalizzati a includere le violazioni dei diritti umani nel suo quadro di allarme rapido legato alla prevenzione delle crisi;

43.  sottolinea l'obbligo dell'UE basato sui trattati di garantire che tutte le sue politiche e attività esterne siano pensate e attuate in modo tale da consolidare e sostenere i diritti umani e lo Stato di diritto;

44.  ritiene che gli strumenti finanziari esterni dell'UE siano un mezzo importante per promuovere e difendere i valori della democrazia e dei diritti umani all'estero; ribadisce il suo appello a migliorare la coerenza di diversi strumenti tematici e geografici;

45.  prende atto degli sforzi profusi dalla Commissione per onorare il suo impegno di includere disposizioni concernenti i diritti umani nelle sue valutazioni d'impatto delle proposte legislative e non legislative, delle misure di attuazione e degli accordi commerciali; esorta la Commissione a migliorare la qualità, la portata e il seguito delle valutazioni d'impatto, in modo da garantire l'inclusione sistematica delle questioni concernenti i diritti umani; sottolinea il ruolo che la società civile potrebbe svolgere in questo processo;

Politica di allargamento e politica di vicinato

46.  ricorda che la politica di allargamento dell'UE costituisce uno degli strumenti più efficaci per rafforzare il rispetto dei diritti umani e dei principi democratici; osserva che il processo di allargamento verrà portato avanti nonostante il fatto che non vi potranno essere nuove adesioni fino al 2019, in considerazione dello stato dei negoziati e della situazione nei paesi interessati, e accoglie con favore la messa in atto, nei negoziati di adesione, del nuovo approccio ai capitoli riguardanti il sistema giudiziario e i diritti fondamentali nonché la giustizia, la libertà e la sicurezza, che tiene debitamente conto del tempo necessario per la corretta attuazione delle riforme in questione;

47.  esprime preoccupazione per il deterioramento della libertà di espressione e dei media in alcuni paesi dell'allargamento e in diversi paesi del vicinato europeo; sottolinea l'urgente necessità di migliorare l'indipendenza e la trasparenza della titolarità dei media in tali paesi e di affrontare il problema delle pressioni politiche ed economiche nei confronti dei giornalisti, che spesso conducono alla censura e all'autocensura; invita la Commissione a continuare a monitorare e mantenere prioritario il rispetto della libertà di espressione e dei media nei negoziati di adesione;

48.  deplora che la corretta attuazione dei quadri giuridici per la tutela delle minoranze permanga problematica, come indicato nella strategia di allargamento della Commissione per il periodo 2014-2015(38); invita i paesi dell'allargamento a intensificare gli sforzi per creare una cultura di accettazione delle minoranze rafforzando la partecipazione di queste al processo decisionale e migliorandone l'integrazione nel sistema scolastico, prestando particolare attenzione ai bambini rom; esorta l'UE a seguire da vicino, nel corso dell'intero processo di allargamento, l'attuazione delle disposizioni a tutela dei diritti umani, ivi comprese la difesa dei diritti delle persone appartenenti a minoranze e la lotta contro tutte le forme di discriminazione, tra cui i reati generati dall'odio fondato sull'orientamento sessuale;

49.  osserva con preoccupazione il deterioramento delle culture politiche democratiche in alcuni paesi candidati e potenzialmente candidati e in diversi paesi del vicinato europeo; ricorda che il buon governo, il rispetto dello Stato di diritto, il diritto alla libertà di espressione, il rispetto dei diritti umani, il dialogo politico, il raggiungimento di un compromesso e l'inclusione di tutte le parti interessate nel processo decisionale sono centrali nei regimi democratici; constata con pari preoccupazione gli scarsi progressi compiuti dai paesi dell'allargamento al fine di potenziare l'indipendenza del sistema giudiziario e la lotta alla corruzione; si unisce alla Commissione nell'esortare i paesi dell'allargamento a sviluppare una casistica credibile di indagini, azioni penali e condanne definitive;

50.  ricorda che, nell'ambito dell'attuale revisione della politica europea di vicinato, il TUE precisa che l'UE deve sviluppare con i paesi limitrofi relazioni privilegiate fondate sui valori dell'UE, tra cui il rispetto dei diritti umani e la democrazia(39); ricorda che, a seguito della Primavera araba del 2011, l'Unione europea ha ridefinito la propria politica di vicinato sulla base del principio del "more for more" (maggiori aiuti a fronte di un maggiore impegno), al fine di rafforzare le istituzioni democratiche e promuovere i diritti umani; sottolinea che le considerevoli sfide affrontate dal vicinato dell'Unione europea negli ultimi anni, come la propagazione dell'instabilità e del conflitto in Medio Oriente e Nord Africa, con gruppi estremisti e jihadisti che sfruttano tali situazioni, nonché la sofferenza umana causata dalle azioni della Russia, hanno minato in particolare il rispetto dei diritti umani e dei principi democratici;

51.  si dichiara pertanto convinto che la politica europea di vicinato riveduta dovrebbe continuare a essere incentrata sulla promozione dei diritti umani e dei principi democratici; ribadisce che la promozione dei diritti umani e della democrazia è nell'interesse sia dei paesi partner che dell'UE;

52.  sottolinea che l'UE dovrebbe continuare a sostenere attivamente istituzioni democratiche e favorevoli ai diritti umani nonché la società civile e i media liberi dei paesi vicini; prende atto con soddisfazione, a tale proposito, dell'ampio e costante sostegno nell'ambito dello strumento europeo per la democrazia e i diritti umani e dello strumento per la società civile; apprezza parimenti l'impegno coerente ed efficace del Fondo europeo per la democrazia (EED) nel vicinato orientale e meridionale a favore della promozione della democrazia e del rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, come indicato nella prima relazione di valutazione del Parlamento su detto fondo(40); incoraggia vivamente l'UE e i suoi Stati membri a continuare a offrire forti incentivi e conoscenze tecniche dei propri processi di transizione per sostenere i processi di riforma democratica nel suo vicinato;

53.  ritiene assolutamente essenziale porre fine all'aggressione russa in Ucraina e assicurare la stabilità e il rispetto dei diritti umani;

Diritti umani attraverso gli scambi commerciali

54.  ribadisce il suo sostegno all'introduzione sistematica di clausole sui diritti umani negli accordi internazionali tra l'UE e i paesi terzi, che tengano conto tra l'altro del dialogo sociale europeo e delle norme dell'Organizzazione internazionale del lavoro; invita la Commissione a monitorare e valutare in modo efficace e sistematico l'applicazione delle clausole relative ai diritti umani e a riferire periodicamente al Parlamento in merito al rispetto dei diritti umani da parte dei paesi partner; plaude all'utilizzo sempre più sistematico da parte del Consiglio di misure restrittive nei confronti dei paesi terzi che violano deliberatamente i loro impegni in materia di diritti umani; raccomanda all'UE a tal proposito, ogniqualvolta si verifichi una grave violazione dei diritti umani in un paese terzo con cui è stato concluso un accordo, di adottare provvedimenti concreti per mettere in atto le idonee misure previste dalle clausole sui diritti umani;

55.  accoglie con favore l'entrata in vigore, il 1º gennaio 2014, del nuovo sistema di preferenze generalizzate (SPG) (regolamento (UE) n. 978/2012); rileva con soddisfazione che, entro il 2014, sono state accordate preferenze SPG+ a 14 paesi e ricorda che i paesi sono tenuti a mantenere la ratifica delle 27 principali convenzioni internazionali nonché a monitorare la loro effettiva applicazione, conformemente ai criteri stabiliti da dette convenzioni nonché dall'UE; si attende che la Commissione conduca le sue valutazioni con rigore e traasparaenza e riferisca al Parlamento europeo e al Consiglio sullo stato di avanzamento della ratifica e dell'effettiva applicazione delle convenzioni da parte dei beneficiari delle preferenze SPG + entro la fine del 2015; ribadisce la sua raccomandazione di inserire lo Statuto di Roma in un futuro elenco delle convenzioni;

Imprese e diritti umani

56.  ritiene che il commercio e i diritti umani possano avanzare di pari passo e che la comunità imprenditoriale abbia un ruolo importante da svolgere nella promozione dei diritti umani e della democrazia; ritiene che la promozione dei diritti umani debba fondarsi sulla cooperazione tra il settore pubblico e quello privato; ribadisce in questo contesto che le imprese europee dovrebbero adottare misure atte a garantire che le loro operazioni nei paesi terzi rispettino le norme in materia di diritti umani; rammenta, inoltre, che è importante che l'UE promuova la responsabilità sociale delle imprese e che le imprese europee svolgano un ruolo di primo piano nella promozione di norme internazionali su attività economiche e diritti umani; invita inoltre l'UE ad assumere un ruolo attivo in occasione della 12a sessione del gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sul tema dei diritti umani e delle società transnazionali e altre imprese commerciali, nonché a sostenere gli sforzi tesi ad allineare le rispettive politiche alle linee guida dell'OCSE destinate alle imprese multinazionali; raccomanda che l'UE e i suoi Stati membri si impegnino nel dibattito su uno strumento internazionale giuridicamente vincolante in materia di imprese e diritti umani nell'ambito del sistema delle Nazioni Unite;

57.  ritiene, visto quanto sopra, che il SEAE dovrebbe esigere che le delegazioni dell'UE collaborino con le imprese dell'UE che operano nei paesi terzi affinché assicurino il rispetto dei diritti umani nelle loro attività; reitera inoltre la propria richiesta che le delegazioni dell'UE includano il rispetto dei diritti umani nelle operazioni commerciali come priorità negli inviti a presentare proposte a livello locale nel quadro dello strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (EIDHR) e che le delegazioni dell'UE intraprendano tutte le iniziative necessarie, in conformità con gli orientamenti dell'UE sui difensori dei diritti umani;

58.  ribadisce la sua richiesta alla Commissione affinché questa presenti, entro la fine del 2015, una relazione sull'attuazione dei principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani(41) da parte degli Stati membri dell'UE;

59.  chiede un'azione concertata dell'UE per affrontare il problema dell'accaparramento di terre, attraverso la promozione di garanzie adeguate per prevenire questo fenomeno nei paesi interessati e presso le imprese dell'UE e di altri Stati europei presenti in tali paesi;

60.  invita l'UE a elaborare un progetto pilota sull'indivisibilità dei diritti umani, sulla questione fondiaria (accaparramento di terre e sgomberi forzati) e sulla coerenza delle politiche dell'UE al riguardo; invita l'UE a riferire in merito al suo esame dell'adesione al Protocollo opzionale al Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, in linea con l'impegno assunto nel piano d'azione dell'UE sui diritti umani e la democrazia 2015-2019;

Diritti umani e sviluppo

61.  ritiene che la cooperazione allo sviluppo e la promozione dei diritti umani e dei principi democratici debbano andare di pari passo; ricorda a tale proposito che l'ONU ha dichiarato che, in assenza di un approccio basato sui diritti umani, non è possibile realizzare interamente gli obiettivi di sviluppo; rammenta altresì che l'UE si è impegnata a sostenere i paesi partner, tenendo conto della loro situazione in termini di sviluppo e dei loro progressi per quanto riguarda i diritti umani e la democrazia; incoraggia l'inserimento di quadri di risultati chiaramente definiti in tutti gli strumenti al fine di garantire l'inclusione dei gruppi emarginati e vulnerabili nonché di integrare un approccio basato sui diritti umani;

62.  si compiace del documento di lavoro dei servizi della Commissione concernente un approccio basato sui diritti che copra tutti i diritti umani, ivi compresi i diritti delle donne e delle ragazze, per la cooperazione allo sviluppo dell'UE, pubblicato ad aprile 2014 e accolto con favore dal Consiglio; incoraggia la Commissione a monitorare l'attuazione dell'approccio basato sui diritti e a garantire che i diritti umani e la cooperazione allo sviluppo si rafforzino reciprocamente sul terreno; invita la Commissione a fornire una valutazione trasparente e pubblica dell'attuazione dello strumentario UE per un approccio basato sui diritti; esorta l'Unione europea a rafforzare il suo ruolo di strenuo promotore dei diritti umani nel mondo, tramite un utilizzo efficace, coerente e ragionato di tutti gli strumenti disponibili per la promozione e la protezione dei diritti umani e dei loro difensori e per mezzo dell'efficacia della nostra politica di aiuti allo sviluppo, in linea con l'Obiettivo di sviluppo sostenibile (SDG) 16;

63.  accoglie con favore l'adozione dell'ambiziosa agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile in occasione del vertice straordinario delle Nazioni Unite a New York, nonché il ruolo di primo piano svolto dall'UE in questo processo, e in particolare per l'integrazione dei valori fondamentali dell'Unione europea quali i diritti umani e il buon governo; rileva positivamente che la nuova agenda è chiaramente ancorata agli impegni in materia di diritti umani e che i suoi 17 obiettivi e 169 traguardi mirano a realizzare i diritti umani per tutti; condivide la visione alla base di questo documento di un mondo incentrato sul rispetto universale dei diritti umani e della dignità umana, dello Stato di diritto, della giustizia, dell'uguaglianza e della non discriminazione, nonché sul rispetto della diversità razziale, etnica e culturale e delle pari opportunità, che consentano la piena realizzazione del potenziale umano e contribuiscano alla prosperità condivisa; evidenzia la necessità di garantire che l'agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, le sue misure di monitoraggio e la sua futura attuazione da parte di tutti gli attori interessati, compresa la società civile e il settore privato, siano sostenute da approcci basati sui diritti umani e sull'uguaglianza di genere nonché dagli obiettivi di eliminazione della povertà, di riduzione delle disuguaglianze e dell'esclusione sociale e di democratizzazione dell'economia;

64.  sottolinea l'importanza della coerenza delle politiche per lo sviluppo (CPS) nel conseguire la nuova agenda per lo sviluppo sostenibile; rileva che l'approccio basato sui diritti umani dovrebbe consentire di comprendere meglio la coerenza delle politiche per lo sviluppo, dal momento che senza affrontare gli ostacoli posti alla realizzazione dei diritti non ci può essere alcun progresso verso lo sviluppo sostenibile e l'eliminazione della povertà;

65.  ribadisce l'urgente necessità di affrontare il problema globale delle malattie legate alla povertà e delle malattie dimenticate; chiede una strategia politica ambiziosa a lungo termine e un piano d'azione in materia di salute globale, innovazione e accesso ai farmaci che preveda, tra l'altro, investimenti nella ricerca e nello sviluppo per salvaguardare il diritto a un tenore di vita adeguato per la salute e il benessere di ogni persona senza distinzione di razza, religione, credo politico, condizione economica o sociale, identità di genere o orientamento sessuale;

66.  ribadisce che il programma d'azione di Addis Abeba significa impegno a fornire una piattaforma universale in materia di protezione sociale, copertura sanitaria universale e servizi pubblici di base per tutti, comprese la sanità e l'istruzione;

67.  prende atto con soddisfazione del documento d'orientamento per la lotta al terrorismo elaborato dal SEAE e dalla Commissione e approvato dal Consiglio allo scopo di garantire il rispetto dei diritti umani nella programmazione e nell'attuazione dei progetti di assistenza ai paesi terzi nella lotta al terrorismo; invita il SEAE e la Commissione a garantire l'effettiva attuazione del documento, a iniziare da un'ampia diffusione del medesimo; ricorda a tale proposito che il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali è cruciale per la riuscita delle politiche di lotta al terrorismo, ivi compreso l'utilizzo delle tecnologie di sorveglianza digitale; sostiene gli sforzi internazionali per porre fine alle violazioni dei diritti umani perpetrate dall'ISIS/Da'esh;

Diritti dei popoli indigeni

68.  invita il SEAE, la Commissione e gli Stati membri a sostenere la revisione del mandato del meccanismo di esperti sui diritti dei popoli indigeni, in linea con il documento finale della conferenza mondiale sui popoli indigeni (risoluzione 69/2 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite(42)), al fine di monitorare, valutare e migliorare l'attuazione della dichiarazione sui diritti dei popoli indigeni; esorta gli Stati membri a chiedere che tutti i titolari di mandato per le procedure speciali accordino particolare attenzione alle questioni che riguardano le donne e le ragazze indigene e riferiscano sistematicamente in merito al Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani; esorta il SEAE e gli Stati membri a sostenere attivamente lo sviluppo del piano d'azione sui popoli indigeni a livello dell'intero sistema, come richiesto dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nella sua risoluzione del settembre 2014, in particolare per quanto riguarda l'organizzazione di consultazioni periodiche dei popoli indigeni nell'ambito di tale processo; deplora profondamente che in alcune zone dell'Africa occidentale individui affetti da disturbi mentali siano incatenati agli alberi nelle foreste o abbandonati per le strade, come pratiche diffuse approvate dalle comunità locali

L'azione dell'UE in materia di migrazione e rifugiati

69.  esprime profonda preoccupazione e solidarietà per quanto riguarda l'elevato numero di rifugiati e di migranti che subiscono gravi violazioni dei diritti umani in quanto vittime di conflitti, persecuzioni, carenze a livello di governance, nonché vittime di reti di immigrazione clandestina, tratta, traffico di migranti, gruppi estremisti e bande criminali; esprime inoltre il suo profondo rammarico per le tragiche perdite di vite umane tra quanti tentano di raggiungere le frontiere dell'UE;

70.  pone in evidenza l'urgente necessità di affrontare le cause profonde dei flussi migratori e, di conseguenza, di affrontare la dimensione esterna della crisi dei rifugiati, anche attraverso la ricerca di soluzioni durature per i conflitti nel nostro vicinato, mediante l'istituzione di una cooperazione e di partenariati con i paesi terzi interessati e attraverso le politiche esterne dell'UE; sottolinea la necessità di un approccio globale in materia di migrazione che sia basato sui diritti umani e invita l'UE a rafforzare la sua collaborazione con l'ONU, incluse le sue agenzie, nonché con le organizzazioni regionali, i governi e le ONG, al fine di affrontare le cause profonde dei flussi migratori e migliorare la situazione nei campi profughi ubicati vicino alle zone di conflitto; ribadisce la sua richiesta all'UE di garantire che tutti gli accordi di cooperazione in tema di migrazione e di riammissione con gli Stati non UE siano conformi al diritto internazionale; ricorda che una strategia globale in materia di migrazione è strettamente collegata con le politiche di sviluppo e umanitarie, tra cui la creazione di corridoi umanitari e il rilascio di visti umanitari, nonché con altre politiche esterne; prende atto dell'operazione della forza navale dell'Unione europea-Mediterraneo (EUNAVFOR Med) contro i passatori e i trafficanti di esseri umani nel Mediterraneo; sottolinea l'urgente necessità di sviluppare politiche più incisive a livello di Unione, in modo da affrontare le questioni urgenti connesse a migranti e rifugiati e di trovare un meccanismo efficace, equo e sostenibile per la ripartizione degli oneri tra gli Stati membri; pone l'accento sulle misure proposte dalla Commissione il 9 settembre 2015 per affrontare la crisi dei rifugiati, come la prevista revisione del regolamento di Dublino;

71.  chiede all'UE e agli Stati membri di rafforzare il sostegno alla lotta contro la tratta di esseri umani mediante politiche estere, con un'attenzione particolare alla protezione delle vittime e soprattutto dei minori; è fortemente convinto del fatto che l'UE dovrebbe rafforzare la cooperazione con i paesi terzi e altri attori pertinenti per consentire lo scambio di buone pratiche e contribuire allo smantellamento delle reti di tratta internazionali; ribadisce la necessità che tutti gli Stati membri dell'UE attuino la direttiva 2011/36/UE concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime(43) e la strategia dell’UE per l’eradicazione della tratta di esseri umani (2012-2016)(44);

72.  segnala che 17,5 milioni di persone sono state sfollate nel 2014 a seguito di catastrofi correlate al clima; sottolinea che tali sfollamenti hanno interessato soprattutto le regioni meridionali, che sono quelle maggiormente esposte agli effetti del cambiamento climatico; sottolinea a tal proposito che l'85 % degli sfollamenti avviene nei paesi in via di sviluppo, principalmente a livello interno o intraregionale; ricorda che nel quadro degli obiettivi di sviluppo del millennio, gli Stati membri dell'UE si sono impegnati a destinare lo 0,7 % del PIL al finanziamento degli aiuti allo sviluppo;

73.  chiede all'UE di partecipare attivamente al dibattito sul termine "rifugiato climatico", compresa la sua eventuale definizione giuridica nel diritto internazionale o negli accordi internazionali giuridicamente vincolanti;

74.  ribadisce la sua richiesta di una posizione comune dell'UE sull'uso di droni armati, che difenda i diritti umani e il diritto internazionale umanitario e tratti questioni quali il quadro giuridico, la proporzionalità, la responsabilità, la protezione dei civili e la trasparenza; esorta ancora una volta l'UE a vietare lo sviluppo, la produzione e l'impiego di armi completamente autonome in grado di sferrare attacchi senza alcun intervento umano; invita l'UE a opporsi e vietare la pratica delle uccisioni extragiudiziali e mirate e a impegnarsi ad assicurare misure adeguate in conformità agli obblighi nazionali e internazionali, qualora sussistano ragionevoli motivi di ritenere che un individuo o entità nella sua giurisdizione possa essere collegato a un'uccisione mirata illegale all'estero;

Eventi culturali e sportivi internazionali e diritti umani

75.  esprime serie preoccupazioni per il fatto che alcune grandi manifestazioni sportive sono ospitate in Stati autoritari in cui si verificano violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali; sottolinea la necessità di campagne di sensibilizzazione presso il grande pubblico riguardanti l'esigenza di garantire disposizioni in materia di diritti umani in connessione a eventi sportivi, che trattino anche il problema della prostituzione forzata e della tratta di esseri umani; invita l'UE e i suoi Stati membri a impegnarsi con l'UNHCR e altre sedi multilaterali, nonché con le federazioni sportive nazionali, le imprese e le organizzazioni della società civile, per garantire il pieno rispetto dei diritti umani durante tali manifestazioni, tra l'altro rendendo tale criterio uno dei requisiti determinanti per l'aggiudicazione di importanti eventi sportivi internazionali; presta particolare attenzione in tale contesto alle prossime Coppe del mondo FIFA in Russia nel 2018 e in Qatar nel 2022, nonché alle Olimpiadi a Pechino nel 2022;

Azione dell'UE nelle organizzazioni multilaterali

76.  ribadisce il suo pieno sostegno a favore del forte impegno dell'UE nella promozione dei diritti umani e dei principi democratici attraverso la cooperazione con le strutture dell'ONU e le sue agenzie specializzate, il Consiglio d'Europa, l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa e l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, in linea con gli articoli 21 e 220 TUE; accoglie con favore, pertanto, l'adozione degli obiettivi di sviluppo sostenibile;

77.  ribadisce, inoltre, l'importanza della partecipazione attiva e costante dell'UE a tutti i meccanismi per i diritti umani delle Nazioni Unite, in particolare la terza commissione dell'Assemblea generale dell'ONU e l'UNHRC; riconosce gli sforzi compiuti dal SEAE, dalle delegazioni dell'UE a New York e a Ginevra e dagli Stati membri per aumentare la coerenza dell'UE sulle questioni dei diritti umani a livello di Nazioni Unite; incoraggia l'UE ad aumentare gli sforzi tesi a far sentire la propria voce, anche intensificando il ricorso alla prassi sempre più diffusa delle iniziative transregionali nonché copatrocinando risoluzioni e assumendo un ruolo guida nel processo ad esse relativo;

78.  chiede che i diritti fondamentali della popolazione del Sahara occidentale siano rispettati, compresa la libertà di associazione, la libertà di espressione e il diritto di riunione; chiede il rilascio di tutti i prigionieri politici sahrawi; chiede che parlamentari, osservatori indipendenti, ONG e giornalisti abbiano accesso ai territori del Sahara occidentale; esorta le Nazioni Unite a dotare la missione MINURSO di un mandato per i diritti umani, in linea con tutte le altre missioni dell'ONU per il mantenimento della pace nel mondo; appoggia una soluzione equa e duratura del conflitto nel Sahara occidentale basata sul diritto del popolo sahrawi all'autodeterminazione, in conformità con le pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite;

79.  ricorda l'importanza del mantenimento della pratica istituzionalizzata di inviare una delegazione parlamentare all'Assemblea generale delle Nazioni Unite; accoglie con favore il rinnovo della pratica nel 2015, in occasione della 28a sessione dell'UNHRC;

80.  sottolinea che, al fine di rafforzare la credibilità e la legittimità dell'UNHRC, tutti i suoi membri devono attenersi ai più elevati standard in materia di diritti umani e rispettare i loro impegni in tal senso; ritiene che i diritti umani debbano essere promossi, sviluppati e consolidati in tutte le sedi internazionali; invita la Commissione a riferire pubblicamente sulle attività e azioni che sta portando avanti per far progredire l'agenda in materia di diritti umani e per rafforzare l'obbligo di rendiconto e la responsabilità delle organizzazioni internazionali quali l'OMC e la Banca mondiale (BIRD, IFC, MIGA);

81.  riafferma il suo forte impegno volto a porre fine all'impunità per i più gravi crimini che preoccupano la comunità internazionale nonché a offrire giustizia alle vittime di crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio e ribadisce pertanto il suo saldo sostegno alla Corte penale internazionale (CPI); ritiene deplorevole che nessuno Stato abbia ratificato lo statuto di Roma nel 2014; pone l'accento sulla responsabilità di far cessare l'impunità e di perseguire i responsabili di genocidi, crimini contro l'umanità e crimini di guerra, compresi i crimini connessi alla violenza sessuale; esprime grave preoccupazione per la mancata esecuzione di numerosi mandati d'arresto; chiede che l'UE perseveri nel suo forte sostegno diplomatico e politico a favore del potenziamento e dell'espansione delle relazioni tra la CPI e l'ONU, in particolare presso il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, nonché nelle sue relazioni bilaterali e in tutte le altre sedi; invita l'UE, incluse le sue delegazioni, e gli Stati membri ad aumentare gli sforzi per promuovere l'universalità dello Statuto di Roma nonché la sua ratifica e la sua effettiva applicazione; chiede agli Stati membri dell'UE di fornire alla CPI le risorse necessarie e di rafforzare il sostegno al sistema giudiziario penale internazionale mediante, tra l'altro, un sostegno finanziario ai soggetti della società civile, ad esempio attraverso lo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (EIDHR); chiede l'applicazione del kit di strumenti dell'UE del 2013 in materia di complementarità tra la giustizia internazionale e nazionale;

82.  invita l'UE e gli Stati membri a promuovere attivamente, in tutti i tipi di dialogo con i paesi terzi, la CPI e la necessità di dare applicazione alle sue decisioni;

Potenziare il rispetto dei diritti umani nel mondo

Libertà di pensiero, di coscienza e di religione o credo

83.  ricorda che la libertà di pensiero, di coscienza, di religione e di credo è un diritto umano fondamentale, riconosciuto nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e garantito dall'articolo 18 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici delle Nazioni Unite; ricorda ugualmente la sua correlazione con altri diritti umani e libertà fondamentali comprendenti il diritto di credere o non credere, la libertà di praticare un credo teistico, non teistico o ateo e il diritto di adottare un credo di propria scelta, di cambiarlo, abbandonarlo o tornare a farlo proprio; esprime preoccupazione per il fatto che alcuni paesi non rispettano ancora le norme dell'ONU e ricorrono alla repressione di Stato, che può comprendere punizioni corporali, pene detentive, pene pecuniarie esorbitanti e persino la pena di morte, in violazione della libertà di religione e di credo; è preoccupato per l'aumento della persecuzione delle minoranze religiose e di credo, comprese le comunità cristiane, nonché per i danni illeciti ai loro luoghi di riunione;

84.  invita l'UE e gli Stati membri a intensificare gli sforzi per contribuire all'eliminazione di tutte le forme di discriminazione religiosa e promuovere il dialogo interreligioso nelle relazioni con i paesi terzi; chiede azioni concrete volte a proteggere le minoranze religiose, i non credenti, gli apostati e gli atei vittime di leggi sulla blasfemia e invita l'UE e gli Stati membri a impegnarsi per l'abrogazione di tali leggi; accoglie con favore l'impegno dell'UE nei confronti della promozione della libertà di religione o di credo in sedi internazionali, anche sostenendo il mandato del relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di religione o di credo; sostiene pienamente la prassi dell'Unione europea di assumere la guida in materia di risoluzioni tematiche nell'ambito dell'UNHRC e dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite; chiede azioni e misure concrete per l'applicazione e il miglioramento effettivi degli orientamenti dell'UE sulla promozione e la tutela della libertà di religione o di credo; ritiene opportuno intervenire nelle sedi internazionali e regionali mantenendo un dialogo aperto, trasparente e regolare con le associazioni e comunità religiose, ai sensi dell'articolo 17 TFUE, anche attraverso le delegazioni dell'UE; richiama ugualmente l'attenzione sulla necessità di garantire una formazione sistematica e coerente del personale dell'UE presso le sedi centrali e le delegazioni,

Azione dell'UE contro la pena di morte

85.  accoglie con favore la dichiarazione congiunta rilasciata dalla VP/AR e dal Segretario generale del Consiglio d'Europa(45) nell'ottobre 2014, in cui si ribadisce la loro forte e assoluta opposizione alla pena capitale in tutti i casi e in tutte le circostanze; rimane del parere che l'abolizione universale della pena di morte dovrebbe essere uno degli obiettivi centrali dell'UE in materia di diritti umani; osserva che il sostegno ai paesi terzi in materia di politica antidroga dovrebbe puntare ad abolire la pena di morte per i reati legati alla droga; chiede all'Unione europea e agli Stati membri, nel contesto del Sesto Congresso mondiale contro la pena di morte, che si terrà a Oslo (Norvegia) nel mese di giugno 2016, di dichiararsi in modo inequivocabile contro la pena di morte, di intensificare gli impegni per l'abolizione della pena di morte e di sostenere campagne di sensibilizzazione su questo tema;

86.  esprime la propria preoccupazione per il numero crescente di condanne a morte ed esecuzioni in tutto il mondo; deplora fortemente il fatto che la legislazione di alcuni paesi preveda ancora la pena capitale; si rammarica del fatto che la Bielorussia abbia ripreso le esecuzioni dopo una pausa di due anni; ribadisce pertanto la sua richiesta alla Bielorussia di attuare una moratoria sulla pena di morte, che dovrebbe portare alla sua abolizione; rileva che otto Stati prevedono la pena di morte per omosessualità;

87.  esorta il SEAE, la Commissione e gli Stati membri a definire orientamenti per una politica europea globale ed efficace sulla pena di morte in relazione alle decine di cittadini europei che rischiano di essere giustiziati in paesi terzi, compresi meccanismi solidi e rafforzati in termini di identificazione, prestazione di assistenza giuridica e rappresentanza diplomatica;

88.  invita l'UE a continuare a impegnarsi con i paesi che ancora mantengono la pena di morte, avvalendosi di tutti gli strumenti diplomatici e di cooperazione al fine di ottenerne l'abolizione; ribadisce inoltre la sua richiesta affinché l'UE continui a monitorare le condizioni in cui si svolgono le esecuzioni nei paesi che ancora ricorrono alla pena di morte;

Lotta contro la tortura e i maltrattamenti

89.  ritiene che, in occasione del 30° anniversario della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, e dato che la tortura e i maltrattamenti proseguono in tutto il mondo, l'UE dovrebbe intensificare gli sforzi per eliminare queste gravi violazioni dei diritti umani; sottolinea il fatto che i membri dei gruppi vulnerabili, quali i minori e le donne, le minoranze etniche, linguistiche e religiose, che sono esposti alla tortura o a maltrattamenti durante la detenzione, richiedono un'attenzione particolare; esorta, quindi, il SEAE e la VP/AR a impegnarsi maggiormente nella lotta contro la tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti, attraverso maggiori contatti diplomatici e una più sistematica presa di posizione pubblica, riflettendo così i valori e i principi che l'UE si è impegnata a rispettare; raccomanda che il SEAE, le delegazioni dell'UE e gli Stati membri si avvalgano pienamente di tutti gli strumenti esistenti, come gli orientamenti dell'UE in materia di tortura(46); raccomanda, in tale contesto, il miglioramento costante dei meccanismi di controllo delle esportazioni dei farmaci che possono essere utilizzati per le esecuzioni o la tortura, compresa una clausola mirata all'uso finale che sospenda o blocchi il transito di articoli legati alla sicurezza che, nella pratica, sono utilizzabili solo a fini di pena capitale o tortura;

90.  sottolinea che vi sono paesi che non hanno adottato misure per affrontare l'urgente necessità di piani opportunamente finanziati per affrontare le condizioni detentive; osserva che sono stati compiuti pochissimi progressi per assicurare che le infrastrutture carcerarie rispettino le norme internazionali per i diritti umani e per la tutela del diritto alla vita, all'integrità fisica e alla dignità dei prigionieri; sottolinea la necessità di migliorare le condizioni detentive al fine di rispettare i diritti umani e il fatto che le persone incarcerate non devono essere soggette a trattamenti disumani o degradanti o a punizioni;

Discriminazione

91.  sottolinea che in nessun caso nessuna forma di discriminazione, violenza, ritorsione e tortura, abuso sessuale di donne e ragazze, mutilazione genitale, matrimonio precoce e coatto, tratta di donne, discriminazione o esclusione sociale fondata sulla classe sociale o l'origine, o violenza domestica, può essere giustificata da convinzioni o tradizioni sociali, religiose o culturali;

92.  condanna con la massima fermezza ogni forma di discriminazione, comprese quelle basate su razza, colore, sesso, orientamento sessuale, identità di genere, lingua, cultura, religione o credo, origine sociale, casta, nascita, età, disabilità o qualsiasi altra condizione; sollecita l'UE a intensificare gli sforzi per sradicare ogni tipo di discriminazione, razzismo e xenofobia attraverso dialoghi politici e dei diritti umani, il lavoro delle delegazioni dell'UE e la diplomazia pubblica; esorta inoltre l'UE a continuare a promuovere la ratifica e la piena attuazione di tutte le convenzioni dell'ONU che sostengono questa causa, come la Convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale o la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità;

Diritti LGBTI

93.  ritiene che l'UE dovrebbe proseguire gli sforzi per migliorare il rispetto dei diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e intersessuate (LGBTI), in linea con gli orientamenti dell'UE sul tema(47); raccomanda l'attuazione degli orientamenti, anche attraverso la formazione del personale dell'UE nei paesi terzi; si rammarica che 75 paesi criminalizzino ancora l'omosessualità, e 8 di essi prevedano la pena di morte, e ritiene che le pratiche e gli atti di violenza contro le persone in base al loro orientamento sessuale non debbano rimanere impuniti; sostiene l'incessante lavoro dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani per combattere queste leggi discriminatorie, nonché il lavoro di altri organismi delle Nazioni Unite; è preoccupato per le restrizioni alle libertà fondamentali dei difensori dei diritti umani delle persone LGBTI, e invita l'UE ad aumentare il proprio sostegno nei loro confronti; constata che i diritti delle persone LGBTI sarebbero maggiormente tutelati se avessero accesso a istituti giuridici quali unione registrata o matrimonio;

94.  sottolinea le esigenze specifiche delle minoranze nei paesi terzi e la necessità di promuoverne la piena uguaglianza in tutti i settori della vita economica, sociale, politica e culturale;

Discriminazione di casta

95.  prende atto con grande preoccupazione della portata e delle conseguenze della discriminazione di casta e del perpetuarsi delle violazioni dei diritti umani basate sulle caste, fra cui il rifiuto di accesso al sistema giuridico o al lavoro, la segregazione persistente, la povertà e la stigmatizzazione; chiede l'adozione di uno strumento dell'UE per prevenire ed eliminare la discriminazione di casta; raccomanda l'integrazione del tema negli orientamenti e nei piani d'azione del SEAE e della Commissione, in particolare nella lotta dell'UE contro ogni forma di discriminazione e negli sforzi per la lotta alla violenza contro le donne e le minori e contro ogni forma di discriminazione nei loro confronti;

Diritti delle persone con disabilità

96.  accoglie favorevolmente la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità; ribadisce l'importanza di una sua efficace attuazione da parte sia degli Stati membri sia delle istituzioni dell'Unione; sottolinea, in particolare, la necessità di integrare in modo credibile il principio dell'accessibilità universale e la totalità dei diritti delle persone con disabilità in tutte le politiche pertinenti dell'UE, compreso il settore della cooperazione allo sviluppo, e pone l'accento sul carattere prescrittivo e orizzontale di tale questione;

97.  incoraggia la VP/AR a continuare a sostenere il processo di ratifica e attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità da parte di quei paesi che non l'hanno ancora ratificata o attuata;

98.  ribadisce che la comunità internazionale ha indicato come prioritaria la situazione delle donne con disabilità; rimanda alle conclusioni dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, secondo le quali le politiche e i programmi per affrontare la questione della violenza contro le donne e le ragazze con disabilità andrebbero elaborati in stretta cooperazione con le persone con disabilità, riconoscendone l'autonomia, nonché con organizzazioni attive nel settore; sottolinea l'esigenza di un regolare controllo delle istituzioni e di una formazione adeguata per i prestatori di assistenza; sottolinea l'importanza che l'UE includa la lotta contro la discriminazione basata sulla disabilità nelle sue politiche di azione esterna, cooperazione e di aiuto allo sviluppo, compreso lo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (EIDHR);

Diritti delle donne e delle ragazze

99.  ricorda che il Premio Sakharov nel 2014 è stato assegnato al dott. Denis Mukwege per il suo fermo impegno nei confronti delle vittime di violenza sessuale e della promozione continua dei diritti delle donne, che ha fatto opera di sensibilizzazione in merito alla violenza e alla mutilazione sessuale di donne, bambine e bambini come mezzi di guerra; condanna fermamente tutte le forme di abuso e di violenza contro le donne, le ragazze e i bambini, in particolare l'uso della violenza sessuale come arma di guerra, così come la mutilazione genitale femminile, dei bambini, il matrimonio precoce e forzato, la schiavitù sessuale, lo stupro coniugale e altre forme di pratiche tradizionali dannose; sottolinea la necessità che le donne, le ragazze e i bambini vittime di abusi nei conflitti abbiano accesso a cure mediche e psicologiche, in linea con il diritto internazionale; in tale contesto prende atto della lettera della VP/HR che riguarda la politica di aiuto umanitario e, in particolare, la prevenzione della violenza sessuale e l'accesso, per le donne, a un sostegno adeguato e all'assistenza sanitaria e psicologica in caso di stupro in situazioni di conflitto; invita di conseguenza tutti gli Stati membri del Consiglio d'Europa a firmare e ratificare la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica;

100.  sottolinea la necessità di scambi di buone prassi da parte del SEAE per combattere la mancanza di accesso alla giustizia per le vittime dei reati connessi alla violenza sessuale; condanna fermamente la mancanza di accesso alla giustizia per le donne nei paesi terzi, soprattutto se vittime di violenza di genere; chiede alla Commissione di assumere un ruolo attivo nel perseguimento di tali reati nei paesi terzi e, in alcuni casi, da parte degli Stati membri; esorta la Commissione a lavorare con il SEAE per migliorare il supporto alle vittime, a includere gli interventi sulla violenza di genere nelle azioni umanitarie dell'UE e a dare priorità alle azioni umanitarie dell'UE contro l'uso della violenza di genere e la violenza sessuale nei conflitti; accoglie con favore l'impegno dell'UE di dare seguito al Vertice globale per porre fine alla violenza di genere nei conflitti, che si è tenuto a Londra nel giugno 2014, ed esorta pertanto la Commissione a intraprendere azioni concrete;

101.  deplora l'assenza di politiche di prevenzione sulla violenza di genere, la mancanza di sostegno alle vittime e l'alto tasso di impunità dei colpevoli in un gran numero di paesi; invita il SEAE a condividere le migliori prassi con i paesi terzi sulle procedure legislative e i programmi di formazione per il personale di polizia, giudiziario e i funzionari pubblici; esorta l'UE a sostenere le organizzazioni della società civile che lavorano per proteggere i diritti umani e promuovere la parità di genere nei paesi terzi, e a collaborare da vicino con le organizzazioni internazionali attive nel campo della parità di genere, come l'OIL, l'OCSE, l'ONU e l'Unione africana, al fine di creare sinergie e promuovere l'emancipazione femminile;

102.  esprime profonda preoccupazione per l'aumento della violenza di genere in molte parti del mondo e i crescenti tassi di femminicidio in America Latina, che si verificano in un contesto di violenza generalizzata e discriminazione strutturale; condanna fermamente ogni tipo di violenza di genere e il crimine aberrante di femminicidio, così come l'impunità predominante di cui godono questi reati, che può incoraggiare ancora di più la violenza e le uccisioni;

103.  manifesta profonda preoccupazione per le eventuali violazioni dei diritti umani di donne e ragazze nei campi di rifugiati in Medio Oriente e in Africa, compresi i casi segnalati di violenza sessuale e disparità di trattamento di donne e ragazze; chiede al SEAE di promuovere norme più severe e buone prassi nei paesi terzi, in modo da porre fine alla disuguaglianza tra i rifugiati, a prescindere dal genere;

104.  deplora il fatto che metà della popolazione mondiale subisca discriminazioni salariali e che, in tutto il mondo, le donne guadagnino tra il 60% e il 90% del reddito medio maschile;

105.  invita la Commissione, il SEAE e la VP/AR a continuare a promuovere l'emancipazione politica ed economica delle donne e delle ragazze, integrando l'uguaglianza di genere in tutte le loro politiche e programmi esterni, anche attraverso dialoghi strutturati con i paesi terzi, sollevando pubblicamente questioni di genere e accantonando al contempo fondi per lo stesso scopo; prende atto con soddisfazione del nuovo quadro per la parità di genere e l'emancipazione delle donne per il 2016-2020(48); sottolinea la necessità di concentrarsi sul pilastro orizzontale, che si pone come obiettivo un più efficace rispetto, da parte della Commissione e del SEAE, degli impegni dell'UE per il potenziamento dei diritti delle donne e delle ragazze mediante le relazioni esterne;

106.  deplora la mancanza di parità di genere nel mondo politico; ricorda che le donne e gli uomini sono uguali e dovrebbero godere degli stessi diritti politici e delle libertà civili e deplora, allo stesso modo, il fatto che le donne siano sottorappresentate nel processo decisionale economico, sociale e politico; sottolinea la necessità di meccanismi di protezione efficaci per le donne impegnate nella difesa dei diritti umani; raccomanda che un sistema di quote sia introdotto per fornire un modo di promuovere la partecipazione delle donne negli organi politici e nel processo democratico, principalmente come candidati;

107.  invita l'UE a continuare a sostenere l'emancipazione economica, sociale e politica delle donne come strumento per promuovere il corretto esercizio dei loro diritti e libertà fondamentali, e ad attribuire la massima importanza all'accesso a un'istruzione di qualità per le ragazze, comprese le ragazze provenienti dalle comunità più povere e più emarginate; chiede che si sostenga la formazione professionale delle donne, che si favorisca una maggiore partecipazione a tale formazione per le materie scientifiche e tecnologiche, che i professionisti del settore dell'istruzione nei paesi terzi siano destinatari di programmi di formazione sulla parità di genere e che si adottino misure per impedire la trasmissione di stereotipi mediante i materiali didattici; esorta l'UE a includere questa priorità in tutte le sue attività diplomatiche, commerciali e di cooperazione allo sviluppo;

108.  sottolinea la necessità di garantire la continuità dell'istruzione per le ragazze nei campi di rifugiati, nelle aree di conflitto e nelle aree colpite da povertà estrema e condizioni ambientali estreme come siccità e inondazioni;

109.  esorta l'UE a continuare il sostegno all'integrazione a favore delle donne e delle ragazze nell'ambito delle operazioni di PSDC e dell'architettura delle Nazioni Unite di costruzione della pace nonché a proseguire i propri sforzi per attuare e rafforzare le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 1325(2000)(49) e 1820(2008)(50) sulle donne, la pace e la sicurezza; invita a tal proposito l'UE a sostenere a livello internazionale il riconoscimento del valore aggiunto della partecipazione delle donne alla prevenzione e risoluzione dei conflitti, nonché a operazioni di mantenimento della pace, assistenza umanitaria e ricostruzione post-conflitto e ai processi di transizione democratica che portano a soluzioni politiche durature e stabili; sottolinea parimenti l'importanza di garantire l'intera gamma dei diritti umani alle donne e di contribuire alla loro emancipazione, anche nel quadro dell'Agenda post-2015 e attraverso il sostegno alla piattaforma di azione di Pechino e alla Convenzione di Istanbul; accoglie con favore il sostegno dell'UE alle risoluzioni delle Nazioni Unite sulle questioni di genere, in particolare per quanto riguarda il ruolo della libertà di espressione e di opinione nell'emancipazione delle donne; prende atto con favore delle conclusioni della 59a sessione della Commissione delle Nazioni Unite sulla condizione femminile;(51)

110.  invita la Commissione a includere sistematicamente azioni concrete tese a migliorare la partecipazione delle donne ai processi elettorali in tutte le missioni di osservazione elettorale dell'UE, in linea con gli orientamenti dell'Unione in materia, tenendo conto delle conclusioni raggiunte dal seminario di alti esperti in materia elettorale, tenutosi a Bruxelles nell'aprile 2014, e traendo insegnamenti dalle missioni passate;

111.  plaude agli sforzi profusi dal SEAE nei paesi terzi per intensificare l'attuazione degli obblighi e degli impegni nel campo dei diritti delle donne derivanti dalla CEDAW, dalla piattaforma d'azione di Pechino e dalla dichiarazione del Cairo su popolazione e sviluppo nell'agenda di sviluppo post-2015;

112.  sottolinea l'importanza di non compromettere l'acquis della Piattaforma d'azione di Pechino sull'accesso all'istruzione e alla sanità quale diritto umano fondamentale, nonché la difesa dei diritti sessuali e riproduttivi; sottolinea che il rispetto universale della salute e dei diritti sessuali e riproduttivi, nonché l'accesso ai servizi pertinenti, contribuiscono a ridurre la mortalità infantile e delle madri; segnala che la pianificazione familiare, la salute materna, l'accesso agevole agli anticoncezionali e all'aborto in condizioni di sicurezza sono elementi importanti per salvare la vita delle donne e aiutarle a riappropriarsi della loro vita qualora siano state vittime di violenze; sottolinea la necessità di porre queste politiche al centro della cooperazione allo sviluppo con i paesi terzi;

113.  ritiene che il matrimonio precoce costituisca una violazione dei diritti umani fondamentali e influenzi tutti gli aspetti della vita di una ragazza: ne compromette l'istruzione limitando le sue potenzialità, mette in pericolo la sua salute e aumenta il rischio di essere vittima di violenze e abusi;

114.  constata con grande preoccupazione che, a partire dagli anni Ottanta, l'industria delle "spose per corrispondenza" è cresciuta a ritmi allarmanti; constata con preoccupazione che vi sono alcuni casi documentati di donne che sono state attaccate e/o uccise dopo aver sposato un uomo come "spose per corrispondenza"; deplora il fatto che sui siti di spose per corrispondenza siano presenti molte ragazze minorenni, e sottolinea che l'utilizzo di bambini a scopo sessuale deve essere considerato abuso di minori;

115.  condanna la pratica della surrogazione, che compromette la dignità umana della donna dal momento che il suo corpo e le sue funzioni riproduttive sono usati come una merce; ritiene che la pratica della gestazione surrogata che prevede lo sfruttamento riproduttivo e l'uso del corpo umano per un ritorno economico o di altro genere, in particolare nel caso delle donne vulnerabili nei paesi in via di sviluppo, debba essere proibita e trattata come questione urgente negli strumenti per i diritti umani;

Diritti dei minori

116.  ribadisce l'urgente necessità di una ratifica universale e di una efficace attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo e dei suoi protocolli opzionali; invita tutti gli Stati a impegnarsi per eliminare le forme peggiori di lavoro minorile quali definite all'articolo 3 della convenzione n. 182 dell'OIL, tra cui la schiavitù, la tratta e la prostituzione di minori e ogni lavoro pericoloso che comprometta la salute fisica e mentale del bambino;

117.  accoglie con favore le conclusioni del Consiglio sulla promozione e la protezione dei diritti del fanciullo(52), adottate nel dicembre 2014, e chiede all'UE di continuare a sostenere i paesi partner nella lotta contro tutte le forme di violenza contro i bambini, compreso lo sfruttamento sessuale, e a rafforzare la loro capacità di tutela dei diritti dei minori; accoglie con favore il rilascio nel 2014 del kit di strumenti dell'UE-UNICEF per i diritti dei minori(53); prende atto della dichiarazione del maggio 2014 rilasciata dal Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa sui diritti dei minori intersessuali;

118.  ribadisce la sua richiesta alla Commissione di proporre una strategia e un piano d'azione globali in materia di diritti dei minori per i prossimi cinque anni, al fine di attribuire la priorità ai diritti dei minori nelle politiche esterne dell'UE, sostenendo gli sforzi dell'Unione intesi a promuovere i diritti dei minori, in particolare contribuendo a garantire il loro accesso all'acqua, ai servizi igienico-sanitari, all'assistenza sanitaria e all'istruzione, garantendo la riabilitazione e la reintegrazione dei bambini arruolati in gruppi armati, eliminando il lavoro minorile, la tortura, la questione della stregoneria infantile, la tratta, i matrimoni precoci e lo sfruttamento sessuale, assistendo i bambini vittime di conflitti armati e garantendo loro l'accesso all'istruzione nelle zone di conflitto e nei campi profughi; invita la VP/AR a riferire a cadenza annuale al Parlamento sui risultati conseguiti nell'azione esterna dell'UE incentrata sui minori; elogia la campagna "Bambini, non soldati" e invita l'UE e gli Stati membri a incrementare il loro sostegno al fine di raggiungere l'obiettivo che mira a porre fine all'arruolamento e all'utilizzo dei minori nei conflitti da parte delle forze armate governative entro il 2016;

119.  vede positivamente la cooperazione dell'UE con l'UNICEF, che ha portato a definire una serie di strumenti per l'integrazione dei diritti dei bambini nella cooperazione allo sviluppo e un sostegno a favore dei principali OSM e programmi di tutela dei minori ai fini dell'attuazione dei diritti dei minori, in particolare in contesti fragili e con l'UNRWA;

120.  accoglie con favore la cooperazione attiva dell'UE con vari relatori speciali delle Nazioni Unite (RSNU) che si occupano di diritti economici, sociali e culturali (DESC), compreso il RS sul diritto umano all'acqua potabile e ai servizi igienici, il RS sul diritto all'istruzione, il RS sul diritto al cibo, il RS sulla povertà estrema e i diritti umani e il RS sugli alloggi adeguati; rileva con compiacimento che la promozione dei DESC è stata rafforzata nel programma indicativo pluriennale 2014-2017 dell'Iniziativa europea per la democrazia (EIDHR) che mira, tra l'altro, a contribuire al rafforzamento dei sindacati, a una maggiore consapevolezza delle problematiche salariali, alla tutela del patrimonio nazionale, alla promozione dell'integrazione sociale attraverso l'emancipazione economica e una riduzione della discriminazione economica e della violenza sul luogo di lavoro;

Rafforzamento della democrazia in tutto il mondo

121.  sottolinea l'impegno dell'UE nel sostenere e promuovere il rispetto dei diritti umani e dei valori democratici nelle sue relazioni con il resto del mondo; ricorda che i regimi democratici sono caratterizzati non solo da processi elettorali liberi ed equi, ma anche, segnatamente, dalla libertà di parola, di stampa e di associazione, dallo Stato di diritto e dall'assunzione di responsabilità, dall'indipendenza del sistema giudiziario e da una amministrazione imparziale; sottolinea che la democrazia e i diritti umani sono inestricabilmente connessi e si consolidano a vicenda, come ricordato nelle conclusioni del Consiglio del 18 novembre 2009 sul sostegno alla democrazia nelle relazioni esterne dell'UE; si compiace del fatto che il nuovo piano d'azione sui diritti umani e la democrazia presti maggiore attenzione alle attività di sostegno alla democrazia;

Difendere la libertà di espressione e potenziare la società civile

122.  ribadisce il fatto che la libertà di espressione costituisce una componente essenziale di ogni società democratica, in quanto alimenta una cultura del pluralismo che consente alla società civile e ai cittadini di chiamare i loro governi e dirigenti a rispondere delle loro decisioni, e sostiene il rispetto dello Stato di diritto; esorta quindi l'UE ad intensificare gli sforzi per promuovere la libertà di espressione attraverso le sue politiche e strumenti esterni;

123.  ribadisce il suo invito affinché l'UE e i suoi Stati membri potenzino il monitoraggio di tutti i tipi di restrizioni alla libertà di espressione e dei media nei paesi terzi e condannino rapidamente e sistematicamente tali limitazioni anche quando imposte per scopi legittimi come il controterrorismo, la sicurezza dello Stato o l'applicazione della legge; sottolinea l'importanza di garantire un'efficace attuazione degli orientamenti dell'UE sulla libertà di espressione online e offline e di controllarne regolarmente l'impatto; ricorda l'obiettivo dell'UE di assicurare e proteggere l'accesso non discriminatorio alle informazioni e la libertà di espressione per tutti i cittadini, online e offline;

124.  ritiene che rendendo le informazioni quanto più accessibili possibile, le tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) forniscono opportunità per rafforzare i diritti umani, le pratiche democratiche e per lo sviluppo sociale ed economico; sottolinea inoltre il contributo delle TIC agli sforzi dei movimenti della società civile, in particolare nei regimi non democratici; esprime preoccupazione per gli utilizzi delle TIC da parte di alcuni regimi autoritari che minacciano sempre più i diritti umani e gli attivisti della democrazia; evidenzia la necessità di un maggiore sostegno nei settori della promozione della libertà dei media, della protezione ai giornalisti e ai blogger indipendenti, della riduzione del divario digitale e della facilitazione dell'accesso illimitato alle informazioni; invita la Commissione a prestare particolare attenzione agli aspetti relativi ai diritti umani dei beni a duplice uso, nel quadro della revisione del sistema di controllo delle esportazioni dell'UE;

Il sostegno dell'UE ai difensori dei diritti umani

125.  deplora il fatto che la società civile, compresi i difensori dei diritti umani, sia sempre più sotto attacco in tutto il mondo; è profondamente preoccupato per il fatto che un crescente numero di paesi, come la Russia e alcuni paesi dell'Asia centrale, sta approvando leggi restrittive volte a ostacolare l'attività delle ONG, limitandone l'accesso ai finanziamenti esteri, introducendo requisiti di rendicontazione onerosi e gravi sanzioni in caso di non conformità; ricorda che il diritto alla libertà di associazione e di riunione è una caratteristica essenziale di una società democratica, aperta e tollerante; chiede nuovi sforzi per sfidare le restrizioni e le intimidazioni che affrontano le persone che lavorano per le organizzazioni della società civile in tutto il mondo, e chiede che l'Unione europea dia l'esempio nella protezione e promozione dei diritti in questione;

126.  prende atto con favore del fatto che, nel nuovo piano d'azione, la VP/AR abbia ribadito l'impegno dell'UE a conferire maggiori responsabilità agli attori locali e alle organizzazioni della società civile e sottolinea che, dato il significativo restringimento del suo spazio, la società civile, e con essa in particolare i difensori dei diritti umani, richiedono attenzione e sforzi maggiori da parte dell'UE; esorta l'UE e i suoi Stati membri, pertanto, a elaborare una risposta coerente e globale alle principali sfide che la società civile, compresi i difensori dei diritti umani, si trova ad affrontare in tutto il mondo;

127.  invita l'UE e i suoi Stati membri a monitorare costantemente e a sollevare a tutti i livelli del dialogo politico i casi di violazioni della libertà di riunione e di associazione, anche attraverso varie forme di divieti e limitazioni alle organizzazioni della società civile e alle loro attività;

128.  invita inoltre l'UE e i suoi Stati membri a utilizzare tutti i mezzi disponibili per sollevare sistematicamente i singoli casi di difensori dei diritti umani e attivisti della società civile a rischio, in particolare quelli riguardanti persone che sono imprigionate; incoraggia le delegazioni dell'UE e il personale diplomatico degli Stati membri a continuare a sostenere attivamente i difensori dei diritti umani, attraverso il monitoraggio sistematico dei processi, le visite agli attivisti detenuti e, se del caso, rilasciando dichiarazioni su casi individuali, nonché affrontando le violazioni dei diritti umani con le opportune controparti; insiste sul fatto che gli alti rappresentanti dell'UE, in particolare la VP/AR, i commissari, i rappresentanti speciali dell'UE e i funzionari dei governi degli Stati membri dovrebbero incontrare sistematicamente i difensori dei diritti umani in occasione dei viaggi in paesi dove la società civile è sotto pressione;

129.  prende atto positivamente dell'assistenza dell'UE ai difensori dei diritti umani e alla società civile in tutto il mondo attraverso i finanziamenti a titolo dell'EIDHR; sottolinea la particolare importanza di utilizzare l'EIDHR per proteggere i difensori dei diritti umani più a rischio; sottolinea inoltre che il sostegno ai difensori dei diritti umani a rischio dovrebbe tenere soprattutto conto dei criteri di efficacia ed evitare condizioni eccessivamente prescrittive; invita la Commissione, il SEAE e le delegazioni dell'UE a garantire che i fondi disponibili per i difensori dei diritti umani vengano usati correttamente;

Sostenere processi elettorali e migliorare lo Stato di diritto, l'indipendenza del sistema giudiziario e un'amministrazione imparziale nei paesi terzi

130.  accoglie con favore le otto missioni di osservazione elettorale (MOE) e le otto missioni di esperti elettorali (MEE) inviate in tutto il mondo dall'UE nel 2014; ribadisce la propria visione positiva del costante sostegno dell'UE ai processi elettorali e la sua fornitura di assistenza elettorale e di sostegno agli osservatori nazionali;

131.  ricorda l'importanza di un adeguato seguito alle relazioni e alle raccomandazioni delle MOE come un modo per migliorarne l'impatto e rafforzare il sostegno dell'Unione europea agli standard democratici nei paesi interessati;

132.  raccomanda che l'UE intensifichi i propri sforzi per sviluppare un approccio più globale ai processi di democratizzazione, di cui le elezioni libere ed eque sono solo un aspetto, al fine di contribuire positivamente al rafforzamento delle istituzioni democratiche e alla fiducia dei cittadini nei processi elettorali in tutto il mondo;

133.  rileva positivamente, in tale contesto, l'inizio di una seconda generazione di progetti pilota sul sostegno alla democrazia in 12 delegazioni dell'UE selezionate nel 2014, a seguito di un impegno assunto nelle conclusioni del Consiglio del novembre 2009 e nel piano d'azione 2012 per i diritti umani e la democrazia; sottolinea con forza l'importanza di questi progetti pilota per conseguire una maggiore coerenza nel sostenere la democrazia attraverso le politiche e gli strumenti esterni dell'UE;

134.  accoglie con favore l'impegno assunto dalla Commissione, dal SEAE e dagli Stati membri nel nuovo piano d'azione sui diritti umani e la democrazia a impegnarsi più fermamente e coerentemente con gli organismi di gestione delle elezioni, le istituzioni parlamentari, le ONG locali, i difensori dei diritti umani e le organizzazioni della società civile dei paesi terzi, al fine di contribuire a una loro più intensa partecipazione al controllo e allo svolgimento delle elezioni, alla loro assunzione di poteri e, di conseguenza, al rafforzamento dei processi democratici;

135.  ricorda che le esperienze acquisite dall'Unione europea mediante i politici, il mondo accademico, i media, le ONG e la società civile e gli insegnamenti tratti dalle transizioni alla democrazia nel quadro delle politiche di allargamento e di vicinato possono contribuire positivamente a individuare le prassi migliori che potrebbero essere utilizzate per sostenere e consolidare altri processi di democratizzazione in tutto il mondo;

136.  ricorda che la corruzione costituisce una minaccia per la parità nel godimento dei diritti umani e pregiudica i processi democratici, come lo Stato di diritto e la buona amministrazione della giustizia; ricorda inoltre che l'UE ha rivendicato la competenza esclusiva per la firma della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (UNCAC);

137.  esprime la convinzione che l'UE debba sottolineare, in tutte le piattaforme per il dialogo con i paesi terzi, l'importanza della trasparenza, dell'accessibilità, dell'integrità, della responsabilità e della buona gestione degli affari pubblici, delle spese pubbliche e dei beni pubblici, come sancito dalla UNCAC; ritiene che la corruzione, in tutte le sue forme, insidi i principi democratici e incida negativamente sullo sviluppo sociale ed economico; chiede che sia dato un seguito alla sua richiesta di migliorare il monitoraggio dell'UNCAC e, allo stesso modo, si tenga adeguatamente conto delle considerazioni dell'OCSE; ritiene che l'UE dovrebbe sostenere i paesi terzi in modo più coerente e sistematico nella lotta contro la corruzione, per mezzo della sua esperienza nella creazione e nel consolidamento di istituzioni anti-corruzione indipendenti ed efficaci, anche tramite la cooperazione proattiva con il settore privato; raccomanda altresì che siano messi a punto meccanismi finanziari innovativi per intensificare la lotta contro tutti i tipi di corruzione; prende a tal riguardo atto dell'invito a regolamentare meglio le transazioni finanziarie a livello internazionale;

138.  è del parere che l'UE debba potenziare gli sforzi volti a promuovere lo Stato di diritto e l'indipendenza della magistratura a livello multilaterale e bilaterale; incoraggia l'Unione europea a sostenere l'equa amministrazione della giustizia in tutto il mondo mediante l'assistenza ai processi di riforme legislative e istituzionali nei paesi terzi; incoraggia altresì le delegazioni dell'UE e le ambasciate degli Stati membri a monitorare sistematicamente i processi al fine di promuovere l'indipendenza del potere giudiziario;

Potenziamento dell'azione del Parlamento europeo in materia di diritti umani

139.  accoglie con favore una revisione degli orientamenti per le delegazioni interparlamentari del Parlamento europeo sulla promozione dei diritti umani e della democrazia, condotta dalla Conferenza dei presidenti di delegazione in collaborazione con la sottocommissione per i diritti dell'uomo; raccomanda, in tale contesto, di sollevare in modo più sistematico e trasparente le questioni relative ai diritti umani, in particolare i casi specifici cui fanno riferimento le risoluzioni del Parlamento, durante le visite di delegazione nei paesi terzi, e di riferire per iscritto sulle azioni intraprese alla sottocommissione per i diritti dell'uomo nonché, ove ciò sia politicamente giustificato, con una specifica sessione di resoconto;

140.  sottolinea la necessità di proseguire la riflessione riguardo alle modalità più adeguate per ottimizzare la credibilità, la visibilità e l'efficacia delle risoluzioni del Parlamento europeo sulle violazioni dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto;

141.  incoraggia la discussione sull'inclusione dei diversi strumenti a disposizione del Parlamento per quanto riguarda il sostegno e la promozione dei diritti umani in un unico documento strategico, che sarà approvato dal Parlamento in seduta plenaria;

o
o   o

142.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, alla Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al rappresentante speciale dell'UE per i diritti umani, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, al Segretario generale delle Nazioni Unite, al Presidente della 70ª Assemblea generale delle Nazioni Unite, al Presidente del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani, all'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani e ai capi delle delegazioni dell'UE.

(1) Testi approvati, P8_TA(2014)0070.
(2) http://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-11855-2012-INIT/it/pdf
(3) http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/EN/foraff/142549.pdf
(4) http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/EN/foraff/137585.pdf
(5) http://www.europarl.europa.eu/document/activities/cont/ 201203/20120329ATT42170/20120329ATT42170EN.pdf
(6) http://www.consilium.europa.eu/en/policies/pdf/st10152-en15_pdf/
(7) http://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-10897-2015-INIT/en/pdf
(8) http://www.consilium.europa.eu/en/meetings/fac/2015/10/st13201-en15_pdf/
(9) http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/EN/foraff/130243.pdf
(10) http://register.consilium.europa.eu/doc/srv?l=IT&f=ST%2015559%202014%20INIT
(11) http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:32015D0260
(12) http://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-9242-2015-INIT/it/pdf
(13) http://www.un.org/en/ga/search/view_doc.asp?symbol=S/RES/1325(2000)
(14) GU C 236 E del 12.8.2011, pag. 69.
(15) GU C 33 E del 5.2.2013, pag. 165.
(16) Testi approvati, P7_TA(2012)0470.
(17) Testi approvati, P7_TA(2013)0274.
(18) Testi approvati, P7_TA(2013)0394.
(19) Testi approvati, P7_TA(2013)0420.
(20) Testi approvati, P7_TA(2014)0252.
(21) Testi approvati, P8_TA(2015)0079.
(22) Testi approvati, P7_TA(2014)0259.
(23) Testi approvati, P7_TA(2014)0206.
(24) Testi approvati, P8_TA(2015)0076.
(25) Testi approvati, P8_TA(2015)0272.
(26) Testi approvati, P8_TA(2015)0288.
(27) Testi approvati, P8_TA(2015)0317.
(28) Testi approvati, P8_TA(2015)0350.
(29) Testi approvati, P8_TA(2015)0348.
(30) http://ec.europa.eu/enlargement/pdf/key_documents/2014/20141008-strategy-paper_it.pdf
(31) http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:52011DC0200
(32) http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2011:0303:FIN:it:PDF
(33) http://daccess-dds-ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/G14/082/52/PDF/G1408252.pdf?OpenElement
(34) Testi approvati, P8_TA(2015)0274.
(35) http://www.unfpa.org/sites/default/files/pub- pdf/Joint%20Programme%20on%20FGMC%20Summary%20Report.pdf
(36) http://daccess-dds-ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/G14/086/06/PDF/G1408606.pdf?OpenElement
(37) https://www.consilium.europa.eu/ueDocs/cms_Data/docs/hr/news53.pdf
(38) http://ec.europa.eu/enlargement/pdf/key_documents/2014/20141008-strategy-paper_it.pdf
(39) http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2014:077:0027:0043:IT:PDF
(40) Testi approvati, P8_TA(2015)0274.
(41) http://www.ohchr.org/Documents/Publications/GuidingPrinciplesBusinessHR_EN.pdf
(42) http://wcip2014.org/wp-content/uploads/2013/03/N1446828.pdf
(43) GU L 101 del 15.4.2011, pag. 1
(44) https://ec.europa.eu/anti-trafficking/sites/antitrafficking/files/eu_strategy_towards_the_eradication_of_trafficking_in_human_beings_2012-2016_1.pdf
(45) http://www.coe.int/en/web/portal/10-october-against-death-penalty
(46) http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cmsUpload/TortureGuidelines.pdf
(47) http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/en/foraff/137584.pdf
(48) http://europa.eu/rapid/press-release_IP-15-5690_en.pdf
(49) http://www.un.org/en/ga/search/view_doc.asp?symbol=S/RES/1325(2000)
(50) http://www.un.org/en/ga/search/view_doc.asp?symbol=S/RES/1820(2008)
(51) http://www.un.org/ga/search/view_doc.asp?symbol=E/2015/27
(52) http://register.consilium.europa.eu/doc/srv?l=EN&f=ST%2015559%202014%20INIT
(53) http://www.unicef.org/eu/crtoolkit/downloads/Child-Rights-Toolkit-Web-Links.pdf


20° anniversario dell'accordo di pace di Dayton
PDF 156kWORD 63k
Risoluzione del Parlamento europeo del 17 dicembre 2015 sul 20° anniversario dell'accordo di pace di Dayton (2015/2979(RSP))
P8_TA(2015)0471RC-B8-1362/2015

Il Parlamento europeo,

–  visti l'accordo di pace di Dayton, il relativo quadro generale e i dodici allegati,

–  viste le sue risoluzioni del 7 luglio 2005(1), del 15 gennaio 2009(2) e del 9 luglio 2015(3) su Srebrenica,

–  visto il parere della commissione di Venezia dell'11 marzo 2005 sulla riforma costituzionale in Bosnia-Erzegovina,

–  visto l'articolo 123, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,

A.  considerando che l'accordo di pace di Dayton è stato firmato a Parigi il 14 dicembre 1995 e ha posto fine alla guerra più sanguinosa scoppiata in Europa dopo la Seconda guerra mondiale;

B.  considerando che, pur mettendo fine alla guerra, l'accordo non è stato in grado di creare uno Stato funzionante e autosufficiente e che l'assetto istituzionale del paese è eccessivamente complesso e si è rivelato inefficace;

1.  rammenta l'importanza della firma dell'accordo di pace di Dayton, ricorda la tragedia delle vittime della guerra in Bosnia-Erzegovina ed esprime il suo sincero cordoglio alle famiglie di coloro che hanno perso la vita;

2.  constata con rammarico che, vent'anni dopo la fine della guerra e la definizione di un accordo quadro generale contenente la descrizione dei principali aspetti della soluzione di pace e della futura configurazione del paese, i governi che si sono succeduti non sono riusciti a costruire uno Stato pienamente funzionante e autosufficiente;

3.  si compiace dei risultati conseguiti in merito al ritorno dei profughi e degli sfollati interni, alla ricostruzione e alla restituzione delle proprietà, in linea con le disposizioni di cui all'allegato 7 dell'accordo di Dayton; insiste sulla necessità di attuare pienamente gli allegati e la relativa strategia al fine di garantire un ritorno sostenibile così come soluzioni eque, globali e durevoli per gli sfollati interni, i profughi e le altre persone colpite dal conflitto; sottolinea a tale riguardo la necessità di garantire un ritorno sostenibile di croati, bosniaci e altri nella Republika Srpska; sottolinea l'esigenza di compiere progressi per migliorare l'integrazione socioeconomica delle persone che hanno fatto ritorno al proprio luogo di origine; invita a coordinare meglio gli sforzi a tutti i livelli e a prestare maggiore attenzione ai gruppi di sfollati più vulnerabili, tra cui i rom e le donne vittime di violenza; si rammarica del fatto che, secondo il Comitato internazionale della Croce Rossa, vi siano tuttora circa 7 000 persone scomparse il cui destino rimane ignoto;

4.  riconosce la trasformazione positiva che la Bosnia-Erzegovina ha subito negli ultimi 20 anni, passando da un paese appena uscito da una guerra devastante a uno Stato che aspira all'adesione all'Unione europea;

5.  ribadisce l'impegno dell'UE a favore della prospettiva europea e della prosecuzione del processo di adesione della Bosnia-Erzegovina e di tutti i paesi dei Balcani occidentali; ritiene che la cooperazione regionale e il processo di integrazione europea siano gli approcci più idonei a promuovere la riconciliazione e a far superare odi e divisioni;

6.  invita le autorità a sfruttare il 20° anniversario dell'accordo di pace di Dayton quale incentivo per portare avanti le riforme necessarie, soprattutto in considerazione dell'imminente domanda di adesione all'UE della Bosnia-Erzegovina; ricorda che la priorità deve essere attribuita a dare risposta alle esigenze socioeconomiche dei cittadini, così come all'istituzione di un meccanismo efficace di coordinamento sulle questioni dell'UE; ribadisce che è altresì fondamentale continuare, in parallelo, le riforme politiche e costituzionali e la democratizzazione del sistema politico, che porteranno a garantire la vera parità e la rappresentazione democratica dei tre popoli costituenti e di tutti i cittadini del paese; sottolinea che tutti i cittadini della Bosnia-Erzegovina devono avere pari opportunità di essere eletti a tutti i livelli del processo decisionale politico;

7.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi degli Stati membri, ai governi e ai parlamenti della Bosnia-Erzegovina e delle sue entità, nonché ai governi e ai parlamenti dei paesi dei Balcani occidentali.

(1) GU C 157 E del 6.7.2006, pag. 468.
(2) GU C 46 E del 24.2.2010, pag. 111.
(3) Testi approvati, P8_TA(2015)0276.


Esportazioni di armi: applicazione della posizione comune 2008/944/PESC
PDF 208kWORD 103k
Risoluzione del Parlamento europeo del 17 dicembre 2015 sull'esportazione di armi: attuazione della posizione comune 2008/944/PESC (2015/2114(INI))
P8_TA(2015)0472A8-0338/2015

Il Parlamento europeo,

–  vista la posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio dell'8 dicembre 2008 che definisce norme comuni per il controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari (in appresso "la posizione comune")(1),

–  vista la revisione della posizione comune condotta dal gruppo di lavoro del Consiglio sulle esportazioni di armi convenzionali (COARM),

–  vista la sedicesima relazione annuale del Consiglio ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 2 della posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio che definisce norme comuni per il controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari(2),

–  vista la decisione 2012/711/PESC del Consiglio, del lunedì 19 novembre 2012, relativa al sostegno delle attività dell’UE volte a promuovere il controllo delle esportazioni di armi e i principi e i criteri della posizione comune 2008/944/PESC tra i paesi terzi;

–  vista la strategia dell'UE contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa del 9 dicembre 2003,

–  vista la strategia di sicurezza europea dal titolo "Un'Europa sicura in un mondo migliore", approvata dal Consiglio europeo il 12 dicembre 2003,

–  visto il Trattato sul commercio delle armi (TCA) adottato dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 2 aprile 2013(3),

–  vista la sua risoluzione del 5 febbraio 2014 sulla ratifica del Trattato sul commercio delle armi(4),

–  vista la sua risoluzione del 21 maggio 2015 sull'impatto degli sviluppi nei mercati europei della difesa sulle capacità di sicurezza e difesa in Europa(5), in particolare i paragrafi 4, 10, 18, 19, 20 e 21,

–  vista la decisione 2013/768/PESC del Consiglio, del 16 dicembre 2013, relativa alle attività dell'UE a sostegno dell'attuazione del trattato sul commercio di armi nell'ambito della strategia europea in materia di sicurezza(6),

–  visto il regolamento (CE) n. 428/2009, del 5 maggio 2009, che istituisce un regime comunitario di controllo delle esportazioni, del trasferimento, dell'intermediazione e del transito di prodotti a duplice uso(7), come modificato dal regolamento (UE) n. 599/2014 e l'elenco dei beni e della tecnologia a duplice uso nel suo allegato I,

–  vista la comunicazione della Commissione del 24 aprile 2014 al Consiglio e al Parlamento europeo dal titolo "Revisione della politica di controllo delle esportazioni: garantire la sicurezza e la competitività in un mondo che cambia" (COM(2014)0244),

–  vista la dichiarazione comune del Parlamento, del Consiglio e della Commissione del 12 giugno 2014 sul riesame del sistema di controllo delle esportazioni di prodotti a duplice uso,

–  viste le conclusioni del Consiglio del 21 novembre 2014 sul riesame della politica sul controllo delle esportazioni,

–  vista la risoluzione del Parlamento europeo, dell'8 settembre 2015, su "Diritti umani e tecnologia: impatto dei sistemi di sorveglianza e di individuazione delle intrusioni sui diritti umani nei paesi terzi"(8),

–  vista la direttiva 2009/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, che semplifica le modalità e le condizioni dei trasferimenti all'interno delle Comunità di prodotti per la difesa(9),

–  viste la strategia dell'UE volta a combattere l'accumulazione e il traffico illeciti di armi leggere e di piccolo calibro e relative munizioni, adottata dal Consiglio europeo il 15-16 dicembre 2005​e l'azione comune 2002/589/PESC del Consiglio, del 12 luglio 2002, sul contributo dell'Unione europea alla lotta contro l'accumulazione e la diffusione destabilizzanti di armi portatili e di armi leggere e che abroga l'azione comune 1999/34/PESC,

–  vista la posizione comune 2003/468/PESC del Consiglio, del 23 giugno 2003, sul controllo dell'intermediazione di armi(10),

–  visto l’elenco comune delle attrezzature militari dell’Unione europea adottato dal Consiglio il lunedì 9 febbraio 2015,

–  visto il manuale per l'uso della posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio che definisce norme comuni per il controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari,

–  vista l'intesa di Wassenaar, del 12 maggio 1996, per il controllo delle esportazioni di armi convenzionali e di beni e tecnologie a duplice uso, ivi compresi gli elenchi di tali prodotti, tecnologie e munizioni, aggiornati nel 2015(11),

–  viste le decisioni della 19° sessione plenaria dell'intesa di Wassenaar per il controllo sulle esportazioni di armi convenzionali e di beni e tecnologie a duplice uso, tenutasi a Vienna il 3 e 4 dicembre 2013,

–  visto il regolamento (CE) n. 1236/2005 del Consiglio del 27 giugno 2005 relativo al commercio di determinate merci che potrebbero essere utilizzate per la pena di morte, per la tortura o per altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti,

–  vista la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, del 28 aprile 2015, sull'agenda europea sulla sicurezza, (COM(2015)0185),

–  visto il consenso europeo in materia di sviluppo, adottato il 24 febbraio 2006,

–  vista la comunicazione della Commissione del 13 ottobre 2011 al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni dal titolo "Potenziare l'impatto della politica di sviluppo dell'Unione europea: un programma di cambiamento" (COM(2011)0637),

–  visti gli Obiettivi di sviluppo del Millennio, e in particolare l’obiettivo 16: obiettivo 16.4, che invita gli Stati a ridurre in modo significativo i flussi illeciti di armi;

–  vista la decisione del Consiglio 2014/512/PESC concernente misure restrittive in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina,

–  visti l'articolo 42 del trattato sull'Unione europea (TUE) e l'articolo 346 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE),

–  visto il Trattato sul commercio di armi delle Nazioni Unite che è entrato in vigore il 24 dicembre 2014,

–  vista la risoluzione 24/35 del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani dell'8 ottobre 2013 sull'impatto del trasferimento di armi sui diritti umani nei conflitti armati(12),

–  visti l'articolo 52 e l'articolo 132, paragrafo 2, del suo regolamento,

–  vista la relazione della commissione per gli affari esteri (A8-0338/2015),

A.  considerando che il contesto globale della sicurezza intorno all'UE è cambiato drasticamente, in particolare nel suo vicinato meridionale e orientale;

B.  considerando l'esistenza del diritto naturale di legittima difesa individuale o collettiva, conformemente all'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite;

C.  considerando che, nell'interesse della stabilità internazionale, è importante prevedere strumenti di dissuasione sulla base di una valutazione caso per caso, nel pieno rispetto dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite e del criterio quattro della posizione comune sulla salvaguardia della pace, della sicurezza e della stabilità regionali;

D.  considerando che la diffusione incontrollata delle armi costituisce un grave rischio per la pace e la sicurezza, i diritti umani e lo sviluppo sostenibile; che ogni minuto nel mondo una persona muore per la violenza armata e nello stesso intervallo di tempo 15 nuove armi vengono prodotte;

E.  considerando che la regolamentazione del commercio internazionale di armi è, per definizione, un'ambizione a livello mondiale; che l'UE deve assicurare la coerenza complessiva delle sue attività esterne nel contesto delle sue relazioni esterne, al fine di promuovere la democrazia e lo Stato di diritto, prevenire i conflitti, debellare la povertà, promuovere il dialogo interculturale e mantenere la stabilità e la sicurezza internazionali; che, nel periodo 2010-2014, gli Stati membri dell'UE hanno fornito il 25,4% dei volumi delle forniture(13) delle principali armi convenzionali in tutto il mondo;

F.  considerando che, come sancito dal trattato di Lisbona, l'eliminazione della povertà è l'obiettivo principale della politica di sviluppo dell'UE, nonché una delle priorità della sua azione esterna finalizzata alla ricerca di un mondo più stabile e prospero; che la fornitura di armi ai paesi in conflitto, oltre a consentire di perpetrare atti di violenza su più vasta scala, ha un impatto negativo sulle possibilità di sviluppo di questi paesi come dimostrano le relazioni delle organizzazioni umanitarie che hanno quantificato detto impatto(14);

G.  considerando che gli Stati membri dell'UE hanno esportato armi per un valore complessivo di EUR 36,7 miliardi nel 2013 di cui EUR 26 miliardi a paesi terzi; che, a titolo comparativo, il bilancio complessivo per la strumento europeo di vicinato per il periodo 2014-2020 è di EUR 15,4 miliardi; che gli Stati membri dell'UE forniscono il 30% delle esportazioni totali di armi; e che difficilmente si possono ricondurre questi flussi commerciali a interessi diretti di sicurezza dell'UE;

H.  considerando che la posizione comune 2008/944/PESC rappresenta un quadro giuridicamente vincolante che stabilisce otto criteri per l'esportazione di armi convenzionali che gli Stati membri dell'UE devono applicare alle loro decisioni in materia di licenze; che, soprattutto nel contesto dello sviluppo di un mercato europeo della difesa e di una base tecnica ed industriale di difesa europea (EDTIB), occorre tenere debitamente conto di tale posizione comune;

I.  considerando che i paesi terzi Albania, Bosnia-Erzegovina, ex Repubblica iugoslava di Macedonia, Islanda, Canada, Montenegro e Norvegia si sono ufficialmente allineati ai criteri e principi della posizione comune;

Contesto globale della sicurezza ed esportazioni di armi

1.  è profondamente preoccupato per la diffusione di conflitti armati, in particolare in Ucraina, in Siria, in Iraq, in Libia e nello Yemen, nonché per tutti i conflitti internazionali, che in un mondo sempre più globalizzato generano rischi e conseguenze per la stabilità e la sicurezza internazionali ed hanno determinato un vicinato meno stabile e sicuro per l'UE;; rileva che i trasferimenti di armi agli stati in conflitto possono aver contribuito a questi conflitti;

2.  trova deplorevole che gli sviluppi degli ultimi due anni abbiano dimostrato che le armi finiscono talvolta nelle mani di terroristi o di regimi repressivi o di paesi in cui i bambini potrebbero essere reclutati o utilizzati nelle ostilità, o di regimi che hanno relazioni dubbie con il terrorismo internazionale o una politica nazionale e estera aggressiva, e ritiene quindi necessario adottare efficaci regimi di controllo delle esportazioni di armi; deplora l'utilizzo di armi al fine di alimentare insicurezza e conflitti armati interni ed esterni, o di sostenere la repressione interna, i conflitti regionali o gravi violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali; trova, altresì, deplorevole che il commercio illecito di armi continui a essere una grossa attività molto redditizia;

3.  deplora il fatto che circa mezzo milione(15) di persone muoia ogni anno a causa della violenza armata, sia nei conflitti armati che in relazione ad attività criminali;

4.  ribadisce che l'adesione alla posizione comune è fondamentale per la realizzazione dei principi e dei valori dell'UE, in particolare nei settori della normativa internazionale dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale e delle sue responsabilità in materia di sicurezza locale, regionale e globale;

5.  rileva che gli Stati membri dell'UE sono tra i principali esportatori di armi a livello mondiale, con EUR 36,711 miliardi in esportazioni mondiali nel 2013, di cui EUR 10,735 miliardi tra Stati membri ed EUR 25,976 miliardi a paesi terzi, secondo la sedicesima relazione annuale; ribadisce che, ai sensi dell'articolo 10 della posizione comune, la considerazione degli interessi economici, sociali, commerciali e industriali degli Stati membri non pregiudica l'applicazione degli otto criteri che regolamentano le esportazioni di armi;

6.  deplora, tuttavia, che l'articolo 10 sia spesso ignorato, soprattutto perché le società di difesa europee compensano sempre più il loro calo di fatturato in Europa con le esportazioni al di fuori dell'UE; esprime seria preoccupazione per le conseguenze che il trasferimento di conoscenza e tecnologia sensibili verso paesi terzi potrà avere sulla sicurezza e la difesa dell'UE, poiché ciò comporta un maggior rischio di dipendenza dai paesi con interessi strategici divergenti come la Russia;

7.  ricorda che l'industria della difesa dovrebbe essere uno strumento per attuare le politiche di difesa e sicurezza degli Stati membri garantendo una sicurezza del regime di approvvigionamento nell'UE e contribuendo al contempo anche all'attuazione di una PESC e di una PSDC rafforzate, visto che questo è importante per contribuire a garantire la stabilità e la sicurezza globali; riconosce che le esportazioni di armi sono state fondamentali in termini di rafforzamento e ulteriore sviluppo della base industriale e tecnologica della difesa europea, che è stata importante in una vasta gamma di innovazione e sviluppo tecnologico;

8.  riconosce la legittimità delle esportazioni che rispettano rigorosamente i criteri di cui all'articolo 4, lettera c) della posizione comune 2008/944/PESC nel rispondere a interrogazioni e petizioni dell'UE, in conformità del criterio e del diritto all'autodifesa; appoggia la fornitura di armi difensive in caso di legittima difesa; prende atto della decisione di alcuni Stati membri di fornire armi difensive ai Peshmerga nel Kurdistan iracheno e all'Ucraina; osserva che, a tale proposito, gli Stati membri non si stanno coordinando;

9.  sottolinea che, mentre il rifiuto o la sospensione delle licenze a seguito di embarghi o conflitti sono un segnale positivo, essi indicano che la politica delle esportazioni dell'UE ha un carattere semplicemente reattivo; ritiene che, secondo la posizione comune, prima di concedere le licenze sarebbe necessaria una valutazione più approfondita dei rischi specifici connessi con i paesi beneficiari e degli interessi di sicurezza dell'UE;

10.  prende atto del fatto che i rischi derivanti dalla deviazione, dal contrabbando e dallo stoccaggio di armi ed esplosivi stanno aumentando e restano una sfida da affrontare; sottolinea il rischio che le armi da paesi terzi con elevati livelli di corruzione potrebbero essere introdotte in Europa a causa di un aumento del contrabbando di armi, nonché del traffico delle stesse e dell'assenza di controlli ai punti di entrata, per esempio porti, compromettendo così la sicurezza dei cittadini, come è stato evidenziato in una recente relazione di Europol;(16)

11.  sottolinea che i controlli sulle esportazioni di armi costituiscono parte integrante della politica estera e di sicurezza dell'UE e devono ispirarsi ai principi sanciti dall'articolo 21 TUE, in particolare la promozione della democrazia e dello Stato di diritto e il mantenimento della pace, la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza internazionale; ricorda che è fondamentale garantire coerenza tra le esportazioni di armi e la credibilità dell'UE come un sostenitore globale dei diritti umani; è profondamente convinto che una più efficace attuazione degli otto criteri della posizione comune rappresenterebbe un importante contributo allo sviluppo sia della PESC che della PSDC; chiede che la nuova strategia globale dell'Unione europea in materia di politica estera e di sicurezza consideri adeguatamente le questioni relative alle esportazioni di armi in vista del mutato contesto della sicurezza e dei rischi e delle minacce associati agli interessi europei in materia di sicurezza;

12.  deplora il fatto che trasferimenti di armi illegali, illeciti e non regolamentati continuino a compromettere la stabilità politica e ad ostacolare lo sviluppo democratico sociale e/o economico in talune parti del mondo; riconosce che un'interpretazione coerente e una efficace attuazione del criterio 8 della posizione comune 2008/944/PESC sarebbe un contributo decisivo alla coerenza delle politiche dell'UE in materia di obiettivi di sviluppo; chiede costante attenzione al criterio otto al fine di valutare il possibile impatto negativo della spesa per le armi sulle prospettive di sviluppo dei paesi beneficiari più poveri;

Trattato sul commercio delle armi

13.  accoglie con favore l'entrata in vigore del TCA; si compiace delle attività di sensibilizzazione intraprese dall'UE per promuovere la ratifica e l'attuazione universali del TCA e chiede impegni costanti in questo senso, in particolare con i paesi che sono i principali commercianti di armi; esorta gli Stati membri che non hanno ratificato il TCA a farlo quanto prima; riconosce che il TCA, pur rappresentando un risultato positivo, ha ancora i suoi limiti e le sue ambiguità (concetti poco chiari, deroghe agli obblighi di comunicazione, mancanza di regime sanzionatorio);

14.  si compiace del successo della prima conferenza degli Stati parte tenutasi a Cancún dal 24 al 27 agosto 2015 ma evidenzia come non sia stato trovato un accordo riguardo il modello da utilizzarsi per i rapporti annuali; ritiene che il trattato avrà veramente successo solo se si riuscirà a promuoverne l'universalizzazione e se saranno stabiliti meccanismi vincolanti o sanzionatori da utilizzarsi nel caso di non applicazione delle regole stabilite;

15.  si compiace della prescrizione in virtù della quale gli Stati contraenti del TCA, nel processo decisionale relativo alle licenze, tengono conto del rischio che le armi da trasferire possano essere utilizzate per commettere o facilitare gravi atti di violenza di genere o gravi atti di violenza contro donne e bambini; invita gli Stati membri a rafforzare il linguaggio della posizione comune per quanto riguarda la violenza di genere o gravi atti di violenza contro donne e bambini;

16.  plaude al fatto che l'UE si è dotata di un quadro giuridicamente vincolante, unico al mondo, che attua un controllo sulle esportazioni di armi, anche verso le regioni di crisi e i paesi con una dubbia situazione in materia di diritti umani; accoglie con favore, al riguardo, che diversi Stati europei e paesi terzi abbiano aderito al sistema di controllo delle esportazioni di armi sulla base della posizione comune;

17.  accoglie con favore il fatto che Albania, Bosnia-Erzegovina, Canada, la ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Islanda, Montenegro e Norvegia si sono allineati ai criteri e ai principi della posizione comune 2008/944/PESC; osserva che sin dal 2012 è in vigore un sistema specifico di scambio di informazioni tra l'UE e i paesi terzi allineati alla posizione comune;

La posizione comune

18.  ricorda che la posizione comune dovrebbe portare ad un approccio coordinato al commercio delle armi che non pregiudichi il diritto degli Stati membri ad applicare politiche nazionali più restrittive, come sancito dall'articolo 3 della posizione comune; ricorda inoltre che, in ogni caso, resta di competenza esclusiva degli Stati il rifiuto di trasferire qualsiasi tecnologia militare o armamento, e che le norme comuni stabilite dalla posizione comune sono da considerarsi come lo standard minimo per la gestione del trasferimento di tecnologia militare secondo il considerando 3; sottolinea che l'armonizzazione a livello europeo non dovrebbe essere utilizzata come pretesto per indebolire norme nazionali più rigorose;

19.  invita gli Stati membri a interpretare in modo coerente e ad applicare rigorosamente i criteri della posizione comune in tutti i casi, non lasciando che la considerazione degli interessi economici e politici prevalga nel processo decisionale; invita inoltre gli Stati membri ad annullare i contratti già stipulati ove l'accordo, a seguito di una situazione profondamente mutata, violi la posizione comune;

20.  ritiene che la vera problematica sia rappresentata da un'applicazione approssimativa e da un'interpretazione inconsistente della posizione comune da parte degli Stati Membri e ritiene pertanto cruciale che si persegua un'applicazione omogenea e ambiziosa degli otto criteri; rileva a questo riguardo la mancanza di meccanismi sanzionatori in caso di violazione dei criteri e ritiene opportuno prevedere modalità per eseguire verifiche indipendenti nonché meccanismi sanzionatori in caso di violazione della posizione comune;

21.  prende atto della revisione della posizione comune 2008/944/PESC da parte del COARM e della conclusione che essa è adeguatamente funzionale agli obiettivi fissati dal Consiglio ed è in linea con il TCA; rileva che nessun cambiamento è stato introdotto malgrado la grave situazione in Siria e in Iraq, l'aumento dell'attività terroristica e i conflitti e l'instabilità che sono diffusi in Medio oriente e nell'Africa settentrionale e che potrebbero, a loro volta, ripercuotersi sulla sicurezza dell'Unione stessa;

22.  prende atto dell'aggiornamento del manuale per l'uso della posizione comune del Consiglio e dell'elenco delle attrezzature militari dell'UE; auspica l'adozione di un nuovo meccanismo di condivisione delle informazioni online da parte del COARM; accoglie con favore i nuovi riferimenti ad aspetti del TCA che non sono ancora inclusi nella posizione comune e le modifiche agli orientamenti aggiuntivi al criterio 7; chiede che vengano effettuati sforzi in particolare per quanto riguarda gli orientamenti per una efficace attuazione del criterio otto;

23.  invita gli Stati membri ad assicurare un'applicazione più rigorosa degli otto criteri; ritiene che gli Stati membri, anche a livello europeo nel COARM, dovrebbero ampliare le loro valutazioni analizzando anche la situazione nel paese destinatario, nonché la specifica tecnologia militare in questione; invita gli Stati membri ad applicare criteri nazionali più severi;

24.  è preoccupato per l'effetto che le minacce, reali o percepite, di un'azione legale da parte di società in alcuni Stati membri potrebbe avere sull'esame delle domande di licenza per l'esportazione; ricorda agli Stati membri che l'applicazione rigorosa e scrupolosa degli otto criteri crea la base necessaria per il rifiuto delle licenze;

25.  osserva che, ai sensi del criterio 2, gli Stati membri rifiutano licenze di esportazione soltanto qualora esista un "rischio evidente" che la tecnologia o le attrezzature militari da esportare possano essere utilizzate a fini di repressione interna; ritiene che tale criterio dia adito a un'applicazione incoerente delle norme comuni; chiede la collaborazione tra i rappresentanti del Consiglio d'Europa, dell'Ufficio dell'Alto Commissario per i diritti dell'uomo e delle organizzazioni per i diritti umani al fine di chiarire ulteriormente il criterio 2;

26.  critica le frequenti violazioni degli otto criteri da parte di vari Stati membri; deplora che non esistano meccanismi per sanzionare la violazione degli otto criteri da parte di uno Stato membro e che non vi siano progetti in tal senso; è del parere che si dovrebbero predisporre delle modalità e delle risorse per effettuare controlli indipendenti nonché meccanismi per sanzionare le violazioni della posizione comune;

27.  invita tutti gli Stati membri a trattare il concetto del rischio nelle procedure di concessione delle licenze per il trasferimento di armi a titolo precauzionale, com'è prassi quando si affrontano altre ambiti tra cui il terrorismo, il riciclaggio di denaro e i problemi ambientali;

28.  sottolinea la necessità di garantire una politica più coerente in materia di embarghi e di applicarli con effetto immediato; invita gli Stati membri a chiarire le disposizioni nazionali ed internazionali relative all'esportazione di armi "militari" e "non militari", che potrebbero consentire a piccoli trasferimenti di armi di aggirare i sistemi di regolamentazione attraverso la possibilità di essere descritti come "non militari";

29.  ricorda che il regolamento (UE) n. 258/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio che attua l’articolo 10 del protocollo delle Nazioni Unite contro la fabbricazione e il traffico illeciti di armi da fuoco è volto a garantire un controllo efficace dei trasferimenti di armi da fuoco ad uso civile; riconosce la legittimità delle esportazioni di armi da caccia e sportive a uso civile nell'ambito di tale regolamento; accoglie con favore la revisione della legislazione dell'UE in materia di armi da fuoco (inclusi la disattivazione, le sanzioni amministrative e le armi di segnalazione) e l'intenzione di rafforzare la cooperazione di polizia con i paesi confinanti sul contrabbando di armi; invita la Commissione, in tal senso, a rafforzare le capacità di EUROPOL;

30.  invita gli Stati membri a includere nella posizione comune un meccanismo di sospensione automatica di licenze di esportazione di armi in paesi contro i quali è stato emesso un embargo europeo sulle armi successivamente alla concessione della licenza per l'esportazione;

31.  suggerisce di esplorare la possibilità di applicare ed estendere gli otto criteri anche al trasferimento di servizi collegati alle esportazioni di armi come la consulenza e alle attività in paesi terzi di imprese militari private con sede nell'UE; chiede un approccio unificato da parte dell'UE alla questione delle navi-arsenale ("floating armouries");

32.  invita gli Stati membri che non hanno ancora adempiuto pienamente alla posizione comune 2003/468/PESC del Consiglio, del 23 giugno 2003, sul controllo dell'intermediazione di armi, a spiegare le ragioni dell'inosservanza e a indicare quali azioni intendono compiere e quando per onorare i propri obblighi ai sensi della posizione comune; esorta gli Stati membri a includere il trasporto e i servizi di finanziamento delle armi nella propria legislazione in materia d'intermediazione;

33.  esprime preoccupazione per le possibili deviazioni delle esportazioni e invita gli Stati membri ad istituire un sistema di controllo efficace (sistemi di monitoraggio, clausola di non-abuso nei certificati di utente finale, ispezioni in loco degli utenti finali), incluso il potenziamento del personale preposto a tal fine; ritiene che sia necessaria una maggiore cooperazione tra gli Stati membri, e tra questi ultimi e Europol e Eurojust, nonché con i paesi terzi, per facilitare l'azione penale nei confronti di intermediari e contrabbandieri di armi per il trasferimento illecito di armi; invita il Consiglio ad effettuare un miglior allineamento del criterio 7 all'articolo 11 del TCA;

34.  esprime profonda preoccupazione per la possibilità di aggirare i controlli delle esportazioni dell'UE attraverso la produzione su licenza in paesi terzi o attraverso controllate all'estero di società con sede nell'UE; invita il COARM a esaminare approfonditamente la questione nella sua prossima relazione annuale;

35.  chiede un maggior coordinamento a livello operativo in seno al Consiglio e al SEAE, al fine di assicurare che si tenga debito conto degli aspetti relativi alla prevenzione dei conflitti, allo sviluppo e ai diritti umani; chiede consultazioni periodiche tra il COARM e il COHOM nonché una collaborazione tra il COARM e tutti gli attori dell'UE coinvolti, quali il Centro UE di analisi dell'Intelligence (Intcen), il Coordinatore UE per l'antiterrorismo e le delegazioni dell'UE, per migliorare la coerenza e la condivisione di informazioni potenzialmente rilevanti ai fini delle decisioni relative alle licenze per il trasferimento di armi, in particolare per quanto concerne i rischi esistenti nei paesi destinatari proposti, al fine di migliorare la qualità delle decisioni assunte nel contesto della posizione comune;

Trasparenza

36.  deplora il fatto che la sedicesima relazione annuale sia stata approvata con ritardo, il maggiore registrato sinora;

37.  osserva che per contributi completi si intendono dati sul valore economico delle licenze per l'esportazione di armi concesse e delle reali esportazioni, ripartiti per destinazione e categoria dell'elenco delle attrezzature militari dell'UE; invita i restanti Stati membri a rispettare l'obbligo di presentare una relazione annuale e a fornire dati per la 16° relazione annuale, a posteriori, e, a tempo debito, per le prossime relazioni annuali;

38.  rileva che la relazione contiene informazioni standardizzate sulle licenze di esportazione rilasciate, ma non comprende informazioni complete sulle reali esportazioni di armi; esorta il Consiglio e la VP/HR a valutare come migliorare il rispetto dell'obbligo di segnalazione e aumentare la trasparenza e l'esame pubblico del quadro di controllo delle esportazioni, in particolare assicurando che gli Stati membri segnalino tutte le esportazioni di armi; chiede di rimediare a questa mancanza e che si preveda dunque una relazione annuale che evidenzi, in modo disaggregato per tipologia e destinazione, i reali dati di esportazione;

39.  chiede l'introduzione di una procedura standardizzata di comunicazione e presentazione, compresa una scadenza, per le informazioni sulle reali esportazioni e i dati relativi alle licenze da applicare e rispettare in modo uniforme in tutti gli Stati membri; invita gli Stati membri a riferire integralmente sulle licenze negate, comprese le informazioni specifiche delle licenze per quanto riguarda lo stato destinatario e la specifica autorità, la descrizione e la quantità degli articoli da trasferire in relazione alle sottocategorie dell'elenco delle attrezzature militari, insieme al motivo preciso del rifiuto; propone di cambiare il formato della relazione annuale e di rilanciare la relazione come una banca dati on line pubblica, interattiva e consultabile;

40.  chiede consultazioni rafforzate tra gli Stati membri per quanto riguarda trasferimenti verso regioni o paesi fragili e instabili, in particolare quelli che dimostrano un atteggiamento aggressivo nei confronti del proprio vicinato; chiede una verifica approfondita e sistematica dell'applicazione del regime di sanzioni UE nei confronti della Russia per le esportazioni di armi e la vendita di tecnologie a duplice uso; invita gli Stati membri a creare un elenco di persone (comprese le persone giuridiche e gli individui) che sono state condannate per aver violato la legislazione collegata alle esportazioni di armi e per casi di comprovata deviazione, nonché di persone che, pur non essendo state condannate in ambito giudiziario, notoriamente partecipano al commercio illegale di armi o ad attività che mettono a rischio la sicurezza internazionale; invita gli Stati membri a fornire informazioni dettagliate sulle procedure per la revoca o la sospensione delle licenze concesse per quanto riguarda i paesi soggetti ad embargo;

41.  ritiene essenziale che i paesi candidati all'adesione all'UE si conformino alle posizioni e ai principi UE in materia di esportazione e commercio di armi;

42.  attraverso procedure di collaborazione tra polizie ed autorità di frontiera basate sullo scambio di informazioni e database, chiede un controllo ed una cooperazione sul traffico illecito di armi per ridurre al minimo il rischio di sicurezza per l'Unione europea ed i suoi cittadini;

Controllo pubblico

43.  ricorda che i governi hanno la responsabilità politica di decidere se o meno esportare beni militari o a duplice uso; invita gli Stati membri a fornire informazioni dettagliate in merito a ciascuna delle licenze concesse per consentire di effettuare controlli, a livello europeo, al fine di garantire che i paesi non violino i criteri della posizione comune per i propri interessi economici, politici o personali; chiede al SEAE/COARM di farsi carico dell'esame delle licenze delle quali si mette in dubbio la conformità ai criteri enunciati nella posizione comune;

44.  è fermamente convinto che i cittadini e i parlamenti abbiano il diritto di essere informati dettagliatamente sulle decisioni in materia di esportazione di armi dei loro governi in quanto queste influenzano la sicurezza e il benessere della loro nazione e degli altri paesi, e in linea con gli interessi della trasparenza e di un maggiore controllo pubblico; chiede che le relazioni siano rese pubbliche;

45.  invita il Consiglio e il SEAE a migliorare anche l'accesso alle informazioni in materia di sanzioni e embargo sulle armi dell'UE, dal momento che questa informazione spesso non è aggiornata o presentata in una forma facilmente accessibile;

46.  chiede che il controllo parlamentare sia potenziato a livello sia nazionale che europeo attraverso relazioni annuali ai parlamenti; chiede che le esportazioni di armi europee e la politica di difesa industriale europea siano discusse in occasione della prossima Conferenza interparlamentare sulla PESC/PSDC;

47.  giudica con favore le consultazioni periodiche con la società civile che permettono di aumentare la trasparenza; invita la Commissione e il SEAE/COARM a continuare tale dialogo con la società civile, le ONG e i gruppi di riflessione; incoraggia la società civile e il mondo accademico ad esercitare un controllo indipendente del commercio di armi;

Le nuove tecnologie e la questione dei beni a duplice uso

48.  ritiene che gli sviluppi tecnologici rendano sempre più difficile distinguere tra puro uso militare e puro uso civile, e che pertanto dovrebbe prestarsi particolare attenzione ai "beni a duplice impiego" (Dual Use List) alla luce dell'Intesa di Wassenaar; invita la VP/AR, gli Stati membri e la Commissione a garantire che non vi siano lacune a livello di intesa di Wassenaar o tra l'elenco delle attrezzature militari e gli allegati al regolamento duplice uso e a prestare particolare attenzione alle nuove tecnologie di importanza strategica, come i sistemi aerei a pilotaggio remoto, la robotica applicata e le tecnologie di sorveglianza;

49.  ricorda che la proliferazione a livello mondiale di alcune tecnologie di sorveglianza e individuazione delle intrusioni non è solo pregiudizievole per i diritti umani, ma può rappresentare una significativa minaccia anche per gli interessi strategici europei e per la nostra infrastruttura digitale;

50.  accoglie con favore l'iniziativa in corso della Commissione per la modernizzazione dei controlli delle esportazioni a duplice uso e la sua intenzione di presentare una nuova proposta legislativa nel primo semestre del 2016 per politiche intelligenti ed efficaci volte a disciplinare le esportazioni commerciali di servizi relativi all'attuazione e all'utilizzo delle tecnologie a duplice uso, comprendendo al contempo tutele efficaci al fine di evitare che tali controlli sulle esportazioni danneggino la ricerca scientifica e nel campo della sicurezza informatica; sottolinea che la proposta dovrebbe anche mirare a migliorare la coerenza e la trasparenza del regime di controllo delle esportazioni e tenere pienamente conto della natura mutevole delle sfide di sicurezza e della rapidità degli sviluppi tecnologici, in particolare per quanto riguarda il software e le apparecchiature di sorveglianza e d'individuazione delle intrusioni; accoglie con favore l'accordo raggiunto il 4 dicembre 2013 da parte dei paesi che partecipano all'Intesa di Wassenaar in merito all'adozione di controlli nei settori degli strumenti di sorveglianza, dell'applicazione della legge e della raccolta delle informazioni di intelligence, nonché dei sistemi di sorveglianza delle reti; ricorda la necessità urgente di affrontare le esportazioni potenzialmente nocive di prodotti e servizi TIC che possono essere utilizzati in relazione a violazioni dei diritti umani in alcuni paesi terzi, come concordato nella dichiarazione congiunta del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione dell'aprile 2014;

51.  invita gli Stati membri a mettere a disposizione sufficienti risorse per applicare e attuare i controlli sulle esportazioni a duplice uso, sull'intermediazione e sul transito; giudica con favore i programmi di capacity-building in corso finanziati dall'UE a sostegno dei sistemi di controllo delle esportazioni a duplice uso dei paesi terzi; invita gli Stati membri a mobilitare le capacità di formazione anche all'interno dell'UE;

52.  sottolinea che la Commissione dovrebbe riuscire a fornire tempestivamente alle aziende che sono in dubbio se richiedere o meno una licenza di esportazione informazioni accurate e aggiornate in merito alla legittimità o agli effetti potenzialmente nocivi delle eventuali transazioni;

53.  invita la Commissione a presentare proposte per un riesame delle possibili modalità di utilizzo delle norme UE sulle TIC per la prevenzione delle ripercussioni potenzialmente nocive dell'esportazione di tali tecnologie o di altri servizi verso paesi terzi in cui concetti come l'"intercettazione legale" non possono essere considerati equivalenti a quelli dell'UE o in cui, ad esempio, i diritti umani non sono stati rispettati o in cui lo Stato di diritto non esiste;

54.  ribadisce che le norme dell'Unione, e in particolare quelle di cui alla Carta europea dei diritti fondamentali dell'Unione europea, dovrebbero prevalere su altre considerazioni nella valutazione dei casi in cui le tecnologie a duplice uso vengono utilizzate secondo modalità che potrebbero limitare i diritti umani;

55.  deplora il fatto che talune imprese europee, come pure imprese internazionali che vendono tecnologie a duplice uso, cooperino attivamente con regimi le cui azioni violano i diritti umani in circostanze in cui sono consapevoli degli effetti negativi sui diritti umani derivanti da tale commercio;

56.  sollecita la Commissione a escludere pubblicamente le imprese che svolgono tali attività dalle procedure di aggiudicazione degli appalti UE, dai finanziamenti alla ricerca e allo sviluppo e da qualunque altra forma di sostegno finanziario;

o
o   o

57.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, alla vicepresidente/Alto rappresentante e ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.

(1) GU L 335 del 13.12.2008, pag. 99.
(2) GU C 103 del 27.3.2015, pag. 1.
(3) Trattato sul commercio di armi, UN, 13-27217.
(4) Testi approvati, P7_TA(2014)0081.
(5) Testi approvati, P8_TA(2015)0215.
(6) GU L 341 del 18.12.2013, pag. 56.
(7) GU L 134 del 29.5.2009, pag. 1.
(8) Testi approvati, P8_TA(2015)0288.
(9) GU L 146 del 10.6.2009, pag. 1.
(10) GU L 156 del 25.6.2003, pag. 79.
(11) http://www.wassenaar.org/controllists/, "elenco di beni e tecnologie a duplice uso e munizioni", l'intesa di Wassenaar, del 25 marzo 2015, per il controllo delle esportazioni di armi convenzionali e di beni e tecnologie a duplice uso
(12) A/HRC/RES/24/35
(13) Trends in International Arms Transfers, 2014, SIPRI Fact Sheet, marzo 2015.
(14) (IANSA, Oxfam International e Saferworld, "Africa's missing billions; International arms flows and the cost of conflict" (I miliardi persi dell'Africa; il flusso internazionale di armi e il costo dei conflitti), (2007)
(15) Peso globale della violenza armata 2015: Ogni corpo conta, una relazione della Dichiarazione di Ginevra sulla violenza armata e lo sviluppo
(16) Esplorando la criminalità organizzata di domani, Europol (2015)


Brevetti e privativa per i ritrovati vegetali
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Risoluzione del Parlamento europeo del 17 dicembre 2015 sui brevetti e la privativa per i ritrovati vegetali (2015/2981(RSP))
P8_TA(2015)0473RC-B8-1394/2015

Il Parlamento europeo,

–  vista la sua risoluzione del 10 maggio 2012 sui brevetti per procedimenti essenzialmente biologici(1),

–  vista la direttiva 98/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 1998, sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche(2), in particolare l'articolo 4, il quale stabilisce che i prodotti ottenuti da procedimenti essenzialmente biologici non sono brevettabili,

–  vista la Convenzione sul brevetto europeo (CBE) del 5 ottobre 1973, in particolare l'articolo 53, lettera b),

–  vista la decisione della commissione allargata di ricorso dell'Ufficio europeo dei brevetti (UEB) del 25 marzo 2015 nei procedimenti G2/12 (pomodori) e G2/13 (broccoli),

–  visto il regolamento di esecuzione della CBE, in particolare l'articolo 26, a norma del quale la direttiva 98/44/CE costituisce uno strumento complementare di interpretazione per le domande di brevetto europeo e per i brevetti in materia di invenzioni biotecnologiche,

–  vista la Convenzione internazionale per la protezione delle novità vegetali, del 2 dicembre 1961, quale riveduta a Ginevra il 10 novembre 1972, il 23 ottobre 1978 e il 19 marzo 1991 (in appresso "Convenzione UPOV del 1991"),

–  visto il regolamento (CE) n. 2100/94 del Consiglio, del 27 luglio 1994, concernente la privativa comunitaria per ritrovati vegetali(3) (in appresso "regolamento (CE) n. 2100/94"), in particolare l'articolo 15, lettere c) e d),

–  visto l'accordo del Consiglio relativo a un tribunale unificato dei brevetti del 19 febbraio 2013(4) (in appresso "accordo TUB"), in particolare l'articolo 27, lettera c),

–  visto l'accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale, compreso il commercio di prodotti contraffatti, (TRIPS), in particolare l'articolo 27, paragrafo 3, il quale stabilisce che i membri possono escludere dalla brevettabilità i procedimenti essenzialmente biologici,

–  visti l'articolo 128, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,

A.  considerando che l'accesso al materiale biologico delle piante avente caratteristiche vegetali è essenziale per stimolare l'innovazione e lo sviluppo di nuove varietà, al fine di garantire la sicurezza alimentare a livello globale, far fronte ai cambiamenti climatici e impedire i monopoli nel settore della selezione vegetale, fornendo al contempo maggiori opportunità alle PMI;

B.  considerando che i diritti di proprietà intellettuale sono uno strumento importante per salvaguardare gli incentivi economici volti a sviluppare nuovi prodotti vegetali e garantire la competitività;

C.  considerando che i brevetti relativi a prodotti derivanti da metodi di selezione convenzionali o al materiale genetico necessario per la selezione convenzionale possono compromettere l'esclusione prevista all'articolo 53, lettera b), della convenzione sul brevetto europeo e all'articolo 4 della direttiva 98/44/CE;

D.  considerando che i prodotti ottenuti mediante procedimenti essenzialmente biologici, quali piante, sementi, caratteristiche autoctone e geni, dovrebbero essere esclusi dalla brevettabilità;

E.  considerando che la selezione vegetale è un processo innovativo, che è stato praticato dagli agricoltori e dalle comunità agricole sin dalla nascita dell'agricoltura, e che le varietà e i metodi di riproduzione non brevettati sono importanti per la diversità genetica;

F.  considerando che la direttiva 98/44/CE disciplina le invenzioni biotecnologiche, in particolare l'ingegneria genetica, ma che, come indicato ai considerando 52 e 53, non era intenzione del legislatore consentire la brevettabilità dei prodotti ottenuti da procedimenti essenzialmente biologici rientranti nel campo di applicazione della direttiva;

G.  considerando che per numerose domande relative a prodotti ottenuti mediante procedimenti essenzialmente biologici si è attualmente in attesa di una decisione dell'Ufficio europeo dei brevetti (UEB) e che, pertanto, occorre chiarire con urgenza il campo di applicazione e l'interpretazione della direttiva 98/44/CE, in particolare dell'articolo 4;

H.  considerando che la direttiva 98/44/CE riconosce implicitamente la libertà di utilizzare a fini sperimentali il materiale coperto da brevetto, in conformità dell'articolo 12, paragrafo 3, lettera b), e dell'articolo 13, paragrafo 3, lettera b);

I.  considerando che l'esenzione a favore dei costitutori prevista dall'articolo 27, lettera c), dell'accordo TUB sarà applicabile solamente ai brevetti rilasciati nel quadro del sistema brevettuale unitario e non si applicherà automaticamente ai brevetti nazionali nell'UE, e che ciò creerà condizioni non uniformi per quanto riguarda la possibilità di selezione con materiali ottenuti da procedimenti essenzialmente biologici coperti da brevetto;

J.  considerando che il regime internazionale della privativa per ritrovati vegetali basato sulla Convenzione UPOV del 1991 e il regime dell'UE basato sul regolamento (CE) n. 2100/94 del Consiglio stabiliscono quale principio fondamentale il fatto che il titolare di una privativa per i ritrovati vegetali non può impedire ad altri di utilizzare il vegetale protetto in altre attività di selezione;

1.  esprime preoccupazione per il fatto che la recente decisione della commissione allargata di ricorso dell'UEB nei procedimenti G2/12 (pomodori) e G2/13 (broccoli) potrebbe comportare un aumento del numero di brevetti rilasciati dall'UEB per caratteristiche naturali che sono introdotte in nuove varietà mediante procedimenti essenzialmente biologici quali l'incrocio e la selezione;

2.  invita la Commissione a chiarire con urgenza l'ambito di applicazione e l'interpretazione della direttiva 98/44/CE, in particolare l'articolo 4, l'articolo 12, paragrafo 3, lettera b), e l'articolo 13, paragrafo 3, lettera b), al fine di garantire la certezza giuridica per quanto riguarda il divieto di brevettabilità dei prodotti ottenuti mediante procedimenti essenzialmente biologici e di precisare che è consentita la selezione con materiale biologico coperto da brevetto;

3.  invita la Commissione a trasmettere all'UEB i prossimi chiarimenti riguardanti la brevettabilità dei prodotti ottenuti mediante procedimenti essenzialmente biologici, affinché possano essere utilizzati come strumento complementare d'interpretazione;

4.  invita la Commissione e gli Stati membri ad assicurare che l'Unione europea tuteli l'accesso garantito al materiale ottenuto mediante procedimenti essenzialmente biologici e il suo utilizzo per ottenere varietà vegetali, al fine di evitare, se del caso, che vi siano interferenze con le pratiche che garantiscono l'esenzione per i costitutori;

5.  invita la Commissione, nell'ambito dei colloqui multilaterali sull'armonizzazione del diritto brevettuale, a impegnarsi a favore dell'esclusione dalla brevettabilità per i procedimenti essenzialmente biologici;

6.  invita la Commissione a presentare una relazione sugli sviluppi e sulle implicazioni del diritto dei brevetti nel campo della biotecnologia e dell'ingegneria genetica, come previsto dall'articolo 16, lettera c), della direttiva 98/44/CE e come richiesto dal Parlamento nella sua risoluzione del 10 maggio 2012 sui brevetti per procedimenti essenzialmente biologici;

7.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione e all'Ufficio europeo dei brevetti.

(1) GU C 261 E del 10.9.2013, pag. 31.
(2) GU L 213 del 30.7.1998, pag. 13.
(3) GU L 227 dell'1.9.1994, pag. 1.
(4) GU C 175 del 20.6.2013, pag. 1.


Situazione nel Burundi
PDF 185kWORD 82k
Risoluzione del Parlamento europeo del 17 dicembre 2015 sulla situazione in Burundi (2015/2973(RSP))
P8_TA(2015)0474RC-B8-1348/2015

Il Parlamento europeo,

–  visto l'Accordo di Cotonou riveduto,

–  visto l'Accordo di pace e riconciliazione di Arusha per il Burundi, del 28 agosto 2000,

–  vista la Costituzione del Burundi, in particolare l'articolo 96,

–  vista la Carta africana sulla democrazia, le elezioni e il buon governo,

–  vista la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli,

–  vista la dichiarazione comune sul deterioramento della situazione in Burundi rilasciata il 13 dicembre 2015 dal vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, e dal commissario per la Cooperazione internazionale e lo sviluppo, Neven Mimica,

–  viste le conclusioni adottate dal Consiglio l'8 dicembre 2015 sulle consultazioni UE-Burundi ai sensi dell'articolo 96 dell'Accordo di Cotonou,

–  vista la risoluzione 2248 (2015) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, del 12 novembre 2015, sulla situazione in Burundi,

–  vista la dichiarazione comune sul Burundi rilasciata il 12 novembre 2015 dal vicesegretario generale delle Nazioni Unite, Jan Eliasson, dal Presidente dell'Unione africana, Nkosazana Dlamini-Zuma, e dal VP/HR Federica Mogherini,

–  viste le decisioni del Consiglio per la pace e la sicurezza dell'Unione africana (UA) del 13 giugno, 17 ottobre e 13 novembre 2015 sulla situazione in Burundi,

–  viste le dichiarazioni rilasciate dalla Comunità dell'Africa orientale il 31 maggio e il 6 luglio 2015 sulla situazione in Burundi,

–  vista la risoluzione dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE del 9 dicembre 2015 sulla situazione in Burundi,

–  visto il regolamento (UE) 2015/1755 del Consiglio, del 1° ottobre 2015, concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Burundi,

–  viste le conclusioni del Consiglio del 16 marzo, 18 maggio, 22 giugno e 16 novembre 2015 sul Burundi,

–  vista la sua risoluzione del 9 luglio 2015 sulla situazione in Burundi(1),

–  vista la lettera approvata dal Consiglio il 26 ottobre 2015, con la quale si sollecita l'avvio di consultazioni con le autorità burundesi, in conformità dell'articolo 96 dell'Accordo di Cotonou,

–  vista la dichiarazione rilasciata dal procuratore della Corte penale internazionale, Fatou Bensouda, il 6 novembre 2015,

–  visto l'articolo 123, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,

A.  considerando che negli ultimi giorni la situazione della sicurezza si è gravemente deteriorata in Burundi, dopo gli attacchi contro tre basi militari a Bujumbura; che tra l'11 e il 12 dicembre 2015 le forze di sicurezza burundesi hanno ucciso almeno 87 persone; che in molti casi sembra si sia trattato di esecuzioni casuali;

B.  considerando che l'articolo 96 della Costituzione del Burundi e l'articolo 7, paragrafo 3, del protocollo II dell'Accordo di pace e riconciliazione di Arusha stabiliscono che il presidente non può restare in carica per più di due mandati; che il presidente Pierre Nkurunziza è in carica dal 2005, essendo stato rieletto nel 2010;

C.  considerando che il 29 giugno 2015 si sono svolte in Burundi le elezioni legislative e locali, seguite il 21 luglio 2015 dalle elezioni presidenziali; che la comunità internazionale ha ritenuto che entrambi i processi elettorali non fossero trasparenti, inclusivi, liberi e credibili; che per questo motivo l'Unione africana si è rifiutata di inviare osservatori a monitorare le elezioni, l'UE ha sospeso la propria missione elettorale in Burundi e una parte considerevole dell'opposizione burundese ha deciso di boicottare le elezioni;

D.  considerando che la candidatura del presidente Nkurunziza per un terzo mandato e la sua successiva rielezione in seguito alle elezioni del 21 luglio 2015 hanno fatto sprofondare il paese nella più grave crisi politica dalla fine della guerra civile;

E.  considerando che il governo del Burundi ha ignorato le decisioni e le raccomandazioni dell'Unione africana e della Comunità dell'Africa orientale, adottate rispettivamente il 13 giugno 2015 e il 6 luglio 2015, la cui piena attuazione avrebbe creato le condizioni per lo svolgimento di elezioni credibili e inclusive;

F.  considerando che, secondo l'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR) e altre organizzazioni per la difesa dei diritti umani, nel paese sono stati compiuti violazioni a sfondo politico dei diritti umani, abusi dei diritti umani e atti di violenza, sia nel periodo pre-elettorale che in quello post-elettorale, in particolare ai danni di attivisti dell'opposizione, di difensori dei diritti umani e di giornalisti, tra cui Pierre Claver Mbonimpa – il cui figlio è stato ritrovato morto dopo essere stato arrestato dalla polizia –, Marguerite Barankitse, Antoine Kaburahe e Bob Rugurika; che è diffusa l'impressione che tali violenze siano principalmente, ma non esclusivamente, riconducibili a istituzioni statali; che spetta al governo burundese la responsabilità primaria di garantire la sicurezza in Burundi e di proteggere la popolazione, nel rispetto dello Stato di diritto, dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario;

G.  considerando che più di 200 000 persone risultano sfollate all'interno del paese o hanno cercato rifugio nei paesi vicini in conseguenza del peggioramento della situazione politica in Burundi; che nel luglio 2015 l'UE ha intensificato la propria assistenza umanitaria, mobilitando un importo supplementare di 4,5 milioni di EUR di aiuti per la popolazione sfollata;

H.  considerando che il Burundi è uno dei paesi meno sviluppati del mondo; che quasi la metà (45%) dei suoi 10,6 milioni di abitanti ha un'età pari o inferiore a 15 anni (i bambini con meno di 5 anni costituiscono il 19,9% della popolazione); che il Burundi figura al primo posto nell'indice globale della fame, con tre bambini su cinque che soffrono di ritardi nella crescita; che tra il 2013 e il 2014 il paese ha perso due posti nell'indice di sviluppo umano dell'UNDP, scendendo dal 178esimo al 180esimo posto, che in Burundi quattro persone su cinque vivono con meno di 1,25 USD al giorno e che il 66,9% della popolazione si trova al di sotto della soglia di povertà;

I.  considerando che il 26 ottobre 2015 l'Unione europea ha chiesto l'avvio di consultazioni ai sensi dell'articolo 96 dell'Accordo di Cotonou, al fine di indagare sul mancato rispetto di elementi essenziali dell'Accordo, in particolare i diritti umani, i principi democratici e lo Stato di diritto; che tali consultazioni hanno avuto inizio l'8 dicembre 2015;

J.  considerando che l'8 dicembre 2015 l'Unione europea ha ritenuto che le posizioni espresse dal Burundi nel corso delle consultazioni ai sensi dell'articolo 96 dell'Accordo di Cotonou non consentono di porre rimedio al mancato rispetto da parte del Burundi di elementi essenziali del suo partenariato con l'UE; che l'Unione europea ha altresì ritenuto che le posizioni espresse dal Burundi non consentono di rispondere in modo soddisfacente alle decisioni del Consiglio per la pace e la sicurezza dell'Unione africana, del 17 ottobre e del 13 novembre 2015, in particolare per quanto riguarda la necessità di avviare rapidamente un dialogo sincero e inclusivo basato sull'Accordo di Arusha;

K.  considerando che lo stallo politico in Burundi, caratterizzato da una mancanza di dialogo tra le parti interessate del paese e dal conseguente deterioramento della situazione economica e della sicurezza, hanno pesanti ripercussioni sulla popolazione e rappresentano un grave rischio per la stabilità della regione, dove nei prossimi due anni sono in programma varie consultazioni elettorali (Uganda, Repubblica democratica del Congo, Ruanda);

L.  considerando che la comunità internazionale svolge un ruolo importante nella regione in quanto garante degli Accordi di Arusha; che finora tutti gli sforzi profusi a livello regionale e subregionale al fine di fronteggiare la crisi e di ristabilire il dialogo tra tutte le forze politiche non hanno prodotto risultati positivi;

M.  considerando che il 1° agosto 2015 l'opposizione politica e la società civile si sono riunite ad Addis Abeba per dar vita al Consiglio nazionale per il ripristino degli Accordi di Arusha e dello Stato di diritto;

N.  considerando che il 23 settembre 2015 il Presidente ha firmato un decreto che istituisce una commissione nazionale per il dialogo interburundese che condurrà negoziati per un periodo di sei mesi; che la società civile ha mostrato grande scetticismo a proposito dei risultati che tale commissione potrà raggiungere, dal momento che la maggior parte dei membri dell'opposizione o della società civile che si oppongono al terzo mandato del Presidente Nkurunziza sono indagati con l'accusa di insurrezione e complicità nel tentato colpo di Stato del 13 e 14 maggio 2015; che il presidente della nuova Assemblea nazionale, Pascal Nyabenda, ha affermato che le persone coinvolte nell'organizzazione e realizzazione del colpo di Stato non saranno incluse nel dialogo;

O.  considerando che l'Unione africana, l'Unione europea e gli Stati Uniti hanno imposto il congelamento dei beni e il divieto di viaggiare nei confronti di esponenti del governo e dell'opposizione le cui azioni e dichiarazioni contribuiscono al perpetuarsi della violenza e ostacolano la ricerca di una soluzione politica alla crisi in Burundi;

P.  considerando che gli Stati Uniti e vari altri paesi hanno invitato i propri cittadini ad abbandonare immediatamente il Burundi, dato il deterioramento della situazione della sicurezza;

Q.  considerando che il 17 ottobre 2015 il Consiglio di pace e di sicurezza dell'Unione africana ha chiesto che si definisca un piano di emergenza per il dispiegamento, in caso di necessità, di una missione a guida africana in Burundi, allo scopo di impedire episodi di violenza nel paese, e ha concordato l'avvio di un'indagine approfondita sulle violazioni dei diritti umani e altri abusi nei confronti della popolazione civile del Burundi;

R.  considerando che il 30 novembre 2015 il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon, ha presentato tre proposte al Consiglio di sicurezza in cui raccomanda una revisione del mandato della presenza ONU in Burundi, in funzione dell'evoluzione della situazione, il che spiana la strada, quale ultima opzione, a una missione di mantenimento della pace qualora la crisi dovesse aggravarsi;

S.  considerando che sarà dispiegata un'équipe di sostegno delle Nazioni Unite al fine di favorire il dialogo interburundese, fornire consulenza al governo sul rafforzamento delle istituzioni dello Stato di diritto e le questioni connesse al disarmo, assicurare il coordinamento con gli attori regionali, monitorare la situazione sul terreno e riferire in proposito e agevolare la pianificazione di una maggiore presenza delle Nazioni Unite in Burundi;

T.  considerando che l'Unione africana e altri attori internazionali hanno ripetutamente sollecitato un dialogo autentico e inclusivo che coinvolga tutte le parti interessate e che sia fondato sul rispetto dell'Accordo di Arusha e della Costituzione del Burundi, al fine di pervenire a una soluzione consensuale al conflitto nel paese; che l'UE e le Nazioni Unite appoggiano detta posizione;

U.  considerando che gli sforzi di mediazione continuano, con il pieno sostegno dell'Unione Africana, dell'Unione europea e delle Nazioni Unite, al fine di promuovere il dialogo interburundese per giungere a una soluzione consensuale e pacifica della crisi in Burundi;

V.  considerando che l'UE contribuisce in modo significativo al bilancio annuale del Burundi, circa la metà del quale proviene da aiuti internazionali, e ha recentemente stanziato a favore del paese 432 milioni di EUR a titolo del Fondo europeo di sviluppo 2014-2020;

W.  considerando che le autorità burundesi, mediante il decreto 530/1597, hanno sospeso le attività di dieci organizzazioni per la difesa dei diritti umani (ACAT-Burundi, APRODH, AMINA, FOCODE, FORSC, Fontaine-ISOKO, Maison Shalom, PARCEM, RCP e SPPDF) e ne hanno bloccato i conti bancari;

1.  esprime profonda preoccupazione per la grave situazione politica e di sicurezza in Burundi, come pure per il rapido peggioramento della situazione umanitaria e per le conseguenze che ne potrebbero derivare per la sicurezza e la stabilità dell'intera sottoregione;

2.  condanna fermamente i recenti violenti attacchi e l'aumento del numero di casi di violazioni e abusi dei diritti umani, tra cui omicidi, esecuzioni extragiudiziali, violazioni dell'integrità fisica delle persone, atti di tortura e altre forme di trattamento crudele, inumano e/o degradante, arresti arbitrari e detenzioni illegali, comprese le detenzioni di bambini e l'occupazione delle scuole da parte dei militari e della polizia, nonché le violazioni della libertà di stampa e di espressione e la prevalente impunità; chiede che sia condotta un'indagine approfondita e indipendente sulle uccisioni e gli abusi e che i responsabili di tali atti siano assicurati alla giustizia;

3.  chiede che si ponga immediatamente fine alla violenza, alle violazioni dei diritti umani e all'intimidazione politica degli oppositori e sollecita il disarmo immediato di tutti i gruppi armati alleati ai partiti politici, in stretta conformità del diritto internazionale e dei diritti umani;

4.  esorta tutte le parti a porre in essere le condizioni necessarie per ricostituire la fiducia e promuovere l'unità nazionale e chiede la ripresa immediata di un dialogo nazionale inclusivo e trasparente cui partecipino il governo, i partiti di opposizione e i rappresentanti della società civile;

5.  sottolinea che tale dialogo, finalizzato a conseguire una pace, una sicurezza e una stabilità durature e a ripristinare la democrazia e lo Stato di diritto nell'interesse dei cittadini burundesi, dovrebbe essere basato sull'Accordo di Arusha e sulla Costituzione del Burundi, che prescrive il rispetto del diritto e dei trattati internazionali;

6.  sottolinea, in particolare, la presenza di un elevato numero di giovani, compresi bambini e ragazzi di età inferiore a 18 anni, all'interno dei gruppi armati che operano in Burundi e invita la comunità internazionale a prestare un'attenzione specifica al loro reinserimento e alla promozione della loro partecipazione a un processo politico pacifico;

7.  chiede che, in Burundi, tutte le parti si astengano da azioni suscettibili di compromettere la pace e la sicurezza nel paese; condanna con fermezza tutte le dichiarazioni pubbliche che incitano alla violenza o all'odio nei confronti di vari gruppi della società burundese, poiché ciò può aggravare le attuali tensioni, e invita tutte le parti ad astenersi dal rilasciare tali dichiarazioni;

8.  ricorda alle autorità del Burundi che sono tenute a garantire la sicurezza nel loro territorio, come pure i diritti umani, i diritti civili e politici e le libertà fondamentali, come sancito dalla Costituzione del Burundi, dalla Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli e da altri strumenti internazionali e regionali in materia di diritti umani;

9.  ricorda, in questo contesto, che il partenariato tra l'Unione europea e il Burundi è disciplinato dall'Accordo di Cotonou e che tutte le parti sono tenute al rispetto e all'applicazione dei termini di detto accordo, in particolare al rispetto dei diritti umani; ricorda, nello specifico, che l'articolo 96 dell'Accordo di Cotonou contempla la possibilità di avviare consultazioni in caso di mancato rispetto dei diritti umani, dei principi democratici e dello Stato di diritto e accoglie con favore, in proposito, la decisione dell'Unione di chiedere l'avvio di consultazioni, come previsto in detto articolo;

10.  condanna risolutamente il fatto che il Presidente Nkurunziza abbia violato l'Accordo di Arusha con l'assunzione del terzo mandato presidenziale;

11.  esorta le autorità del Burundi a incoraggiare l'accertamento della verità sui crimini di massa perpetrati tra il 1962 e il 2008, ricorrendo a misure giudiziali ed extragiudiziali, come l'istituzione di una commissione per la verità e la riconciliazione e di tribunali speciali, volte a promuovere la riconciliazione nazionale;

12.  plaude agli sforzi di mediazione profusi dalla Comunità dell'Africa orientale, con il supporto dell'Unione africana e delle Nazioni Unite, per facilitare il dialogo tra le diverse parti in causa in Burundi; invita il VP/HR a sostenere parimenti tali sforzi di mediazione; esorta il governo del Burundi e le altre parti in causa a cooperare pienamente con il mediatore;

13.  esprime la sua profonda preoccupazione per il numero di vittime e di casi di gravi violazioni dei diritti umani segnalati dall'inizio della crisi; esorta le autorità competenti ad avviare indagini rigorose e tempestive sulle circostanze e i motivi alla base di tali reati e a garantire che i responsabili siano assicurati alla giustizia; ribadisce che non vi può essere impunità per gli autori di violazioni o abusi gravi dei diritti umani; chiede alle autorità di garantire che le scuole continuino a essere un luogo di apprendimento sicuro; invita il procuratore della Corte penale internazionale a tenere sotto stretta sorveglianza la situazione in Burundi e ne appoggia la dichiarazione del 6 novembre 2015;

14.  chiede l'abrogazione del decreto 530/1597, che prevede la sospensione temporanea delle attività di varie organizzazioni per la difesa dei diritti umani, e la revoca immediata del congelamento dei loro conti bancari, di modo che possano operare liberamente;

15.  sollecita il ritorno in condizioni di sicurezza dei giornalisti e dei difensori dei diritti umani in esilio, la riapertura dei mezzi d'informazione chiusi dopo il fallito colpo di Stato del 13 e 14 maggio 2015 e il ritiro delle imputazioni a carico dei giornalisti accusati di aver preso parte, direttamente o indirettamente, al tentativo di golpe;

16.  esprime profonda preoccupazione per il drammatico livello di discriminazione e criminalizzazione delle persone LGBTI in Burundi; ribadisce ancora una volta che l'orientamento sessuale rientra nella sfera della libertà di espressione e del diritto individuale alla vita privata, come sancito dal diritto internazionale in materia di diritti umani, secondo cui i principi di uguaglianza e di non discriminazione devono essere tutelati e la libertà di espressione garantita; chiede pertanto all'Assemblea nazionale e al governo del Burundi di abrogare gli articoli del codice penale che discriminano le persone LGBTI;

17.  sottolinea le gravi conseguenze della crisi sui bambini e invita la Commissione a continuare a impegnarsi con i partner internazionali per garantire l'offerta di servizi di assistenza sanitaria, compresi i medicinali essenziali, l'accesso sicuro all'istruzione e la protezione dei bambini da ogni forma di violenza, nonché per assicurare l'accesso agli altri servizi sociali;

18.  accoglie con favore l'invio da parte dell'Unione africana di osservatori ed esperti in materia di diritti umani per monitorare la situazione in questo ambito, e sottolinea l'importanza di cooperare con tali soggetti per agevolare l'esecuzione del loro mandato; invita inoltre la Corte penale internazionale a investigare, nell'ambito della sua giurisdizione, sulle presunte violazioni dei diritti umani commesse durante la recente crisi;

19.  valuta positivamente le sanzioni mirate varate dall'Unione europea, coerentemente con la decisione dell'Unione africana di imporre sanzioni mirate, tra cui il divieto di viaggiare e il congelamento dei beni per i burundesi le cui azioni e dichiarazioni contribuiscono al perpetuarsi della violenza e ostacolano gli sforzi volti a pervenire a una soluzione politica della crisi; invita l'Unione europea a estendere tali sanzioni a tutti coloro le cui azioni costituiscono una minaccia per la pace e la stabilità nella regione, poiché incitano all'odio e violano l'Accordo di Arusha;

20.  esorta l'UE e gli Stati membri a valutare, alla luce dell'evoluzione della consultazione pubblica condotta a norma dell'articolo 96 dell'Accordo di Cotonou, la possibilità di bloccare ogni forma di assistenza non umanitaria al governo del Burundi fino a quando non si sarà posto fine all'uso eccessivo della forza e alle violazioni dei diritti umani da parte delle forze governative, come riportato dall'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, e non si sarà giunti a una soluzione politica derivante da un vero e proprio dialogo interburundese, e li invita altresì a riorientare gli aiuti in modo da rafforzare la società civile; ritiene che gli aiuti dell'Unione dovrebbero essere mirati ad affrontare le cause profonde delle disuguaglianze, della povertà e della malnutrizione cronica, al fine di conseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile di recente approvazione;

21.  esprime profonda preoccupazione per l'esodo inarrestabile di profughi burundesi verso i paesi limitrofi; ribadisce il suo sostegno a favore di tutte le organizzazioni umanitarie che operano in loco e dei paesi vicini ospitanti; fa appello alla comunità internazionale e alle agenzie umanitarie affinché continuino a fornire assistenza a tutti i profughi e agli sfollati causati dal conflitto; plaude all'impegno dell'UE di potenziare il sostegno finanziario e l'aiuto umanitario per far fronte alle pressanti necessità di queste popolazioni;

22.  invita l'Unione africana, le Nazioni Unite e l'Unione europea a tener debitamente conto della dimensione regionale e a prevenire qualsiasi ulteriore destabilizzazione della regione mediante l'aumento della loro presenza sul territorio, in particolare mantenendo un dialogo politico permanente tra i paesi della regione; esorta in proposito l'Unione africana a valutare, di concerto con il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, l'invio di una missione di mantenimento della pace a guida africana, qualora la situazione della sicurezza e dei diritti umani in Burundi dovesse deteriorarsi ulteriormente;

23.  esorta il VP/HR, Federica Mogherini, a continuare ad adoperarsi per l'immediato rilascio di Richard Spiros Hagabimana, un agente di polizia in Burundi illegalmente imprigionato e torturato perché, in quanto poliziotto, si è rifiutato di sparare sulla folla il 28 luglio 2015;

24.  ritiene che i problemi del Burundi siano collegati ai contenziosi relativi al controllo dei terreni agricoli fertili, alle disuguaglianze in termini di reddito e alla discriminazione; chiede, in proposito, che sia istituito un quadro normativo responsabile per disciplinare il modo in cui le imprese rispettano gli obblighi in materia di diritti umani e gli obblighi derivanti dalle norme sociali e ambientali;

25.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al governo e al parlamento del Burundi, al Consiglio ACP-UE, alla Commissione, al Consiglio, alla Comunità dell'Africa orientale e ai governi dei suoi paesi membri, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, alle istituzioni dell'Unione africana e al Segretario generale delle Nazioni Unite.

(1) Testi approvati, P8_TA(2015)0275.


Protezione del parco nazionale di Virunga nella Repubblica democratica del Congo
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Risoluzione del Parlamento europeo del 17 dicembre 2015 sulla protezione del parco nazionale di Virunga nella Repubblica democratica del Congo (2015/2728(RSP))
P8_TA(2015)0475B8-1346/2015

Il Parlamento europeo,

–  vista la convenzione concernente la protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale, adottata il 16 novembre 1972 a Parigi dalla Conferenza generale dell'Unesco,

–  visto il riconoscimento da parte dell'Unesco del parco nazionale di Virunga quale sito patrimonio dell'umanità nel 1979 e quale sito patrimonio dell'umanità in pericolo nel 1994,

–  vista la convenzione sulla diversità biologica, adottata il 5 giugno 1992 a Rio de Janeiro in occasione del vertice della Terra,

–  vista la convenzione relativa alle zone umide di importanza internazionale soprattutto come habitat degli uccelli acquatici, adottata a Ramsar nel 1971,

–  visti le linee guida dell'OCSE destinate alle imprese multinazionali, adottate nel 1976 (e i relativi aggiornamenti), e i principi guida dell'ONU in materia di imprese e diritti umani, adottati nel 1971,

–  vista la dichiarazione finale del luglio 2014 a seguito dell'accordo raggiunto in merito al reclamo presentato da WWF International contro SOCO International PLC,

–  visto il quadro giuridico e contrattuale applicabile al settore degli idrocarburi nella Repubblica democratica del Congo (RDC), inclusi l'"Ordonnance-Loi n° 81-013 portant législation générale sur les mines et les hydrocarbures", il "Code minier" e un eventuale "Code congolais des hydrocarbures", nonché i "Contrats de Partage et de Production des hydrocarbures" (CPP);

–  vista l'interrogazione alla Commissione sulla protezione del Parco nazionale di Virunga nella Repubblica democratica del Congo (O-000108/2015 – B8-1111/2015),

–  vista la proposta di risoluzione della commissione per lo sviluppo,

–  visti l'articolo 128, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 2, del suo regolamento,

A.  considerando che il parco nazionale di Virunga, situato nella provincia del Kivu settentrionale e nella Provincia orientale della Repubblica democratica del Congo, ai confini con il Ruanda e l'Uganda, è il parco nazionale più vecchio dell'Africa, patrimonio dell'umanità dell'Unesco e conosciuto in tutto il mondo per i suoi habitat straordinari e la sua ricca biodiversità, la più elevata di tutti i parchi africani; che, in particolare, il parco è famoso per i suoi gorilla di montagna, una specie gravemente minacciata iscritta nell'appendice I della convenzione del 1973 sul commercio internazionale delle specie di flora e di fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES);

B.  considerando che, in base alla convenzione sulla diversità biologica, sottoscritta e ratificata dalla RDC, la conservazione della diversità biologica è un problema comune a tutta l'umanità ed è parte integrante del processo di sviluppo; che la convenzione è giuridicamente vincolante e che i firmatari sono tenuti ad attuarne le disposizioni;

C.  considerando che il parco nazionale di Virunga è protetto anche dalla convenzione di Ramsar e dal diritto nazionale della RDC; che la Commissione europea e alcuni Stati membri dell'UE sostengono da 25 anni la conservazione del parco;

D.  considerando che il parco nazionale di Virunga è uno dei tre siti Ramsar (n. 787) della RDC; che, a norma della convenzione di Ramsar, la RDC è soggetta a vari obblighi relativi ai siti iscritti nell'elenco di Ramsar, come ad esempio l'elaborazione e la successiva attuazione di programmi per favorire la conservazione delle zone umide figuranti nell'elenco e, nei limiti del possibile, il razionale utilizzo delle zone umide che si trovano sul suo territorio (articolo 3, paragrafo 1, della convenzione di Ramsar);

E.  considerando che, secondo la relazione 2013 del WWF dal titolo "The economic value of Virunga Park", il parco nazionale di Virunga produce oggi un valore economico annuo di 48,9 milioni di dollari; che, in una situazione stabile, esso potrebbe offrire un contributo alla crescita a livello sia economico che turistico e produrre un valore di un miliardo di dollari l'anno e creare 45 000 posti di lavoro;

F.  considerando che, nonostante lo status di zona naturale protetta, il parco è minacciato da anni da gruppi armati che si dedicano al bracconaggio, alla deforestazione e ad altre forme insostenibili e illegali di sfruttamento delle risorse; che, di conseguenza, il parco nazionale di Virunga è stato iscritto nell'elenco dei siti dichiarati patrimonio mondiale in pericolo; che una corsa al petrolio, in un contesto di povertà di massa, di fragilità dello Stato, di governance inadeguata e di insicurezza regionale, avrebbe gravi effetti destabilizzanti sul piano sociale e ambientale;

G.  considerando che, nel dicembre 2007, il governo della RDC ha autorizzato concessioni petrolifere sull'85 % della superficie del parco; che la società SOCO International PLC (SOCO) è sinora la sola ad avere effettuato prospezioni nel parco;

H.  considerando che, nonostante la legge della RDC vieti le attività dannose per l'ambiente nelle zone protette, la licenza di prospezione della SOCO sfrutta una deroga in quanto la normativa consente lo svolgimento di "attività scientifiche" nelle zone protette;

I.  considerando che la SOCO International non è più titolare della licenza per il blocco V nel parco nazionale di Virunga;

J.  considerando che i risultati dello studio sistemico dimostrano la presenza di petrolio all'interno del parco nazionale di Virunga; che lo sfruttamento (e la prospezione) sono incompatibili con la tutela del parco, che è un sito patrimonio dell'umanità;

K.  considerando che la responsabilità di rispettare i diritti umani costituisce una norma globale di comportamento cui devono attenersi tutte le imprese commerciali, indipendentemente dal luogo in cui operano, come ricordato nei principi guida delle Nazioni Unite in materia di imprese e diritti umani e nelle linee guida dell'OCSE destinate alle imprese multinazionali;

L.  considerando che da oltre vent'anni il parco nazionale di Virunga e le sue vicinanze sono teatro di violenti scontri; che l'estrazione mineraria illegale, lo sfruttamento illegale delle sue risorse naturali (legname, carbone vegetale, ecc.) e il bracconaggio di animali minacciati di estinzione, nonché altre forme di commercio illegale di risorse naturali, in particolare, hanno finanziato sia i ribelli che l'esercito ufficiale, mentre la prospezione e lo sfruttamento delle potenziali risorse petrolifere sono quasi certamente destinate ad alimentare ulteriori episodi di violenza e gravi violazioni dei diritti umani e a inquinare il territorio;

M.  considerando che i maggiori rischi ambientali connessi allo sfruttamento petrolifero nelle zone prive di una buona governance comprendono la deforestazione su larga scala, l'introduzione di specie vegetali invasive, la frammentazione degli habitat, una maggiore probabilità di bracconaggio e l'inquinamento da fuoriuscite di petrolio, incendi di gas e sversamenti di rifiuti; che il rischio di una "maledizione del petrolio" potrebbe dar luogo a un peggioramento degli indicatori di povertà e disuguaglianza, come dimostrato da studi di casi come il delta del Niger;

N.  considerando che la gestione sostenibile del territorio, delle acque e degli animali selvatici del parco nazionale di Virunga comporterà benefici economici diretti e indiretti per le comunità fortemente dipendenti dalle risorse naturali del parco; che, secondo il WWF, il solo turismo connesso ai gorilla di montagna potrebbe generare 30 milioni di dollari l'anno e creare migliaia di posti di lavoro;

1.  sottolinea l'assoluta necessità di impedire danni irreversibili al parco nazionale di Virunga, riconosciuto dall'Unesco come sito patrimonio dell'umanità nel 1979 e sito patrimonio dell'umanità in pericolo nel 1994;

2.  deplora che, per quanto riguarda la conservazione delle specie selvatiche, il parco nazionale di Virunga sia diventato uno dei luoghi più pericolosi del pianeta; osserva con grande preoccupazione il coinvolgimento nello sfruttamento illegale delle risorse naturali del parco di gruppi armati che utilizzano le attività minerarie e la produzione di carbone vegetale per sostenere le proprie operazioni militari e per arricchirsi; deplora altresì il bracconaggio su larga scala esercitato da gruppi armati a fini alimentari e il commercio di avorio e selvaggina, finalizzato a mantenere le attività belliche; osserva inoltre con preoccupazione che la scarsa disciplina, il pagamento irregolare e la carenza di cibo hanno portato a una crescente partecipazione del personale militare alle attività illegali, compresi lo sfruttamento minerario artigianale, la produzione di carbone vegetale e il bracconaggio; osserva che il parco è un territorio ricco di zone incontaminate, ma che i suoi due milioni di acri (790 000 ettari) hanno enormi problemi di conservazione, soprattutto a causa dei limitati finanziamenti governativi; ricorda che il 15 aprile 2014 tre uomini armati hanno gravemente ferito il direttore del parco, il principe belga Emmanuel de Merode, e che nell'ultimo decennio oltre 140 guardie forestali sono state uccise mentre erano in servizio;

3.  pone l'accento sui danni irreversibili che il parco nazionale di Virunga potrebbe subire a seguito della prospezione e dello sfruttamento del petrolio e altre attività illegali; ritiene inaccettabile che nel 2007 siano state rilasciate concessioni petrolifere per il parco nazionale di Virunga alla compagnia petrolifera francese TOTAL e alla compagnia petrolifera britannica SOCO International, in violazione della convenzione di Parigi concernente la protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale, della convenzione del 1992 sulla diversità biologica, della convenzione di Ramsar e della legislazione congolese; ricorda che, mentre TOTAL ha deciso che non effettuerà mai prospezioni entro i confini del parco (anche qualora il governo congolese decidesse di modificarli), la SOCO International vi ha svolto prospezioni petrolifere e, nel luglio 2014, ha portato a termine un'indagine sismica i cui risultati sono stati presentati al governo congolese e dimostrano la presenza di petrolio; invita il governo congolese a non concedere licenze ad altri operatori;

4.  rileva che il governo dell'Uganda ha avviato il processo relativo alla concessione di una licenza per il blocco petrolifero di Ngaji, che si trova in prossimità del parco nazionale di Virunga e include il lago Edoardo, e sottolinea che le attività di prospezione e sfruttamento potrebbero arrecare danni irreversibili al parco;

5.  prende atto dell'accordo raggiunto nel giugno 2014 tra la SOCO International e l'organizzazione ambientalista WWF a seguito del reclamo del WWF presso il punto di contatto nazionale del Regno Unito riguardante il mancato rispetto, da parte della SOCO, delle linee guida dell'OCSE destinate alle imprese multinazionali, accordo in virtù del quale l'impresa si impegna a non svolgere o commissionare perforazioni esplorative o di altro tipo all'interno del parco nazionale di Virunga, salvo che l'Unesco e il governo della RDC convengano che tali attività non sono incompatibili con lo status di sito patrimonio dell'umanità; rileva che tale accordo condizionale non fornisce garanzie quanto alla fine delle attività petrolifere nel parco; sottolinea che la posizione ambigua della SOCO International lascia spazio alla possibilità di declassare il parco, interamente o in parte, ai fini della perforazione petrolifera; osserva che la concessione in cui la SOCO sta effettuando le prospezioni è situata in una zona che comprende il lago Edoardo e che ospita decine di specie emblematiche (alcune a rischio di estinzione) quali scimpanzé, elefanti, coccodrilli e leoni; invita quindi la SOCO International PLC e la sua società registrata nella RDC a porre fine definitivamente a tutte le forme di prospezione e sfruttamento all'interno del parco nazionale di Virunga e a rispettare gli attuali confini del parco; sollecita inoltre il governo della RDC ad annullare le autorizzazioni di prospezione petrolifera concesse all'interno del parco nazionale di Virunga, come richiesto dal comitato per il patrimonio mondiale;

6.  sottolinea che, secondo le stime, la pesca nel lago Edoardo genera circa 30 milioni di dollari all'anno a beneficio della comunità locale che vive nei pressi del parco nazionale di Virunga e che inoltre, secondo un'analisi indipendente commissionata dal WWF, oltre 50 000 famiglie dipendono dal lago per il loro approvvigionamento di acqua dolce;

7.  sottolinea che, secondo una relazione di "Global Witness" pubblicata nel settembre 2014 su Der Spiegel, The Telegraph e The New York Times, la SOCO International e i suoi appaltatori avrebbero effettuato pagamenti illeciti, avrebbero pagato dei ribelli armati e avrebbero tratto vantaggio dalla paura e dalla violenza fomentate dalle forze di sicurezza del governo nella zona orientale della RDC, cercando così di accedere al più vecchio parco nazionale dell'Africa con l'intenzione di condurre prospezioni petrolifere;

8.  plaude alla valutazione ambientale strategica (VAS) riguardante la prospezione e lo sfruttamento petroliferi nella parte settentrionale del Rift Albertino, incluso il parco nazionale di Virunga; ritiene che, sulla scorta di tale valutazione, i governi interessati, compreso quello della RDC, dovrebbero essere in grado di prendere decisioni informate sulla base di un'adeguata analisi dell'impatto della prospezione e dello sfruttamento del petrolio; deplora, tuttavia, che la procedura di VAS abbia subito notevoli ritardi e che le prospezioni petrolifere nel parco siano già iniziate benché la procedura di VAS non sia ancora ultimata;

9.  sottolinea che la vicenda dello sfruttamento petrolifero nella RDC è caratterizzata da un sistema legislativo e regolamentare inadeguato e inefficiente; invita il governo della RDC a difendere e rispettare la legge e le regolamentazioni nazionali che vietano attività dannose per l'ambiente quali la prospezione e lo sfruttamento petroliferi nelle zone protette, compreso il parco nazionale di Virunga, e a colmare le lacune dei progetti di legge sugli idrocarburi e la protezione dell'ambiente, che consentono la prospezione e lo sfruttamento delle risorse naturali nei parchi nazionali e nei siti patrimonio dell'umanità;

10.  encomia le autorità responsabili della gestione del parco per i loro sforzi volti ad assicurare profitti sostenibili attraverso la generazione di energia da fonti solari e idriche, migliorando il reddito di buona parte della popolazione locale senza distruggere il territorio naturale e nel rispetto delle attività di sviluppo consentite in un sito che è patrimonio mondiale;

11.  sottolinea che, sin dai primi anni Novanta, le gravi violazioni dei diritti umani e gran parte degli episodi di violenza sono imputabili ai conflitti con i guerriglieri armati che vivono nel parco e nelle sue vicinanze; sottolinea altresì che le Forze democratiche per la liberazione del Ruanda (FDLR), un gruppo di guerriglieri accusati di aver commesso atrocità durante il genocidio perpetrato in Ruanda nella primavera del 1994 ed estesosi anche alla zona orientale della RDC, vivono nel parco dal 1996 e si nascondono tuttora oltre la frontiera nel Virunga, mentre le milizie Mai-Mai avrebbero ucciso, stuprato e ferito molte persone e distrutto villaggi entro i confini del parco; esorta il governo della RDC a disarmare i ribelli e ripristinare la sicurezza nella regione del parco; deplora inoltre che nella RDC sia stata inasprita la repressione nei confronti degli attivisti dei diritti umani e dei giornalisti; sollecita nuovamente il governo della RDC a riconoscere e rispettare la libertà di stampa e dei media e a garantire lo Stato di diritto e i diritti umani;

12.  ricorda che, in conformità della convenzione di Parigi concernente la protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale, la prospezione e lo sfruttamento petroliferi non sono compatibili con lo status di sito patrimonio dell'umanità; sottolinea inoltre che il parco nazionale di Virunga ospita molte specie a rischio di estinzione, come gli emblematici gorilla di montagna, tra gli ultimi del pianeta, e gli okapi, e che gli habitat di tali specie dovrebbero essere rigorosamente protetti; accoglie positivamente la decisione del governo della RDC di creare un gruppo speciale antibracconaggio, ma lo esorta a identificare e avviare ulteriori azioni legali, in cooperazione con la segreteria della CITES, al fine di lottare contro le reti criminali implicate nel traffico illegale; esorta il governo della RDC, più in generale, a rafforzare il ruolo delle guardie forestali e a punire le attività illegali svolte nel parco;

13.  evidenzia che, stando a quanto riportato, il governo congolese e la SOCO International avrebbero intavolato discussioni sulla ridefinizione dei confini del parco, nella prospettiva di declassare il Virunga, interamente o in parte, per consentire di trivellarvi legalmente pozzi petroliferi, anche se non sembra che, ad oggi, il governo abbia ufficialmente richiesto una siffatta modifica all'Unesco;

14.  invita il Servizio europeo per l'azione esterna a coordinare la risposta diplomatica degli Stati membri dell'UE e di altri eventuali donatori attivi nella RDC, allo scopo di aiutare il governo congolese a rinunciare alla prospezione e allo sfruttamento del petrolio entro i confini del parco, ad annullare le autorizzazioni di prospezione petrolifera concesse all'interno del parco nazionale di Virunga, come richiesto dal comitato per il patrimonio mondiale, così come in altri siti congolesi dichiarati patrimonio dell'umanità dall'Unesco, nonché a rifiutare la ridefinizione dei confini del parco e la riduzione della sua superficie;

15.  invita la Commissione e gli Stati membri a preservare l'integrità del parco, ad esempio rafforzando il loro impegno a finanziare la conservazione e lo sviluppo economico sostenibili e la diversificazione della regione circostante; sollecita in particolare l'Unione europea a sostenere il governo della RDC nello sviluppo di soluzioni energetiche ed economiche sostenibili in alternativa alle industrie estrattive, nel miglioramento della mobilitazione di risorse nazionali, segnatamente mediante sistemi fiscali equi e progressivi, nel miglioramento della governance e nella lotta al bracconaggio, al disboscamento illegale, alle attività minerarie illegali e alla corruzione, fenomeni persistenti che rischiano di danneggiare il parco in modo irreversibile;

16.  invita la Commissione e gli Stati membri ad adottare ogni opportuna misura per far sì che il progetto VAS diventi un vero e proprio strumento decisionale;

17.  sottolinea che gli Stati membri dell'UE hanno il dovere, ai sensi del diritto umanitario internazionale ed europeo, di garantire che le imprese che operano all'interno della loro giurisdizione non causino né contribuiscano a violazioni dei diritti umani, direttamente o indirettamente, attraverso le loro attività commerciali, e che agiscano nel rispetto dei codici di condotta da esse adottati, che prevedono norme di carattere sociale e ambientale, come pure nel rispetto di strumenti quali la convenzione 169 dell'OIL, le linee guida dell'OCSE destinate alle imprese multinazionali e i principi guida delle Nazioni Unite in materia di imprese e diritti umani; invita la Commissione e gli Stati membri ad adottare misure giuridicamente vincolanti affinché le società colpevoli di aggirare le leggi nazionali e i trattati internazionali siano chiamate a rispondere delle loro azioni;

18.  invita la Commissione e gli Stati membri a prendere provvedimenti efficaci per fornire risposte ulteriori alle cause alla base dei conflitti armati e della corruzione nonché a sostenere lo sviluppo sostenibile e le strategie di consolidamento della pace nel parco nazionale di Virunga e nella regione circostante;

19.  esorta la Commissione, gli Stati membri, la Repubblica democratica del Congo e le società petrolifere interessate all'attività estrattiva a salvaguardare il parco nazionale di Virunga, secondo gli attuali confini, e i territori vicinanti dallo sfruttamento dei combustibili fossili;

20.  invita il Servizio europeo per l'azione esterna a intraprendere tutte le iniziative necessarie per convincere il governo della RDC a indagare sugli episodi di violenza ai danni dei difensori dei diritti umani operanti nel paese, in particolare nel parco nazionale di Virunga, incluse le guardie forestali, e a incoraggiarlo a profondere il massimo impegno per evitare la reiterazione di questi atti di crudeltà;

21.  esorta il Servizio europeo per l'azione esterna ad adottare tutte le misure necessarie per garantire che il Serious Fraud Office (Ufficio per le grandi frodi finanziarie) del Regno Unito, in quanto autorità giudiziaria competente in via principale, e qualsiasi altra autorità competente conducano indagini approfondite su tutte le accuse di corruzione presentate dinanzi a essi in relazione alla SOCO International PLC e alla sua società registrata nella RDC, SOCO Exploration and Production DRC SPRL (SOCO);

22.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al Servizio europeo per l'azione esterna, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, della Repubblica democratica del Congo, della Repubblica dell'Uganda e della Repubblica del Ruanda, al comitato per il patrimonio mondiale dell'Unesco, al programma delle Nazioni Unite per l'ambiente e al segretariato della convenzione di Ramsar.

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