Risoluzione del Parlamento europeo del 6 ottobre 2016 sulla Thailandia, segnatamente il caso di Andy Hall (2016/2912(RSP))
Il Parlamento europeo,
– viste le sue precedenti risoluzioni sulla Thailandia, in particolare quelle del 20 maggio 2010(1), del 6 febbraio 2014(2), del 21 maggio 2015(3) e dell'8 ottobre 2015(4),
– vista la risposta fornita il 19 novembre 2015 dal vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, a nome della Commissione sulla situazione di Andy Hall,
– viste le dichiarazioni rese il 14 novembre 2014 dalla delegazione dell'UE in Thailandia, di concerto con i capi missione dell'UE nel paese,
– vista la dichiarazione alla stampa rilasciata il 20 settembre 2016 dall'Ufficio dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani,
– vista la dichiarazione resa il 21 settembre 2016 da Maurizio Bussi, direttore nazionale dell'Organizzazione internazionale del lavoro per la Thailandia, la Cambogia e la Repubblica democratica popolare del Laos, sulla condanna dell'attivista per i diritti dei lavoratori Andy Hall in Thailandia,
– visti il riesame periodico universale della Thailandia dinanzi al Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani e le sue raccomandazioni, dell'11 maggio 2016,
– vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 10 dicembre 1948,
– vista la relazione sulla migrazione in Thailandia del 2014, elaborata dal gruppo di lavoro tematico delle Nazioni Unite sulla migrazione,
– viste la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani del 1998 e la risoluzione A/RES/70/161 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 17 dicembre 2015,
– visto il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (ICCPR) del 1966, di cui la Thailandia è parte,
– vista la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, del 1984,
– vista la dichiarazione sui diritti umani dell'Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico, del 18 novembre 2012,
– visti i principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani,
– visti l'articolo 135, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che il 20 settembre 2016 Andy Hall, difensore dei diritti dei lavoratori e cittadino dell'UE, è stato condannato a tre anni di reclusione con sospensione della pena e a versare una multa di 150 000 THB per aver contribuito a una relazione dell'ONG finlandese Finnwatch che metteva in luce le violazioni dei diritti dei lavoratori in uno stabilimento thailandese di lavorazione dell'ananas, la Natural Fruit Company Ltd;
B. considerando che Andy Hall è stato formalmente accusato del reato di diffamazione e di reati informatici in relazione alla pubblicazione online della suddetta relazione, e che i due procedimenti penali a suo carico sono stati autorizzati a procedere nel sistema giudiziario thailandese;
C. considerando che varie violazioni dei diritti dei lavoratori commesse dalla società erano state riconosciute dal ministero thailandese del Lavoro e dai dipendenti della Natural Fruit Company Ltd, in occasione di udienze precedenti;
D. considerando che il 18 settembre 2015 il Tribunale di Prakanong (Bangkok), nell'emettere una sentenza a favore di Andy Hall, aveva confermato l'archiviazione dell'altro procedimento penale per diffamazione a suo carico, decisione impugnata dalla Natural Fruit Company Ltd e dal Procuratore generale thailandese e al momento all'esame della Corte suprema; che i due procedimenti civili sono stati sospesi in attesa della deliberazione nei due procedimenti penali;
E. considerando che, secondo le notizie diffuse dai mezzi di comunicazione internazionali e thailandesi, la Migrant Workers Rights Network (MWRN), un'organizzazione a cui Andy Hall fornisce consulenza, lo stesso Hall e 14 lavoratori di un'azienda avicola originari del Myanmar/Birmania sono stati minacciati di simili azioni penali per diffamazione o reati informatici da un'impresa thailandese che fornisce prodotti avicoli al mercato europeo;
F. considerando che il 28 settembre 2016 le autorità thailandesi hanno bloccato la presentazione pubblica e la promozione, da parte di alcuni esperti e ricercatori stranieri sui diritti umani, dell'ultimo rapporto di ricerca di Amnesty International che documenta la tortura o gli abusi regolari contro gli oppositori politici, i lavoratori migranti, i presunti ribelli e altre persone presso basi militari, commissariati e strutture di detenzione;
G. considerando che l'uso sproporzionato delle leggi penali sulla diffamazione, che prevedono pene detentive, contro i difensori dei diritti umani che segnalano presunte violazioni dei diritti umani limita la libertà di espressione ed è contrario agli obblighi assunti dalla Thailandia a norma del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (ICCPR), di cui è parte;
H. considerando che in Thailandia vivono quasi quattro milioni di stranieri, 2,7 milioni dei quali provengono da Cambogia, Laos o Myanmar/Birmania; che dal 2001 i migranti originari di questi paesi possono richiedere un permesso di lavoro, sebbene i lavoratori migranti non registrati in Thailandia siano ancora oltre un milione;
I. considerando che, secondo la dichiarazione rilasciata da Human Rights Watch il 18 settembre 2016, da anni i diritti umani e del lavoro dei lavoratori migranti originari del Myanmar/Birmania, della Cambogia e del Laos, presenti in Thailandia e che lavorano nel paese, sono sistematicamente violati nell'impunità e che la tutela di tali lavoratori da parte delle leggi thailandesi è spesso minima o assente, sebbene il governo abbia dichiarato che tutti i lavoratori migranti legalmente registrati sono tutelati in base a tali leggi;
J. considerando che la Thailandia ha proceduto ad applicare un protocollo d'intesa sulla cooperazione in materia di occupazione dei lavoratori con la Cambogia e il Laos nel 2006 e con il Myanmar/Birmania nel 2009; che, in base al sistema definito nel suddetto protocollo, i lavoratori potrebbero ottenere un'offerta di lavoro e i documenti di viaggio prima di recarsi in Thailandia, ma che solo il 5% dei lavoratori provenienti da tali paesi ha seguito la procedura del protocollo;
1. accoglie con favore il forte impegno dell'UE a favore del popolo thailandese, con il quale l'Unione ha legami politici, economici e culturali solidi e di lunga data;
2. deplora la sentenza di colpevolezza nei confronti di Andy Hall ed esprime preoccupazione per il procedimento giudiziario e per le sue possibili ripercussioni sulla libertà dei difensori dei diritti umani di svolgere il loro lavoro;
3. invita il governo thailandese ad adottare tutti i provvedimenti necessari per garantire il rispetto e la tutela dei diritti di Andy Hall e degli altri difensori dei diritti umani, compreso il diritto a un equo processo, nonché a promuovere un contesto favorevole al godimento dei diritti umani e, in particolare, a garantire che la promozione e la tutela di tali diritti non siano configurate come reato;
4. chiede alle autorità della Thailandia di far sì che le leggi thailandesi sulla diffamazione rispettino il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (ICCPR), di cui il paese è parte, e di rivedere la legge sui reati informatici, la cui formulazione attuale è eccessivamente vaga;
5. elogia il SEAE per gli sforzi compiuti in relazione al caso di Andy Hall e lo esorta a continuare a seguire la situazione da vicino; invita il vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza a sollevare la questione con il governo thailandese in occasione della prossima riunione ministeriale ASEAN-UE a Bangkok;
6. invita il governo thailandese e le istituzioni pubbliche a rispettare gli obblighi costituzionali e internazionali assunti dal paese riguardo all'indipendenza della magistratura, al diritto a un giusto ed equo processo nonché al diritto alla libertà di espressione, di associazione e di riunione pacifica;
7. prende atto dei progressi compiuti dal governo thailandese nella lotta allo sfruttamento dei lavoratori e nella protezione dei lavoratori nazionali e migranti, come dimostrato soprattutto dal rafforzamento del sistema di ispezione del lavoro, dalla legislazione che disciplina le agenzie di collocamento, dalle misure intese a prevenire la servitù da debito e la tratta di esseri umani, dall'inasprimento della politica di sanzioni per gli abusi sul lavoro, dalla ratifica della convenzione n. 187 dell'Organizzazione internazionale del lavoro e dalla firma, nel marzo 2016, della Convenzione sul lavoro marittimo;
8. invita le autorità thailandesi ad adottare e attuare, nel diritto e nella pratica, una politica di immigrazione olistica con una prospettiva a lungo termine per i lavoratori migranti poco qualificati, in conformità dei principi in materia di diritti umani e tenendo conto delle esigenze del mercato del lavoro; propone, al riguardo, di rivedere innanzitutto la legge sulle relazioni sindacali, nell'ottica di garantire ai lavoratori migranti lo stesso diritto alla libertà di associazione riconosciuto ai cittadini thailandesi;
9. chiede la tutela dei lavoratori migranti attraverso l'offerta di maggiori incentivi ai datori di lavoro affinché si impegnino nel processo di regolarizzazione, e che siano imposte ammende elevate o altre sanzioni ai datori di lavoro che non intraprendono il processo di regolarizzazione o violano il diritto del lavoro;
10. invita il Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE), la delegazione dell'UE a Bangkok e le delegazioni degli Stati membri a continuare a monitorare la situazione dei diritti umani in Thailandia, a continuare a impegnarsi con il governo e la società civile e a impiegare tutti gli strumenti a disposizione per garantire il rispetto dei diritti umani, dei difensori dei diritti umani e dello Stato di diritto nel paese;
11. esorta l'UE e gli Stati membri a garantire che le imprese stabilite nei loro territori e operanti in Thailandia rispettino le norme internazionali in materia di diritti umani attraverso una sorveglianza e una rendicontazione trasparenti, di concerto con la società civile, e accoglie con favore il sostegno fornito dal gruppo commerciale finlandese S Group a Andy Hall;
12. è fermamente convinto che le imprese dovrebbero rispondere di qualsiasi danno ambientale o abuso dei diritti umani da esse commesso e che l'Unione e gli Stati membri dovrebbero sostenere l'importanza fondamentale di tale principio;
13. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, alla Commissione, al governo e al parlamento della Thailandia, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, all'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani e ai governi dei paesi dell'Associazione della nazioni del Sud-Est asiatico.