– viste le sue precedenti risoluzioni sulla situazione in Cina, in particolare quelle del 4 febbraio 2016 sul caso della sparizione di editori a Hong Kong(1), del 16 dicembre 2015 sulle relazioni UE-Cina(2) e del 13 marzo 2014 sulle priorità dell'UE per la 25a sessione del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani(3),
– vista la dichiarazione rilasciata il 7 gennaio 2016 dal portavoce del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) sulla sparizione di alcune persone legate alla casa editrice Mighty Current a Hong Kong,
– vista la 18a relazione annuale della Commissione europea e del Servizio europeo per l'azione esterna, dell'aprile 2016, sulla Regione amministrativa speciale (RAS) di Hong Kong,
– visti il dialogo UE-Cina sui diritti umani, avviato nel 1995, e il suo 34° ciclo tenutosi a Pechino il 30 novembre e il 1° dicembre 2015,
– vista la dichiarazione resa dall'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani il 16 febbraio 2016,
– vista la comunicazione congiunta della Commissione europea e del SEAE al Parlamento europeo e al Consiglio dal titolo "Elementi per una nuova strategia dell'UE sulla Cina", del 22 giugno 2016,
– viste la legge fondamentale della Regione amministrativa speciale di Hong Kong della Repubblica popolare cinese, in particolare gli articoli relativi alle libertà personali e alla libertà di stampa, e l'ordinanza sui diritti fondamentali di Hong Kong,
– visto il Patto internazionale sui diritti civili e politici del 16 dicembre 1966,
– vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948,
– viste l'adozione della nuova legge sulla sicurezza nazionale da parte del comitato permanente dell'Assemblea nazionale del popolo cinese il 1° luglio 2015, l'adozione della nuova legge sulla gestione delle ONG straniere da parte dell'Assemblea nazionale del popolo il 28 aprile 2016 e l'adozione della nuova legge sulla cibersicurezza il 7 novembre 2016,
– visti l'articolo 135, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che Gui Minhai, editore e azionista della casa editrice in questione e di una libreria che vende opere letterarie critiche nei confronti di Pechino, è scomparso il 17 ottobre 2015 a Pattaya (Thailandia) senza lasciare traccia;
B. considerando che nel periodo compreso tra ottobre e dicembre 2015 sono scomparsi altri quattro residenti a Hong Kong (Lui Bo, Zhang Zhiping, Lam Wing-Kee e Lee Bo) che lavoravano presso la stessa libreria;
C. considerando che Gui Minhai è un cittadino svedese di origine cinese e, quindi, un cittadino dell'UE;
D. considerando che il 17 gennaio 2016 Gui Minhai è apparso in una trasmissione televisiva cinese dove, a quanto pare, avrebbe ammesso di essere tornato volontariamente nella Cina continentale per poter essere giudicato per un presunto reato legato a un incidente automobilistico avvenuto nel 2003; che vi sono seri motivi per ritenere che la sua apparizione in televisione sia stata una messa in scena e che gli sia stato dato un copione da seguire;
E. considerando che Gui Minhai è detenuto in isolamento da oltre un anno e che non si conosce il luogo in cui si trova; che è l'unico libraio del gruppo ad essere ancora in carcere;
F. considerando che le autorità svedesi hanno chiesto alle autorità cinesi pieno sostegno per proteggere i diritti del loro cittadino e delle altre persone "scomparse"; che né la famiglia di Gui Minhai né il governo svedese sono stati informati di eventuali imputazioni a suo carico o del luogo in cui è detenuto;
G. considerando che Lui Bo e Zhang Zhiping hanno ottenuto l'autorizzazione a fare ritorno a Hong Kong rispettivamente il 4 e l'8 marzo 2016, dopo un periodo di detenzione nella Cina continentale; che essi hanno chiesto alla polizia di archiviare i rispettivi casi e sono tornati nella Cina continentale lo stesso giorno in cui sono arrivati; che Lee Bo è tornato a Hong Kong il 24 marzo 2016 e nega di essere stato rapito; che Lam Wing-Kee ha fatto ritorno a Hong Kong il 16 giugno 2016;
H. considerando che nel giugno 2016 Lam Wing-Kee, uno degli editori, è tornato a Hong Kong per archiviare l'indagine sulla sua scomparsa, ma, anziché rientrare nella Cina continentale, ha dichiarato ai media di essere stato rapito dai servizi di sicurezza cinesi, tenuto in isolamento e costretto a confessare davanti alle telecamere reati da lui mai commessi;
I. considerando che Hong Kong sostiene e protegge la libertà di parola, di espressione e di stampa; che la pubblicazione di qualsiasi materiale critico nei confronti della dirigenza cinese è legale a Hong Kong, ma è vietata nella Cina continentale; che il principio "un paese, due sistemi" garantisce l'autonomia di Hong Kong da Pechino per quanto riguarda tali libertà sancite dall'articolo 27 della legge fondamentale;
J. considerando che nella relazione annuale 2015 sulla Regione amministrativa speciale di Hong Kong, il SEAE e la Commissione ritengono che il caso dei cinque editori scomparsi rappresenti la più grave violazione della legge fondamentale di Hong Kong e del principio "un paese, due sistemi" dal passaggio della città alla Repubblica popolare cinese (RPC) nel 1997; che soltanto i servizi di contrasto a Hong Kong sono legalmente autorizzati a far rispettare la legge a Hong Kong;
K. considerando che il comitato delle Nazioni Unite contro la tortura ha espresso gravi preoccupazioni per le ripetute notizie provenienti da varie fonti circa la pratica, tuttora in uso, di detenzione illegale in luoghi non riconosciuti e non ufficiali, le cosiddette "prigioni nere"; che ha inoltre espresso serie preoccupazioni per le ripetute notizie che indicano che la pratica della tortura e dei maltrattamenti è profondamente radicata nel sistema di giustizia penale, che fa un eccessivo affidamento sulle confessioni per emettere sentenze di condanna;
L. considerando che la Cina ha firmato ma non ancora ratificato il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (ICCPR); che essa non ha mai firmato né ratificato la Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate;
M. considerando che il 17º vertice UE-Cina, del 29 giugno 2015, ha portato le relazioni bilaterali a un nuovo livello e che, nel suo quadro strategico sui diritti umani e la democrazia, l'Unione si è impegnata a collocare i diritti umani al centro delle sue relazioni con tutti i paesi terzi, inclusi i partner strategici; che il 18º vertice UE-Cina, del 12 e 13 luglio 2016, si è concluso con l'annuncio di un altro ciclo del dialogo in materia di diritti umani tra l'UE e la Cina prima della fine del 2016;
1. esprime profonda preoccupazione per la mancanza di informazioni sul luogo in cui si trova Gui Minhai; chiede che siano pubblicate senza indugio informazioni dettagliate sul luogo in cui si trova l'uomo, che egli sia rilasciato immediatamente in condizioni di sicurezza, nonché che gli venga concesso il diritto di comunicazione;
2. prende atto con preoccupazione delle accuse secondo cui i servizi di contrasto della Cina continentale opererebbero a Hong Kong; ricorda alle autorità cinesi che qualsiasi operazione condotta dai loro servizi di contrasto a Hong Kong sarebbe incompatibile con il principio "un paese, due sistemi";
3. esorta le autorità competenti della Thailandia, della Cina e di Hong Kong a chiarire le circostanze delle sparizioni, nel rispetto dello Stato di diritto;
4. condanna fermamente tutti i casi di violazioni dei diritti umani, in particolare gli arresti arbitrari, le consegne, le confessioni estorte, le detenzioni segrete, la custodia preventiva in isolamento e le violazioni della libertà di pubblicazione e di espressione; ricorda che occorre salvaguardare l'indipendenza di editori, giornalisti e blogger; chiede che si ponga immediatamente fine alle violazioni dei diritti umani e all'intimidazione politica;
5. condanna le restrizioni alla libertà di espressione e la criminalizzazione della stessa, e deplora l'inasprimento delle restrizioni a tale libertà; invita il governo cinese a porre fine alla sua opera di repressione della libera circolazione delle informazioni, che assume anche la forma di limitazioni all'uso di Internet;
6. esprime preoccupazione per la nuova legge sulla cibersicurezza, adottata il 7 novembre 2016, che rafforzerebbe e istituzionalizzerebbe le pratiche di censura e sorveglianza del ciberspazio, nonché per la legge adottata in materia di sicurezza nazionale e per il progetto di legge antiterrorismo; prende atto dei timori degli avvocati riformisti cinesi e dei difensori dei diritti civili secondo cui tali leggi limiteranno ulteriormente la libertà di espressione e l'autocensura è destinata a crescere;
7. invita la Cina a rilasciare o a far cadere ogni accusa nei confronti di dissidenti pacifici del governo, attivisti che militano contro la corruzione, avvocati e giornalisti;
8. esprime profonda preoccupazione per l'imminente entrata in vigore, il 1° gennaio 2017, della nuova legge sulla gestione delle ONG straniere, dal momento che ostacolerebbe notevolmente le attività della società civile cinese e limiterebbe drasticamente le libertà di associazione e di espressione nel paese, mettendo, tra l'altro, al bando le ONG straniere che non sono registrate presso il ministero cinese della Pubblica sicurezza e vietando ai dipartimenti provinciali di pubblica sicurezza di finanziare qualsiasi privato od organizzazione cinesi, nonché impedendo ai gruppi cinesi di svolgere "attività" per conto o con l'autorizzazione di ONG straniere non registrate, comprese quelle con sede a Hong Kong e Macao; chiede alle autorità cinesi di garantire un contesto sicuro ed equo e processi trasparenti che consentano alle ONG di operare liberamente ed efficacemente in Cina;
9. mette in rilievo l'impegno dell'Unione a favore del rafforzamento della democrazia, compresi lo Stato di diritto, l'indipendenza della magistratura, i diritti e le libertà fondamentali, la trasparenza e la libertà di informazione e di espressione a Hong Kong;
10. invita la Cina a ratificare l'ICCPR e a firmare e ratificare senza indugio la Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate;
11. evidenzia l'impegno dell'Unione a favore del rafforzamento dello Stato di diritto, dell'indipendenza della magistratura, dei diritti e delle libertà fondamentali, in particolare la trasparenza e la libertà di parola e di espressione, in tutti i paesi con i quali intrattiene relazioni bilaterali; è convinto della necessità di stabilire un dialogo sui diritti umani che sia significativo e aperto e basato sul rispetto reciproco; ritiene che relazioni forti e continue tra l'UE e la Cina debbano costituire una piattaforma efficace per un dialogo maturo, significativo e aperto in materia di diritti umani, basato sul rispetto reciproco;
12. pone l'accento sul fatto che le relazioni economiche e commerciali sono importanti per favorire il rispettivo benessere; rammenta che tali relazioni possono svilupparsi solo in buona fede e in base a una fiducia reciproca; sottolinea che il rispetto dei diritti umani e della trasparenza rientra nei moderni accordi commerciali;
13. esorta tutte le pertinenti istituzioni dell'UE ad agire velocemente e a iscrivere il caso di Gui Minhai all'ordine del giorno del prossimo dialogo UE-Cina sui diritti umani;
14. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al governo e al parlamento della Repubblica popolare cinese e al capo dell'esecutivo e all'assemblea della Regione amministrativa speciale di Hong Kong.
Situazione del popolo Guaraní-Kaiowá nello stato brasiliano del Mato Grosso do Sul
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Risoluzione del Parlamento europeo del 24 novembre 2016 sulla situazione dei guarani kaiowá nello Stato brasiliano del Mato Grosso do Sul (2016/2991(RSP))
– viste le sue precedenti risoluzioni sulla necessità di proteggere i diritti delle popolazioni indigene in Brasile, in particolare la risoluzione del 15 febbraio 1996 sulla violazione dei diritti costituzionali delle popolazioni indigene in Brasile(1),
– vista la sua risoluzione del 12 ottobre 1995 sulla situazione delle popolazioni indigene in Brasile(2),
– vista la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 settembre 2007,
– vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 10 dicembre 1948,
– visti gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite del settembre 2015,
– visti i principi guida delle Nazioni Unite in materia di imprese e diritti umani e il Patto globale delle Nazioni Unite,
– vista la Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro sui popoli indigeni e tribali (Convenzione 169), adottata il 27 giugno 1989 e firmata dal Brasile,
– vista la dichiarazione del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Federica Mogherini, del 9 agosto 2016, rilasciata in occasione della Giornata internazionale dei popoli indigeni del mondo,
– visti la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani del 1998, gli orientamenti dell'UE sui difensori dei diritti umani e lo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani,
– vista la relazione del relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni, Victoria Tauli Corpuz, sulla missione in Brasile che si è svolta dal 7 al 17 marzo 2016 (A/HRC/33/42/Add.1),
– vista la relazione 2016 del Consiglio missionario per i popoli indigeni (CIMI),
– viste le dichiarazioni rilasciate dal rappresentante speciale dell'UE per i diritti umani nel corso del dialogo sui diritti umani UE-Brasile,
– visti l'articolo 135, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che l'attuale Costituzione brasiliana del 1988, che è stata negoziata con i popoli indigeni, riconosce a tali popoli il diritto di conservare le loro tradizioni culturali nonché il diritto originario ai loro territori ancestrali; che lo Stato ha il dovere di disciplinare e proteggere tale diritto;
B. considerando che, secondo il relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni, negli ultimi otto anni si è registrata un'inquietante mancanza di progressi nell'attuazione delle raccomandazioni delle Nazioni Unite e nella risoluzione di questioni annose che costituiscono motivo di forte preoccupazione per i popoli indigeni del Brasile, quali ad esempio l'omologazione dei loro territori, nonché una preoccupante regressione in termini di tutela dei diritti dei popoli indigeni;
C. considerando che, in base ai dati ufficiali del Segretariato speciale della sanità indigena e del distretto sanitario indigeno del Mato Grosso do Sul relativi all'uccisione di guarani kaiowá indigeni nello Stato del Mato Grosso do Sul, negli ultimi 14 anni almeno 400 persone e 14 leader indigeni, tra cui Simiao Vilharva e Clodiodi de Souza, sono stati assassinati mentre manifestavano pacificamente per tentare di rivendicare le loro terre ancestrali;
D. considerando che, secondo l'indagine nazionale sulla salute e la nutrizione della popolazione indigena in Brasile, condotta tra il 2008 e il 2009, i bambini indigeni presentavano un tasso di malnutrizione cronica del 26 % a fronte di una media del 5,9 % tra i bambini non indigeni; che, in base un recente studio svolto da FIAN Brasile e dal CIMI, il 42 % delle persone appartenenti alle comunità guarani e kaiowá soffre di malnutrizione cronica;
E. considerando che le lacune in materia di assistenza sanitaria, istruzione e servizi sociali nonché l'assenza di demarcazione delle terre indigene hanno inciso sui tassi di suicidio giovanile e mortalità infantile; che, negli ultimi 15 anni, almeno 750 persone, soprattutto giovani, si sono tolte la vita e che oltre 600 bambini di età inferiore a 5 anni sono morti, molti dei quali a causa di malattie prevenibili e facilmente curabili;
F. considerando che il 98,33 % delle terre indigene del Brasile si trova nella regione amazzonica, dove le popolazioni indigene contribuiscono a preservare la biodiversità della regione e ricoprono un ruolo decisivo nel prevenire i cambiamenti climatici; che, secondo lo studio intitolato "Toward a Global Baseline of Carbon Storage in Collective Lands: An Updated Analysis of Indigenous Peoples' and Local Communities' Contributions to Climate Change Mitigation" (Verso un orientamento globale in materia di stoccaggio di carbonio nei terreni collettivi: analisi aggiornata del contributo dei popoli indigeni e delle comunità locali per la mitigazione dei cambiamenti climatici), a cura della Rights and Resources Initiative, del Woods Hole Research Center e del World Resources Institute, pubblicato il 1° novembre 2016, l'ampliamento dei diritti fondiari dei popoli indigeni può svolgere un ruolo di primo piano nella salvaguardia delle foreste, della biodiversità e degli ecosistemi;
G. considerando che nel 2007 il ministero pubblico federale e l'agenzia nazionale per le popolazioni indigene (FUNAI) hanno firmato un accordo di adeguamento di condotta (TAC) con l'obiettivo di individuare e demarcare 36 territori della comunità guarani kaiowá nel Mato Grosso do Sul entro il 2009;
H. considerando che sono in corso diverse iniziative di riforma, interpretazione e applicazione della costituzione federale brasiliana e che tali eventuali modifiche potrebbero mettere a rischio i diritti riconosciuti dalla Costituzione alle popolazioni indigene;
1. riconosce il partenariato di lunga data tra l'UE e il Brasile, fondato sulla fiducia reciproca e sul rispetto per i principi e i valori democratici; elogia il governo brasiliano per i progressi conseguiti, concernenti ad esempio il ruolo costruttivo della FUNAI, una serie di decisioni adottate dal Tribunale supremo federale per evitare gli sfratti, gli sforzi profusi per realizzare servizi differenziati nel campo della sanità e dell'istruzione, come pure per i risultati significativi riguardanti la demarcazione delle terre nella regione amazzonica, l'organizzazione della prima Conferenza nazionale sulla politica indigena e l'istituzione del Consiglio nazionale per la politica indigena;
2. condanna fermamente le violenze perpetrate ai danni delle comunità indigene del Brasile; deplora la povertà e la situazione dei diritti umani del popolo guarani kaiowá nel Mato Grosso do Sul;
3. invita le autorità brasiliane ad adottare misure immediate per tutelare la sicurezza delle popolazioni indigene e a garantire lo svolgimento di indagini indipendenti sulle uccisioni e gli attacchi di cui tali popolazioni sono vittime mentre cercano di difendere i propri diritti umani e territoriali, garantendo che i colpevoli siano assicurati alla giustizia;
4. rammenta alle autorità brasiliane che hanno il dovere di rispettare e applicare pienamente le disposizioni della Costituzione brasiliana concernenti la tutela dei diritti individuali e i diritti delle minoranze e dei gruppi etnici indifesi per quanto concerne il popolo guarani kaiowá;
5. ricorda alle autorità brasiliane che sono tenute a osservare le norme internazionali in materia di diritti umani in relazione ai popoli indigeni, come previsto in particolare dalla Costituzione federale brasiliana e dalla legge n. 6.001/73 sullo "Statuto dell'Indio";
6. riconosce il ruolo svolto dal Tribunale supremo federale brasiliano affinché i diritti originari e costituzionali dei popoli indigeni continuino a essere protetti e invita il Consiglio nazionale a predisporre meccanismi e misure volti a tutelare più efficacemente le necessità delle popolazioni vulnerabili;
7. invita le autorità brasiliane a procedere alla piena attuazione delle raccomandazioni del relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni, che hanno fatto seguito alla sua missione in Brasile nel marzo 2016;
8. invita le autorità brasiliane a elaborare un piano di lavoro che accordi priorità al completamento dei lavori di demarcazione dei territori rivendicati dai guarani kaiowá e a creare le condizioni operative e tecniche necessarie a tale scopo, dal momento che molte uccisioni si verificano nell'ambito di rappresaglie connesse alla riappropriazione di terre ancestrali;
9. raccomanda alle autorità brasiliane di prevedere una dotazione di bilancio sufficiente per le attività della FUNAI e di consolidarla con le risorse necessarie per fornire i servizi essenziali da cui dipendono le popolazioni indigene;
10. esprime preoccupazione per la proposta di modifica costituzionale n. 215/2000 (PEC 215), cui i popoli indigeni brasiliani si oppongono fermamente dal momento che, se approvata, minaccerà i loro diritti fondiari, consentendo a interessi contrari a quelli dei popoli indigeni e legati ai settori agroindustriale, estrattivo, energetico e del legno di impedire il riconoscimento dei nuovi territori indigeni; è fermamente convinto che le imprese dovrebbero rispondere di qualsiasi danno ambientale o abuso dei diritti umani da esse commesso e che l'Unione e gli Stati membri dovrebbero sostenere l'importanza fondamentale di tale principio rendendolo una disposizione vincolante di tutte le politiche commerciali;
11. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, all'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, al presidente e al governo del Brasile, al presidente del Congresso nazionale del Brasile, ai copresidenti dell'Assemblea parlamentare euro-latinoamericana e al Forum permanente delle Nazioni Unite sulle questioni indigene.
– viste le sue precedenti relazioni, raccomandazioni e risoluzioni sulla Russia, in particolare le sue raccomandazioni al Consiglio del 23 ottobre 2012 concernente l'applicazione di restrizioni comuni in materia di visti ai funzionari russi coinvolti nel caso Sergei Magnitsky(1); viste le sue risoluzioni del 13 giugno 2013 sullo Stato di diritto in Russia(2), e del 13 marzo 2014 sulla Russia: condanna dei manifestanti coinvolti nei fatti di Piazza Bolotnaja(3); la raccomandazione al Consiglio del 2 aprile 2014 concernente l'applicazione di restrizioni comuni in materia di visti ai funzionari russi coinvolti nel caso Sergei Magnitsky(4); e le risoluzioni del 23 ottobre 2014 sulla chiusura della ONG "Memorial" (vincitrice del premio Sacharov 2009) in Russia(5), del 12 marzo 2015 sull'assassinio del leader di opposizione russo Boris Nemcov e sullo stato della democrazia in Russia(6), del 10 giugno 2015 sullo stato delle relazioni UE-Russia(7), e del 10 settembre 2015 sulla Russia, in particolare sui casi di Eston Kohver, Oleg Sentsov e Olexander Kolchenko(8),
– visti i risultati del vertice UE-Russia del 3 e 4 giugno 2013 e le consultazioni in materia di diritti umani del 19 maggio 2013,
– vista la costituzione russa, in particolare l'articolo 29, che tutela la libertà di espressione, e l'articolo 31, che include il diritto di riunirsi pacificamente,
– visti l'articolo 135, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che agli inizi di dicembre 2015 l'attivista di opposizione russo Ildar Dadin è stato condannato a tre anni di carcere per aver organizzato una serie di proteste e assemblee pacifiche contro la guerra e che si tratta della prima persona in Russia a essere condannata in applicazione di una severa legge sulle riunioni pubbliche adottata nel 2014;
B. considerando che Ildar Dadin è stato condannato a tre anni di reclusione, pena superiore a quella di due anni raccomandata dal pubblico ministero; che la sentenza è stata ridotta in appello a due anni e mezzo;
C. considerando che, durante la prigionia in corso nella colonia penale numero 7 in Carelia, il sig. Dadin ha riferito di avere ripetutamente subito torture, percosse, trattamenti inumani e minacce di morte per mano delle autorità russe;
D. considerando che la Corte europea dei diritti dell'uomo ha approvato la richiesta dell'avvocato del sig. Dadin e costretto la Federazione russa a garantire un'indagine effettiva, a trasferire il sig. Dadin in un penitenziario diverso e ad assicurargli la comunicazione con il suo avvocato;
E. considerando che quello di Ildar Dadin non è un caso isolato e che da resoconti credibili in materia di diritti umani emerge il ricorso sistematico a tortura, maltrattamenti e trattamento inumano nel sistema penale russo; che gli autori e i mandanti delle torture e dei maltrattamenti delle persone in carcere o in strutture penali e detentive spesso godono di impunità;
F. considerando che il 3 novembre 2016 Thorbjørn Jagland, segretario generale del Consiglio d'Europa, ha espresso ad Alexander Konovalov, ministro della giustizia della Federazione Russa, la propria preoccupazione per le accuse di maltrattamento ai danni di Ildar Dadin;
G. considerando che il numero di prigionieri politici in Russia è aumentato considerevolmente negli ultimi anni e attualmente, secondo il centro per i diritti umani Memorial, ammonta a 102, tra i quali Alexander Kostenko Fedorovic, Ivan Nepomnyaschih, Dmitry Buchenkov, Vladimir Ionov, Maxim Panfilov e altri; che nel 2015 è risultato che la Russia ha violato la convenzione europea dei diritti dell'uomo 109 volte, in altre parole più di qualsiasi altro paese;
H. considerando che nel 2015 sono stati registrati 197 decessi in custodia di polizia, di cui 109 causati da "improvviso peggioramento delle condizioni di salute" e 62 da suicidi, il che è indizio di abusi, torture e maltrattamenti generalizzati di detenuti nel sistema penitenziario della Federazione russa;
I. considerando che il 26 ottobre 2016 un tribunale di Mosca ha inflitto una multa di 300 000 rubli al Centro analitico Yuriy Levada (Centro Levada), una delle tre principali organizzazioni che studiano l'opinione pubblica in Russia, per non essersi registrato come "agente straniero";
J. considerando che il Presidente Putin ha recentemente firmato un ordine in base al quale la Russia si rifiuta d'ora in poi di partecipare allo Statuto di Roma della Corte penale internazionale (CPI); che in una dichiarazione il ministero degli esteri russo ha descritto il lavoro della CPI come "inefficace e unilaterale" e ha espresso preoccupazione per la sua indagine sugli eventi dell'agosto 2008 in Ossezia del Sud; che i procuratori della CPI hanno pubblicato un rapporto sul sito web della Corte in cui si afferma che l'occupazione russa è accompagnata da molestie e intimidazioni nei confronti dei tatari di Crimea;
K. considerando che nell'ottobre 2016 il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite ha deciso di non rieleggere la Russia come membro, dopo che più di 80 organizzazioni impegnate nel campo dei diritti umani e degli aiuti internazionali avevano firmato una lettera sollecitando i membri delle Nazioni Unite a bloccare l'elezione della Russia a detto organismo;
1. chiede il rilascio immediato e incondizionato di Ildar Dadin e di tutte le persone detenute sulla base di accuse false o infondate o per aver esercitato il proprio diritto alla libertà di espressione e di riunione;
2. esprime profonda preoccupazione per il fatto che il codice penale della Federazione Russa è stato modificato mediante un articolo che impone nuove restrizioni ai raduni pubblici e prevede che tali raduni siano considerati reato;
3. sollecita le autorità russe a condurre un'indagine approfondita e trasparente, cui partecipino esperti indipendenti in materia di diritti umani, in merito alle accuse di torture e maltrattamenti formulate da Ildar Dadin; chiede un'indagine indipendente sulle accuse di torture, abusi e trattamenti degradanti e inumani commessi da funzionari statali nelle strutture di detenzione, nelle prigioni e nei campi di lavoro russi;
4. invita la Federazione russa, a questo proposito, a effettuare una profonda revisione del suo sistema penitenziario al fine di intraprendere una riforma radicale del sistema e ad applicare pienamente le norme concordate in base alle pertinenti convenzioni internazionali;
5. esprime solidarietà con le persone arrestate in Russia e nei territori temporaneamente occupati dell'Ucraina, inclusi i tatari di Crimea, sulla base di accuse false e infondate, e chiede il loro immediato rilascio;
6. ricorda alla Russia l'importanza del pieno rispetto dei suoi obblighi giuridici internazionali, in quanto membro del Consiglio d'Europa e dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, nonché dei diritti umani fondamentali e dello Stato di diritto, come sancito da diversi trattati e accordi internazionali che la Russia ha firmato e di cui è parte; sottolinea che la Federazione russa può essere considerata un partner affidabile nel settore della cooperazione internazionale solo se rispetta i suoi obblighi nell'ambito del diritto internazionale; esprime a tale proposito preoccupazione per il decreto presidenziale con cui la Russia si ritira dallo Statuto di Roma della Corte penale internazionale;
7. invita il governo russo ad adottare misure concrete e immediate per conformarsi a tutte le sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo nei confronti della Russia; si rammarica, a tale riguardo, del fatto che la Federazione russa, in una nuova legislazione adottata nel dicembre 2015, abbia autorizzato la sua Corte costituzionale a ribaltare le sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo;
8. esorta il Consiglio a definire una politica unitaria nei confronti della Russia che vincoli i 28 Stati membri e le istituzioni dell'UE a un forte messaggio comune sul ruolo dei diritti umani nelle relazioni UE-Russia e sul rispetto del diritto internazionale; invita il VP/AR, congiuntamente al SEAE e alla Commissione, a elaborare una strategia sostanziale e concreta a sostegno della società civile russa e delle sue organizzazioni, facendo uso dello strumento europeo per la democrazia e i diritti umani;
9. invita il Consiglio ad adottare una serie di sanzioni mirate per punire i responsabili del maltrattamento di Ildar Dadin e di altri attivisti per i diritti umani;
10. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al servizio europeo per l'azione esterna, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al Consiglio, alla Commissione, al Consiglio d'Europa, all'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa nonché al Presidente, al governo e al parlamento della Federazione russa.
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 24 novembre 2016 sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla concessione di ulteriore assistenza macrofinanziaria a favore del Regno hascemita di Giordania (COM(2016)0431 – C8-0242/2016 – 2016/0197(COD))
– vista la proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2016)0431),
– visti l'articolo 294, paragrafo 2, e l'articolo 212 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, a norma dei quali la proposta gli è stata presentata dalla Commissione (C8-0242/2016),
– visto l'articolo 294, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– vista la dichiarazione comune del Parlamento europeo e del Consiglio adottata contestualmente alla decisione n. 778/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 agosto 2013, relativa alla concessione di ulteriore assistenza macro-finanziaria alla Georgia(1),
– viste la lettera della commissione per gli affari esteri e la lettera della commissione per i bilanci,
– visto l'impegno assunto dal rappresentante del Consiglio, con lettera del 4 novembre 2016, di approvare la posizione del Parlamento europeo, in conformità dell'articolo 294, paragrafo 4, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visto l'articolo 59 del suo regolamento,
– vista la relazione della commissione per il commercio internazionale (A8-0296/2016),
1. adotta la posizione in prima lettura figurante in appresso;
2. approva la dichiarazione comune del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione allegata alla presente risoluzione;
3. chiede alla Commissione di presentargli nuovamente la proposta qualora intenda modificarla sostanzialmente o sostituirla con un nuovo testo;
4. incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione nonché ai parlamenti nazionali.
Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 24 novembre 2016 in vista dell'adozione della decisione (UE) 2016/... del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla concessione di ulteriore assistenza macrofinanziaria a favore del Regno hascemita di Giordania
(Dato l'accordo tra il Parlamento e il Consiglio, la posizione del Parlamento corrisponde all'atto legislativo finale, la decisione (UE) 2016/2371.)
ALLEGATO ALLA RISOLUZIONE LEGISLATIVA
Dichiarazione comune del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione
Alla luce delle sfide finanziarie e delle circostanze eccezionali che la Giordania si trova ad affrontare per il fatto di ospitare oltre 1,3 milioni di siriani, la Commissione presenterà nel 2017, se del caso, una nuova proposta per estendere e potenziare l'assistenza macrofinanziaria a favore della Giordania, dopo il buon esito della seconda AMF e purché siano soddisfatti i consueti presupposti per questo tipo di assistenza, compresa una valutazione aggiornata da parte della Commissione del fabbisogno di finanziamenti esterni della Giordania. Tale assistenza, di fondamentale importanza per la Giordania, aiuterebbe il paese a mantenere la stabilità macroeconomica, preservando nel contempo i vantaggi in termini di sviluppo e garantendo la continuità del programma di riforme del paese.
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 24 novembre 2016 sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle attività e alla vigilanza degli enti pensionistici aziendali o professionali (rifusione) (COM(2014)0167 – C7-0112/2014 – 2014/0091(COD))
– vista la proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2014)0167),
– visti l'articolo 294, paragrafo 2, gli articoli 53 e 62, e l'articolo 114, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, a norma dei quali la proposta gli è stata presentata dalla Commissione (C7-0112/2014),
– visto l'articolo 294, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visto il parere motivato presentato, nel quadro del protocollo n. 2 sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, dalla Seconda Camera dei Paesi Bassi, ove si afferma che il progetto di atto legislativo non è conforme al principio di sussidiarietà,
– visto il parere del Comitato economico e sociale europeo del 10 luglio 2014(1),
– visto l'accordo interistituzionale del 28 novembre 2001 ai fini di un ricorso più strutturato alla tecnica della rifusione degli atti normativi(2),
– vista la lettera in data 4 settembre 2014 della commissione giuridica alla commissione per i problemi economici e monetari a norma dell'articolo 104, paragrafo 3, del suo regolamento,
– visto l'impegno assunto dal rappresentante del Consiglio, con lettera del 30 giugno 2016, di approvare la posizione del Parlamento europeo, in conformità dell'articolo 294, paragrafo 4, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visti gli articoli 104 e 59 del suo regolamento,
– visti la relazione della commissione per i problemi economici e monetari e i pareri della commissione per l'occupazione e gli affari sociali e della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere (A8-0011/2016),
A. considerando che, secondo il gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, la proposta della Commissione non contiene modificazioni sostanziali se non quelle espressamente indicate come tali e che, per quanto concerne la codificazione delle disposizioni immutate degli atti precedenti e di tali modificazioni, la proposta si limita ad una mera codificazione degli atti esistenti, senza modificazioni sostanziali;
1. adotta la posizione in prima lettura figurante in appresso, tenendo conto delle raccomandazioni del gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione;
2. chiede alla Commissione di presentargli nuovamente la proposta qualora intenda modificarla sostanzialmente o sostituirla con un nuovo testo;
3. incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione nonché ai parlamenti nazionali.
Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 24 novembre 2016 in vista dell'adozione della direttiva (UE) 2016/... del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle attività e alla vigilanza degli enti pensionistici aziendali o professionali (EPAP) (rifusione)
– viste le sue precedenti risoluzioni sulla Siria, fra cui quella del 6 ottobre 2016(1),
– visti i principi della Carta delle Nazioni Unite,
– vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948,
– visti le convenzioni di Ginevra del 1949 e i relativi protocolli aggiuntivi,
– viste le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sul Da'esh e il fronte al-Nusra nonché quelle sul conflitto nella Repubblica araba siriana, in particolare le risoluzioni 2118 (2013), 2139 (2014), 2165 (2014), 2191 (2014), 2199 (2015), 2254 (2015), 2258 (2015) e 2268 (2016),
– viste le conclusioni del Consiglio del 17 ottobre 2016 e le conclusioni del Consiglio europeo del 18-19 febbraio 2016 e del 20-21 ottobre 2016,
– viste le dichiarazioni del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, e del commissario responsabile per gli aiuti umanitari e la protezione civile, Christos Stylianidis, in particolare quelle del 16 settembre 2016 sulla Siria, del 20 settembre 2016 sull'attacco aereo contro un convoglio di aiuti umanitari delle Nazioni Unite e della Mezzaluna rossa siriana, del 24 settembre 2016 sulla situazione ad Aleppo, del 2 ottobre 2016 su un'iniziativa umanitaria di emergenza a favore di Aleppo e del 25 ottobre 2016 sull'urgente necessità di far pervenire aiuti umanitari ad Aleppo,
– viste le relazioni della commissione internazionale indipendente d'inchiesta sulla Repubblica araba siriana, istituita dal Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani, e le risoluzioni del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani sulla Repubblica araba siriana del 27 settembre 2016 e del 21 ottobre 2016,
– vista la dichiarazione sulla Russia e la Corte penale internazionale rilasciata il 17 novembre 2016 dal vicepresidente/alto rappresentante Federica Mogherini,
– visto l'articolo 123, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,
A. considerando che sei anni di conflitto, estrema violenza e brutalità in Siria hanno provocato la morte di oltre 400 000 persone, mentre più di 13 milioni di persone necessitano di assistenza umanitaria; che si prevede che nel 2016 gli sfollati interni in Siria raggiungeranno gli 8,7 milioni, mentre 4,8 milioni di persone sono fuggite dal paese;
B. considerando che in Siria gli scontri e i bombardamenti continuano con immutata violenza e la situazione umanitaria è ulteriormente peggiorata; che Aleppo rimane l'epicentro del conflitto siriano, ma i combattimenti continuano anche ad Hama, Idlib, nella parte nordoccidentale della Siria, nelle periferie di Damasco e a Deir ez-Zor; che oltre quattro milioni di persone vivono in città poste sotto assedio o in zone difficilmente raggiungibili, in cui sono state distrutte le infrastrutture idriche ed elettriche essenziali; che, nonostante le pause umanitarie unilaterali dichiarate dal regime di Assad e dalla Russia, la popolazione della parte orientale di Aleppo e di altre città assediate, come la città di Zabadani, in mano ai ribelli, e i villaggi di Kefraya e Foua nella provincia di Idlib, controllati dal governo, è colpita da una grave carenza di alimenti e forniture mediche di base; che da luglio 2016 l'assistenza umanitaria non ha accesso alle zone assediate nella parte orientale di Aleppo;
C. considerando che Aleppo e l'intera Siria sono teatro di una crisi sanitaria permanente; che, secondo l'UNICEF, oltre due terzi dei siriani presenti nella regione non hanno accesso regolare all'acqua e quasi sei milioni di bambini necessitano urgentemente di assistenza vitale;
D. considerando che tutte le parti coinvolte nel conflitto hanno compiuto gravi violazioni del diritto internazionale umanitario e in materia di diritti umani, le più gravi delle quali sono state tuttavia commesse dal regime di Assad con il sostegno della Russia e dell'Iran, tra cui l'uso di armi indiscriminate, sostanze incendiarie, bombe barile e anti-bunker nelle zone civili, nonché sostanze elencate come armi chimiche ai sensi della Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, della produzione, dell'immagazzinaggio e dell'uso di armi chimiche e sulla loro distruzione; che non vi è stato alcun rispetto dei principi di precauzione e proporzionalità; che le zone civili, le scuole, gli ospedali, gli operatori umanitari e i campi profughi sono stati deliberatamente attaccati; che i crimini di guerra e i crimini contro l'umanità non dovrebbero rimanere impuniti;
E. considerando che la commissione internazionale indipendente d'inchiesta sulla Repubblica araba siriana, che agisce su mandato delle Nazioni Unite, e i gruppi per la difesa dei diritti umani hanno raccolto prove del fatto che almeno 200 000 persone sono state detenute dal governo siriano in condizioni disumane; che negli ultimi anni migliaia di siriani sono morti per torture e malattie mentre erano detenuti dal governo siriano; che le sparizioni forzate e i più terribili abusi nei confronti dei prigionieri sono pratiche generalizzate; che le autorità siriane hanno cercato di mantenere segrete le informazioni sui loro centri di detenzione, rifiutando l'accesso degli osservatori delle condizioni di detenzione riconosciuti a livello internazionale; che dal 2011 il Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) è stato autorizzato a visitare solo poche prigioni;
F. considerando che il mondo è rimasto ripetutamente inorridito per le atrocità commesse dal Da'esh e da altri gruppi jihadisti, il ricorso a esecuzioni brutali e indicibili violenze sessuali, i rapimenti, le torture, le conversioni forzate e la riduzione in schiavitù di donne e ragazze; che bambini sono stati reclutati e utilizzati in attacchi terroristici; che il Da'esh controlla ancora vaste zone della Siria e dell'Iraq; che il Da'esh è responsabile di genocidio nei confronti delle minoranze etniche e religiose, torture disumane e distruzione del patrimonio culturale; che si nutrono profonde preoccupazioni per il benessere dei cittadini che si trovano attualmente sotto il controllo del Da'esh e per la possibilità che vengano utilizzati come scudi umani durante la campagna di liberazione;
G. considerando che Jabhat Fateh al-Sham, precedentemente noto come fronte al-Nusra, affiliato di al Qaeda in Siria, è un'organizzazione terroristica che rifiuta una transizione politica negoziata e un futuro democratico inclusivo per la Siria;
H. considerando che la Siria ha firmato, ma non ratificato, lo Statuto di Roma relativo alla Corte penale internazionale (CPI); che il Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha ripetutamente esortato il Consiglio di sicurezza a deferire la situazione in Siria alla CPI; che la Russia e la Cina bloccano qualsiasi progresso in materia di assunzione di responsabilità in Siria, ponendo il veto su ogni risoluzione del Consiglio di sicurezza che conferirebbe alla Corte il mandato di indagare sugli orrendi crimini commessi durante il conflitto in Siria; che il 16 novembre 2016 la Russia ha deciso di ritirare la propria firma dallo Statuto di Roma; che la mancata assunzione di responsabilità alimenta ulteriori atrocità e moltiplica le sofferenze delle vittime;
I. considerando che occorre ricordare a tutte le parti e a tutti i paesi coinvolti nel conflitto gli impegni che incombono loro in forza della risoluzione 2254 (2015) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, in particolare l'obbligo di mettere fine agli attacchi contro i civili e le infrastrutture civili e l'obbligo di assicurare l'accesso umanitario in tutto il paese; che l'Unione europea deve avvalersi di ogni strumento a sua disposizione, inclusa l'applicazione di misure restrittive, per garantire che tutte le parti rispettino appieno tale risoluzione;
J. considerando che l'UE è uno dei principali fornitori di aiuti umanitari destinati alle persone che fuggono dalle violenze e dalle distruzioni senza precedenti in Siria; che l'assenza di unità internazionale rende molto più difficile raggiungere una soluzione negoziata al conflitto in Siria;
1. esprime ancora una volta la massima preoccupazione per la continuazione degli scontri e dei bombardamenti come pure per il peggioramento della situazione umanitaria in Siria; condanna con fermezza tutti gli attacchi rivolti contro i civili e le infrastrutture civili, il mantenimento dei vari assedi in Siria e l'impossibilità per l'assistenza umanitaria di raggiungere la popolazione bisognosa; invita tutte le parti a consentire un accesso umanitario continuo e senza restrizioni e la consegna di prodotti di emergenza, in particolare nelle zone assediate e difficili da raggiungere; sottolinea che il diritto internazionale umanitario vieta di affamare deliberatamente la popolazione; esorta tutte le parti a consentire immediatamente le evacuazioni mediche dalla parte orientale di Aleppo e da tutte le altre zone assediate;
2. condanna con la massima fermezza le atrocità e le diffuse violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario commesse dalle forze di Assad, con il sostegno della Russia e dell'Iran, nonché le violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario perpetrate da gruppi armati terroristici non statali, in particolare Da'esh, Jabhat Fateh al-Sham/fronte al-Nusra e altri gruppi jihadisti;
3. chiede l'immediata cessazione dei bombardamenti e degli attacchi indiscriminati contro i civili; sottolinea l'esigenza che tutte le parti riservino la massima attenzione e adottino tutte le misure opportune a tutela dei civili, indipendentemente dalla loro identità etnica o dal loro credo o confessione; condanna fermamente il lancio indiscriminato di numerosi razzi da parte di gruppi armati dell'opposizione sulle periferie civili nella zona occidentale di Aleppo; sottolinea che molti civili, tra cui bambini, sarebbero rimasti feriti o uccisi; chiede a tutte le parti coinvolte nel conflitto di adottare le misure appropriate per proteggere i civili, conformemente al diritto internazionale, in particolare ponendo fine agli attacchi contro le strutture civili, quali centri medici, scuole e stazioni idriche, demilitarizzando immediatamente tali strutture, cercando di evitare di stabilire posizioni militari nelle aree densamente popolate e consentendo l'evacuazione dei feriti e di tutti i civili che desiderano lasciare le zone sotto assedio; sottolinea che il regime siriano ha la responsabilità primaria di proteggere la popolazione siriana;
4. plaude agli sforzi profusi dagli operatori umanitari per portare soccorso, cibo, acqua e medicinali alle persone intrappolate dal conflitto, che ne hanno urgentemente bisogno, ed esorta tutte le parti coinvolte nel conflitto a garantire che le agenzie umanitarie possano raggiungere senza restrizioni e in tutta sicurezza i civili colpiti dalla guerra;
5. invita le istituzioni dell'UE e gli Stati membri a fornire pieno sostegno alle Nazioni Unite e all'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW) affinché continuino a investigare in merito all'uso e alla distruzione di armi chimiche da parte di tutti gli attori in conflitto in Siria; ribadisce fermamente che i responsabili dell'uso di armi chimiche devono rispondere delle loro azioni; sostiene l'estensione del mandato del meccanismo investigativo congiunto dell'OPCW allo scopo di determinare le responsabilità per l'impiego delle armi chimiche in Siria;
6. esprime preoccupazione per le detenzioni illegali, le torture, i maltrattamenti, le sparizioni forzate e le uccisioni di detenuti nelle carceri del regime e nei centri di detenzione segreti gestiti dalle milizie sostenute da forze straniere; invita le autorità siriane che gestiscono tali centri di detenzione a porre fine a tutte le esecuzioni e tutti i trattamenti disumani;
7. invita a procedere all'immediata liberazione di tutte le persone detenute arbitrariamente e a porre fine al ricorso alla tortura e ad altri maltrattamenti, come anche alla pratica delle sparizioni forzate, in conformità della risoluzione 2139 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 22 febbraio 2014; chiede di consentire agli osservatori internazionali delle condizioni di detenzione (ad esempio il Comitato internazionale della Croce Rossa) un accesso immediato e senza restrizioni, affinché possano monitorare la situazione di tutti i detenuti in Siria e fornire informazioni e sostegno alle loro famiglie;
8. rammenta la sua ferma condanna delle atrocità commesse dal regime di Assad, dal Da'esh, da Jabhat Fateh al-Sham/al-Nusra e da altre organizzazioni terroristiche, atrocità che possono essere considerate gravi crimini di guerra e crimini contro l'umanità; appoggia la richiesta dei paesi del Quint (Stati Uniti, Francia, Germania, Italia e Regno Unito) e del VP/AR, rivolta a tutti i gruppi armati che combattono in Siria, di cessare qualsiasi collaborazione con Jabhat Fateh al-Sham; sottolinea l'importanza di bloccare effettivamente l'accesso ai finanziamenti e ai fondi destinati alle attività del Da'esh, di catturare i combattenti stranieri e di interrompere la fornitura di armi ai gruppi jihadisti; invita l'opposizione siriana a prendere chiaramente le distanze da tale ideologia e da tali elementi estremisti; ricorda che gli sforzi dovrebbero essere mirati a sconfiggere il Da'esh e gli altri gruppi terroristici segnalati come tali dalle Nazioni Unite; invita ad adottare misure volte a impedire che aiuti materiali e finanziari raggiungano individui, gruppi, imprese ed entità associati a gruppi terroristici segnalati come tali dalle Nazioni Unite;
9. invita nuovamente a prendere provvedimenti contro i responsabili di crimini di guerra e crimini contro l'umanità, che devono essere chiamati a rispondere delle loro azioni; evidenzia altresì la necessità di assicurare alla giustizia coloro che commettono crimini contro minoranze e gruppi religiosi, etnici e di altro tipo; resta convinto che in Siria non potranno esservi né un'efficace risoluzione del conflitto né una pace sostenibile se i responsabili dei crimini commessi non saranno chiamati a rispondere delle loro azioni; è del parere che la questione della responsabilità per i crimini di guerra e i crimini contro l'umanità non debba essere politicizzata; osserva che l'obbligo di rispettare il diritto internazionale umanitario in qualsiasi circostanza incombe a tutte le parti coinvolte nel conflitto e chiunque commetta tali crimini deve essere consapevole che, prima o poi, sarà assicurato alla giustizia;
10. esorta l'UE e gli Stati membri a garantire che tutti i responsabili di violazioni del diritto internazionale umanitario e in materia di diritti umani siano assicurati alla giustizia attraverso meccanismi della giustizia penale internazionale o tribunali nazionali adeguati e imparziali e mediante l'applicazione del principio della giurisdizione universale; ribadisce il proprio sostegno al deferimento del caso della Siria alla CPI ma, alla luce dell'incapacità del Consiglio di sicurezza di deliberare sulla questione, rinnova l'appello all'UE e agli Stati membri affinché guidino gli sforzi in seno all'Assemblea generale delle Nazioni Unite e valutino la possibilità di istituire un tribunale per i crimini di guerra in Siria, in attesa del deferimento alla CPI; sottolinea l'importanza della titolarità del processo da parte della Siria, una volta concluso il conflitto e al fine di promuovere la riconciliazione;
11. accoglie con favore, sottolineandone l'importanza fondamentale, l'operato delle organizzazioni della società civile locali e internazionali nel documentare le prove relative ai crimini di guerra, ai crimini contro l'umanità e ad altre violazioni, tra cui la distruzione del patrimonio culturale; invita l'UE e i suoi Stati membri a fornire un'assistenza ulteriore e completa a tali soggetti;
12. deplora la decisione del presidente russo Vladimir Putin di ritirarsi dalla CPI, osservando al contempo che la Federazione russa non ha mai di fatto ratificato lo Statuto di Roma e che il momento in cui è stata presa la decisione mette a rischio la credibilità del paese e porta a trarre conclusioni in merito al suo impegno nei confronti della giustizia internazionale;
13. accoglie con favore le conclusioni del Consiglio del 17 ottobre 2016 sulla Siria e le conclusioni del Consiglio europeo del 20 e 21 ottobre 2016 sulla Siria; appoggia l'appello dell'UE in relazione all'interruzione di tutti i voli militari sulla città di Aleppo, alla cessazione immediata delle ostilità, da monitorare attraverso un meccanismo solido e trasparente, alla revoca degli assedi e all'accesso umanitario completo, senza restrizioni e sostenibile a tutto il paese, concesso da tutte le parti;
14. plaude al riesame delle misure restrittive dell'UE nei confronti della Siria e degli individui che condividono la responsabilità della repressione contro la popolazione civile nel paese; sottolinea che l'UE dovrebbe prendere in considerazione tutte le opzioni disponibili, compresa l'istituzione di una zona di interdizione aerea sopra la città di Aleppo, quanto ai provvedimenti da adottare in risposta alle violazioni e agli abusi più atroci dei diritti umani da parte di tutti i responsabili, qualora continuino le atrocità e l'evidente inosservanza del diritto umanitario;
15. chiede che tutti rispettino il diritto delle minoranze etniche e religiose in Siria, compresi i cristiani, di continuare a vivere nei territori in cui risiedono storicamente e tradizionalmente, assicurando loro dignità, uguaglianza e sicurezza, nonché il diritto di praticare la loro religione e il loro credo pienamente e liberamente, senza essere oggetto di alcun tipo di coercizione, violenza o discriminazione; appoggia il dialogo interreligioso, al fine di promuovere la reciproca comprensione e contrastare il fondamentalismo;
16. sollecita tutti i membri del gruppo internazionale di sostegno alla Siria a riprendere i negoziati per facilitare la conclusione di una tregua stabile nonché a intensificare i lavori finalizzati al raggiungimento di una soluzione politica duratura in Siria; sottolinea che agli attori regionali, in particolare i paesi limitrofi, incombe una responsabilità particolare;
17. ribadisce il suo invito al VP/AR a rinnovare gli sforzi atti a definire una strategia comune UE-Siria; accoglie favorevolmente e sostiene appieno le recenti iniziative diplomatiche del VP/AR Federica Mogherini, in sintonia con il mandato del Consiglio europeo e volte a riportare le parti coinvolte nel conflitto al tavolo negoziale e a rilanciare il processo politico di Ginevra; prende atto con interesse dei colloqui regionali che ha intrattenuto con l'Iran e l'Arabia Saudita e ritiene che il suo operato comporti un valore aggiunto e costituisca un utile contributo agli sforzi profusi dall'inviato speciale delle Nazioni Unite, Staffan de Mistura; sollecita tutte le parti coinvolte nel conflitto a riprendere e intensificare i negoziati politici quanto prima nell'ottica di stabilire una nuova, solida tregua, che dovrebbe prevedere disposizioni che assicurino la giustizia di transizione nella Siria postbellica; sottolinea che tali colloqui di pace dovrebbero portare a una cessazione delle ostilità e a una transizione politica a guida e titolarità siriane; pone l'accento sul ruolo che l'UE può svolgere nella ricostruzione e nella riconciliazione postbelliche;
18. ribadisce il suo pieno sostegno all'iniziativa umanitaria dell'UE in corso per Aleppo ed esorta tutte le parti ad agevolarne l'attuazione;
19. accoglie con favore le priorità e i patti di partenariato con la Giordania per il periodo 2016-2018 e con il Libano per il periodo 2016-2020; osserva che i patti costituiscono il quadro per mezzo del quale si traducono in azioni concrete gli impegni reciproci assunti alla conferenza di Londra del 4 febbraio 2016 sul sostegno alla Siria e alla regione; osserva le necessità finanziarie in aumento e la mancanza persistente di finanziamenti per quanto concerne l'assistenza umanitaria fornita ai paesi vicini della Siria; invita gli Stati membri dell'UE a rispettare i loro impegni e a fornire alle Nazioni Unite e alle loro agenzie specializzate nonché ad altri attori umanitari il sostegno di cui hanno assoluto bisogno per offrire assistenza umanitaria ai milioni di siriani sfollati sia all'interno del paese sia nei paesi e nelle comunità ospitanti;
20. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri dell'UE, alle Nazioni Unite, ai membri del gruppo internazionale di sostegno alla Siria nonché a tutte le parti coinvolte nel conflitto.
– viste le sue precedenti risoluzioni, in particolare quelle del 27 ottobre 2016 sulla situazione dei giornalisti in Turchia(1) e del 14 aprile 2016 sulla relazione 2015 sulla Turchia(2),
– vista la relazione annuale 2016 sulla Turchia, pubblicata dalla Commissione il 9 novembre 2016 (SWD(2016)0366),
– visto il quadro negoziale dell'UE per la Turchia del 3 ottobre 2005,
– viste le conclusioni del Consiglio del 18 luglio 2016 sulla Turchia,
– visto il regolamento (UE) n. 231/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014, che istituisce uno strumento di assistenza preadesione (IPA II)(3),
– visto il diritto alla libertà di espressione sancito dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU) e dal Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (ICCPR), di cui la Turchia è parte;
– visti i memorandum del Commissario per i diritti dell'uomo del Consiglio d'Europa,
– vista la dichiarazione rilasciata il 26 luglio 2016 dal Commissario per i diritti dell'uomo del Consiglio d'Europa riguardo alle misure adottate nel contesto dello stato di emergenza in Turchia,
– visto l'articolo 123, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,
A. considerando che l'Unione europea e il Parlamento europeo hanno condannato con fermezza il colpo di Stato militare fallito in Turchia e hanno riconosciuto la competenza legittima delle autorità turche a perseguire i responsabili di questo tentativo e coloro che vi hanno preso parte;
B. considerando che la Turchia è un partner importante e dovrebbe rispettare, in qualità di paese candidato, i massimi standard di democrazia, compreso il rispetto dei diritti umani, dello Stato di diritto, delle libertà fondamentali e del diritto universale a un processo equo; che la Turchia è membro del Consiglio d'Europa dal 1950 ed è quindi vincolato dalle disposizioni della CEDU;
C. considerando che le misure repressive attuate dal governo turco nell'ambito dello stato di emergenza sono sproporzionate e violano i diritti e le libertà fondamentali tutelati dalla Costituzione turca, i valori democratici su cui si fonda l'Unione europea e l'ICCPR; che, dopo il tentativo di colpo di Stato, le autorità hanno arrestato 10 membri della Grande assemblea nazionale turca appartenenti al partito di opposizione HDP e circa 150 giornalisti (il numero più elevato di arresti di questo tipo a livello mondiale); che sono stati arrestati 2 386 giudici e pubblici ministeri e altre 40 000 persone e che oltre 31 000 persone si trovano tuttora in stato d'arresto; che, secondo la relazione 2016 della Commissione sulla Turchia, 129 000 dipendenti pubblici continuano a essere sospesi (66 000) o sono stati licenziati (63 000) e che contro la maggior parte di essi non è stata sinora formulata alcuna accusa;
D. considerando che il Presidente Erdogan e una serie di membri del governo turco hanno rilasciato ripetute dichiarazioni sulla reintroduzione della pena di morte; che il Consiglio, nelle sue conclusioni del 18 luglio 2016 sulla Turchia, ha ricordato che l'opposizione inequivocabile alla pena di morte è un elemento essenziale dell'acquis dell'Unione;
E. considerando che sono state espresse gravi preoccupazioni quanto alle condizioni di coloro che si trovano in stato di detenzione o di arresto a seguito del tentativo di colpo di Stato, nonché in merito alle forti restrizioni imposte alla libertà di espressione come pure alla stampa e ai media in Turchia;
F. considerando che il paragrafo 5 del quadro negoziale stabilisce che, in caso di violazione grave e persistente da parte della Turchia dei principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali e dello Stato di diritto su cui si fonda l'Unione, la Commissione, di sua iniziativa o su richiesta di un terzo degli Stati membri, raccomanderà di sospendere i negoziati e proporrà le condizioni per la loro eventuale ripresa;
G. considerando che, in caso di interruzione temporanea dei negoziati, i colloqui in atto sarebbero sospesi, non si aprirebbero nuovi capitoli e non sarebbero avviate nuove iniziative in relazione al quadro negoziale dell'UE per la Turchia;
1. condanna con fermezza le sproporzionate misure repressive attuate in Turchia dopo il tentativo fallito di colpo di Stato militare del luglio 2016; conferma l'impegno a mantenere la Turchia ancorata all'Unione europea; invita, tuttavia, la Commissione e gli Stati membri a procedere a una sospensione temporanea dei negoziati di adesione in corso con la Turchia;
2. si impegna a rivedere la propria posizione allorché saranno state revocate le sproporzionate misure adottate nel contesto dello stato di emergenza in Turchia; intende effettuare tale revisione in funzione del ripristino dello Stato di diritto e dei diritti umani in tutto il paese; ritiene che il momento opportuno per iniziare tale revisione sarebbe quello in cui verrà revocato lo stato di emergenza;
3. ribadisce che la reintroduzione della pena capitale da parte del governo turco dovrebbe comportare una sospensione formale del processo di adesione;
4. osserva che, allo stato attuale, la Turchia non soddisfa sette dei 72 requisiti definiti nella tabella di marcia per la liberalizzazione dei visti, alcuni dei quali rivestono particolare importanza;
5. osserva che il miglioramento dell'unione doganale è importante per la Turchia; sottolinea che la sospensione dei lavori relativi a tale miglioramento avrà pesanti conseguenze economiche per il paese;
6. esprime profonda preoccupazione per le dichiarazioni che mettono in discussione il trattato di Losanna, il quale definisce i confini della moderna Turchia e ha contribuito a salvaguardare la pace e la stabilità nella regione per quasi un secolo;
7. invita la Commissione a considerare anche i più recenti sviluppi avvenuti in Turchia nell'ambito della relazione sulla revisione intermedia dell'IPA, prevista per il 2017; chiede alla Commissione di valutare la possibilità di aumentare il sostegno alla società civile turca a titolo dello strumento europeo per la democrazia e i diritti umani;
8. incoraggia la Commissione europea, il Consiglio d'Europa e la Commissione di Venezia a offrire alle autorità turche un'assistenza giudiziaria supplementare;
9. evidenzia l'importanza strategica che le relazioni UE-Turchia rivestono per entrambe le parti; riconosce che, sebbene la Turchia sia un partner importante per l'UE, la volontà politica di cooperare deve provenire da entrambe le parti di un partenariato; ritiene che la Turchia non dimostri tale volontà politica, dato che le azioni del governo allontanano ulteriormente il paese dal suo percorso europeo;
10. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri nonché al governo e al parlamento della Turchia.
Adesione dell'UE alla convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta alla violenza nei confronti delle donne
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Risoluzione del Parlamento europeo del 24 novembre 2016 sull'adesione dell'UE alla convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne (2016/2966(RSP))
– visti l'articolo 2 e l'articolo 3, paragrafo 3, secondo comma, del trattato sull'Unione europea (TUE) e gli articoli 8, 19, 157 e 216 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE),
– visti gli articoli 21, 23, 24 e 25 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
– visti la dichiarazione e la piattaforma d'azione di Pechino, adottate il 15 settembre 1995 alla quarta Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulle donne, e i successivi documenti finali adottati alle sessioni speciali delle Nazioni Unite di Pechino +5 (2000), Pechino +10 (2005), Pechino +15 (2010) e Pechino +20 (2015),
– viste le disposizioni degli strumenti giuridici delle Nazioni Unite in materia di diritti umani, in particolare quelle concernenti i diritti delle donne, quali la Carta delle Nazioni Unite, la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, il Patto internazionale sui diritti civili e politici e sui diritti economici, sociali e culturali, la Convenzione per la repressione della tratta degli esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione altrui, la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW) e il suo protocollo facoltativo, la Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, la Convenzione del 1951 sullo status dei rifugiati e il principio di non respingimento nonché la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità,
– visto l'articolo 11, paragrafo 1, lettera d), della Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 1979 con la risoluzione 34/180,
– vista la sua risoluzione del 9 giugno 2015 sulla strategia dell'Unione europea per la parità tra donne e uomini dopo il 2015(1);
– viste le sue risoluzioni del 26 novembre 2009 sull'eliminazione della violenza contro le donne(2), del 5 aprile 2011 sulle priorità e sulla definizione di un nuovo quadro politico dell'UE in materia di lotta alla violenza contro le donne(3) e del 6 febbraio 2013 sulla 57a sessione della commissione sullo status delle donne (CSW) delle Nazioni Unite: prevenzione ed eliminazione di ogni forma di violenza contro le donne e le ragazze(4),
– vista la sua risoluzione del 25 febbraio 2014 recante raccomandazioni alla Commissione sulla lotta alla violenza contro le donne(5),
– visto il Patto europeo per la parità di genere (2011-2020), adottato dal Consiglio dell'Unione europea nel marzo 2011,
– visti gli orientamenti dell'UE sulle violenze contro le donne e le ragazze e sulla lotta contro tutte le forme di discriminazione nei loro confronti,
– vista la valutazione del valore aggiunto europeo(6),
– visto il programma Diritti, uguaglianza e cittadinanza per il periodo 2014-2020,
– visto il documento di lavoro dei servizi della Commissione del 3 dicembre 2015 dal titolo "Strategic engagement for gender equality 2016-2019" (Impegno strategico per la parità di genere 2016-2019) (SWD(2015)0278),
– vista la dichiarazione del trio di presidenza dell'UE (Paesi Bassi, Slovacchia e Malta) sull'uguaglianza di genere, rilasciata il 7 dicembre 2015,
– vista la relazione dell'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali dal titolo "Violence against women: an EU-wide survey" (Violenza contro le donne: un'indagine a livello di Unione europea), pubblicata nel marzo 2014,
– vista la direttiva 2012/29/UE che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato(7),
– visti la direttiva 2011/99/UE sull'ordine di protezione europeo(8) e il regolamento (UE) n. 606/2013 relativo al riconoscimento reciproco delle misure di protezione in materia civile(9),
– viste la direttiva 2011/36/UE concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime(10) e la direttiva 2011/92/UE relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, e che sostituisce la decisione quadro 2004/68/GAI del Consiglio(11),
– vista la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (convenzione di Istanbul),
– vista la tabella di marcia della Commissione sulla possibile adesione dell'UE alla convenzione di Istanbul, pubblicata nell'ottobre 2015,
– viste le proposte di decisioni del Consiglio presentate dalla Commissione relative alla conclusione e alla firma, da parte dell'Unione europea, della convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne (COM(2016)0111 e COM(2016)0109),
– viste le interrogazioni al Consiglio e alla Commissione sull'adesione dell'UE alla convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne (O-000121/2016 – B8-1805/2016 e O-000122/2016 – B8-1806/2016),
– visti l'articolo 128, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 2, del suo regolamento,
A. considerando che, come riconosciuto nei trattati e nella Carta dei diritti fondamentali, l'uguaglianza di genere è un valore cardine dell'UE, che quest'ultima si è impegnata a integrare in tutte le sue attività, e che essa è essenziale, come obiettivo strategico, per conseguire gli obiettivi generali di crescita, occupazione e inclusione sociale definiti nel quadro della strategia Europa 2020;
B. considerando che il diritto alla parità di trattamento e alla non discriminazione è un diritto fondamentale emblematico riconosciuto dai trattati dell'Unione e profondamente radicato nella società europea; che tale diritto è imprescindibile per l'ulteriore sviluppo della società e dovrebbe applicarsi tanto nella legislazione, nella pratica e nella giurisprudenza quanto nella vita reale;
C. considerando che, nella direttiva 2012/29/UE che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, la violenza di genere è definita come "la violenza diretta contro una persona a causa del suo genere, della sua identità di genere o della sua espressione di genere o che colpisce in modo sproporzionato le persone di un particolare genere"; che questo tipo di violenza può provocare un danno fisico, sessuale, emotivo o psicologico o perdite economiche per le vittime, oltre ad avere ripercussioni sui loro familiari e sulla società nel suo insieme; che la violenza di genere rappresenta una forma estrema di discriminazione e una violazione dei diritti e delle libertà fondamentali delle vittime, il che è al tempo stesso causa e conseguenza delle disuguaglianze di genere; che la violenza contro le donne e le ragazze include la violenza nelle relazioni strette, la violenza sessuale (compresi lo stupro, l'aggressione sessuale e le molestie sessuali), la tratta di esseri umani, la schiavitù, incluse le nuove forme di abuso nei confronti di donne e ragazze su Internet, nonché diversi tipi di pratiche dannose, quali i matrimoni forzati, la mutilazione genitale femminile e i cosiddetti "delitti d'onore";
D. considerando che la violenza nei confronti delle donne e la violenza di genere rappresentano un fenomeno ancora diffuso all'interno dell'UE; che, in base all'indagine 2014 sulla violenza contro le donne elaborata dall'Agenzia per i diritti fondamentali e in linea con altri studi disponibili, in Europa una donna su tre ha subito atti di violenza fisica o sessuale almeno una volta in età adulta, il 20 % delle donne di età compresa tra 18 e 29 anni ha subito molestie sessuali online, una donna su cinque (18 %) è stata vittima di atti persecutori, una su venti è stata violentata e più di una su dieci ha subito violenze sessuali che comportano la mancanza di consenso o l'uso della forza; che l'indagine evidenzia inoltre che la maggior parte degli episodi di violenza non viene denunciata alle autorità, a riprova della necessità fondamentale di integrare le statistiche amministrative con indagini sulla vittimizzazione per ottenere un'immagine completa delle varie forme di violenza contro le donne; che servono ulteriori misure per incoraggiare le donne vittime di violenza a riferire le proprie esperienze e a chiedere assistenza, come pure per garantire che i fornitori di servizi siano in grado di rispondere alle esigenze delle vittime e di informarle in merito ai loro diritti e alle forme di sostegno disponibili;
E. considerando che, secondo la valutazione del valore aggiunto europeo, il costo annuo per l'UE della violenza contro le donne e della violenza di genere è stimato a 228 miliardi di EUR nel 2011 (pari all'1,8 % del PIL dell'UE), di cui 45 miliardi di EUR all'anno in costi per servizi pubblici e statali e 24 miliardi di EUR in perdita di produzione economica;
F. considerando che, nell'impegno strategico per la parità di genere 2016-2019, la Commissione ha sottolineato che la violenza contro le donne e la violenza di genere danneggiano la salute e il benessere delle donne, la loro vita professionale, la loro indipendenza finanziaria come pure l'economia e rappresentano pertanto uno dei problemi fondamentali che è necessario affrontare per conseguire una reale uguaglianza di genere;
G. considerando che la violenza nei confronti delle donne è considerata troppo spesso una questione privata e viene tollerata troppo facilmente; che essa rappresenta al contrario una violazione dei diritti fondamentali e un reato grave, che deve essere punito in quanto tale; che è necessario mettere fine all'impunità degli autori delle violenze per spezzare il circolo vizioso del silenzio e della solitudine delle donne e delle ragazze vittime di violenza;
H. considerando che nessun intervento singolo eliminerà la violenza nei confronti delle donne e la violenza di genere, ma che un insieme di azioni infrastrutturali, giuridiche, giudiziarie, esecutive, culturali, didattiche, sociali e sanitarie, unitamente a interventi di altro genere nel settore dei servizi, possono contribuire in modo significativo a sensibilizzare la società e ridurre la violenza e le sue conseguenze;
I. considerando che, a causa di fattori quali l'etnia, la religione o le convinzioni personali, la salute, lo stato civile, la situazione abitativa, lo status di migrante, l'età, la disabilità, la classe sociale, l'orientamento sessuale, l'identità di genere e l'espressione di genere, le donne possono avere esigenze particolari ed essere più vulnerabili a discriminazioni multiple, ragion per cui dovrebbero beneficiare di una speciale tutela;
J. considerando che l'adozione degli orientamenti dell'UE sulle violenze contro le donne e le ragazze e sulla lotta contro tutte le forme di discriminazione nei loro confronti, nonché il capitolo specifico sulla protezione delle donne dalla violenza di genere del quadro strategico e del piano d'azione dell'Unione europea per i diritti umani, dimostrano la chiara volontà politica dell'UE di trattare come tema prioritario i diritti delle donne e di intraprendere azioni a lungo termine al riguardo; che la coerenza tra la dimensione interna e quella esterna delle politiche relative ai diritti umani può talvolta evidenziare una divergenza tra retorica e comportamento;
K. considerando che i cittadini e i residenti nell'Unione non sono equamente protetti dalla violenza di genere, a causa dell'assenza di un quadro coerente e delle differenze tra politiche e legislazioni negli Stati membri per quanto riguarda, tra l'altro, la definizione di reato e l'ambito di applicazione della legislazione, e che sono pertanto meno protetti dalla violenza;
L. considerando che il 4 marzo 2016 la Commissione ha proposto l'adesione dell'UE alla convenzione di Istanbul, il primo strumento giuridicamente vincolante per la prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne a livello internazionale;
M. considerando che tutti gli Stati membri dell'UE hanno firmato la convenzione, ma soltanto quattordici l'hanno ratificata;
N. considerando che la ratifica della convenzione non apporterà risultati se non sarà assicurata la corretta attuazione e non saranno destinate risorse finanziarie e umane adeguate alla prevenzione e alla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza di genere nonché alla protezione delle vittime;
O. considerando che la convenzione di Istanbul segue un approccio globale, affrontando il tema della violenza nei confronti delle donne e delle ragazze e della violenza di genere da un'ampia gamma di prospettive quali la prevenzione, la lotta contro la discriminazione, le misure di diritto penale per combattere l'impunità, l'assistenza e la protezione delle vittime, la protezione dei minori, la protezione delle donne richiedenti asilo e rifugiate o una migliore raccolta di dati; che tale approccio presuppone l'adozione di politiche integrate, combinando azioni in diversi settori sotto la guida di molteplici soggetti interessati (autorità giudiziarie, di polizia e sociali, ONG, associazioni locali e regionali, governi, ecc.) a tutti i livelli di governance;
P. considerando che la convenzione di Istanbul costituisce un accordo misto che consente l'adesione dell'UE parallelamente a quella degli Stati membri, dal momento che l'UE è competente in settori quali i diritti delle vittime e le ordinanze di protezione, l'asilo e la migrazione come pure la cooperazione giudiziaria in materia penale;
1. ricorda che la Commissione è tenuta, a norma dell'articolo 2 TUE e della Carta dei diritti fondamentali, a garantire e promuovere la parità di genere nonché intervenire a suo favore;
2. accoglie favorevolmente la proposta della Commissione di firmare e concludere l'adesione dell'UE alla convenzione di Istanbul ma deplora il fatto che i negoziati in seno al Consiglio non stiano procedendo allo stesso ritmo;
3. pone l'accento sul fatto che l'adesione dell'UE garantirà un quadro giuridico europeo coerente al fine di impedire e combattere la violenza nei confronti delle donne e la violenza di genere e proteggere le vittime di violenza; sottolinea che l'adesione assicurerà una maggiore coerenza ed efficienza delle politiche interne ed esterne dell'Unione, garantirà un controllo, un'interpretazione e un'attuazione migliori della normativa, dei programmi e dei fondi UE riguardanti la convenzione, come pure una raccolta maggiormente adeguata e migliore di dati comparabili e disaggregati sulla violenza contro le donne e sulla violenza di genere a livello di Unione, oltre a rafforzare la responsabilità dell'UE sul piano internazionale; evidenzia inoltre che l'adesione dell'UE eserciterà un'ulteriore pressione politica sugli Stati membri affinché ratifichino tale strumento;
4. invita il Consiglio e la Commissione ad accelerare i negoziati relativi alla firma e alla conclusione della convenzione di Istanbul;
5. sostiene ampiamente e senza riserve l'adesione dell'UE alla convenzione di Istanbul;
6. invita la Commissione e il Consiglio ad assicurare che il Parlamento sia pienamente coinvolto nel processo di monitoraggio della convenzione in seguito all'adesione dell'UE alla convenzione di Istanbul, come previsto all'articolo 218 TFUE;
7. ricorda che l'adesione dell'UE alla convenzione di Istanbul non esonera gli Stati membri dalla ratifica nazionale della convenzione; invita pertanto tutti gli Stati membri che non lo abbiano ancora fatto a ratificare quanto prima la convenzione di Istanbul;
8. invita gli Stati membri ad assicurare la corretta attuazione della convenzione e a destinare risorse finanziarie e umane adeguate alla prevenzione e alla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza di genere nonché alla protezione delle vittime;
9. ritiene che gli sforzi dell'UE volti ad eliminare la violenza nei confronti delle donne debbano essere integrati in un piano globale per la lotta contro tutte le forme di disuguaglianza di genere; chiede una strategia dell'UE per la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza di genere;
10. ribadisce il suo appello alla Commissione, già lanciato nella risoluzione del 25 febbraio 2014 contenente raccomandazioni in materia di lotta alla violenza contro le donne, affinché presenti una proposta di atto legislativo che preveda un sistema coerente per la raccolta di dati statistici e un approccio rafforzato degli Stati membri alla prevenzione e alla repressione di tutte le forme di violenza nei confronti di donne e ragazze e della violenza di genere, e che faciliti inoltre l'accesso alla giustizia;
11. chiede al Consiglio di attivare la "clausola passerella", mediante l'adozione di una decisione unanime che inserisca la violenza contro le donne e le ragazze (e altre forme di violenza di genere) fra i reati elencati all'articolo 83, paragrafo 1, TFUE;
12. riconosce l'enorme lavoro svolto dalle organizzazioni della società civile per impedire e combattere la violenza nei confronti delle donne e delle ragazze nonché per proteggere e assistere le vittime di violenza;
13. invita gli Stati membri e i soggetti interessati, in collaborazione con la Commissione e le ONG femminili nonché le organizzazioni della società civile, a favorire la divulgazione di informazioni in merito alla convenzione, ai programmi UE e ai relativi finanziamenti disponibili per la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la protezione delle vittime;
14. invita la Commissione e il Consiglio a cooperare con il Parlamento per individuare i progressi compiuti in materia di parità di genere e chiede al trio di presidenza di compiere sforzi sostanziali al fine di rispettare gli impegni assunti in tale ambito; chiede un vertice UE sulla parità di genere e sui diritti delle donne e delle ragazze al fine di rinnovare gli impegni;
15. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi degli Stati membri nonché all'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa.
Risoluzione del Parlamento europeo del 24 novembre 2016 sulla relazione annuale concernente le attività del Mediatore europeo nel 2015 (2016/2150(INI))
– vista la relazione annuale concernente le attività del Mediatore europeo nel 2015,
– visto l'articolo 15 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visto l'articolo 228 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visto l'articolo 258 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visto l'articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
– visto l'articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
– visto l'articolo 42 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
– visto l'articolo 43 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
– vista la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità,
– vista la decisione 94/262/CECA, CE, Euratom del Parlamento europeo, del 9 marzo 1994, sullo statuto e le condizioni generali per l'esercizio delle funzioni del Mediatore(1),
– visto il Codice europeo di buona condotta amministrativa approvato dal Parlamento europeo il 6 settembre 2001(2),
– visto l'accordo quadro di cooperazione concluso tra il Parlamento europeo e il Mediatore europeo il 15 marzo 2006, entrato in vigore il 1° aprile 2006,
– visti i principi di trasparenza e integrità nel lobbismo, pubblicati dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE),
– viste le sue precedenti risoluzioni sulle attività del Mediatore europeo,
– visto l'articolo 220, paragrafo 2, seconda e terza frase, del suo regolamento,
– vista la relazione della commissione per le petizioni (A8-0331/2016),
A. considerando che la relazione annuale concernente le attività del Mediatore europeo nel 2015 è stata ufficialmente presentata al Presidente del Parlamento europeo il 3 maggio 2016 e che il Mediatore europeo Emily O'Reilly ha presentato la relazione alla commissione per le petizioni il 20 giugno 2016 a Bruxelles;
B. considerando che l'articolo 15 TFUE prevede che, per promuovere una buona gestione e garantire la partecipazione della società civile, le istituzioni, gli organi e gli organismi dell'Unione operino nel modo più trasparente possibile;
C. considerando che, in virtù dell'articolo 24 TFUE, ogni cittadino dell'Unione può rivolgersi al Mediatore istituito conformemente all'articolo 228 TFUE;
D. considerando che l'articolo 228 TFUE abilita il Mediatore europeo a ricevere denunce riguardanti casi di cattiva amministrazione nell'azione delle istituzioni, degli organi o degli organismi dell'Unione, salvo la Corte di giustizia dell'Unione europea nell'esercizio delle sue funzioni giurisdizionali;
E. considerando che l'articolo 258 TFUE sancisce il ruolo della Commissione in quanto custode dei trattati; che la mancata o inadeguata assunzione di tale responsabilità potrebbe essere considerata un caso di cattiva amministrazione;
F. considerando che, a norma dell'articolo 298 TFUE, le istituzioni, gli organi e gli organismi dell'Unione "si basano su un'amministrazione europea aperta, efficace ed indipendente" e che lo stesso articolo offre anche la possibilità di fissare a tal fine disposizioni specifiche di diritto derivato, sotto forma di regolamenti, applicabili all'intera amministrazione dell'UE;
G. considerando che, in virtù dell'articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali, "ogni individuo ha diritto a che le questioni che lo riguardano siano trattate in modo imparziale, equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni e dagli organi dell'Unione";
H. considerando che, in virtù dell'articolo 43 della Carta, "qualsiasi cittadino dell'Unione o qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di sottoporre al mediatore dell'Unione casi di cattiva amministrazione nell'azione delle istituzioni o degli organi comunitari, salvo la Corte di giustizia e il Tribunale di primo grado nell'esercizio delle loro funzioni giurisdizionali";
I. considerando che l'ufficio del Mediatore europeo, istituito dal trattato di Maastricht, ha compiuto 20 anni nel 2015 e ha trattato 48 840 denunce dal 2005;
J. considerando che, secondo l'Eurobarometro Flash dell'ottobre 2015 sui diritti della cittadinanza dell'UE, l'83 % dei cittadini europei è consapevole del diritto di cui godono i cittadini dell'Unione di presentare una denuncia alla Commissione, al Parlamento europeo o al Mediatore europeo;
K. considerando che, secondo la definizione del Mediatore europeo, cattiva amministrazione significa mancanza o carenza di amministrazione e ciò si verifica quando un'istituzione o un ente pubblico non opera secondo la legge o secondo una norma o un principio per esso vincolante, non rispetta i principi di buona amministrazione, o viola i diritti umani;
L. considerando che il codice di buona condotta amministrativa è volto a evitare i casi di cattiva amministrazione; che l'utilità di tale strumento è limitata a causa del suo carattere non vincolante;
M. considerando che è essenziale garantire la massima trasparenza per incrementare la legittimità e la fiducia nel fatto che le decisioni sono basate sull'interesse generale dei cittadini;
N. considerando che la mancanza di trasparenza in merito a fascicoli che hanno implicazioni significative per il modello socioeconomico dell'UE, accompagnate, spesso, da notevoli ripercussioni nell'ambito della salute pubblica e dell'ambiente, tende ad alimentare la sfiducia dei cittadini e dell'opinione pubblica in generale;
O. considerando che gli informatori svolgono un ruolo fondamentale nella scoperta dei casi di cattiva amministrazione e, talvolta, anche di corruzione politica; che tali situazioni compromettono la qualità della nostra democrazia; che gli informatori si trovano spesso, in seguito, a dover far fronte a gravi problemi e troppo frequentemente sono esposti a conseguenze personali negative a più livelli, non solo sul piano professionale ma anche su quello penale; che, in assenza di maggiori tutele, tali note esperienze del passato potrebbero scoraggiare chi, in futuro, intenda agire in modo etico segnalando le irregolarità;
P. considerando che, nel 2014, il tasso di conformità alle decisioni e/o raccomandazioni dell'ufficio del Mediatore europeo è stato del 90 %, con un aumento di 10 punti percentuali rispetto al 2013;
Q. considerando che, per quanto riguarda le indagini avviate dal Mediatore nel 2015, si possono identificare i seguenti temi chiave: trasparenza all'interno delle istituzioni UE, questioni etiche, partecipazione pubblica al processo decisionale nell'UE, norme UE sulla concorrenza e diritti fondamentali;
R. considerando che la commissione per le petizioni è un membro attivo della Rete europea dei difensori civici e che, in quanto tale, essa ha ricevuto 42 denunce dal Mediatore europeo con richiesta di trattare tali esposti come petizioni;
1. approva la relazione annuale per il 2015 presentata dal Mediatore europeo;
2. si congratula con Emily O'Reilly per l'eccellente lavoro svolto e per l'instancabile impegno volto a migliorare la qualità dei servizi offerti ai cittadini da parte dell'amministrazione europea; riconosce l'importanza della trasparenza in quanto elemento centrale per generare fiducia e garantire una buona amministrazione, come altresì evidenziato dall'alta percentuale di denunce inerenti la trasparenza (22,4 %), che colloca tale questione al primo posto tra tutte le altre; riconosce il ruolo delle indagini strategiche nel garantire una buona amministrazione e sostiene quelle condotte finora dall'ufficio del Mediatore europeo in tale ambito;
3. accoglie con favore i continui sforzi del Mediatore europeo volti a migliorare la trasparenza dei negoziati sul TTIP attraverso le proposte rivolte alla Commissione; plaude alla conseguente pubblicazione da parte della Commissione di numerosi documenti sul TTIP, il che rientra nella promozione della trasparenza in quanto uno dei tre pilastri della nuova strategia commerciale della Commissione; pone nuovamente l'accento sulla necessità di rafforzare la trasparenza negli accordi internazionali quali, tra gli altri, il TTIP e il CETA, come richiesto da numerosi cittadini preoccupati che si sono rivolti alla commissione per le petizioni; invita a potenziare e ampliare gli sforzi in questo senso, per tutelare la fiducia dei cittadini europei;
4. invita il Mediatore europeo a indagare sulla conformità dell'istituzione di sale di lettura sicure con il diritto di accesso ai documenti e con i principi di una buona amministrazione;
5. rammenta che il regolamento (CE) n. 1049/2001 relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione si basa sul principio dell'accesso "più ampio possibile"; sottolinea che, pertanto, la trasparenza e il pieno accesso ai documenti detenuti dalle istituzioni dell'UE debba costituire la regola, per assicurare che i cittadini possano esercitare pienamente i propri diritti democratici; sottolinea che, come già stabilito dalla Corte di giustizia dell'UE, le eccezioni a tale regola devono essere adeguatamente interpretate, tenendo conto del preminente pubblico interesse alla divulgazione e alle esigenze di democrazia, di più stretta partecipazione dei cittadini al processo decisionale, di legittimità dell'amministrazione, di efficacia e di responsabilità nei confronti dei cittadini;
6. incoraggia la Commissione e gli Stati membri a conferire al Mediatore europeo il potere di emettere una dichiarazione di non conformità con il regolamento (CE) n. 1049/2001 relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione da parte delle varie istituzioni dell'UE, a condizione che tali documenti non siano coperti dall'articolo 4 e dall'articolo 9, paragrafo 1, di tale regolamento; appoggia il principio che il Mediatore debba avere facoltà, a seguito di un'indagine sulla non conformità, di decidere in merito alla pubblicazione dei documenti pertinenti;;
7. deplora che la revisione del regolamento (CE) n. 1049/2001 sia bloccata; ritiene che occorra compiere progressi senza ulteriore indugio, in quanto il regolamento non rispecchia più la situazione giuridica e le prassi istituzionali attuali;
8. riconosce il bisogno di trasparenza nel processo decisionale dell'UE e sostiene l'indagine del Mediatore europeo inerente i negoziati informali tra le tre principali istituzioni dell'UE (i cosiddetti "triloghi"), come pure l'avvio di una consultazione pubblica in materia; appoggia la pubblicazione dei documenti di trilogo, nel rispetto degli articoli 4 e 9 del regolamento (CE) n. 1049/2001;
9. si rammarica che la commissione d'inchiesta sulla misurazione delle emissioni nel settore automobilistico (EMIS) abbia ricevuto dalla Commissione una documentazione soltanto parziale, redatta escludendo determinate informazioni ritenute non pertinenti dalla Commissione; esorta la Commissione ad assicurare la massima accuratezza nei propri lavori e la piena trasparenza della documentazione fornita, nel pieno rispetto del principio della cooperazione leale, in modo da garantire che la commissione EMIS possa esercitare pienamente ed efficacemente i propri poteri investigativi;
10. sostiene la determinazione del Mediatore europeo nel far sì che l'operato della Banca centrale europea sia caratterizzato da una maggiore trasparenza e da un elevato livello di governance, specialmente in quanto membro della troika/quadriga che supervisiona i programmi di risanamento di bilancio nei paesi UE; accoglie con favore la decisione della BCE di pubblicare gli elenchi delle riunioni dei membri del Comitato esecutivo; sostiene i nuovi principi guida per gli interventi orali e l'istituzione di un "periodo di silenzio" in merito alle informazioni riservate per il mercato prima delle riunioni del consiglio direttivo;
11. osserva il ruolo della Banca centrale europea in quanto autorità monetaria e membro consultivo della troika/quadriga e invita il Mediatore europeo a salvaguardare l'interesse della buona amministrazione di una delle principali autorità finanziarie europee;
12. chiede maggiore trasparenza negli incontri dell'Eurogruppo, oltre ai passi già compiuti dal Presidente dello stesso in seguito all'intervento del Mediatore europeo;
13. approva l'indagine del Mediatore sulla composizione dei gruppi di esperti della Commissione e la trasparenza dei loro lavori; osserva gli sforzi della Commissione volti a consentire l'esame pubblico di tali gruppi e sottolinea che occorre agire ulteriormente per assicurare la piena trasparenza; esorta nuovamente il Consiglio e i suoi organismi preparatori ad aderire quanto prima al registro dei lobbisti e a migliorare la trasparenza del proprio operato;
14. sostiene gli sforzi del Mediatore volti ad accrescere la trasparenza delle attività di lobbying; si rammarica per la riluttanza della Commissione a pubblicare informazioni dettagliate sugli incontri con i lobbisti dell'industria del tabacco; esorta la Commissione a garantire la piena trasparenza dei propri lavori, in modo tale da rafforzare la fiducia del pubblico nel suo operato;
15. invita la Commissione a rendere disponibili gratuitamente tutte le informazioni sull'influenza delle lobby, garantendo che siano completamente comprensibili e facilmente accessibili al pubblico grazie a un'unica banca dati centralizzata online;
16. invita la Commissione a presentare, entro il 2017, una proposta di registro dei lobbisti obbligatorio e legalmente vincolante, al fine di eliminare tutte le scappatoie e istituire la piena obbligatorietà di iscrizione al registro per tutti i lobbisti;
17. sostiene gli sforzi volti a mettere in atto orientamenti sulla trasparenza del lobbismo, che si applicherebbero non solo alle istituzioni dell'UE, ma anche alle amministrazioni nazionali;
18. osserva la preoccupazione dei cittadini relativamente alla gestione, da parte della Commissione, delle procedure di infrazione dinanzi alla Corte di giustizia dell'UE e alla mancanza di trasparenza nelle varie fasi del processo; sottolinea che il diritto alla buona amministrazione sancito dall'articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali include l'obbligo di fornire motivazioni sufficienti nei casi in cui la Commissione decida di non avviare una procedura di infrazione dinanzi alla Corte di giustizia dell'UE; accoglie con favore l'indagine strategica del Mediatore europeo sulle criticità sistemiche incontrate nell'ambito di EU Pilot;
19. plaude all'apertura dell'indagine del Mediatore (caso OI/5/2016/AB) sul trattamento riservato dalla Commissione, in quanto custode dei trattati, alle denunce di violazioni nell'ambito di procedure "EU Pilot"; ricorda le precedenti richieste avanzate dalla commissione per le petizioni di garantire l'accesso ai documenti concernenti EU Pilot e le procedure d'infrazione, dal momento che le petizioni portano spesso all'avvio di tali procedure;
20. accoglie con favore il proseguimento delle indagini del Mediatore europeo sui casi di "porte girevoli" all'interno della Commissione; riconosce che in seguito a tali indagini la Commissione ha fornito maggiori informazioni sui nomi degli alti funzionari che hanno lasciato la Commissione stessa per lavorare nel settore privato; incoraggia la pubblicazione più frequente dei nomi e di altri dati riguardanti tali persone; esprime l'auspicio che altre istituzioni e agenzie europee facciano altrettanto; accoglie con favore la volontà della Commissione di pubblicare informazioni riguardanti le occupazioni post-mandato degli ex commissari; esprime profonda preoccupazione per la nomina dell'ex presidente della Commissione Barroso a consigliere e presidente non esecutivo di Goldman Sachs International; invita il Mediatore ad avviare un'indagine strategica sulla gestione, da parte della Commissione, del caso di porte girevoli che coinvolge l'ex presidente Barroso, che comprenda la formulazione di raccomandazioni sulla modalità di riformare il codice di condotta conformemente ai principi di buona amministrazione e agli obblighi di cui all'articolo 245 TFUE;
21. rammenta che i conflitti di interesse hanno una portata che non si limita ai casi di "porte girevoli"; sottolinea che è fondamentale affrontare efficacemente tutte le fonti dei conflitti di interesse, allo scopo di conseguire una buona amministrazione e garantire la credibilità del processo decisionale politico e tecnico; ritiene che occorra prestare particolare attenzione a livello dell'UE, nell'ambito delle nomine dei candidati per gli incarichi in seno alle istituzioni, alle agenzie e agli organi, basandosi su norme rigorose e misure concrete che non lascino spazio a dubbi su eventuali conflitti di interesse;
22. accoglie con favore il fatto che nel 2015 tutte le istituzioni dell'UE abbiano introdotto regole interne per la protezione degli informatori in virtù degli articoli da 22 bis a 22 quater dello statuto dei funzionari, incoraggiando così la segnalazione regolamentata delle irregolarità; osserva che la protezione degli informatori dalle ritorsioni potrebbe essere più efficace; esorta, a tal fine, ad adottare regole comuni volte a incoraggiare la segnalazione di irregolarità e a introdurre tutele e garanzie minime per gli informatori;
23. chiede una direttiva sulla segnalazione delle irregolarità che stabilisca procedure e canali adeguati per la denuncia di ogni tipo di illecito, nonché le opportune tutele e garanzie giuridiche minime per gli informatori sia nel settore pubblico sia in quello privato;
24. accoglie con favore l'introduzione di un meccanismo di denunce per le potenziali violazioni dei diritti fondamentali nell'ambito di Frontex, in seguito all'indagine in corso del Mediatore sulle pratiche impiegate da Frontex e dagli Stati membri nei rimpatri congiunti forzati dei migranti irregolari; si compiace dell'inclusione di un tale meccanismo nel nuovo regolamento sulla guardia costiera e di frontiera europea;
25. elogia il Mediatore europeo per il suo lavoro d'indagine sul rispetto della Carta dei diritti fondamentali da parte degli Stati membri nell'ambito della realizzazione di misure finanziate da risorse dell'UE, ad esempio nel caso di progetti volti a ricoverare in istituti le persone con disabilità anziché integrarle nella società; esorta il Mediatore europeo a portare avanti tali indagini per garantire la trasparenza e il valore aggiunto dei progetti;
26. accoglie favorevolmente la cooperazione tra il Mediatore e il Parlamento europeo nell'ambito del quadro dell'UE per la convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, in particolare per quanto concerne la richiesta di una piena attuazione della convenzione a livello dell'UE e dell'assegnazione di risorse finanziarie sufficienti a tal fine; ribadisce il proprio pieno sostegno all'attuazione della Convenzione ed esorta la Commissione e gli Stati membri a metterla pienamente in atto a livello dell'Unione;
27. appoggia gli sforzi del Mediatore nel trattamento dei casi di discriminazione, dei diritti di gruppi di minoranza e dei diritti delle persone anziane nell'ambito del seminario della rete europea dei difensori civici sul tema "I difensori civici contro la discriminazione";
28. appoggia gli sforzi del Mediatore volti a vegliare sull'imparzialità delle decisioni della Commissione in materia di concorrenza;
29. riconosce che il diritto dei cittadini ad avere voce in capitolo nella definizione delle politiche dell'UE è oggi più importante che mai; accoglie con favore le linee guida proposte dal Mediatore per migliorare il funzionamento dell'iniziativa dei cittadini europei (ICE), specialmente per quanto riguarda la solidità delle motivazioni della Commissione alla base del rigetto di un'ICE; riconosce tuttavia che vi sono carenze significative che devono essere affrontate e risolte al fine di rendere l'ICE più efficace; ritiene che una maggiore inclusione dei cittadini nella definizione delle politiche dell'Unione rafforzerà la credibilità delle istituzioni europee;
30. prende atto con soddisfazione del dialogo continuo e delle strette relazioni che il Mediatore intrattiene con svariate istituzioni dell'UE, tra cui il Parlamento, nonché con altri organismi, nell'ottica di assicurare la cooperazione e la coesione sul piano amministrativo; elogia altresì gli sforzi del Mediatore di assicurare una comunicazione continua e aperta con la commissione per le petizioni;
31. riconosce la necessità che le agenzie europee rispettino le stesse norme rigorose in termini di trasparenza, responsabilità ed etica di tutte le altre istituzioni; osserva con apprezzamento l'importante lavoro svolto dal Mediatore europeo in varie agenzie nell'UE; appoggia la proposta avanzata all'Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) di far sì che i dichiaranti debbano dimostrare di avere fatto tutto il possibile per evitare i test sugli animali e di fornire informazioni su come evitare i test sugli animali;
32. appoggia le raccomandazioni del Mediatore secondo cui l'Agenzia europea per la sicurezza alimentare dovrebbe rivedere le proprie norme e procedure in materia di conflitto d'interessi onde garantire la partecipazione e la consultazione adeguate del pubblico;
33. ricorda che il Mediatore ha anche la facoltà, e pertanto il dovere, di controllare l'operato del Parlamento nel quadro del suo impegno di garantire un'amministrazione efficace per i cittadini dell'UE;
34. chiede un efficace rafforzamento del codice europeo di buona condotta amministrativa, attraverso l'adozione un regolamento vincolante in materia durante l'attuale legislatura;
35. invita il Mediatore europeo ad aggiungere alle sue future relazioni annuali una classificazione delle denunce che non rientrano nelle competenze del suo ufficio, in quanto un tale elenco fornirebbe ai deputati al Parlamento europeo una panoramica dei problemi di cui risentono i cittadini dell'Unione;
36. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione e la relazione della commissione per le petizioni al Consiglio, alla Commissione, al Mediatore europeo, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e ai loro difensori civici o agli organi competenti analoghi.
Verso un sistema IVA definitivo e lotta contro le frodi ai danni dell'IVA
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Risoluzione del Parlamento europeo del 24 novembre 2016 sul tema "Verso un sistema IVA definitivo e lotta contro le frodi ai danni dell'IVA" (2016/2033(INI))
– visto il piano d'azione sull'IVA presentato dalla Commissione il 7 aprile 2016 (COM(2016)0148),
– vista la relazione speciale n. 24/2015 della Corte dei conti europea del 3 marzo 2016 dal titolo "Lotta alle frodi nel campo dell'IVA intracomunitaria: sono necessari ulteriori interventi",
– vista la direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto,
– vista la sua risoluzione del 13 ottobre 2011 sul futuro dell'IVA(1),
– vista la proposta di direttiva relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale (COM(2012)0363),
– vista la proposta di regolamento del Consiglio che istituisce la Procura europea (COM(2013)0534),
– vista la sua risoluzione del 12 marzo 2014 sulla proposta di regolamento del Consiglio che istituisce la Procura europea(2),
– vista la proposta di regolamento che istituisce l'Agenzia dell'Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale (Eurojust) (COM(2013)0535),
– vista la sua risoluzione del 29 aprile 2015 sulla proposta di regolamento del Consiglio che istituisce la Procura europea(3),
– visto l'articolo 52 del suo regolamento,
– visti la relazione della commissione per i problemi economici e monetari e i pareri della commissione per il controllo dei bilanci e della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (A8-0307/2016),
A. considerando che il mercato unico, istituito il 1° gennaio 1993, ha abolito i controlli di frontiera per gli scambi intracomunitari e che il sistema IVA dell'Unione europea, in vigore dal 1993 ai sensi degli articoli da 402 a 404 della vigente direttiva IVA, ha solo un carattere provvisorio e costituisce un regime transitorio;
B. considerando che il Consiglio, conformemente all'articolo 113 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), è tenuto ad adottare all'unanimità le direttive appropriate al fine di completare il sistema comune d'IVA e, segnatamente, di ridurre gradualmente o di sopprimere le deroghe al sistema stesso;
C. considerando che la Commissione è tenuta, ogni quattro anni, a presentare al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sul funzionamento del vigente sistema di imposta sul valore aggiunto e, in particolare, sul funzionamento del regime transitorio;
D. considerando che l'IVA, i cui ricavi hanno apportato un gettito di quasi 1 bilione di EUR nel 2014, rappresenta una fonte di entrate significativa e in crescita per gli Stati membri e confluisce fra le risorse proprie dell'UE, che le entrate complessive dell'UE derivanti dalla risorse proprie IVA ammontano a 17,667 miliardi e rappresentavano nel 2014 il 12,27 % delle entrate totali dell'UE(4);
E. considerando che il vigente sistema di IVA, in particolare così come applicato dalle grandi società alle operazioni transfrontaliere, è vulnerabile alle frodi, strategie di elusione fiscale e che, alla mancata riscossione dell'IVA a causa di insolvenza o a errori di calcolo; considerando che, secondo le stime, il "divario dell'IVA" ammonta annualmente a circa 170 miliardi di EUR e che sono ormai disponibili migliori tecnologie digitali volte a colmare tale divario;
F. considerando che, secondo uno studio della Commissione(5), ogni anno tra i 45 e i 53 miliardi di EUR del mancato gettito IVA sono imputabili alla frode intracomunitaria (frode intracomunitaria dell'operatore inadempiente, detta comunemente "frode carosello");
G. considerando che gli Stati membri differiscono in termini di efficacia con cui sono in grado di affrontare la frode e l'elusione IVA, posto che il divario dell'IVA varia da meno del 5 % a oltre il 40 % a seconda del paese preso in considerazione;
H. considerando che, secondo le stime di Europol, ogni anno 40-60 miliardi di EUR del mancato gettito IVA per gli Stati membri sono imputabili a gruppi criminali organizzati e che il 2 % di questi sono all'origine dell'80 % delle frodi intracomunitarie dell'operatore inadempiente;
I. considerando che la valutazione del mancato gettito derivante dalla frode all'IVA transfrontaliera è un compito particolarmente impegnativo dato che solo due Stati membri, il Regno Unito e il Belgio, raccolgono e diffondono statistiche in merito;
J. considerando che diversi Stati membri, con il coordinamento di Eurojust e Europol, hanno recentemente portato a termine con successo tre operazioni Vertigo consecutive, le quali hanno rivelato un sistema di frodi carosello per un totale di 320 milioni di EUR;
K. considerando che gli ingenti costi amministrativi imputabili all'attuale regime IVA, soprattutto in relazione alle operazioni transfrontaliere, potrebbero essere sensibilmente ridotti, in particolare per le piccole e medie imprese, anche grazie a misure di semplificazione che utilizzino sistemi di rendicontazione digitale e banche dati comuni;
L. considerando che sussiste un buon margine di miglioramento per la riduzione degli ostacoli amministrativi, così come fiscali, riguardanti in particolare progetti di cooperazione transfrontaliera;
M. considerando che l'imposta sul valore aggiunto è un'imposta sul consumo che si basa su un sistema di pagamenti frazionati che consentono l'autocontrollo dei contribuenti, che deve essere sostenuta soltanto dall'utente finale al fine di garantirne la neutralità per le imprese; che spetta agli Stati membri definire le modalità pratiche di addebitamento dell'IVA per garantire che ricada sull'utente finale,
N. considerando che a 23 anni dall'introduzione della direttiva IVA, le cosiddette deroghe di tipo sospensivo non sono più attuali, in particolare riguardo alla moderna economia digitale;
O. considerando che la Commissione, negli ultimi venti anni, ha avviato oltre 40 procedure di infrazione nei confronti di più di due terzi degli Stati membri per mancata osservanza delle disposizioni della direttiva;
P. considerando che per richiedere una normativa definitiva in materia di imposta sul valore aggiunto secondo il principio del paese di origine non è necessario raggiungere la maggioranza, dato che in tal caso sarebbe necessaria una maggiore armonizzazione delle aliquote di imposta, onde impedire massicce distorsioni della concorrenza;
Q. considerando che la lotta contro la frode fiscale è una delle principali sfide in campo tributario per gli Stati membri;
R. considerando che le frodi IVA rappresentano una pratica estremamente dannosa, che sottrae somme importanti alle entrate di bilancio degli Stati membri ostacolando i loro sforzi di risanamento delle finanze pubbliche;
S. considerando che ogni anno le frodi IVA a livello transfrontaliero costano quasi 50 miliardi di EUR ai nostri Stati membri e ai contribuenti europei;
T. considerando che le tipologie di frodi IVA sono multiformi e in continua evoluzione e riguardano molti settori economici, e richiedono pertanto un rapido adeguamento della legislazione in materia al fine di andare verso un sistema IVA sostenibile e semplice che consenta di prevenire le frodi e la potenziale perdita di entrate fiscali;
U. considerando che i progetti pilota in materia di inversione contabile non devono causare o comportare ritardi nella messa a punto di un sistema IVA definitivo quale previsto dalla tabella di marcia del piano d'azione della Commissione;
V. considerando che la tecnica di frode IVA più utilizzata è quella del "carosello"; che questo tipo di frode, molto comune nei settori del commercio dei componenti elettronici, della telefonia mobile e del tessile, consiste nel far "girare" dei prodotti tra varie società situate in diversi Stati membri, approfittando del fatto che non viene applicata alcuna imposta alla consegna intra-UE di merci;
W. considerando che è urgentemente necessario intensificare e mantenere costantemente l'impegno nella cooperazione tra gli Stati membri per impostare strategie globali e integrate nella lotta contro le frodi, soprattutto in considerazione degli attuali vincoli di bilancio dell'UE e dell'aumento del commercio elettronico e via Internet, che ha indebolito il controllo territoriale sulla riscossione dell'IVA;
X. considerando che la tutela degli interessi finanziari dell'Unione europea e degli Stati membri è un elemento chiave dell'agenda programmatica dell'Unione volta a consolidare e rafforzare la fiducia dei cittadini nonché a garantire un corretto utilizzo del loro denaro;
Y. considerando che le frodi in materia di IVA rappresentano una perdita economica per gli Stati membri, e di conseguenza per l'UE, creano un ambiente fiscale distorto, specialmente a danno delle piccole e medie imprese, e sono utilizzate dalla criminalità organizzata approfittando delle lacune legislative esistenti tra gli Stati membri e le autorità di vigilanza competenti;
Z. considerando che nella sua relazione speciale n. 24/2015 la Corte dei conti europea ha concluso che la frode ai danni dell'IVA è una pratica considerata fondamentalmente illecita a cui è necessario porre fine;
AA. considerando che nella causa C-105/14, Taricco e altri, la Corte di giustizia dell'Unione europea ha dichiarato che il concetto di "frode", come definito all'articolo 1 della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, è applicabile alle entrate derivanti dall'IVA;
1. si compiace che la Commissione intenda proporre un sistema definitivo d'imposta sul valore aggiunto (IVA) entro il 2017, che sia semplice, giusto, solido, efficiente e meno vulnerabile alle frodi;
2. sottolinea che per il corretto funzionamento del mercato unico digitale, occorre un sistema IVA semplice che preveda un numero inferiore di deroghe;
3. ritiene che il parere scientifico alla base delle proposte della Commissione per il programma d'azione offra importanti raccomandazioni; sottolinea che l'elenco di proposte della Commissione volto a conseguire un sistema IVA solido, semplice e meno vulnerabile alle frodi non è esauriente;
4. plaude alla recente comunicazione della Commissione del 7 aprile 2016 e all'intenzione di adottare ulteriori provvedimenti contro i casi di frode e di contribuire al miglioramento dell'attuale sistema IVA;
5. ritiene che sia altresì importante migliorare il sistema attuale e chiede riforme radicali che possano risolvere, o perlomeno nettamente ridurre, i problemi che lo affliggono, in particolare il problema europeo della riscossione dell'IVA;
6. ritiene che la Commissione dovrebbe esaminare, in egual misura e apertamente, tutte le possibili opzioni e presentarle nell'ambito della procedura legislativa;
7. constata la necessità di sforzi concertati tra gli Stati membri per giungere a un accordo su un sistema IVA definitivo;
8. riconosce che l'unanimità sarà una premessa necessaria per il conseguimento di un accordo su un sistema IVA più funzionale e auspica pertanto una visione più chiara in merito a semplicità e numero inferiore di deroghe, unitamente a un approccio pragmatico che tenga conto degli interessi dell'economia digitale in rapida evoluzione;
9. rileva che una politica fiscale coordinata degli Stati membri, oltre che un miglioramento della tempestività e della frequenza del reciproco scambio di informazioni sul commercio intracomunitario, è indispensabile per contrastare più efficacemente l'evasione e l'elusione fiscali e per colmare infine l'attuale "divario dell'IVA";
10. esorta la Commissione e le agenzie governative a esplorare e sperimentare nuove tecnologie, quali la DLT (distributed ledger technology) e il monitoraggio in tempo reale, nell'ambito di un programma "RegTech" (tecnologia applicata alla regolamentazione), ai fini di una riduzione sostanziale dell'ingente divario dell'IVA attualmente riscontrabile nell'Unione;
11. sottolinea che spetta alle autorità fiscali dei singoli Stati membri garantire che l'IVA sia pagata in modo semplice e in maniera favorevole alle PMI, il che può essere agevolato da una maggiore cooperazione tra le autorità nazionali;
12. ritiene che la collaborazione e lo scambio di informazioni tra le singole amministrazioni fiscali degli Stati membri non siano stati finora sufficienti e che anche le attività di Eurofisc non abbiano ad oggi conseguito risultati soddisfacenti; è del parere che le informazioni scambiate attraverso Eurofisc dovrebbero essere più mirate alle frodi; attende con interesse l'imminente proposta della Commissione per migliorare il funzionamento di Eurofisc;
13. rileva che il sistema di scambio di informazioni sull'IVA (VIES) si è dimostrato uno strumento utile per combattere le frodi, avendo consentito alle autorità fiscali di riunire informazioni relative agli scambi commerciali intracomunitari, ma persistono delle criticità nell'applicazione, in particolare per quanto concerne la puntualità delle informazioni fornite, la prontezza delle risposte alle interrogazioni e la velocità di reazione agli errori segnalati; auspica, pertanto, che gli Stati membri affrontino tali criticità con la dovuta attenzione;
14. osserva che le informazioni fornite a Eurofisc dalle autorità nazionali non sono filtrate in maniera tale da trasferire esclusivamente i casi sospetti, il che impedisce il funzionamento ottimale del gruppo; sostiene l'iniziativa di diversi Stati membri a favore della creazione di strumenti nazionali di analisi dei rischi, che consentirebbero di filtrare i dati senza correre il rischio di eliminare casi sospetti in qualsiasi Stato membro e permetterebbero a Eurofisc di reagire rapidamente ad eventuali frodi IVA transfrontaliere;
15. sottolinea che spetta alle autorità fiscali dei singoli Stati membri garantire che l'IVA sia pagata in modo corretto e semplice;
16. rammenta che, ai fini della riscossione dell'IVA nei rispettivi territori, gli Stati membri dipendono in larga misura dalle informazioni ricevute da altri Stati membri riguardanti gli scambi intra-UE; chiede alle autorità competenti di scambiarsi, in particolare, informazioni sull'IVA e i dazi al consumo e di avvalersi di strumenti informatici affidabili e di facile utilizzo, ad esempio i formulari elettronici standard, per registrare le cessioni di beni e le prestazioni di servizi a livello transfrontaliero al consumatore finale; ritiene a tal proposito che l'utilizzo del numero di localizzazione IVA (VLN), in virtù del quale un utente non può detrarre l'IVA se questa non viene indicata in fattura senza un valido VNL, potrebbe essere uno strumento utile;
17. ritiene che la mancanza di informazioni confrontabili e di adeguati indicatori pertinenti per misurare le performance degli Stati membri si rifletta sull'efficacia del sistema UE nell'affrontare frodi dell'IVA nell'UE e invita pertanto le autorità fiscali a creare, in coordinamento con la Commissione, un sistema comune per stimare l'entità del fenomeno delle frodi IVA intra-UE e fissare quindi obiettivi per ridurlo, dal momento che ciò consentirebbe di valutare la performance degli Stati membri nell'affrontare il problema;
18. invita gli Stati membri a facilitare altresì lo scambio di informazioni con le autorità giudiziarie e preposte all'applicazione della legge quali Europol e OLAF, come raccomandato dalla Corte dei conti;
19. rileva che la procedura doganale 42, che garantisce l'esenzione IVA sui beni importati in uno Stato membro per essere successivamente trasportati in un altro Stato membro, si è dimostrata vulnerabile ad abusi fraudolenti; rileva che, nell'ottica di individuare ed eliminare questo tipo di frode, risultano essenziali controlli incrociati efficaci delle informazioni in possesso delle autorità fiscali con quelle in possesso delle autorità doganali; invita, pertanto, gli Stati membri e la Commissione ad attivarsi per agevolare il flusso di informazioni tra le autorità fiscali e quelle doganali riguardo alle importazioni nell'ambito della procedura doganale 42, come raccomandato dalla Corte dei conti europea;
20. sostiene l'obiettivo del piano d'azione, di introdurre uno spazio unico europeo dell'IVA, che possa sostenere un mercato unico più approfondito ed equo e che contribuisca a incentivare l'equità fiscale, consumi sostenibili, l'occupazione, la crescita, gli investimenti e la concorrenza limitando al contempo le possibilità di frodi IVA;
21. chiede, al riguardo, che i servizi siano pienamente integrati quanto prima nel nuovo sistema e, in particolare, che i servizi finanziari siano assoggettati all'IVA;
22. concorda con la Commissione sul fatto che il sistema dell'IVA stabilito debba fondarsi sul principio dell'imposizione nel paese di destinazione di beni e servizi, data l'impossibilità di attuare il principio del paese di origine;
23. è favorevole alla generalizzazione del principio del paese di destinazione nel quadro delle vendite a distanza ai privati e all'introduzione di misure armonizzate a favore delle piccole imprese;
24. chiede, in sede di introduzione di un sistema IVA definitivo, di includere negli attuali regimi fiscali i progressi tecnologici del mondo digitale e in tal modo rendere il sistema IVA adatto al XXI secolo;
25. constata che la temporanea coesistenza di diverse aliquote IVA determina notevoli incertezze per le imprese che operano a livello transfrontaliero e per le PMI; constata che l'incertezza è imputabile altresì alla questione del soggetto responsabile della riscossione dell'IVA, della prova di una fornitura intracomunitaria, del rischio di coinvolgimento in frodi dell'operatore inadempiente, nonché ai problemi di flusso di cassa e alle diverse aliquote IVA per diverse categorie di prodotti nello stesso paese; invita pertanto la Commissione a studiare l'impatto delle frodi dell'operatore inadempiente entro la metà del 2017; invita gli Stati membri a giungere a un'intesa su una maggiore convergenza delle aliquote IVA;
26. invita la Commissione a valutare gli effetti della mancata armonizzazione delle aliquote d'imposta a livello dell'Unione, in particolare nelle attività transfrontaliere, e a esaminare le possibilità di rimuovere tali barriere;
27. è favorevole all'opzione proposta dalla Commissione di riesaminare regolarmente l'elenco di beni e servizi che possono beneficiare di aliquote ridotte che andranno concordate dal Consiglio; chiede che l'elenco in questione tenga conto delle priorità politiche quali gli aspetti sociali, di genere, sanitari, ambientali, nutrizionali e culturali;
28. ritiene che la proposta alternativa della Commissione di abolire totalmente le aliquote minime possa determinare notevoli distorsioni della concorrenza e problemi nel mercato interno; è del parere che occorra tenere conto dell'imperativo di una maggiore armonizzazione che è necessaria ai fini del corretto funzionamento del mercato interno;
29. chiede di valutare se possa essere compilato un elenco unico europeo di beni e servizi ad aliquota ridotta, come alternativa all'attuale sistema di aliquote IVA ridotte, il che potrebbe notevolmente migliorare l'efficienza del sistema IVA, che consenta di realizzare un sistema più strutturato rispetto a quello attuale;
30. è del parere la riduzione delle esenzioni sia importante per combattere le frodi IVA e che il modo migliore e più economico per affrontare queste ultime sia un sistema IVA semplice con un'aliquota più bassa possibile;
31. ritiene che il complesso sistema attuale possa essere notevolmente semplificato riducendo i beni e i servizi ad aliquota ridotta e se alcuni di questi vengono stabiliti congiuntamente dagli Stati membri a livello di Unione, lasciando nel contempo agli Stati membri la facoltà di decidere le aliquote d'imposta purché queste siano conformi alle aliquote minime di cui alla direttiva IVA e non comportino il rischio di concorrenza sleale;
32. chiede che i prodotti siano soggetti allo stesso livello di tassazione secondo il principio del paese di destinazione, a prescindere dalla forma o dalla piattaforma di acquisto e dalla modalità di consegna, fisica oppure digitale;
33. osserva che uno dei principali problemi per le PMI è oggi rappresentato dal fatto che gli Stati membri interpretano in maniera diversa ciò che può essere definito prodotto o servizio; invita, pertanto, la Commissione a precisare e specificare meglio le sue definizioni;
34. invita gli Stati membri ad applicare la stessa aliquota IVA alle imprese private e pubbliche che operano in settori in cui sono in concorrenza tra di loro;
35. ricorda che il sistema dei pagamenti frazionati dell'IVA è stato scelto come riferimento in materia di fiscalità indiretta nel quadro del progetto BEPS dell'OCSE (azione 1) in quanto garantisce l'efficienza della riscossione delle imposte e, per sua stessa natura, consente l'autocontrollo degli operatori;
36. rileva che gli articoli 199 e 199 bis della direttiva IVA prevedono la possibilità di applicare, temporaneamente e in maniera mirata, il meccanismo di inversione contabile alle operazioni transfrontaliere e a certi settori nazionali ad alto rischio negli Stati membri;
37. invita la Commissione a esaminare con attenzione le conseguenze del meccanismo di inversione contabile e a valutare se tale procedura semplificherà la vita alle PMI e ridurrà le frodi dell'IVA;
38. invita la Commissione a valutare le incidenze del meccanismo di inversione contabile e non solo per i singoli settori particolarmente vulnerabili alle frodi, in termini di vantaggi, costi di conformità, problemi di frode, di efficacia e di attuazione, nonché di vantaggi e svantaggi a lungo termine mediante progetti pilota, come richiesto da alcuni Stati membri e nel frattempo espressamente confermato dalla Commissione, benché ciò non rientri a tutt'oggi nel suo piano d'azione; sottolinea che tali progetti pilota non devono tuttavia causare o comportare in alcun modo ritardi nella definizione e nell'attuazione del regime IVA permanente quale previsto dalla tabella di marcia del piano d'azione della Commissione;
39. ritiene che nell'ambito della generale applicazione del principio del paese di destinazione, le autorità fiscali nazionali debbano assumersi maggiori responsabilità per quanto attiene all'adempimento degli obblighi fiscali e alla riduzione delle possibilità di elusione; conviene con la Commissione sul fatto che esiste ancora un ampio margine per migliorare la lotta alle frodi dell'IVA, attraverso misure amministrative convenzionali e migliorando la capacità e le competenze del personale degli Stati membri in materia di riscossione delle imposte e di ispezione fiscale; sottolinea la necessità di rafforzare le ispezioni fiscali e le sanzioni per i grandi evasori; invita la Commissione a stanziare sufficienti mezzi finanziari e tecnici a tal fine;
40. è del parere che la Commissione debba monitorare attentamente le prestazioni delle autorità fiscali nazionali e migliorare il coordinamento tra di esse;
41. accoglie con favore l'intenzione annunciata dalla Commissione di ampliare il mini sportello unico, trasformandolo in uno sportello a tutti gli effetti; constata come sia della massima importanza che esso sia di facile utilizzo e altrettanto efficiente in tutti i 28 Stati membri; osserva che la creazione di uno sportello alleggerirebbe l'onere amministrativo che impedisce alle aziende di operare a livello transfrontaliero e ridurrebbe i costi a carico delle PMI (COM(2016)0148);
42. prende atto che lo sportello unico è essenziale per applicare il principio del paese di destinazione e ridurre la vulnerabilità alle frodi; chiede di migliorare lo sportello unico sulla base dell'attuale esperienza dei mini sportelli unici per i prodotti digitali; rileva che, anche in presenza del mini sportello unico, le piccole imprese e le microimprese rischiano di dover affrontare un onere amministrativo notevole in ragione del nuovo principio di destinazione; accoglie pertanto con favore la proposta contenuta nel piano d'azione sull'IVA della Commissione di introdurre una misura di semplificazione comune a livello europeo (soglia IVA); chiede di definire in modo chiaro quali siano gli Stati membri a cui competono i controlli fiscali per le transazioni transfrontaliere; accoglie con favore l'intenzione della Commissione di abolire la franchigia per le spedizioni di modesto valore nell'ambito del suo piano d'azione sull'IVA;
43. sottolinea, riconoscendo che differenti sistemi IVA all'interno dell'Unione europea potrebbero anche essere percepiti come un ostacolo non tariffario nel mercato interno, che il mini sportello unico sull'IVA (VAT MOSS) rappresenta un'ottima soluzione per contribuire a superare tale ostacolo e, in particolare, per coadiuvare le PMI nelle loro attività transfrontaliere; riconosce che permangono ancora talune problematiche minori riguardo al VAT MOSS; invita la Commissione ad agevolare ulteriormente il pagamento degli obblighi in materia di IVA da parte delle imprese di tutta l'UE;
44. prende atto della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea nella causa C-97/09 (Ingrid Schmelz/Finanzamt Waldviertel); rileva le 28 diverse soglie di esenzione dall'imposta sull'IVA; rileva le conseguenti difficoltà finanziarie affrontate dalle PMI e dalle micro-imprese che dovrebbero essere esentate ai sensi dei rispettivi regimi nazionali; invita la Commissione a effettuare ulteriori studi volti a stabilire una soglia di esenzione per il pagamento dell'IVA da parte delle micro-imprese;
45. chiede di esaminare tutte le proposte per minimizzare gli oneri amministrativi delle imposte sul fatturato per le micro, piccole e medie imprese; incoraggia la Commissione, a tale proposito, a esaminare altresì le migliori prassi a livello internazionale, quali i regimi "gold card" in vigore a Singapore e in Australia, riconoscendo che il rischio di frode da parte di taluni fornitori è molto basso;
46. si compiace dell'annuncio della Commissione relativo alla presentazione di un pacchetto IVA per le PMI nel 2017; raccomanda, tuttavia, un'attuazione graduale del nuovo quadro, dal momento che esso comporterà costi amministrativi supplementari (quali infrastrutture informatiche o procedure in materia di IVA);
47. rileva la complessità del sistema di dichiarazione che impone un onere elevato alle PMI, scoraggiando in tal modo il commercio transfrontaliero; esorta la Commissione a includere nel suo pacchetto per le PMI la proposta di un sistema di dichiarazione dell'IVA unificato, nonché obblighi d'informazione e scadenze armonizzati;
48. sottolinea la necessità di un contesto IVA armonizzato per la vendita a distanza tra imprese e tra imprese e consumatori; rileva che la soglia IVA non è applicata con lo stesso grado di successo nei diversi Stati membri a causa della mancanza di coordinamento;
49. sottolinea un nuovo sistema IVA semplificato deve essere concepito in modo tale che le PMI possano rispettare facilmente le norme sul commercio transfrontaliero e possano avvalersi, in ciascuno Stato membro, di un'assistenza non solo per quanto riguarda le modalità di conformità con tali norme, bensì anche le modalità di gestione delle procedure IVA;
50. chiede l'introduzione, in tempi rapidi, di un portale Internet completo e pubblicamente accessibile, in cui le imprese e i consumatori finali possano reperire, in modo semplice e chiaro, informazioni dettagliate sulle aliquote IVA in vigore negli Stati membri per i singoli prodotti e servizi; sottolinea la necessità che il linguaggio e la struttura di tale portale siano di facile comprensione e impiego; ribadisce la propria convinzione che aiutare le aziende comprendere chiaramente le norme IVA applicabili negli Stati membri rafforzerà ulteriormente le misure di contrasto delle frodi dell'IVA; osserva altresì che il software fiscale certificato potrebbe aiutare a limitare il rischio di specifici tipi di frode e altre irregolarità, nonché dare certezza alle aziende oneste impegnate in operazioni nazionali e transfrontaliere; invita inoltre la Commissione a fornire linee guida alle autorità fiscali nazionali in materia di classificazione delle operazioni riguardo alle aliquote IVA applicate, allo scopo di ridurre i costi di conformità e le controversie legali; invita gli Stati membri a creare sistemi pubblici d'informazione, come un portale Internet dedicato all'IVA, per mettere a disposizione informazioni affidabili in materia;
51. chiede alla Commissione di compilare un elenco con informazioni aggiornate sulle norme IVA in ciascuno Stato membro; sottolinea, allo stesso tempo, che spetta agli Stati membri notificare alla Commissione le proprie norme e aliquote;
52. osserva che, in relazione alle vendite del commercio elettronico, la mancanza di armonizzazione delle soglie IVA comporta elevati costi delle operazioni a carico delle PMI attive nel campo del commercio elettronico ove superino accidentalmente o inavvertitamente la soglia;
53. invita gli Stati membri a fornire urgentemente alla Commissione le informazioni relative alle proprie aliquote IVA, esigenze speciali ed esenzioni; invita la Commissione a raccogliere tali informazioni e a metterle a disposizione delle aziende e dei consumatori;
54. ritiene che i piani di riforma dell'IVA annunciati dalla Commissione nel programma d'azione richiedano una valutazione d'impatto esaustiva qualitativamente affidabile, con il contributo della comunità scientifica, degli Stati membri, delle amministrazioni fiscali, delle PMI e delle imprese dell'UE;
55. sottolinea che la legislazione fiscale è di esclusiva competenza degli Stati membri e che, ai sensi dell'articolo 329, paragrafo 1 TFUE, un gruppo di almeno nove Stati membri potrebbe instaurare una cooperazione rafforzata; invita la Commissione a sostenere le proposte di cooperazione rafforzata intese a contrastare le frodi e a ridurre l'onere amministrativo in termini di IVA;
56. ritiene che sia preferibile una soluzione nel quadro dell'OCSE rispetto a misure isolate, che devono essere armonizzate con le raccomandazioni dell'OCSE e con il piano d'azione BEPS;
57. accoglie con favore la comunicazione della Commissione dal titolo "Piano d'azione dell'UE per l'eGovernment 2016-2020: Accelerare la trasformazione digitale della pubblica amministrazione" (COM(2016)0179);
58. rileva che il nuovo piano d'azione prevede ulteriori passi in avanti verso un regime definitivo più efficiente, a prova di frode e più favorevole alle imprese nell'era dell'economia digitale e del commercio elettronico;
59. appoggia la proposta della Commissione in base alla quale l'IVA sulle vendite transfrontaliere (di beni o servizi) sarebbe riscossa dall'autorità fiscale del paese di origine, con l'aliquota applicabile nel paese di consumo, e trasferita al paese in cui vengono da ultimo consumati i beni o i servizi;
60. sottolinea l'importanza di presentare una proposta legislativa intesa ad estendere ai consumatori la procedura elettronica unica per la registrazione e il pagamento dell'IVA alle vendite online transfrontaliere di beni fisici dalle aziende, allo scopo di ridurre gli oneri amministrativi, uno dei principali ostacoli che le imprese incontrano nelle operazioni transfrontaliere;
61. invita la Commissione ad affrontare il problema degli oneri amministrativi a carico delle imprese derivanti dalla frammentazione del regime dell'IVA, presentando proposte legislative volte a estendere l'attuale mini sportello unico ai beni materiali venduti online, consentendo così alle imprese di effettuare un'unica dichiarazione e un unico pagamento dell'IVA nel loro Stato membro;
62. invita gli Stati membri a semplificare i loro sistemi fiscali nazionali e a renderli più coerenti e solidi, onde facilitare l'osservanza delle regole, impedire, scoraggiare e sanzionare la frode e l'evasione fiscale e aumentare l'efficienza della riscossione dell'IVA;
63. è preoccupato per il mancato pieno raggiungimento dell'obiettivo della semplificazione del sistema della contabilità per l'IVA come risorsa propria; ricorda la necessità di un'ulteriore semplificazione del sistema amministrativo relativo alle risorse proprie, per ridurre le possibilità di errori e frodi; si rammarica del fatto che il nuovo piano d'azione non si occupi dell'impatto sulla risorsa propria basata sull'IVA;
64. ricorda che i divari dell'IVA degli Stati membri e le perdite stimate nella riscossione dell'IVA all'interno dell'Unione sono stati stimati a 170 miliardi di EUR nel 2015 e sottolinea che in 13 dei 26 Stati membri esaminati nel 2014 la media delle perdite stimate dell'IVA era superiore al 15,2 %; invita la Commissione ad avvalersi pienamente dei suoi poteri esecutivi sia per controllare che per aiutare gli Stati membri; sottolinea che un'azione efficace per ridurre il divario dell'IVA richiede un approccio concertato e multidisciplinare, poiché tale fenomeno è il risultato non solo delle frodi ma di una combinazione di fattori, tra cui i fallimenti e le insolvenze, gli errori statistici, i ritardi di pagamento, l'evasione fiscale e l'elusione fiscale; ribadisce il suo invito alla Commissione a promuovere rapidamente una legislazione su un livello minimo di protezione per gli informatori nell'UE al fine di investigare meglio e scoraggiare le frodi, e a istituire un sostegno finanziario per il giornalismo investigativo transfrontaliero, che ha dimostrato chiaramente la sua efficacia negli scandali LuxLeaks, Dieselgate e Panama Papers;
65. si duole che le frodi IVA, e in particolare la frode cosiddetta "carosello" o "dell'operatore mancante (o fantasma, o scomparso)", falsino la concorrenza, privino i bilanci nazionali di risorse importanti e danneggino il bilancio dell'Unione; esprime preoccupazione per il fatto che la Commissione non dispone di dati attendibili sulle "frodi carosello" dell'IVA; esorta pertanto la Commissione a dare impulso a uno sforzo coordinato da parte degli Stati membri per istituire un sistema comune di raccolta di dati statistici sulle "frodi carosello" dell'IVA; indica che tale sistema potrebbe basarsi sulle pratiche già utilizzate in alcuni Stati membri;
66. esorta la Commissione ad avviare la creazione di un sistema comune che consenta di affinare la stima delle dimensioni della frode IVA all'interno dell'UE compilando statistiche sulle frodi IVA intra-UE, il che consentirebbe ai singoli Stati membri di valutare i rispettivi risultati in materia sulla base di indicatori precisi e affidabili della riduzione dell'IVA intra-UE e dell'accresciuta individuazione delle frodi e del corrispondente recupero d'imposta; ritiene che nuovi approcci di audit, come l'audit unico o gli audit congiunti, dovrebbero essere ulteriormente estesi alle operazioni transfrontaliere;
67. sottolinea quanto sia importante, per rafforzare la lotta alle frodi IVA, attuare nuove strategie e utilizzare in modo più efficiente le strutture esistenti a livello di Unione; sottolinea il fatto che una maggiore trasparenza, tale da permettere controlli adeguati, e l'adozione di un approccio più strutturato e "basato sul rischio" sono la chiave per individuare e prevenire i metodi fraudolenti e la corruzione;
68. si rammarica del fatto che la cooperazione amministrativa fra gli Stati membri nella lotta alla frode IVA non sia ancora efficiente nel far fronte ai meccanismi dell'evasione e della frode IVA intraunionali o nel gestire le operazioni o gli scambi transfrontalieri; sottolinea la necessità di un sistema IVA semplificato, efficace e accessibile che consenta a tutti gli Stati membri di ridurre il loro onere dell'IVA e di combattere le frodi IVA; chiede pertanto alla Commissione di effettuare un maggior numero di visite di monitoraggio negli Stati membri, con una selezione basata sul rischio, durante la valutazione degli accordi di cooperazione amministrativa; chiede altresì alla Commissione di concentrarsi, nel contesto della sua valutazione delle disposizioni amministrative, sulla rimozione degli ostacoli di natura giuridica che impediscono lo scambio di informazioni tra le autorità amministrative, quelle giudiziarie e quelle incaricate dell'applicazione della legge a livello nazionale e di UE; in aggiunta, invita la Commissione a raccomandare agli Stati membri di introdurre un'analisi comune dei rischi che includa l'analisi dell'uso dei sociali network, per assicurare che le informazioni scambiate tramite Eurofisc siano mirate alla lotta contro la frode; invita gli Stati membri a stabilire sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive e a migliorare il sistema di scambio di informazioni attualmente in uso;
69. sottolinea la necessità di rafforzare Eurofisc per accelerare gli scambi di informazioni; rileva che permangono problemi per quanto riguarda l'esattezza, completezza e tempestività delle informazioni; considera necessario mettere in comune le azioni e coordinare le strategie delle autorità fiscali, giudiziarie e di polizia degli Stati membri e quelle degli organismi europei, quali Europol, Eurojust e OLAF, che si occupano di lotta alle frodi, alla criminalità organizzata e al riciclaggio di denaro; incoraggia tutti i soggetti interessati a prendere in ulteriore considerazione modelli semplici e comprensibili di condivisione delle informazioni in tempo reale, per rendere possibili rapide reazioni o misure di attenuazione volte a contrastare i metodi di frode esistenti o quelli nuovi che emergono;
70. ritiene indispensabile che tutti gli Stati membri aderiscano a Eurofisc in tutti i suoi ambiti di attività, al fine di permettere una lotta efficace alle frodi IVA;
71. invita la Commissione a formulare proposte che consentano efficaci controlli incrociati dei dati provenienti dalle autorità doganali e fiscali, e a concentrare la sua azione di monitoraggio degli Stati membri su misure indicative dei miglioramenti della tempestività delle loro risposte alle richieste di informazioni e dell'affidabilità del sistema di scambio di informazioni sull'IVA (VIES);
72. chiede alla Commissione di incoraggiare gli Stati membri che non vi hanno ancora provveduto a introdurre una duplice partita IVA (con l'attribuzione, agli operatori che intendono partecipare a scambi commerciali intracomunitari, di una partita IVA diversa dalla partita IVA nazionale) e di procedere alle verifiche prescritte dall'articolo 22 del regolamento (UE) n. 904/2010, fornendo al contempo consulenza gratuita agli operatori;
73. invita la Commissione a garantire che i sistemi di sdoganamento elettronico degli Stati membri consentano e attuino la verifica automatica dei numeri di identificazione IVA;
74. esorta la Commissione a proporre una modifica della direttiva IVA al fine di conseguire una maggiore armonizzazione degli obblighi di dichiarazione IVA degli Stati membri per le forniture intraunionali di beni e servizi;
75. si rammarica che la proposta della Commissione sulla responsabilità solidale in caso di commercio transfrontaliero non sia stata adottata dal Consiglio; osserva che ciò riduce la funzione deterrente nei confronti degli scambi con operatori fraudolenti; rileva che l'attuazione della direttiva IVA per quanto riguarda il periodo di presentazione degli elenchi riepilogativi non è uniforme tra gli Stati membri, il che aumenta l'onere amministrativo a carico degli operatori attivi in più Stati membri; esorta pertanto il Consiglio ad approvare la proposta della Commissione in materia di responsabilità solidale;
76. incoraggia la Commissione e gli Stati membri ad essere più attivi a livello internazionale, a rafforzare la cooperazione con i paesi terzi e ad adottare provvedimenti esecutivi per la riscossione efficiente dell'IVA, in modo da stabilire standard e strategie di cooperazione basati prevalentemente sui principi della trasparenza, del buon governo e della scambio di informazioni; incoraggia gli Stati membri a scambiarsi reciprocamente le informazioni ricevute dai paesi terzi al fine di facilitare l'esecuzione della riscossione dell'IVA, in particolare nel commercio elettronico;
77. sollecita il Consiglio a inserire l'IVA nell'ambito di applicazione della direttiva relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale (direttiva PIF) al fine di trovare quanto prima un accordo sulla questione;
78. invita la Commissione a continuare a stimare i proventi che la criminalità organizzata trae dalle frodi in materia di IVA e a presentare una strategia complessiva, comune e multidisciplinare per contrastare i modelli commerciali della criminalità organizzata basati sulle frodi in materia di IVA, anche attraverso squadre investigative comuni ove necessario;
79. reputa fondamentale garantire la creazione di una Procura europea unica, forte e indipendente, in grado di indagare, perseguire e portare in giudizio gli autori di reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione, anche tramite frodi in materia di IVA, come indicato nella summenzionata direttiva PIF, e ritiene che qualsiasi soluzione meno incisiva rappresenterebbe un costo per il bilancio dell'Unione; sottolinea inoltre l'esigenza di assicurare che la suddivisione delle competenze tra le autorità investigative della Procura europea e degli Stati membri non comporti l'esclusione dei reati con rilevante incidenza sul bilancio dell'UE dalle competenze della Procura europea;
80. invita tutti gli Stati membri a pubblicare stime sulle perdite dovute alle frodi in materia di IVA intra-UE, a risolvere le carenze di Eurofisc e a coordinare meglio le rispettive politiche di inversione contabile dell'IVA per merci e servizi;
81. ritiene essenziale che gli Stati membri si servano, come utile ausilio per contrastare le frodi in materia di IVA, i controlli multilaterali, ossia un controllo coordinato tra due o più Stati membri sul regime fiscale da applicare a uno o più contribuenti;
82. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione e agli Stati membri.
Piano d'azione dell'UE contro il traffico illegale di specie selvatiche
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Risoluzione del Parlamento europeo del 24 novembre 2016 sul piano d'azione dell'Unione europea contro il traffico illegale di specie selvatiche (2016/2076(INI))
– vista la comunicazione della Commissione dal titolo "Piano d'azione dell'Unione europea contro il traffico illegale di specie selvatiche" (COM(2016)0087),
– vista la sua risoluzione del 15 gennaio 2014 sui reati contro le specie selvatiche(1),
– vista la Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e di fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES), attuata nell'UE mediante il regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio e il regolamento (CE) n. 865/2006 della Commissione recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio,
– vista la decisione (UE) 2015/451 del Consiglio, del 6 marzo 2015, relativa all'adesione dell'Unione europea alla convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e di fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES)(2),
– vista la convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione del 2003,
– vista la convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale del 2000,
– viste la convenzione sulla diversità biologica (CBD) e la convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale in Europa (convenzione di Berna),
– visto il World Wildlife Crime Report (relazione sui reati commessi a livello internazionale contro le specie selvatiche) del 2016 a cura dell'Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC),
– vista la risoluzione 69/314 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 30 luglio 2015 sulla lotta al traffico illecito di specie selvatiche,
– vista la risoluzione 2/14 dell'Assemblea delle Nazioni Unite per l'ambiente sul commercio illegale di specie selvatiche e dei relativi prodotti,
– visti gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) delle Nazioni Unite per il periodo 2015-2030,
– visto il Consorzio internazionale per la lotta ai reati contro le specie selvatiche (ICCWC), che comprende la CITES, l'Interpol, l'UNODC, la Banca mondiale e l'Organizzazione mondiale delle dogane,
– vista la dichiarazione sottoscritta in occasione della conferenza di Londra sul commercio illegale di specie selvatiche del 2014,
– vista la dichiarazione di Buckingham Palace sulla prevenzione del traffico illegale di specie selvatiche nel settore dei trasporti,
– visti il regolamento (UE) n. 995/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010, che stabilisce gli obblighi degli operatori che commercializzano legno e prodotti da esso derivati(3) e la relazione sulla sua attuazione elaborata dalla Commissione nel 2016,
– visto il regolamento (CE) n. 1005/2008 del Consiglio, del 29 settembre 2008, che istituisce un regime comunitario per prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (pesca INN)(4),
– visti il regolamento (UE) n. 605/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 giugno 2013, recante modifica del regolamento (CE) n. 1185/2003 del Consiglio, relativo all'asportazione di pinne di squalo a bordo dei pescherecci(5) e il regolamento (CE) n. 206/2009 della Commissione, del 5 marzo 2009(6), che autorizza l'importazione di 20 chilogrammi di prodotti di pesca per il consumo personale,
– vista l'importanza dell'Agenzia europea di controllo della pesca, istituita dal regolamento (CE) n. 768/2005 del Consiglio, nella lotta contro la cattura e la vendita illegali di specie acquatiche,
– vista la direttiva 2008/99/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, sulla tutela penale dell'ambiente(7),
– vista la direttiva 1999/22/CE del Consiglio, del 29 marzo 1999, relativa alla custodia degli animali selvatici nei giardini zoologici(8),
– vista la direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici(9),
– vista la direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche(10),
– visto lo studio sui reati contro le specie selvatiche pubblicato nel marzo 2016 dal suo Dipartimento tematico per la commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare,
– vista la rete Natura 2000, che comprende importanti siti di riproduzione e di riposo delle specie rare e minacciate nonché alcuni tipi di habitat naturali rari che godono a pieno titolo di protezione,
– vista la relazione del progetto di ricerca EU Action to Fight Environmental Crime (Azione dell'UE per combattere la criminalità ambientale, EFFACE) del 2014,
– viste le conclusioni del Consiglio del 12 febbraio 2016 sulla lotta contro il finanziamento del terrorismo,
– vista la relazione del Segretario generale della Commissione delle Nazioni Unite per la prevenzione della criminalità e la giustizia penale, del 4 marzo 2003, dal titolo "Illicit trafficking in protected species of wild flora and fauna and illicit access to genetic resources" (Traffico illecito di specie di flora e fauna selvatiche protette e accesso illecito alle risorse genetiche),
– viste le conclusioni del Consiglio del 20 giugno 2016 sul piano d'azione dell'Unione europea contro il traffico illegale di specie selvatiche,
– vista la valutazione di reazione rapida effettuata nel 2016 dal programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP) e da Interpol, dal titolo "The Rise of Environmental Crime" (La crescita della criminalità ambientale),
– visto l'articolo 52 del suo regolamento,
– visti la relazione della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare e i pareri della commissione per lo sviluppo, della commissione per il commercio internazionale, della commissione per la pesca e della commissione giuridica (A8-0303/2016),
A. considerando che il traffico illegale di specie selvatiche è una forma di criminalità organizzata internazionale che genera un giro di affari stimato a circa 20 miliardi di euro all'anno e che negli ultimi anni è aumentata in tutto il mondo divenendo una delle forme di criminalità organizzata transfrontaliera più vaste e redditizie; che il traffico illegale di specie selvatiche finanzia altre forme di criminalità grave e organizzata, a cui è peraltro strettamente collegato,
B. considerando che il declino della biodiversità mondiale è talmente grave da rappresentare la sesta grande estinzione di massa delle specie;
C. considerando che la biodiversità globale e i servizi degli ecosistemi sono minacciati dai cambiamenti nella destinazione dei suoli, dall'uso non sostenibile delle risorse naturali, dall'inquinamento e dai cambiamenti climatici; che, in particolare, molte specie a rischio affrontano sfide maggiori che in precedenza a causa della rapida urbanizzazione, della perdita di habitat e del commercio illegale di specie selvatiche,
D. considerando che il traffico illegale di specie selvatiche ha importanti ripercussioni negative sulla biodiversità, gli ecosistemi esistenti, il patrimonio naturale dei paesi di origine, le risorse naturali e la conservazione delle specie;
E. considerando che il traffico illegale di specie selvatiche rappresenta una minaccia grave e crescente alla sicurezza globale, alla stabilità politica, allo sviluppo economico, ai mezzi di sostentamento locali e allo Stato di diritto e richiede, pertanto, un approccio strategico e coordinato a livello di UE con il coinvolgimento di tutti gli attori interessati;
F. considerando che fermare il traffico di specie di flora e fauna a rischio di estinzione e dei prodotti da esse derivati è fondamentale per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile previsti dalle Nazioni Unite;
G. considerando che la CITES è un importante accordo internazionale che riguarda 35 000 specie animali e vegetali, in vigore dal 1975 e firmato da 183 parti contraenti (compresi tutti gli Stati membri dell'UE e, dal luglio 2015, l'UE stessa);
H. considerando che le politiche in materia commerciale e di sviluppo dovrebbero, tra l'altro, essere utilizzate come mezzo per migliorare il rispetto dei diritti umani, il benessere degli animali e la tutela dell'ambiente;
I. considerando che dal 2005 EU-TWIX (lo strumento volto a facilitare lo scambio di informazioni sul commercio illegale di specie selvatiche nell'UE) effettua un monitoraggio del commercio illegale di specie selvatiche grazie alla creazione di una banca dati dei sequestri e di canali di comunicazione tra i funzionari di tutti i paesi europei;
J. considerando che la scarsa consapevolezza e la mancanza di un impegno politico sono tra i principali ostacoli a una lotta efficace contro il traffico illegale di specie selvatiche;
K. considerando che l'agenda dell'UE sulla sicurezza per il periodo 2015-2020 valuta i reati contro le specie selvatiche come una forma di criminalità organizzata che deve essere combattuta a livello dell'UE, vagliando la possibilità di introdurre ulteriori sanzioni penali in tutta l'Unione attraverso un riesame della normativa vigente in materia di reati ambientali;
L. considerando che l'operazione COBRA III condotta nel maggio 2015 è stata la più grande operazione coordinata di contrasto al commercio illegale di specie minacciate d'estinzione mai realizzata a livello internazionale, che ha portato a 139 arresti e a più di 247 sequestri, che comprendevano avorio di elefante, piante medicinali, corni di rinoceronte, pangolini, legno di palissandro, tartarughe e molti altri esemplari animali e vegetali;
M. considerando che la domanda di prodotti di specie selvatiche di origine illegale nei mercati di destinazione promuove la corruzione in tutta la catena di approvvigionamento del traffico illegale di specie selvatiche;
N. considerando che l'UE costituisce un mercato di destinazione e una rotta di transito significativi per il commercio illegale di specie selvatiche, nonché anche il luogo di origine del traffico di determinate specie animali e vegetali europee a rischio di estinzione;
O. considerando che la risoluzione della Commissione delle Nazioni Unite per la prevenzione della criminalità e la giustizia penale dell'aprile 2013, sostenuta dal Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite il 25 luglio 2013, incoraggia gli Stati membri a considerare reato grave il traffico illegale di specie protette di fauna e flora selvatiche realizzato con la partecipazione di gruppi della criminalità organizzata, equiparandolo alla tratta di esseri umani e al traffico di stupefacenti;
Osservazioni di carattere generale
1. plaude al piano d'azione della Commissione contro il traffico illegale di specie selvatiche, che mette in rilievo la necessità di azioni coordinate per affrontare le cause del traffico illegale di specie selvatiche, per attuare e applicare le norme esistenti in modo efficace e per rafforzare le cooperazione globale tra i paesi di origine, di transito e di destinazione;
2. invita la Commissione, gli Stati membri, il servizio europeo per l'azione esterna e le agenzie dell'UE Europol e Eurojust a riconoscere che i reati contro le specie selvatiche rappresentano una minaccia grave e crescente, nonché ad affrontarli con la massima urgenza politica; mette in evidenza la necessità di approcci globali e coordinati tra i diversi ambiti politici, tra cui il commercio, lo sviluppo, gli affari esteri, i trasporti e il turismo nonché la giustizia e gli affari interni;
3. sottolinea che l'individuazione e l'assegnazione di adeguate risorse umane e finanziarie sono essenziali ai fini dell'attuazione del piano d'azione; evidenzia la necessità di prevedere risorse finanziarie adeguate nel bilancio dell'UE e nei bilanci nazionali per garantire l'attuazione efficace del piano;
4. riconosce l'importanza del piano d'azione, ma evidenzia che esso non copre in misura sufficiente le specie acquatiche;
5. insiste su un'attuazione completa e tempestiva di tutti gli elementi del piano d'azione che rispecchi l'urgente necessità di fermare le pratiche illegali e non sostenibili e impedire un'ulteriore riduzione delle specie; invita la Commissione a presentare con cadenza annuale al Parlamento e al Consiglio aggiornamenti scritti sull'attuazione e a predisporre un meccanismo dettagliato e continuo di monitoraggio e valutazione per misurare i progressi, anche per quanto riguarda le misure adottate dagli Stati membri;
6. invita la Commissione e gli Stati membri a migliorare la protezione degli habitat delle specie bersaglio e sottolinea la necessità di garantire una maggiore tutela delle aree designate come ecosistemi marini vulnerabili, delle zone marine ecologicamente o biologicamente significative e dei siti della rete Natura 2000;
7. invita la Commissione a istituire un apposito ufficio del Coordinatore per la lotta al traffico illegale di specie selvatiche, sulla scorta del modello seguito per combattere la tratta degli esseri umani, onde assicurare uno sforzo congiunto da parte dei diversi servizi della Commissione e degli Stati membri;
8. ricorda alla Commissione che anche molte specie acquatiche sono in pericolo di estinzione, il che avrà ripercussioni sulla sostenibilità di numerosi ecosistemi;
9. invita la Commissione e gli Stati membri ad approfondire ulteriormente la ricerca scientifica sugli adeguamenti tecnologici degli attrezzi da pesca intesi a evitare le catture accessorie, dal momento che numerose specie, tra cui le tartarughe, sono minacciate sia dal traffico illegale di animali selvatici sia dal fenomeno delle catture accessorie;
Prevenire il traffico illegale di specie selvatiche e affrontarne le cause alla radice
10. invita l'UE, i paesi terzi, le parti interessate e la società civile a condurre una serie di campagne di sensibilizzazione mirate e coordinate volte a ridurre la domanda che alimenta il commercio illegale di prodotti di specie selvatiche mediante un autentico e duraturo cambiamento dei comportamenti a livello individuale e collettivo; riconosce il ruolo che possono svolgere le organizzazioni della società civile nel sostenere il piano d'azione;
11. invita l'UE a sostenere le iniziative intese a promuovere lo sviluppo di mezzi di sussistenza sostenibili e alternativi per le comunità rurali che vivono nei pressi delle specie selvatiche, che aumentino i benefici delle misure di conservazione a livello locale, riducano al minimo il conflitto tra esseri umani e specie selvatiche e promuovano le specie selvatiche come preziosa fonte di reddito per le comunità; ritiene che tali iniziative, se adottate in consultazione con le comunità interessate, aumenteranno il sostegno a favore della conservazione e contribuiranno alla ricostituzione, alla conservazione e alla gestione sostenibile delle popolazioni delle specie selvatiche nonché dei loro habitat;
12. sottolinea che la protezione delle specie selvatiche deve essere un elemento fondamentale delle strategie di riduzione della povertà dell'UE e invita ad adoperarsi affinché i vari accordi di cooperazione negoziati con paesi terzi prevedano misure volte a consentire alle comunità locali di trarre diretto beneficio dalla partecipazione alla tutela delle specie selvatiche;
13. ricorda alla Commissione che il traffico illegale di specie acquatiche pregiudica altresì lo sviluppo economico delle comunità costiere e l'idoneità ambientale delle nostre acque;
14. invita l'UE ad agire con urgenza per combattere la corruzione e colmare le lacune esistenti nelle misure di governance internazionale lungo la catena del traffico illegale di specie selvatiche; invita l'UE e gli Stati membri a collaborare coi paesi partner, attraverso la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (UNCAC) e in altre sedi, per affrontare il problema nei mercati di origine, di transito e di destinazione; invita gli Stati membri a rispettare pienamente e ad attuare in maniera efficace le disposizioni dell'UNCAC; accoglie con favore l'impegno internazionale contro la corruzione assunto in virtù dell'articolo 10 della risoluzione 69/314 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite (luglio 2015);
15. riconosce la necessità di fornire assistenza, orientamento e formazione alle autorità dei paesi di origine, transito e destinazione per quanto concerne le indagini, l'applicazione e le procedure giudiziarie a livello locale, regionale e nazionale; sottolinea l'esigenza di un coordinamento efficace di tali sforzi tra tutte le agenzie coinvolte; invita l'UE a sostenere lo scambio delle migliori prassi e consentire che, ove necessario, siano messe a disposizione conoscenze e attrezzature specializzate;
16. prende atto delle conclusioni del Consiglio sul piano d'azione dell'UE contro il traffico illegale di specie selvatiche, del 20 giugno 2016, in cui si riconosce che i reati contro le specie selvatiche rappresentano una minaccia grave e crescente per la biodiversità e l'ambiente, ma anche per la sicurezza globale, lo Stato di diritto, i diritti umani e lo sviluppo sostenibile; deplora vivamente l'assenza di impegni chiari da parte degli Stati membri; sottolinea il ruolo decisivo degli Stati membri nella piena e coerente attuazione del piano d'azione a livello nazionale e nel conseguimento degli obiettivi ivi definiti;
17. esorta i governi dei paesi fornitori a: i) migliorare lo Stato di diritto e creare deterrenti efficaci rafforzando le indagini, i procedimenti e le sentenze penali; ii) promulgare leggi più severe che trattino il traffico illecito di specie selvatiche come un "reato grave", che merita lo stesso livello di attenzione e gravità di altre forme di criminalità organizzata a livello transnazionale; iii) destinare maggiori risorse alla lotta contro i reati nel campo delle specie selvatiche, in particolare per rafforzare la repressione criminale in questo ambito, i controlli sul commercio, il monitoraggio, l'individuazione e il sequestro alle dogane; iv) impegnarsi in una politica di tolleranza zero contro la corruzione;
Rendere più efficaci l'attuazione e l'applicazione
18. invita gli Stati membri a elaborare piani d'azione contro il traffico illegale di specie selvatiche che illustrino nel dettaglio le relative politiche e sanzioni, nonché a pubblicare e a scambiarsi le informazioni sui sequestri e sugli arresti legati ai reati contro le specie selvatiche, onde assicurare approcci coerenti e armonizzati tra gli Stati membri; sostiene l'istituzione di un meccanismo volto a fornire dati e aggiornamenti regolari alla Commissione sui sequestri e gli arresti effettuati negli Stati membri, nonché a promuovere la condivisione delle migliori prassi;
19. insiste sull'importanza di attuare e applicare pienamente i regolamenti dell'UE sul commercio di specie selvatiche;
20. propone che le sanzioni per il traffico illegale delle specie selvatiche, specialmente nelle aree con ecosistemi marini vulnerabili o che rientrano nella rete Natura 2000, debbano essere abbastanza severe da avere un effetto deterrente per i possibili contravventori;
21. esorta gli Stati membri ad assicurare che le agenzie responsabili dell'applicazione della normativa, i pubblici ministeri e le magistrature nazionali dispongano delle risorse finanziarie e umane necessarie e delle opportune competenze per combattere i reati contro le specie selvatiche; incoraggia fortemente la Commissione e gli Stati membri a intensificare gli sforzi per formare e sensibilizzare tutte le agenzie e le istituzioni competenti;
22. plaude agli sforzi della rete dell'Unione europea per l'attuazione e il controllo del rispetto del diritto dell'ambiente (IMPEL), della rete europea dei procuratori per l'ambiente (ENPE), del forum dell'Unione europea dei giudici per l'ambiente (EUFJE) e della rete dei funzionari di polizia specializzati nella lotta ai reati ambientali (EnviCrimeNet);
23. prende atto dell'inserimento del commercio illegale di specie selvatiche nell'agenda dell'UE sulla sicurezza 2015-2020, la quale riconosce che il commercio illegale di specie selvatiche minaccia la biodiversità nelle regioni di origine, lo sviluppo sostenibile e la stabilità regionale;
24. suggerisce agli Stati membri di investire i proventi generati dalle multe comminate per il traffico illegale nella protezione e nella conservazione della flora e della fauna selvatiche;
25. chiede un cambiamento radicale nella raccolta di informazioni, nell'attività legislativa, nell'applicazione della legge e nella lotta alla corruzione in materia di traffico di specie selvatiche negli Stati membri dell'UE e in altri paesi di destinazione e transito; invita pertanto la Commissione ad attribuire massima attenzione a questi aspetti inerenti all'amministrazione e al monitoraggio dell'applicazione delle norme internazionali in materia di traffico di specie selvatiche;
26. evidenzia che, al fine di evitare la "migrazione" delle reti criminali operanti nell'ambito delle specie selvatiche, è particolarmente importante armonizzare le politiche e i quadri normativi riguardanti i reati a danno delle specie selvatiche;
27. sottolinea l'esigenza di una migliore cooperazione tra le agenzie e di una condivisione efficace e tempestiva dei dati tra le agenzie nazionali e unionali responsabili dell'attuazione e dell'applicazione; chiede che siano create reti strategiche per l'applicazione a livello sia di UE che di Stati membri al fine di facilitare e migliorare tale cooperazione; invita tutti gli Stati membri a istituire unità specializzate nella lotta ai reati contro le specie selvatiche che facilitino l'attuazione in tutte le varie agenzie;
28. invita gli Stati membri a fornire continuativamente a Europol informazioni e dati pertinenti; esorta Europol a considerare i reati contro le specie selvatiche nella prossima valutazione dell'UE della minaccia rappresentata dalla criminalità organizzata e dalle forme gravi di criminalità (SOCTA); invita a istituire un'Unità specializzata per i reati contro le specie selvatiche in seno a Europol, dotata di poteri e responsabilità transnazionali e di risorse finanziarie e umane sufficienti, che consenta di centralizzare le informazioni e le analisi e di coordinare le strategie di applicazione e le indagini;
29. invita la Commissione a promuovere il sistema EU-TWIX quale strumento efficiente e collaudato che permette agli Stati membri di condividere dati e informazioni, assicurando a suo favore un impegno finanziario a lungo termine; ritiene che le organizzazioni della società civile possano svolgere un ruolo importante nel controllo dell'applicazione della legge e nella segnalazione dei reati contro le specie selvatiche; chiede una maggiore cooperazione da parte dell'UE e degli Stati membri per sostenere gli sforzi delle ONG;
30. osserva i nessi tra i reati contro le specie selvatiche e altre forme di criminalità organizzata, ivi compresi il riciclaggio di denaro e il finanziamento di milizie e gruppi terroristici, e ritiene che la cooperazione internazionale per combattere i flussi finanziari illeciti rappresenti una priorità; invita l'UE e gli Stati membri a utilizzare tutti gli strumenti pertinenti, compresa la cooperazione con il settore finanziario, e a monitorare e condurre ricerche sugli effetti dei nuovi prodotti e pratiche di tipo finanziario coinvolti in tale attività;
31. esorta gli Stati membri ad attuare pienamente le disposizioni della direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell'ambiente e a definire gli opportuni livelli di sanzioni per i reati contro le specie selvatiche; esprime preoccupazione per il fatto che alcuni Stati membri non hanno ancora applicato completamente la direttiva e invita la Commissione a valutarne l'attuazione in ogni Stato membro, soprattutto in termini di sanzioni, e di fornire orientamenti; invita la Commissione a intraprendere una revisione della direttiva 2008/99/CE, in particolare per quanto riguarda la sua efficacia nella lotta contro i reati nel campo delle specie selvatiche, entro il termine stabilito nell'agenda dell'UE sulla sicurezza e per presentare una proposta di revisione se del caso; invita la Commissione ad attivarsi per l'adozione e l'attuazione di norme minime comuni relative alla definizione dei reati e delle sanzioni riguardanti il traffico di specie selvatiche, a norma dell'articolo 83, paragrafo 1, TFUE, in sfere di criminalità particolarmente grave che presentano una dimensione transnazionale;
32. ritiene che l'aspetto doganale del piano d'azione dovrebbe essere ulteriormente rafforzato in relazione alla cooperazione con i paesi partner e a una migliore e più efficace attuazione nell'Unione; attende con interesse la revisione del 2016 dell'attuazione e dell'applicazione dell'attuale quadro giuridico dell'UE da parte della Commissione e chiede che tale revisione comprenda una valutazione delle procedure doganali;
33. esorta gli Stati membri ad applicare efficacemente e rispettare la Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale (UNTOC) quale base per intraprendere azioni internazionali e assicurare un'assistenza giuridica reciproca, nonché come passo fondamentale verso un approccio comune e coordinato alla lotta ai reati contro le specie selvatiche; deplora profondamente, a tal proposito, che undici Stati membri non abbiano ancora applicato la UNTOC; invita gli Stati membri ad attuare la Convenzione in questione quanto prima;
34. ritiene che la lotta ai reati contro le specie selvatiche richieda sanzioni penali coerenti, efficaci e dissuasive; esorta gli Stati membri a definire il traffico illegale di specie selvatiche come reato grave ai sensi dell'articolo 2, lettera b), della UNTOC;
35. riconosce la necessità di fornire orientamenti alle magistrature e alle procure degli Stati membri in merito ai procedimenti giudiziari e alla pronuncia delle condanne, nonché la necessità di formare i funzionari doganali e delle autorità di contrasto ai punti di ingresso nell'UE; ritiene che il "Global Judges Programme" e il partenariato della "Green Customs Initiative" dell'UNEP siano modelli da seguire;
36. invita la Commissione, le agenzie pertinenti e gli Stati membri a riconoscere la portata del traffico illegale di specie selvatiche online e a migliorare le capacità in seno alle unità specializzate nella lotta ai reati ambientali e alle unità doganali, il coordinamento con le unità responsabili della criminalità informatica e l'interazione con le organizzazioni della società civile, onde assicurare che esistano canali per attivare l'assistenza delle unità transfrontaliere specializzate in criminalità informatica;
37. invita gli Stati membri e la Commissione a dialogare con gli operatori delle piattaforme dei media sociali, i motori di ricerca e le piattaforme di commercio elettronico riguardo al problema del commercio illegale su Internet di specie selvatiche; invita la Commissione e gli Stati membri a rafforzare le misure di controllo e a sviluppare politiche volte a contrastare potenziali attività illegali su Internet; invita la Commissione a tal riguardo a elaborare orientamenti su come affrontare, a livello dell'UE, il problema dei reati online contro le specie selvatiche;
38. invita le agenzie dell'UE e degli Stati membri preposte all'applicazione della legge a individuare e a monitorare gli schemi seguiti da altre forme di criminalità grave e organizzata, come la tratta di esseri umani, per contribuire alle attività di prevenzione e di indagine di irregolarità emerse nella catena di fornitura (ad esempio spedizioni e operazioni finanziarie sospette) nell'ambito della lotta contro il traffico illegale di specie selvatiche;
39. accoglie con favore la partecipazione dell'UE alla COP17 per la prima volta in qualità di parte della CITES e si compiace del fatto che l'UE e gli Stati membri diano prova di forte impegno nei confronti della CITES e apportino a quest'ultima un considerevole sostegno finanziario;
40. plaude al processo di revisione da parte di esperti dell'UNEP inteso a creare una definizione universalmente riconosciuta di reato ambientale; osserva a tale riguardo che i confini giuridici tra i diversi tipi di reato ambientale denotano talvolta una mancanza di chiarezza che rischia di ridurre le possibilità di perseguirli e punirli in maniera efficace;
Rafforzare il partenariato globale
41. invita la Commissione e gli Stati membri a intensificare il dialogo e la cooperazione con i paesi di origine, di transito e di destinazione nella catena di fornitura del traffico illegale di specie selvatiche e a offrire loro assistenza tecnica ed economica e sostegno diplomatico; ritiene che l'UE debba agire a livello internazionale per sostenere i paesi terzi nella lotta contro il traffico di specie selvatiche, nonché contribuire all'ulteriore sviluppo dei necessari quadri giuridici attraverso accordi bilaterali e multilaterali;
42. pone l'accento sul fatto che la corruzione diffusa, le debolezze delle istituzioni, l'erosione dello Stato, la cattiva gestione e la limitata entità delle sanzioni per i reati a danno delle specie selvatiche rappresentano sfide importanti da affrontare per combattere in maniera efficace il traffico di specie selvatiche a livello transnazionale; incoraggia l'UE a sostenere i paesi in via di sviluppo nei loro sforzi per ridurre gli incentivi al bracconaggio migliorando le opportunità economiche e promuovendo una buona governance e lo Stato di diritto;
43. invita le istituzioni dell'UE, gli Stati membri e tutti gli Stati coinvolti a condurre indagini più sistematiche sui collegamenti fra il traffico di specie selvatiche e i conflitti regionali e il terrorismo;
44. invita la Commissione e gli Stati membri a creare un fondo fiduciario o un meccanismo simile ai sensi dell'articolo 187 del regolamento finanziario rivisto applicabile al bilancio generale dell'Unione, con l'obiettivo di salvaguardare le aree protette e contrastare il traffico di specie selvatiche e la caccia di frodo, nell'ambito del piano d'azione contro il traffico di specie selvatiche;
45. invita l'UE a migliorare il proprio sostegno finanziario e tecnico, fornito attraverso lo strumento di cooperazione allo sviluppo (DCI) e il Fondo europeo di sviluppo (FES), onde aiutare i paesi in via di sviluppo ad attuare le regolamentazioni nazionali nel campo delle specie selvatiche conformemente alle raccomandazioni CITES, in particolare i paesi sprovvisti di risorse sufficienti per far rispettare la legislazione e perseguire i trafficanti;
46. invita la Commissione a considerare la possibilità di finanziare, nel quadro dello strumento di partenariato, le iniziative volte a ridurre la domanda di prodotti di specie selvatiche di origine illecita in mercati chiave, in linea con la priorità 1 del piano d'azione; sottolinea che l'impegno della società civile nelle strutture di monitoraggio nel quadro dei capitoli sul commercio e sullo sviluppo sostenibile degli accordi commerciali dell'UE può fornire un contributo significativo in tal senso;
47. sottolinea l'importanza di affrontare, nell'ambito del partenariato strategico UE-Cina, la questione sensibile della crescente domanda di prodotti derivati dalle specie selvatiche, quali l'avorio di elefante, il corno di rinoceronte e le ossa di tigre, che costituisce una minaccia reale alla conservazione delle specie interessate e alla biodiversità in generale;
48. invita la Commissione a inserire, in tutti gli accordi e i negoziati commerciali dell'UE, capitoli obbligatori ed esecutivi sullo sviluppo sostenibile, facendo specifico riferimento alla necessità di fermare il commercio illegale di specie selvatiche in tutti i settori economici, e invita la Commissione a includere un'analisi di tali disposizioni nelle sue relazioni di attuazione; esorta la Commissione a sottolineare l'attuazione della CITES e misure contro i reati a danno delle specie selvatiche nell'ambito del regime di scambi commerciali SPG+;
49. osserva che la corruzione è uno dei principali fattori abilitanti che contribuiscono al commercio di specie selvatiche e di prodotti di specie selvatiche di origine illegale; accoglie positivamente l'impegno assunto nell'ambito della strategia della Commissione, dal titolo "Commercio per tutti", di includere disposizioni anticorruzione ambiziose per contrastare le conseguenze dirette e indirette sia della corruzione sia del traffico illegale di specie selvatiche in tutti i futuri accordi commerciali; chiede pertanto che la Commissione presti massima attenzione agli aspetti amministrativi e di verifica dell'applicazione delle norme internazionali in materia di traffico di specie selvatiche;
50. invita l'UE, entro l'ambito di applicazione del quadro dell'OMC, a valutare in che modo il commercio globale e i regimi ambientali possono meglio favorirsi a vicenda, in particolare nel contesto dei lavori in corso sul rafforzamento della coerenza tra l'OMC e gli accordi multilaterali in materia di ambiente, nonché alla luce dell'accordo sull'agevolazione degli scambi, che apre nuove strade alla cooperazione tra funzionari responsabili nell'ambito delle dogane, delle specie selvatiche e del commercio, soprattutto nei paesi in via di sviluppo; ritiene che sarebbe opportuno esaminare ulteriori opportunità di cooperazione tra l'OMC e la CITES, in particolare in termini di offerta di assistenza tecnica e di sviluppo delle capacità ai funzionari dei paesi in via di sviluppo in materia commerciale e ambientale;
51. sottolinea il ruolo essenziale della cooperazione internazionale tra le organizzazioni della catena di applicazione della legge; invita l'UE e gli Stati membri a continuare a sostenere il Consorzio internazionale per la lotta ai reati contro le specie selvatiche (ICCWC); accoglie con favore qualunque forma di potenziamento di tale sostegno, compresa la messa a disposizione di risorse finanziarie e di competenze specializzate, al fine di agevolare la creazione di capacità e promuovere lo scambio di informazioni e di intelligence, e sostenere l'applicazione e il rispetto delle norme; invita la Commissione a utilizzare gli indicatori dell'ICCWC per valutare l'efficacia dei finanziamenti dell'UE ai paesi terzi a sostegno di azioni contro il traffico illegale di specie selvatiche, e ad agevolare una valutazione uniforme e credibile dei finanziamenti allo sviluppo;
52. plaude alle operazioni internazionali di applicazione della legge, come l'operazione COBRA III, che, oltre a permettere il sequestro di grossi quantitativi di prodotti illegali derivati da specie selvatiche e l'arresto di trafficanti, danno maggiore visibilità pubblica al traffico illegale di specie selvatiche in quanto grave forma di criminalità organizzata;
53. invita gli Stati membri a potenziare il bilancio della CITES affinché l'organizzazione possa ampliare la sua attività di monitoraggio e di designazione delle specie; deplora a tale riguardo che sei Stati membri abbiano ancora pagamenti pendenti nei confronti della CITES per gli esercizi dal 1992 al 2015;
54. si compiace inoltre del fatto che il piano d'azione dell'UE apporti un contributo determinante al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile previsti dall'agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, concordata dai capi di Stato in occasione di un vertice delle Nazioni Unite tenutosi nel settembre 2015;
L'UE come mercato di destinazione, origine e punto di transito
55. osserva che la CITES, il regolamento dell'UE sul legname e il quadro normativo dell'Unione sulla pesca INN sono tutti strumenti importanti volti a disciplinare il commercio internazionale di specie selvatiche; esprime tuttavia preoccupazione per la mancanza di un'attuazione e di un'applicazione appropriate e invita gli Stati membri a intensificare i loro sforzi congiunti e coordinati per garantire un'attuazione efficace; esprime inoltre preoccupazione per le lacune nel quadro normativo vigente riguardo a talune specie e a taluni attori; invita pertanto l'UE a riesaminare il quadro normativo vigente per integrarlo con il divieto di mettere a disposizione, immettere sul mercato, trasportare, acquisire e possedere specie selvatiche ottenute o scambiate illegalmente in paesi terzi; ritiene che una simile normativa potrebbe armonizzare il quadro unionale esistente e, con il suo impatto transnazionale, svolgere un ruolo importante nel ridurre il traffico illegale di specie selvatiche a livello globale; evidenzia a questo proposito che tale normativa deve garantire la piena trasparenza su tutti i divieti di commercio di specie in base al loro carattere illegale in un paese terzo, al fine di garantire la certezza del diritto per quanti operano nel commercio legale;
56. sottolinea che la caccia da trofeo ha contribuito a una riduzione su vasta scala delle specie minacciate di estinzione elencate nelle appendici I e II della CITES ed esorta la Commissione e gli Stati membri a definire un approccio precauzionale all'importazione di trofei di caccia ottenuti da specie protette a norma dei regolamenti dell'UE in materia di commercio di specie selvatiche e a sostenere l'ulteriore rafforzamento delle disposizioni giuridiche dell'UE che disciplinano l'importazione di trofei di caccia negli Stati membri dell'Unione, nonché a prevedere autorizzazioni per l'importazione di trofei di tutte le specie elencate nell'allegato B del regolamento (CE) n. 338/97;
57. accoglie con favore la dichiarazione di Buckingham Palace del 2016, con cui i firmatari, tra cui compagnie aeree, aziende di trasporto, operatori portuali, agenzie doganali, organizzazioni intergovernative e organizzazioni di beneficenza attive nel campo della conservazione, si sono impegnati a innalzare gli standard nell'intero settore dei trasporti, concentrandosi in particolare sulla condivisione delle informazioni, sulla formazione del personale, sui miglioramenti tecnologici e sulla condivisione delle risorse fra tutte le imprese e le organizzazioni a livello mondiale; invita tutte le parti a onorare pienamente gli impegni assunti nella dichiarazione; incoraggia gli Stati membri a promuovere impegni volontari simili a quelli della dichiarazione di Buckingham Palace in altri settori, in particolare quelli finanziario e del commercio elettronico;
58. chiede il divieto totale e immediato a livello europeo del commercio, dell'esportazione o della riesportazione all'interno dell'UE e verso destinazioni al di fuori dell'UE dell'avorio, ivi compreso l'avorio "pre-convenzione", e delle corna di rinoceronte; chiede l'attuazione di un meccanismo per valutare la necessità di simili misure restrittive per le altre specie a rischio di estinzione;
59. osserva che il regolamento UE teso a prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca INN ha avuto un impatto, ma ribadisce che l'attuazione dovrebbe essere più rigorosa al fine di garantire che nel mercato europeo non entri pesce illegale; suggerisce che gli Stati membri dell'UE procedano a controlli più coerenti ed efficaci della documentazione delle catture (certificati di cattura) e delle partite (in particolare quelle provenienti da paesi giudicati a rischio elevato) per garantire che il pesce sia stato catturato in modo legale;
60. sottolinea l'importanza di garantire il coinvolgimento del settore privato nella lotta contro il traffico illegale di specie selvatiche attraverso l'autoregolamentazione e la responsabilità sociale delle imprese; ritiene che la tracciabilità lungo la catena di fornitura sia essenziale per garantire scambi legali e sostenibili, siano essi di carattere commerciale o meno; mette in evidenza la necessità di cooperazione e coordinamento a livello internazionale nonché tra i settori pubblico e privato e invita l'UE a rafforzare gli strumenti di controllo esistenti, compreso l'uso di meccanismi di tracciabilità; ritiene che il settore dei trasporti dovrebbe svolgere un ruolo decisivo, ad esempio attraverso un sistema di rilevamento e allarme rapido; rileva l'importante ruolo che i partenariati pubblico-privato possono svolgere al riguardo;
61. invita gli Stati membri a introdurre, oltre ai controlli ai valichi di frontiera previsti dal regolamento (CE) n. 338/97, anche il monitoraggio dell'applicazione delle disposizioni sui territori nazionali mediante controlli regolari dei commercianti e dei titolari di permessi, quali negozi di animali, allevamenti, centri di ricerca e vivai, incluso il monitoraggio di settori come la moda, l'arte, la medicina e il catering, che possono usare parti di piante e animali illegali;
62. invita gli Stati membri ad assicurare la confisca immediata di tutti gli esemplari sequestrati, nonché la custodia e il reinsediamento degli esemplari vivi sequestrati o confiscati presso centri di soccorso animali adatti alle specie interessate; invita la Commissione a fornire orientamenti per assicurare che tutti i centri di soccorso per specie selvatiche utilizzati dagli Stati membri abbiano standard adeguati; invita inoltre l'UE e gli Stati membri ad assicurare un adeguato sostegno finanziario ai centri di soccorso animali;
63. invita gli Stati membri ad adottare piani nazionali per la gestione degli esemplari vivi confiscati in linea con l'allegato 3 della risoluzione CITES Conf. 10.7 (Rev. COP15); sottolinea che gli Stati membri dovrebbero segnalare tutti gli esemplari vivi sequestrati a EU-TWIX e che dovrebbero essere pubblicate relazioni annuali di sintesi, e che gli Stati membri dovrebbero garantire che la formazione dei funzionari incaricati dell'applicazione della legge riguardi anche gli aspetti del benessere e della sicurezza nella gestione degli animali vivi; invita l'UE e gli Stati membri a destinare un adeguato sostegno finanziario ai centri di soccorso delle specie selvatiche;
64. invita gli Stati membri a considerare l'opzione dei sistemi di "elenchi positivi" di specie, in base ai quali le specie esotiche sono valutate oggettivamente e secondo criteri scientifici al fine di verificarne la sicurezza, la commerciabilità e la possibilità di custodia come animali da compagnia;
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65. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.
Nuove opportunità per le piccole imprese di trasporto, compresi modelli collaborativi di impresa
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Risoluzione del Parlamento europeo del 24 novembre 2016 sulle nuove opportunità per le piccole imprese di trasporto, compresi i modelli di economia collaborativa (2015/2349(INI))
– visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 5 paragrafo 3,
– visto il protocollo n. 2 sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità,
– visto il libro bianco della Commissione dal titolo "Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti – Per una politica dei trasporti competitiva e sostenibile" (COM(2011)0144),
– vista la sua risoluzione del 9 settembre 2015 sulla messa in atto del Libro bianco 2011 sui trasporti: bilancio e via da seguire per una mobilità sostenibile(1),
– vista la raccomandazione 2003/361/CE della Commissione relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese,
– vista la relazione annuale 2014/2015 sulle PMI europee,
– viste le comunicazioni della Commissione dal titolo "Pensare anzitutto in piccolo" – Uno "Small Business Act" per l'Europa (COM(2008)0394) e "Riesame dello ‘Small Business Act’ per l'Europa" (COM(2011)0078),
– vista la comunicazione della Commissione dal titolo "Un'agenda europea per l'economia collaborativa" (COM(2016)0356);
– vista la comunicazione della Commissione dal titolo "Una strategia europea a favore della mobilità a basse emissioni" (COM(2016)0501);
– vista la sua risoluzione del 5 febbraio 2013 su migliorare l'accesso delle PMI ai finanziamenti(2),
– vista la sua risoluzione del 19 maggio 2015 sulle opportunità di crescita verde per le PMI(3),
– visti lo strumento per le PMI di Orizzonte 2020, INNOSUP, COSME, La tua Europa – Imprese, azioni pilota della la corsia veloce per l'innovazione (CVI) e le opportunità di messa in rete,
– viste le direttive sul commercio elettronico (2000/31/CE) e sui servizi (2006/123/CE),
– vista la comunicazione della Commissione intitolata "Strategia per il mercato unico digitale in Europa" (COM(2015)0192),
– vista la comunicazione della Commissione intitolata "Potenziamento del mercato unico: maggiori opportunità per i cittadini e le imprese" (COM(2015)0550),
– visto il meccanismo per collegare l'Europa (MCE), istituito dal regolamento (UE) n. 1316/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013(4),
– visto l'articolo 52 del suo regolamento,
– vista la relazione della commissione per i trasporti e il turismo e il parere della commissione per l'occupazione e gli affari sociali (A8-0304/2016),
A. considerando che le piccole e medie imprese (PMI) sono il motore dell'economia europea e che, stando alle cifre del 2014, rappresentano il 99,8 % di tutte le imprese del settore non finanziario, e sono responsabili dei due terzi di tutti i posti di lavoro;
B. considerando che le PMI che hanno creato posti di lavoro negli ultimi anni appartengono prevalentemente al settore terziario;
C. considerando che le piccole imprese di trasporto svolgono un ruolo essenziale per il corretto funzionamento della mobilità in Europa, ma spesso incontrano difficoltà per accedere al mercato o per rimanervi, segnatamente a causa della presenza di monopoli in tale mercato;
D. considerando che le piccole imprese apportano un valore aggiunto, in particolare nelle zone isolate e nelle aree densamente popolate, grazie a un'eccellente conoscenza del mercato locale, una vicinanza al cliente e/o un'agilità e capacità di innovazione; che sono inoltre in grado di fornire servizi su misura e costituiscono strumenti atti a combattere l'esclusione sociale, creare posti di lavoro, generare attività economica, migliorare la gestione della mobilità e contribuire allo sviluppo del turismo (laddove i servizi di mobilità sono direttamente collegati con la domanda di nuovi prodotti ed esperienze da parte dei visitatori);
E. considerando che, per le persone e le merci, sia la domanda di servizi di trasporto che le condizioni per la loro fornitura variano notevolmente, e che la riduzione della mobilità non è un'opzione;
F. considerando che l'organizzazione dei trasporti nelle grandi città e sulle strade di accesso ad esse provoca congestioni del traffico che gravano considerevolmente sull'economia; che le PMI del settore dei trasporti costituiscono un complemento fondamentale alla rete di trasporto pubblico nei nodi urbani, in particolare nelle ore in cui la frequenza delle corse dei mezzi di trasporto pubblico è notevolmente inferiore e nelle zone periferiche prive di un'ampia rete di trasporto pubblico suburbano;
G. considerando che, secondo un recente studio della Commissione, il 17 % dei consumatori europei ha utilizzato servizi forniti dall'economia collaborativa, e il 52 % è a conoscenza dei servizi offerti; che gli utenti ricercano forme di fruizione dei servizi di trasporto facilmente accessibili e flessibili, che consentano di mantenere il prezzo del servizio a un livello adeguato ai costi reali della sua erogazione, la facilità di accesso alla prenotazione del viaggio e la sicurezza del pagamento per il servizio fruito;
H. considerando che l'economia collaborativa nel settore dei trasporti può concorrere attivamente allo sviluppo di forme di mobilità sostenibili; e che l'autoregolamentazione non sempre costituisce una soluzione consona e che è necessario un quadro normativo appropriato;
I. considerando che l'imperativo di sviluppo sostenibile e la rivoluzione nel settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione hanno creato opportunità e sfide senza precedenti per le imprese di tutte le dimensioni in termini di risposta alla crescente domanda di mobilità sostenibile entro i vincoli imposti da infrastrutture limitate;
J. considerando che la crescita esponenziale della penetrazione dei dispositivi mobili intelligenti, così come la generale copertura della rete a banda larga ad alta velocità, hanno creato nuovi strumenti digitali sia per gli utenti che per i prestatori dei servizi di trasporto, riducendo i costi di transazione nonché l'importanza di una sede fisica per i prestatori di servizi, consentendo loro di essere ampiamente connessi ai fini della fornitura di servizi, non solo a livello regionale ma anche globale, attraverso le reti digitali e anche da zone isolate;
K. considerando che, negli ultimi anni, i progressi tecnologici, i nuovi modelli imprenditoriali e la digitalizzazione hanno trasformato profondamente il settore dei trasporti, con ripercussioni considerevoli sui modelli imprenditoriali tradizionali come pure sulle condizioni di lavoro e sull'occupazione nel settore; e che, se da un lato il settore dei trasporti si è aperto, dall'altro, le condizioni di lavoro si sono deteriorate, in molti casi a motivo della crisi economica e, in alcuni casi, a causa di un'attuazione insufficiente della regolamentazione in vigore;
L. considerando che il settore dei trasporti include non solo i fornitori diretti di servizi di trasporto, ma anche le PMI che offrono servizi quali la manutenzione dei mezzi di trasporto, la vendita di pezzi di ricambio, la formazione del personale e il noleggio di veicoli e attrezzature; che vi sono enormi potenzialità in termini di creazione di posti di lavoro collegate a tali attività, anche per persone altamente qualificate; e che le politiche per il settore dei trasporti dovrebbero tenere conto degli interessi dell'intera catena del valore;
M. considerando che solo l'1,7 % delle imprese dell'UE si avvale pienamente di tecnologie digitali avanzate, mentre il 41 % non le utilizza affatto; che la digitalizzazione di tutti i settori è fondamentale se si vuole mantenere e migliorare la competitività dell'UE;
N. considerando che la flessibilità e l'agevolazione dell'ingresso inerenti all'economia collaborativa possono fornire opportunità occupazionali alle categorie tradizionalmente escluse dal mercato del lavoro, in particolare le donne, i giovani e i migranti;
O. considerando che i servizi di trasporto possono rappresentare un modo valido per diventare lavoratori autonomi e per promuovere una cultura dell'imprenditorialità;
P. considerando che le piattaforme online per i servizi di trasporto possono consentire di associare in modo rapido la domanda di prestazione di servizi da parte dei clienti, da un lato, e l'offerta di manodopera da parte di imprese registrate o dei lavoratori, dall'altro;
Q. considerando che l'OCSE considera la qualità elevata dei posti di lavoro un fattore essenziale degli sforzi per affrontare le forti disuguaglianze e per promuovere la coesione sociale;
I. Le sfide per le piccole imprese di trasporto
1. ritiene che le imprese di trasporto debbano affrontare sfide notevoli per rispondere ad una domanda crescente di mobilità, con il vincolo di infrastrutture limitate e crescenti requisiti ambientali; sottolinea che tutte le imprese di trasporto subiscono pressioni per fornire soluzioni sicure, sostenibili e altamente competitive che siano rispettose dell'ambiente conformemente alla COP21, riducendo al contempo la congestione, ma che per le piccole imprese è più difficile e costoso farvi fronte;
2. sottolinea che un'eccessiva frequenza nel modificare le normative in materia di emissioni dei veicoli può comportare particolari difficoltà per le piccole imprese di trasporto, considerati i tempi di ammortamento dei parchi veicoli;
3. sottolinea la natura complessa del settore dei trasporti, caratterizzato da una governance multilivello (locale, nazionale, europea e globale) ancora ampiamente frammentata per modalità di trasporto; osserva che questo settore è soggetto a una pesante regolamentazione, in particolare per quanto riguarda l'accesso alla professione e lo svolgimento delle pertinenti attività, nonché lo sviluppo, l'uso e la commercializzazione dei servizi di trasporto (diritti esclusivi e numero massimo di licenze), come anche le sovvenzioni; evidenzia che la sicurezza e la protezione rivestono un'importanza cruciale per il settore dei trasporti, ma deplora che siano talvolta utilizzate, fra gli altri fattori, come pretesto per creare barriere artificiali;
4. chiede agli Stati membri di porre fine al fenomeno dell'eccessiva regolamentazione che è spesso legato a istinti di protezionismo e corporativismo che conducono alla frammentazione, a una maggiore complessità e rigidità nel mercato interno, e al conseguente inasprimento delle disuguaglianze; ritiene opportuno evitare una molteplicità di risposte degli Stati membri sulla legalità delle piattaforme online, astenendosi dall'adozione di misure unilaterali ingiustificate e restrittive; invita gli Stati membri a conformarsi e a dare piena attuazione alle direttiva 2000/31/CE sul commercio elettronico e alla direttiva 2006/123/CE sui servizi; sottolinea che la libera circolazione dei prestatori di servizi e la libertà di stabilimento, sancite rispettivamente dagli articoli 56 e 49 TFUE, sono cruciali ai fini della concretizzazione della dimensione europea dei servizi e, di conseguenza, del mercato interno;
5. sottolinea che, a motivo dell'attuale incertezza giuridica in merito alla definizione dei prestatori di servizi nel settore dei trasporti, non è possibile sviluppare una concorrenza leale, e si rammarica delle difficoltà incontrate da molte piccole imprese ad accedere al mercato interno e internazionale e a sviluppare o offrire nuovi servizi; sottolinea che tale situazione ostacola l'accesso delle PMI al settore;
6. è del parere che il regolamento (CE) n. 1072/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio debba essere migliorato al fine di superare le gravi perturbazioni dei mercati nazionali dei trasporti verificatesi in diversi Stati membri in seguito alla sua introduzione;
7. accoglie con favore le nuove opportunità offerte dalle piccole imprese di trasporto e dai nuovi modelli collaborativi di impresa, deplorando al contempo le pratiche anticoncorrenziali causate dalla disparità nell'applicazione della normativa UE negli Stati membri, in particolare per quanto riguarda i salari e i sistemi di sicurezza sociale, che possono condurre a gravi distorsioni come il dumping sociale, nonché a sfide in materia di sicurezza;
8. invita la Commissione e gli Stati membri a rafforzare l'applicazione della normativa; considera che qualsiasi modifica apportata alla legislazione in materia di condizioni sociali e di lavoro debba rispettare tutte le libertà fondamentali dell'UE e non dovrebbe limitare la concorrenza leale basata su vantaggi concorrenziali oggettivi né comportare ulteriori oneri amministrativi e costi aggiuntivi per le piccole imprese di trasporto;
9. osserva che le piccole imprese di trasporto devono investire non solo per conformarsi al diritto applicabile, bensì anche per rimanere competitive (ad esempio concentrandosi sulle nuove tecnologie); deplora il fatto che, da un lato, e in contrasto con quanto avviene per le imprese di grandi dimensioni, l'accesso di queste imprese al credito e ai finanziamenti sui mercati monetari resti limitato malgrado le misure di allentamento quantitativo (quantitative easing) mentre, dall'altro, i finanziamenti pubblici, in particolare europei, siano poco spesso attivati a causa di procedure amministrative troppo complesse e lunghe; sottolinea l'importanza di divulgare le conoscenze e offrire assistenza ai richiedenti delle piccole imprese nell'ambito del Fondo europeo per gli investimenti;
10. osserva che, in un contesto di crescente urbanizzazione, il trasporto deve essere organizzato in maniera più integrata, digitalizzata e multimodale, e che i nodi urbani devono svolgere un ruolo sempre più centrale nell'organizzazione della mobilità sostenibile; sottolinea l'impatto crescente delle applicazioni di pianificazione degli spostamenti multimodali e l'importanza per le piccole imprese di essere incluse nell'elenco delle applicazioni disponibili e nel ventaglio dei servizi di trasporto offerti; evidenzia che l'accesso universale a internet favorirebbe la condivisione dei trasporti e una migliore pianificazione degli spostamenti;
11. sottolinea che di fronte alle difficoltà economiche e alla mancanza di risorse per la manutenzione della rete capillare dei trasporti, sono in corso numerose chiusure di linee secondarie in molte regioni, in particolare quelle mal collegate e con una popolazione ridotta; ritiene che l'avvento dei modelli di economia collaborativa non possa in alcun modo giustificare l'abbandono dei servizi pubblici di trasporto nelle suddette regioni;
12. sottolinea l'importanza che le società di noleggio di veicoli leggeri quali biciclette e scooter rivestono per la mobilità urbana; osserva che la grande maggioranza di questi soggetti opera nel settore delle PMI; invita a tenere maggiormente conto del potenziale di questi operatori nell'ambito del processo di rafforzamento della mobilità urbana e per il conseguimento di un sistema di trasporto efficiente sotto il profilo energetico e nell'utilizzo delle risorse;
13. invita gli Stati membri e la Commissione a prendere in considerazione l'aggregazione delle piccole imprese di trasporto, che agevolerebbe lo sviluppo di partnership reciproche, aiutando i clienti a identificare i servizi delle piccole imprese di trasporto, a seconda delle loro esigenze;
14. invita la Commissione, in occasione della definizione delle direttive in materia, a considerare le difficoltà di penetrazione dei nuovi modelli di economia collaborativa nei contesti rurali e non urbani;
15. osserva che lo sviluppo di modelli di economia collaborativa può concorrere all'ottimizzazione dell'uso dei veicoli e dell'infrastruttura, contribuendo a rispondere in maniera più sostenibile alla domanda di mobilità; rileva che il crescente sfruttamento dei dati generati dagli utenti potrebbe condurre alla creazione di valore aggiunto nella catena di trasporto; sottolinea, tuttavia, che una concentrazione dei dati nelle mani di poche piattaforme di intermediazione rischia di compromettere sia l'equa distribuzione degli utili sia la partecipazione equilibrata agli investimenti nelle infrastrutture e ad altri costi afferenti, situazione che implica conseguenze dirette per le PMI;
16. accoglie con favore il fatto che le piattaforme di intermediazione abbiano introdotto un elemento di concorrenza reciproca, con gli operatori tradizionali e con le strutture corporative, e che mettano in questione i monopoli esistenti e impediscano che se ne creino dei nuovi; evidenzia che ciò sta incoraggiando un mercato maggiormente rivolto alla domanda dei consumatori e sta inducendo gli Stati membri a riconsiderare la struttura del mercato; osserva tuttavia che, in assenza di un quadro giuridico appropriato e chiaro, le piattaforme di intermediazione, caratterizzate dall'approccio "chi vince prende tutto", rischiano di dar luogo a posizioni dominanti sul mercato e di nuocere alla diversità del tessuto economico;
17. richiama l'attenzione sulle opportunità e le sfide (ad esempio, anche le piccole imprese potrebbero emergere in questi nuovi settori) derivanti dallo sviluppo dei veicoli connessi e autoguidati (vetture, imbarcazioni, droni e sistemi di autostrade automatizzate); esorta pertanto la Commissione a presentare una tabella di marcia sui veicoli connessi e automatizzati e ad analizzare le potenziali conseguenze che l'utilizzo diffuso di tale tecnologia può comportare per il settore europeo dei trasporti, in particolare per le PMI;
II. Raccomandazioni: come trasformare le sfide in opportunità
18. invita a proseguire gli sforzi al fine di completare lo spazio unico europeo dei trasporti; ritiene che qualsiasi regolamentazione che imponga nuovi requisiti alle piccole imprese, segnatamente misure in materia fiscale, sociale e ambientale, debba essere proporzionata, semplice e chiara, senza pregiudicare il loro sviluppo e debba riflettere, ove necessario, le caratteristiche regionali e nazionali nei diversi Stati membri; è d'avviso che detta regolamentazione debba essere corredata dei necessari incentivi (normativi e/o finanziari);
19. ritiene che l'impegno verso un sistema integrato di mobilità europeo coordinato costituisca la procedura migliore per integrare in modo adeguato tutte le imprese di trasporto di qualsiasi tipologia in una dinamica comune, in cui la digitalizzazione e la promozione a partire dal proprio settore di trasporto innovativo costituiscono il modo migliore per garantire ai clienti un unico sistema coerente e ai professionisti una posizione migliore nella cattura di valore;
20. rileva che il livello di adeguamento dei servizi offerti dalle PMI nel settore dei trasporti non sempre tiene conto delle esigenze delle persone disabili e degli anziani in misura adeguata; invita a considerare in tutti gli strumenti e i programmi a sostegno di tali soggetti la necessità di garantire che i servizi di trasporto siano adattati al meglio alle esigenze delle persone con mobilità ridotta;
21. osserva che, in considerazione del deficit di investimenti infrastrutturali, tutti gli operatori che beneficiano dell'utilizzo di tale infrastruttura dovrebbero contribuirvi, tenendo pienamente conto di tutte le tasse e le spese di trasporto già in vigore e degli impatti negativi sull'ambiente e la salute; sottolinea l'importanza, nel trasporto stradale, di internalizzare le esternalità negative e di destinare le entrate all'utilizzo delle infrastrutture dei trasporti, anche a livello transfrontaliero; riconosce comunque che ciò potrebbe porre problemi specifici alle piccole imprese, comprese quelle nelle regioni ultraperiferiche, di cui occorre tener conto in via prioritaria;
22. ricorda che il Fondo europeo per gli investimenti strategici è stato creato per contribuire a progetti altamente innovativi basati sul mercato e ritiene, pertanto, che si tratti di uno strumento essenziale per aiutare le PMI del settore dei trasporti nello sviluppo di nuove soluzioni di mobilità; invita la Commissione e gli Stati membri ad accelerarne l'attuazione e ad aumentare l'assistenza destinata alle PMI e alle start-up nella preparazione di tali progetti;
23. invita la Commissione e gli Stati membri ad adottare le misure del caso per combattere le pratiche anticoncorrenziali dei grandi gruppi integrati al fine di affrontare la discriminazione e gli ostacoli nell'accesso al mercato, indipendentemente dalle dimensioni o dal tipo d'impresa, specie per quanto riguarda i nuovi modelli aziendali; auspica un dialogo e il potenziamento delle relazioni, specialmente nei mercati nuovi e potenziali, tra trasportatori e committenti, e la soluzione del problema dei falsi autotrasportatori autonomi;
24. invita a inserire le PMI nel progetto volto alla creazione di un sistema europeo integrato di biglietteria; osserva che l'efficacia di tale sistema dipenderà dall'inclusione del maggior numero possibile di aziende e operatori che erogano servizi di trasporto; ritiene che lo scambio di esperienze e di informazioni tra i grandi operatori e le PMI possa generare sinergie particolarmente vantaggiose per la progettazione efficace della rete di trasporto in Europa;
25. chiede, in prospettiva di una maggiore trasparenza, la revisione e l'armonizzazione delle norme relative all'accesso alle professioni e alle attività regolamentate in Europa e dei controlli connessi, affinché i nuovi operatori e servizi legati alle piattaforme digitali e all'economia collaborativa possano svilupparsi in un ambiente favorevole alle imprese, compresa una trasparenza accresciuta per quanto riguarda le modifiche legislative, e la coesistenza con gli operatori tradizionali in un ambiente concorrenziale sano; rileva gli effetti positivi dell'attività degli operatori dell'economia collaborativa in termini di creazione di posti di lavoro destinati ai giovani che fanno il loro ingresso nel mercato del lavoro e ai lavoratori autonomi;
26. invita la Commissione a pubblicare, senza ulteriore indugio, una tabella di marcia per lo sblocco delle informazioni relative ai trasporti finanziati con fondi pubblici, e l'introduzione di norme armonizzate per i dati sui trasporti e le interfacce di programmazione, al fine di incentivare le innovazioni a forte intensità di dati e la prestazione di nuovi servizi di trasporto;
27. ritiene che, dato lo sviluppo dell'economia collaborativa, la soluzione non sia né una normativa settoriale né una normativa solo per le piattaforme, ma occorra ormai considerare il sistema di mobilità nel suo complesso; chiede la fissazione di un quadro normativo multimodale ammodernato che promuova l'innovazione e la competitività nonché la protezione dei consumatori e dei loro dati, tuteli i diritti dei lavoratori e garantisca parità di condizioni per i diversi attori; richiama l'attenzione, a tale proposito, sull'importanza dell'interoperabilità nel settore dei trasporti, in quanto offre soluzioni unificate alle piccole imprese;
28. invita gli Stati membri a valutare la necessità di adattare le rispettive leggi nazionali sul lavoro all'era digitale, tenendo in considerazione le caratteristiche dei modelli dell'economia collaborativa e le rispettive leggi sul lavoro di ciascuno Stato membro;
29. ritiene che tale obiettivo richieda una convergenza dei modelli, basata su una definizione chiara, coerente e univoca degli intermediari e dei prestatori di servizi; chiede che venga operata una distinzione tra le piattaforme di intermediazione che non generano alcun utile per i propri utenti e quelle che fungono da collegamento tra un prestatore di servizi (a scopo di lucro) e un cliente, con o senza vincolo di subordinazione tra prestatore di servizi e piattaforma; propone che, per consentire all'insieme delle parti di assolvere ai propri obblighi in materia fiscale e sociale, e garantire le qualifiche professionali e la capacità dei prestatori che utilizzano le piattaforme (in modo da assicurare la tutela dei consumatori), le autorità nazionali dovrebbero poter richiedere alle piattaforme di intermediazione le informazioni che ritengano necessarie; sottolinea che anche i sistemi di riscontro e classificazione già esistenti aiutano gli intermediari ad instaurare un rapporto di fiducia con i consumatori e che i dati così ottenuti vanno trattati conformemente alla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio;
30. ritiene che l'elevato potenziale di trasparenza dell'economia collaborativa consenta una buona tracciabilità delle operazioni dei servizi di trasporto, in linea con l'obiettivo dell'applicazione della legislazione vigente; invita la Commissione a pubblicare delle linee guida sulle modalità di applicazione del diritto dell'UE alle varie tipologie di modelli aziendali collaborativi onde colmare, ove necessario, le lacune normative nel settore dell'occupazione e della sicurezza sociale, in modo da rispettare le competenze nazionali;
31. sottolinea che le imprese che operano nel settore dei trasporti comprendono anche gli operatori che non erogano direttamente servizi di trasporto, quali i fornitori di formazione, le società di noleggio di veicoli oppure le autofficine e i centri di manutenzione; osserva che la grande maggioranza di questi soggetti opera nel settore delle PMI; chiede di tenere conto delle esigenze di questi operatori nell'elaborazione delle normative e dei programmi di investimento volti a sostenere lo sviluppo delle PMI;
32. incoraggia la Commissione a sostenere le PMI del settore dei trasporti nel formare raggruppamenti di attività in tale campo, cui possano partecipare sia i consumatori sia altre parti interessate;
33. rileva che la maggior parte dei prestatori nell'economia collaborativa provengono da paesi situati al di fuori dell'UE; ritiene che l'UE debba sviluppare un maggior numero di start-up innovative nel settore dei trasporti e incoraggia un maggiore sostegno a tali imprese, in particolare per la formazione di giovani imprenditori in questo settore;
34. deplora che la risposta degli Stati membri alla crescita dell'economia collaborativa sia stato finora molto frammentata e in alcuni casi decisamente inadeguata al potenziale e ai vantaggi derivanti dallo sviluppo di questo settore, nonché in contrasto con le aspettative dei consumatori e ritiene auspicabile un'azione coordinata e globale a livello europeo, che tratti le questioni attinenti ad un modello aziendale collaborativo sostenibile; prende atto dell'approccio ragionevole adottato dalla Commissione al "nuovo modello aziendale", illustrato nella sua recente comunicazione in cui si sottolinea l'importanza dell'economia collaborativa ai fini della crescita futura (COM(2016)0356);
35. rileva l'enorme potenziale delle nuove tecnologie per la creazione di forme innovative di prestazione di servizi nel settore del trasporto merci; sottolinea in particolare le straordinarie possibilità offerte dai droni, che già adesso rappresentano un efficace strumento di lavoro in condizioni sfavorevoli; evidenzia che l'UE dovrebbe sostenere il potenziale delle PMI che si occupano della progettazione, della produzione e dell'utilizzo di droni;
36. ritiene che i modelli collaborativi rappresentino una risorsa importante per lo sviluppo sostenibile della connettività nelle regioni periferiche, montane e rurali, e che offrano benefici indiretti anche per il settore turistico;
37. è del parere che i requisiti giuridici dovrebbero essere proporzionati alla natura dell'attività e alle dimensioni dell'azienda; esprime tuttavia preoccupazioni in merito alla questione se sussistano motivi per esentare i veicoli commerciali leggeri (VCL) dall'applicazione di una serie di norme europee, visto il crescente utilizzo di tali veicoli nel trasporto internazionale di merci, e chiede alla Commissione di presentare una relazione diagnostica sul conseguente impatto economico, ambientale e per la sicurezza;
38. chiede la creazione di strutture di cooperazione tra le piccole imprese di trasporto, gli istituti di ricerca scientifica e le autorità locali e regionali per organizzare meglio la mobilità sostenibile urbana e interurbana, così da rispondere in modo efficace alla nascita di nuovi servizi e prodotti, compresi quelli offerti dalle PMI (ad esempio, le prime e ultime fasi del trasporto "da porta a porta"), assicurando, al contempo, una maggiore corrispondenza tra le reti di trasporto pubblico esistenti e le esigenze e aspettative dei passeggeri; chiede l'inclusione di informazioni sui servizi di mobilità offerti dalle piccole imprese nei servizi di informazione e di pianificazione dei viaggi;
39. chiede la creazione di task force innovative che consentano la piena attuazione del concetto di "città condivisibili" e che aiutino gli enti locali, regionali e nazionali a rispondere in modo efficace alla nascita di nuovi servizi e prodotti;
40. sottolinea l'importanza della formazione mirata (ad esempio in materia di megadati, servizi integrati, ecc.) al fine di aiutare le imprese di trasporto a generare valore aggiunto dalla sfera digitale; chiede pertanto un adeguamento della formazione professionale, in linea con le capacità e qualifiche richieste dai nuovi modelli aziendali, segnatamente per far fronte alla carenza di personale, in particolare di conducenti;
41. evidenzia come le PMI nel settore dei trasporti si astengano spesso dall'espandersi a causa dei maggiori rischi che un'attività transfrontaliera comporta, per la divergenza tra i sistemi giuridici dei diversi Stati (membri); invita la Commissione, in cooperazione con le autorità nazionali, regionali e locali negli Stati membri, a sviluppare piattaforme di cooperazione e comunicazione per offrire consulenza e formazione alle PMI sui diversi sistemi di finanziamento e sulle sovvenzioni nonché in materia di internazionalizzazione; chiede alla Commissione di utilizzare maggiormente i programmi di sostegno esistenti per le PMI e di dar loro maggiore visibilità tra gli attori del settore dei trasporti, nel contesto delle sinergie tra i diversi fondi dell'UE;
42. incoraggia gli enti locali a impegnarsi attivamente per la decarbonizzazione del trasporto urbano come riportato nel "Libro bianco sulla mobilità" ed esorta gli operatori a guadagnare posizioni nel nuovo ambito di competenza e attività, sfruttando i vantaggi competitivi offerti dai servizi a emissioni zero e la progressiva digitalizzazione della loro gestione, funzionamento e commercializzazione;
43. invita la Commissione, gli Stati membri e gli enti locali a promuovere le innovazioni nel campo dell'economia della condivisione, che saranno a loro volta favorite dall'emergere dei modelli aziendali collaborativi, quali il car sharing, il bicycle sharing, il trasporto merci condiviso, i taxi collettivi, il car pooling e gli autobus a richiesta e le loro interconnessioni con i trasporti pubblici;
44. invita la Commissione, attraverso una maggiore cooperazione tra le sue DG, a monitorare attentamente lo sviluppo dell'economia digitale e l'impatto delle iniziative legislative dell'"Agenda digitale" nel settore dei trasporti;
45. invita la Commissione e gli Stati membri, in collaborazione con le parti sociali, a valutare regolarmente l'impatto della digitalizzazione sul numero e sulle tipologie delle professioni del settore dei trasporti e a garantire che le politiche sociali e occupazionali si mantengano al passo con la digitalizzazione del mercato del lavoro dei trasporti;
46. raccomanda che le imprese dell'economia collaborativa, così come le persone che lavorano nel settore dei trasporti, individuino modelli di collaborazione nel perseguimento dei loro interessi comuni, ad esempio nel settore assicurativo;
47. accoglie con favore i modelli di orario di lavoro flessibile negoziati dalle parti sociali nel settore dei trasporti che consentono ai lavoratori di conciliare meglio la loro vita professionale e privata; evidenzia tuttavia l'importanza di monitorare la conformità con le norme obbligatorie in materia di orari di lavoro, periodi di guida e di riposo, operazione che dovrebbe essere agevolata grazie alla digitalizzazione del settore dei trasporti;
o o o
48. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.
– viste le sue precedenti risoluzioni e raccomandazioni sulla Bielorussia,
– viste le elezioni parlamentari tenutesi l'11 settembre 2016 e le elezioni presidenziali tenutesi l'11 ottobre 2015,
– vista la dichiarazione del presidente della sua delegazione per le relazioni con la Bielorussia, del 13 settembre 2016, sulle recenti elezioni parlamentari nel paese,
– vista la dichiarazione rilasciata il 12 settembre 2016 dal portavoce del Servizio europeo per l'azione esterna sulle elezioni parlamentari in Bielorussia,
– vista la dichiarazione preliminare dell'OSCE/ODIHR, dell'Assemblea parlamentare dell'OSCE e dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa (APCE), del 12 settembre 2016, sulle elezioni parlamentari in Bielorussia,
– viste le conclusioni del Consiglio sulla Bielorussia, in particolare quelle del 16 febbraio 2016 che abrogano misure restrittive applicate nei confronti di 170 persone e tre società bielorusse,
– vista la relazione finale dell'OSCE, del 28 gennaio 2016, sulle elezioni presidenziali tenutesi in Bielorussia l'11 ottobre 2015,
– viste le numerose dichiarazioni delle autorità bielorusse con cui si sono impegnate ad attuare, prima delle elezioni parlamentari del 2016, alcune raccomandazioni dell'OSCE/ODIHR formulate a seguito delle elezioni presidenziali del 2015,
– visti il rilascio di sei prigionieri politici da parte delle autorità bielorusse il 22 agosto 2015 e la successiva dichiarazione di Federica Mogherini, vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR), e di Johannes Hahn, commissario per la politica di vicinato e i negoziati di allargamento, sul rilascio di prigionieri politici in Bielorussia il 22 agosto 2015,
– visto l'articolo 123, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,
A. considerando che, nella sua relazione finale sulle elezioni presidenziali del 2015 in Bielorussia, l'OSCE/ODIHR, insieme alla commissione di Venezia del Consiglio d'Europa, ha elaborato una serie di raccomandazioni cui la Bielorussia doveva dare seguito prima delle elezioni parlamentari del 2016;
B. considerando che, al fine di intrecciare migliori relazioni con l'Occidente, le autorità bielorusse hanno adottato, loro malgrado, misure volte a consentire ai partiti democratici dell'opposizione di registrarsi con maggior facilità rispetto alle precedenti elezioni nonché a concedere agli osservatori stranieri un maggiore accesso al conteggio dei voti;
C. considerando che il 6 giugno 2016 il presidente della Bielorussia ha indetto nuove elezioni per la Camera dei rappresentanti; che le elezioni hanno avuto luogo l'11 settembre 2016; che oltre 827 osservatori internazionali e 32 100 privati cittadini in veste di osservatori sono stati accreditati per le elezioni; che, come affermato nelle conclusioni dell'OSCE/ODIHR, la maggior parte dei privati cittadini in veste di osservatori rappresentava associazioni pubbliche sovvenzionate dallo Stato e impegnate attivamente in campagne a favore di candidati filo-governativi; che la missione di osservazione elettorale dell'OSCE/ODIHR è stata inviata a monitorare le elezioni in seguito a un invito del ministero bielorusso degli Affari esteri;
D. considerando che, secondo la valutazione dell'OSCE/ODIHR, le elezioni parlamentari del 2016 sono state organizzate in maniera efficiente, ma rimane una serie di inveterate carenze sistemiche, fra cui restrizioni del quadro giuridico per i diritti politici e le libertà fondamentali; che, durante il conteggio e l'elaborazione dei risultati, si sono registrate numerose irregolarità procedurali come pure una mancanza di trasparenza;
E. considerando che, dopo molto tempo, all'interno del parlamento bielorusso sarà rappresentata un'opposizione democratica; che, secondo il relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Bielorussia, i sistemi giuridici e amministrativi alla base delle restrizioni dei diritti umani restano invariati; che due parlamentari indipendenti dovrebbero agire come forza di opposizione autentica;
F. considerando che dal 1994 in Bielorussia non si tengono elezioni libere ed eque secondo una legislazione elettorale conforme alle norme dell'OSCE/ODIHR riconosciute a livello internazionale;
G. considerando che, nel febbraio 2016, l'UE ha revocato gran parte delle sue misure restrittive nei confronti di funzionari ed entità giuridiche della Bielorussia, come gesto di buona volontà per incoraggiare tale paese a migliorare la propria situazione in materia di diritti umani, democrazia e Stato di diritto; che, nelle sue conclusioni sulla Bielorussia del 15 febbraio 2016, il Consiglio ha sottolineato la necessità di rafforzare la cooperazione UE-Bielorussia in una serie di settori economici e legati al commercio e all'assistenza, il che ha aperto la possibilità per la Bielorussia di chiedere finanziamenti della BEI e della BERS; che sono stati osservati diversi sforzi per affrontare determinate questioni di lunga data in vista delle elezioni del 2016, ma permangono nel contempo molti problemi irrisolti per quanto riguarda il quadro giuridico e procedurale delle elezioni;
H. considerando che i due gruppi di monitoraggio delle elezioni bielorusse, Human Rights Defenders for Free Elections (HRD) e Right to Choose-2016 (R2C), hanno condannato le ultime elezioni per il mancato rispetto di una serie di norme internazionali fondamentali e per non aver rispecchiato in modo credibile la volontà dei cittadini bielorussi;
I. considerando che i gruppi di osservatori bielorussi hanno raccolto prove concrete di massicci sforzi a livello nazionale per gonfiare i numeri complessivi dell'affluenza durante il periodo di votazione anticipata di cinque giorni (6-10 settembre 2016) e il giorno delle elezioni (11 settembre 2016); che l'unico istituto di sondaggi di opinione indipendente in Bielorussia (NISEPI) ha interrotto la propria attività in seguito a pressioni da parte del governo, il che rende estremamente difficile la valutazione delle reali preferenze politiche dei bielorussi;
J. considerando che il 18 novembre 2015 una parte delle forze di opposizione bielorusse ha presentato per la prima volta un accordo di cooperazione congiunta per candidarsi unite alle elezioni parlamentari del 2016;
K. considerando che la prima visita della delegazione del Parlamento per le relazioni con la Bielorussia dal 2002 si è svolta a Minsk il 18 e 19 giugno 2015; che il Parlamento europeo attualmente non intrattiene relazioni ufficiali con il parlamento bielorusso;
L. considerando che la Bielorussia ha svolto un ruolo di mediazione costruttivo nell'accordo sul cessate il fuoco in Ucraina;
M. considerando che l'aggressione russa contro l'Ucraina e l'annessione illegale della Crimea da parte della Russia hanno acuito, nella società bielorussa, i timori di una destabilizzazione della situazione interna a seguito di un cambiamento di potere; che, tuttavia, i cittadini bielorussi non hanno abbandonato le speranze di riforme sostanziali e di una trasformazione pacifica del loro paese;
N. considerando che l'economia bielorussa ristagna da oltre vent'anni e che i principali settori sono tuttora di proprietà dello Stato e assoggettati a un sistema di comando e controllo amministrativo; che la dipendenza economica della Bielorussia dagli aiuti economici della Russia continua ad aumentare, mentre i risultati economici della Bielorussia sono tra i più bassi fra i paesi dell'Unione economica eurasiatica (ad esempio, il suo PIL è sceso di oltre 30 miliardi di USD nel periodo 2015-2016);
O. considerando che la Bielorussia è ormai l'unico paese in Europa ad applicare la pena capitale; che il 4 ottobre 2016 la Corte suprema bielorussa ha confermato la condanna a morte di Siarhei Vostrykau; che si tratta della quarta conferma di una condanna a morte nel 2016 da parte della Corte suprema bielorussa;
P. considerando che le organizzazioni per i diritti umani hanno richiamato l'attenzione su nuovi metodi di molestie nei confronti dell'opposizione; che le autorità bielorusse non hanno abbandonato le pratiche repressive nei confronti dei loro avversari politici: i manifestanti pacifici sono ancora soggetti a responsabilità amministrative, altri diritti civili e politici sono limitati e il paese ha nuovi prigionieri politici; che le autorità bielorusse non hanno adottato provvedimenti intesi a promuovere cambiamenti sistemici e qualitativi nel settore dei diritti umani, in particolare a livello legislativo;
Q. considerando che un significativo miglioramento della libertà di espressione e della libertà dei media, il rispetto dei diritti politici dei comuni cittadini e degli attivisti dell'opposizione e il rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali sono tutti presupposti indispensabili per migliorare le relazioni tra l'UE e la Bielorussa; che l'Unione europea mantiene saldo l'impegno a difendere ulteriormente i diritti umani in Bielorussia, compresa la libertà di espressione e dei media;
R. considerando che il 25 ottobre 2016 la Bielorussia ha adottato il suo primo Piano d'azione nazionale per i diritti umani, che è stato approvato con una risoluzione del Consiglio dei ministri; che, secondo le autorità bielorusse, tale piano definisce le principali linee d'azione per dare seguito agli impegni del paese a favore dei diritti umani;
S. considerando che uno degli obiettivi della partecipazione della Bielorussia al Partenariato orientale e al suo ramo parlamentare Euronest consiste nell'intensificare la cooperazione tra il paese e l'Unione europea; che il parlamento bielorusso non ha uno status ufficiale in seno all'Assemblea parlamentare Euronest;
T. considerando che la Bielorussia sta attualmente costruendo la sua prima centrale nucleare a Ostrovets, al confine con l'UE; che ogni paese che sviluppa energia nucleare deve rispettare rigorosamente i requisiti e gli standard internazionali di sicurezza nucleare e ambientale; che il governo della Bielorussia, che ha la responsabilità esclusiva per la sicurezza e la protezione degli impianti nucleari sul proprio territorio, deve rispettare i propri obblighi nei confronti dei suoi cittadini e dei paesi confinanti; che i principi di apertura e trasparenza devono essere il tessuto fondamentale su cui viene sviluppato, utilizzato e dismesso qualsiasi impianto nucleare;
U. considerando che la Bielorussia fa parte dell'Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (OTCS) e partecipa alle manovre militari congiunte "Zapad" con la Russia, le quali contemplano scenari di attacco contro i paesi occidentali vicini e simulano, tra l'altro, l'impiego di armi nucleari contro la Polonia; che il prossimo anno la Bielorussia parteciperà alla manovra "Zapad-2017", la quale potrebbe prevedere ulteriori scenari aggressivi;
1. rimane seriamente preoccupato per le carenze riscontrate dagli osservatori internazionali indipendenti durante le elezioni presidenziali del 2015 e le elezioni parlamentari del 2016; prende atto dei tentativi di compiere progressi, che sono ancora insufficienti; rileva che nel parlamento neoeletto vi saranno un rappresentante del partito all'opposizione e un rappresentante del settore non governativo; ritiene che si tratti però di nomine politiche, anziché del risultato dell'esito elettorale; osserva che l'esame delle future proposte legislative presentate da questi due parlamentari sarà un banco di prova per le intenzioni politiche delle autorità dietro le loro nomine;
2. invita le autorità bielorusse a riprendere senza indugio l'attività in merito ad una riforma elettorale completa nel quadro di un più ampio processo di democratizzazione e in collaborazione con i partner internazionali; sottolinea la necessità di introdurre le raccomandazioni dell'OSCE/ODIHR in tempo utile prima delle elezioni comunali del marzo 2018, nonché la necessità che tali elezioni siano monitorate da osservatori nazionali e internazionali; sottolinea che ciò è fondamentale per conseguire gli auspicati progressi nelle relazioni UE-Bielorussia;
3. ribadisce il suo appello alle autorità bielorusse affinché garantiscano in ogni circostanza il rispetto dei principi democratici, dei diritti umani e delle libertà fondamentali, conformemente alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e agli strumenti internazionali e regionali in materia di diritti umani ratificati dalla Bielorussia;
4. invita il governo bielorusso a riabilitare i prigionieri politici liberati e a ripristinare pienamente i loro diritti civili e politici;
5. esprime preoccupazione per il fatto che dal 2000 non si è registrato in Bielorussia alcun nuovo partito politico; chiede che siano abbandonate tutte le restrizioni al riguardo; sottolinea che tutti i partiti politici devono poter esercitare attività politiche senza restrizioni, specialmente in campagna elettorale;
6. si attende che le autorità cessino di vessare per ragioni politiche i mezzi di comunicazione indipendenti; sollecita a porre fine alla pratica dei procedimenti amministrativi e all'applicazione arbitraria dell'articolo 22, paragrafo 9, parte seconda, del codice amministrativo nei confronti dei giornalisti indipendenti che lavorano per mezzi di comunicazione stranieri senza accreditamento, poiché ciò limita il diritto alla libertà di espressione e la diffusione delle informazioni;
7. invita il governo bielorusso ad abrogare immediatamente l'articolo 193, paragrafo 1, del codice penale, che punisce l'organizzazione di attività di associazioni e organizzazioni pubbliche non registrate o la partecipazione alle stesse, e a consentire il pieno funzionamento legale, libero e senza ostacoli delle associazioni e organizzazioni pubbliche; richiama l'attenzione della Commissione in particolare sul fatto che attualmente, a seguito dell'applicazione dell'articolo 193, paragrafo 1, e di altre norme restrittive, vi sono oltre 150 ONG bielorusse registrate in Lituania, Polonia, Repubblica Ceca e altrove;
8. esorta le autorità bielorusse a rivedere la politica in base alla quale il sostegno finanziario internazionale offerto al settore non governativo nel paese rimane soggetto a un'onerosa pressione fiscale;
9. condanna con forza la politica del governo bielorusso di utilizzare forze speciali per interferire negli affari interni delle organizzazioni della società civile, incluse quelle che rappresentano minoranze nazionali quali l'ONG indipendente "Unione dei polacchi in Bielorussia";
10. esorta la Bielorussia, in quanto unico paese in Europa ad applicare ancora la pena capitale e ad aver ripreso di recente le esecuzioni, ad aderire alla moratoria globale sull'esecuzione della pena di morte come primo passo verso la sua abolizione definitiva; ricorda che la pena di morte costituisce un trattamento disumano e degradante, non ha alcun effetto deterrente dimostrato e rende irreversibili gli errori giudiziari; invita il Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) e la Commissione a rendere prioritarie le suddette preoccupazioni nel dialogo in corso tra UE e Bielorussia in materia di diritti umani; accoglie con favore, in tale contesto, l'adozione da parte del Consiglio dei ministri della Bielorussia del Piano d'azione per l'attuazione delle raccomandazioni formulate dal gruppo di lavoro sull'esame periodico universale del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani e ne auspica la piena esecuzione;
11. invita l'UE a mantenere lo slancio per l'ulteriore normalizzazione delle relazioni con la Bielorussia; ribadisce la sua opinione secondo cui le divergenze esistenti possono essere affrontate al meglio attraverso il potenziamento dei canali di comunicazione e l'ulteriore partecipazione dell'UE, segnatamente del Parlamento europeo, al dialogo con la Bielorussia e in particolare con i cittadini e la società civile del paese, nonché con il parlamento e i vari partiti politici, può portare a risultati tangibili e contribuire all'indipendenza, alla sovranità e alla prosperità del paese;
12. chiede al SEAE e alla Commissione di continuare a rafforzare il sostegno alle organizzazioni della società civile che operano in Bielorussia e all'estero; sottolinea, a tale proposito, la necessità di appoggiare tutte le fonti di informazione indipendenti della società bielorussa, inclusi i mezzi di comunicazione che trasmettono in lingua bielorussa e dall'estero;
13. prende nota dell'avvio, nel gennaio 2014, dei negoziati relativi alle misure di facilitazione del rilascio dei visti al fine di intensificare i contatti interpersonali e incoraggiare l'emergere della società civile; sottolinea che la Commissione e il SEAE dovrebbero adottare le misure necessarie per accelerare i progressi in tal senso;
14. sostiene l'UE nella sua politica di "impegno critico" nei confronti delle autorità bielorusse e manifesta la propria disponibilità a contribuirvi anche attraverso la propria delegazione per le relazioni con la Bielorussia; invita la Commissione a monitorare da vicino le iniziative legislative e a controllarne l'applicazione; rammenta che l'Unione deve accertarsi che le proprie risorse non siano utilizzate per azioni di repressione nei confronti delle organizzazioni della società civile, dei difensori dei diritti umani, dei giornalisti indipendenti e dei leader dell'opposizione;
15. esprime preoccupazione per i problemi di sicurezza sollevati dalla costruzione della centrale nucleare bielorussa di Ostrovets, a meno di 50 km da Vilnius, capitale della Lituania, e vicino al confine polacco; sottolinea l'esigenza di una vigilanza internazionale completa sulla realizzazione del progetto al fine di garantirne la conformità ai requisiti e agli standard internazionali in materia di sicurezza nucleare e ambientale, comprese le convenzioni delle Nazioni Unite di Espoo e Arhus; invita la Commissione a includere la questione della sicurezza e della trasparenza della suddetta centrale nucleare in costruzione nel dialogo con la Bielorussia e la Russia, dal momento che il progetto è finanziato dalla Russia e si basa sulla tecnologia della Rosatom, nonché a riferire regolarmente al Parlamento e agli Stati membri, in particolare quelli confinanti con la Bielorussia; invita il Consiglio e la Commissione a utilizzare la loro leve, tra cui il fatto di sottoporre a condizionalità qualsiasi sostegno macrofinanziario dell'UE, per garantire che la Bielorussia rispetti le norme internazionali in materia di sicurezza per quanto riguarda la centrale nucleare di Ostrovets, in particolare in relazione allo svolgimento delle prove di resistenza, come concordato con la Commissione il 23 giugno 2011;
16. giudica molto importante e attende con interesse l'adesione della Bielorussia all'Assemblea parlamentare Euronest, in conformità dell'atto costitutivo, non appena le condizioni politiche siano soddisfatte, poiché tale adesione sarebbe la prosecuzione naturale della partecipazione della Bielorussia al quadro di cooperazione multilaterale del partenariato orientale;
17. ribadisce il proprio impegno a lavorare nell'interesse del popolo bielorusso, sostenendone le aspirazioni e iniziative a favore della democrazia e contribuendo a un futuro stabile, democratico e prosperoso per il paese;
18. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al Servizio europeo per l'azione esterna, al Consiglio, alla Commissione, agli Stati membri, all'OSCE/ODIHR, al Consiglio d'Europa e alle autorità bielorusse.