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Procedura : 2016/2249(INI)
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Ciclo del documento : A8-0046/2017

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A8-0046/2017

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PV 13/03/2017 - 13
CRE 13/03/2017 - 13

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PV 14/03/2017 - 6.9
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P8_TA(2017)0073

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Martedì 14 marzo 2017 - Strasburgo
La parità tra donne e uomini nell'Unione europea nel 2014/2015
P8_TA(2017)0073A8-0046/2017

Risoluzione del Parlamento europeo del 14 marzo 2017 sulla parità tra donne e uomini nell'Unione europea nel 2014-2015 (2016/2249(INI))

Il Parlamento europeo,

–  visti l'articolo 2 e l'articolo 3, paragrafo 3, secondo comma, del trattato sull'Unione europea (TUE) nonché l'articolo 8 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE),

–  visto l'articolo 23 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,

–  vista la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU),

–  vista la Convenzione delle Nazioni Unite del 18 dicembre 1979 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW),

–  vista la direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI(1),

–  visti la dichiarazione e la piattaforma d'azione di Pechino, adottate alla quarta Conferenza mondiale sulle donne il 15 settembre 1995, e i successivi documenti finali adottati in occasione delle sessioni speciali delle Nazioni Unite di Pechino +5 (2000), Pechino +10 (2005) e Pechino +15 (2010),

–  vista la Convenzione delle Nazioni Unite del 1949 per la repressione della tratta degli esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione,

–  vista la direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta degli esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI(2),

–  vista la sua posizione del 20 ottobre 2010 sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 92/85/CEE concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (direttiva sul congedo di maternità)(3),

–  vista la direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (rifusione)(4),

–  vista la direttiva 2004/113/CE del Consiglio, del 13 dicembre 2004, che attua il principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura(5),

–  vista la direttiva 2013/62/UE del Consiglio, del 17 dicembre 2013, che modifica la direttiva 2010/18/UE che attua l'accordo quadro riveduto in materia di congedo parentale concluso da BUSINESSEUROPE, UEAPME, CEEP e CES in conseguenza della modifica dello status, nei confronti dell'Unione europea, di Mayotte(6),

–  viste le direttive europee adottate dal 1975 in poi sui diversi aspetti della parità di trattamento tra uomini e donne (direttiva 2010/41/UE(7), direttiva 2010/18/UE(8), direttiva 2006/54/CE, direttiva 2004/113/CE, direttiva 92/85/CEE(9), direttiva 86/613/CEE(10) e direttiva 79/7/CEE(11)),

–  vista la proposta della Commissione, del 14 marzo 2012, relativa a una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante il miglioramento dell'equilibrio di genere fra gli amministratori senza incarichi esecutivi delle società quotate in Borsa e relative misure (direttiva "Più donne alla guida delle imprese europee") (COM(2012)0614),

–  visti la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (convenzione di Istanbul) e il suo articolo 3 che definisce il "genere" come i "ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini",

–  vista la proposta di decisione del Consiglio, del 4 marzo 2016, relativa alla firma, a nome dell'Unione europea, della convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (COM(2016)0111),

–  viste le conclusioni del Consiglio del 16 giugno 2016 sull'uguaglianza di genere (00337/2016),

–  viste le conclusioni del Consiglio, del 5-6 giugno 2014, dal titolo "Prevenire e combattere tutte le forme di violenza contro le donne e le ragazze, compresa la mutilazione genitale femminile" (09543/2014),

–  viste le conclusioni del Consiglio del 7 dicembre 2015 sulla parità tra donne e uomini nel campo decisionale (14327/2015),

–  vista la dichiarazione del trio di presidenza del 7 dicembre 2015, firmata dai Paesi Bassi, dalla Slovacchia e da Malta,

–  vista la comunicazione della Commissione del 3 marzo 2010 dal titolo "EUROPA 2020: Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva" (COM(2010)2020),

–  visto il documento di lavoro dei servizi della Commissione del 3 marzo 2015 dal titolo "2014 Report on equality between women and men" (Relazione del 2014 sulla parità tra donne e uomini) (SWD(2015)0049),

–  visto il documento di lavoro dei servizi della Commissione del 4 marzo 2016 dal titolo "2015 Report on equality between women and men" (Relazione del 2015 sulla parità tra donne e uomini) (SWD(2016)0054),

–  visto il documento di lavoro dei servizi della Commissione del 3 dicembre 2015 dal titolo "Strategic engagement for gender equality 2016-2019" (Impegno strategico per la parità di genere 2016-2019) (SWD(2015)0278),

–  viste le sue risoluzioni del 10 febbraio 2010 sulla parità tra donne e uomini nell'Unione europea – 2009(12), dell'8 marzo 2011 sulla parità tra donne e uomini nell'Unione europea – 2010(13), del 13 marzo 2012 sulla parità tra donne e uomini nell'Unione europea – 2011(14) nonché del 10 marzo 2015 sui progressi concernenti la parità tra donne e uomini nell'Unione europea nel 2013(15),

–  viste la comunicazione della Commissione, del 25 novembre 2013, dal titolo "Verso l'eliminazione delle mutilazioni genitali femminili" (COM(2013)0833) e la sua risoluzione, del 6 febbraio 2014(16), sull'eliminazione delle mutilazioni genitali femminili,

–  visti i risultati del sondaggio relativo a lesbiche, gay, bisessuali e transgender nell'Unione europea (EU LGBT), condotto dall'Agenzia per i diritti fondamentali e pubblicato nel maggio 2013,

–  vista la relazione dell'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali (FRA) dal titolo "Violence against Women – an EU-wide survey. Main results" (La violenza contro le donne: un'indagine a livello di Unione europea. Risultati principali), pubblicata nell'ottobre 2014,

–  vista la relazione dell'Agenzia per i diritti fondamentali dal titolo "The fundamental rights situation of intersex people" (La situazione dei diritti fondamentali delle persone intersessuali), pubblicata nel maggio 2015,

–  vista la relazione della rete europea di enti nazionali per le pari opportunità (EQUINET) dal titolo "The Persistence of Discrimination, Harassment and Inequality for Women. The Work of Equality Bodies informing a new European Commission Strategy for Gender Equality" (Il persistere della discriminazione, delle molestie e della disuguaglianza per le donne. Il lavoro degli enti per le pari opportunità nell'elaborazione di una nuova strategia della Commissione europea in materia di parità di genere), pubblicata nel 2015,

–  viste le relazioni della Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (Eurofound) dal titolo "The gender employment gap: challenges and solutions" (Il divario di genere nei livelli di occupazione: sfide e soluzioni) (2016), "Social partners and gender equality in Europe" (Parti sociali e parità di genere in Europa) (2014), "Developments in working life in Europe: EurWORK annual review" (Sviluppi nella vita lavorativa in Europa: revisione annuale di EurWORK) (2014 e 2015) e la Sesta indagine europea sulle condizioni di lavoro (2016),

–  viste la sua risoluzione del 3 febbraio 2016 sulla nuova strategia per l'uguaglianza di genere e i diritti della donna dopo il 2015(17) e la sua risoluzione del 9 giugno 2015 sulla strategia dell'UE per la parità tra donne e uomini dopo il 2015(18),

–  vista la sua risoluzione del 25 febbraio 2014 sull'eliminazione della violenza contro le donne(19),

–  vista la risoluzione del 9 settembre 2015 sull'emancipazione delle ragazze attraverso l'istruzione nell'UE(20),

–  vista la risoluzione dell'8 marzo 2016 sulla situazione delle donne rifugiate e richiedenti asilo nell'UE(21),

–  vista la sua risoluzione del 28 aprile 2016 sulle collaboratrici domestiche e prestatrici di assistenza nell'UE(22),

–  vista la sua risoluzione del 26 maggio 2016 sulla povertà: una prospettiva di genere(23),

–  vista la sua risoluzione del 13 settembre 2016 sulla creazione di condizioni del mercato del lavoro favorevoli all'equilibrio tra vita privata e vita professionale(24),

–  vista la sua risoluzione del 15 settembre 2016 sull'applicazione della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro ("direttiva sulla parità in materia di occupazione")(25),

–  vista la sua risoluzione dell'8 marzo 2016 sull'integrazione della dimensione di genere nell'ambito dei lavori del Parlamento europeo(26),

–  vista la sua risoluzione del 12 maggio 2016 sull'attuazione della direttiva 2011/36/UE del 5 aprile 2011 concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime da una prospettiva di genere(27),

–  vista la relazione della Commissione sui progressi compiuti in merito agli obiettivi di Barcellona intitolata "Lo sviluppo dei servizi di cura della prima infanzia in Europa per una crescita sostenibile e inclusiva" del 3 giugno 2013(28),

–  vista la raccomandazione della Commissione, del 20 febbraio 2013, intitolata "Investire nell'infanzia: per spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale"(29),

–  visti l'indice sull'uguaglianza di genere per il 2015 elaborato dall'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere (EIGE), la relazione "Beijing + 20: Review of the Implementation of the Beijing Platform for Action in the EU Member States" (Pechino 20 anni dopo: quarto esame dell'attuazione della piattaforma d'azione di Pechino negli Stati membri dell'UE) e le altre relazioni dell'EIGE,

–  visto lo studio del gennaio 2016 della rete europea degli esperti giuridici di parità di genere e non discriminazione dal titolo "A comparative analysis of gender equality law in Europe 2015" (Analisi comparativa del diritto in materia di parità di genere in Europa - 2015),

–  viste le conclusioni sul "ruolo degli uomini e dei ragazzi nel raggiungimento della parità di genere" approvate dalla 48a sessione della commissione delle Nazioni Unite sullo status delle donne (CWS) nel marzo 2004(30),

–  visto il documento dal titolo "Transforming our World: The 2030 Agenda for Sustainable Development" (Trasformare il mondo in cui viviamo: l'agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile), approvato durante il vertice delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile del 25 settembre 2015, e gli scopi e gli obiettivi in materia di parità di genere, diritti delle donne ed emancipazione delle donne inclusi in tale documento,

–  visto il prospetto statistico della Commissione dell'aprile 2014 dal titolo "Single parents and employment in Europe" (Genitori soli e occupazione in Europa)(31),

–  visto l'articolo 52 del suo regolamento,

–  vista la relazione della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere (A8-0046/2017),

A.  considerando che l'indice sull'uguaglianza di genere per il 2015 elaborato dall'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere mostra solo dei miglioramenti marginali: l'UE si trova infatti solo a metà strada per quanto riguarda il raggiungimento della parità di genere e dal 2005 il risultato complessivo è salito da 51,3 a 52,9 su 100; che è necessario compiere rapidi progressi se l'UE vuole centrare gli obiettivi di Europa 2020;

B.  considerando che negli ultimi anni alcuni Stati membri dell'UE hanno registrato un aumento significativo dei movimenti civici e politici che vanno contro la parità di diritti tra donne e uomini e addirittura mettono in discussione la necessità generale di politiche in materia di parità di genere; che tale reazione contro la parità di genere mira a rafforzare i ruoli di genere tradizionali e a mettere in discussione i risultati esistenti e futuri nell'ambito della parità di genere, dei diritti delle donne e dei diritti delle persone LGBTI;

C.  considerando che la parità tra donne e uomini è un diritto fondamentale sancito dal trattato sull'Unione europea e dalla Carta dei diritti fondamentali; che al riguardo l'Unione europea si prefigge di garantire pari opportunità e parità di trattamento tra uomini e donne e di combattere qualsiasi discriminazione fondata sul sesso;

D.  considerando che nel 2015 il tasso di occupazione per le donne, pari al 64,5 %, ha raggiunto il livello più alto mai registrato, ma tuttora ben al di sotto del dato relativo agli uomini pari al 75,6 %; che, purtroppo, la probabilità che le donne lavorino e restino a tempo parziale, spesso involontariamente, è quattro volte più elevata rispetto agli uomini; che molti giovani lavoratori rimangono poveri, in particolare in Grecia, Spagna, Croazia, Italia, Cipro, Portogallo e Slovacchia;

E.  considerando che il tasso di disoccupazione femminile è sottostimato, visto che molte donne non sono iscritte alle liste di collocamento, in particolare le donne che risiedono nelle zone rurali o nelle regioni periferiche, le donne impegnate in aziende a conduzione familiare e molte di coloro che si occupano solo dei lavori domestici e dei figli; che inoltre tale situazione crea una disparità in termini di accesso ai servizi pubblici (sussidi, pensioni, congedi per maternità o per malattia, accesso alla sicurezza sociale ecc.);

F.  considerando che, secondo le stime della relazione di Eurofound sul divario occupazionale di genere, tale divario costa all'UE circa 370 miliardi di EUR all'anno, pari al 2,8 % del PIL dell'Unione(32);

G.  considerando che, nei paesi colpiti dalla crisi economica e da tagli di bilancio, le donne hanno subito conseguenze sproporzionate, in particolare le giovani donne, le anziane, le madri sole e le donne vittime di discriminazioni plurime, e che questa situazione le ha lasciate in uno stato di povertà ed emarginazione sociale escludendole sempre più dal mercato del lavoro; che i tagli ai servizi assistenziali e sanitari pubblici comportano un trasferimento di responsabilità per l'assistenza dalla società alle famiglie, il che interessa in particolare le donne;

H.  considerando che la femminizzazione della povertà persiste nell'Unione e che gli elevatissimi livelli di disoccupazione, povertà ed esclusione sociale tra le donne sono strettamente connessi ai tagli apportati ai bilanci per i servizi pubblici quali la sanità, l'istruzione, i servizi sociali e le prestazioni previdenziali; che tali politiche portano a una maggiore precarizzazione del lavoro, in particolare a causa dell'aumento del tempo parziale involontario e dei contratti temporanei;

I.  considerando che nel 2015 i tre quarti dei lavori domestici e i due terzi dei compiti parentali nel 2015 sono stati svolti dalle donne lavoratrici, le quali pertanto, nella stragrande maggioranza dei casi, si sono fatte carico di un doppio onere di responsabilità; che, in generale, le donne si assumono di gran lunga maggiori responsabilità per le cure genitoriali e domestici; che i ruoli di genere tradizionali e gli stereotipi continuano ad avere una forte influenza sulla distribuzione dei ruoli tra donne e uomini in casa, sul lavoro e nella società in generale; che tale ripartizione di competenze tradizionali tendono a perpetuare lo status quo, limitando le opportunità di occupazione e di sviluppo personale delle donne e lasciando loro poco tempo per la loro inclusione sociale nella società e nella comunità o la partecipazione all'economia; che una ripartizione equa del "lavoro non retribuito", come la prestazione di cure e le responsabilità domestiche, è una condizione preliminare per l'indipendenza economica delle donne nel lungo periodo;

J.  considerando che talune tipologie di congedo per motivi familiari continuano ancora a essere motivo di discriminazione e di stigmatizzazione sia per le donne che per gli uomini, nonostante la legislazione e il quadro di politiche in vigore a livello dell'UE e nazionale, e che ciò colpisce soprattutto le donne in quanto principali prestatrici di assistenza che utilizzano i congedi per motivi familiari;

K.  considerando che quasi un quarto degli Stati membri dell'UE non hanno adottato disposizioni legislative per il congedo di paternità e che alcuni di quelli che prevedono disposizioni del genere consentono agli uomini di prendere congedi soltanto per uno, due o più giorni; che in otto Stati membri il congedo parentale paternità non è accompagnato da alcuna retribuzione, mentre l'utilizzo medio del congedo parentale da parte dei padri è modesto, dal momento che solo il 10 % di essi prende almeno un giorno di congedo, mentre il 97 % delle donne utilizza il congedo parentale disponibile per entrambi i genitori; che promuovere un maggiore ricorso al congedo parentale e di paternità è essenziale per realizzare la parità di genere; che lo studio di Eurofound(33) ha messo in evidenza gli aspetti che influenzano il tasso di utilizzo dei congedi familiari da parte dei padri, ossia: il livello retributivo, la flessibilità del sistema di congedo, la disponibilità di informazioni, la disponibilità e l'elasticità delle strutture per l'infanzia e il timore di essere esclusi dal mercato del lavoro a causa dei congedi;

L.  considerando che un requisito essenziale per l'inclusione attiva delle donne nel mercato del lavoro è la disponibilità di strutture e servizi di qualità e a prezzi accessibili per l'infanzia, per i parenti anziani e gli altri familiari a carico; che gli "obiettivi di Barcellona" sono un ottimo strumento al fine di raggiungere una reale uguaglianza tra uomini e donne e che tutti gli Stati membri devono prefiggersi di raggiungerli il prima possibile; che, sempre più spesso, a causa della mancanza di strutture e servizi per l'infanzia di qualità e a prezzi accessibili, le madri sono costrette a scegliere tra il lavoro a tempo parziale e la rinuncia al lavoro per occuparsi dei propri figli, con ripercussioni sul reddito familiare e sui versamenti pensionistici;

M.  considerando che l'accesso alla formazione e il diritto fondamentale all'istruzione delle ragazze e delle donne rappresentano importanti valori europei nonché elementi essenziali per l'emancipazione delle ragazze e delle donne a livello sociale, culturale e professionale, nonché per il pieno godimento di tutti gli altri diritti sociali, economici, culturali e politici e, di conseguenza, per la prevenzione della violenza contro le donne e le ragazze; che l'istruzione universale obbligatoria gratuita è una condizione fondamentale per assicurare a tutti pari opportunità in quanto dovrebbe essere garantita a tutti i bambini, senza discriminazioni, e indipendentemente dal loro status di residenza; che la lotta alla disuguaglianza di genere inizia in età prescolare e richiede una supervisione costante sui programmi di studio, gli obiettivi di sviluppo e i risultati dell'apprendimento;

N.  considerando che la parità di genere è una responsabilità di tutti gli individui della società e richiede il contributo attivo di donne e uomini; che le autorità dovrebbero impegnarsi a sviluppare campagne di educazione rivolte agli uomini e alle giovani generazioni allo scopo di coinvolgere uomini e ragazzi nella prevenzione e nella progressiva eliminazione di ogni forma di violenza basata sul genere e a favorire l'emancipazione delle donne;

O.  considerando che, sebbene in media le donne raggiungano un livello di istruzione più elevato rispetto agli uomini, la media UE del divario retributivo tra uomini e donne si attestava ancora al 16,1 % nel 2014, nonostante le differenze significative tra gli Stati membri;

P.  considerando che la segregazione di genere orizzontale e verticale nel mercato del lavoro è ancora un fenomeno diffuso, dovuto, tra l'altro, al fatto che viene attribuito minor valore ai posti di lavoro considerati "femminili" rispetto a quelli considerati "maschili", al persistere dei "soffitti di cristallo", che impediscono alle donne di raggiungere le posizioni più alte e maggiormente retribuite, e all'eccessiva presenza di donne nel lavoro a tempo parziale che è retribuito in modo meno vantaggioso rispetto a quelli a tempo pieno; che, sebbene negli studi universitari il numero di donne sia pari o addirittura superiore a quello degli uomini, l'impatto degli stereotipi di genere sull'istruzione, sulla formazione e sulle decisioni prese dagli studenti in ambito scolastico può incidere sulle scelte durante tutto l'arco della loro vita e ha, successivamente, notevoli implicazioni per il mercato del lavoro; che gli stereotipi ampiamente veicolati dalla società sull'incompatibilità tra maternità e lavoro a tempo pieno pongono le donne in posizione svantaggiata e possono dissuadere le giovani donne dal proseguire gli studi o investire nella propria carriera;

Q.  considerando che l'indicatore composito del tempo di lavoro retribuito e non retribuito dell'indagine sulle condizioni di lavoro di Eurofound mostra che, in generale, l'orario di lavoro delle donne è più lungo quando si calcolano le ore di lavoro retribuite e non retribuite(34);

R.  considerando che nei settori che riguardano, in particolare, i beni, i servizi o l'agricoltura esiste un accesso non uniforme alle risorse economiche e finanziarie come le attività, il capitale, le risorse produttive e il credito tra donne e uomini;

S.  considerando che il divario pensionistico persiste ancora nell'UE ed era pari nel 2014 a un impressionante 40,2 %; che ciò è il risultato degli svantaggi accumulati dalle donne nel tempo, come l'assenza di accesso a molte risorse finanziarie, quali le prestazioni previdenziali o i sistemi pensionistici, che sono associate al lavoro a tempo pieno e di cui molte donne non possono beneficiare in quanto tendono a mantenere un'occupazione a tempo parziale o discontinua a causa delle responsabilità familiari;

T.  considerando che alcuni Stati membri dell'Unione mantengono la non titolarità individuale nei sistemi fiscali e previdenziali; che tale situazione può rendere le donne dipendenti dal coniuge, in quanto vengono loro riconosciuti soltanto diritti derivati attraverso la loro relazione con l'uomo;

U.  considerando che nell'ultimo decennio la percentuale complessiva delle donne nei parlamenti nazionali/federali è aumentata di solo circa il 6 %, raggiungendo il 29 % nel 2015;

V.  considerando che nel 2015 solo il 6,5 % dei presidenti e il 4,3 % degli amministratori delegati delle principali società quotate in borsa erano donne;

W.  considerando che, nonostante l'impegno dell'UE riguardo alla parità di genere nel processo decisionale, i consigli di amministrazione delle agenzie dell'UE sono gravemente carenti in termini di equilibrio di genere e mostrano il persistere di forme di segregazione di genere, visto che in media, il 71 % dei membri dei consigli di amministrazione è formato da uomini, solo un consiglio di amministrazione su tre è presieduto da una donna e dei 42 direttori esecutivi delle agenzie dell'UE, solo 6 sono donne;

X.  considerando che oltre la metà delle donne vittime di omicidio sono uccise da un partner, da un parente o familiare(35); che il 33 % delle donne nell'UE ha subito violenze fisiche e/o sessuali, mentre il 55 % ha subito molestie sessuali, il 32 % sul posto di lavoro; che le donne sono particolarmente vulnerabili alla violenza sessuale, fisica e online, al bullismo elettronico e allo stalking;

Y.  considerando che la violenza nei confronti delle donne è una delle violazioni dei diritti umani più diffuse nel mondo che interessa tutte le classi sociali, indipendentemente dall'età, dal livello d'istruzione, dal reddito, dalla posizione sociale e dal paese di provenienza o residenza e costituisce un ostacolo di rilievo alla parità tra donne e uomini; che il fenomeno del femminicidio non accenna a diminuire negli Stati membri;

Z.  considerando che alcuni sondaggi sugli atteggiamenti nei confronti della violenza contro le donne hanno rivelato una tendenza inquietante e marcata a incolpare la vittima, che può essere uno degli effetti del patriarcato; che spesso manca una forte condanna di questi comportamenti da parte delle autorità pubbliche e di altre istituzioni;

AA.  considerando che i mezzi di comunicazione digitale hanno contribuito alla diffusione della retorica dell'odio e delle minacce nei confronti delle donne, che il 18 % delle donne in Europa ha subito forme di molestia online sin dall'adolescenza e che nove milioni di persone in Europa sono vittime di violenza online; che il sistema della giustizia è scarsamente reattivo quando si tratta di perseguire la violenza online contro le donne; che chi si macchia di abusi e reati d'odio raramente è denunciato, indagato, perseguito e condannato;

AB.  considerando che il 23 % delle donne lesbiche e il 35 % delle persone transgender è stato attaccato fisicamente/sessualmente o minacciato di violenza a casa o altrove (in strada, nei trasporti pubblici, sul luogo di lavoro ecc.) almeno una volta negli ultimi cinque anni;

AC.  considerando che il sondaggio dell'UE sulla comunità LGBT ha concluso che le donne lesbiche, bisessuali e transessuali corrono un rischio enorme di discriminazione sulla base del loro orientamento sessuale o della loro identità di genere; che la discriminazione di genere si interseca con altre discriminazioni basate sulla razza, l'etnia, la religione, la disabilità, la salute, l'identità di genere, l'orientamento sessuale e/o le condizioni socio-economiche;

AD.  considerando che si registra un peggioramento delle condizioni in cui vivono determinati gruppi di donne, le quali devono spesso misurarsi con un complesso di difficoltà e rischi plurimi nonché elevati livelli di discriminazione;

AE.  considerando che nel 2015 l'UE ha registrato un aumento senza precedenti del numero di profughi e richiedenti asilo sul suo territorio; che, secondo l'UNHCR, le donne e i bambini rappresentavano oltre la metà dei rifugiati e dei richiedenti asilo e che sono stati denunciati casi di violenza e abuso, compresa la violenza sessuale, nei confronti di donne e bambini rifugiati durante tutto il viaggio e anche nei centri di accoglienza sovraffollati nell'Unione europea;

AF.  considerando che le donne e le ragazze rappresentano il 80 % delle vittime registrate della tratta di esseri umani(36); che l'individuazione delle vittime continua a costituire un problema e che occorre rafforzare il sostegno e la protezione a favore delle vittime e tutti gli sforzi nella lotta alla tratta devono comprendere una dimensione di genere;

AG.  considerando che uno dei principali scopi della tratta di esseri umani è lo sfruttamento sessuale e che le donne che ne sono vittime vengono costrette a una vita di prigionia e soprusi, con violenze quotidiane di natura sia fisica che psicologica;

AH.  considerando che la salute sessuale e riproduttiva e i relativi diritti costituiscono diritti umani fondamentali nonché un elemento essenziale della parità di genere e dell'autodeterminazione e che essi dovrebbero essere inclusi nella strategia dell'UE in materia di sanità;

AI.  considerando che la salute delle donne non dovrebbe mai essere messa a repentaglio per l'obiezione di coscienza o convinzioni personali;

AJ.  considerando che nell'applicazione della normativa UE sulla parità di genere negli Stati membri sono stati riscontrati problemi specifici relativi al recepimento e all'applicazione delle direttive in materia, quali carenze sostanziali della legislazione e la sua applicazione incoerente da parte dei giudici nazionali, ma soprattutto anche una mancanza generale di sensibilizzazione circa i principi e il diritto in materia di uguaglianza(37);

AK.  considerando che le direttive sulla parità di genere dell'UE, in particolare, non sono correttamente attuate in numerosi Stati membri i quali non proteggono le persone transgender contro la discriminazione negli ambiti di accesso all'occupazione e di accesso a beni e servizi;

AL.  considerando che i meccanismi istituzionali per la parità di genere sono spesso emarginati in strutture amministrative nazionali, ripartiti in diversi settori politici, ostacolati da mandati complessi e sempre più ampi, privi di un'adeguata dotazione in termini di personale, formazione, dati e risorse sufficienti e godono di un sostegno insufficiente da parte dei leader politici(38);

AM.  considerando che il persistente problema della mancanza di dati completi, affidabili e disaggregati per genere crea ambiguità e distorce il quadro della situazione della parità di genere, in particolare per quanto riguarda la violenza contro le donne e la violenza di genere; che la raccolta di tali dati non solo fornirebbe un quadro chiaro della situazione, ma richiamerebbe l'attenzione anche sulle questioni urgenti;

AN.  considerando che alle parti sociali spetta un ruolo essenziale nel raggiungimento degli obiettivi della parità, vista la loro funzione fondamentale nella definizione delle condizioni sociali e del mercato del lavoro attraverso la loro partecipazione al processo decisionale e alla contrattazione collettiva a vari livelli, sebbene sia chiaro che il ruolo specifico che svolgono nei diversi paesi e nei sistemi di relazioni industriali dipende fortemente dalle tradizioni nazionali e dalla forza organizzativa(39);

AO.  considerando che, come indica l'Eurobarometro 2016, il 55 % dei cittadini europei vorrebbe che l'Unione intervenisse maggiormente in materia di parità di trattamento tra uomini e donne; che l'obbligo della Commissione di raggiungere la parità di genere ai sensi dei trattati è indipendente dai sondaggi;

1.  esprime profonda preoccupazione per il fatto che l'UE soddisfi solo parzialmente il conseguimento dell'uguaglianza di genere, secondo l'indice sull'uguaglianza di genere 2015 dell'EIGE; esprime forte rammarico per il fatto che lo status e il profilo dell'uguaglianza di genere e la lotta contro la discriminazione di genere manifestino un'importanza in calo, ricoprendo un ruolo marginale come obiettivo politico ed essendo un settore strategico compromesso, in particolare nel contesto di una reazione negativa in tutta Europa nei confronti dei diritti delle donne, delle persone LGBTI e dei diritti in materia di salute sessuale e riproduttiva; ritiene necessario esaminare le ragioni alla base di tale tendenza e rivedere le strategie, gli strumenti e gli approcci attuali promossi nell'ambito dell'uguaglianza di genere;

2.  sottolinea che l'UE è obbligata a contrastare l'esclusione sociale e la discriminazione nel quadro del TUE e che il trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) sancisce l'impegno dell'UE ad eliminare le disuguaglianze e a promuovere la parità tra uomini e donne; sottolinea che il principio dell'uguaglianza di genere non preclude il mantenimento o l'adozione di misure che prevedano benefici concreti a favore del genere sottorappresentato, come stabilito dall'articolo 23 della Carta dei diritti fondamentali;

3.  invita la Commissione a integrare l'uguaglianza di genere nei bilanci e nella definizione delle politiche, nonché nell'attuazione delle misure e dei programmi dell'UE, e a svolgere valutazioni d'impatto in materia di genere in sede di definizione delle nuove politiche per contribuire ad assicurare un intervento strategico dell'UE più coerente e basato su dati concreti in risposta alle sfide legate all'uguaglianza di genere; invita gli Stati membri ad adottare misure corrispondenti a livello nazionale;

4.  chiede alla Commissione una valutazione più approfondita nonché misure per affrontare e azioni per bloccare l'impatto dei tagli alla spesa pubblica che si ripercuotono negativamente sui diritti delle donne e sull'uguaglianza di genere negli Stati membri;

5.  si rammarica dell'assenza dell'integrazione della dimensione di genere nella strategia Europa 2020 e chiede che essa contempli un'integrazione di genere globale e più forte, affrontando le cause strutturali della povertà femminile, in particolare nel quadro della formulazione delle raccomandazioni specifiche per paese nell'ambito del semestre europeo; chiede l'inclusione di orientamenti strategici specifici sulla riduzione delle disuguaglianze di genere nell'analisi annuale della crescita;

6.  constata l'intersezionalità tra il genere e gli altri motivi di discriminazione e l'impatto sproporzionato della discriminazione multipla sulle donne; afferma che occorre contrastare con urgenza la povertà tra le donne, in particolare tra le donne più anziane, le ragazze madri, le donne vittime della violenza basata sul genere, le donne con disabilità, le donne migranti, le donne rifugiate e richiedenti asilo e le donne appartenenti a minoranze; incoraggia gli Stati membri ad adoperarsi con le autorità regionali e locali, gli organismi preposti all'applicazione della legge, gli organismi nazionali per l'uguaglianza e le organizzazioni della società civile per incrementare il monitoraggio dell'intersezionalità tra il genere e le varie ragioni alla base della discriminazione, attuando strategie di inclusione più efficaci attraverso un uso più efficiente delle risorse destinate alle politiche sociali, tra cui il Fondo sociale europeo e i Fondi strutturali;

7.  sostiene l'appello del Consiglio a favore di una nuova iniziativa della Commissione volta a definire una strategia per l'uguaglianza di genere 2016-2020 che includa le persone transgender e intersessuali e a rafforzare lo status del suo impegno strategico in materia di uguaglianza di genere, che dovrebbe essere strettamente connesso alla strategia Europa 2020 e tenere conto dell'agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile;

8.  invita la Commissione e gli Stati membri a rafforzare le politiche, ad aumentare gli investimenti a sostegno dell'occupazione femminile in posti di lavoro di qualità in tutti i settori e a intraprendere azioni per combattere le forme di lavoro precario;

9.  incoraggia gli Stati membri a promuovere iniziative, misure e azioni di assistenza e consulenza per le donne che decidano di diventare imprenditrici;

10.  invita la Commissione a far convergere una prospettiva di genere nella politica macroeconomica e a imporre misure innovative per migliorare le pari opportunità nel lavoro e le responsabilità in materia di assistenza per entrambi i generi;

11.  rileva che la partecipazione paritaria di donne e uomini al mercato del lavoro e salari migliori e più equi per le donne non solo incrementerebbe l'indipendenza economica delle donne, ma accrescerebbe significativamente le potenzialità economiche dell'UE, consolidando nel contempo la sua natura equa e inclusiva; rileva che, secondo le proiezioni dell'OCSE, la totale convergenza dei tassi di partecipazione si tradurrebbe in un aumento del 12,4 % del PIL pro capite entro il 2030;

12.  invita la Commissione e gli Stati membri a monitorare e a intervenire contro le violazioni dei diritti dei lavoratori, in particolare per quanto concerne le donne lavoratrici, che svolgono sempre più spesso lavori a bassa remunerazione e sono vittime di discriminazioni, nonché ad adottare politiche e prendere misure per individuare, contrastare, fornire informazioni in merito e proteggere dal fenomeno del mobbing nei luoghi di lavoro, tra cui le vessazioni nei confronti delle dipendenti in gravidanza o per quanto concerne qualsiasi svantaggio incontrato dopo il ritorno dal congedo di maternità o quando concorrono per un impiego; invita la Commissione e gli Stati membri a fornire dati disaggregati per genere e genitorialità per quanto riguarda i divari retributivi e pensionistici;

13.  evidenzia che l'istruzione è uno strumento importante per consentire alle donne di partecipare a pieno titolo allo sviluppo sociale ed economico; sottolinea che le misure di apprendimento permanente sono essenziali per fornire alle donne competenze atte a consentire loro di ritornare al lavoro o di migliorare l'occupazione, il proprio reddito e le condizioni di lavoro; invita la Commissione a promuovere iniziative che offrano sostegno nell'attuazione dei programmi di formazione professionale per le donne, incoraggiandole a partecipare all'istruzione superiore nel campo della scienza, della tecnologia e dell'informatica, sviluppando programmi di formazione sull'uguaglianza di genere destinati agli operatori del settore dell'istruzione ed impedendo che gli stereotipi vengano trasmessi attraverso i programmi di studio e il materiale didattico; invita le università e gli istituti di ricerca ad adottare politiche di uguaglianza di genere, seguendo gli orientamenti elaborati dall'EIGE, in collaborazione con la Commissione ("strumento GEAR– Uguaglianza di genere nel mondo accademico e della ricerca");

14.  invita tutti gli Stati membri a contrastare la questione dell'uguaglianza di genere, il sessismo e gli stereotipi di genere nei loro sistemi di istruzione ad ogni livello e a garantire che gli obiettivi dei loro sistemi di istruzione prevedano l'educazione al rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali e alla parità dei diritti e delle opportunità per le donne e gli uomini e a inserire nei loro principi di qualità l'eliminazione degli ostacoli all'effettiva uguaglianza tra donne e uomini e la promozione della piena uguaglianza tra di loro;

15.  invita la Commissione, in stretto coordinamento con gli Stati membri, a presentare un ambizioso e completo pacchetto di misure legislative e non legislative in materia di equilibrio tra la vita professionale e la vita privata nel quadro del programma di lavoro della Commissione per il 2017, tenendo conto dell'annunciato pilastro europeo dei diritti sociali, includendo la revisione delle vigenti direttive 92/85/CEE in materia di congedo di maternità e 2010/18/UE sul congedo parentale nonché le proposte di direttiva sul congedo di paternità e sul congedo per la prestazione di assistenza, incoraggiando l'equa ripartizione tra uomini e donne delle disposizioni in materia di congedo per tutte le categorie di lavoratori;

16.  constata con soddisfazione che nel periodo 2014-2015 alcuni Stati membri hanno modificato la loro strategia e/o legislazione in materia di congedo parentale, introducendo la non trasferibilità del diritto a usufruire del congedo, la natura obbligatoria del congedo di paternità, un congedo di paternità più lungo e/o premi se il congedo è condiviso tra i genitori o condiviso in maniera equa tra i genitori, il che rafforza i loro diritti come genitori, garantisce un maggior grado di uguaglianza tra donne e uomini e una distribuzione più appropriata delle responsabilità di assistenza e domestiche, inoltre migliora le opportunità per le donne di partecipare pienamente al mercato del lavoro; invita la Commissione e gli Stati membri ad adottare misure volte a incoraggiare gli uomini a condividere equamente le responsabilità domestiche e di assistenza dei figli e di altre persone a carico;

17.  invita l'Eurofound a sviluppare ulteriormente le sue attività di monitoraggio della qualità dell'occupazione e della vita lavorativa attraverso la sua indagine europea sulle condizioni di lavoro, basata sul suo concetto di qualità del lavoro che comprende il reddito, le prospettive, la qualità dell'orario di lavoro, l'utilizzo delle competenze e la discrezionalità, il contesto sociale, il rischio fisico e l'intensità del lavoro; invita inoltre l'Eurofound a mettere a punto la sua ricerca relativa a tali politiche, agli accordi tra le parti sociali e alle pratiche delle imprese che favoriscono un equilibrio migliore tra la vita professionale e la vita privata, nonché a sviluppare la ricerca sulle modalità con cui le famiglie con due lavoratori gestiscono la propria organizzazione degli orari di lavoro e sul modo migliore per assisterle;

18.  invita gli Stati membri che non vi abbiano ancora provveduto a procedere verso la titolarità individuale dei diritti nel quadro della politica di equità sociale, in particolare nell'ambito dei sistemi tributari, onde eliminare gli incentivi finanziari per il coniuge che guadagna di meno a uscire dal mercato del lavoro o a lavorare a tempo parziale;

19.  si congratula con gli Stati membri che hanno già raggiunto entrambi gli obiettivi di Barcellona; incoraggia il Portogallo, i Paesi Bassi, il Lussemburgo, la Finlandia, l'Italia, Malta e l'Estonia a conseguire l'altro obiettivo, e invita la Polonia, la Croazia e la Romania, dove entrambi gli obiettivi sono lungi dall'essere conseguiti, a intensificare i loro sforzi nell'offrire una formale assistenza all'infanzia, onde contribuire a definire un migliore equilibrio tra la vita privata e professionale dei lavoratori; evidenzia che i risultati attuali indicano fortemente che investire nell'assistenza all'infanzia e rivolta alle persone anziane consentirà di migliorare la partecipazione delle donne alla forza lavoro a tempo pieno permettendole di beneficiare di una maggiore inclusione a livello locale e sociale;

20.  ribadisce il suo invito rivolto alla Commissione e agli Stati membri affinché si adoperino per istituire una garanzia per l'infanzia, che garantisca ad ogni bambino europeo a rischio di povertà l'accesso all'assistenza medica gratuita, all'istruzione gratuita, all'assistenza all'infanzia gratuita, a un alloggio decoroso e a un'alimentazione adeguata; evidenzia che tale politica deve affrontare la situazione delle donne e delle ragazze, in particolare nelle comunità vulnerabili ed emarginate; constata che l'iniziativa "Garanzia per i giovani" deve includere una prospettiva di genere;

21.  esprime rammarico per il persistente divario retributivo e pensionistico di genere ed esorta la Commissione, gli Stati membri e le parti sociali a intervenire urgentemente per colmare il divario;

22.  osserva che il primo passo nella lotta contro il divario retributivo di genere è la creazione di trasparenza in materia di livelli retributivi e rileva con entusiasmo che diverse imprese hanno istituito la prassi di analizzare e pubblicare le differenze retributive tra i dipendenti di sesso maschile e di sesso femminile; invita tutti i datori di lavoro e i movimenti dei sindacati a redigere e applicare strumenti di valutazione operativi e specifici per impiego onde contribuire a determinare la parità di retribuzione per uno stesso lavoro e per un lavoro di pari valore; invita altresì gli Stati membri a effettuare regolarmente un'analisi dei salari e delle retribuzioni, a pubblicare i dati e a chiedere alle imprese di introdurre meccanismi interni per l'individuazione dei divari retributivi;

23.  accoglie con favore il fatto che la Commissione ritenga che "la parità di retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore" sia una delle principali aree di azione e chiede, in tale contesto, la rifusione della direttiva del 2006 sulla parità di trattamento;

24.  condanna il fatto che in oltre metà degli Stati membri il divario pensionistico di genere sia aumentato; incoraggia Cipro, Germania e Paesi Bassi a ridurre la differenza tra le pensioni maschili e femminili, che è pari quasi al 50 %; invita Malta, Spagna, Belgio, Irlanda, Grecia, Italia e Austria a colmare il divario di genere nella copertura pensionistica, dato che in tali paesi tra l'11 % e il 36 % delle donne non hanno accesso a una pensione;

25.  si congratula con il governo della Svezia per il conseguimento della parità di rappresentanza in termine di genere, e la Slovenia e la Francia per il conseguimento della virtuale parità, e incoraggia l'Ungheria, la Slovacchia e la Grecia, che hanno costituito governi privi di donne(40), a garantire che le donne siano sufficientemente rappresentate a tutti i livelli del processo decisionale politico ed economico; invita gli Stati membri a garantire la parità di genere tra le alte cariche dei loro governi, istituzioni e organismi pubblici, nonché nelle liste elettorali, per garantire una rappresentanza paritaria nelle amministrazioni comunali, nei parlamenti regionali e nazionali nonché nel Parlamento europeo; sottolinea che diversi studi hanno dimostrato che le opportune misure legislative potrebbero tradursi in rapidi cambiamenti dell'equilibrio di genere nella sfera politica; condivide con la Commissione il parere che, per essere efficaci, le quote dovrebbero essere accompagnate da norme riguardanti l'ordine delle liste dei candidati e da sanzioni appropriate in caso di violazione;

26.  evidenzia che nell'UE e negli Stati membri le donne sono chiaramente sottorappresentate nelle cariche politiche elettive o cui si accede per nomina politica, il che costituisce un deficit democratico che mina la legittimità del processo decisionale sia a livello dell'UE che a livello nazionale;

27.  invita le istituzioni dell'UE a fare quanto in loro potere per garantire la parità di uguaglianza di genere nel collegio dei commissari e tra le alte cariche di tutte le istituzioni, agenzie, istituti e organi dell'UE;

28.  osserva con preoccupazione che nel 2015 la maggior parte dei paesi è rimasta al di sotto della media dell'UE per quanto riguarda il livello di rappresentanza femminile nei consigli di amministrazione delle grandi imprese quotate in borsa rispetto al 2010; apprezza, tuttavia, la tendenza generale dei progressi compiuti, in particolare in Francia, Italia, Regno Unito, Belgio e Danimarca;

29.  ribadisce il suo invito al Consiglio per un'adozione rapida della direttiva sull'equilibrio di genere fra gli amministratori senza incarichi esecutivi delle società quotate in Borsa (direttiva "Più donne nei consigli"), quale primo passo importante verso una rappresentanza paritaria nel settore pubblico e in quello privato; rileva che i progressi più tangibili (dall'11,9 % nel 2010 al 22,7 % nel 2015) si riscontrano negli Stati membri in cui è stata adottata una normativa vincolante sulle quote nei consigli(41);

30.  deplora il fatto che un solo Stato membro abbia raggiunto la parità nelle posizioni apicali degli istituti di istruzione superiore, accogliendo con favore il fatto che, in generale, si ravvisi un miglioramento nella rappresentanza femminile in dette posizioni;

31.  esorta gli Stati membri, nel quadro della comunicazione sull'attuazione della direttiva sui diritti delle vittime nel 2017, a prevenire e a rispondere a tutte le forme di violenza contro le donne e di genere e a mettere in atto ulteriori strategie di prevenzione, a rendere ampiamente disponibili i servizi di supporto specializzato e di protezione in modo che tutte le vittime possano accedervi e a prestare particolare attenzione agli aspetti specifici di genere dei diritti delle vittime, anche quando riguardano l'identità di genere e l'espressione di genere della vittima; invita il Consiglio ad attivare la "clausola passerella" e ad adottare una decisione unanime che inserisca la violenza di genere fra i reati elencati all'articolo 83, paragrafo 1, del TFUE; invita la Commissione a promuovere, quale misura complementare alla legislazione dell'UE sulla protezione delle vittime, un registro europeo degli ordini di protezione europei;

32.  ribadisce con forza che le forme di violenza e di discriminazione basate sul genere, inclusi, ma non solo, lo stupro e la violenza sessuale, le molestie sessuali, la mutilazione genitale femminile, i matrimoni combinati e la violenza domestica, ledono gravemente la dignità umana; invita la Commissione e gli Stati membri ad adottare politiche di tolleranza zero nei confronti di tutte le forme di violenza, tra cui la violenza domestica, le cui vittime sono restie a denunciare atti di violenza in quanto commessi da partner o familiari; esorta gli Stati membri a dare visibilità alla situazione delle donne con disabilità vittime di violenza domestica, che spesso non possono sottrarsi alla relazione abusiva;

33.  accoglie con favore i progressi degli Stati membri in merito alla firma della convenzione di Istanbul, il primo strumento giuridicamente vincolante sulla prevenzione e la lotta contro la violenza contro le donne a livello internazionale; sollecita i 14 Stati membri che non l'hanno ancora ratificata a provvedervi senza indugio; accoglie con favore la proposta della Commissione del marzo 2016 sull'adesione dell'UE alla convenzione di Istanbul; invita il Consiglio e la Commissione ad accelerare i negoziati sulla firma e la conclusione della convenzione di Istanbul, e sostiene la sua adesione senza riserve e su un'ampia base; invita, inoltre, la Commissione a includere una definizione di violenza di genere conforme alle disposizioni della direttiva 2012/29/UE e di presentare quanto prima possibile una strategia europea globale per la prevenzione e la lotta contro la violenza di genere, la quale dovrebbe contenere un atto legislativo vincolante;

34.  plaude alla prassi di Eurostat e delle autorità giudiziarie nazionali e della polizia di cooperare nello scambio di dati per fare luce sulla deplorevole pratica della violenza di genere nell'UE, e li invita a rendere permanente tale pratica monitorando, in collaborazione con l'EIGE, la frequenza dei reati commessi contro le donne su base annua;

35.  sottolinea gli stretti legami tra gli stereotipi di genere e il forte aumento del numero di casi di molestie nei confronti delle donne e il sessismo su Internet e sui social media, che fanno sorgere nuove forme di violenza contro le donne e le ragazze, come il bullismo online, le molestie online, l'utilizzo di immagini degradanti online e la distribuzione sui social media di foto e video privati senza il consenso delle persone interessate; evidenzia la necessità di contrastare tali casi sin dalla prima infanzia; sottolinea che tali situazioni possono risultare da una mancanza di protezione da parte delle autorità pubbliche e di altre istituzioni, che dovrebbero creare un ambiente neutro dal punto di vista del genere e denunciare il sessismo;

36.  esorta la Commissione e gli Stati membri a mettere in atto tutte le misure giuridiche e giudiziarie per contrastare il fenomeno della violenza online contro le donne; invita in particolare l'UE e gli Stati membri a unire le loro forze attraverso una strategia europea globale per la prevenzione e la lotta contro la violenza basata sul genere, al fine di creare un quadro che riconosca le nuove forme di violenza online come reato, e a porre in essere un sostegno psicologico per le donne e le ragazze che sono vittime di violenze online; chiede una valutazione dell'impatto di genere per quanto concerne la strategia dell'UE per la cibersicurezza e del Centro europeo per la lotta alla criminalità informatica (Europol) in modo che le loro attività contemplino tali problematiche adottando una prospettiva di genere;

37.  chiede nuovamente alla Commissione di istituire un osservatorio europeo sulla violenza di genere (secondo il modello dell'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere), il quale sia guidato da un coordinatore europeo per la prevenzione della violenza contro le donne e le ragazze;

38.  invita la Commissione e gli Stati membri a includere misure volte a proteggere le donne e le persone LGBTI dalle molestie nei luoghi di lavoro; invita la Commissione a rivedere l'attuale decisione quadro dell'UE sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale(42), al fine di includervi il sessismo, i reati generati da pregiudizi e dall'incitamento all'odio sulla base dell'orientamento sessuale, dell'identità di genere e dei caratteri sessuali;

39.  condanna il fatto che nella maggior parte dei paesi dell'UE venga ancora praticata la chirurgia per la "normalizzazione" dei genitali nei minori intersessuali, pur non essendo necessaria dal punto di vista medico; esorta gli Stati membri a evitare tali trattamenti medici senza il consenso libero e informato della persona interessata;

40.  osserva che a Malta e in Grecia le persone intersessuali sono protette contro la discriminazione in ragione del carattere sessuale; invita gli Stati membri a includere l'identità di genere e il carattere sessuale nella loro normativa sull'uguaglianza di genere in sede di attuazione delle direttive dell'UE sull'uguaglianza di genere;

41.  sottolinea che le forme di violenza e di discriminazione basate sul genere, inclusi, ma non solo, lo stupro e la violenza sessuale, la mutilazione genitale femminile, i matrimoni forzati, la violenza domestica, i cosiddetti delitti d'onore e la discriminazione di genere autorizzata dallo Stato, costituiscono una forma di persecuzione e dovrebbero essere considerate una valida ragione per richiedere asilo nell'UE; sostiene la creazione di canali di ingresso nell'UE sicuri e legali; ricorda che le donne e le ragazze sono particolarmente vulnerabili allo sfruttamento da parte dei trafficanti;

42.  ribadisce l'invito rivolto agli Stati membri a porre immediatamente fine al trattenimento di minori, donne in gravidanza e che allattano nonché delle vittime sopravvissute allo stupro, alla violenza sessuale e alla tratta di esseri umani, mettendo a disposizione un adeguato sostegno psicologico e sanitario, fornito da professionisti appropriati per genere quali psicologi, assistenti sociali, infermieri e medici adeguatamente addestrati per tali emergenze; ricorda che il sostegno tempestivo per i rifugiati vittime di violenze basate sul genere o sull'orientamento sessuale (percepito) o l'identità di genere dovrebbe essere fornito in ogni fase del processo di migrazione, includendo l'immediato ricollocamento qualora la loro sicurezza non possa essere garantita, il sostegno per la salute mentale e l'immediato riconoscimento dell'identità di genere per la durata delle procedure di asilo quale misura di prevenzione della violenza;

43.  ribadisce che la dimensione di genere della prevenzione e della lotta contro la tratta degli esseri umani, che è ormai una delle attività più redditizie della criminalità organizzata, deve essere oggetto di un monitoraggio costante nel quadro dell'attuazione della legislazione anti-tratta dell'UE; rinnova l'appello alla Commissione affinché continui a monitorare tale aspetto nella sua valutazione dell'osservanza e dell'attuazione della direttiva da parte degli Stati membri, garantendo nel contempo il rispetto degli obblighi di rendicontazione e del calendario definiti nella direttiva;

44.  invita la Commissione a offrire un sostegno finanziario e logistico agli Stati membri coinvolti nel contrasto alla tratta di esseri umani, in particolare Italia e Grecia, che nell'ambito dell'attuale crisi migratoria si trovano in prima linea nell'affrontare tale emergenza;

45.  chiede che a livello nazionale e dell'UE siano intensificati gli sforzi per contrastare il persistere degli stereotipi e delle discriminazioni di genere, mediante campagne di sensibilizzazione incentrate sulla rappresentazione non stereotipata delle donne e delle ragazze e degli uomini e dei ragazzi e indirizzate a tutti i livelli della società; invita gli Stati membri ad adottare iniziative positive, come le strategie per incoraggiare le donne a scegliere carriere e professioni in cui le donne sono sottorappresentate e gli uomini ad assumere una parte equa dei compiti familiari e domestici o di aumentare tra gli uomini la comprensione di come la violenza, ivi compresi la tratta ai fini della commercializzazione dello sfruttamento sessuale, i matrimoni forzati e il lavoro forzato, danneggino le donne, gli uomini e i minori e compromettano l'uguaglianza di genere, adottando misure volte a ridurre attraverso campagne informative la domanda di donne e minori vittime di tratta;

46.  ribadisce che le donne devono avere il controllo della loro salute sessuale e riproduttiva e dei relativi diritti; invita tutti gli Stati membri a garantire la facilita di accesso delle donne alla pianificazione familiare volontaria e all'intera gamma di servizi per la salute sessuale e riproduttiva, compresi la contraccezione e l'aborto sicuro e legale; invita gli Stati membri e la Commissione a intraprendere azioni pubbliche di sensibilizzazione con l'obiettivo di rendere gli uomini e le donne pienamente consapevoli dei loro diritti e delle loro responsabilità in materia sessuale e riproduttiva;

47.  evidenzia la crescente tendenza del ricorso eccessivo alle clausole di obiezione di coscienza, con conseguente difficoltà di accesso ai servizi in materia di salute sessuale e riproduttiva; invita gli Stati membri a garantire che le clausole di obiezione di coscienza non impediscano ai pazienti di accedere alle cure mediche legittime;

48.  ritiene che la negazione dei servizi salvavita in materia di salute sessuale e riproduttiva, tra cui l'aborto sicuro, equivalga a una grave violazione dei diritti umani fondamentali;

49.  sottolinea l'importanza delle politiche attive di prevenzione, educazione e informazione rivolte ad adolescenti, giovani e adulti per garantire che i cittadini dell'UE beneficino di una buona salute sessuale e riproduttiva ed evitino le malattie sessualmente trasmissibili e le gravidanze indesiderate;

50.  incoraggia le autorità competenti degli Stati membri a promuovere l'uguaglianza di genere nei loro programmi globali di educazione sessuale e relazionale, istruendo le ragazze e i ragazzi sui rapporti basati sul consenso, il rispetto e la reciprocità, anche nell'ambito dello sport e delle attività del tempo libero, dove gli stereotipi e le aspettative fondate sul genere possono incidere sull'immagine di sé, la salute, l'acquisizione di competenze, lo sviluppo intellettuale, l'integrazione sociale e la costruzione dell'identità delle ragazze e dei ragazzi;

51.  sottolinea l'importanza di incoraggiare gli uomini a partecipare pienamente a tutte le azioni improntate al conseguimento dell'uguaglianza di genere e all'identificazione di tutti i contesti in cui sia possibile raggiungere un numero elevato di uomini, in particolare nelle istituzioni, nei settori e nelle associazioni dominate dagli uomini, sensibilizzando gli uomini riguardo ai loro ruoli e responsabilità nella promozione dell'uguaglianza di genere e sostenendo il principio della condivisione del potere e delle responsabilità tra donne e uomini nei luoghi di lavoro, nelle comunità, nella sfera privata e in generale nelle comunità nazionali e internazionali;

52.  invita gli Stati membri a monitorare i casi in cui il settore dei media e della pubblicità promuove la sessualizzazione e la mercificazione delle donne ritraendo spesso lo stereotipo femminile della gioventù, della bellezza e dell'attrattiva sessuale come modello di successo sociale; invita la Commissione a intraprendere azioni legali nei casi di violazione della direttiva sui servizi di media audiovisivi da parte di uno Stato membro e a promuovere le buone pratiche nelle imprese pubbliche e private del settore dei media; esorta il settore dei media e della pubblicità a rispettare la dignità delle donne e a garantire che la loro rappresentazione sia libera da stereotipi e discriminazione e in linea con la diversità femminile esistente; invita, inoltre, il settore dei media e della pubblicità a prestare attenzione agli stili di vita sani e ai diversi modelli concernenti la famiglia e gli stili di vita;

53.  ricorda gli impegni convenuti dall'UE nel quadro dei piani d'azione UE-CELAC (Comunità degli Stati latinoamericani e caraibici) 2013 e 2015 riguardo all'eliminazione della violenza nei confronti delle donne, ed esprime preoccupazione per la mancata attuazione del relativo capitolo 7 sulla promozione dell'uguaglianza di genere; invita gli Stati membri e il Servizio europeo per l'azione esterna a collaborare e a stanziare risorse economiche e istituzionali per garantire il rispetto delle raccomandazioni sulla promozione dell'uguaglianza di genere convenute nei piani d'azione, in particolare per quanto riguarda l'eliminazione di tutte le forme di violenza, conformemente alla convenzione di Belem de Pará, alla convenzione di Istanbul e alla convenzione CEDAW;

54.  sottolinea che, secondo la ricerca, l'impatto del cambiamento climatico è maggiore per le donne rispetto agli uomini e che è più probabile che le donne sostengano l'onere maggiore nelle situazioni di povertà; ritiene che le donne debbano partecipare attivamente alla politica e all'azione per il clima;

55.  invita la Commissione a presentare una proposta per una strategia globale di sviluppo sostenibile che includa tutti i pertinenti ambiti politici interni ed esterni e a sviluppare meccanismi efficaci di monitoraggio, riesame e rendicontabilità per l'attuazione dell'Agenda 2030, anche riguardo ai suoi obiettivi e indicatori in materia di parità di uguaglianza di genere, diritti delle donne ed emancipazione delle donne;

56.  invita la Commissione a monitorare in maniera più efficace l'attuazione negli Stati membri della legislazione vigente dell'UE sull'uguaglianza di genere, sottolineando nel contempo la necessità di avviare procedure di infrazione nei casi di mancata attuazione della legislazione pertinente;

57.  esprime rammarico per il fatto che, nonostante la dichiarazione interistituzionale sull'integrazione della dimensione di genere allegata al quadro finanziario pluriennale (QFP), finora non sia stata adottata alcuna misura in materia di bilancio di genere; sottolinea, a tale proposito, la necessità di monitorare da vicino le modalità con cui i principi della dichiarazione comune sono stati attuati riguardo alle procedure di bilancio annuali e chiede che alla commissione competente sia affidato un ruolo formale nel processo di revisione del QFP;

58.  invita i governi degli Stati membri a garantire l'esistenza, la permanenza e l'idoneità delle risorse per quanto concerne gli organismi incaricati di definire, coordinare e attuare le politiche per l'uguaglianza di genere, quale indicatore importante dell'impegno dei governi a promuovere l'uguaglianza di genere;

59.  invita la istituzioni dell'UE a introdurre indicatori specifici in materia di uguaglianza di genere, compreso l'indice sull'uguaglianza di genere messo a punto dall'EIGE, nel sistema di monitoraggio del futuro meccanismo dell'UE sulla democrazia, lo Stato di diritto e i diritti fondamentali;

60.  invita la Commissione a sviluppare una strategia più ampia per l'uguaglianza di genere, tra cui una direttiva orizzontale contro la discriminazione, al fine di eliminare la discriminazione di genere in tutte le sue forme; sollecita il Consiglio, a tal fine, a raggiungere quanto prima una posizione comune sulla proposta di direttiva del Consiglio recante applicazione del principio di parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale (COM(2008)0426), che è bloccata fin dal momento in cui il Parlamento ha approvato la sua posizione il 2 aprile 2009(43); invita il Consiglio, ancora una volta, a includere il genere come fattore di discriminazione;

61.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi degli Stati membri.

(1) GU L 315 del 14.11.2012, pag. 57.
(2) GU L 101 del 15.4.2011, pag. 1.
(3) GU C 70 E dell'8.3.2012, pag. 162.
(4) GU L 204 del 26.7.2006, pag. 23.
(5) GU L 373 del 21.12.2004, pag. 37.
(6) GU L 353 del 28.12.2013, pag. 7.
(7) GU L 180 del 15.7.2010, pag. 1.
(8) GU L 68 del 18.3.2010, pag. 13.
(9) GU L 348 del 28.11.1992, pag. 1.
(10) GU L 359 del 19.12.1986, pag. 56.
(11) GU L 6 del 10.1.1979, pag. 24.
(12) GU C 341 E del 16.12.2010, pag. 35.
(13) GU C 199 E del 7.7.2012, pag. 65.
(14) GU C 251 E del 31.8.2013, pag. 1.
(15) GU C 316 del 30.8.2016, pag. 2.
(16) Testi approvati, P7_TA(2014)0105.
(17) Testi approvati, P8_TA(2016)0042.
(18) GU C 407 del 4.11.2016, pag. 2.
(19) Testi approvati, P7_TA(2014)0126.
(20) Testi approvati, P8_TA(2015)0312.
(21) Testi approvati, P8_TA(2016)0073.
(22) Testi approvati, P8_TA(2016)0203.
(23) Testi approvati, P8_TA(2016)0235.
(24) Testi approvati, P8_TA(2016)0338.
(25) Testi approvati, P8_TA(2016)0360.
(26) Testi approvati, P8_TA(2016)0072.
(27) Testi approvati, P8_TA(2016)0227.
(28) ISBN 978-92-79-29898-1.
(29) GU L 59 del 2.3.2013, pag. 5.
(30) http://www.un.org/womenwatch/daw/csw/csw48/ac-men-auv.pdf
(31) ISBN 978-92-79-36171-5.
(32) Relazione Eurofound (2016): "The gender employment gap: challenges and solutions" (Divario occupazionale di genere: sfide e soluzioni).
(33) Relazione Eurofound (2015): "Promoting uptake of parental and paternity leave among fathers in the European Union" (Promuovere il ricorso al congedo parentale e di paternità tra i padri).
(34) Eurofound (2015): "First findings: Sixth European Working Conditions Survey" (Prime risultanze: Sesta indagine europea sulle condizioni di lavoro).
(35) http://ec.europa.eu/eurostat/web/crime/database
(36) Relazione Eurostat sulla tratta di esseri umani, edizione del 2015.
(37) La rete europea di esperti giuridici in materia di parità di genere e non discriminazione: "A comparative analysis of gender equality law in Europe 2015" (Un'analisi comparativa della normativa sulla parità di genere nel contesto della strategia Europa 2015).
(38) EIGE (2014): "Effectiveness of institutional mechanisms for the advancement of gender equality. Review of the Implementation of the Beijing Platform for Action in the EU Member States" (L'efficacia dei meccanismi istituzionali per il progresso della parità di genere. Esame dell'attuazione della piattaforma d'azione di Pechino negli Stati membri dell'UE).
(39) Relazione Eurofound (2014): "Social partners and gender equality in Europe" (Parti sociali e parità di genere in Europa).
(40) Sviluppi verificatisi nel 2014 e nel 2015.
(41) Commissione europea, scheda informativa "Gender balance on corporate boards – Europe is cracking the glass ceiling" (Equilibrio di genere nei consigli di amministrazione delle società — l'Europa sta infrangendo il soffitto di cristallo), ottobre 2015; Commissione europea, DG Giustizia e consumatori, "Women in economic decision-making in the EU: Progress report" (Donne nel processo decisionale economico nell'UE: relazione sui progressi compiuti: un'iniziativa Europa 2020), 2012; Aagoth Storvik e Mari Teigen "Women on Board: The Norwegian Experience" (Donne nei consigli di amministrazione: l'esperienza norvegese), giugno 2010.
(42) GU L 328 del 6.12.2008, pag. 55.
(43) GU C 137 E del 27.5.2010, pag. 68.

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