– viste le sue precedenti risoluzioni sulla Zambia,
– vista la dichiarazione rilasciata il 16 aprile 2017 dal portavoce del Servizio europeo per l'azione esterna sulle tensioni politiche in Zambia,
– vista la relazione della Missione di osservazione elettorale dell'UE alle elezioni del 2016 in Zambia,
– vista la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli,
– visto il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici,
– vista la Costituzione zambiana,
– visto l'accordo di Cotonou,
– vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo,
– visti l'articolo 135, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che la Zambia è da tempo un esempio di democrazia e ha vissuto 25 anni di transizioni pacifiche; che purtroppo il periodo precedente alle elezioni del 2016 è stato segnato da violenti scontri tra i sostenitori dei due principali partiti, il Fronte patriottico e il Partito unito per lo sviluppo nazionale (UPND, il partito di opposizione);
B. considerando che l'11 maggio 2017 ricorreva un mese dall'incarcerazione di Hakainde Hichilema, leader dell'UPND arrestato insieme a cinque dei suoi dipendenti nel corso di una perquisizione della sua abitazione l'11 aprile, da agenti di polizia pesantemente armati;
C. considerando che Hichilema è stato accusato di aver messo in pericolo la vita del presidente ostruendo il corteo presidenziale del 9 aprile 2017, a Mongu, ed è stato immediatamente accusato di tradimento, reato che non ammette il rilascio su cauzione in Zambia, nonché di infrazione degli obblighi di legge, disobbedienza agli ordini legittimi e utilizzo di linguaggio offensivo; che egli ha respinto tutte le accuse;
D. considerando che, sebbene la Zambia sia di fatto un paese abolizionista e l'ultima esecuzione sia stata compiuta nel 1997, la pena massima per tradimento è tuttora la pena di morte;
E. considerando che i legali di Hichilema ritengono che la causa sia infondata e hanno chiesto che il tribunale magistrale di Lusaka ritiri le accuse; che il tribunale ha confermato le accuse a motivo del fatto che solo la Corte suprema è competente per i casi di tradimento;
F. considerando che Hichilema è attualmente detenuto presso il carcere centrale di Lusaka, dove l'accesso ai mezzi di comunicazione privati, all'assistenza legale, ai sostenitori e agli amici è limitato; che Hichilema e i suoi legali hanno denunciato episodi di trattamento degradante durante la detenzione;
G. considerando che secondo l'UPND le accuse sono politicamente motivate e che l'arresto di Hichilema ha provocato un'ondata di proteste, scontri violenti e crescenti tensioni politiche nel paese;
H. considerando che le organizzazioni per i diritti umani hanno chiesto alle autorità zambiane di ritirare le accuse, sostenendo che fossero concepite per vessare e intimidire Hichilema e per dissuaderlo dalla sua attività politica; che il 14 aprile 2017 il presidente Lungu ha dichiarato che non avrebbe interferito nel caso Hichilema;
I. considerando che la Conferenza episcopale cattolica della Zambia ha criticato il brutale arresto dei principali leader dell'opposizione e ha deplorato il ricorso alla polizia nazionale per impedire, evidentemente, l'organizzazione e il funzionamento generale dell'opposizione politica;
J. considerando che, in seguito alle elezioni presidenziali dell'agosto 2016, in cui Hichilema è stato sconfitto con uno stretto margine dal presidente Lungu, l'UPND ha contestato la legittimità dei risultati elettorali e l'indipendenza del sistema giudiziario, ma la denuncia è stata respinta senza giungere in tribunale;
K. considerando che il 18 aprile 2017 Hichilema è stato ulteriormente accusato di tradimento, insieme ad altri cinque membri dell'UPND, in quanto avrebbero cercato di rovesciare il governo tra il 5 e l'8 aprile;
L. considerando che il 13 novembre 2016 la missione di osservazione elettorale dell'UE ha presentato la sua relazione finale, in cui si afferma che la preparazione delle elezioni politiche del 2016 si è svolta in gran misura in modo professionale, ma che entrambi i partiti politici principali sono stati responsabili di dichiarazioni che hanno infiammato le tensioni durante la campagna elettorale, provocando diversi episodi gravi di violenza;
M. considerando che sia l'UE sia gli Stati Uniti hanno espresso preoccupazione per la detenzione del leader dell'opposizione e hanno sollecitato un dialogo pacifico tra il governo e l'UPND, per allentare le tensioni che si sono intensificate tra le due parti;
N. considerando che il 20 aprile 2017 il presidente della Zambia ha minacciato di imporre lo stato di emergenza, in seguito a una serie di incendi provocati nei negozi e nelle stazioni di polizia e attribuiti all'UPND; che ciò rischia di aggravare le attuali tensioni e che è opportuno favorire una soluzione politica;
O. considerando che il caso Hichilema si inserisce in un contesto di crescente tensione politica conseguente alle contestate elezioni dello scorso anno; che gli osservatori dei diritti umani hanno segnalato atti di repressione nei confronti di attivisti politici e partiti di opposizione, un eccessivo uso della forza per disperdere manifestazioni pacifiche e strette sui mezzi di comunicazione e sui giornalisti indipendenti;
P. considerando che il governo ha espresso la sua disponibilità al dialogo subordinatamente all'accettazione, da parte di tutti i partiti di opposizione, del risultato delle elezioni del 2016;
Q. considerando che la Zambia è firmataria dell'Accordo di Cotonou, il cui articolo 9 stabilisce che le parti si impegnano a promuovere e proteggere tutte le libertà e i diritti umani fondamentali, tra cui i diritti politici;
R. considerando che il 27 marzo 2017 il governo della Zambia ha avviato consultazioni pubbliche sulla partecipazione del paese alla Corte penale internazionale;
1. esprime preoccupazione per l'arresto e la detenzione di Hakainde Hichilema e insiste sulla necessità di garantire sempre correttezza, diligenza e trasparenza nell'applicazione della legge e durante tutto l'iter giudiziale; prende atto con preoccupazione delle notizie secondo cui le imputazioni avrebbero una motivazione politica, e ricorda pertanto al governo zambiano che ha l'obbligo di garantire i diritti fondamentali e lo Stato di diritto, inclusi l'accesso alla giustizia e il diritto a un giusto processo, come previsto dalla Carta africana e da altri strumenti internazionali e regionali in materia di diritti umani;
2. è profondamente preoccupato per le segnalazioni riguardanti l'aumento delle restrizioni alla libertà di espressione e di associazione; invita il governo a continuare a impegnarsi per ripristinare pienamente la libertà dei mezzi di comunicazione; insiste sul fatto che è responsabilità del governo evitare qualsiasi acutizzarsi delle tensioni politiche attuali e rispettare, proteggere e promuovere i diritti civili e politici dei suoi cittadini;
3. invita le autorità della Zambia a condurre un'indagine rapida, imparziale e approfondita sui presunti maltrattamenti subiti da Hichilema durante la sua detenzione e ad assicurare che i responsabili rispondano dei loro atti;
4. esorta tutte le parti politiche interessate a fare uso dei mezzi di ricorso previsti dalla costituzione e dal diritto, in linea con le norme e gli standard internazionali, per la risoluzione di qualsiasi controversia o divergenza in merito al risultato delle elezioni, e a fare tutto quanto in loro potere per salvaguardare la pace e la sicurezza della società civile;
5. invita l'Unione europea a continuare a monitorare da vicino la situazione generale nella Zambia e ad avvalersi degli strumenti politici disponibili, anche attraverso il dialogo al più alto livello, al fine di garantire il mantenimento delle condizioni per lo Stato di diritto e la democrazia, uno spazio politico aperto, istituzioni libere e il rispetto dei diritti umani;
6. incoraggia vivamente il governo della Zambia a prendere in considerazione le raccomandazioni finali della relazione della missione di osservazione elettorale dell'UE sulle elezioni del 2016, in particolare per quanto concerne la necessità di eliminare le limitazioni restrittive riguardanti la libertà di riunione previste dalla legge sull'ordine pubblico, di garantire la libertà e l'indipendenza dei media e di adottare tutte le misure del caso per prevenire la violenza politica;
7. insiste sulla pressante necessità di un dialogo pacifico e costruttivo tra il Fronte patriottico e l'UPND per ripristinare la fiducia e la stabilità politica; sottolinea che è responsabilità di entrambe le parti astenersi dall'incitare ad atti di violenza e dal provocarli e creare un contesto favorevole a un dibattito democratico aperto; accoglie con favore l'impegno dei partner internazionali e regionali a tale riguardo e il loro ruolo di mediazione, nonché l'appello al dialogo lanciato dalla Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite per contrastare la violenza politica;
8. sostiene l'iniziativa della Conferenza episcopale cattolica della Zambia e di altri gruppi della società civile che chiedono un dialogo pacifico tra le parti avverse;
9. ribadisce la sua ferma opposizione al ricorso alla pena di morte, in tutti i casi e in tutte le circostanze; valuta positivamente il fatto che, dal 1997, nel paese non sia stata eseguita alcuna condanna alla pena capitale; invita la Zambia a ratificare il secondo protocollo facoltativo del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici in vista dell'abolizione della pena di morte;
10. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ai Co-presidenti dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE, alla Commissione dell'Unione africana, al Parlamento panafricano, al governo della Zambia e al Segretario generale delle Nazioni Unite.
Etiopia, in particolare il caso di Merera Gudina
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Risoluzione del Parlamento europeo del 18 maggio 2017 sull'Etiopia, in particolare il caso di Merera Gudina (2017/2682(RSP))
– viste le sue precedenti risoluzioni sulla situazione in Etiopia,
– vista la revisione periodica universale più recente sull'Etiopia effettuata prima del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani del 2015,
– visto il comunicato stampa del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) in seguito alla visita del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR), Federica Mogherini, al Primo ministro etiope Hailemariam Desalegn, svoltasi ad Addis Abeba il 17 marzo 2017,
– vista la costituzione della Repubblica federale democratica di Etiopia, adottata l'8 dicembre 1994, in particolare le disposizioni del capo III riguardanti i diritti e le libertà fondamentali, i diritti umani e i diritti democratici,
– vista la relazione orale del 18 aprile 2017 della commissione etiope per i diritti umani, presentata al parlamento etiope,
– vista la dichiarazione del rappresentante speciale dell'UE per i diritti umani Stavros Lambrinidis del 10 aprile 2017 sulla sua visita in Etiopia per avviare l'impegno strategico sui diritti umani e la governance,
– visto il Patto internazionale sui diritti civili e politici, ratificato dall'Etiopia nel 1993,
– vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo,
– vista la dichiarazione rilasciata il 23 dicembre 2015 dal SEAE sui recenti scontri in Etiopia,
– vista la dichiarazione del 10 ottobre 2016 rilasciata dal portavoce del VP/HR sull'annuncio dello stato di emergenza da parte dell'Etiopia,
– vista l'agenda comune su migrazione e mobilità tra l'UE e l'Etiopia, firmata l'11 novembre 2015,
– vista la dichiarazione del 18 dicembre 2015 del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti sugli scontri nella regione di Oromia in Etiopia,
– visto l'impegno strategico UE-Etiopia,
– vista la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli,
– visto l'accordo di Cotonou,
– vista la visita dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Zeid Ra'ad Al Hussein, in Etiopia, conclusasi il 4 maggio 2017,
– visti l'articolo 135, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che l'Etiopia svolge un ruolo centrale nella regione e gode di sostegno politico da parte di donatori occidentali e di gran parte dei suoi vicini della regione, poiché ospita la sede dell'Unione africana (UA), contribuisce alle attività di mantenimento della pace dell'ONU ed è impegnata in partenariati con paesi occidentali in materia di aiuti e sicurezza quale sostenitore degli sforzi internazionali volti a portare stabilità in Somalia e a lottare contro i gruppi terroristici nella regione; che l'Etiopia è anche profondamente coinvolta nelle relazioni tra il Sudan e il Sud Sudan e ha organizzato colloqui di pace sotto l'egida dell'Autorità intergovernativa per lo sviluppo (IGAD);
B. considerando che l'Etiopia, con una popolazione di 100 milioni di abitanti, sarebbe una delle economie in più rapida crescita in Africa e richiamerebbe anche ingenti investimenti esteri, tra l'altro nell'agricoltura, nell'edilizia e nella produzione manifatturiera, oltre a progetti di sviluppo su larga scala, quali la costruzione di dighe idroelettriche e le piantagioni, e alla pratica diffusa della locazione dei terreni, spesso a società straniere, e che ha registrato un tasso di crescita medio del 10% negli ultimi dieci anni; che, tuttavia, continua a essere una delle economie più povere, con un RNL pro capite di 632 dollari USA (USD); che, secondo l'indice di sviluppo umano del 2014, il paese si colloca al 173° posto su 187 paesi;
C. considerando che l'attuale crisi umanitaria del Corno d'Africa, che interessa la regione dell'Ogaden e altre parti dell'Etiopia, ha causato la diffusione del colera e una carenza di alimenti, che hanno già causato la morte di molte persone e costituiscono un rischio per altre migliaia, in particolare dall'inizio di marzo 2017; che l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) ha lanciato un appello per raccogliere la cifra senza precedenti di 96,4 milioni di USD per assistere i 1,19 milioni di rifugiati ed ex rifugiati in Sudan, Somalia, Etiopia e nella Repubblica centroafricana; che a gennaio 2017 l'Etiopia ha dichiarato un'emergenza dovuta alla siccità nelle sue province orientali, a causa della quale 5,6 milioni di persone hanno urgentemente bisogno di assistenza, e che il paese chiede aiuto alla comunità internazionale; che nel 2016 la siccità ha causato una situazione in cui 10 milioni di persone hanno sofferto la fame e centinaia di migliaia di capi di bestiame sono morti;
D. considerando che l'impegno strategico UE-Etiopia è stato firmato il 14 giugno 2016; che il Parlamento riconosce il ruolo fondamentale svolto dall'Etiopia in Africa e in seno alla comunità internazionale nonché la sua notevole crescita economica e i progressi compiuti verso gli obiettivi di sviluppo del Millennio; che l'UE sostiene il ruolo costruttivo dell'Etiopia per raggiungere la pace e la sicurezza nel Corno d'Africa;
E. considerando che l'Etiopia deve far fronte a flussi costanti di migranti in entrata e in uscita e ospita circa 800 000 rifugiati, provenienti prevalentemente dal Sud Sudan, dall'Eritrea e dalla Somalia; che l'11 novembre 2015 l'UE e l'Etiopia hanno sottoscritto un'agenda comune su migrazione e mobilità (CAMM) al fine di rafforzare la cooperazione e il dialogo tra le due parti nel settore della migrazione;
F. considerando che l'Etiopia è firmataria dell'Accordo di Cotonou, il quale, all'articolo 96, sancisce che il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali costituisce un elemento essenziale della cooperazione ACP-UE;
G. considerando che le autorità etiopi hanno ripetutamente fatto un uso eccessivo della forza nei confronti di manifestanti pacifici e commesso violazioni dei diritti umani a danno dei membri delle comunità oromo e di altri gruppi etnici, inclusi persecuzioni, arresti arbitrari e uccisioni, a causa della loro presunta opposizione al governo; che il governo dell'Etiopia accusa regolarmente di associazione con finalità di terrorismo chiunque critichi la politica governativa; che giornalisti, blogger, manifestanti e attivisti sono stati perseguiti in forza della dura legge antiterrorismo del paese del 2009;
H. considerando che la situazione è peggiorata a metà aprile 2014, quando il governo ha annunciato l'attuazione del piano di sviluppo regionale integrato di Addis Abeba, che propone l'ampliamento delle strutture nelle aree attorno alla città appartenenti allo Stato regionale nazionale di Oromia, la regione etiope più estesa che circonda Addis Abeba;
I. considerando che il 14 gennaio 2016 il governo ha deciso di ritirare il controverso progetto di sviluppo urbano su larga scala; che l'espansione di Addis Abeba ha già causato il trasferimento di numerosi agricoltori oromo, condannandoli a vivere in povertà;
J. considerando che nel 2015 e nel 2016 l'Oromia è stata teatro di proteste di massa contro l'estensione dei confini comunali nel territorio degli agricoltori oromo, dove vivono due milioni di persone, dal momento che le espropriazioni erano viste come un accaparramento dei terreni; che il 19 aprile 2017 la commissione etiope per i diritti umani, incaricata di effettuare indagini su tali disordini, ha segnalato che tra giugno e ottobre 2016 hanno perso la vita 462 civili e 33 membri delle forze di sicurezza e sono rimasti feriti 338 civili e 126 membri delle forze di sicurezza;
K. considerando che il 9 ottobre 2016 il primo ministro etiope Hailemariam Desalegn ha dichiarato lo stato di emergenza, previsto dalla Costituzione dell'Etiopia; che lo stato di emergenza autorizza le forze militari a far rispettare le norme di sicurezza in tutto il paese e impone ulteriori restrizioni alla libertà di espressione e all'accesso alle informazioni; che il 15 marzo 2017 il governo ha annunciato la revoca di molte restrizioni imposte dallo stato di emergenza, dichiarando che il posto di comando non sarebbe stato più autorizzato a procedere ad arresti arbitrari o a perquisizioni senza mandato e che sarebbero stati revocati anche il coprifuoco e alcune restrizioni alla diffusione mediatica; che il 29 marzo 2017 il parlamento etiope ha deciso all'unanimità di prorogare lo stato di emergenza di quattro mesi;
L. considerando che il 30 novembre 2016 le forze di sicurezza etiopi hanno arrestato Merera Gudina, il presidente del partito di opposizione etiope "Congresso federalista oromo" ad Addis Abeba, a seguito della sua visita al Parlamento europeo del 9 novembre 2016 dove, partecipando a una tavola rotonda con altri leader d'opposizione, avrebbe così violato le norme di attuazione dello stato di emergenza "esercitando pressioni contro il governo", "minacciando la società mediante la violenza" e cercando di "perturbare l'ordine costituzionale"; che gli è stata negata la richiesta di cauzione e rimane in carcere in attesa di giudizio; che il 24 febbraio 2017 Merera Gudina e altri due imputati, Berhanu Nega e Jawar Mohammed sono stati accusati di quattro diversi reati di violazione del codice penale etiope;
M. considerando che anche altri attivisti, giornalisti e difensori dei diritti umani, tra cui Getachew Shiferaw (redattore capo di Negere Ethiopia), Fikadu Mirkana (Oromia Radio and TV Organisation), Eskinder Nega (importante giornalista) Bekele Gerba (pacifista oromo) e Andargachew Tsige (leader dell'opposizione) sono stati arrestati o si trovano in carcere; considerando che l’attivista online Yonathan Tesfaye è stato condannato in base alla legislazione antiterrorismo per i commenti pubblicati su Facebook e rischia una pena detentiva compresa tra 10 e 20 anni;
N. considerando che il cardiologo etiopo-svedese Fikru Maru gestiva il primo ospedale cardiologico dell'Etiopia ad Addis Abeba; che è detenuto in Etiopia dal 2013 sulla base di accuse estremamente ambigue; che ha trascorso numerosi anni in prigione senza un processo; che di recente, poco prima della fine della sua pena detentiva, sono state mosse contro di lui accuse aggiuntive di "terrorismo";
O. considerando che l'Etiopia ha recentemente ospitato alti funzionari per i diritti umani, tra cui l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani e il Rappresentante speciale dell'UE per i diritti umani, Stavros Lambrinidis, per segnare l'avvio del dialogo settoriale in materia di diritti umani e di governance nell'ambito dell'impegno strategico UE-Etiopia; che si registrano progressi esigui per quanto riguarda il miglioramento della situazione dei diritti umani in Etiopia, anche per quanto riguarda l'arresto di esponenti politici, il continuo ricorso alle legge antiterrorismo e alla legge sulle organizzazioni della società civile e la proroga dello stato di emergenza;
P. considerando che il 5 maggio 2017 l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Zeid Ra'ad Al Hussein, ha dichiarato che il decreto sulle associazioni e gli istituti di beneficenza, la legge antiterrorismo e quella sui mezzi di comunicazione in Etiopia "non sembrano essere in linea con le pertinenti norme giuridiche internazionali e dovrebbero essere riformati";
1. chiede al governo etiope di rilasciare immediatamente su cauzione e ritirare tutte le accuse contro Merera Gudina, Fikru Maru e tutti gli altri prigionieri politici, e di archiviare i procedimenti contro Berhanu Nega e Jawar Mohammed, accusati in contumacia e attualmente in esilio; sottolinea che, affinché il dialogo con l'opposizione possa essere considerato credibile, è necessario che siano rilasciati gli esponenti di spicco dell'opposizione politica, come Merera Gudina; chiede all'alto rappresentante dell'UE di mobilitare gli Stati membri affinché si adoperino per dar vita senza indugio a un'inchiesta internazionale guidata dalle Nazioni Unite che permetta di condurre un'indagine credibile, trasparente e indipendente sulle uccisioni dei manifestanti, e per esercitare pressioni sul governo etiope affinché dia il suo consenso;
2. esorta il governo dell'Etiopia a continuare a eliminare le restrizioni e a porre fine allo stato di emergenza, riconoscendo che impedisce la libera espressione e limita in modo grave la manifestazione di opinioni differenti e legittime sulla società etiope, che sono estremamente necessarie per far fronte alla crisi nel paese; sottolinea che la mancanza di dibattito mette a rischio la stabilità dell'Etiopia;
3. chiede alle autorità etiopi di astenersi dall'utilizzare le norme antiterrorismo (legge antiterrorismo n. 652/2009) per soffocare le proteste pacifiche o il dissenso legittimi; chiede inoltre al governo etiope di rivedere le proprie leggi antiterrorismo;
4. ritiene che in Etiopia siano necessari una partecipazione democratica più varia dal punto di vista etnico e un accesso più equo alle opportunità politiche, economiche, sociali e culturali per i diversi gruppi etnici e religiosi;
5. esorta il governo dell'Etiopia a rispettare appieno la libertà di espressione, di associazione e di stampa, come previsto dalla Costituzione del paese, e a rilasciare i giornalisti e i blogger detenuti ingiustamente; è fermamente convinto che la manifestazione pacifica sia parte integrante del processo democratico e che l'uso eccessivo della forza in risposta ad essa dovrebbe essere evitato in ogni caso; esorta il governo ad attuare correttamente le raccomandazioni della commissione etiope sui diritti umani relative alle recenti proteste violente, in particolare nell'ottica di consegnare alla giustizia i membri delle varie forze di sicurezza responsabili delle violenze, impedire attacchi mirati contro nazionalità specifiche e difendere il diritto dei cittadini alla giustizia;
6. rammenta al governo etiope i suoi obblighi di garantire i diritti fondamentali, incluso l'accesso alla giustizia e il diritto a un giusto processo, come previsto dalla Carta africana e da altri strumenti internazionali e regionali in materia di diritti umani, compreso l'accordo di Cotonou, in particolare gli articoli 8 e 96;
7. invita il governo etiope a consentire il libero accesso da parte delle organizzazioni dei diritti umani e delle ONG alle varie zone del paese, soprattutto quelle teatro di conflitti e proteste;
8. esprime preoccupazione per la legislazione che limita in modo grave il diritto alla libertà di espressione, di stampa, di informazione, di associazione e di riunione pacifica nonché il monitoraggio dei diritti umani;
9. ricorda che l'Etiopia è un importante paese di destinazione, transito e origine di migranti e che essa ospita il più alto numero di rifugiati in Africa; prende atto dell'adozione di un'agenda comune sulla migrazione tra l'UE e l'Etiopia, nella quale figurano la questione dei rifugiati, il controllo delle frontiere e la lotta contro la tratta di esseri umani; invita inoltre la Commissione a monitorare da vicino tutti i progetti avviati di recente nell'ambito del fondo fiduciario dell'UE per l'Africa; rammenta che l'Etiopia è il secondo paese più popoloso nonché una delle economie in più rapida crescita del continente africano, ma resta comunque uno dei paesi più poveri; ricorda che l'Etiopia, i cui confini si estendono per 5 328 km, deve far fronte alla fragilità dei paesi vicini e agli afflussi costanti di migranti e ospita circa 800 000 rifugiati;
10. prende atto del ruolo importante svolto dal paese nella regione, in particolare il sostegno fornito alla stabilizzazione della Somalia, alla lotta al terrorismo, al processo di pace tra Sudan e Sud Sudan e quello all'interno del Sud Sudan stesso; ritiene essenziale che l'Unione europea porti avanti un dialogo politico con questo paese chiave;
11. esprime profonda preoccupazione per l'attuale siccità in Etiopia, che ha provocato un peggioramento della situazione umanitaria nel paese; accoglie favorevolmente l'assistenza aggiuntiva, pari a 165 milioni di EUR, fornita alla regione per la crisi nel Sud Sudan e nei paesi vicini, come pure per la siccità in Etiopia, Somalia e Kenya;
12. elogia l'Etiopia per i progressi conseguiti nel miglioramento delle condizioni della sua popolazione in rapida espansione, anche dei rifugiati provenienti dalle zone di conflitto nei paesi vicini, e apprezza il ruolo guida assunto nella regione e in seno all'Unione africana;
13. è del parere che la futura cooperazione tra UE ed Etiopia dovrebbe tenere conto della necessità di compiere progressi sostanziali nell'ambito dei parametri in materia di diritti umani;
14. chiede alle autorità etiopi di evitare ogni forma di discriminazione etnica e di adoperarsi a favore di un dialogo pacifico e costruttivo tra le diverse comunità;
15. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al Servizio europeo per l'azione esterna, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ai parlamenti e ai governi degli Stati membri, ai copresidenti dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE, alla Commissione dell'Unione africana e al Parlamento panafricano nonché al governo dell'Etiopia.
Sud Sudan
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Risoluzione del Parlamento europeo del 18 maggio 2017 sul Sud Sudan (2017/2683(RSP))
– viste le sue precedenti risoluzioni sul Sudan e sul Sud Sudan,
– vista la dichiarazione dell'8 maggio 2017 della Troika (Stati Uniti, Regno Unito e Norvegia) e dell'UE sulla situazione della sicurezza in Sud Sudan,
– vista la dichiarazione rilasciata il 29 aprile 2017 dal portavoce del Segretario generale delle Nazioni Unite sul Sud Sudan,
– vista la relazione finale del 13 aprile 2017 elaborata dal gruppo di esperti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sul Sud Sudan,
– visto il comunicato del 25 marzo 2017 del 30° vertice straordinario dell'autorità intergovernativa per lo sviluppo (IGAD) sul Sud Sudan,
– visto l'esito della 34a sessione del Consiglio per i diritti umani, svoltasi a Ginevra dal 27 febbraio al 24 marzo 2017,
– vista la dichiarazione rilasciata il 23 marzo 2017 dal presidente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sul Sud Sudan,
– vista la dichiarazione della Commissione del 1° febbraio 2017 al Parlamento europeo,
– vista la risoluzione n. 2327 (2016) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, del 16 dicembre 2016,
– viste le conclusioni del Consiglio europeo del 12 dicembre 2016 sul Sud Sudan,
– vista la relazione umanitaria, 9 maggio 2017, dell'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari,
– visto l'accordo dell'IGAD sulla risoluzione del conflitto nella Repubblica del Sud Sudan, del 17 agosto 2015,
– visto l'accordo globale di pace (CPA) in Sudan del 2005,
– visto l'accordo di Cotonou rivisto,
– vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo,
– visto il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici,
– vista la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli,
– visto il trattato sul commercio delle armi,
– visti l'articolo 135, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che il Sud Sudan è implicato da oltre tre anni in una guerra civile, scoppiata dopo che Salva Kiir, presidente del paese e membro del gruppo etnico dinka, ha accusato il proprio vicepresidente deposto, Riek Machar, di etnia nuer, di aver ordito un colpo di Stato a suo danno; che Riek Machar ha negato di aver tentato un colpo di Stato;
B. considerando che, nonostante la firma dell'accordo sulla risoluzione del conflitto nella Repubblica del Sud Sudan dell'agosto 2015, perdurano una totale mancanza di rispetto dei diritti umani internazionali e del diritto umanitario nonché una mancata assunzione di responsabilità per le violazioni e gli abusi commessi nell'ambito del conflitto;
C. considerando che il paese si trova ad affrontare una carestia e un collasso economico a seguito della guerra civile, oltre 3,6 milioni di persone sono state costrette ad abbandonare la propria casa e, secondo le stime, 4,9 milioni di persone sono in situazione di insicurezza alimentare; che le esigenze umanitarie continuano a inasprirsi a livelli preoccupanti, con circa 7,5 milioni di persone bisognose di assistenza umanitaria e oltre un milione di persone attualmente ospitate nelle strutture delle Nazioni Unite; che le agenzie delle Nazioni Unite hanno rafforzato il loro appello a fornire aiuti umanitari, dichiarando di aver bisogno di almeno 1,4 miliardi di USD per aiutare ad alleviare livelli di sofferenza inimmaginabili; che solo il 14 % dell'importo richiesto è stato finora coperto;
D. considerando che, ai ritmi attuali, entro la fine del 2017 la metà della popolazione del paese avrà perso la vita o sarà sfollata; che non si conosce il numero delle persone uccise a seguito delle violenze;
E. che, secondo la relazione più recente del gruppo di esperti delle Nazioni Unite, il governo del Sud Sudan è risultato uno dei principali responsabili di violenze e violazioni dei diritti umani nel paese, la carestia è considerata causata dall'uomo e una delle sue cause principali risiede nel fatto che il governo del Sud Sudan spreca denaro per le armi;
F. considerando che nelle ultime settimane le massicce offensive del governo a Yuai, Waat, Tonga e Kodok hanno portato a drammatiche conseguenze umanitarie, tra cui lo sfollamento di 50 000-100 000 persone; che tali eventi fanno seguito all'uccisione di numerosi civili avvenuta l'8 aprile 2017 nella città occidentale di Wau quale atto di punizione collettiva per motivi di origine etnica e opinione politica; che le forze governative continuano a prendere di mira i civili, in violazione del diritto dei conflitti armati, e hanno impedito alla missione dell'ONU di proteggere i civili;
G. considerando che gli ospedali e le cliniche sono stati distrutti dal governo, il che costituisce un crimine di guerra; che le attrezzature di ospedali e cliniche sono state rubate, il che ha comportato la chiusura delle strutture e l'impossibilità di fornire cure mediche fondamentali per la sopravvivenza;
H. considerando che quasi una scuola su tre in Sud Sudan è stata distrutta, danneggiata, occupata o chiusa, con conseguenze sull'istruzione di un'intera generazione di bambini; che, secondo le stime, oltre 600 000 bambini di età inferiore ai cinque anni sono affetti da malnutrizione acuta;
I. considerando che circa due milioni di bambini sono fuggiti dal paese, che essi costituiscono il 62 % dei rifugiati che hanno lasciato il Sud Sudan e che il conflitto li ha traumatizzati causando loro stress e danni emotivi insostenibili; che, secondo le stime, 17 000 bambini, per lo più maschi, sono stati reclutati o utilizzati come soldati da parte di forze e gruppi armati nel paese; che migliaia di bambini sono stati uccisi, violentati, costretti a sfollare o resi orfani;
J. considerando che le donne e le ragazze sono sistematicamente violentate e rapite come arma di guerra, e che secondo un'indagine delle Nazioni Unite il 70 % delle donne che vivono nei campi per sfollati interni a Giuba sono state violentate, nella maggior parte dei casi dalla polizia o dai soldati;
K. considerando che a causa dell'instabilità nei paesi vicini, il Sud Sudan anche circa 270 000 rifugiati provenienti dal Sudan, dalla Repubblica democratica del Congo (RDC), dall'Etiopia e dalla Repubblica centrafricana (RCA);
L. considerando che nel giugno 2016 l'Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato la presenza di un focolaio di colera, che ha già interessato migliaia di persone e si sarebbe ulteriormente diffuso nelle ultime settimane; considerando che molti decessi provocati da colera, malaria, morbillo, diarrea e malattie respiratorie acute sono il risultato della povertà estrema e di condizioni di vita deplorevoli e che molti decessi si sarebbero potuti evitare se le persone avessero avuto accesso alle cure sanitarie;
M. considerando che secondo l'accordo sulla risoluzione del conflitto nella Repubblica del Sud Sudan il mandato del governo transitorio di unità nazionale (TGNU) dovrebbe concludersi dopo le elezioni del mese di agosto 2018;
N. considerando che secondo l'ONU e altre fonti di informazione attendibili, intermediari insediati negli Stati membri dell'UE e numerosi paesi terzi hanno trasferito elicotteri e mitragliatrici alle fazioni armate nel Sud Sudan fornendo assistenza logistica militare; che il protrarsi del conflitto ha consentito l'emergere di nuovi gruppi armati e la militarizzazione della società;
O. considerando che il numero degli attacchi nei confronti di convogli e personale umanitari è estremamente preoccupante; che almeno 79 operatori umanitari sono stati uccisi dal dicembre 2013; che, più di recente, nel marzo 2017, sei operatori umanitari e i loro conducenti sono stati uccisi nel più letale attacco ai danni di operatori umanitari avvenuto fino ad oggi;
P. considerando che il 21 febbraio 2017 la Commissione ha annunciato un pacchetto di aiuti di emergenza del valore di 82 milioni di euro in seguito all'insorgere della carestia; che l'UE è uno dei maggiori donatori del paese, fornendo oltre il 40 % di tutti i finanziamenti umanitari a sostegno dei programmi salvavita nel 2016 e circa 381 milioni di euro per misure di assistenza umanitaria dall'inizio del conflitto nel 2013;
1. esprime profonda preoccupazione per il conflitto in corso nel Sud Sudan; chiede che si ponga immediatamente fine a tutte le operazioni militari e ricorda ancora una volta al presidente Salva Kiir e all'ex vicepresidente Riek Machar i loro obblighi nell'ambito dell'accordo sulla risoluzione del conflitto nella Repubblica del Sud Sudan; invita il presidente Kiir ad attuare immediatamente il suo impegno per un cessate il fuoco unilaterale secondo quanto comunicato ai capi di Stato dell'IGAD il 25 marzo 2017;
2. chiede l'immediata e completa cessazione da parti di tutte le parti coinvolte nei conflitti armati di tutti gli atti di violenza sessuale contro i civili, in particolare contro le donne e le ragazze; ricorda che lo stupro come arma di guerra costituisce un crimine di guerra punibile ai sensi del diritto internazionale; invita il governo del Sud Sudan a proteggere tutti i gruppi vulnerabili, ad assicurare i responsabili alla giustizia e a porre fine all'impunità tra le forze di polizia e l'esercito;
3. denuncia tutti gli attacchi contro i civili e gli operatori umanitari, attacchi che, in quest'ultimo caso, interrompono gli aiuti e le forniture salvavita; sottolinea che non vi può essere una soluzione militare al conflitto e che il governo del Sud Sudan deve garantire un cessate il fuoco significativo che indichi un reale impegno per la pace e la stabilità; ritiene che l'impegno a favore della pace debba andare al di là di una semplice cessazione delle ostilità e debba includere il ritiro delle truppe, lo smantellamento delle milizie etniche, consentendo l'assistenza umanitaria senza ostacoli e liberando i detenuti politici;
4. esprime profonda preoccupazione per la grave situazione umanitaria in tutto il paese, che continua a deteriorarsi; invita pertanto ancora una volta l'UE e i suoi Stati membri a rafforzare gli aiuti umanitari al fine di alleviare la carestia, e a sollecitare il governo del Sud Sudan a garantire che le vie per la fornitura degli aiuti umanitari restino aperte;
5. deplora il reclutamento di minori nel conflitto armato da parte di tutte le parti nel Sud Sudan; sottolinea che il reclutamento di minori da parte delle parti in conflitto costituisce un crimine di guerra, per il quale dovranno risponderne penalmente i comandanti; avverte che un'intera generazione di giovani rischiano attualmente di sviluppare gravi traumi, gravi danni emotivi e di non ricevere alcuna istruzione; chiede che i programmi dell'UE relativi agli aspetti umanitari e allo sviluppo contribuiscano a fornire un'istruzione di base, una riabilitazione a lungo termine e servizi di consulenza; condanna fermamente l'uso delle strutture scolastiche per le operazioni militari;
6. invita il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) e il vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR) a utilizzare tutte le risorse disponibili per coinvolgere l'ONU, l'Unione africana (UA) e l'IGAD nell'avvio di un nuovo processo politico per giungere ad un cessate il fuoco sostenibile e alla piena attuazione dei capitoli relativi alla sicurezza e alla governance dell'accordo di pace;
7. ritiene che l'Unione africana (UA), sostenuta dall'UE e dai suoi Stati membri, debba assumere un ruolo attivo nel mediare una soluzione politica per conseguire una pace duratura nel Sud Sudan, tra l'altro destinando maggiori risorse all'inviato dell'UA nel Sudan meridionale, Alpha Oumar Konare; appoggia le richieste che la Commissione dell'UA organizzi una conferenza internazionale, con la partecipazione dell'ONU e dell'IGAD, volta a unificare e conciliare gli sforzi internazionali per porre fine alla guerra nel Sud Sudan;
8. ribadisce il suo pieno sostegno ai lavori del rappresentante speciale delle Nazioni Unite per il Sud Sudan e al mandato della missione delle Nazioni Unite nel Sud Sudan (UNMISS) e della sua forza di protezione regionale, incaricate di proteggere i civili, evitare violenze nei loro confronti e creare le condizioni necessarie per la fornitura di aiuti umanitari; invita tutte le parti a facilitare il rapido dispiegamento di una forza di protezione regionale attiva, con mandato del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, intesa a rafforzare una presenza attiva dell'UNMISS; invita gli Stati membri e il VP/HR a potenziare urgentemente e in modo significativo l'UNMISS con capacità europee;
9. sottolinea, in via urgente, la necessità di istituire una corte ibrida per il Sud Sudan, che preveda l'adozione di statuti giuridici da parte dell'UA e l'assistenza con risorse dell'ONU e dell'UE; ricorda che ciò fa parte dell'accordo di pace del 2016 e non dovrebbe pertanto essere oggetto di rinegoziazione;
10. sottolinea che, per essere significativo e inclusivo, il processo di dialogo nazionale debba soddisfare chiari parametri di riferimento, tra cui la neutralità della dirigenza e l'inclusione dei gruppi di opposizione e dei cittadini del Sud Sudan che vivono al di fuori del paese; ritiene che tale processo, per essere legittimo ed efficace, debba includere altresì rappresentanti di tutte le parti coinvolte nel conflitto e delle altre parti interessate del Sud Sudan, compresi rappresentanti delle donne;
11. condanna tutti i tentativi di limitare la libertà di espressione, che è un diritto umano fondamentale e componente di un reale dibattito politico; deplora l'uccisione di operatori umanitari, di rappresentanti della società civile e di giornalisti, e chiede che i responsabili di tali reati siano portati dinanzi alla giustizia; chiede il rilascio immediato di tutti i prigionieri politici;
12. condanna tutti gli attacchi contro edifici scolastici e pubblici e l'uso di scuole a scopi militari; esorta le parti a rispettare gli orientamenti per prevenire l'uso militare delle scuole e delle università durante i conflitti armati;
13. deplora che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite non abbia adottato una risoluzione il 23 dicembre 2016 che avrebbe imposto un embargo sulle armi per il Sud Sudan, nonché un divieto di viaggio e il congelamento dei beni per tre importanti dirigenti del Sud Sudan; chiede che l'UE persegua un embargo internazionale sulle armi per il Sud Sudan e che tale embargo sia messo in atto efficacemente; esprime allarme a seguito delle segnalazioni di trasferimenti di armi al Sud Sudan, in violazione della posizione comune del Consiglio 2008/944/PESC, facilitata da intermediari insediati negli Stati membri dell'UE; sollecita gli Stati membri e il VP/AR a far rispettare il regime di controllo delle armi dell'UE e ad avviare un dialogo formale con qualsiasi paese terzo del quale si dimostri che esporti armi e assistenza logistica militare verso il Sud Sudan;
14. invita le autorità a garantire che il ritorno o trasferimento di sfollati interni si svolga sempre in modo sicuro e dignitoso; chiede che si ricorra a sanzioni mirate nei confronti di qualunque personalità politica o militare chiave, del governo o dell'opposizione, che perpetui il conflitto o commetta violazioni dei diritti umani, nell'ambito di una strategia dell'UE volta a garantire la fornitura di aiuti umanitari, il mantenimento di un cessate il fuoco e l'ingaggio di un processo politico rinnovato per l'attuazione dell'accordo di pace;
15. ritiene che, a causa del conflitto ricorrente, dell'insicurezza e dello spostamento di massa di persone, non sia possibile svolgere elezioni credibili e pacifiche nell'attuale contesto politico; ricorda che il mandato del governo transitorio di unità nazionale si estende a giugno 2018; sottolinea l'importanza di conferire alle donne del Sud Sudan un ruolo integrale nei colloqui di pace e nel governo del paese; chiede all'Unione europea di sostenere le organizzazioni di base delle donne, le quali fanno una differenza tangibile nella qualità dei negoziati di pace smantellando l'atmosfera di sospetto, costruiscono la fiducia e promuovono la riconciliazione;
16. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al governo del Sud Sudan, all'Autorità intergovernativa per lo sviluppo, al Commissario per i diritti umani del Sud Sudan, all'Assemblea legislativa nazionale del Sud Sudan, alle istituzioni dell'Unione africana, ai copresidenti dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE e al Segretario generale delle Nazioni Unite.
Accordo tra l'Unione europea, l'Islanda, il Liechtenstein e la Norvegia su un meccanismo finanziario del SEE per il 2014-2021 ***
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Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 18 maggio 2017 concernente il progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo tra l'Unione europea, l'Islanda, il Principato del Liechtenstein e il Regno di Norvegia su un meccanismo finanziario del SEE per il 2014-2021, dell'accordo tra il Regno di Norvegia e l'Unione europea su un meccanismo finanziario norvegese per il periodo 2014-2021, del protocollo aggiuntivo dell'accordo tra la Comunità economica europea e il Regno di Norvegia e del protocollo aggiuntivo dell'accordo tra la Comunità economica europea e l'Islanda (06679/2016 – C8-0175/2016 – 2016/0052(NLE))
– visto il progetto di decisione del Consiglio (06679/2016),
– visto li progetto di accordo tra l'Unione europea, l'Islanda, il Principato del Liechtenstein e il Regno di Norvegia relativo a un meccanismo finanziario del SEE per il periodo 2014-2021 (06956/16),
– visto il progetto di accordo tra il Regno di Norvegia e l'Unione europea su un meccanismo finanziario norvegese per il periodo 2014-2021 (06957/16),
– visto il progetto di protocollo aggiuntivo dell'accordo tra la Comunità economica europea e il Regno di Norvegia (06960/16),
– visto il progetto il progetto di protocollo aggiuntivo dell'accordo tra la Comunità economica europea e l'Islanda (06959/16),
– vista la richiesta di approvazione presentata dal Consiglio a norma dell'articolo 217 e dell'articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, lettera a), punto v), del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (C8-0175/2016),
– visti l'articolo 99, paragrafi 1 e 4, nonché l'articolo 108, paragrafo 7, del suo regolamento,
– vista la raccomandazione della commissione per il commercio internazionale (A8-0072/2017),
1. dà la sua approvazione alla conclusione degli accordi e dei protocolli;
2. incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e della Repubblica di Islanda, del Principato del Liechtenstein e del Regno di Norvegia.
Il giusto mix di finanziamenti per le regioni d'Europa: equilibrare strumenti finanziari e sovvenzioni nella politica di coesione dell'UE
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Risoluzione del Parlamento europeo del 18 maggio 2017 sul giusto mix di finanziamenti per le regioni d'Europa: equilibrare strumenti finanziari e sovvenzioni nella politica di coesione dell'UE (2016/2302(INI))
– visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare il titolo XVIII,
– visto l'articolo 349 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visti il regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio(1) (CPR), nonché gli atti delegati e di esecuzione relativi ai pertinenti articoli di tale regolamento,
– visto il regolamento (UE) n. 1301/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e a disposizioni specifiche concernenti l'obiettivo "Investimenti a favore della crescita e dell'occupazione" e che abroga il regolamento (CE) n. 1080/2006(2),
– visto il regolamento (UE) n. 1304/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, relativo al Fondo sociale europeo e che abroga il regolamento (CE) n. 1081/2006 del Consiglio(3),
– visto il regolamento (UE) n. 1300/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, relativo al Fondo di coesione e che abroga il regolamento (CE) n. 1084/2006 del Consiglio(4),
– visto il regolamento (UE) 2015/1017 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 giugno 2015 relativo al Fondo europeo per gli investimenti strategici, al polo europeo di consulenza sugli investimenti e al portale dei progetti di investimento europei e che modifica i regolamenti (UE) n. 1291/2013 e (UE) n. 1316/2013 – il Fondo europeo per gli investimenti strategici(5),
– vista la sua risoluzione del 13 settembre 2016 sulla cooperazione territoriale europea – migliori pratiche e misure innovative(6),
– vista la sua risoluzione del 28 ottobre 2015 sulla politica di coesione e la revisione della strategia Europa 2020(7),
– vista la sua risoluzione del 9 settembre 2015 sugli "investimenti a favore della crescita e della creazione di posti di lavoro: promozione della coesione economica, sociale e territoriale nell'Unione"(8),
– visto il parere della commissione per lo sviluppo regionale contenuto nella relazione della commissione per il controllo dei bilanci dal titolo "Banca europea per gli investimenti (BEI) – Relazione annuale 2014"(A8-0050/2016),
– vista la comunicazione della Commissione del 14 dicembre 2015 dal titolo "Investire nella crescita e nell'occupazione – ottimizzare il contributo dei Fondi strutturali e di investimento europei" (COM(2015)0639),
– vista la comunicazione della Commissione del 26 novembre 2014 dal titolo "Un piano di investimenti per l'Europa" (COM(2014)0903),
– vista la comunicazione della Commissione del 22 gennaio 2014 dal titolo "Orientamenti sugli aiuti di Stato destinati a promuovere gli investimenti per il finanziamento del rischio(9),
– vista la sesta relazione della Commissione sulla coesione economica, sociale e territoriale, del 23 luglio 2014, dal titolo "Investimenti per l'occupazione e la crescita: " (COM(2014)0473),
– vista la relazione di sintesi della Commissione, dell'agosto 2016, dal titolo "Ex post evaluation of Cohesion Policy programmes 2007-2013, focusing on the European Regional Development Fund (ERDF), the European Social Fund (ESF) and the Cohesion Fund (CF)" (Valutazione ex post dei programmi della politica di coesione 2007-2013, in particolare del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), del Fondo sociale europeo (FSE) e del Fondo di coesione),
– vista la relazione della Commissione, del 30 ottobre 2014, dal titolo "Strumenti finanziari sostenuti dal bilancio generale a norma dell'articolo 140, paragrafo 8, del regolamento finanziario al 31 dicembre 2013" (COM(2014)0686),
– visti gli orientamenti della Commissione del 26 novembre 2015 per gli Stati membri relativi all'articolo 42, paragrafo 1, lettera d) del regolamento recante disposizioni comuni (RDC) – Spese e costi di gestione ammissibili,
– visti gli orientamenti della Commissione del 10 agosto 2015 per gli Stati membri, relativi all'RDC, sulla combinazione del sostegno proveniente da uno strumento finanziario con altre forme di sostegno,
– visti gli orientamenti della Commissione del 27 marzo 2015 per gli Stati membri, relativi all'articolo 37, paragrafo 2, dell'RDC, sulla valutazione ex ante,
– vista la guida di riferimento della Commissione per le autorità di gestione, del 2 luglio 2014, dal titolo "Strumenti finanziari nei programmi dei fondi SIE 2014-2020",
– vista la relazione di sintesi della Commissione, del novembre 2016, dal titolo "Financial instruments under the European Structural and Investment Funds. Summaries of the data on the progress made in financing and implementing the financial instruments for the programming period 2014-2020 in accordance with Article 46 of Regulation (EU) No 1303/2013 of the European Parliament and of the Council" (Strumenti finanziari nel quadro dei Fondi strutturali e di investimento europei. Sintesi dei dati sui progressi compiuti nel finanziamento e nell'attuazione degli strumenti finanziari per il periodo di programmazione 2014-2020 conformemente all'articolo 46 del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio),
– vista la relazione di sintesi della Commissione del dicembre 2015 dal titolo "Summary of data on the progress made in financing and implementing financial engineering instruments for the programming period 2014-2020 in accordance with Article 46 of Regulation (EU) No 1303/2013 of the European Parliament and of the Council" (Sintesi dei dati sui progressi compiuti nel finanziamento e nell'attuazione degli strumenti di ingegneria finanziaria per il periodo di programmazione 2014-2020 conformemente all'articolo 46 del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio),
– vista la relazione di sintesi della Commissione del settembre 2014 dal titolo "Summary of data on the progress made in financing and implementing financial engineering instruments reported by the managing authorities in accordance with Article 67(2)(j) of Council Regulation (EC) No 1083/2006" (Sintesi dei dati sui progressi compiuti nel finanziamento e nell'attuazione degli strumenti di ingegneria finanziaria indicati dalle autorità di gestione conformemente all'articolo 67, paragrafo 2, lettera j) del regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio),
– visto il documento di lavoro dei servizi della Commissione del 13 novembre 2015 sulle attività relative agli strumenti finanziari, che accompagna il documento: Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sugli strumenti finanziari sostenuti dal bilancio generale a norma dell'articolo 140, paragrafo 8, del regolamento finanziario al 31 dicembre 2014 (SWD(2015)0206),
– vista la relazione speciale n. 19/2016 della Corte dei conti europea dal titolo "L'esecuzione del bilancio UE tramite gli strumenti finanziari: insegnamenti utili del periodo di programmazione 2007-2013",
– vista la relazione speciale n. 5/2015 della Corte dei conti europea dal titolo "Gli strumenti finanziari sono uno strumento valido e promettente nel settore dello sviluppo rurale?",
– vista la relazione speciale n. 16/2014 della Corte dei conti europea dal titolo "L'efficacia del combinare le sovvenzioni dei meccanismi d'investimento regionali con i prestiti concessi dalle istituzioni finanziarie a sostegno delle politiche esterne dell'UE",
– vista la relazione speciale n. 2/2012 della Corte dei conti europea dal titolo "Strumenti finanziari per le PMI cofinanziati dal Fondo europeo di sviluppo regionale",
– visto il parere del Comitato delle regioni, del 14 ottobre 2015, dal titolo "Strumenti finanziari a sostegno dello sviluppo territoriale",
– vista la relazione finale della Banca europea per gli investimenti del marzo 2013, dal titolo "Financial Instruments: A Stock-taking Exercise in Preparation for the 2014-2020 Programming Period" (Strumenti finanziari: esercizio di valutazione in preparazione al periodo di programmazione 2014-2020),
– visto lo studio dal titolo "Financial instruments in the 2014-2020 programming period: first experiences of Member States" (Strumenti finanziari nel periodo di programmazione 2014-2020: le prime esperienze degli Stati membri), commissionato dalla Direzione generale delle Politiche interne del Parlamento, dipartimento tematico B: politiche strutturali e di coesione, ottobre 2016,
– visto lo studio dal titolo "Review of the Role of the EIB Group in European Cohesion Policy" (Revisione del ruolo del Gruppo BEI nella politica di coesione europea), commissionato dalla Direzione generale delle Politiche interne del Parlamento, dipartimento tematico B: Politiche strutturali e di coesione, marzo 2016,
– vista la nota informativa dal titolo "Challenges for EU cohesion policy: Issues in the forthcoming post-2020 reform" (Sfide per la politica di coesione dell'UE: questioni nell'ambito della prossima riforma post-2020), Servizio Ricerca del Parlamento europeo, maggio 2016,
– vista la scheda tecnica dal titolo "Attuazione della politica di coesione nella UE28", Servizio di ricerca del Parlamento europeo, settembre 2015,
– visto l'articolo 52 del suo regolamento,
– visti la relazione della commissione per lo sviluppo regionale e i pareri della commissione per i bilanci e della commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale (A8-0139/2017),
A. considerando che il riesame/la revisione del quadro finanziario pluriennale (QFP) e il fatto che il periodo di programmazione 2014-2020 stia raggiungendo il punto intermedio hanno suscitato una discussione sulla combinazione di sovvenzioni e strumenti finanziari da investire tramite il bilancio dell'UE durante il periodo post 2020;
B. considerando che la proposta Omnibus (COM(2016)0605) rappresenta l'unica opportunità per introdurre una serie di miglioramenti intermedi nell'ordinamento che disciplina l'attuale periodo di programmazione;
C. considerando che l'espressione "strumenti finanziari" riguarda un'ampia gamma di strumenti e che la loro valutazione e le decisioni in merito al loro utilizzo richiedono un'analisi continua e dettagliata, caso per caso, legata alla valutazione delle necessità specifiche delle economie locali e regionali o di un determinato gruppo beneficiario;
Periodo 2007-2013: investimenti affidabili tramite sovvenzioni e strumenti finanziari
1. riconosce che, sebbene gli strumenti finanziari siano stati progettati prima della crisi economica e finanziaria e non fossero i più idonei per un contesto economico di crisi, le relazioni della Commissione dimostrano chiaramente come gli investimenti nell'ambito dei Fondi strutturali e di investimento europei (SIE) effettuati tramite sovvenzioni e strumenti finanziari abbiano avuto un impatto forte e abbiano generato risultati visibili con investimenti nelle regioni dell'UE pari a 347,6 miliardi di EUR, esclusi i cofinanziamenti nazionali e le risorse mobilitate in via supplementare;
2. accoglie con favore le attuali operazioni nell'ambito della politica di coesione della Banca europea per gli investimenti (BEI), indicate nelle relazioni annuali e nelle relazioni di settore, che mostrano l'impatto sulle PMI e sulle imprese a media capitalizzazione, sulle infrastrutture, su ricerca e innovazione, sull'ambiente, sull'energia e sull'agricoltura; constata che i prestiti della BEI a sostegno della politica di coesione per il periodo 2007-2013 sono stimati in 147 miliardi di EUR, importo che rappresenta circa il 38 % di tutti i prestiti nell'UE;
Periodo 2014-2020: un nuovo capitolo in tema di investimenti attraverso i fondi SIE
3. accoglie con favore il fatto che nel periodo 2014-2020 siano previsti investimenti dell'UE per 454 miliardi di EUR tramite i fondi SIE, e con i cofinanziamenti nazionali per gli investimenti sotto forma di sovvenzioni e strumenti finanziari si prevede che l'importo raggiunga i 637 miliardi di EUR;
4. riconosce che, nel quadro della gestione condivisa della politica di coesione, sono aumentati sia il volume che la qualità degli strumenti finanziari (sotto forma di microcredito, prestiti, garanzie, capitale netto e di rischio); mette in evidenza i due motivi principali di questa tendenza: il periodo 2007-2013 ha fornito esperienze e insegnamenti utili per quanto riguarda l'attuazione dei fondi SIE tramite sovvenzioni e strumenti finanziari, mentre il QFP 2014-2020 rispecchia l'esigenza post crisi di maggiori strumenti finanziari a causa delle limitazioni fiscali;
5. osserva che, secondo le stime, gli stanziamenti allocati agli strumenti finanziari a titolo del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), del Fondo di coesione e del Fondo sociale europeo (FES) quasi raddoppieranno tra il periodo 2007-2013, durante il quale ammontavano a 11,7 miliardi di EUR, e il periodo 2014-2020, durante il quale raggiungeranno i 20,9 miliardi di EUR; osserva che gli strumenti finanziari rappresenterebbero pertanto il 6 % degli stanziamenti complessivi per la politica di coesione nel periodo 2014-2020 pari a 351,8 miliardi di EUR, rispetto al 3,4 % dei 347 miliardi di EUR stanziati nel periodo 2007-2013;
6. osserva che gli stanziamenti a titolo del Fondo di coesione ammontano a circa 75 miliardi di EUR, pari all'11,8 % del totale degli stanziamenti allocati agli strumenti finanziari nel periodo 2014-2020; accoglie con favore l'aumento degli stanziamenti da 70 miliardi di EUR nel periodo 2007-2013 a 75 miliardi di EUR nel periodo 2014-2020; sottolinea che gli stanziamenti allocati al Fondo di coesione non dovrebbero diminuire considerando che circa il 34 % della popolazione dell'UE vive in regioni che ricevono aiuti a titolo del Fondo di coesione;
7. prende atto del volume totale di 5 571,63 milioni di EUR di contribuiti del programma operativo stanziati a favore degli strumenti finanziari da parte di 21 Stati membri al 31 dicembre 2015 nell'attuale (QFP), di cui 5 005,25 milioni di EUR provengono dal FESR e dal Fondo di coesione;
8. accoglie con favore il fatto che modifiche normative cruciali nella programmazione, nell'attuazione e nella gestione degli strumenti finanziari, come i collegamenti diretti a tutti gli 11 obiettivi tematici, un'adeguata valutazione ex ante obbligatoria che consenta di individuare i fallimenti del mercato nonché la creazione di strumenti finanziari e meccanismi di segnalazione standardizzati su misura e semplificati, possano avere un impatto critico positivo sull'attrattiva e sulla velocità di attuazione della politica di coesione mediante il superamento delle incertezze giuridiche emerse durante il periodo 2007-2013; invita tuttavia a compiere sforzi per garantire che le modifiche in questione non incidano sull'attrattiva e sulla velocità di attuazione degli strumenti finanziari;
Sovvenzioni e strumenti finanziari: il mix dipende dalla logica di intervento
9. sottolinea che, pur sostenendo gli stessi obiettivi nell'ambito della politica di coesione, le sovvenzioni e gli strumenti finanziari dei fondi SIE, che non sono fini a sé stessi, nell'ambito della gestione condivisa hanno una logica di intervento e un'applicazione diverse, che rispondono alle esigenze di sviluppo territoriali, settoriali o di mercato;
10. riconosce che, a seconda del tipo di progetto, le sovvenzioni hanno alcuni punti di forza rispetto agli strumenti finanziari: sostengono progetti che non necessariamente generano entrate, forniscono finanziamenti a progetti che, per vari motivi, non sono in grado di attirare i finanziamenti privati o pubblici, si concentrano su beneficiari, questioni e priorità regionali specifici e il loro utilizzo è meno complesso grazie all'esperienza e alla capacità esistenti; riconosce che, in alcuni casi, le sovvenzioni sono vincolate da restrizioni: le difficoltà nel realizzare progetti di qualità e sostenibili, il rischio di sostituirsi, nel lungo periodo, ai finanziamenti pubblici e un effetto di spiazzamento per gli investimenti privati potenziali anche quando i progetti sono di carattere rotativo e sono in grado di generare le entrate necessarie per rimborsare finanziamenti basati su prestiti;
11. riconosce che gli strumenti finanziari offrono dei vantaggi, come effetti leva e di rotazione, attrazione di capitale privato e superamento di specifiche carenze negli investimenti tramite progetti finanziabili di alta qualità, massimizzando in tal modo l'efficacia e l'efficienza dell'attuazione della politica regionale; riconosce che gli strumenti finanziari comportano taluni svantaggi, che potrebbero porli in contrasto con strumenti nazionali o regionali più interessanti, come ad esempio: attuazione più lenta in alcune regioni, maggiore complessità, effetto leva degli strumenti finanziari sostenuti dai fondi SIE inferiore alle attese nonché, in taluni casi, costi di attuazione e spese di gestione più elevati; rileva che le sovvenzioni rappresentano un tipo di investimento preferibile in alcuni ambiti politici, come ad esempio per quanto riguarda taluni tipi di infrastrutture pubbliche, servizi sociali, ricerca e innovazione o, in generale, progetti che non generano entrate;
12. mette in evidenza che la logica di intervento non costituisce una linea di divisione ma un punto di incontro per stabilire condizioni di parità tra sovvenzioni e strumenti finanziari in modo tale che la politica di coesione possa meglio colmare le carenze in termini di beneficiari e investimenti attraverso varie misure; sottolinea che nella programmazione dei fondi SIE la logica di intervento costituisce un approccio "dal basso" e che tutti gli Stati membri e tutte le regioni dovrebbero continuare a prendere in considerazione l'opzione più appropriata quando stabiliscono liberamente la quota di strumenti finanziari o sovvenzioni quali strumenti di erogazione per contribuire alle priorità selezionate nei rispettivi programmi operativi, tenendo a mente che le autorità locali e regionali sono coinvolte e hanno un ruolo fondamentale da svolgere; ricorda che le autorità di gestione sono i soggetti che devono decidere volontariamente il tipo di strumento finanziario più idoneo all'attuazione;
Il rendimento degli strumenti finanziari: sfide
13. riconosce l'importanza di ricorrere agli strumenti finanziari nelle operazioni della politica di coesione; si compiace del fatto che le relazioni sull'attuazione degli strumenti finanziari nel 2015 abbiano evidenziato progressi nonostante l'avvio tardivo dell'attuale periodo di programmazione; osserva tuttavia che vi sono notevoli differenze per quanto riguarda i progressi compiuti nell'attuazione degli strumenti finanziari dei fondi SIE, non solo tra uno Stato membro e l'altro ma anche all'interno dei singoli Stati membri; ricorda che l'esperienza e l'impatto positivi dell'uso di strumenti finanziari nel periodo di programmazione 2007-2013 sono stati accompagnati da una serie di problemi relativi al rendimento: avvio tardivo delle operazioni, valutazione del mercato inesatta, utilizzazione divergente a livello regionale, tassi di erogazione complessivamente esigui, scarso effetto leva, rotazione problematica, spese e costi di gestione alti nonché dotazioni di importo non adeguatamente elevato; ricorda che nel 2015, dopo la proroga da parte della Commissione di scadenze di attuazione specifiche per gli strumenti finanziari, alcune delle carenze rilevate erano state attenuate attraverso misure mirate;
14. rileva che i ritardi nell'attuazione dei fondi SIE possono incidere sui tassi di erogazione e sugli effetti di rotazione e leva, e che questi ultimi dovrebbero essere basati su una definizione e sulle metodologie utilizzati da organizzazioni internazionali quali l'OCSE, realizzando una chiara distinzione tra i contributi pubblici e privati e fornendo un'indicazione del grado preciso di leva possibile nel quadro di ciascuno strumento finanziario, secondo una suddivisione per paese e per regione; ricorda che i ritardi nel periodo 2007-2013 hanno contribuito in modo irreversibile al rendimento subottimale degli strumenti finanziari FESR e FSE; sottolinea che i ritardi nell'attuazione, attribuibili all'avvio tardivo del periodo di programmazione, possono nuocere al rendimento degli strumenti finanziari dei Fondi SIE, e ciò potrebbe portare a conclusioni di valutazione errate al termine del periodo; invita pertanto gli Stati membri ad adottare tutte le misure necessarie per attenuare gli effetti negativi di un'attuazione tardiva, specialmente per quanto riguarda il rischio di un utilizzo e di un impatto limitati degli strumenti finanziari;
15. nutre profonda preoccupazione per la forte possibilità che si ripeta l'accumulo degli arretrati di fatture non pagate nella seconda metà del QFP attuale, poiché ciò potrebbe avere gravi ripercussioni su altre politiche finanziate dall'UE;
16. rileva le significative differenze nell'UE per quanto riguarda la penetrazione degli strumenti finanziari, compresi i fondi SIE e il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), i risultati iniziali conseguiti da tali fondi e la mobilitazione prevista di risorse supplementari, nonché di altri strumenti finanziari dell'UE nelle economie più performanti dell'Unione, che mettono a rischio gli obiettivi della politica di coesione; sottolinea che il successo generale di tali strumenti dipende dalla loro facilità di utilizzo e dalla capacità degli Stati membri di gestire i relativi investimenti, e che sono necessari indicatori precisi e differenziati che consentirebbero di valutare il loro effettivo impatto sulla politica di coesione;
Semplificazione, sinergie e assistenza tecnica: soluzioni
17. accoglie con favore le azioni della Commissione volte a ottimizzare la regolamentazione e ridurre gli oneri burocratici; sottolinea che, nonostante i miglioramenti, la complessità è ancora presente e l'utilizzo degli strumenti finanziari è disincentivato da problemi come i tempi di preparazione prolungati e gli oneri amministrativi per i beneficiari; invita la Commissione a lavorare a stretto contatto con la BEI, il FEI e le autorità di gestione per combinare in modo molto più semplice microcredito, prestiti, garanzie e capitale netto e di rischio nell'ambito dei fondi SIE, garantendo al contempo lo stesso livello di trasparenza, controllo democratico, rendicontazione e monitoraggio;
18. osserva che alcune disposizioni specifiche limitano la flessibilità nelle operazioni con gli strumenti finanziari; segnala che le norme sugli aiuti di Stato risultano particolarmente onerose, in special modo quando si tratta di combinare le sovvenzioni con gli strumenti finanziari; invita la Commissione ad assicurare un'adeguata struttura di aiuti statali e a esaminare ulteriori opzioni per semplificare l'osservanza delle norme relative agli aiuti di Stato a tutti e tre i livelli: autorità di gestione, fondo di fondi e intermediari finanziari; chiede parità di condizioni nelle norme sugli aiuti di Stato per tutti gli strumenti finanziari, al fine di evitare il trattamento preferenziale di determinate fonti di finanziamento rispetto ad altre, soprattutto nell'ambito del sostegno alle PMI;
19. mette in evidenza l'importanza dell'audit di gestione degli strumenti finanziari, compreso quello delle operazioni del Gruppo BEI nell'ambito della politica di coesione; osserva che le attività di audit includono l'accesso all'intero ciclo dei Fondi SIE; invita la Commissione e le autorità nazionali a individuare le opportunità di semplificazione e di sinergia nel quadro del processo di audit; invita pertanto la Commissione a concentrarsi su un'analisi comparativa di sovvenzioni e strumenti finanziari nonché sull'ulteriore ampliamento della capacità, sulla metodologia di audit e sugli orientamenti relativi al processo di audit, che non dovrebbero accrescere gli oneri finanziari e amministrativi per i beneficiari;
20. sottolinea che la combinazione di sovvenzioni e strumenti finanziari possiede un potenziale ancora inesplorato; evidenzia che, oltre agli orientamenti per le autorità, sono necessarie una maggiore semplificazione e armonizzazione delle regole che disciplinano la combinazione di diversi fondi SIE, nonché di quelle che riguardano il mix di fondi SIE e di strumenti come Orizzonte 2020 e il FEIS; chiede una migliore regolamentazione mediante norme chiare, coerenti e mirate per ridurre l'onere normativo semplificando la suddetta combinazione di stanziamenti provenienti da più programmi a favore dello stesso strumento finanziario, nonché consentendo la combinazione di strumenti di microfinanza nelle operazioni dell'FSE e semplificando ulteriormente gli appalti pubblici nell'ambito della selezione degli intermediari finanziari e dei partenariati pubblico-privato; chiede maggiore coerenza tra le diverse strategie; sottolinea che la combinazione di sovvenzioni e strumenti finanziari dei fondi SIE con altre fonti di finanziamento può rendere questa struttura di finanziamento più attraente per i beneficiari e gli investitori nel settore pubblico e privato grazie a una migliore condivisione del rischio e performance dei progetti, consentendo in tal modo agli strumenti di fornire un potenziale di crescita a lungo termine;
21. osserva che l'utilizzo degli strumenti finanziari può essere accresciuto attraverso i partenariati di investimento, e che i partenariati pubblico-privato migliorano le sinergie tra le fonti di finanziamento e mantengono il necessario equilibrio tra gli interessi privati e pubblici; sottolinea che dovrebbe essere incoraggiato anche l'uso degli strumenti finanziari nel quadro delle iniziative di sviluppo locale di tipo partecipativo (CLLD) e di investimenti territoriali integrati (ITI);
22. accoglie con favore le attuali pratiche di assistenza tecnica fornite dalla Commissione e dal Gruppo BEI attraverso la piattaforma Fi-Compass; si rammarica che i servizi di sostegno in loco offerti alle autorità e specialmente ai beneficiari di strumenti finanziari, compresi quelli nell'ambito dell'FEIS, siano limitati, mentre numerose autorità locali e regionali hanno incontrato difficoltà tecniche e riscontrato una mancanza di capacità e competenze nell'utilizzare con efficacia gli strumenti finanziari; chiede assistenza tecnica, che dovrebbe essere indirizzata principalmente ai soggetti interessati locali o regionali nonché a tutti i partner coinvolti, ma che non dovrebbe essere utilizzata per il finanziamento delle attività delle autorità nazionali; invita altresì la Commissione e la BEI a elaborare un piano di assistenza tecnica congiunta che comprenda attività di consulenza finanziaria e non finanziaria, soprattutto per i progetti più importanti, nonché lo sviluppo di capacità, la formazione, il sostegno e lo scambio di conoscenze ed esperienze; chiede inoltre una combinazione di competenze (comprese le consulenze legali) in materia di regolamentazione relativa alla politica di coesione, prodotti finanziari, aiuti di Stato e appalti pubblici, destinate alle autorità nazionali, ai gestori di fondi e ai beneficiari, sottolineando al contempo l'importanza di evitare la duplicazione delle strutture;
23. invita la Commissione a rendere più visibili gli investimenti a titolo dei fondi SIE e a indicare con maggiore chiarezza che l'UE partecipa ai finanziamenti; chiede inoltre informazioni e una comunicazione adeguate e complete in merito alle opportunità di finanziamento dell'UE, che incoraggino l'utilizzo di tali opportunità da parte del settore pubblico e privato e siano rivolte in particolare ai potenziali beneficiari e ai giovani;
Verso la giusta combinazione di finanziamenti per il periodo post 2020 e il futuro della politica di coesione
24. riconosce che sfide come la migrazione e la sicurezza o gli sviluppi politici attuali e futuri nell'UE non dovrebbero influire negativamente sugli investimenti effettuati attraverso la politica di coesione o sui suoi obiettivi e i risultati attesi, specialmente dopo l'attuale periodo di programmazione;
25. riconosce che sia le sovvenzioni che gli strumenti finanziari svolgono un ruolo specifico nell'ambito da politica di coesione ma che condividono la stessa finalità perseguita dagli 11 obiettivi tematici, vale a dire il modo in cui raggiungere i cinque obiettivi principali della strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva; sottolinea la necessità di assicurare che gli strumenti finanziari non sostituiscano le sovvenzioni quale principale strumento della politica di coesione, evidenziando al contempo l'esigenza di mantenere il carattere rinnovabile dei fondi, che vanno messi a disposizione per essere nuovamente investiti in funzione dei settori e delle azioni che possono sostenere;
26. evidenzia che gli strumenti finanziari hanno migliori rendimenti nelle regioni ben sviluppate e nelle aree metropolitane in cui i mercati finanziari sono più sviluppati mentre le regioni ultraperiferiche e le regioni caratterizzate da tassi di disoccupazione armonizzati elevati e una bassa densità demografica incontrano difficoltà nell'attirare investimenti, invece le sovvenzioni, a loro volta, fanno fronte alle questioni strutturali regionali e consentono finanziamenti regionali equilibrati; osserva che il successo degli strumenti finanziari dipende da numerosi fattori e non possono essere tratte conclusioni generali sulla base di un unico criterio; rileva che degli obiettivi vincolanti per l'utilizzo degli strumenti finanziari nel quadro della politica di coesione post 2020 non possono essere considerati un'opzione praticabile; osserva che un aumento della quota degli strumenti finanziari non dovrebbe influire sui contributi finanziari non rimborsabili poiché ciò impedirebbe di raggiungere un equilibrio; sottolinea che nell'ambito di diverse politiche pubbliche devono prevalere le sovvenzioni, mentre gli strumenti finanziari possono svolgere un ruolo complementare, nel pieno rispetto di una valutazione ex ante e di un'analisi di mercato appropriate; chiede una maggiore promozione degli strumenti finanziari nei programmi Interreg affinché siano maggiormente coerenti con gli obiettivi della cooperazione territoriale europea;
27. ricorda che l'attuale esperienza nell'erogazione dei fondi SIE indica che il mix di finanziamento costituito da sovvenzioni e strumenti finanziari risponde a situazioni specifiche per paese nonché alle carenze in termini di coesione sociale, economica e territoriale; sottolinea che il mix di finanziamento non può portare a un'unica soluzione uguale per tutti, a causa di diversi fattori: regione geografica, settore strategico, tipo e dimensioni del beneficiario, capacità amministrativa, condizioni di mercato, presenza di strumenti concorrenti, contesto imprenditoriale nonché orientamento fiscale ed economico;
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28. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione e ai parlamenti degli Stati membri.
Prospettive future per l'assistenza tecnica nell'ambito della politica di coesione
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Risoluzione del Parlamento europeo del 18 maggio 2017 sulle prospettive future per l'assistenza tecnica nell'ambito della politica di coesione (2016/2303(INI))
– visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare il titolo XVIII,
– visto il regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio(1) ("RDC"),
– visto il regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni specifiche per il sostegno del Fondo europeo di sviluppo regionale all'obiettivo di cooperazione territoriale europea(2),
– visto il regolamento (UE) n. 1300/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, relativo al Fondo di coesione e che abroga il regolamento (CE) n. 1084/2006 del Consiglio(3),
– visto il regolamento (UE) n. 1301/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e a disposizioni specifiche concernenti l'obiettivo "Investimenti a favore della crescita e dell'occupazione" e che abroga il regolamento (CE) n. 1080/2006(4),
– visto il regolamento (UE) n. 1304/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, relativo al Fondo sociale europeo e che abroga il regolamento (CE) n. 1081/2006 del Consiglio(5),
– visto il regolamento delegato (UE) n. 240/2014 della Commissione, del 7 gennaio 2014, recante un codice europeo di condotta sul partenariato nell'ambito dei fondi strutturali e d'investimento europei(6),
– vista la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Programma di sostegno alle riforme strutturali per il periodo 2017-2020 e modifica i regolamenti (UE) n. 1303/2013 e (UE) n. 1305/2013 (COM(2015)0701),
– vista la sua risoluzione del 16 febbraio 2017 sugli investimenti nella crescita e nell'occupazione – ottimizzare il contributo dei Fondi strutturali e di investimento europei: valutazione della relazione a norma dell'articolo 16, paragrafo 3, del regolamento sulle disposizioni comuni (RDC)(7),
– vista la sua risoluzione del 9 settembre 2015 sugli investimenti a favore della crescita e della creazione di posti di lavoro: promozione della coesione economica, sociale e territoriale nell'Unione(8),
– vista la sua risoluzione del 10 maggio 2016 sui nuovi strumenti per lo sviluppo territoriale nella politica di coesione 2014-2020: investimenti territoriali integrati (ITI) e sviluppo locale di tipo partecipativo (CLLD)(9),
– vista la relazione speciale della Corte dei conti, del 16 febbraio 2016, dal titolo "Per migliorare l'assistenza tecnica fornita alla Grecia, va prestata una maggiore attenzione ai risultati",
– vista l'analisi approfondita dal titolo "Technical assistance at the initiative of the Commission" (Assistenza tecnica su iniziativa della Commissione), pubblicata dalla Direzione generale delle Politiche interne (Dipartimento tematico B: Politica strutturale e di coesione) nel settembre 2016,
– vista la lettera della commissione per i bilanci,
– visto l'articolo 52 del suo regolamento,
– vista la relazione della commissione per lo sviluppo regionale (A8-0180/2017),
A. considerando che l'assistenza tecnica, che sia su iniziativa della Commissione o degli Stati membri, svolge un ruolo rilevante in tutte le fasi dell'attuazione della politica di coesione ed è uno strumento importante per attrarre e trattenere dipendenti di alta qualità nell'amministrazione, creare un sistema stabile di gestione e uso dei Fondi strutturali e d'investimento europei (Fondi SIE), nonché rimuovere le strozzature a livello dell'attuazione e dell'assistenza agli utenti nello sviluppo di progetti di qualità; che si dovrebbero studiare varie opzioni per il ricorso all'assistenza tecnica nella fase di preparazione dei programmi;
B. considerando che le autorità locali, regionali e nazionali spesso non possiedono la capacità necessaria per attuare in modo efficiente ed efficace i Fondi SIE e per organizzare un partenariato con le altre autorità pubbliche, inclusi le autorità cittadine, le parti economiche e sociali e i rappresentanti della società civile, in conformità dell'articolo 5 dell'RDC; che le capacità amministrative variano notevolmente tra Stati membri e regioni;
C. considerando che le misure relative all'assistenza tecnica dovrebbero essere rivolte anche ai partner coinvolti nella preparazione e nell'attuazione della politica di coesione, in particolare nei settori dello sviluppo delle capacità, della creazione di reti e della comunicazione sul tema della politica di coesione;
D. considerando che le autorità locali, regionali e nazionali hanno difficoltà a trattenere il personale qualificato, che tende a preferire lavori meglio retribuiti nel settore privato o posti più redditizi presso le autorità nazionali; che ciò ostacola fortemente la capacità delle autorità pubbliche di attuare correttamente i Fondi SIE e raggiungere gli obiettivi di coesione;
E. considerando che vi è ancora margine di miglioramento in termini di controllo e valutazione dell'assistenza tecnica nonostante sia trascorsa circa la metà del periodo di programmazione 2014-2020 e sia stato posto l'accento su un maggiore orientamento ai risultati;
F. considerando che è necessario ottimizzare il legame tra l'assistenza tecnica su iniziativa della Commissione e gli interventi di assistenza tecnica intrapresi a livello nazionale e regionale;
Assistenza tecnica su iniziativa della Commissione (articolo 58 dell'RDC)
1. osserva che le risorse disponibili per l'assistenza tecnica su iniziativa della Commissione sono state aumentate rispetto al precedente periodo di programmazione e portate allo 0,35 % della dotazione annua del FESR, dell'FSE e del Fondo di coesione (FC), al netto delle detrazioni per il meccanismo per collegare l'Europa (MCE) e per il Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD);
2. accoglie con favore le attività della Commissione finanziate dall'assistenza tecnica, in particolare il suo lavoro sullo strumento TAIEX REGIO PEER 2 PEER, sul quadro delle competenze, sullo strumento di autovalutazione, sui patti di integrità, sugli orientamenti per i funzionari responsabili degli appalti per evitare i 25 errori più comuni e sullo studio di valutazione delle capacità amministrative negli appalti pubblici in tutti gli Stati membri; invita gli Stati membri a ricorrere a dette iniziative; sottolinea che tali strumenti dovrebbero svolgere un ruolo maggiore nell'ambito della politica di coesione post 2020 e sollecita pertanto la Commissione a promuovere una sensibilizzazione a livello locale e regionale, ivi compreso a livello insulare, in merito al loro utilizzo; raccomanda di estendere l'ambito di applicazione dello strumento TAIEX REGIO PEER 2 PEER a tutti i partner, in conformità dell'articolo 5 dell'RDC, al fine di garantire un ampio scambio di esperienze, contribuire alla creazione di capacità e agevolare la valorizzazione delle buone prassi;
3. reputa necessario che la Commissione avvii una valutazione dell'efficacia e del valore aggiunto dell'attuazione dei Patti di integrità – Meccanismi di controllo civile per la salvaguardia dei Fondi dell'UE;
4. prende atto del lavoro svolto dalla task force per la Grecia e dal gruppo di sostegno per Cipro relativamente all'attuazione dei Fondi SIE in questi due paesi, in particolare per quanto riguarda i tassi di assorbimento, tenendo presente, nel contempo, che questo è solo uno degli indicatori per valutare positivamente la politica di coesione; osserva tuttavia che, secondo la relazione speciale della Corte dei conti europea dal titolo "Per migliorare l'assistenza tecnica fornita alla Grecia, va prestata una maggiore attenzione ai risultati", sono stati ottenuti risultati disomogenei nell'attuazione di una riforma efficace e sostenibile; invita quindi la Commissione a riferire in merito ai risultati conseguiti dalle operazioni del servizio di assistenza per le riforme strutturali in Grecia; evidenzia la necessità di continuare a migliorare il lavoro della task force in materia di migliore attuazione, sulla base delle esperienze maturate nel periodo di programmazione 2007-2013, per sostenere altri Stati membri che si trovano in difficoltà nell'attuare la politica di coesione;
5. prende atto dell'istituzione del Programma di sostegno alle riforme strutturali (SRSP) e riconosce che esso comporta un certo numero di benefici potenziali per la politica di coesione, come pure per altri ambiti; chiede che sia reso coerente e messo in armonia con le raccomandazioni specifiche per paese nel settore della politica di coesione; ritiene tuttavia che eventuali proroghe del programma non dovrebbero sminuire gli obiettivi tematici della politica di coesione, e che non dovrebbero essere sottratte risorse all'assistenza tecnica a titolo dei Fondi SIE; invita la Commissione a garantire, in cooperazione con gli Stati membri, il massimo coordinamento e le massime complementarità tra le azioni finanziate dall'SRSP e l'assistenza tecnica fornita a titolo dei Fondi SIE, così da concentrare l'azione, il più efficacemente possibile, sulla realizzazione degli obiettivi della politica di coesione;
6. prende atto della strategia per l'assistenza tecnica elaborata dalla DG della Politica regionale e urbana della Commissione; suggerisce la messa a punto di una strategia per l'assistenza tecnica più ampia, che assicuri un coordinamento più efficace che copra tutte le DG interessate dai Fondi SIE, nonché le attività del servizio di assistenza per le riforme strutturali connesse alla politica di coesione, al fine di ottimizzare il sostegno fornito, evitare i doppioni e massimizzare le sinergie e le complementarità;
7. sottolinea l'importanza dell'assistenza tecnica nel settore degli strumenti finanziari, il cui utilizzo sta crescendo in maniera esponenziale nonostante siano, per natura, alquanto complessi; accoglie con favore, a tale riguardo, il partenariato tra la Commissione e la Banca europea per gli investimenti sull'istituzione della piattaforma Fi-compass; invita la Commissione a ottimizzare l'assistenza tecnica al fine di coprire le aree in cui le autorità di gestione e i beneficiari incontrano maggiori difficoltà; accoglie con favore i miglioramenti tecnici del polo europeo di consulenza sugli investimenti per la combinazione dei Fondi SIE con il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS); sottolinea, tuttavia, che una maggiore capacità e semplificazione in questo specifico ambito dovrebbero riflettersi, in ultima analisi, in una minore necessità di assistenza tecnica nel settore degli strumenti finanziari; insiste inoltre sulla necessaria complementarità con gli interventi di assistenza tecnica attuati a valle, a livello nazionale e regionale;
8. accoglie con favore il sostegno fornito agli Stati membri nell'ambito dello strumento di assistenza tecnica Assistenza congiunta per la preparazione di progetti a favore delle regioni europee (JASPERS), che mette a disposizione degli Stati membri le competenze necessarie per aiutarli a preparare importanti progetti cofinanziati dal FESR e dal FC; resta in attesa della relazione speciale della Corte dei conti europea prevista per il 2017 e finalizzata a verificare se JASPERS abbia migliorato lo sviluppo di importanti progetti sovvenzionati cofinanziati dall'UE e abbia pertanto contribuito a un aumento della qualità dei progetti e della capacità amministrativa degli Stati membri; sottolinea, a questo proposito, la necessità di valutare attentamente se l'attività di JASPERS per il periodo 2007-2013 a livello di fornitura di un'analisi indipendente della qualità (IQR) abbia incrementato la qualità dei progetti e ridotto i tempi di approvazione dei progetti importanti da parte della Commissione;
9. rileva che non sono state condotte analisi globali del contributo effettivo dell'assistenza tecnica da quando ne è stato avviato l'utilizzo nel settore della politica di coesione; sottolinea che risulta quindi difficile effettuare una valutazione dettagliata della sua importanza e del suo contributo in termini di miglioramento della capacità amministrativa e di rafforzamento istituzionale ai fini di una gestione efficace dei Fondi SIE; chiede pertanto una maggiore informazione e trasparenza per quanto attiene alle attività di assistenza tecnica, un maggior peso del Parlamento nel monitoraggio e nel controllo, nonché lo svolgimento di uno studio completo e approfondito sul suo contributo al settore della politica di coesione;
10. ricorda l'importanza di indicatori adeguati e mirati, atti a misurare i risultati e l'impatto della spesa a titolo dei Fondi SIE, nonché la disponibilità dell'assistenza tecnica per il relativo monitoraggio; osserva che l'introduzione di indicatori comuni è stata un primo passo in questa direzione, caratterizzato però da una serie di lacune quali un'eccessiva attenzione al risultato, l'assenza di una prospettiva di lungo termine e la mancata corrispondenza dei bisogni informativi individuali; chiede con urgenza alla Commissione di investire nel miglioramento del sistema di rendicontazione e di valutazione sviluppando indicatori più adeguati, che possano essere utilizzati già nel prossimo periodo di programmazione;
11. invita la Commissione a prevedere misure e risorse volte a predisporre un'assistenza tecnica per l'attuazione delle strategie macroregionali dell'UE, dopo aver tenuto conto delle varie esperienze e percentuali di successo nell'attuazione di tali strategie, nonché del fatto che i partecipanti alle strategie includono Stati non membri e paesi con fondi limitati e risorse umane insufficienti; ritiene che ciò sarebbe più efficace per aiutare a preparare, a livello macroregionale, grandi progetti che possano beneficiare di finanziamenti a titolo della politica di coesione;
12. sottolinea che è importante attuare misure di assistenza tecnica specifiche per promuovere processi di reindustrializzazione nelle aree depresse, così da attrarre investimenti industriali in settori innovativi ad alto contenuto tecnologico e a basso impatto ambientale;
13. invita la Commissione a istituire un'assistenza tecnica, segnatamente gruppi di lavoro degli Stati membri, allo scopo di evitare ritardi nello sviluppo degli enti e dei programmi operativi che saranno necessari nel quadro della politica di coesione negli Stati membri dopo il 2020;
Assistenza tecnica su iniziativa degli Stati membri (articolo 59 dell'RDC)
14. sottolinea che il cofinanziamento dell'UE per l'assistenza tecnica a disposizione degli Stati membri nell'ambito dei cinque Fondi SIE nel periodo di programmazione 2014-2020 ammonta a circa 13,4 miliardi di EUR;
15. sottolinea che l'assistenza tecnica è, nella sostanza, diversa da altre azioni finanziate dai Fondi SIE e che è particolarmente difficile e complicato misurarne i risultati; sottolinea tuttavia che, in considerazione della sua necessità, del livello di risorse disponibili nel suo ambito e del suo potenziale, sono assolutamente necessari un approccio che sia strategico, trasparente e coordinato ai diversi livelli di governance, nonché una certa flessibilità per soddisfare le esigenze individuate dalle autorità di gestione negli Stati membri;
16. evidenzia che la valutazione dell'efficacia 2019 farà luce sui risultati del riscorso all'assistenza tecnica nel periodo di programmazione 2014-2020 e assicurerà che detti risultati non giungano troppo tardi per le discussioni sul periodo post 2020; chiede pertanto un dibattito e un'analisi più ampi in una fase intermedia sull'efficacia e i risultati dell'assistenza tecnica;
17. esprime preoccupazione quanto al fatto che in alcuni Stati membri l'assistenza tecnica non raggiunge in misura sufficiente e in modo efficace le autorità locali e regionali, le cui capacità amministrative sono generalmente più modeste; sottolinea che è fondamentale istituire canali di comunicazione validi e trasparenti tra i diversi livelli di governance al fine di attuare con successo i Fondi SIE e realizzare gli obiettivi della politica di coesione, ripristinando nel contempo la fiducia nel funzionamento efficace dell'UE e nelle sue politiche; ritiene che tutti i partner nella politica di coesione svolgano un ruolo importante a tal fine e propone che la Commissione proceda direttamente, nel prossimo periodo di programmazione finanziaria, alla loro responsabilizzazione; invita gli Stati membri a intensificare in misura significativa gli sforzi intesi a semplificare l'attuazione dei regolamenti sulla politica di coesione, comprese, in particolare, le disposizioni in materia di assistenza tecnica; accoglie pertanto con favore l'esempio di sistema a più livelli adottato in Polonia per l'attuazione della politica di coesione (con i tre pilastri dell'assistenza tecnica), che consente un approccio strategico coordinato, trasparente e più orientato ai risultati, e che genera un maggior valore aggiunto; chiede controlli più rigorosi sui risultati delle attività delle aziende private che offrono assistenza tecnica alle pubbliche amministrazioni, al fine di prevenire potenziali conflitti di interessi;
18. sottolinea che l'assistenza tecnica incentrata sullo sviluppo del potenziale umano deve essere utilizzata in funzione delle necessità precedentemente identificate nei piani di sviluppo dei dipendenti e nella formazione del personale specializzato;
19. sottolinea che la capacità dei livelli inferiori di governance è essenziale anche per il successo dei nuovi strumenti di sviluppo territoriale, come lo sviluppo locale di tipo partecipativo (CLLD) e gli investimenti territoriali integrati (ITI); chiede una decentralizzazione costante dell'attuazione del CLLD; rileva che, sebbene possa risultare difficile misurare gli effetti dell'assistenza tecnica, non è affatto impossibile, in particolare per quanto riguarda il rapporto costi-benefici; evidenzia che in alcuni Stati membri l'assistenza tecnica fornita per l'istituzione di un sistema completo di attuazione del FESR e per l'istituzione di un sistema per l'attuazione degli ITI registra un rapporto costi-benefici negativo; osserva tuttavia che i costi elevati potrebbero essere in parte spiegati da circostanze specifiche che richiedono sforzi più intensi, ad esempio, la creazione di un nuovo regime; chiede, di conseguenza, che siano messi in atto chiari meccanismi di controllo, in particolare per quanto riguarda le trattative non trasparenti sull'assistenza tecnica; ricorda l'importante ruolo svolto dai gruppi di azione locale, in particolare per l'attuazione del CLLD, e ritiene che gli Stati membri dovrebbero mettere a disposizione un'assistenza tecnica a sostegno del loro prezioso contributo allo sviluppo locale sostenibile nell'Unione;
20. richiama l'attenzione, nell'ambito delle attività di assistenza tecnica, sulla necessità di attivare il finanziamento di progetti di fattibilità tecnica ed economica in grado di dotare gli Stati membri di progetti strategici che potranno essere finanziati nell'ambito delle politiche di coesione;
21. osserva con preoccupazione che, nell'attuazione delle azioni integrate per lo sviluppo urbano sostenibile, sebbene i compiti siano delegati alle autorità urbane, che fungono da organismi intermedi, queste spesso non ricevono l'assistenza tecnica necessaria per il rafforzamento delle loro capacità; ritiene, a tale riguardo, che l'assistenza tecnica andrebbe potenziata a livello delle aree urbane, tenendo conto del ruolo svolto dalle autorità urbane nella politica di coesione e della necessità di creare una capacità forte per un'ulteriore attuazione dell'agenda urbana per l'UE e del Patto di Amsterdam;
22. rileva che il periodo di programmazione 2014-2020 prevede un maggiore coinvolgimento delle autorità locali; sottolinea che ciò implica maggiori competenze tecniche e amministrative; chiede alla Commissione di studiare iniziative e meccanismi che possano mettere gli attori locali nelle condizioni di poter sfruttare appieno le opportunità di programmazione previste dai regolamenti relativi ai Fondi SIE;
23. richiama l'attenzione sul codice europeo di condotta sul partenariato, che delinea la necessità di aiutare i partner pertinenti a rafforzare la propria capacità istituzionale ai fini della preparazione e dell'attuazione dei programmi; sottolinea che molti Stati membri non stanno applicando il codice europeo di condotta sul partenariato; osserva inoltre che bisognerebbe procedere a un'effettiva applicazione delle buone prassi e dei principi salienti di cui all'articolo 5 del soprammenzionato codice di condotta, relativi al coinvolgimento dei partner pertinenti nella preparazione dell'accordo e dei programmi di partenariato, con particolare attenzione ai temi del facile accesso alle informazioni rilevanti e della loro tempestiva diffusione; ribadisce la necessità di orientamenti chiari dell'UE che consentano di accrescere la coerenza e di eliminare l'incertezza normativa;
24. sottolinea la necessità di affidare, e finanziare, l'assistenza tecnica a soggetti nazionali qualificati in grado di assicurare un costante presidio all'attuazione; sottolinea, tuttavia, che questi finanziamenti non dovrebbero in alcun caso sostituirsi ai finanziamenti nazionali in questo settore e che sarebbe auspicabile un graduale passaggio strategico ad attività a più alto valore aggiunto per la politica di coesione in generale, come lo sviluppo delle capacità, la comunicazione o la condivisione delle esperienze;
25. evidenzia l'importanza dell'inclusione delle istituzioni che non fanno parte del sistema di gestione ma che hanno un impatto diretto sull'attuazione della politica di coesione; ricorda la necessità di offrire assistenza a dette istituzioni per espandere e migliorare le loro capacità e i loro standard amministrativi attraverso l'istruzione, lo scambio di conoscenze, la creazione di capacità, il networking e l'istituzione dei sistemi informatici necessari per la gestione dei progetti; mette in evidenza che una maggiore comunicazione sui risultati e i successi ottenuti con il sostegno dei Fondi SIE, e una migliore visibilità degli stessi possono contribuire al recupero della fiducia dei cittadini nei progetti europei; chiede pertanto la creazione di una dotazione separata per la comunicazione nell'ambito dell'assistenza tecnica su iniziativa degli Stati membri; invita la Commissione a promuovere la fungibilità degli interventi di assistenza tecnica al fine di conseguire economie di scala, nonché di finanziare azioni comuni relative ai diversi Fondi SIE;
26. sottolinea che, per ridurre le complicazioni procedurali eccessive, in futuro l'assistenza tecnica dovrebbe concentrarsi sempre di più sui destinatari e sui progetti, indipendentemente dal fatto che si riferisca al settore pubblico, privato o della società civile, al fine di garantire l'offerta di progetti innovativi e ben strutturati che si inseriscano nelle strategie esistenti ed evitando un approccio unico; invita gli Stati membri a sviluppare meccanismi per il coinvolgimento dei beneficiari dei Fondi SIE nell'attuazione e nel monitoraggio dell'assistenza tecnica; raccomanda che gli Stati membri creino una rete di info-point per consentire ai potenziali beneficiari di venire a conoscenza delle possibili fonti di finanziamento, dei programmi operativi e dei bandi aperti, nonché di apprendere come compilare i formulari di candidatura e come attuare i progetti;
27. sottolinea che l'assistenza tecnica deve essere considerata come uno strumento semplice e flessibile in grado di adattarsi ai contesti variabili; ritiene che l'assistenza tecnica debba contribuire alla sostenibilità dei progetti, vale a dire alla loro durata nel tempo, concentrandosi su ambiti chiave della politica di coesione e promuovendo risultati a lungo termine, ad esempio progetti che creano occupazione duratura; sottolinea, a tale proposito, che l'assistenza tecnica può essere utilizzata per testare soluzioni innovative e progetti pilota;
28. chiede una migliore comunicazione da parte degli Stati membri nel periodo di programmazione post 2020 in merito ai tipi di azioni finanziate a titolo dell'assistenza tecnica, nonché ai risultati conseguiti; sottolinea che è necessaria più trasparenza al fine di aumentare la visibilità dell'assistenza tecnica e monitorare le modalità e le aree di spesa, con lo scopo di conseguire una maggiore responsabilità, incluso un chiaro percorso di revisione; ritiene che, a questo riguardo, sia opportuno considerare l'idea di creare database, regolarmente aggiornati e disponibili al pubblico, delle azioni pianificate e intraprese dagli Stati membri, basandosi sull'esperienza del portale Open Data della Commissione per i Fondi SIE;
29. osserva che, nell'attuale periodo di programmazione, gli Stati membri hanno potuto scegliere tra inserire l'assistenza tecnica come asse prioritario all'interno di un programma operativo oppure dedicarvi un programma operativo specifico; invita la Commissione ad analizzare quale opzione abbia ottenuto più risultati e abbia consentito miglioramenti in termini di controllo e valutazione, tenendo conto dei diversi assetti istituzionali degli Stati membri;
30. chiede di incrementare l'utilizzo dell'assistenza tecnica a livello della cooperazione territoriale europea e dei relativi programmi, in particolare nel campo della cooperazione transfrontaliera, dal momento che tali settori presentano specificità proprie e richiedono un sostegno in tutte le fasi dell'attuazione, per potenziare così detta cooperazione e la portata dei suoi programmi;
31. chiede alla Commissione di tenere conto di tutti questi fattori nell'ambito della preparazione delle proposte legislative per la politica di coesione post 2020, ovvero dell'esperienza acquisita nel periodo di programmazione in corso e in quello precedente;
32. invita la Commissione a effettuare una valutazione ex post dell'assistenza tecnica con gestione sia centrale che condivisa;
o o o
33. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 18 maggio 2017 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che garantisce la portabilità transfrontaliera dei servizi di contenuti online nel mercato interno (COM(2015)0627 – C8-0392/2015 – 2015/0284(COD))
– vista la proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2015)0627),
– visti l'articolo 294, paragrafo 2, e l'articolo 114 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, a norma dei quali la proposta gli è stata presentata dalla Commissione (C8-0392/2015),
– visto l'articolo 294, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visto il parere del Comitato economico e sociale europeo del 27 aprile 2016(1),
– visto il parere del Comitato delle regioni dell'8 aprile 2016(2),
– visti l'accordo provvisorio approvato dalla commissione competente a norma dell'articolo 69 septies, paragrafo 4, del regolamento, e l'impegno assunto dal rappresentante del Consiglio, con lettera del 15 febbraio 2017, di approvare la posizione del Parlamento europeo, in conformità dell'articolo 294, paragrafo 4, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– visto l'articolo 59 del suo regolamento,
– visti la relazione della commissione giuridica e i pareri della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, della commissione per la cultura e l'istruzione e della commissione per l'industria, la ricerca e l'energia (A8-0378/2016),
1. adotta la posizione in prima lettura figurante in appresso;
2. chiede alla Commissione di presentargli nuovamente la proposta qualora la sostituisca, la modifichi sostanzialmente o intenda modificarla sostanzialmente;
3. incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione nonché ai parlamenti nazionali.
Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 18 maggio 2017 in vista dell'adozione del regolamento (UE) 2017/... del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla portabilità transfrontaliera di servizi di contenuti online nel mercato interno
Attuazione dell'accordo commerciale di libero scambio UE-Corea
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Risoluzione del Parlamento europeo del 18 maggio 2017 sull'attuazione dell'accordo di libero scambio tra l'Unione europea e la Repubblica di Corea (2015/2059(INI))
– visto l'accordo di libero scambio del 6 ottobre 2010 tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall'altra(1),
– visto l'accordo quadro di commercio e di cooperazione del 28 ottobre 1996 tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall'altra(2), e la decisione del Consiglio 2001/248/EC del 19 marzo 2001(3) sulle relative conclusioni
– vista la comunicazione della Commissione del 14 ottobre 2015 intitolata "Commercio per tutti – Verso una politica commerciale e di investimento più responsabile” (COM(2015)0497),
– vista la sua risoluzione del 7 luglio 2015 sulle ripercussioni esterne della politica commerciale e d'investimento dell'UE sulle iniziative pubblico-private nei paesi al di fuori dell'UE(4),
– vista la sua risoluzione del 27 settembre 2011 sulla nuova politica commerciale per l'Europa nel quadro della strategia Europa 2020(5),
– visto il regolamento (UE) n. 511/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2011, recante applicazione della clausola bilaterale di salvaguardia dell'accordo di libero scambio tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall'altra(6),
– vista la decisione del Consiglio del 16 settembre 2010 relativa alla firma, a nome dell'Unione europea, e all'applicazione provvisoria dell'accordo di libero scambio tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall'altra(7),
– vista la sua risoluzione del 17 febbraio 2011 sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo di libero scambio tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall'altra(8),
– vista la sua risoluzione del 25 novembre 2010 sulle politiche commerciali internazionali nel quadro degli imperativi dettati dai cambiamenti climatici(9),
– vista la sua risoluzione del 25 novembre 2010 sui diritti umani e le norme sociali e ambientali negli accordi commerciali internazionali(10),
– vista la sua risoluzione del 25 novembre 2010 sulla responsabilità sociale delle imprese negli accordi commerciali internazionali(11),
– visto l'accordo di Marrakech che istituisce l'Organizzazione mondiale del commercio (OMC),
– vista la sua risoluzione del 5 luglio 2016 su una nuova strategia innovativa e orientata al futuro sul commercio e gli investimenti(12),
– visto l'articolo 21 del trattato sull'Unione europea (TUE),
– visti gli articoli 207, 208 e 218 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE),
– visto l'articolo 52 del suo regolamento,
– visti la relazione della commissione per il commercio internazionale e il parere della commissione per l'occupazione e gli affari sociali (A8-0123/2017),
A. considerando che il 1° luglio 2016 ha segnato il quinto anniversario dell'entrata in vigore dell'accordo di libero scambio tra l'UE e i suoi Stati membri e la Repubblica di Corea (in appresso "Corea");
B. considerando che la nuova strategia commerciale della Commissione "Commercio per tutti" pone l'accento sull'importanza di garantire l'efficace attuazione degli accordi di libero scambio dell'UE, anche attraverso il ricorso al relativo meccanismo di risoluzione delle controversie;
C. considerando che l'accordo di libero scambio UE-Corea (in appresso "l'accordo") è entrato ufficialmente in vigore il 13 dicembre 2015 in seguito alla ratifica degli Stati membri dell'UE;
D. considerando che l'accordo è il primo di una nuova generazione di accordi di libero scambio conclusi dall'UE e da un paese partner asiatico che, oltre a eliminare le tariffe, contiene anche disposizioni relative all'eliminazione delle barriere non tariffarie, creando nuove opportunità di accesso al mercato per servizi e investimenti e anche in ambiti quali la proprietà intellettuale, gli appalti pubblici e la politica in materia di concorrenza, e che pertanto fungerà da esempio per i futuri accordi di libero scambio;
E. considerando che, nel periodo di validità dell'accordo:
–
il deficit della bilancia commerciale dell'Unione con la Corea, pari a 7,6 miliardi di EUR nel periodo di 12 mesi precedente l'entrata in vigore dell'accordo, è stato sostituito da un'eccedenza di 2,5 miliardi di EUR nel quinto anno di validità dell'accordo;
–
le esportazioni dell'UE verso la Corea sono aumentate del 47 %, passando da 30,6 miliardi di EUR nel periodo di 12 mesi precedente l'entrata in vigore dell'accordo a 44,9 miliardi di EUR nel quinto anno di validità dello stesso, comprese anche le esportazioni di prodotti che sono stati interamente o parzialmente liberalizzati dall'accordo, le quali sono aumentate rispettivamente del 57 % e del 71 %, mentre le esportazioni dell'UE verso la Corea di prodotti soggetti al dazio dello 0% nell'ambito della clausola della nazione più favorita sono aumentate del 25 % (1,9 miliardi di EUR);
–
le importazioni dell'UE dalla Corea nel quinto anno di validità dell'accordo si sono attestate a 42,3 miliardi di EUR, con un aumento dell'11 % rispetto al periodo di 12 mesi precedente l'entrata in vigore dell'accordo, comprese le importazioni di prodotti che sono stati interamente o parzialmente liberalizzati dall'accordo, le quali sono aumentate rispettivamente del 35 % e del 64 % (ossia di 5,0 miliardi di EUR e di 0,5 miliardi di EUR), mentre le importazioni dell'UE dalla Corea di prodotti soggetti al dazio dello 0% della nazione più favorita sono diminuite del 29 % (ossia di 5,8 miliardi di EUR);
–
la partecipazione dell'UE alle importazioni coreane in generale è aumentata dal 9 % prima dell'entrata in vigore dell'accordo al 13 % nel suo quarto anno di validità; nello stesso periodo la partecipazione dell'UE nelle esportazioni coreane è diminuita dall'11 % ad appena sotto il 9 %;
–
le esportazioni di automobili dell'Unione in Corea sono aumentate del 246 %, passando da 2 miliardi di EUR nel periodo di dodici mesi precedente l'entrata in vigore dell'accordo a 6,9 miliardi di EUR nel quinto anno di validità dell'accordo;
–
le importazioni dell'Unione di automobili dalla Corea sono aumentate del 71 %, passando da 2,6 miliardi di EUR nel periodo di dodici mesi precedente l'entrata in vigore dell'accordo a 4,5 miliardi di EUR nel quinto anno di validità dell'accordo;
–
le esportazioni di servizi dell'Unione erano pari a 11,9 miliardi di EUR nel 2014 e sono aumentate dell'11 % rispetto all'anno precedente e hanno portato a un'eccedenza della bilancia commerciale dell'UE con la Corea nel settore dei servizi pari a 6,0 miliardi di EUR nel 2014; nello stesso periodo le importazioni dell'Unione di servizi dalla Corea si sono attestate a 6,0 miliardi di EUR, il che rappresenta un aumento del 4 % rispetto al 2013;
–
gli investimenti diretti esteri (IDE) dall'UE in Corea hanno raggiungo nel 2014 la somma di 43,7 miliardi di EUR, il che ha reso l'Unione il maggiore investitore in Corea; gli IDE dalla Corea nell'UE si sono attestati invece a 20,3 miliardi di EUR, il che rappresenta un aumento del 35 % rispetto all'anno precedente;
–
il livello di utilizzo delle preferenze dell'UE sul mercato coreano è stato del 68,5 % mentre il livello di utilizzo delle preferenze della Corea è stato pari a circa l'85 %;
–
sono stati istituiti sette comitati speciali, sette gruppi di lavoro e un dialogo sulla proprietà intellettuale;
–
è operativo il comitato per il commercio e lo sviluppo sostenibile, organismo specializzato nell'attuazione del capo dell'accordo UE-Corea relativo al commercio e allo sviluppo sostenibile;
1. rammenta che l'accordo costituisce un processo e non una transazione una tantum e che quindi le sue attività, conformemente alle disposizioni dell'accordo, dovrebbero continuare nella pratica a essere sottoposte ad analisi e valutazioni periodiche relative all'impatto commerciale su specifici settori economici dell'UE e di ciascuno Stato membro dell'UE, rispettivamente; sottolinea, a tale proposito, l'importanza di assicurare l'adeguata attuazione dell'accordo nonché il rispetto delle relative disposizioni;
2. accoglie con favore che l'accordo abbia contribuito ad aumentare in modo significativo gli scambi commerciali tra l'UE e la Corea; esorta la Commissione e gli Stati membri a esaminare ulteriormente le conseguenze e l'impatto diretto dell'accordo sul benessere dei consumatori, degli imprenditori e dell'economia europea e a informare con maggiore efficacia il pubblico in merito a tale impatto;
3. sottolinea che la conclusione dell'accordo è stata senza precedenti, sia in termini di ambito di applicazione che di rapidità con cui le barriere commerciali avrebbero dovuto essere eliminate; ricorda, a titolo di esempio, che dopo cinque anni di applicazione dell'accordo entrambe le parti hanno eliminato praticamente tutti i dazi sulle importazioni;
4. richiama l'attenzione sul fatto che l'accordo, così come gli altri accordi sul libero scambio, i servizi e gli investimenti influiscono positivamente sullo sviluppo socioeconomico delle parti, sull'integrazione economica, sullo sviluppo sostenibile e sull'avvicinamento di paesi e cittadini;
5. prende nota dei lavori del Forum della società civile e dei gruppi consultivi interni istituiti conformemente alle disposizioni contenute nel capo sul commercio e lo sviluppo sostenibile, che rappresenta una parte integrante dell'intero pacchetto dell'accordo di libero scambio; ricorda che entrambe le parti si sono impegnate, a norma dell'articolo 13, paragrafo 4 dell'accordo, a rispettare, promuovere e attuare nelle rispettive leggi e prassi i principi derivanti dai loro obblighi acquisiti con l'adesione all'OIL e alla dichiarazione dell'OIL sui principi fondamentali e i diritti sul lavoro, in particolare la libertà di associazione e il diritto alla contrattazione collettiva; sottolinea, tuttavia, che i progressi compiuti dalla Corea sugli obiettivi contenuti nel capo sul commercio e lo sviluppo sostenibile non sono soddisfacenti e che sussistono ancora casi di violazione della libertà di associazione, compresi esempi preoccupanti di detenzione di leader dei sindacati e di interferenze nei negoziati, che invece dovrebbero rientrare nell'autonomia delle parti della contrattazione; esorta, a tale proposito, la Commissione ad avviare consultazioni formali con il governo coreano, conformemente all'articolo 13, paragrafo 14, dell'accordo, e, qualora tali consultazioni non dovessero sortire risultati, esorta il gruppo di esperti conformemente all’articolo 13, paragrafo 15, dell’accordo a intervenire e a continuare il dialogo riguardo al mancato rispetto da parte del governo coreano di alcuni degli impegni assunti e in particolare a profondere sforzi continui e sostenuti, in linea con gli obblighi sanciti dall'accordo, allo scopo di garantire la ratifica da parte della Corea delle convenzioni fondamentali dell'OIL che non ha ancora ratificato;
6. sottolinea che esistono considerevoli differenze tra gli Stati membri dell'UE nel livello di utilizzo delle preferenze, che oscilla dal 16 % al 92 %; sottolinea che un maggiore utilizzo delle preferenze vigenti potrebbe apportare ulteriori benefici agli esportatori dell'UE, per un valore di oltre 900 milioni di EUR; invita ad analizzare l'utilizzo delle preferenze in questo e in altri accordi commerciali per sfruttare in modo ottimale i vantaggi commerciali;
7. riconosce che, sebbene l'accordo soddisfi le aspettative delle parti in termini di aumento del commercio bilaterale e di approfondimento del partenariato commerciale, le seguenti questioni, nell'ambito dell'accordo e del dialogo con la Corea, dovrebbero essere analizzate, applicate in modo adeguato e attuate nello spirito dell'accordo e dovrebbero essere riviste per risolvere i problemi esistenti:
a)
gli ostacoli tecnici agli scambi, tra cui: la clausola di trasporto diretto che impedisce alle imprese di ottimizzare dal punto di vista economico le loro spedizioni mediante container, la clausola riguardante le merci riparate, l'inclusione dei trattori stradali nell'ambito di applicazione dell'accordo e la questione altrettanto importante delle norme e delle procedure relative ai certificati delle macchine esportate in Corea;
b)
gli ostacoli alle misure sanitarie e fitosanitarie, tra cui: le barriere che limitano le esportazioni dell'Unione di carne bovina e suina nonché di prodotti lattiero-caseari;
c)
il diritto di proprietà intellettuale, tra cui: il riconoscimento e la protezione delle indicazioni geografiche e i diritti commerciali di pubblica esecuzione delle opere musicali, dei fonogrammi, delle interpretazioni ed esecuzioni protette da diritto d'autore o da diritti connessi;
d)
il capo sul commercio e lo sviluppo sostenibile: la ratifica e l'applicazione da parte coreana delle convenzioni fondamentali dell'Organizzazione internazionale del lavoro;
e)
l'elaborazione delle norme in materia di origine e il loro effetto sul livello di utilizzo delle preferenze;
f)
le questioni doganali, comprese le procedure di verifica dell'origine;
8. osserva che recentemente si sono verificati casi in cui sono stati creati nuovi ostacoli non tariffari, quali norme tecniche precedentemente inesistenti sui macchinari, le apparecchiature o i veicoli; sottolinea che un fenomeno particolarmente inaccettabile è il ritiro dell'omologazione del veicolo a vari fabbricanti europei di automobili per motivi non accertati; invita la Commissione ad avviare colloqui bilaterali per eliminare tale fenomeno negativo;
9. sottolinea che molte piccole e medie imprese (PMI) non sono consapevoli delle possibilità offerte dall'accordo; invita pertanto la Commissione e gli Stati membri dell'UE a esaminare, in particolare, il tasso di utilizzo delle preferenze delle PMI e a intraprendere azioni efficaci volte a sensibilizzare le PMI riguardo alle opportunità derivanti dall'accordo;
10. sostiene un ulteriore approfondimento delle relazioni commerciali e di investimento tra l'UE e la Corea, segnatamente per quanto concerne il capo dell'accordo relativo agli investimenti; si attende che le difficoltà relative al capo sul commercio e lo sviluppo sostenibile siano risolte prima dei negoziati sul capo relativo agli investimenti; sostiene il coinvolgimento di entrambe le parti dell'accordo per creare una crescita economica e uno sviluppo sostenibile maggiori, a vantaggio dei cittadini dell'Unione e della Corea; invita la Commissione e il governo coreano a non utilizzare il vecchio metodo ISDS nei negoziati sul capo relativo agli investimenti, ma a basarsi invece su un nuovo sistema giurisdizionale per gli investimenti proposto dalla Commissione e invita quest'ultima a sviluppare nel lungo termine un sistema giurisdizionale multilaterale per gli investimenti che possa potenzialmente sostituire tutti i meccanismi di risoluzione delle controversie negli attuali accordo di libero scambio e in quelli futuri;
11. sottolinea l'importanza di rafforzare ulteriormente la cooperazione internazionale nel contesto multilaterale, plurilaterale, regionale e internazionale nel quadro dell'OMC, per esempio in relazione ai negoziati sull'Accordo sui beni ambientali (EGA) e sull'Accordo sugli scambi di servizi (TiSA);
12. sottolinea che il valore strategico dell'accordo va oltre l'ambito del commercio, in quanto esso getta solide basi per una relazione più profonda e caratterizzata da un impegno a lungo termine e contribuisce alla creazione di un partenariato strategico tra l'UE e la Corea;
13. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e al governo e all'Assemblea nazionale della Repubblica di Corea.
Raggiungere la soluzione fondata sulla coesistenza di due Stati in Medio Oriente
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Risoluzione del Parlamento europeo del 18 maggio 2017 sul raggiungimento di una soluzione fondata sulla coesistenza di due Stati in Medio Oriente (2016/2998(RSP))
– viste le sue precedenti risoluzioni sul processo di pace in Medio Oriente,
– viste le precedenti risoluzioni delle Nazioni Unite,
– viste le convenzioni delle Nazioni Unite sui diritti umani di cui Israele e Palestina sono firmatari,
– viste la relazione del 1° luglio 2016 e la dichiarazione del 23 settembre 2016 del Quartetto per il Medio Oriente,
– viste le conclusioni del Consiglio sul processo di pace in Medio Oriente, in particolare quelle del 18 gennaio 2016 e del 20 giugno 2016,
– visto l'Accordo euromediterraneo che istituisce un'associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e lo Stato di Israele, dall'altra,
– visto l'articolo 123, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,
A. considerando che il conseguimento della pace in Medio Oriente continua ad essere una priorità chiave per la comunità internazionale e un elemento indispensabile per la stabilità e la sicurezza a livello regionale e mondiale;
B. considerando che il vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza ("l'alto rappresentante") ha espresso in diverse occasioni il proprio impegno a rinnovare e rafforzare il ruolo dell'Unione nel processo di pace; che nell'aprile 2015 l'alto rappresentante ha nominato un nuovo rappresentante speciale dell'UE per il processo di pace in Medio Oriente (il "rappresentante speciale dell'UE"); che il rappresentante speciale non ha ancora ottenuto risultati;
C. considerando che il Quartetto e i partner regionali quali Egitto, Giordania e Arabia Saudita hanno un ruolo importante da svolgere nella ricerca di una soluzione al conflitto arabo-israeliano;
D. considerando che i continui episodi di violenza e attacchi terroristici nei confronti dei civili e l'incitamento alla violenza stanno aggravando fortemente il clima di diffidenza e sono sostanzialmente incompatibili con una risoluzione pacifica;
E. considerando che, nella sua risoluzione 2334 (2016), il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite:
a)
ha riaffermato che la costruzione di insediamenti israeliani nei territori palestinesi occupati dal 1967, compresa Gerusalemme Est, non ha validità giuridica e costituisce una flagrante violazione del diritto internazionale e un importante ostacolo al conseguimento della soluzione fondata sulla coesistenza di due Stati;
b)
ha invitato tutte le parti a distinguere, nell'ambito delle rispettive relazioni, tra il territorio dello Stato di Israele e i territori occupati dal 1967;
c)
ha rammentato che, sulla base della tabella di marcia del Quartetto, le forze di sicurezza dell'Autorità palestinese sono tenute a condurre operazioni efficaci volte a contrastare tutti coloro che partecipano ad attività terroristiche e a smantellare le capacità dei terroristi, anche mediante la confisca delle armi illegali;
F. considerando che, secondo l'Ufficio del rappresentante dell'UE in Palestina, negli ultimi mesi si è registrato un elevato tasso di demolizioni di strutture palestinesi;
G. considerando che nella Striscia di Gaza sono state segnalate numerose violazioni dei diritti umani;
H. considerando che la situazione dei prigionieri è preoccupante da entrambe le parti, specialmente per quanto concerne l'attuale sciopero della fame dei prigionieri palestinesi; che entrambe le parti dovrebbero ottemperare agli obblighi internazionali e rispettare i diritti dei prigionieri;
I. considerando che tutte le parti dovrebbero favorire il dialogo e la cooperazione pratica, segnatamente in materia di sicurezza, accesso all'acqua, servizi igienici e risorse energetiche, nonché a favore dello sviluppo dell'economia palestinese, offrendo così una prospettiva di speranza, pace e riconciliazione di cui la regione ha estremamente bisogno;
J. considerando che le relazioni tra l'UE ed entrambe le parti dovrebbero basarsi sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici, cui si ispira la loro politica interna e internazionale e che costituisce un elemento essenziale di tali relazioni;
1. ribadisce il suo fermo sostegno alla soluzione del conflitto israelo-palestinese fondata sulla coesistenza di due Stati sulla base dei confini del 1967, che prevede Gerusalemme come capitale di entrambi gli Stati e la coesistenza, all'insegna della pace e della sicurezza, di uno Stato di Israele sicuro e di uno Stato palestinese indipendente, democratico, territorialmente contiguo e vitale, sulla base del diritto all'autodeterminazione e del pieno rispetto del diritto internazionale;
2. sottolinea che è importante che le parti riprendano al più presto i negoziati su aspetti sostanziali onde conseguire una pace giusta, duratura e globale; invita entrambe le parti a evitare azioni suscettibili di innescare un'ulteriore escalation, tra cui misure unilaterali che potrebbero pregiudicare l'esito dei negoziati, compromettere la fattibilità della soluzione fondata sulla coesistenza di due Stati e alimentare ulteriormente la diffidenza; invita entrambe le parti a ribadire il loro impegno a raggiungere una soluzione fondata sulla coesistenza di due Stati, dissociandosi così da chi respinge questo approccio;
3. si oppone fermamente a tutte le azioni che compromettono la fattibilità della soluzione fondata sulla coesistenza di due Stati ed esorta entrambe le parti a dimostrare, nei programmi e nei fatti, un autentico impegno a favore di una soluzione fondata sulla coesistenza di due Stati, in modo da ripristinare un clima di fiducia; plaude all'impegno a collaborare per la pace espresso dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e dal presidente palestinese Mahmoud Abbas, recentemente in visita negli Stati Uniti;
4. sottolinea che tutelare e preservare la fattibilità della soluzione fondata sulla coesistenza di due Stati deve essere la priorità immediata delle politiche e delle azioni dell'Unione europea in relazione al conflitto israelo-palestinese e il processo di pace in Medio Oriente;
5. condanna tutti gli di violenza, gli atti di terrorismo contro gli israeliani nonché l'incitamento alla violenza, che rappresentano azioni fondamentalmente incompatibili con la promozione di una soluzione pacifica fondata sulla coesistenza di due Stati; osserva che, al fine di ripristinare la fiducia ed evitare un'escalation che comprometterebbe ulteriormente le prospettive di pace, è fondamentale che tutte le parti intraprendano azioni efficaci contro la violenza, il terrorismo, la retorica dell'odio e l'incitamento all'odio;
6. ricorda che gli insediamenti sono illegali ai sensi del diritto internazionale e sottolinea che le recenti decisioni di creare un nuovo insediamento nel cuore della Cisgiordania, di lanciare gare d'appalto per la costruzione di quasi 2 000 unità abitative e di dichiarare altri territori all'interno della Cisgiordania "territori di Stato" compromettono ulteriormente la prospettiva di raggiungere una soluzione praticabile fondata sulla coesistenza di due Stati; condanna il perseguimento della politica in materia di insediamenti e invita le autorità israeliane a porvi immediatamente fine nonché a invertire tale politica; deplora, in particolare, l'approvazione da parte della Knesset, il 6 febbraio 2017, della "legge di regolarizzazione", che prevede la legalizzazione retroattiva degli insediamenti costruiti su terreni privati palestinesi senza il consenso dei legittimi proprietari; attende la decisione della Corte suprema riguardo a tale legislazione;
7. si compiace di constatare che, al paragrafo 8 delle conclusioni del Consiglio del 18 gennaio 2016, l'UE e i suoi Stati membri ribadiscono il loro impegno a garantire la piena attuazione della legislazione dell'UE e degli accordi bilaterali UE-Israele vigenti;
8. chiede di porre fine alla demolizione di abitazioni palestinesi e di strutture e progetti finanziati dall'UE, allo sfollamento forzato di famiglie palestinesi e alla confisca di proprietà palestinesi in Cisgiordania, conformemente alla relazione del Quartetto; evidenzia che le autorità competenti dell'UE hanno la responsabilità di continuare a garantire che i finanziamenti dell'Unione non possano essere direttamente o indirettamente dirottati verso organizzazioni o attività terroristiche che incitano a compiere tali atti;
9. rammenta che il rispetto del diritto internazionale umanitario e del diritto internazionale dei diritti umani da parte degli attori statali e non statali, inclusa la responsabilità per le loro azioni, rappresenta un punto chiave per la pace e la sicurezza nella regione;
10. sottolinea che la riconciliazione intra-palestinese è un elemento importante per conseguire la soluzione fondata sulla coesistenza di due Stati e si rammarica della perdurante mancanza di unità tra i palestinesi; sostiene l'invito dell'UE alle fazioni palestinesi di rendere assolutamente prioritari la riconciliazione e il ritorno dell'Autorità palestinese nella Striscia di Gaza; sollecita le forze palestinesi a riprendere senza indugio gli sforzi di riconciliazione, in particolare convocando le elezioni presidenziali e legislative attese da tempo; evidenzia che l'Autorità palestinese deve assumere la sua funzione di governo nella Striscia di Gaza, anche nel settore della sicurezza, dell'amministrazione civile e tramite la sua presenza ai valichi di frontiera;
11. pone l'accento sul fatto che l'attività militante e la corsa illecita alle armi contribuiscono all'instabilità e ostacolano in ultima analisi gli sforzi volti al raggiungimento di una soluzione negoziata; invita le forze di sicurezza dell'Autorità palestinese a garantire la piena efficacia e la tempestività delle operazioni miranti a contrastare le attività dei gruppi militanti, come ad esempio il lancio di razzi in direzione di Israele; sottolinea la necessità imperativa di impedire l'acquisizione di armi da parte dei gruppi terroristici, il contrabbando di armi, la produzione di razzi e la costruzione di gallerie;
12. chiede nuovamente di porre fine al blocco illegale della Striscia di Gaza nonché di ricostruire e riabilitare tale zona quanto prima;
13. ricorda che, nel quadro della dichiarazione di Venezia del giugno1980, gli Stati membri dell'UE si sono assunti la propria responsabilità nel processo di pace; chiede l'adozione di una nuova dichiarazione dell'UE a giugno del corrente anno; chiede all'alto rappresentante di utilizzare la nuova dichiarazione per contribuire all'elaborazione di un'iniziativa europea ambiziosa e globale per la pace nella regione;
14. chiede che tale iniziativa di pace dell'Unione europea affronti la questione del conflitto israelo-palestinese, con l'obiettivo di conseguire risultati tangibili entro termini di tempo stabiliti, nell'ambito della soluzione fondata sulla coesistenza di due Stati, e sia corredata di un meccanismo internazionale di monitoraggio e attuazione; sottolinea l'importanza di collaborare, a tal proposito, con altri attori internazionali, in particolare nel quadro del Quartetto per il Medio Oriente e in considerazione dell'iniziativa di pace araba; invita a utilizzare efficacemente gli strumenti esistenti e l'influenza dell'Unione europea nelle relazioni con entrambe le parti, in modo da favorire gli sforzi di pace, dal momento che l'azione coordinata dell'UE è in grado di produrre risultati;
15. sottolinea che, per sostenere una vera iniziativa europea per la pace, è dovere primario degli Stati membri contribuire attivamente alla definizione di una posizione comune dell'Unione e astenersi dall'intraprendere iniziative unilaterali che indeboliscono l'azione europea; evidenzia che i capi di Stato e di governo europei non possono chiedere all'Unione di essere proattiva nella regione se le loro posizioni divergenti impediscono all'Unione di esprimersi con una sola voce attraverso l'alto rappresentante;
16. prende atto delle potenzialità della comunità araba palestinese in Israele, che può svolgere un ruolo importante nel conseguimento di una pace duratura tra israeliani e palestinesi, e dell'importanza della sua partecipazione e del suo contributo al processo di pace; chiede che tutti i cittadini di Israele godano degli stessi diritti, prerequisito fondamentale perché possano svolgere tale ruolo;
17. invita l'Unione europea a sostenere e tutelare gli attori della società civile, tra cui le organizzazioni per i diritti umani, che contribuiscono agli sforzi di pace e all'instaurazione di un clima di fiducia tra israeliani e palestinesi da entrambe le parti, e accoglie con favore il contributo apportato dalla società civile al processo di pace attraverso nuove idee e iniziative dal carattere innovativo;
18. suggerisce di avviare un'iniziativa dal titolo "Parlamentari per la pace" allo scopo di riunire parlamentari europei, israeliani e palestinesi, in modo da contribuire a far progredire un'agenda per la pace e integrare gli sforzi diplomatici dell'UE;
19. sottolinea che è necessario che l'UE promuova iniziative che favoriscano il ripristino della fiducia tra gli attori politici, non statali ed economici, e l'introduzione di un modello di cooperazione su questioni concrete; evidenzia altresì, a tale riguardo, l'importanza di settori strategici in cui la cooperazione è fondamentale per la vita quotidiana dei cittadini, quali ad esempio la sicurezza, l'accesso all'acqua, i servizi igienici, le risorse energetiche e la crescita dell'economia palestinese;
20. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al rappresentante speciale dell'Unione europea per il processo di pace in Medio Oriente, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al Segretario generale delle Nazioni Unite, al rappresentante del Quartetto, al Segretario generale della Lega degli Stati arabi, alla Knesset e al governo di Israele, al Presidente dell'Autorità palestinese e al Consiglio legislativo palestinese.
Strategia dell'UE relativa alla Siria
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Risoluzione del Parlamento europeo del 18 maggio 2017 sulla strategia dell'UE relativa alla Siria (2017/2654(RSP))
– viste le sue precedenti risoluzioni sulla Siria,
– viste la comunicazione congiunta della Commissione e dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza al Parlamento europeo e al Consiglio del 14 marzo 2017 dal titolo "Elementi di una strategia regionale dell'Unione europea per la Siria" (JOIN(2017)0011), e le conclusioni del Consiglio sulla Siria del 3 aprile 2017, che insieme costituiscono la nuova strategia dell'UE relativa alla Siria,
– vista la dichiarazione dei copresidenti, del 5 aprile 2017, alla conferenza "Sostenere il futuro della Siria e della regione",
– viste le dichiarazioni del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR) del 30 dicembre 2016 sull'annuncio della cessazione delle ostilità in Siria e del 23 marzo 2017 sulla Siria, nonché la dichiarazione del VP/AR a nome dell'UE del 9 dicembre 2016 sulla situazione ad Aleppo,
– viste le dichiarazioni del VP/AR del 6 aprile 2017 sul presunto attacco con armi chimiche a Idlib, Siria, e del 7 aprile 2017 sull'attacco USA in Siria,
– viste le decisioni del Consiglio concernenti misure restrittive dell'Unione europea nei confronti dei responsabili della repressione violenta in Siria, ivi incluse quelle del 14 novembre 2016 e del 20 marzo 2017,
– viste le relazioni della commissione internazionale indipendente d'inchiesta sulla Siria, istituita dal Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani (UNHRC), e le risoluzioni dell'UNHRC sulla Repubblica araba siriana,
– viste le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sull'ISIL/Daesh e il fronte al-Nusra nonché le pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sul conflitto nella Repubblica araba siriana, in particolare le risoluzioni 2218 (2013), 2139 (2014), 2165 (2014), 2191 (2014), 2199 (2015), 2254 (2015), 2258 (2015), 2268 (2016), 2328 (2016), 2332 (2016) e 2336 (2016),
– vista la risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 1325 (2000), del 31 ottobre 2000, sulle donne e la pace e la sicurezza,
– vista la risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite A/71/L.48, del 19 dicembre 2016, che istituisce un meccanismo internazionale, imparziale e indipendente per fornire assistenza nelle indagini e nell'azione penale nei confronti dei responsabili dei crimini più gravi in base al diritto internazionale commessi nella Repubblica araba siriana partire da marzo 2011,
– visto il comunicato di Ginevra del 2012,
– viste la Carta delle Nazioni Unite e tutte le convenzioni delle Nazioni Unite di cui la Siria è parte,
– visti lo statuto di Roma e i documenti costitutivi della Corte internazionale di giustizia,
– visti i tribunali ad hoc, compresi il Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia, il Tribunale penale internazionale per il Ruanda e il Tribunale speciale per il Libano,
– visti le Convenzioni di Ginevra del 1949 e i relativi protocolli aggiuntivi,
– visto l'articolo 123, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,
A. considerando che la guerra in Siria è divenuta una delle peggiori crisi umanitarie che il mondo abbia affrontato dopo la seconda guerra mondiale e continua a produrre conseguenze devastanti e tragiche per la sua popolazione; che numerosi civili, compresi i bambini, sono stati presi come obiettivo e continuano ad essere le vittime di questa brutale guerra civile e che oltre 400 000 persone hanno perso la vita dall'inizio del conflitto in Siria nel 2011; che 13,5 milioni di persone in Siria, vale a dire quasi tre quarti della popolazione rimanente, hanno assoluta necessità di aiuti d'emergenza, in particolare assistenza medica, cibo, acqua e rifugio; che gli sfollati interni sono 6,3 milioni, 4,7 milioni di persone vivono in aree sotto assedio e difficili da raggiungere e 5 milioni si trovano nei paesi vicini e nella regione allargata in quanto rifugiati; che la crisi in Siria ha un impatto sempre più destabilizzante per l'intera regione;
B. considerando che, dallo scoppio della guerra nel 2011, l'UE, insieme ai suoi Stati membri, ha mobilitato collettivamente più di 9,4 miliardi di euro da gennaio 2017 in risposta alla crisi siriana, sia in Siria che nella regione, il che la rende il maggior donatore; che l'UE ha anche sostenuto in modo sostanziale i paesi vicini che accolgono rifugiati;
C. considerando che tra le violazioni commesse durante il conflitto siriano vi sono attacchi mirati e indiscriminati a civili, uccisioni extragiudiziali, torture e maltrattamenti, arresti di massa e arbitrari, punizioni collettive, attacchi al personale medico e negazione di cibo e acqua; che il regime di Assad sarebbe responsabile di impiccagioni, atti di tortura e uccisioni extragiudiziali su vasta scala nelle strutture di detenzione; che il governo siriano ha intenzionalmente impedito alla popolazione civile l'accesso a beni e servizi essenziali, compresa la fornitura di cibo e di acqua e l'assistenza medica; che gli attacchi e l'utilizzo di una tattica di guerra che prevede di lasciar morire di fame i civili attraverso l'assedio di aree popolate costituiscono chiare violazioni del diritto internazionale umanitario; che tali reati sono finora rimasti impuniti;
D. considerando che l'ISIS/Daesh e altri gruppi jihadisti hanno compiuto atti atroci e crudeli, tra cui il ricorso a esecuzioni brutali e tacite violenze sessuali, rapimenti, torture, conversioni forzate e riduzione in schiavitù di donne e ragazze; che sono stati reclutati e utilizzati bambini in attacchi terroristici; che si nutrono profonde preoccupazioni per il benessere dei cittadini che si trovano attualmente sotto il controllo dell'ISIS/Daesh e per la possibilità che vengano utilizzati come scudi umani durante la campagna di liberazione; che tali crimini possono costituire crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio;
E. considerando che non viene rispettato il cessate il fuoco entrato in vigore il 30 dicembre 2016 e che sono state segnalate numerose violazioni in tutta la Siria e si sono verificati gravi incidenti, come l'attacco con armi chimiche a Khan Sheikhoun, presumibilmente commesso dal regime, e il bombardamento contro gli autobus che trasportavano cittadini evacuati dalle città sotto assedio di Foah e Kefraya verso le zone controllate dal governo; che decine di persone, compresi bambini, sono state uccise e molte altre sono rimaste ferite;
F. considerando che numerose indagini hanno accertato l'impiego, da parte delle forze di Assad, di agenti chimici destinati a ferire o uccidere i civili, in violazione dell'accordo del 2013 che prevedeva la loro eliminazione; che l'ultimo caso di armi di distruzione di massa utilizzate contro i civili si è verificato il 4 aprile 2017 a Khan Sheikhoun, nella provincia di Idlib, dove almeno 70 civili, molti dei quali bambini, sono stati uccisi e centinaia sono rimasti feriti; che il 12 aprile 2017 la Russia ha posto il veto, insieme alla Bolivia, a una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che avrebbe condannato il presunto uso di armi chimiche vietate in Siria e avrebbe chiesto al regime di Assad di collaborare a un'indagine sul caso; che gli Stati Uniti hanno informato l'UE che, in base alla loro valutazione, il regime siriano ha utilizzato armi chimiche e, in data 7 aprile, hanno risposto militarmente lanciando un attacco aereo sulla base aerea militare di Shayrat nel governatorato di Homs in Siria, con l'intenzione di prevenire e fermare la diffusione e l'utilizzo delle armi chimiche;
G. considerando che nel marzo 2017 l'UE ha aggiunto quattro militari siriani di alto grado all'elenco delle sanzioni a causa del loro ruolo nell'uso di armi chimiche contro la popolazione civile in linea con la politica dell'UE volta a contrastare la proliferazione e l'uso delle armi chimiche;
H. considerando che, nel suo intervento sullo stato dell'unione del settembre 2016, il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker ha menzionato la necessità di una strategia dell'Unione europea per la Siria; che, nel mese di ottobre, il Parlamento ha invitato il VP/AR Federica Mogherini a garantire che una nuova strategia sulla Siria sia intesa a facilitare un accordo politico nel paese, compresi strumenti di monitoraggio e di attuazione per rafforzare il rispetto degli impegni assunti nell'ambito del gruppo internazionale di sostegno alla Siria (International Syria Support Group – ISSG);
I. considerando che l'obiettivo della strategia dell'UE sulla Siria è quello di definire come l'UE possa svolgere un ruolo più visibile ed efficace nel contribuire ad una soluzione politica duratura in Siria, nell'ambito del quadro attualmente sostenuto dall'ONU, e appoggiare la ricostruzione post-accordo una volta avviata una transizione credibile; che tale strategia individua sei principali aree su cui concentrare l'attenzione, vale a dire: la cessazione della guerra attraverso un'autentica transizione politica; la promozione di una transizione significativa e inclusiva; far fronte alle esigenze umanitarie dei siriani più vulnerabili; promuovere la democrazia e i diritti umani; promuovere l'assunzione di responsabilità per i crimini di guerra; e sostenere la resilienza della popolazione siriana e della società;
J. considerando che il 5 aprile 2017 l'UE ha copresieduto una conferenza sul tema "Sostenere il futuro della Siria e della regione", che ha riunito rappresentanti di oltre 70 paesi e organizzazioni internazionali e della società civile internazionale e siriana; che la conferenza di Bruxelles ha convenuto un approccio globale per gestire la crisi siriana, con un'assistenza finanziaria supplementare per far fronte alla situazione umanitaria pari a 3,47 miliardi di euro per il periodo 2018-2020, di cui 1,3 miliardi di euro provenienti dall'UE, che è il principale donatore per quanto concerne la crisi; che, inoltre, alcune istituzioni finanziarie internazionali e alcuni donatori hanno annunciato circa 27,9 miliardi di euro in prestiti; che, stando alle stime, i costi della ricostruzione della Siria si attestano a circa 200 miliardi di dollari;
K. considerando che l'UE riconosce e sostiene gli sforzi compiuti da Turchia, Libano e Giordania, ovvero i paesi confinanti della Siria che ospitano il maggior numero di rifugiati;
L. considerando che ad Astana (Kazakhstan), il 4 maggio 2017, la Russia, l'Iran e la Turchia hanno raggiunto un accordo che istituisce quattro zone di allentamento della tensione; che i tre paesi firmatari dovranno fungere da garanti della tregua di sei mesi, rinnovabili, anche attraverso controlli armati sul campo; che tale accordo chiede che si ponga fine a tutti i voli da parte del regime di Assad su tali zone e un accesso umanitario senza restrizioni alle zone controllate dai ribelli; che questa settimana a Ginevra riprende un nuovo ciclo di colloqui guidati dalle Nazioni Unite e un altro ciclo di colloqui guidati dalla Russia è previsto per la metà luglio in Kazakhstan;
M. considerando che l'UE ha ripetutamente affermato che non esiste una soluzione militare al conflitto siriano e che solo una transizione a guida siriana e inclusiva può porre termine alle inaccettabili sofferenze del popolo siriano; che, pur essendo chiaro che la ricostruzione può iniziare solo dopo un accordo politico, gli sforzi di riconciliazione dovrebbero iniziare quanto prima possibile ed essere sostenuti dall'UE al fine di assicurare una stabilità a lungo termine; che, in questo contesto, è essenziale stabilire la verità, promuovere la responsabilità e la giustizia transizionale e ricorrere all'amnistia;
1. accoglie con favore la strategia dell'UE per la Siria, tra cui gli obiettivi strategici dell'UE sulla Siria e gli obiettivi dell'UE per la Siria nonché l'esito della conferenza di Bruxelles che ha garantito gli impegni pluriennali; sollecita tutti i partecipanti e i donatori internazionali ad onorare pienamente i loro impegni e a mantenere il loro sostegno in futuro;
2. condanna, ancora una volta e con la massima fermezza, le atrocità e le diffuse violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario commesse da tutte le parti coinvolte nel conflitto, e in particolare dalle forze del regime di Assad con il sostegno dei suoi alleati, la Russia e l'Iran, e perpetrate da gruppi armati non statali, in particolare l'ISIS/Daesh e Jabhat Fateh al-Sham; sottolinea la sua posizione secondo cui tutti i responsabili di violazioni del diritto internazionale umanitario e del diritto internazionale in materia di diritti umani devono rispondere delle loro azioni; incoraggia tutti gli Stati ad applicare il principio della giurisdizione universale nel far fronte all'impunità e si compiace delle iniziative adottate da alcuni Stati membri dell'UE a tal fine, tra cui la recente decisione della Corte nazionale spagnola di giudicare in merito a una denuncia penale nei confronti di nove funzionari dei servizi segreti siriani accusati di tortura e di violazioni dei diritti umani; ribadisce il suo invito all'UE e agli Stati membri a valutare, in stretta cooperazione con i paesi che condividono la stessa linea, la possibilità di istituire un tribunale siriano per i crimini di guerra, in attesa dell'avvenuto deferimento alla Corte penale internazionale; evidenzia altresì la necessità di assicurare alla giustizia coloro che commettono crimini contro minoranze e gruppi religiosi, etnici e di altro tipo; resta convinto che in Siria non potranno esservi né un'efficace risoluzione del conflitto né una pace sostenibile se i responsabili dei crimini commessi non saranno chiamati a rispondere delle loro azioni;
3. condanna con la massima fermezza l'efferato attacco chimico aereo del 4 aprile 2017 che ha colpito la città di Khan Sheikhoun nella provincia di Idlib e causato la morte di almeno 70 civili, compresi bambini e operatori umanitari, con molte vittime che manifestavano sintomi di avvelenamento da gas; osserva che le accuse di utilizzo di armi chimiche sono credibili, secondo la valutazione preliminare eseguita dalla missione d'informazione dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW); sottolinea l'obbligo per la Siria di rispettare le raccomandazioni della missione conoscitiva dell'OPCW e il meccanismo investigativo congiunto delle nazioni Unite - OPCW, fornendo accesso immediato e senza ostacoli e riconoscendo il diritto ad ispezionare ogni sito; sottolinea che i responsabili di tali attacchi saranno chiamati a rispondere delle loro azioni dinanzi alla giustizia; deplora i ripetuti veti della Russia in seno al Consiglio di sicurezza, anche nei confronti della risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che condannava il recente attacco chimico e chiedeva un'indagine internazionale;
4. accoglie con favore l'istituzione di un meccanismo internazionale, imparziale e indipendente per fornire assistenza nelle indagini e nell'azione penale nei confronti dei responsabili dei crimini più gravi in base al diritto internazionale commessi nella Repubblica araba siriana a partire da marzo 2011; deplora che tale meccanismo non sia stato ancora finanziato integralmente; esorta tutti gli Stati membri a onorare i loro impegni al riguardo;
5. ribadisce il suo impegno per l'unità, la sovranità, l'integrità territoriale e l'indipendenza della Siria e appoggia un approccio "Siria nel suo insieme" forte e un futuro democratico per il popolo siriano; insiste su un processo politico condotto dalla Siria, che possa condurre ad elezioni libere e eque, facilitato e monitorato dalle Nazioni Unite e basato su una nuova costituzione, quale unico modo per pacificare il paese; si rivolge a tutte le parti ribadendo che un cessate il fuoco nazionale e inclusivo e una soluzione pacifica e reciprocamente accettabile della crisi siriana possono essere conseguiti sotto l'egida delle Nazioni Unite e, come previsto nel comunicato di Ginevra del 2012 e nella risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 2254(2015), con il sostegno dell'inviato speciale del Segretario generale per la Siria Staffan de Mistura e i principali attori internazionali e regionali;
6. prende atto del recente memorandum sulla creazione di zone di distensione in Siria e sostiene la volontà di rafforzare il cessate il fuoco, bloccare il sorvolo delle zone di distensione da parte delle forze aeree del regime e creare le condizioni per l'accesso umanitario, l’assistenza medica, il rientro dei civili sfollati alle loro case e il ripristino delle infrastrutture danneggiate; sottolinea, tuttavia, le preoccupazioni espresse dall'opposizione quanto alla possibilità che l'accordo determini la creazione di zone di influenza e la divisione della Siria; invita tutte le parti ad attuare gli accordi di Astana e i tre garanti a garantire che il cessate il fuoco venga rispettato; sottolinea l'importanza di eliminare ogni ambiguità rispetto ai gruppi che non sono interessati dal cessate il fuoco e invita tutte le parti, compresa la Turchia, a garantire che il memorandum non agevoli gli attacchi contro le forze alleate all’opposizione moderata o quelle che combattono a fianco della coalizione internazionale contro ISIS/Daesh; evidenzia che occorre garantire il monitoraggio internazionale dell'attuazione e sostiene un forte coinvolgimento delle Nazioni Unite;
7. sollecita la Federazione russa e la Repubblica islamica dell'Iran a utilizzare la loro influenza sul regime siriano affinché questo accetti e cerchi attivamente di raggiungere un compromesso ragionevole che ponga fine alla guerra civile e spiani la strada a un'autentica transizione inclusiva; invita l'UE e i suoi Stati membri a continuare a sostenere l'opposizione moderata, individuando e isolando gli elementi radicalizzati e promuovendo la riconciliazione; incoraggia i membri dell'Alto comitato di negoziazione a continuare a partecipare ai colloqui di Ginevra sotto l'egida delle Nazioni Unite;
8. ritiene fermamente che l'UE debba impegnarsi più attivamente e sfruttare il suo importante contributo finanziario postbellico per svolgere un ruolo significativo negli sforzi negoziali nell'ambito del quadro attualmente sostenuto dall'ONU e garantire la transizione politica, sviluppando una linea politica specifica che miri ad avvicinare le parti e a intensificare i suoi sforzi in settori in cui l'Unione può avere un valore aggiunto; sostiene gli sforzi profusi dal VP/AR per instaurare contatti con i principali attori della regione al fine di garantire la transizione politica, la riconciliazione postbellica e la ricostruzione; esorta il VP/AR a iniziare a sviluppare un piano concreto per quanto riguarda la sua partecipazione alla ricostruzione della Siria e impegnarsi in uno sforzo comune e partecipativo con le principali organizzazioni internazionali e istituzioni finanziarie, nonché con gli attori regionali e locali; sottolinea tuttavia l'importanza dell'adesione al processo di ricostruzione postbellica da parte degli stessi siriani;
9. sottolinea l'importanza fondamentale dell'operato delle organizzazioni della società civile e delle ONG locali e internazionali nel documentare le prove relative ai crimini di guerra, ai crimini contro l'umanità e ad altre violazioni, tra cui la distruzione del patrimonio culturale; invita l'UE e i suoi Stati membri a fornire un'assistenza ulteriore e completa a tali soggetti; invita l'UE e i suoi Stati membri a finanziare adeguatamente le organizzazioni che si occupano di indagini open source e di raccolta digitale di prove di crimini di guerra e crimini contro l'umanità, al fine di garantire che i responsabili rispondano delle loro azioni e siano consegnati alla giustizia;
10. accoglie favorevolmente l'enfasi posta sul sostegno alla resilienza della popolazione siriana e della società siriana nella strategia dell'UE per la Siria; invita l'UE e i suoi Stati membri a raddoppiare gli sforzi volti a sviluppare le capacità della popolazione e della società civile siriana, in particolare con l'aiuto di soggetti che promuovano i diritti umani, l'uguaglianza (compresa l'uguaglianza di genere e i diritti delle minoranze), la democrazia e l'emancipazione, ove possibile in Siria nonché tra i rifugiati siriani che vivono in esilio nella regione o in Europa; sottolinea che lo sviluppo delle capacità dovrebbe aiutare i siriani a guidare la transizione (in ambiti come la regolamentazione dei media, il decentramento, l'amministrazione municipale, la stesura della Costituzione) tenendo in debita considerazione le esigenze e il ruolo delle donne;
11. esprime soddisfazione per il fatto che il ruolo della società civile, comprese le organizzazioni femminili, sia stato riconosciuto come parte fondamentale di una soluzione duratura; ricorda che l'UE deve promuovere e facilitare una partecipazione o una consultazione adeguate della società civile e delle donne nel processo di pace, in linea con l'approccio globale all'attuazione da parte dell'UE delle risoluzioni nn. 1325 (2000) e 1820 (2008) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulle donne, la pace e la sicurezza; insiste sul fatto che i diritti umani delle donne debbano trovare riscontro nella nuova Costituzione della Siria;
12. ritiene, pur ribadendo il proprio sostegno agli sforzi della coalizione internazionale contro l'ISIS/Daesh, che la strategia dell'UE avrebbe anche dovuto contemplare aspetti riguardanti la lotta contro l'ISIS/Daesh e altre organizzazioni terroristiche elencate dall'ONU, evidenziando e ponendo l'accento sulle cause politiche e socioeconomiche profonde che hanno facilitato la diffusione del terrorismo e individuando azioni concrete per contrastarle; ritiene inoltre che avrebbero dovuto essere definite modalità per contribuire al mantenimento del carattere multietnico, multireligioso e multiconfessionale della società siriana;
13. sottolinea che è importante proteggere le minoranze etniche e religiose in Siria e crede fermamente che qualsiasi processo politico dovrebbe essere inclusivo e finalizzato a ripristinare in Siria uno Stato tollerante e multiconfessionale;
14. rammenta che la rapida istituzione di misure per la promozione della fiducia (confidence building measures - CBM), compreso l'accesso umanitario totale in tutta la Siria, l'offerta di servizi pubblici di base (elettricità, acqua, assistenza sanitaria), la fine di tutti gli assedi delle città e la liberazione di prigionieri e ostaggi, sia di fondamentale importanza; accoglie con favore l'accordo tra il governo siriano e i gruppi ribelli per consentire l'evacuazione di quattro città assediate; esorta tutte le parti a sostenere e a facilitare l'adozione di un accordo globale sulle CBM;
15. rileva con rammarico che il devastante conflitto civile ha fatto regredire il paese di decenni in termini di sviluppo economico e sociale, costringendo milioni di persone alla disoccupazione e alla povertà e comportando una notevole distruzione dei servizi sanitari ed educativi, grandi spostamenti della popolazione siriana e fuga di cervelli; sottolinea pertanto l'importanza di aumentare l'assistenza non umanitaria volta a rafforzare la resilienza delle persone all'interno della Siria e a riavviare l'economia; invita inoltre gli Stati membri ad assumere un impegno più risoluto a favore della ripartizione delle responsabilità, consentendo ai profughi in fuga dalle zone di guerra siriane di trovare protezione al di là dei paesi limitrofi, anche attraverso il reinsediamento e programmi di ammissione per motivi umanitari; ritiene tuttavia che, non appena finito il conflitto, i profughi siriani qualificati debbano essere incentivati a rientrare e a contribuire agli sforzi di ricostruzione;
16. plaude alle priorità del nuovo partenariato concluso dall'UE con la Giordania e il Libano e all'allentamento delle norme di origine dell'UE per le esportazioni provenienti dalla Giordania; si rammarica che un numero consistente di rifugiati in Giordania, in Libano e in Turchia vivano ancora in condizioni sociali ed economiche precarie e che spesso non possano trovare un'occupazione (legale); invita il VP/AR a insistere affinché le autorità della Giordania e del Libano cooperino per eliminare gli ostacoli (informali) rimanenti, sostenere un aumento delle opportunità di lavoro autonomo e concretizzare gli impegni sulla creazione di posti di lavoro per le donne e i giovani;
17. aderisce pienamente all'obiettivo di garantire un'iniziativa "Nessuna generazione perduta di bambini" in Siria e nella regione e chiede ulteriori sforzi affinché tutti i minori rifugiati e vulnerabili nelle comunità di accoglienza abbiano accesso a un'istruzione di qualità, in condizioni di parità per ragazze e ragazzi; sottolinea la necessità di riconoscere l'istruzione spesso informale nei campi profughi e di sostenere la riabilitazione psicologica di questi bambini traumatizzati;
18. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri dell'UE, alle Nazioni Unite, ai membri del gruppo internazionale di sostegno alla Siria nonché a tutte le parti coinvolte nel conflitto, e a garantire la traduzione in arabo del presente testo.
Trasporto stradale nell'Unione europea
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Risoluzione del Parlamento europeo del 18 maggio 2017 sul trasporto stradale nell'Unione europea (2017/2545(RSP))
– visto l'articolo 91 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– vista la direttiva 1999/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 1999, relativa alla tassazione a carico di autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada per l'uso di alcune infrastrutture(1),
– vista la direttiva 2002/15/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2002, concernente l'organizzazione dell'orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto(2),
– visto il regolamento (CE) n. 561/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, relativo all'armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada(3),
– visto il regolamento (CE) n. 1071/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che stabilisce norme comuni sulle condizioni da rispettare per esercitare l'attività di trasportatore su strada(4),
– visto il regolamento (CE) n. 1072/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che fissa norme comuni per l'accesso al mercato internazionale del trasporto di merci su strada(5),
– visto il regolamento (CE) n. 1073/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che fissa norme comuni per l'accesso al mercato internazionale dei servizi di trasporto effettuati con autobus(6),
– visto il regolamento (UE) n. 165/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 febbraio 2014, relativo ai tachigrafi nel settore dei trasporti su strada(7),
– visto il libro bianco della Commissione dal titolo "Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti – Per una politica dei trasporti competitiva e sostenibile" (COM(2011)0144),
– vista la sua risoluzione del 9 settembre 2015 sulla messa in atto del Libro bianco 2011 sui trasporti: bilancio e via da seguire per una mobilità sostenibile(8),
– vista la sua risoluzione del 19 gennaio 2017 sulla logistica nell'UE e sul trasporto multimodale nei nuovi corridoi TEN-T(9),
– vista la sua risoluzione del 24 novembre 2016 sulle nuove opportunità per le piccole imprese di trasporto, compresi i modelli di economia collaborativa(10),
– vista la relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sullo stato del mercato europeo del trasporto stradale (COM(2014)0222),
– vista la direttiva (UE) 2015/413 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2015, intesa ad agevolare lo scambio transfrontaliero di informazioni sulle infrazioni in materia di sicurezza stradale(11),
– viste le comunicazioni della Commissione dal titolo "Strategia europea per una mobilità a basse emissioni" (COM(2016)0501) e "Trasporti e CO2" (COM(1998)0204),
– visto l'accordo di Parigi nel cui quadro i firmatari si sono impegnati a contenere l'aumento della temperatura globale in questo secolo ben al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali e a proseguire gli sforzi per limitare l'aumento della temperatura a 1,5°C,
– vista la dichiarazione di Amsterdam del 14 aprile 2016 sulla cooperazione nel campo della guida connessa e automatizzata – Navigare con veicoli connessi e automatizzati sulle strade europee,
– vista la sua risoluzione del 14 settembre 2016 sul dumping sociale nell'Unione europea(12),
– vista la comunicazione della Commissione dal titolo "Una strategia europea per i sistemi di trasporto intelligenti cooperativi, prima tappa verso una mobilità cooperativa, connessa e automatizzata" COM(2016)0766,
– visto l'articolo 123, paragrafo 2, del suo regolamento,
A. considerando che la Commissione dovrebbe presentare con urgenza proposte legislative in merito al mercato del trasporto di merci su strada (in appresso "iniziative nel settore stradale"), con l'obiettivo di individuare e affrontare le sfide cui è esposto il settore;
B. considerando che l'economia del trasporto su strada nell'UE assicura 5 milioni di posti di lavoro diretti e contribuisce per quasi il 2 % al PIL dell'UE, con 344 000 imprese di trasporto di persone su strada e oltre 560 000 imprese di trasporto di merci su strada(13);
C. considerando che nel 2013 le attività di trasporto di persone su strada nell'UE hanno registrato 5 323 miliardi di passeggeri-chilometro e che le autovetture hanno rappresentato il 72,3 % del totale delle attività di trasporto di passeggeri nell'UE 28, mentre gli autobus l'8,1 %(14);
D. considerando che la sicurezza stradale rimane un tema di grande attualità per l'UE, dove nel 2015 sono stati registrati 135 000 feriti gravi e 26 100 decessi;
E. considerando che il trasporto su strada costituisce un motore dell'economia dell'UE e dovrebbe continuare a svolgere un ruolo di primo piano nella generazione di ulteriore crescita economica e nella creazione di posti di lavoro, come pure nella promozione della competitività e della coesione territoriale; che è necessario, nel contempo, che il settore diventi più sostenibile e che rispetti condizioni di lavoro dignitose e i diritti sociali;
F. considerando che il trasporto su strada è un settore in cui l'Europa è leader a livello mondiale, sia nelle attività di fabbricazione che di trasporto, e che è essenziale che il trasporto su strada europeo continui a svilupparsi, a investire e a rinnovarsi in modo sostenibile ed ecologico, onde mantenere la sua leadership tecnologica a livello mondiale nel contesto di un'economia globale sempre più caratterizzata dall'emergere di nuovi potenti attori e di nuovi modelli imprenditoriali;
G. considerando che il trasporto su strada continua a eliminare progressivamente i combustibili fossili, data l'urgente necessità di migliorare l'efficienza energetica e la sostenibilità di questo settore, in particolare tramite i combustibili alternativi, i gruppi propulsori alternativi e la digitalizzazione, in maniera economicamente efficiente senza sacrificarne la competitività;
H. considerando che i trasporti svolgono un ruolo di rilievo nei cambiamenti climatici, giacché rappresentano circa il 23,2 % del totale delle emissioni di gas serra dell'UE, e che nel 2014 il trasporto su strada è stato responsabile del 72,8 % delle emissioni di gas serra del settore dei trasporti dell'UE;
I. considerando che, in base alle stime, la congestione stradale costa all'economia dell'UE l'equivalente dell'1 % del suo PIL in perdite di tempo, consumo aggiuntivo di carburante e inquinamento;
J. considerando che il trasporto internazionale di merci su strada si trova ad affrontare un numero crescente di ostacoli normativi stabiliti dagli Stati membri;
K. considerando che le reti multimodali e l'integrazione dei diversi modi e servizi di trasporto hanno il potenziale per migliorare i collegamenti e l'efficienza del trasporto di persone e merci, contribuendo così a ridurre le emissioni di carbonio e altre emissioni dannose;
L. considerando che da parte degli Stati membri vi è una mancanza di applicazione della legislazione europea in materia di cabotaggio;
M. considerando che vi sono enormi differenze in tutta l'Unione nell'attuazione della normativa in vigore in materia di condizioni di lavoro, diritti sociali e sicurezza stradale;
Migliorare la competitività e l'innovazione nel settore dei trasporti su strada
1. ritiene che le iniziative nel settore stradale dovrebbero fornire un impulso quanto mai necessario per aumentare la sostenibilità, la sicurezza, l'innovazione e la competitività del settore europeo dei trasporti su strada, per sviluppare ulteriormente l'infrastruttura stradale europea al fine di migliorare l'efficienza della logistica e dei trasporti su strada e per garantire condizioni di parità per gli operatori sul mercato globale, come pure il completamento e il miglioramento del funzionamento del mercato interno per il trasporto su strada di passeggeri e merci, nonché per definire una strategia a lungo termine per il settore europeo del trasporto su strada;
2. ritiene inoltre che le iniziative nel settore stradale dovrebbero incoraggiare lo sviluppo tecnologico di veicoli, promuovere i combustibili alternativi, aumentare l'interoperabilità dei sistemi e delle modalità di trasporto e garantire l'accesso al mercato per le PMI;
3. invita la Commissione, nell'elaborazione delle iniziative nel settore stradale, a tenere conto della risoluzione del Parlamento del 9 settembre 2015 sulla messa in atto del libro bianco 2011 sui trasporti; sottolinea che il trasporto su strada deve essere considerato nell'ambito di un approccio olistico e a lungo termine nel quadro della politica dell'UE in materia di trasporti intermodali e sostenibili;
4. invita la Commissione, nell'elaborazione del pacchetto di iniziative sulla mobilità stradale, a tenere ugualmente conto della risoluzione del Parlamento del 14 settembre 2016 sul dumping sociale nell'Unione europea;
5. sottolinea che il settore dei trasporti stradali fornisce un importante contributo alla crescita e all'occupazione nell'UE e che la situazione economica è strettamente collegata alla competitività del settore europeo dei trasporti su strada; chiede pertanto l'adozione di politiche proattive intese a sostenere e sviluppare un settore stradale sostenibile in un'ottica di concorrenza leale, soprattutto per le PMI, in particolare in vista dei futuri sviluppi digitali, tecnologici e ambientali in questo settore, incoraggiando al tempo stesso il miglioramento delle competenze della forza lavoro;
6. invita il settore stradale a cogliere le opportunità offerte dalla digitalizzazione; invita la Commissione a sviluppare le infrastrutture di comunicazione sia "da veicolo a veicolo" sia "da veicolo a infrastruttura" al fine di migliorare la sicurezza stradale e l'efficienza e preparare il futuro della mobilità stradale; sottolinea la necessità di sviluppare il trasferimento di tecnologie per i veicoli, di aumentare il loro sostegno logistico e di elaborare definizioni e norme adeguate in materia; invita la Commissione a fornire un quadro normativo adeguato per la guida connessa e automatizzata nonché per nuovi modelli di economia collaborativa;
7. esorta la Commissione a rafforzare l'armonizzazione nel settore del trasporto di persone e del trasporto di merci, in particolare per quanto riguarda i sistemi di pedaggio elettronico nell'UE, dal momento che l'attuale mancanza di armonizzazione determina oneri aggiuntivi per il trasporto; incoraggia, a tale proposito, l'uso delle tecnologie digitali (documenti senza supporto cartaceo e standardizzati, tachigrafo intelligente e-CMR , ecc.), al fine di garantire un mercato interno pienamente funzionante;
Agevolare la mobilità transfrontaliera su strada
8. esorta gli Stati membri ad attuare le norme pertinenti dell'UE in modo più completo e la Commissione a monitorare più da vicino tale attuazione, anche per quanto riguarda la cooperazione transfrontaliera, l'interpretazione e l'applicazione corretta e non discriminatoria della legislazione esistente, nonché a intraprendere l'armonizzazione delle legislazioni nazionali; ritiene che la Commissione dovrebbe avviare, ove legittime, procedure d'infrazione in relazione a leggi e misure che distorcono il mercato;
9. esorta gli Stati membri a intensificare la cooperazione con l'Euro Contrôle Route e la rete delle polizie stradali europee (TISPOL), al fine di migliorare l'applicazione delle normative in materia di trasporto su strada in Europa e di creare un meccanismo forte per garantire un'attuazione uniforme e adeguata dell'acquis vigente, ad esempio fornendo assistenza agli Stati membri in materia di omologazione, normalizzazione, competenze tecniche, raccolta di dati, formazione e controllo e gestendo piattaforme per lo scambio di informazioni tra autorità ed esperti nazionali;
10. invita gli Stati membri a rafforzare i controlli, in particolare per quanto riguarda il rispetto dei tempi di guida e di riposo e le norme sul cabotaggio, e a ricorrere a sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive; esorta la Commissione ad accelerare l'impiego obbligatorio di dispositivi digitali a bordo come tachigrafi intelligenti e l'uso di lettere di vettura elettroniche (e-CMR) per migliorare il controllo della conformità alle pertinenti norme dell'UE, riducendo nel contempo i costi amministrativi;
11. esorta la Commissione ad armonizzare ulteriormente le norme vigenti per le attrezzature di sicurezza obbligatorie per i veicoli leggeri e pesanti, quali i triangoli di segnalazione, i giubbotti riflettenti, le lampadine di ricambio o gli etilometri;
12. invita la Commissione ad esaminare le possibilità per ridurre gli oneri burocratici e finanziari delle diverse legislazioni nazionali al fine di facilitare la libera prestazione di servizi di trasporto in tutta l'UE;
13. sottolinea che l'attuazione nell'UE di un sistema di tariffazione stradale equo, trasparente, non discriminatorio e non burocratico, proporzionato all'utilizzo della strada e ai costi esterni generati dai camion, dagli autobus e dalle auto (principi di "chi usa paga" e "chi inquina paga"), avrebbe un effetto positivo nel contrastare il deterioramento delle infrastrutture stradali, la congestione del traffico e l'inquinamento; invita la Commissione a creare un quadro che assicuri la non discriminazione e ad evitare la frammentazione dei sistemi di tariffazione per le autovetture in tutta l'UE;
14. invita la Commissione a proporre una revisione della direttiva relativa al servizio europeo di telepedaggio (SET), che dovrebbe includere un elemento di costo esterno basato sul principio "chi inquina paga", essere pienamente interoperabile al fine di contribuire allo sviluppo di norme tecniche armonizzate in materia di riscossione dei pedaggi nell'UE, basarsi sulla trasparenza, sul miglioramento dello sviluppo e sull'integrazione delle varie apparecchiature ITS installate a bordo dei veicoli, nonché su una maggiore chiarezza della normativa al fine di migliorare la definizione e la protezione dei diritti dei fornitori del SET e di rendere i loro obblighi meno onerosi;
15. ritiene che gli Stati membri periferici e i paesi privi di reali alternative al trasporto su strada abbiano più difficoltà a raggiungere il nucleo centrale del mercato interno dell'UE; invita la Commissione a includere nelle sue iniziative relative al trasporto su strada un meccanismo volto ad alleviare gli oneri sostenuti dai trasporti stradali in provenienza dalle regioni periferiche;
16. sottolinea che i veicoli noleggiati sono di solito i più nuovi e puliti sul mercato e contribuiscono quindi all'efficienza del settore del trasporto su strada; invita pertanto la Commissione a rivedere le attuali norme sui veicoli noleggiati, che attualmente, consentono agli Stati membri di vietare l'uso di tali veicoli per trasporti internazionali;
17. esprime preoccupazione per la mancanza di controllo da parte delle autorità nazionali del rispetto della legge in relazione alle frodi concernenti i tachigrafi e le operazioni di cabotaggio e invita pertanto la Commissione ad affrontare tali problemi, anche attraverso l'impiego di nuove tecnologie, la semplificazione e il chiarimento delle disposizioni sul cabotaggio e un migliore scambio di informazioni tra le autorità, al fine di migliorare l'applicazione delle norme in tutta l'UE e migliorare il monitoraggio delle operazioni di cabotaggio;
18. è del parere che i requisiti giuridici dovrebbero essere proporzionati alla natura dell'attività e alle dimensioni dell'azienda; si chiede tuttavia con preoccupazione se continuino a esservi motivi per esentare i veicoli commerciali leggeri dall'applicazione di una serie di norme europee, visto il crescente utilizzo di tali veicoli nel trasporto internazionale di merci, e chiede alla Commissione di presentare una relazione diagnostica sul conseguente impatto economico, ambientale e per la sicurezza derivante da tale utilizzo in aumento;
19. sottolinea che la mobilità stradale transfrontaliera concernente i paesi vicini in via di adesione dovrebbe essere favorita da una migliore armonizzazione delle norme riguardanti le infrastrutture stradali, la segnalazione e i sistemi elettronici, in modo da garantire l'eliminazione delle strozzature, in particolare sulla rete centrale TEN-T;
Migliorare le condizioni sociali e le norme di sicurezza
20. sottolinea che la libera prestazione di servizi di trasporto in tutta l'UE non dovrebbe giustificare nessuna violazione dei diritti fondamentali dei lavoratori o indebolire la vigente legislazione in materia di condizioni di lavoro, riguardante ad esempio periodi di riposo, schemi di lavoro, periodi lontano dalla sede di servizio, accesso alle competenze, formazione di perfezionamento e sviluppo della carriera, salute e sicurezza, assistenza sanitaria e assistenza sociale e tariffe minime salariali;
21. ritiene della massima importanza ricordare alla Commissione gli impegni che ha assunto nella proposta per un pilastro europeo dei diritti sociali, in particolare per quanto riguarda:
–
un'occupazione flessibile e sicura, principio 5, lettera d: "Vanno prevenuti i rapporti di lavoro che portano a condizioni di lavoro precarie, anche vietando l'abuso dei contratti atipici. I periodi di prova sono di durata ragionevole";
–
retribuzioni eque, principio 6 lettera a: "I lavoratori hanno diritto a una retribuzione equa che offra un tenore di vita dignitoso";
ricorda che qualsiasi iniziativa della Commissione concernente il trasporto stradale non deve andare contro tale principio né compromettere i diritti dei lavoratori in questo settore;
22. esprime preoccupazione riguardo a pratiche commerciali con risvolti sociali problematici che presentano un rischio anche in termini di sicurezza stradale, legate principalmente alle norme in materia di cabotaggio e alle società di comodo (in particolare questioni riguardanti il falso lavoro autonomo e le pratiche deliberatamente abusive o l'elusione della legislazione europea e nazionale vigente, in grado di sviluppare concorrenza sleale riducendo illecitamente al minimo i costi operativi e del lavoro e conducendo alla violazione dei diritti dei lavoratori, il che consegue a una mancanza di chiarezza delle norme europee e all'eterogeneità delle interpretazioni e delle modalità di applicazione a livello nazionale);
23. invita la Commissione a rivedere le disposizioni sul diritto di stabilimento al fine di eliminare le società di comodo nel settore del trasporto su strada;
24. invita la Commissione e gli Stati membri ad affrontare con urgenza le questioni relative all'affaticamento del conducente, anche garantendo che qualsiasi investimento in infrastrutture stradali comprenda il miglioramento delle strutture messe a disposizione dei conducenti, specialmente quelli che operano su lunghe distanze, e garantendo il pieno rispetto della legislazione sulle pause di riposo;
25. invita la Commissione a chiarire le norme in materia di cabotaggio e le norme che disciplinano l'accesso alla professione di trasportatore su strada e a migliorarne l'attuazione al fine di combattere efficacemente le frodi e gli abusi;
26. rifiuta qualsiasi ulteriore liberalizzazione del cabotaggio, in particolare operazioni di cabotaggio illimitate entro un certo numero di giorni;
27. invita la Commissione a chiarire l'applicazione delle disposizioni della direttiva sul distacco dei lavoratori nel settore dei trasporti su strada e a migliorarne l'attuazione e l'applicazione;
28. sottolinea che l'Europa si trova di fronte a una penuria di conducenti professionisti che deriva dall'aumento della domanda di servizi di trasporto, dal rapido sviluppo del commercio internazionale e dalla situazione demografica; invita pertanto la Commissione ad agevolare l'accesso di giovani uomini e donne alla professione e ad affrontare il problema delle cattive condizioni di lavoro per i conducenti nonché la scarsa qualità delle infrastrutture stradali;
29. sottolinea che le diverse legislazioni nazionali per quanto riguarda le condizioni e i diritti sociali nel settore del trasporto su strada nell'Unione generano considerevoli e sproporzionate barriere amministrative per gli operatori, in particolare le PMI, aumentano la complessità del quadro normativo, compromettono l'instaurazione di un mercato interno nel settore del trasporto su strada nell'Unione europea e conducono a ostacoli alla libera circolazione di beni e servizi;
30. invita la Commissione, in vista delle future iniziative nel settore stradale, a elaborare proposte che prevedano una distinzione più efficace tra la libera prestazione di servizi e la libertà di stabilimento, onde garantire che le attività commerciali svolte da un'impresa in uno Stato membro nel quale non ha sede siano chiaramente di natura temporanea e assicurare che i lavoratori siano soggetti alla legislazione del paese in cui si trova il loro posto di lavoro abituale o in cui svolgono la maggior parte della loro attività professionale;
31. invita la Commissione e gli Stati membri ad affrontare il problema della qualità del lavoro nel settore del trasporto su strada, con particolare riferimento alla formazione, alla certificazione, alle condizioni di lavoro e allo sviluppo della carriera, con l'obiettivo di creare posti di lavoro di qualità, di sviluppare le competenze necessarie e di rafforzare la competitività degli operatori del trasporto stradale nell'UE, al fine di rendere tale professione più interessante per i giovani, concentrandosi nel contempo sull'obiettivo di garantire un'adeguata conciliazione tra vita professionale e vita privata per i conducenti;
32. invita la Commissione a riesaminare la direttiva 92/106/CEE sui trasporti combinati con l'obiettivo di aumentare il trasporto multimodale, eliminare le pratiche sleali e garantire il rispetto della legislazione sociale relativamente ai trasporti combinati;
33. invita la Commissione a valutare la creazione di un registro elettronico e integrato per tutti gli operatori in possesso di una licenza comunitaria allo scopo di raccogliere tutti i dati importanti sul vettore, sul veicolo e sul conducente rilevati durante i controlli stradali;
34. sottolinea che il sistema di strutture di sosta nell'UE è insufficiente e inadeguato; invita pertanto gli Stati membri, in consultazione con la Commissione, a elaborare un piano per la costruzione/fornitura di capacità e di aree di sosta sicure, protette e di facile utilizzo, dotate di un numero sufficiente di parcheggi, servizi sanitari e alberghi di transito, soprattutto in punti/snodi strategici dove si osservano elevati volumi di traffico;
35. invita la Commissione e gli Stati membri ad affrontare le problematiche che attualmente rendono impraticabile la conciliazione tra tempi di guida e tempi di riposo, vale a dire le situazioni ricorrenti in cui i conducenti sono costretti a riposare per un certo numero di ore anche se si trovano solo a pochi chilometri di distanza dalla sede di servizio o dal luogo di residenza; invita la Commissione a tenerne conto all'atto della revisione del regolamento (CE) n. 561/2006 relativo all'armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada;
36. invita la Commissione e gli Stati membri ad attuare un obiettivo su scala UE per ridurre gli infortuni stradali gravi;
37. invita la Commissione a realizzare uno studio scientifico a livello di UE sugli effetti della stanchezza dei conducenti nel trasporto con autobus e pullman e nel trasporto di merci con furgone e camion;
38. invita la Commissione ad avviare senza indugio la revisione del regolamento (CE) n. 661/2009 sulla sicurezza generale e a prendere in considerazione il ruolo delle nuove norme e tecnologie, tra le quali, come minimo, registratori di dati d'emergenza, norme relative al campo visivo diretto, sistemi di adattamento automatico della velocità e sistemi di monitoraggio della pressione degli pneumatici;
39. sottolinea la necessità di migliorare la sicurezza sulle strade dell'UE e di raggiungere l'obiettivo di dimezzare il numero di decessi e di feriti gravi entro il 2020; sostiene la valutazione di impatto utilizzata dalla Commissione in occasione di un riesame del quadro legislativo per la gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali;
Promuovere la riduzione delle emissioni nel settore dei trasporti su strada
40. sostiene che vi è la necessità di migliorare l'efficienza dei trasporti su strada e il relativo ruolo in una moderna rete di trasporto sincromodale, al fine di utilizzare in modo più efficace la capacità esistente, di migliorare il tasso di utilizzo dei veicoli e di promuovere l'uso di veicoli più piccoli e più leggeri, il car-sharing e il car-pooling, nonché di passare dalle quattro alle due ruote; ritiene che la digitalizzazione sia un elemento chiave per raggiungere l'obiettivo di una maggiore efficienza nell'uso delle risorse;
41. sottolinea che, al fine di realizzare gli obiettivi dell'accordo di Parigi del 2015 (COP21) sui cambiamenti climatici, è opportuno che la decarbonizzazione del settore dei trasporti e il miglioramento della qualità dell'aria siano ottenuti attraverso la promozione dell'elettromobilità, delle celle a combustibile e di altri sistemi di propulsione avanzati, in particolare quelli in cui l'Europa ha un vantaggio tecnologico importante;
42. invita la Commissione a presentare proposte ambiziose per le norme sulle emissioni di CO2 per camion e autobus al fine di ridurre le emissioni di gas serra prodotte dal settore dei trasporti stradali; invita la Commissione a esaminare ulteriormente l'opportunità di accelerare la transizione verso trasporti a basse emissioni mediante l'introduzione di incentivi di ammodernamento;
43. chiede misure concrete per assicurare l'attuazione dei principi "chi utilizza paga" e "chi inquina paga" nel settore dei trasporti su strada, inclusi gli orientamenti e le buone pratiche, nonché condizioni di concorrenza eque in tutte le regioni dell'UE;
44. sottolinea che la revisione della direttiva sul servizio europeo di telepedaggio potrebbe contribuire alla promozione di veicoli più puliti e all'uso condiviso di veicoli;
45. sottolinea la grande importanza di un'infrastruttura adeguata per l'utilizzo di combustibili alternativi nel settore dei trasporti su strada, e invita pertanto la Commissione e gli Stati membri a creare modelli di incentivi per completare la rete di approvvigionamento per i combustibili alternativi;
46. chiede l'adozione di quadri politici nazionali per stimolare la più ampia diffusione di veicoli che utilizzano combustibili alternativi (ad esempio, elettricità, ibridi, idrogeno, gas naturale compresso), e chiede il rapido sviluppo della necessaria infrastruttura di rifornimento/ricarica;
47. riconosce che veicoli e infrastrutture innovativi a basse emissioni per il trasporto stradale contribuiranno a facilitare gli interscambi e i legami tra le strade, le ferrovie e i porti, incoraggiando così un passaggio generale a forme di trasporto più ecologiche per persone, passeggeri e merci;
48. ritiene che il car-pooling e il car-sharing rappresentino una risorsa importante per lo sviluppo sostenibile della connettività, tra l'altro nelle regioni ultraperiferiche, montane e rurali; invita la Commissione, gli Stati membri e le autorità locali a promuovere l'emergere di modelli di economia collaborativa in questo campo;
49. invita la Commissione a esaminare l'introduzione in alcuni Stati membri di zone a basse emissioni e a esaminare la possibilità di definire criteri e norme comuni per l'introduzione e il funzionamento di queste zone;
50. osserva che i sistemi di trasporto intelligenti, come i sistemi di trasporto intelligenti cooperativi, e innovazioni quali l'autostrada elettrica (camion con motore elettrico alimentato da cavi sopra la carreggiata tramite un pantografo) e il sistema di incolonnamento di veicoli a guida autonoma ("platooning"), potrebbero svolgere un ruolo importante nel migliorare l'efficienza, la sicurezza e le prestazioni ambientali del sistema dei trasporti; invita pertanto la Commissione a stimolare lo sviluppo e l'utilizzo di sistemi di trasporto intelligenti e a promuovere innovazioni;
51. rileva che la percentuale di viaggi a vuoto rimane alta nei trasporti su strada, il che ha un impatto negativo sull'ambiente; ricorda che nel 2012 quasi un quarto (23,2 %) del totale dei veicoli/km dei veicoli commerciali pesanti nell'UE è stato percorso senza carico e che il livello elevato di viaggi a vuoto deriva dalle attuali restrizioni alle attività di cabotaggio, che limitano la possibilità degli autotrasportatori di aumentare ulteriormente i carichi di merce e di conseguenza la loro efficienza ambientale; sottolinea pertanto gli effetti positivi dell'apertura del mercato sull'efficienza ambientale dei trasporti su strada;
52. esorta la Commissione e gli Stati membri, al fine di decarbonizzare il settore dei trasporti su strada, ad accelerare la transizione dai veicoli stradali alimentati a combustibile fossile tradizionale verso veicoli sostenibili a trazione elettrica, come quelli che utilizzano celle a combustibile a idrogeno;
53. esorta la Commissione ad aggiornare il suo manuale sui costi esterni derivanti dal trasporto, includendovi nuovi dati sulle emissioni reali di guida nonché sui danni economici e sociali derivanti dal cambiamento climatico;
54. evidenzia il fatto che gli obiettivi stabiliti per realizzare la transizione verso energie alternative e rinnovabili per i trasporti su strada dovrebbero essere raggiunti ricorrendo a un mix energetico e a metodi esistenti per risparmiare energia; segnala che tale transizione richiede incentivi corrispondenti e che gli obiettivi in materia di riduzione dovrebbero essere formulati in modo tecnologicamente neutrale;
55. rileva che per facilitare la transizione possono essere utilizzati combustibili alternativi, compresi, ma non solo, il gas naturale compresso, il gas naturale liquefatto e i biocarburanti di seconda generazione;
o o o
56. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.
– vista la dichiarazione di Nairobi, adottata il 25 marzo 2017 dall'Autorità intergovernativa per lo sviluppo (IGAD) dell'Africa orientale, concernente soluzioni durature per i rifugiati somali e il reinserimento di quanti rientrano in Somalia,
– vista la dichiarazione di New York per i rifugiati e i migranti, adottata dalle Nazioni Unite il 19 settembre 2016,
– visto il comunicato congiunto emesso il 25 giugno 2016 dalla commissione ministeriale tripartita per il rimpatrio volontario dei profughi somali presenti in Kenya,
– viste le conclusioni del vertice di La Valletta sulla migrazione, dell'11 e 12 novembre 2015,
– vista la dichiarazione della Conferenza ministeriale del processo di Khartoum (iniziativa UE-Corno d'Africa in materia di rotte migratorie), firmata a Roma il 28 novembre 2014,
– visto l'accordo tripartito in materia di rimpatri volontari firmato il 10 novembre 2013 dai governi di Somalia e Kenya e dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR),
– vista la decisione emessa in data 9 febbraio 2017 dall'Alta Corte del Kenya contro la chiusura del campo profughi di Dadaab,
– vista la decisione del governo keniota di fare ricorso contro la decisione dell'Alta Corte del 9 febbraio 2017,
– vista la dichiarazione dei portavoce del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Federica Mogherini, del commissario per la cooperazione internazionale e lo sviluppo Neven Mimica e del commissario per gli aiuti umanitari Christos Stylianides sulla decisione del governo del Kenya di chiudere il capo profughi di Dadaab, del 20 maggio 2016,
– visto il Fondo fiduciario di emergenza dell'Unione europea per l'Africa,
– vista l'iniziativa "Global Compact" delle Nazioni Unite sulla condivisione delle responsabilità per i rifugiati,
– visto il programma indicativo nazionale per la Somalia e l'Africa orientale nel quadro dell'11° Fondo europeo di sviluppo (FES),
– visto l'articolo 123, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,
A. considerando che la regione del Corno d'Africa, con i suoi quasi 250 milioni di abitanti e una popolazione in rapida crescita, ospita il maggior numero di sfollati interni e di rifugiati in Africa e nel mondo; che la regione è confrontata alle problematiche poste dalla migrazione irregolare, dallo sfollamento forzato, dalla tratta e dal traffico di esseri umani, dal terrorismo e da conflitti violenti;
B. considerando che alla base di tali problemi vi sono numerosi fattori, che variano a seconda del contesto locale, ma che affondano tutti le loro radici nella mancanza di buon governo e di opportunità socioeconomiche, nell'estrema povertà, nell'instabilità e nei cambiamenti climatici;
C. considerando che il complesso del campo profughi di Dadaab è stato creato nel 1991 come soluzione temporanea per coloro che cercavano riparo ed erano in fuga dalle persecuzioni, dalla violenza e dall'instabilità nella regione dell'Africa orientale, e in particolare dalla guerra civile in Somalia; che la struttura oggi comprende cinque campi diversi che ospitano popolazioni diverse ed è distribuita su una superficie di 50 chilometri quadrati, e che i campi di Hagadera, Dagahaley e Ifo sono i più vecchi e i più densamente popolati;
D. considerando che, sebbene il campo di Dadaab sia sorto per accogliere circa 90 000 persone, secondo le stime delle Nazioni Unite esso ha attualmente una popolazione di circa 260 000 persone, di cui il 95 % proviene dalla Somalia e il 60 % ha meno di 18 anni; che nel maggio 2016 il Kenya ha sciolto il suo dipartimento per le questioni relative ai profughi, che era responsabile della registrazione, il che significa che decine di migliaia di persone non sono state registrate e che quindi tali numeri potrebbero essere in realtà più alti;
E. considerando che nel campo i rifugiati sono a rischio di violenze e che le donne e i bambini sono particolarmente vulnerabili;
F. considerando che, da oltre vent'anni, la Somalia risente di una profonda instabilità e dell'assenza di strutture statali, i cui effetti sono aggravati da calamità naturali ricorrenti legate ai cambiamenti climatici; che tali problemi hanno messo a dura prova la resilienza e la capacità delle comunità più vulnerabili del paese di reggere la situazione e sono divenuti fattori importanti per i movimenti di popolazione all'interno della Somalia e verso i paesi vicini;
G. considerando che la situazione dei profughi somali si protrae da tre decenni ed è una delle più annose a livello mondiale, con una terza generazione di profughi nata in esilio; che quasi un milione di somali è sfollato nella regione e che un altro 1,1 milione di persone è sfollato all'interno della Somalia stessa;
H. considerando che, negli ultimi quindici anni, la Somalia risulta essere uno dei primi cinque paesi al mondo per numero di rifugiati prodotti, con 1,1 milioni di rifugiati attualmente registrati, di cui oltre l'80 % ospitati nel Corno d'Africa e nella regione dello Yemen; che l'amministrazione somala ha ripetutamente manifestato la volontà di ricevere i suoi cittadini; che il Kenya accoglie attualmente circa 500 000 rifugiati, e che tale numero continua ad aumentare a causa della crescente insicurezza nella regione, soprattutto nel Sud Sudan;
I. considerando che la situazione della sicurezza in Somalia rimane pericolosa e imprevedibile e che continuano gli attacchi da parte di Al-Shabaab e di altri gruppi armati e terroristici; che il 6 aprile 2017 il Presidente Mohamed Abdullahi "Farmajo" Mohamed ha dichiarato la Somalia zona di guerra e ha proposto l'amnistia ai membri del gruppo militante islamista Al-Shabaab, offrendo loro anche formazione, occupazione e istruzione, a condizione che abbandonino le armi entro sessanta giorni;
J. considerando che l'intera regione dell'Africa orientale è attualmente colpita da una grave siccità, che in alcune parti del Sud Sudan è stato dichiarato lo stato di carestia e che le persone a rischio potrebbero addirittura essere un milione; che è stato lanciato un allarme pre-carestia per la Somalia, che si trova ad affrontare la terza carestia in venticinque anni, con 6,2 milioni di persone che, secondo i dati del governo, necessitano di assistenza alimentare d'emergenza; che il presidente keniota, Uhuru Kenyatta, ha dichiarato lo stato di calamità nazionale per la siccità che ha colpito il paese e che espone 2,7 milioni di persone a una grave crisi alimentare; che si prevede che la situazione possa verosimilmente deteriorarsi in Etiopia, Kenya, Somalia e Yemen, il che potrebbe portare a una diffusa carestia;
K. considerando che, secondo le Nazioni Unite, la siccità in Somalia ha provocato un ulteriore sfollamento interno e che, dal novembre 2016, oltre 683 000 persone sono state costrette ad abbandonare le proprie abitazioni; che circa 250 000 persone sono morte nel 2011 durante l'ultima carestia;
L. considerando che il 6 maggio 2016 il governo del Kenya ha annunciato la sua decisione di chiudere "quanto prima" il campo di Dadaab, adducendo preoccupazioni in materia di sicurezza e la necessità di porre fine all'annosa situazione dei profughi nella regione; che il 30 novembre 2016 il governo del Kenya ha tuttavia comunicato che il campo di Dadaab sarebbe stato chiuso entro maggio 2017; che dal vertice dell'IGAD del 25 marzo 2017 tutti gli sforzi sono concentrati sull'importanza di trovare una soluzione regionale e sostenibile per i rifugiati somali;
M. considerando che la comunità internazionale, compresa l'UE, ha espresso comprensione per le preoccupazioni del governo del Kenya e per i motivi alla base della chiusura del campo, ma ha anche sottolineato che i rimpatri verso la Somalia devono avvenire conformemente alle norme internazionali, in quanto devono essere volontari e consapevoli, garantendo agli interessati l'accesso a informazioni obiettive, neutrali e pertinenti, che devono svolgersi in condizioni di sicurezza, con dignità e in modo sostenibile, e che i rimpatriati devono essere a conoscenza di cosa succederà qualora decidano di non proporsi volontariamente;
N. considerando che il 9 febbraio 2017, in risposta a una petizione presentata da due organizzazioni per i diritti umani keniote – la Commissione nazionale del Kenya per i diritti umani e Kituo Cha Sheria –, l'Alta Corte del Kenya ha stabilito che la decisione del governo del paese di chiudere il campo profughi di Dadaab era discriminatoria ed equivaleva a una punizione collettiva, oltre ad essere eccessiva, arbitraria e sproporzionata;
O. considerando che la discussione sulla chiusura di Dadaab ha messo in luce la lentezza nell'attuazione dell'accordo tripartito tra l'UNHCR e i governi del Kenya e della Somalia, firmato nel 2013 e finalizzato al rimpatrio su base volontaria dei cittadini somali in zone stabili della Somalia, una questione che è stata apertamente criticata dal governo del Kenya e da altre parti interessate;
P. considerando che da quando, nel 2014, l'UNHCR ha iniziato a sostenere i rimpatri volontari dei rifugiati somali, le persone che hanno fatto ritorno sono state circa 65 000, ma che l'obiettivo di aumentare il tasso dei rimpatri sostenibili dipenderà dalla situazione in Somalia;
Q. considerando che, alla fine dell'agosto 2016, le autorità somale dell'Oltregiuba, chiamate a far fronte a un afflusso di rifugiati, hanno sospeso i rimpatri verso il capoluogo regionale Chisimaio; che, secondo l'UNHCR, circa il 70 % dei rimpatriati sono bambini;
R. considerando che la chiusura di Dadaab avrà ripercussioni in altri paesi vicini, come l'Etiopia, che attualmente ospita circa 245 000 rifugiati somali, e causerà probabilmente un nuovo afflusso di rifugiati; che la situazione dimostra come le questioni relative ai rifugiati, alla gestione delle frontiere e alla stabilità siano interconnesse fra loro ed evidenzia la necessità di una maggiore cooperazione regionale per farvi fronte, anche alla luce della decisione di chiudere Dadaab;
S. considerando che per molti rifugiati, specialmente quelli delle zone rurali, la prospettiva di un rimpatrio dipende dalla possibilità di recuperare la propria terra in un paese in cui il regime fondiario è debole e gli espropri forzati sono comuni;
T. considerando che la comunità di accoglienza della più ampia regione di Dadaab ha dato prova di grande umanità, generosità e tolleranza per la presenza del campo, ma che deve affrontare enormi problemi sul piano economico, dello sviluppo e ambientale;
U. considerando che il protrarsi della situazione a Dadaab ha indotto i donatori a spostare la loro attenzione verso altri conflitti e a ridurre i loro contributi e che, di conseguenza, i rifugiati nel campo si trovano ad affrontare una serie di problemi;
V. considerando che i cambiamenti climatici, in particolare, hanno un effetto devastante sullo stile di vita nomade basato sulla pastorizia, da cui dipende la sussistenza di molte persone nella regione, le quali sono inoltre esposte a crescenti minacce dovute, tra l'altro, a siccità, malattie, guerre e alla diminuzione del bestiame;
W. considerando che l'UE ha stanziato 286 milioni di EUR attraverso il Fondo europeo di sviluppo (FES) per il periodo 2014-2020, concentrandosi sull'attuazione del "Compact" e in particolare sul consolidamento dello Stato e della pace, sulla sicurezza alimentare, sulla resilienza e sull'istruzione; che il Fondo fiduciario di emergenza dell'UE per l'Africa (EUTF), che è stato firmato al vertice di La Valletta il 12 novembre 2015, è stato concepito per affrontare le cause profonde della destabilizzazione, dei trasferimenti forzati e della migrazione irregolare, promuovendo la resilienza, le opportunità economiche, le pari opportunità, la sicurezza e lo sviluppo; che l'UE sta rispondendo alle necessità fondamentali per la sopravvivenza dei rifugiati accolti nei campi profughi in Kenya;
X. considerando che l'UE è impegnata a sostenere la missione dell'Unione africana in Somalia (AMISOM) attraverso finanziamenti per garantire la sicurezza e ridurre la minaccia posta da al-Shabaab e altri gruppi armati dell'opposizione; che il 23 marzo 2017 la Commissione dell'Unione africana ha tenuto una consultazione ad alto livello, alla presenza dell'Unione europea e delle Nazioni Unite, sul futuro dell'AMISOM e il sostegno alle istituzioni nel settore della sicurezza e alle riforme in Somalia; che l'11 maggio 2017, alla Conferenza di Londra sulla Somalia, l'Unione europea ha annunciato un nuovo sostegno alla Somalia per un importo di 200 milioni di EUR;
Y. considerando che, a seguito dell'ordinanza esecutiva del Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, del 27 gennaio 2017, circa 3 000 rifugiati che nel 2017 avrebbero dovuto essere reinsediati negli Stati Uniti dal Kenya, per lo più provenienti da Dadaab e nella maggior parte dei casi già sottoposti a rigorosi controlli da parte dei funzionari statunitensi e delle Nazioni Unite, si trovano ora davanti a un futuro incerto, dopo aver atteso sino a 10 anni che il loro reinsediamento fosse approvato;
Z. considerando che gli sforzi di reinsediamento intrapresi dall'UE dovrebbero essere intensificati per essere al pari di quelli di paesi terzi quali l'Australia e il Canada, nonché per conformarsi a quanto l'UNHCR reputa necessario per garantire un'equa ripartizione dei rifugiati nel mondo;
AA. considerando che il piano d'azione globale di Nairobi, adottato durante il vertice dell'IGAD del 25 marzo 2017, ha individuato in particolare nella siccità e nei conflitti armati le ragioni dei movimenti di popolazione nella regione;
AB. considerando che, in seguito all'invio di una missione di monitoraggio elettorale dell'UE in Kenya, si è ritenuto utile ed efficace prevedere l'invio di una missione di osservazione elettorale dell'UE in occasione delle elezioni generali dell'agosto 2017;
1. plaude al ruolo che il Kenya e la regione di Dadaab hanno svolto nell'accogliere un numero senza precedenti di rifugiati per un periodo tanto prolungato; sottolinea, tuttavia, che la situazione nella regione è attualmente insostenibile e richiede una risposta efficiente e coordinata da parte dei governi locali e della comunità internazionale nel suo complesso, inclusa l'UE, al fine di individuare una soluzione sostenibile alla questione dei rifugiati somali, unitamente a sforzi intesi ad accrescere la sicurezza e pervenire a uno sviluppo socioeconomico di lungo termine nella regione;
2. prende atto della dichiarazione di Nairobi dell'IGAD su soluzioni sostenibili per i rifugiati somali e la reintegrazione dei rimpatriati in Somalia; si compiace dell'impegno a realizzare un approccio regionale globale, mantenendo nel contempo la protezione e promuovendo l'autonomia nei paesi di asilo, da realizzare con il sostegno della comunità internazionale e in modo coerente con la ripartizione internazionale delle responsabilità, quale delineata nel quadro globale di risposta per i rifugiati (CRRF) della dichiarazione di New York;
3. si rammarica del fatto che gli Stati membri dell'UE svolgano un ruolo di basso profilo quando si tratta di compiere sforzi per il reinsediamento dei rifugiati provenienti da Dadaab, e invita l'UE ad essere all'altezza delle sue responsabilità nel garantire un'equa ripartizione dell'onere;
4. sottolinea che, fintanto che si protrarrà l'instabilità nella regione allargata e sussisterà il rischio di una nuova carestia, i rifugiati non potranno far ritorno al loro paese d'origine; invita pertanto l'UE a mantenere come obiettivo primario lo sviluppo a lungo termine e a intensificare i propri sforzi per impegnarsi a svolgere un ruolo di mediazione nella regione al fine di risolvere i problemi economici, politici, ambientali e di sicurezza di fondo, che sono le cause profonde della povertà estrema, delle attività criminali, della radicalizzazione e del terrorismo e che, in ultima analisi, sono all'origine della situazione dei rifugiati;
5. sottolinea il fatto che, in ultima istanza, sarà necessaria una risposta regionale per assicurare una protezione costante ai 260 000 rifugiati somali; ricorda che il reinserimento sostenibile dei rimpatriati necessita di un approccio olistico basato sulla comunità per accrescere la capacità di assorbimento e fornire ai rimpatriati, agli sfollati interni e alle comunità locali della Somalia un migliore accesso ai servizi;
6. accoglie con favore l'adozione del piano d'azione globale e regionale di Nairobi, che prevede la chiusura progressiva dei campi per consentire ai rifugiati di accedere all'occupazione e ai servizi nel paese ospitante e di circolare liberamente; si rammarica, tuttavia, della mancanza di un'azione concreta riguardo a Dadaab; sostiene la creazione di un fondo regionale per i donatori;
7. ritiene che, date le attuali circostanze caratterizzate da costanti problemi di sicurezza in Somalia e da un elevato rischio di carestia, i rimpatri debbano essere sempre volontari, in tutti gli scenari; chiede una maggiore condivisione delle responsabilità quando si tratta di accogliere i rifugiati e di stabilire ulteriori metodi per aiutare questi ultimi ad avere accesso ai paesi terzi, compresa l'UE;
8. ribadisce il proprio sostegno alle finalità dell'EUTF per l'Africa nell'affrontare le cause profonde della migrazione irregolare e del fenomeno degli sfollati nell'Africa orientale; chiede che gli Stati membri onorino i loro impegni relativamente al Fondo; invita tuttavia la Commissione a intensificare gli sforzi di consultazione con gli attori della regione, tra cui le popolazioni locali, i governi regionali e le ONG, con l'obiettivo di concentrarsi sui problemi e sulle esigenze individuati a livello locale, promuovere un clima propizio e accrescere la capacità per il rientro dei rifugiati nei rispettivi paesi di origine; sottolinea che il campo di Dadaab ha creato circa 10 000 posti di lavoro, principalmente legati alle attività umanitarie;
9. pone l'accento sull'importanza di un approccio incentrato sulle persone e sulle comunità per assistere con le risorse dell'EUTF i rimpatri dal campo di Dadaab e adottare misure finalizzate allo sviluppo e alla resilienza della regione; è fermamente convinto che l'EUTF dovrebbe concentrarsi non solo sullo sviluppo economico, ma anche su progetti di base nella regione, specificamente volti a migliorare la qualità, l'equità e l'accessibilità universale dei servizi fondamentali nonché la formazione mirata allo sviluppo di competenze locali, come anche a soddisfare le esigenze delle comunità vulnerabili, comprese le minoranze;
10. è del parere che l'EUTF dovrebbe mettere maggiormente l'accento sulla promozione dello sviluppo sostenibile nella regione, migliorando le opportunità economiche e occupazionali e rafforzando la resilienza; chiede che queste risorse siano utilizzate per promuovere lo sviluppo sostenibile e diffondere ulteriormente il ricorso all'energia solare quale fonte energetica, ad esempio per pompare acqua dolce, un progetto che si è dimostrato valido in alcune parti del campo di Dadaab;
11. ricorda che donne e bambini rappresentano più del 60 % della popolazione totale del campo profughi e sono considerati i gruppi più vulnerabili ed emarginati all'interno del campo; invita il governo keniota, le istituzioni regionali, le organizzazioni di aiuto internazionali e la comunità internazionale, tra cui l'Unione europea, ad adottare un approccio specifico alle misure di assistenza che affronti i fattori che influenzano la vulnerabilità delle donne e dei bambini nel campo, come la persecuzione fondata sul sesso e sul genere, la violenza contro le donne, l'abuso e lo sfruttamento sessuali, la povertà estrema e l'esclusione;
12. elogia le autorità somale per i progressi che hanno compiuto negli ultimi mesi, non ultimo per l'organizzazione delle elezioni; sottolinea, tuttavia, che la sicurezza e le condizioni socioeconomiche in molte parti della Somalia continuano ad essere estremamente problematiche per un ritorno su vasta scala; invita quindi l'UE e i suoi Stati membri a collaborare con le autorità somale per intensificare gli sforzi intesi a ripristinare la stabilità nel paese prima di procedere a rimpatri su vasta scala;
13. invita l'UE e i partner internazionali a rispettare gli impegni nei confronti della Somalia, in particolare adoperandosi per garantire la sicurezza alimentare onde evitare l'incombente carestia, promuovere la sicurezza e la riconciliazione delle vertenze pubbliche, migliorare la gestione delle finanze pubbliche e contribuire al completamento della revisione costituzionale, al fine di raggiungere una stabilità di lungo termine;
14. invita l'UE a garantire che i programmi di ricollocazione nella regione prestino particolare attenzione a che le categorie di persone vulnerabili siano ricollocate in maniera responsabile in regioni sicure, e che i diritti dei rifugiati siano rispettati; sollecita l'UE e i partner internazionali a contribuire alla costruzione di infrastrutture in tutto il paese, cosicché i rifugiati che vi fanno ritorno possano essere reinseriti in modo sicuro e permanente nella società somala, al riparo da minacce provenienti da elementi terroristici come al-Shabaab;
15. sottolinea la necessità di una migliore gestione delle frontiere tra la Somalia e i paesi vicini, che sono considerate terreno d'azione per le reti di passatori e trafficanti di esseri umani, armi, droga e altri beni illeciti, il che contribuisce quindi a finanziare attività criminali e terroristiche; si attende che la missione di formazione dell'UE in Somalia collabori strettamente con l'AMISOM e le autorità somale per condividere le migliori prassi per una migliore gestione delle frontiere, ai fini della cattura di trafficanti e passatori;
16. riconosce che, in assenza di un miglioramento della sicurezza nella regione, non può esistere alcuno sviluppo; sottolinea tuttavia con forza il fatto che i fondi provenienti dal FES e da fonti APS devono essere destinati a obiettivi di sviluppo economico, umano e sociale nella regione, con un'attenzione particolare alle sfide di sviluppo identificate nella decisione sul Fondo fiduciario; ricorda che i fondi FES e APS dovrebbero essere utilizzati esclusivamente per obiettivi di sviluppo che affrontino le cause profonde della migrazione;
17. evidenzia la necessità di rafforzare la resilienza e promuovere lo sviluppo delle comunità ospitanti interessate nella regione keniota di Dadaab, prestando attenzione a che i mezzi di sussistenza non risentano negativamente della graduale riduzione del campo profughi e dei servizi pubblici forniti nella città, e allo shock economico che ciò può provocare alla popolazione; sottolinea che la popolazione accolta nel campo di Dadaab ha esercitato una forte pressione ambientale sulla regione, influendo sull'accesso della popolazione locale alle risorse naturali; mette in luce che tale questione dovrebbe essere affrontata sia dal governo keniota che mediante il Programma indicativo nazionale dell'UE per il Kenya; si aspetta che il governo keniota e l'UE riconoscano le esigenze specifiche di questa fragile regione;
18. si rammarica per la decisione del governo degli Stati Uniti di ridurre di 640 milioni di USD il suo contributo alle agenzie delle Nazioni Unite; esprime preoccupazione per le ripercussioni dirette di tale decisione sulla regione; insiste sul fatto che i contributi volontari dell'UE per i fondi e le agenzie delle Nazioni Unite, che ammontano alla metà del loro bilancio totale, sono fondamentali per mantenere la pace e la sicurezza globali;
19. sottolinea che l'inadeguatezza del bilancio di agenzie delle Nazioni Unite come l'UNHCR, che forniscono protezione, una sistemazione e assistenza umanitaria in circostanze difficili e complesse, non farebbe che accrescere le sfide per la sicurezza nella regione;
20. constata con profonda preoccupazione i gravi effetti del cambiamento climatico sulla regione, che rammentano con prepotenza all'UE, ai suoi Stati membri e alla comunità internazionale nel suo complesso la necessità di dare attuazione ai termini dell'accordo di Parigi, rilevando nel contempo gli effetti diretti che dette azioni hanno sulla guerra e la carestia nella regione;
21. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al governo del Kenya, al governatore della regione di Garissa, al presidente del parlamento keniota, al governo della Somalia, al presidente del parlamento somalo, all'IGAD, ai governi dei paesi membri dell'IGAD, al Segretario generale delle Nazioni Unite e all'alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati.
Far funzionare la procedura di ricollocazione
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Risoluzione del Parlamento europeo del 18 maggio 2017 su come far funzionare la procedura di ricollocazione (2017/2685(RSP))
– vista la decisione (UE) 2015/1523 del Consiglio, del 14 settembre 2015, che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell'Italia e della Grecia(1),
– vista la decisione (UE) 2015/1601 del Consiglio, del 22 settembre 2015, che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell'Italia e della Grecia(2),
– vista la decisione (UE) 2016/1754 del Consiglio, del 29 settembre 2016, che modifica la decisione (UE) 2015/1601 che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell'Italia e della Grecia(3),
– vista la sua posizione del 9 settembre 2015 sulla proposta di decisione del Consiglio che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell'Italia e della Grecia(4),
– vista la sua posizione del 17 settembre 2015 sulla proposta di decisione del Consiglio che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell'Italia, della Grecia e dell'Ungheria(5),
– vista la sua posizione del 15 settembre 2016 sulla proposta di decisione del Consiglio che modifica la decisione (UE) 2015/1601 del Consiglio, del 22 settembre 2015, che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell'Italia e della Grecia(6),
– viste le undici relazioni della Commissione sulla ricollocazione e il reinsediamento,
– viste le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione del 16 maggio 2017 su come far funzionare la procedura di ricollocazione,
– visto lo studio effettuato per la sua commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni dal titolo "Implementation of the 2015 Council Decisions establishing provisional measures in the area of international protection for the benefit of Italy and of Greece" ("Attuazione delle decisioni del Consiglio del 2015 che istituiscono misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell'Italia e della Grecia"), pubblicato nel marzo 2017,
– visto l'articolo 123, paragrafo 2, del suo regolamento,
A. considerando che il Parlamento, a seguito della procedura di consultazione di cui all'articolo 78, paragrafo 3, TFUE, ha approvato a larga maggioranza la sua posizione a sostegno delle decisioni di ricollocazione;
B. considerando che l'approvazione delle decisioni di ricollocazione costituisce una misura di solidarietà urgente in mancanza di un sistema europeo di asilo basato sulla condivisione delle responsabilità, che però non è ancora in vigore;
C. considerando che gli Stati membri si sono impegnati a ricollocare 160 000 richiedenti asilo dall'Italia e dalla Grecia; che, a norma della decisione (UE) 2016/1754 del Consiglio, 54 000 di tali posti potrebbero essere destinati all'accoglienza di rifugiati siriani provenienti dalla Turchia;
D. considerando che il Regno Unito ha scelto di non aderire a detto meccanismo, mentre l'Irlanda ha deciso di parteciparvi; che la Danimarca ha scelto di non partecipare su base volontaria, mentre tre Stati associati hanno deciso di aderire volontariamente;
E. considerando che al 27 aprile 2017 erano stati ricollocati solo 17 903 richiedenti asilo, 12 490 dei quali dalla Grecia e 5 413 dall'Italia, un dato che equivale ad appena l'11 % degli obblighi assunti;
F. considerando che il numero delle persone ammissibili alla ricollocazione presenti in Italia e in Grecia è attualmente inferiore a quanto stabilito nelle decisioni del Consiglio; che finora in Grecia sono stati registrati 26 997 richiedenti ammissibili, mentre gli Stati membri si sono formalmente impegnati a fornire 19 603 posti per la ricollocazione; che finora in Italia sono stati registrati 8 000 richiedenti ammissibili, mentre gli Stati membri si sono formalmente impegnati a fornire 10 659 posti; che il numero di impegni è in generale nettamente superiore al numero di persone effettivamente ricollocate;
G. considerando che soltanto i richiedenti asilo che si trovavano già in Grecia prima del 20 marzo 2016 sono di fatto considerati ammissibili alla ricollocazione; che le decisioni di ricollocazione non prevedono questa data limite per l'ammissibilità né sono state modificate in tal senso;
H. considerando che sono ammissibili alla ricollocazione solo i richiedenti di nazionalità il cui tasso medio di riconoscimento in base agli ultimi dati trimestrali Eurostat è pari o superiore al 75 %; che i cittadini iracheni non sono più ammissibili alla ricollocazione, in quanto il loro tasso medio di riconoscimento è sceso al di sotto del 75 %; che il Parlamento europeo, nella sua posizione del 15 settembre 2016 sulla proposta della Commissione che modifica la decisione (UE) 2015/1601 del Consiglio, ha chiesto che anche i cittadini afghani siano ammissibili alla ricollocazione; che gli afghani sono stati il secondo gruppo di richiedenti asilo di cui l'Unione si è dovuta occupare nel 2016 e che al 56,7 % di loro è stato concesso asilo; che la stragrande maggioranza di afghani giunge in Grecia; che molti di loro sono minori non accompagnati;
I. considerando che in Grecia sono ancora presenti 62 300 richiedenti asilo e migranti;
J. considerando che l'Italia ha segnato un nuovo record in termini di arrivi nel 2016 – 181 436 persone (il 18 % in più rispetto al 2015), di cui il 14 % erano minori non accompagnati; che nel 2016 sono arrivati 20 700 cittadini eritrei ammissibili alla ricollocazione, ma finora l'Italia ne ha registrati solo un quarto circa ai fini della ricollocazione;
K. considerando che nel 2016 in Italia il numero limitato di richiedenti asilo ricollocati in altri Stati membri è stato nettamente inferiore al numero di richiedenti asilo trasferiti dagli Stati membri in Italia a norma del regolamento di Dublino;
L. considerando che la Commissione, nell'ottava relazione sulla ricollocazione e il reinsediamento, ha fissato un obiettivo mensile di ricollocazione, ribadito nelle relazioni successive, di 3 000 richiedenti asilo dalla Grecia e 1 500 dall'Italia (al 1° aprile 2017) al fine di facilitare e accelerare la ricollocazione in modo efficace e agevole nei tempi previsti dalle decisioni del Consiglio;
M. considerando che il Consiglio europeo, nella sua riunione del 15 dicembre 2016, ha approvato il piano d'azione congiunto sull'attuazione della dichiarazione UE-Turchia, che comprendeva l'obiettivo di ricollocazione per la Grecia; che il Consiglio europeo ha inoltre ribadito la richiesta di intensificare ulteriormente gli sforzi volti ad accelerare la ricollocazione, in particolare dei minori non accompagnati;
N. considerando che sono state create tutte le condizioni e le infrastrutture operative necessarie per il funzionamento della procedura di ricollocazione;
O. considerando che, nonostante siano stati registrati alcuni progressi, solo due Stati membri (Finlandia e Malta) sono pienamente nei tempi quanto al rispetto dei loro obblighi di ricollocazione; che la maggior parte degli Stati membri è ancora molto in ritardo; che quattro Stati membri hanno proceduto alle ricollocazioni in modo molto limitato; che due Stati membri continuano a non partecipare al meccanismo;
P. considerando che la Finlandia è l'unico paese ad accogliere sistematicamente minori non accompagnati; che in Italia sono necessari circa 5 000 posti per la ricollocazione di tali minori, mentre finora è stato ricollocato soltanto un minore non accompagnato; che al 12 aprile 2017 la Grecia ha bisogno di altri 163 posti;
Q. considerando che alcuni Stati membri utilizzano preferenze molto restrittive e discriminatorie, quali ricollocare soltanto le madri sole o escludere i richiedenti di nazionalità specifiche, ad esempio gli eritrei, nonché effettuare controlli di sicurezza approfonditi; che al 7 maggio 2017 gli Stati membri avevano respinto la ricollocazione di 961 persone in Grecia;
R. considerando che la decisione (UE) 2015/1523 del Consiglio stabilisce chiaramente che le misure di ricollocazione non dispensano gli Stati membri dall'applicare integralmente le disposizioni del regolamento (UE) n. 604/2013 (Dublino) relative al ricongiungimento familiare, alla protezione speciale dei minori non accompagnati e alla clausola discrezionale per motivi umanitari;
1. riconosce che sono stati compiuti alcuni progressi ma esprime il proprio rammarico per il mancato rispetto da parte degli Stati membri degli impegni a favore della solidarietà e della condivisione delle responsabilità;
2. accoglie con favore l'istituzione da parte dell'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo di un sistema automatizzato di abbinamento delle preferenze; invita gli Stati membri a non ricorrere a decisioni arbitrarie in merito all'accettazione di una richiesta di ricollocazione; esorta gli Stati membri a respingere le richieste esclusivamente sulla base dei motivi specifici stabiliti nelle decisioni del Consiglio sulla ricollocazione;
3. esorta gli Stati membri ad adempiere ai loro obblighi a norma delle decisioni del Consiglio e a ricollocare sistematicamente i richiedenti asilo dalla Grecia e dall'Italia, compresi quelli arrivati dopo il 20 marzo 2016, fino a quando tutti i soggetti ammissibili non saranno stati ricollocati in modo efficace e agevole nei tempi previsti dalle decisioni del Consiglio; invita gli Stati membri a impegnarsi a trasferire e a effettuare trasferimenti su una base mensile stabile;
4. invita gli Stati membri a dare la priorità alla ricollocazione dei minori non accompagnati e degli altri richiedenti vulnerabili;
5. si compiace del fatto che la Commissione, nella sua decima relazione sulla ricollocazione e il reinsediamento del 2 marzo 2017, abbia annunciato che non esiterà ad avvalersi dei poteri ad essa conferiti dai trattati se gli Stati membri non incrementeranno rapidamente le loro ricollocazioni; ritiene che tali poteri includano la possibilità di avviare procedimenti di infrazione;
6. insiste sul fatto che gli obblighi giuridici degli Stati membri non vengono meno dopo il 26 settembre 2017 e che gli Stati membri sono tenuti, anche dopo tale data, a trasferire tutti i richiedenti ammissibili giunti fino a quel momento;
7. sottolinea che il Consiglio si è impegnato a raggiungere il traguardo di 160 000 ricollocazioni; osserva che il numero delle persone ammissibili alla ricollocazione differisce da tale cifra; invita la Commissione a proporre la proroga delle misure di ricollocazione fino all'adozione della rifusione del regolamento Dublino, in conformità della sua proposta del 4 maggio 2016 (COM(2016)0270);
8. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.
Applicazione degli orientamenti del Consiglio per le persone LGBTI, in particolare in relazione alla persecuzione di (presunti) omosessuali di sesso maschile in Cecenia, Russia
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Risoluzione del Parlamento europeo del 18 maggio 2017 sull'applicazione degli orientamenti del Consiglio per le persone LGBTI, in particolare in relazione alla persecuzione di (presunti) uomini omosessuali in Cecenia, Russia (2017/2688(RSP))
– viste le sue precedenti risoluzioni sulla Russia,
– vista la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali,
– visto il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici,
– visti la Convenzione europea sui diritti dell'uomo e i relativi protocolli,
– vista la Costituzione della Federazione russa, in particolare il capitolo 2 sui diritti e le libertà dell'uomo e del cittadino,
– visti gli orientamenti del Consiglio dell'UE, del 24 giugno 2013, per la promozione e la tutela dell'esercizio di tutti i diritti umani da parte di lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali (LGBTI),
– viste le conclusioni del Consiglio dell'UE del 16 giugno 2016 sull'uguaglianza delle persone LGBTI,
– visti gli orientamenti dell'Unione europea sulla tortura e altri maltrattamenti e quelli sui difensori dei diritti umani,
– vista la sua risoluzione del 4 febbraio 2014 sulla tabella di marcia dell'UE contro l'omofobia e la discriminazione legata all'orientamento sessuale e all'identità di genere(1),
– vista la dichiarazione resa il 13 aprile 2017 dagli esperti delle Nazioni Unite in materia di diritti umani sulle violenze nei confronti di uomini omosessuali in Cecenia e sulla loro detenzione,
– visto il piano d'azione dell'Unione europea per i diritti umani e la democrazia (2015-2019),
– vista la sua risoluzione del 14 dicembre 2016 sulla relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2015 e sulla politica dell'Unione europea in materia(2),
– vista la dichiarazione resa il 6 aprile 2017 dal portavoce del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Federica Mogherini, sulle violazioni dei diritti umani nei confronti di uomini omosessuali in Cecenia,
– vista la dichiarazione dell'UE sulle violazioni dei diritti umani nei confronti di uomini omosessuali in Cecenia, rilasciata a livello locale il 19 aprile 2017,
– vista la dichiarazione dell'UE sulle continue segnalazioni di arresti e uccisioni di uomini omosessuali da parte del governo ceceno, rilasciata il 27 aprile 2017 in sede di Consiglio permanente dell'OSCE,
– vista la dichiarazione rilasciata il 7 aprile 2017 dal portavoce del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti,
– vista la dichiarazione rilasciata il 13 aprile 2017 dal direttore dell'Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani dell'OSCE (ODIHR),
– vista la conferenza stampa congiunta del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR), Federica Mogherini, e del ministro degli Affari esteri russo, Sergey Lavrov, tenutasi a Mosca il 24 aprile 2017,
– visti l'articolo 128, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che il 1º aprile 2017 è stato pubblicato un articolo sul giornale russo indipendente Novaja Gazeta, dove si denuncia che oltre un centinaio di uomini, gay o considerati e percepiti come tali, sono stati rapiti e detenuti nella Repubblica autonoma della Cecenia nella Federazione russa, nell'ambito di una campagna coordinata presumibilmente organizzata dalle autorità e dalle forze di sicurezza della repubblica su ordine diretto del presidente della Cecenia, Ramzan Kadyrov;
B. considerando che Novaja Gazeta ha riferito che le vittime rapite hanno subito maltrattamenti e torture e sono state costrette a rivelare l'identità di altre persone LGBTI; che è stato inoltre riferito che almeno tre uomini sono stati uccisi, due a seguito del trattamento durante la detenzione e uno per mano della sua famiglia in un cosiddetto "delitto d'onore";
C. considerando che le segnalazioni iniziali sono state confermate separatamente da Human Rights Watch e da International Crisis Group, i quali citano entrambi fonti sul campo che confermano che i presunti uomini omosessuali sarebbero stati presi di mira dalla polizia e dalle forze di sicurezza per essere incarcerati;
D. considerando che le autorità in Cecenia avrebbero respinto le accuse e mostrato una scarsa disponibilità a condurre indagini e perseguire i responsabili;
E. considerando che gran parte delle vittime si astiene dal chiedere giustizia, poiché teme ritorsioni da parte delle autorità locali; che le persone gay e lesbiche e quelle percepite come tali sono particolarmente vulnerabili a causa della forte omofobia all'interno della società e rischiano di essere vittime di delitti d'onore per mano dei loro parenti;
F. considerando che, dopo anni di minacce e di repressione e un drammatico deterioramento della situazione relativa ai diritti umani nel Caucaso settentrionale, quasi nessun giornalista indipendente o attivista per i diritti umani è in grado di lavorare nella regione; che i giornalisti del periodico Novaja Gazeta, che ha reso nota la repressione, avrebbero ricevuto minacce di morte per il loro lavoro; che le autorità cecene hanno negato ogni accusa e preteso dai giornalisti i nomi delle vittime intervistate;
G. considerando che a San Pietroburgo e a Mosca la polizia ha arrestato attivisti LGBTI che cercavano di fare opera di sensibilizzazione e chiedevano un'indagine sulla persecuzione dei gay in Cecenia;
H. considerando che la Federazione russa è firmataria di numerosi trattati internazionali in materia di diritti umani e, in qualità di membro del Consiglio d'Europa, ha sottoscritto la Convenzione europea dei diritti dell'uomo e ha quindi il dovere di garantire la sicurezza di tutte le persone potenzialmente a rischio, compresi quanti lo sono a causa del proprio orientamento sessuale; che la Russia ha l'obbligo di indagare sui reati commessi dalle autorità cecene e dispone dei mezzi per farlo; che l'omosessualità è stata depenalizzata nella Federazione russa nel 1993;
I. considerando che il presidente Putin ha incaricato il mediatore russo per i diritti umani, Tatyana Moskalkova, di formare un gruppo di lavoro per indagare sulle accuse;
J. considerando che le persone LGBTI sono protette dalla legislazione internazionale vigente in materia di diritti umani e dalla legislazione nazionale russa; che, tuttavia, sono spesso necessarie azioni specifiche per assicurare il pieno godimento dei diritti umani da parte delle persone LGBTI, poiché l'orientamento sessuale e l'identità di genere possono comportare ulteriori rischi di discriminazione, bullismo e persecuzione nelle scuole, sul lavoro e nella società in senso lato, ma anche all'interno delle famiglie; che spetta alla polizia, alla magistratura e alle autorità combattere tali forme di discriminazione e contrastare i comportamenti sociali negativi;
K. considerando che gli orientamenti del Consiglio dell'UE per le persone LGBTI prevedono che le delegazioni dell'UE e le ambasciate degli Stati membri seguano un approccio proattivo per quanto riguarda la promozione dei diritti LGBTI; che tali orientamenti prevedono che la lotta contro la violenza fobica nei confronti delle persone LGBTI e il sostegno ai difensori dei diritti umani delle persone LGBTI siano settori prioritari;
L. considerando che il 7 marzo 2017 la Russia ha adottato una legislazione che depenalizza la violenza domestica, riducendo gli atti di violenza all'interno del contesto familiare da illecito penale a infrazione amministrativa, con sanzioni più moderate per i trasgressori; che il Parlamento europeo ha affrontato la questione nella tornata di marzo (13-16 marzo 2017) a Strasburgo;
1. esprime profonda preoccupazione per le segnalazioni di detenzioni arbitrarie e torture di uomini percepiti come omosessuali nella Repubblica cecena, nella Federazione russa; invita le autorità a porre fine a questa campagna persecutoria, a rilasciare senza indugio quanti siano ancora illegalmente detenuti, a garantire protezione giuridica e fisica alle vittime, nonché ai difensori dei diritti umani e ai giornalisti che hanno lavorato a questo caso, e a consentire alle organizzazioni internazionali che si occupano di diritti umani di condurre un'indagine credibile sui presunti reati;
2. condanna tutte le dichiarazioni rilasciate dalle autorità cecene, che tollerano o incoraggiano la violenza contro le persone LGBTI, compresa la dichiarazione del portavoce del governo ceceno che nega l'esistenza di omosessuali in Cecenia e scredita le segnalazioni come "menzogne e disinformazione assoluta"; deplora la mancanza di disponibilità delle autorità locali a condurre indagini e perseguire le gravi violazioni dirette in modo specifico contro le persone sulla base del loro orientamento sessuale e ricorda alle autorità che diritti quali la libertà di riunione, associazione ed espressione sono diritti universali applicabili a tutti; chiede l'immediato rilascio delle persone ancora detenute illegalmente; esorta le autorità russe a fornire protezione giuridica e fisica alle vittime, nonché ai difensori dei diritti umani e ai giornalisti che hanno lavorato a questo caso;
3. prende atto del fatto che il Presidente Putin ha incaricato il ministero russo dell'Interno e il procuratore federale di indagare su quanto accaduto in Cecenia e invita la Commissione, gli Stati membri e il Consiglio d'Europa a fornire sostegno materiale e consulenza alle autorità russe nell'ambito di tali indagini;
4. invita le autorità cecene e quelle della Federazione russa a osservare la legislazione nazionale e gli impegni internazionali, a rispettare lo Stato di diritto e le norme universali in materia di diritti umani e a promuovere l'uguaglianza e la non discriminazione, anche per le persone LGBTI, accompagnando tali sforzi con misure quali campagne di sensibilizzazione volte a promuovere una cultura della tolleranza, del rispetto e dell'inclusione basata sull'uguaglianza e sulla non discriminazione; chiede l'adozione immediata di misure di protezione per i soggetti vulnerabili che potrebbero diventare vittime e per la completa riabilitazione di tutte le vittime di torture;
5. deplora le diffuse violazioni dei diritti umani e il clima di impunità nella regione che permettono il verificarsi di tali atti e chiede che siano predisposti strumenti giuridici e di altro tipo per prevenire tali violenze e controllare e perseguire efficacemente i responsabili, in collaborazione con la società civile; sottolinea che la Russia e il suo governo sono responsabili in ultima istanza di indagare su tali atti, di consegnare gli autori delle violenze alla giustizia e di proteggere tutti i cittadini russi da abusi illegittimi;
6. chiede con urgenza l'avvio di indagini immediate, indipendenti, oggettive e approfondite sui suddetti casi di incarcerazione, tortura e omicidio, al fine di consegnare alla giustizia i mandanti e gli autori materiali e porre fine all'impunità; accoglie positivamente, a tale proposito, la creazione di un gruppo di lavoro sotto l'egida del difensore civico russo per i diritti umani, che sta indagando sulla questione; invita le autorità russe a incaricare l'Ufficio del procuratore generale di garantire un autentico anonimato e altre tutele per le vittime e i testimoni dell'epurazione cecena ai danni degli omossessuali e delle relative famiglie, di modo che possano prendere parte all'indagine; invita la delegazione dell'UE nonché le ambasciate e i consolati degli Stati membri in Russia a seguire attivamente l'indagine e a intensificare gli sforzi volti ad avviare un dialogo con le vittime, le persone LGBTI, i giornalisti e i difensori dei diritti umani che al momento si trovano in una situazione di pericolo;
7. invita la Commissione a instaurare un dialogo con le organizzazioni internazionali per i diritti umani e con la società civile russa, al fine di aiutare quanti sono fuggiti dalla Cecenia e portare allo scoperto questa campagna di violenze; esorta inoltre gli Stati membri ad agevolare le procedure di richiesta di asilo per tali vittime, giornalisti e difensori dei diritti umani, conformemente al diritto europeo e nazionale;
8. accoglie con favore e riconosce gli sforzi compiuti da numerosi capi delle delegazioni UE e dal rispettivo personale nonché dagli ambasciatori degli Stati membri e dal relativo personale, al fine di sostenere i difensori dei diritti umani delle persone LGBTI e promuovere la non discriminazione e la parità di diritti; invita i capi delle delegazioni UE e gli altri membri del personale del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) a consultarsi con il Parlamento e i deputati competenti ogniqualvolta abbiano domande o desiderino trasmettere informazioni al Parlamento, anche in occasione della Conferenza annuale degli ambasciatori di settembre; sottolinea l'importanza della conoscenza e dell'attuazione degli orientamenti per le persone LGBTI da parte delle delegazioni dell'UE e delle rappresentanze degli Stati membri; chiede a questo proposito al SEAE e alla Commissione di premere per un'attuazione più strategica e sistematica degli orientamenti, tra l'altro mediante la sensibilizzazione e la formazione del personale dell'UE nei paesi terzi, al fine di sollevare efficacemente la questione dei diritti delle persone LGBTI nel contesto dei dialoghi politici e in materia di diritti umani con i paesi terzi e nei consessi multilaterali, nonché di sostenere gli sforzi profusi dalla società civile;
9. sottolinea con fermezza l'importanza di una valutazione continua dell'attuazione degli orientamenti sulla base di parametri chiari; esorta la Commissione a condurre e pubblicare una valutazione approfondita dell'attuazione degli orientamenti da parte delle delegazioni dell'UE e delle rappresentanze diplomatiche degli Stati membri in tutti i paesi terzi, nell'ottica di rilevare eventuali differenze e lacune nell'attuazione e porvi rimedio;
10. deplora profondamente che, in sede di Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, la Federazione russa abbia votato contro la risoluzione del giugno 2016 sulla protezione contro la violenza e la discriminazione fondate sull'orientamento sessuale e l'identità di genere;
11. ricorda alle autorità russe e cecene che i sistemi di valori regionali, culturali e religiosi non dovrebbero essere utilizzati come pretesto per tollerare o compiere discriminazioni, violenze, torture e/o detenzioni di individui o gruppi, comprese quelle fondate sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere;
12. osserva con preoccupazione e considera come un passo indietro l'adozione da parte della Russia della nuova legislazione in materia di violenza domestica, anche nei confronti dei minori; sottolinea che una legislazione che tollera la violenza all'interno della famiglia rischia di avere conseguenze gravi sia per le vittime che per la società nel suo insieme; invita la Commissione e il SEAE a continuare a promuovere l'eliminazione di tutte le forme di violenza basata sul genere, compresa la violenza domestica, a proteggere le persone vulnerabili e a offrire sostegno alle vittime, sia all'interno che all'esterno dell'Europa;
13. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al Consiglio e alla Commissione, al Segretario generale del Consiglio d'Europa, all'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, al governo e al parlamento della Federazione russa nonché alle autorità cecene.