Risoluzione del Parlamento europeo dell'8 ottobre 2020 sulla situazione dei migranti etiopi nei centri di detenzione in Arabia Saudita (2020/2815(RSP))
Il Parlamento europeo,
– viste le sue precedenti risoluzioni sull'Arabia Saudita, in particolare quelle dell'11 marzo 2014 sull'Arabia Saudita, le sue relazioni con l'UE e il suo ruolo in Medio Oriente e Nord Africa(1), del 12 febbraio 2015 sul caso di Raif Badawi(2), dell'8 ottobre 2015 sul caso di Ali Mohammed al-Nimr(3), del 31 maggio 2018 sulla situazione dei difensori dei diritti delle donne in Arabia Saudita(4) e del 25 ottobre 2018 sull'uccisione del giornalista Jamal Khashoggi nel consolato saudita a Istanbul(5) nonché quelle del 25 febbraio 2016 sulla situazione umanitaria nello Yemen e(6) del 30 novembre 2017(7) e del 4 ottobre 2018(8) sulla situazione nello Yemen,
– vista la sua risoluzione del 3 maggio 2018 sulla protezione dei minori migranti (2018/2666(RSP))(9),
– vista la sua risoluzione del 5 aprile 2017 su come far fronte ai movimenti di rifugiati e migranti: ruolo dell'azione esterna dell'UE (2015/2342(INI))(10),
– vista la dichiarazione dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) del 15 settembre 2020 dal titolo "Necessità di un'azione urgente per affrontare le condizioni di detenzione nel Regno dell'Arabia Saudita: il Direttore generale dell'OIM",
– vista la risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 19 dicembre 2018 dal titolo "Patto mondiale delle Nazioni Unite per una migrazione sicura, ordinata e regolare",
– vista la Convenzione delle Nazioni Unite sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie,
– visti l'articolo 144, paragrafo 5, e l'articolo 132, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che dall'aprile 2020, secondo le relazioni di Human Rights Watch, circa 30 000 migranti etiopi, tra cui donne incinte e bambini, sono detenuti arbitrariamente in Arabia Saudita in condizioni terribili dopo essere stati espulsi con la forza dallo Yemen settentrionale dalle autorità Houthi; che molti di questi migranti avrebbero attraversato la frontiera sotto il fuoco delle forze saudite e Houthi; che, secondo quanto riferito, 2 000 migranti sono bloccati sul lato yemenita della frontiera in condizioni disastrose, aggravate dall'epidemia di COVID-19, e completamente privati dell'accesso ai beni e ai servizi fondamentali;
B. considerando che lavoratori migranti sono stati arrestati con violenza dalle forze saudite e portati nel centro di detenzione di Al-Dayer, prima di essere trasferiti in altri dieci centri di detenzione, in particolare il penitenziario di Shmeisi tra le città di Jeddah e Mecca e il penitenziario centrale di Jizan, dove sarebbero rinchiuse migliaia di detenuti etiopi; che, secondo le autorità consolari etiopi, non hanno cibo e acqua a sufficienza, mancano adeguati servizi igienici e sanitari e le ferite da arma da fuoco non sono state curate; che si segnalano diversi decessi, anche di minori, e molti detenuti hanno tentato di togliersi la vita; che coloro che hanno tentato di protestare presso le guardie per le loro condizioni sarebbero stati gravemente torturati dalle forze di sicurezza saudite;
C. considerando che, secondo le stime, i lavoratori migranti, provenienti anche da paesi africani e asiatici, rappresentano il 20 % della popolazione saudita e svolgono un ruolo essenziale nell'economia dell'Arabia Saudita e di altri paesi della regione, occupando per lo più posti di lavoro scarsamente retribuiti e spesso fisicamente gravosi; che lo sfruttamento di questi lavoratori mal retribuiti, gli abusi nei loro confronti e la negazione dei loro diritti sono stati ben documentati in numerose relazioni delle Nazioni Unite e di altre organizzazioni internazionali;
D. considerando che, in base al sistema di Kafala, un sistema abusivo di sponsorizzazione dei visti descritto dalle organizzazioni per i diritti umani come una forma moderna di schiavitù, i lavoratori migranti non possono entrare o uscire dal paese o cambiare lavoro senza il consenso del loro patrocinatore, non dispongono di protezione giuridica e spesso non vengono retribuiti o sono sottopagati; che l'Arabia Saudita sta valutando la possibilità di abolire il sistema di Kafala;
E. considerando che, a seguito dell'attuale pandemia di COVID-19, sta aumentando la pressione sui gruppi vulnerabili, in particolare i lavoratori migranti, all'interno dell'Arabia Saudita e in altri paesi della regione, il che ha portato a un inasprimento delle discriminazioni e delle ostilità nei loro confronti; che i migranti sono spesso stigmatizzati e accusati di aver trasmesso il virus della COVID-19, con la conseguenza che spesso perdono il lavoro e si ritrovano in situazioni molto precarie senza alcun alloggio o retribuzione, e quindi scarsissimi mezzi per regolarizzare il loro status o finanziare da soli un eventuale rientro nel loro paese di origine;
F. considerando che nel novembre 2017 l'Arabia Saudita ha lanciato una campagna contro i migranti accusati di violare la regolamentazione e le leggi in materia di residenza, sicurezza delle frontiere e occupazione; che nel settembre 2019 le autorità hanno annunciato che la campagna si è conclusa con oltre 3,8 milioni di arresti e oltre 962 000 decreti di espulsione; che, secondo l'OIM, circa 380 000 etiopi sono stati espulsi dall'Arabia Saudita verso l'Etiopia tra maggio 2017 e aprile 2020;
G. considerando che il governo etiope è consapevole delle terribili condizioni in cui i loro cittadini sono detenuti in Arabia Saudita; che le rimesse degli etiopi all'estero costituiscono una parte importante dell'economia dell'Etiopia e sono fondamentali per molte famiglie;
H. considerando che le autorità saudite non hanno condotto alcuna indagine efficace sebbene abbiano affermato che avrebbero indagato sulla questione all'inizio di settembre 2020; che le condizioni di detenzione sono peggiorate, dal momento che da allora dei detenuti sono stati percossi e privati dei loro telefoni cellulari;
I. considerando che il maltrattamento dei migranti si inserisce in un contesto più ampio di diffuse violazioni dei diritti umani in Arabia Saudita; che le autorità saudite hanno utilizzato le restrizioni imposte dalla necessità di combattere la COVID-19 come pretesto per violare ulteriormente i diritti umani dei prigionieri politici, come Loujain al-Hathloul, difenditrice dei diritti delle donne, e dei membri dissidenti della famiglia al potere, come la Principessa Basmah bimt Saud e il Principe Salman bin Abdulaziz bin Salman, mantenendoli in detenzione arbitraria e in isolamento; che gli arresti di questi e di altri attivisti politici s'iscrivono nel quadro della feroce repressione del dissenso da parte delle autorità saudite, che comprende l'assassinio del giornalista Jamal Khashoggi nel consolato saudita a Istanbul nel 2018, per il quale non sono state ancora adeguatamente accertate le responsabilità;
J. considerando che, secondo il relatore speciale delle Nazioni Unite sulle esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie, le autorità saudite commettono abusi mediante il ricorso a tecnologie di sorveglianza elettronica; che l'Arabia Saudita è ancora tra i cinque paesi con il più alto numero di esecuzioni al mondo;
K. considerando che il Regno dell'Arabia Saudita ha uno dei livelli più bassi di ratifica dei trattati internazionali fondamentali in materia di diritti umani e non ha ratificato i principali strumenti relativi alla protezione contro la detenzione arbitraria e la detenzione dei migranti, tra cui il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, il protocollo facoltativo alla Convenzione contro la tortura (che prevede meccanismi nazionali di prevenzione e visite di controllo dei centri di detenzione), la Convenzione sui lavoratori migranti, la Convenzione sui rifugiati e la Convenzione sull'apolidia;
L. considerando che, nel suo incontro del 29 settembre 2020 con il ministro degli Affari esteri dell'Arabia Saudita Faisal Bin Farhan Al Saud a Bruxelles, l'alto rappresentante Josep Borrell ha ribadito l'intenzione dell'UE di intensificare il dialogo sui diritti umani;
1. condanna fermamente il maltrattamento dei migranti etiopi e le violazioni dei loro diritti umani, in particolare nei centri di detenzione in Arabia Saudita; chiede alle autorità saudite di rilasciare immediatamente tutti i detenuti, dando priorità a coloro che si trovano nelle situazioni più vulnerabili, tra cui donne e bambini;
2. invita le autorità saudite a garantire che ogni persona che entra in Arabia Saudita dallo Yemen sia autorizzata a farlo in condizioni di sicurezza e sia trasferita in un centro di accoglienza adeguato che soddisfi le norme internazionali in materia di alimentazione, servizi medici e sanitari, servizi igienici e igiene personale, finestre e illuminazione, abbigliamento, superficie utile, temperatura, ventilazione ed esercizio fisico all'aria aperta e che siano prese tutte le precauzioni necessarie per limitare la trasmissione della COVID-19, della tubercolosi e di altre malattie; chiede che si tenti di trovare alternative alla detenzione senza privare i migranti e i rifugiati della libertà e respinge in tal senso qualsiasi trattamento disumano o degradante dei migranti;
3. esorta vivamente l'Arabia Saudita a porre immediatamente fine alla tortura e ad altri maltrattamenti durante la detenzione e a fornire adeguate cure psichiche e fisiche a tutti, con particolare riguardo alle vittime di stupro; ricorda che, come chiarito dal Comitato delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, i minori non dovrebbero mai essere detenuti per motivi connessi all'immigrazione e che il trattenimento non possa mai essere giustificato come misura adottata nell'interesse superiore del minore; invita le autorità saudite a rilasciare urgentemente i minori insieme ai loro familiari e a prevedere alternative alla detenzione che siano sicure e non privative della libertà e alle quali le agenzie umanitarie possano avere periodicamente accesso;
4. esorta le autorità saudite a condurre un'indagine indipendente e imparziale su tutte le accuse di violazioni dei diritti umani, compresi l'uso di armi da fuoco contro i migranti alle frontiere e le uccisioni illegali, la tortura e altri maltrattamenti durante la detenzione, a chiamare tutti i responsabili a rispondere delle loro azioni in processi equi che rispettino le norme internazionali, senza ricorrere alla pena di morte o alle punizioni corporali, e a fornire un'adeguata assistenza psicologica e fisica a coloro che hanno subito tali terribili condizioni;
5. esorta le autorità saudite a consentire tempestivamente agli osservatori internazionali indipendenti, compreso il rappresentante speciale dell'UE per i diritti umani, di entrare nel paese, di monitorare periodicamente le strutture carcerarie e detentive, di svolgere indagini imparziali sulle accuse di tortura e di decessi sospetti durante la detenzione e di effettuare visite private periodiche ai detenuti;
6. ribadisce l'appello dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani affinché vengano rilasciate tutte le persone detenute senza una base giuridica sufficiente, assicurando al contempo un accesso adeguato all'assistenza sanitaria e creando le condizioni per la corretta attuazione delle misure di mitigazione della pandemia, compreso il distanziamento sociale;
7. rammenta nuovamente alle autorità saudite gli obblighi internazionali che derivano loro dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, dal Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti;
8. riconosce che l'economia dell'Arabia Saudita deve una parte della sua ricchezza e prosperità ai circa 13 milioni di lavoratori stranieri e migranti presenti all'interno del paese e osserva pertanto che il processo di modernizzazione interna in corso deve includere una riforma delle politiche in materia di lavoro e di immigrazione, al fine di garantire condizioni di lavoro adeguate ai lavoratori stranieri e prevenirne la stigmatizzazione e lo sfruttamento;
9. invita il governo dell'Arabia Saudita a collaborare con l'Organizzazione internazionale del lavoro per la completa abolizione del sistema della kafala e a fornire garanzie giuridiche adeguate a tutti i lavoratori migranti all'interno del paese, anche mediante ispezioni strutturali delle loro condizioni di lavoro; esprime preoccupazione per l'impatto particolarmente negativo della discriminazione sistematica nei confronti delle donne migranti e, in particolare, delle lavoratrici domestiche migranti, che sono più esposte agli abusi fisici, a orari di lavoro estremamente lunghi e alla mancanza di libertà di movimento e che subiscono in molti casi il controllo esercitato dai loro datori di lavoro sulla loro possibilità di cambiare lavoro o di uscire dal paese; invita il governo dell'Arabia Saudita a ratificare la Convenzione fondamentale dell'OIL concernente la libertà sindacale e la protezione del diritto sindacale (n. 87) e quella sul diritto di organizzazione e di negoziazione collettiva (n. 98);
10. chiede garanzie del fatto che non vi saranno rimpatri di massa e che le domande di asilo saranno esaminate caso per caso;
11. invita il governo dell'Etiopia ad agevolare il rimpatrio volontario, sicuro e dignitoso di tutti i migranti etiopi il più rapidamente possibile, anche collaborando con l'OIM, e dando la priorità alle donne, ai minori e alle persone vulnerabili; chiede che siano messe a disposizione di tutti i cittadini detenuti in Arabia Saudita assistenza e visite consolari e incoraggia il governo etiope a rispondere in modo tempestivo ed efficace alle richieste di sostegno;
12. ribadisce il suo sostegno al patto globale delle Nazioni Unite per una migrazione sicura, ordinata e regolare, in quanto promuove norme che consentono ai paesi ospitanti di proteggere meglio i diritti umani fondamentali dei gruppi vulnerabili, come i migranti economici etiopi bloccati in Arabia Saudita e nello Yemen;
13. riconosce che sia l'Arabia Saudita che l'Etiopia hanno un interesse reciproco a istituire un meccanismo di cooperazione in materia di mobilità volto a facilitare la complementarità dei rispettivi mercati del lavoro e ricorda che il patto globale delle Nazioni Unite per una migrazione sicura, ordinata e regolare fornisce consulenza e lo sviluppo di capacità in questo settore;
14. esprime preoccupazione per la crescente repressione nei confronti dei difensori dei diritti umani in Arabia Saudita e per i processi palesemente iniqui contro migranti e membri della minoranza sciita del paese; prende atto del recente annuncio secondo cui, nella maggior parte dei casi, la fustigazione come forma di punizione sarà sostituita da un periodo di detenzione; esorta il governo dell'Arabia Saudita a imporre una moratoria immediata sulla pena di morte e su qualsiasi forma di punizione corporale, comprese l'amputazione e la fustigazione, in vista della loro completa abolizione;
15. invita il SEAE e gli Stati membri a chiedere all'Arabia Saudita di rilasciare immediatamente tutte le persone ingiustamente detenute per aver esercitato i propri diritti fondamentali, compresi difensori dei diritti delle donne, attivisti politici e altri; esprime preoccupazione per la situazione del vincitore del premio Sacharov 2015 ingiustamente detenuto, Raif Badawi, che sarebbe stato oggetto di un tentativo di omicidio in carcere, e chiede il suo rilascio immediato e senza condizioni;
16. invita il Regno dell'Arabia Saudita ad astenersi da qualsiasi discriminazione sistematica nei confronti delle donne, dei migranti, comprese le donne migranti, e delle minoranze, comprese le minoranze religiose; deplora il fatto che, nonostante le positive riforme a favore delle donne realizzate dal 2019, permangano leggi discriminatorie nei loro confronti, anche per quanto riguarda il loro status personale, e che il sistema di tutela maschile non sia ancora stato completamente abolito;
17. invita le autorità saudite a rilasciare senza condizioni tutti i difensori dei diritti delle donne, in particolare gli attivisti del movimento Women to Drive Loujain al-Hathloul e Fahad Albutairi, Samar Badawi, Nassima al-Sada, Nouf Abdulaziz e Maya'a al-Zahrani, e a ritirare tutte le accuse contro di loro e contro Iman al-Nafjan, Aziza al-Yousef, Amal al-Harbi, Ruqayyah al-Mharib, Shadan al-Anezi, Abir Namankni e Hatoon al-Fassi; condanna fermamente tutte le torture, gli abusi sessuali e altre forme di maltrattamento perpetrate nei loro confronti; sollecita un'indagine imparziale sulla violazione dei loro diritti umani e chiede che tutti i responsabili siano consegnati alla giustizia;
18. invita il governo dell'Arabia Saudita a modificare l'articolo 39 della legge fondamentale del 1992 e la legge contro la criminalità informatica per garantire la libertà di stampa e di espressione sia offline che online; invita il governo dell'Arabia Saudita a modificare la sua legge sulle associazioni in linea con il diritto internazionale, per consentire l'istituzione e il funzionamento di organizzazioni indipendenti a favore dei diritti umani;
19. esorta le autorità saudite a consentire al relatore speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani dei migranti e al relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei difensori dei diritti umani un accesso incondizionato al paese, conformemente ai loro rispettivi mandati;
20. invita la delegazione dell'UE e le missioni diplomatiche degli Stati membri dell'UE in Arabia Saudita a chiedere con urgenza l'autorizzazione a visitare i centri di detenzione dei migranti; insiste sul fatto che la promozione dei diritti umani deve essere al centro della politica esterna dell'UE;
21. esorta il VP/AR, il SEAE e gli Stati membri, insieme al rappresentante speciale dell'UE per i diritti umani, ad avviare lo sviluppo di un approccio comune verso l'effettiva attuazione degli orientamenti dell'UE sui difensori dei diritti umani in Arabia Saudita; invita, in tal senso, il VP/AR a individuare parametri di riferimento specifici e obiettivi pratici prima di avviare un dialogo sui diritti umani con l'Arabia Saudita;
22. invita le autorità saudite a ratificare il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, a sciogliere le riserve sollevate in merito alla Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW), a ratificare il protocollo opzionale alla CEDAW e a ratificare la Convenzione delle Nazioni Unite sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, il protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura, la Convenzione di Ginevra del 1951 e la Convenzione sull'apolidia; esorta le autorità saudite a rivolgere un invito permanente a tutte le procedure speciali del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite (HRC) a visitare il paese; chiede l'istituzione di un relatore speciale delle Nazioni Unite sull'Arabia Saudita, in linea con le altre procedure speciali dell'HRC create per le situazioni più gravi in materia di diritti umani a livello mondiale;
23. ribadisce il suo invito a porre fine alle esportazioni verso l'Arabia Saudita di tecnologie di sorveglianza e altre attrezzature che possano facilitare la repressione interna;
24. esorta ancora una volta il Consiglio ad adottare il meccanismo di sanzioni dell'UE in materia di diritti umani come decisione relativa agli interessi e obiettivi strategici dell'Unione di cui all'articolo 22, paragrafo 1, TUE, e a garantire che, subito dopo la sua adozione, siano applicate sanzioni mirate a livello dell'UE nei confronti dei responsabili dell'omicidio del giornalista Jamal Khashoggi;
25. esorta il presidente del Consiglio dei ministri dell'Unione europea, il Presidente della Commissione europea e gli Stati membri a declassare la rappresentanza istituzionale e diplomatica dell'UE in occasione del prossimo vertice dei leader del G20, onde evitare di legittimare l'impunità per le violazioni dei diritti umani e le detenzioni illegali e arbitrarie in corso in Arabia Saudita;
26. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al Servizio europeo per l'azione esterna, al Segretario generale delle Nazioni Unite, all'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, al governo dell'Etiopia, a Sua Maestà il Re Salman bin Abdulaziz Al Saud, al Principe ereditario Mohammad Bin Salman Al Saud, al governo del Regno dell'Arabia Saudita e al Segretario generale del Centro per il dialogo nazionale del Regno dell'Arabia Saudita; chiede che la presente risoluzione sia tradotta in arabo.