Emendamenti del Parlamento europeo, approvati il 29 aprile 2021, alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio su un quadro per il rilascio, la verifica e l'accettazione di certificati interoperabili relativi alla vaccinazione, ai test e alla guarigione per agevolare la libera circolazione durante la pandemia di COVID-19 (certificato verde digitale) (COM(2021)0130 – C9‑0104/2021 – 2021/0068(COD))(1)
La questione è stata rinviata alla commissione competente in base all'articolo 59, paragrafo 4, quarto comma, del regolamento del Parlamento, per l'avvio di negoziati interistituzionali.
* Emendamenti: il testo nuovo o modificato è evidenziato in grassetto corsivo e le soppressioni sono segnalate con il simbolo ▌.
REGOLAMENTO (UE) 2021/… DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO su un quadro per il rilascio, la verifica e l'accettazione di certificati interoperabili relativi alla vaccinazione, ai test e alla guarigione per agevolare la libera circolazione durante la pandemia di COVID-19 (certificato COVID-19 dell'UE)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 21, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria,
considerando quanto segue:
(1) Ogni cittadino dell'Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dai trattati e dalle disposizioni adottate in applicazione degli stessi. La direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio(1) stabilisce le modalità di esercizio di tale diritto.
(1 bis) La facilitazione della libertà di circolazione è uno dei presupposti fondamentali per avviare una ripresa economica.
(2) Il 30 gennaio 2020 il direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha dichiarato un'emergenza di sanità pubblica di portata internazionale concernente la propagazione mondiale del coronavirus della sindrome respiratoria acuta grave 2 (SARS-CoV-2), che provoca la malattia da coronavirus 2019 (COVID‑19). L'11 marzo 2020 l'OMS ha reso pubblica la sua valutazione secondo cui la COVID-19 aveva le caratteristiche per essere qualificata pandemia.
(3) Per limitare la diffusione del virus gli Stati membri hanno adottato varie misure, alcune delle quali hanno inciso sul diritto dei cittadini dell'Unione di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, quali restrizioni all'ingresso o l'obbligo per i viaggiatori transfrontalieri di sottoporsi a quarantena/autoisolamento o a un test per l'infezione da SARS-CoV-2. Tali restrizioni hanno effetti negativi sui cittadini e le imprese, in particolare per i lavoratori e i pendolari transfrontalieri e i lavoratori stagionali.
(4) Il 13 ottobre 2020 il Consiglio ha adottato la raccomandazione (UE) 2020/1475 per un approccio coordinato alla limitazione della libertà di circolazione in risposta alla pandemia di COVID-19(2). La raccomandazione stabilisce un approccio coordinato sui punti chiave seguenti: l'applicazione di criteri e soglie comuni per decidere se introdurre restrizioni alla libera circolazione, una mappatura del rischio di trasmissione della COVID-19 basata su un codice cromatico concordato e un approccio coordinato per quanto riguarda le eventuali misure che potrebbero essere opportunamente applicate alle persone che si spostano da una zona all'altra in funzione del livello di rischio di trasmissione in tali zone. La raccomandazione sottolinea inoltre che i viaggiatori essenziali elencati al punto 19 e i lavoratori frontalieri, particolarmente colpiti da tali restrizioni nella loro vita quotidiana, soprattutto quelli che esercitano funzioni critiche o essenziali per le infrastrutture critiche, dovrebbero ▌ essere esentati dalle restrizioni di viaggio legate alla COVID-19 in ragione della loro situazione specifica.
(5) Sulla base dei criteri e delle soglie stabiliti nella raccomandazione (UE) 2020/1475, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) pubblica, una volta a settimana, una mappa degli Stati membri, suddivisi per regione, al fine di sostenere il processo decisionale degli Stati membri(3).
(6) Come precisato nella raccomandazione (UE) 2020/1475, tutte le restrizioni alla libera circolazione delle persone all'interno dell'Unione attuate per limitare la diffusione della COVID-19 dovrebbero basarsi su motivi specifici e limitati di interesse pubblico, vale a dire la protezione della salute pubblica. È necessario che tali limitazioni siano applicate nel rispetto dei principi generali del diritto dell'Unione, segnatamente la proporzionalità e la non discriminazione. Tutte le misure adottate dovrebbero pertanto essere strettamente limitate nella portata e nel tempo in linea con lo sforzo volto a ripristinare uno spazio Schengen pienamente funzionante senza controlli alle frontiere interne e non dovrebbero ▌andare al di là di quanto strettamente necessario per tutelare la salute pubblica. Dovrebbero inoltre essere coerenti con le misure adottate dall'Unione per garantire la circolazione libera e ininterrotta delle merci e dei servizi essenziali nel mercato unico, compresa quella di forniture mediche e personale medico e sanitario, attraverso i valichi di frontiera detti "corsie verdi" di cui alla comunicazione della Commissione sull'attuazione delle corsie verdi (green lanes) previste dagli orientamenti relativi alle misure per la gestione delle frontiere destinate a tutelare la salute e garantire la disponibilità di beni e servizi essenziali(4).
(7) Secondo le attuali conoscenze mediche, le persone vaccinate, quelle che presentano un test di amplificazione dell'acido nucleico (NAAT) negativo non più vecchio di [72 ore] o un test antigenico rapido negativo non più vecchio di [24 ore] e quelle che sono risultate positive agli anticorpi specifici contro la proteina spike negli ultimi [6 mesi] hanno un rischio notevolmente ridotto di infettare con il SARS-CoV-2 altre persone. La libera circolazione delle persone che sulla base di solidi dati scientifici non costituiscono un rischio significativo per la salute pubblica, ad esempio perché sono immuni da SARS-CoV-2 e non possono trasmetterlo, non dovrebbe essere soggetta a restrizioni, poiché queste ultime non sarebbero necessarie a conseguire l'obiettivo perseguito.
(7 bis) Per garantire un uso armonizzato dei certificati, è opportuno stabilire nel presente regolamento la durata della loro validità. Tuttavia, in questa fase, non è ancora chiaro se i vaccini prevengano la trasmissione della COVID-19. Allo stesso modo, non vi sono prove sufficienti sulla durata della protezione effettiva contro la COVID-19 dopo la guarigione da una precedente infezione. Di conseguenza è opportuno che sia possibile regolare la durata della validità in base al progresso tecnico e scientifico.
(8) Molti Stati membri hanno avviato o prevedono di avviare iniziative per il rilascio di certificati di vaccinazione. Tali certificati di vaccinazione, tuttavia, per poter essere usati efficacemente in un contesto transfrontaliero in cui i cittadini esercitano i diritti di libera circolazione, devono essere pienamente interoperabili, compatibili, sicuri e verificabili. Occorre un approccio comunemente stabilito tra gli Stati membri per quanto riguarda il contenuto, il formato, i principi, le norme tecniche e il livello di protezione di tali certificati.
(9) Misure unilaterali in questo settore potrebbero causare perturbazioni significative dell'esercizio della libera circolazione e ostacolare il corretto funzionamento del mercato interno, compreso il settore del turismo, in quanto le autorità nazionali e i servizi di trasporto di passeggeri, quali linee aeree, treni, pullman o traghetti, si troverebbero di fronte a una vasta gamma di formati diversi di documenti attestanti non solo lo stato di vaccinazione di una persona, ma anche i suoi test e l'eventuale guarigione dalla COVID-19. [Em. 8]
(9 bis) Nella sua risoluzione del 3 marzo 2021 sulla definizione di una strategia dell'UE per il turismo sostenibile, il Parlamento europeo ha chiesto un approccio armonizzato in tutta l'UE in materia di turismo, sia applicando criteri comuni per viaggiare in sicurezza, tramite un protocollo UE sulla sicurezza sanitaria relativo ai test e ai requisiti di quarantena, sia richiedendo un certificato comune di vaccinazione, una volta che sia sufficientemente provato che le persone vaccinate non trasmettono il virus, o mediante il riconoscimento reciproco delle procedure di vaccinazione.
(10) Fatte salve le misure comuni in materia di attraversamento delle frontiere interne da parte delle persone previste dall'acquis di Schengen, in particolare dal regolamento (UE) 2016/399 del Parlamento europeo e del Consiglio(5), e al fine di facilitare l'esercizio del diritto di circolare e di soggiornare ▌nel territorio degli Stati membri, è opportuno stabilire un quadro comune per il rilascio, la verifica e l'accettazione di certificati interoperabili relativi alla vaccinazione, ai test e alla guarigione dalla COVID-19, chiamato "certificato COVID-19 dell'UE", che dovrebbe essere vincolante e direttamente applicabile in tutti gli Stati membri. Tutti i nodi di trasporto dell'Unione, come aeroporti, porti, stazioni ferroviarie e di autobus, dove viene controllato il certificato, dovrebbero applicare criteri e procedure standardizzati e comuni per la verifica del certificato COVID-19 dell'UE sulla base di orientamenti sviluppati dalla Commissione.
(10 bis) Nell'applicare il presente regolamento, gli Stati membri dovrebbero accettare ogni tipo di certificato rilasciato conformemente al presente regolamento. I certificati interoperabili dovrebbero avere lo stesso valore lungo la durata della loro validità.
(11) Il presente regolamento è inteso a facilitare l'applicazione dei principi di proporzionalità e di non discriminazione per quanto riguarda eventuali restrizioni alla libera circolazione e ad altri diritti fondamentali dovute alla pandemia di COVID-19, perseguendo nel contempo un livello elevato di protezione della salute pubblica, e non dovrebbe essere inteso come un'agevolazione o un incentivo all'adozione di restrizioni alla libera circolazione o ad altri diritti fondamentali, in risposta alla pandemia. ▌ È opportuno che continuino ad applicarsi le esenzioni dalle restrizioni della libertà di circolazione in risposta alla pandemia di COVID-19 previste dalla raccomandazione (UE) 2020/1475. Eventuali necessità di verifica dei certificati istituiti dal presente regolamento non dovrebbero, di per sé, poter giustificare il ripristino temporaneo dei controlli di frontiera alle frontiere interne. I controlli alle frontiere interne dovrebbero restare una misura di ultima istanza, soggetta alle specifiche norme stabilite nel regolamento (UE) 2016/399.
(12) L'adozione di un approccio comune per il rilascio, la verifica e l'accettazione di tali certificati interoperabili si basa sulla fiducia. Certificati falsi relativi alla COVID-19 possono costituire un grave rischio per la salute pubblica. Le autorità di uno Stato membro devono avere la garanzia che il certificato emesso in un altro Stato membro contenga informazioni attendibili, non sia stato falsificato e appartenga alla persona che lo presenta, e che chiunque verifichi tali informazioni abbia accesso soltanto alla quantità minima di informazioni necessarie.
(13) Il rischio rappresentato da certificati falsi relativi alla COVID-19 è concreto. Il 1° febbraio 2021, Europol ha pubblicato un avviso di allarme rapido sulle vendite illecite di falsi certificati di test negativi per la COVID-19(6). Data la disponibilità e la facile accessibilità dei mezzi tecnologici, quali stampanti ad alta risoluzione e vari software di elaborazione grafica, i truffatori sono in grado di produrre certificati alterati, falsi o contraffatti. Sono stati segnalati casi di vendite illecite di certificati di test fraudolenti che comportavano più gruppi organizzati di falsificazione e singoli truffatori opportunisti che vendono falsi certificati online e offline.
(14) Per garantire l'interoperabilità e la parità di accesso, anche per le persone vulnerabili, come le persone con disabilità, e per le persone con un accesso limitato alle tecnologie digitali, è opportuno che gli Stati membri rilascino i certificati che costituiscono il certificato COVID-19 dell'UE in formato digitale o cartaceo a scelta del titolare. Ciò dovrebbe consentire al potenziale titolare di richiedere e ricevere una copia cartacea del certificato e/o di conservare e visualizzare il certificato su un dispositivo mobile. I certificati dovrebbero contenere un codice a barre interoperabile a lettura digitale, contenente unicamente i dati pertinenti relativi ai certificati stessi. È opportuno che gli Stati membri garantiscano l'autenticità, la validità e l'integrità dei certificati mediante sigilli elettronici ▌. Le informazioni sul certificato dovrebbero figurare anche in formato leggibile dall'uomo, stampate o visualizzabili come semplice testo. I certificati dovrebbero presentarsi in un modo facile da comprendere, tale da garantire la semplicità e un uso agevole. Le informazioni e la presentazione grafica dovrebbero risultare accessibili alle persone con disabilità, conformemente ai requisiti di accessibilità delle informazioni, incluse le informazioni in formato digitale, enunciati nella direttiva (UE) 2019/882 del Parlamento europeo e del Consiglio(7). Per evitare ostacoli alla libera circolazione, è opportuno che i certificati siano rilasciati gratuitamente e che le persone abbiano il diritto di ottenerne il rilascio. È opportuno che gli Stati membri rilascino automaticamente i certificati che costituiscono il certificato COVID-19 dell'UE, o nel caso del certificato di guarigione solo su richiesta, provvedendo affinché possano essere ottenuti facilmente e celermente e fornendo, laddove necessario, il sostegno necessario per assicurare la parità di accesso per tutte le persone. Eventuali spese aggiuntive per le infrastrutture tecniche, digitali e di trasporto necessarie per mettere in atto i certificati di vaccinazione dovrebbero essere ammissibili a titolo dei fondi e dei programmi dell'Unione. [Em. 17]
(14 bis) I vaccini dovrebbero essere considerati beni pubblici globali a disposizione della popolazione generale, quindi gli Stati membri dovrebbero garantire un accesso equo e gratuito per tutti i cittadini. Gli Stati membri dovrebbero inoltre garantire un accesso universale, accessibile, tempestivo e gratuito alle possibilità di test per la COVID-19, rendendoli disponibili in tutti i nodi di trasporto. Il rilascio di certificati ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, non comporta un trattamento differenziato e una discriminazione basata sullo stato vaccinale o sul possesso di un certificato specifico di cui agli articoli 5, 6 e 7.
(15) La sicurezza, l'autenticità, l'integrità e la validità dei certificati che costituiscono il certificato COVID-19 dell'UE e la loro conformità con la legislazione dell'Unione in materia di protezione dei dati sono cruciali perché tutti gli Stati membri li accettino. È pertanto necessario istituire un quadro di fiducia stabilendo le norme riguardanti il rilascio e la verifica affidabili e sicuri dei certificati, e le relative infrastrutture. L'infrastruttura dovrebbe essere sviluppata, con una forte preferenza per l'uso della tecnologia dell'Unione, in modo che possa funzionare su tutti i dispositivi elettronici, assicurando al contempo che tale infrastruttura sia protetta dalle minacce informatiche. Il quadro di fiducia dovrebbe assicurare che la verifica di un certificato possa avvenire offline e senza che ne venga informato il soggetto che lo ha rilasciato, garantendo quindi che nessun soggetto che ha rilasciato il certificato, né qualsiasi altra parte terza, sia informato quando un titolare presenta un certificato. La base di tale quadro di fiducia dovrebbe essere costituita dallo schema sull'interoperabilità dei certificati sanitari(8) adottato il 12 marzo 2021 dalla rete eHealth istituita a norma dell'articolo 14 della direttiva 2011/24/UE(9). Il quadro di fiducia dovrebbe quindi essere basato su un'infrastruttura a chiave pubblica con una catena di fiducia che va dalle autorità sanitarie degli Stati membri alle singole entità che rilasciano i certificati. Il quadro di fiducia dovrebbe consentire di individuare le frodi, in particolare le falsificazioni. È opportuno che per ogni vaccinazione, test o guarigione venga rilasciato un certificato indipendente e distinto e sul certificato non sia conservata la cronistoria dei precedenti certificati del titolare.
(16) È opportuno che, in conformità del presente regolamento, i certificati che costituiscono il certificato COVID-19 dell'UE siano rilasciati alle persone di cui all'articolo 3 della direttiva 2004/38/CE, vale a dire ai cittadini dell'Unione e ai loro familiari, inclusi i cittadini di paesi e territori d'oltremare di cui all'articolo 355, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), qualunque sia la loro cittadinanza, dallo Stato membro in cui essi sono stati vaccinati o sottoposti a test, o in cui si trovano una volta guariti. Laddove sia pertinente o opportuno, i certificati dovrebbero essere rilasciati a un'altra persone a nome della persona vaccinata, sottoposta a test o guarita, ad esempio al tutore legale a nome di persone incapaci, o ai genitori a nome dei figli. I certificati non dovrebbero richiedere la legalizzazione o qualsiasi altra formalità analoga.
(16 bis) Le limitazioni dei viaggi transfrontalieri sono particolarmente deleterie per coloro che attraversano quotidianamente o frequentemente le frontiere per andare a lavorare o a scuola, visitare parenti stretti, ricevere cure mediche o occuparsi di persone care. Il certificato COVID-19 dell'UE dovrebbe facilitare la libera circolazione dei residenti frontalieri, dei lavoratori stagionali transfrontalieri, dei lavoratori temporanei transfrontalieri e dei lavoratori dei trasporti.
(16 ter) Alla luce del considerando 14 bis del presente regolamento e dei punti 6 e 9 della raccomandazione (UE) 2020/1475, gli Stati membri dovrebbero prestare particolare attenzione alle specificità delle regioni transfrontaliere, delle regioni ultraperiferiche, delle exclave e delle zone geograficamente isolate, alla necessità di cooperare a livello locale e regionale, nonché alle persone che sono considerate lavoratori frontalieri, lavoratori transfrontalieri e residenti frontalieri e che risiedono in un altro Stato membro al quale fanno ritorno ritornano di norma quotidianamente o almeno una volta alla settimana. [Em. 18]
(17) I certificati che costituiscono il certificato COVID-19 dell'UE potrebbero essere rilasciati anche ai cittadini o ai residenti di Andorra, di Monaco, di San Marino e del Vaticano/Santa Sede ▌.
(18) ▌ Gli accordi sulla libera circolazione delle persone conclusi dall'Unione e dai suoi Stati membri, da una parte, e alcuni paesi terzi, dall'altra, prevedono la possibilità di limitare la libera circolazione per motivi di salute pubblica. Qualora un accordo di questo tipo non contenga un meccanismo di integrazione degli atti dell'Unione europea, è opportuno che i certificati rilasciati ai beneficiari di tale accordo siano accettati alle condizioni previste dal presente regolamento. Ciò dovrebbe essere subordinato all'adozione di un atto di esecuzione da parte della Commissione, che stabilisce che il paese terzo in questione rilascia certificati in conformità del presente regolamento e ha fornito garanzie formali del fatto che accetterà certificati rilasciati dagli Stati membri.
(19) Il regolamento (UE) 2021/XXXX si applica ai cittadini di paesi terzi che non rientrano nell'ambito di applicazione del presente regolamento, che risiedono o soggiornano regolarmente nel territorio di uno Stato al quale si applica il presente regolamento e che hanno il diritto di recarsi in altri Stati in conformità del diritto dell'Unione.
(20) È opportuno che il quadro da stabilire ai fini del presente regolamento persegua una coerenza con le iniziative globali o iniziative analoghe con paesi terzi con i quali l'Unione europea ha partenariati stretti, ▌a cui partecipano l'OMS e l'Organizzazione dell'aviazione civile internazionale. Ciò dovrebbe comprendere, ove possibile, l'interoperabilità tra i sistemi tecnologici stabiliti a livello globale e i sistemi stabiliti ai fini del presente regolamento per agevolare la libera circolazione all'interno dell'Unione, anche tramite la partecipazione a una infrastruttura a chiave pubblica o lo scambio bilaterale di chiavi pubbliche. Per agevolare l'esercizio dei diritti di libera circolazione dei cittadini dell'Unione vaccinati o sottoposti a test da paesi terzi o da paesi e territori d'oltremare di cui all'articolo 355, paragrafo 2, TFUE o al suo allegato II o dalle Isole Fær Øer, il presente regolamento dovrebbe prevedere l'accettazione dei certificati rilasciati da paesi terzi o da paesi e territori d'oltremare o dalle Isole Fær Øer a cittadini dell'Unione e loro familiari, se la Commissione ritiene che tali certificati siano rilasciati secondo norme equivalenti a quelle stabilite dal presente regolamento.
(21) Al fine di agevolare la libera circolazione e affinché le restrizioni alla libera circolazione attualmente in vigore durante la pandemia di COVID-19 possano essere revocate in modo coordinato sulla base degli ultimi dati scientifici e orientamenti messi a disposizione dal comitato per la sicurezza sanitaria, dall'ECDC e dall'Agenzia europea per i medicinali (EMA), è opportuno stabilire un certificato di vaccinazione interoperabile. Tale certificato di vaccinazione dovrebbe servire a comprovare che il titolare ha ricevuto un vaccino anti COVID-19 in uno Stato membro e dovrebbe consentire l'esenzione dalle restrizioni di viaggio. Il certificato dovrebbe contenere soltanto le informazioni necessarie per identificare chiaramente il titolare, nonché il numero e la data del vaccino anti COVID-19 e il luogo di vaccinazione. È opportuno che gli Stati membri rilascino certificati di vaccinazione per le persone che ricevono vaccini che hanno ottenuto un'autorizzazione all'immissione in commercio a norma del regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio(10) ▌.
(22) Le persone che sono state vaccinate prima della data di applicazione del presente regolamento, anche nell'ambito di una sperimentazione clinica, dovrebbero avere anch'esse il diritto di ottenere un certificato di vaccinazione anti COVID-19 conforme al presente regolamento. Al contempo, è opportuno che gli Stati membri restino liberi di rilasciare prove di vaccinazione in altri formati per altri fini, in particolare per fini medici.
(23) In linea con il principio di non discriminazione, è inoltre opportuno che gli Stati membri rilascino tali certificati di vaccinazione a cittadini dell'Unione e loro familiari che sono stati vaccinati con un vaccino anti COVID-19 che ha ottenuto l'autorizzazione all'immissione in commercio ai sensi del regolamento (CE) n. 726/2004 in un paese terzo e forniscano una prova affidabile della vaccinazione. È inoltre opportuno che gli Stati membri possano rilasciare certificati di vaccinazione ai cittadini dell'Unione e ai loro familiari che sono stati vaccinati con un vaccino che figura nell'elenco per l'uso di emergenza dell'OMS e forniscano una prova affidabile della vaccinazione.
(24) Il 27 gennaio 2021 la rete eHealth ha adottato orientamenti sulla prova della vaccinazione a fini medici, che ha aggiornato il 12 marzo 2021(11). Tali orientamenti, in particolare gli standard di codici preferiti, dovrebbero costituire la base delle specifiche tecniche adottate ai fini del presente regolamento.
(25) Già adesso alcune restrizioni alla libera circolazione all'interno dell'Unione non sono applicate da vari Stati membri alle persone vaccinate. ▌Gli Stati membri dovrebbero accettare una prova di vaccinazione come base per non applicare le restrizioni alla libera circolazione messe in atto, in conformità del diritto dell'Unione, per limitare la diffusione della COVID-19, come l'obbligo di sottoporsi a quarantena/autoisolamento o a un test per l'infezione da SARS-Co-V-19, ed essi dovrebbero essere tenuti ad accettare, alle stesse condizioni, certificati di vaccinazione validi rilasciati da altri Stati membri in conformità del presente regolamento. Tale accettazione dovrebbe avvenire alle stesse condizioni, vale a dire che, ad esempio, se uno Stato membro considerasse sufficiente la somministrazione di una sola dose di vaccino, dovrebbe farlo anche per i titolari di un certificato di vaccinazione che indica una sola dose dello stesso vaccino. Per motivi di salute pubblica, è opportuno che quest'obbligo sia limitato alle persone cui sono stati somministrati vaccini anti COVID-19 che abbiano ottenuto un'autorizzazione all'immissione in commercio a norma del regolamento (CE) n. 726/2004 ▌ o vaccini che figurano nell'elenco per l'uso di emergenza dell'OMS.
(26) È necessario evitare qualsiasi tipo di discriminazione (diretta o indiretta) di persone che non sono vaccinate, ad esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino è attualmente somministrato, o perché non hanno ancora avuto l'opportunità di essere vaccinate, o nel caso in cui non vi siano ancora vaccini disponibili per alcune fasce di età, come i bambini. Pertanto il possesso di un certificato di vaccinazione, o di un certificato di vaccinazione che attesti l'uso di uno specifico medicinale vaccinale, non dovrebbe costituire una condizione preliminare per esercitare i diritti di libera circolazione ▌e non può essere una condizione preliminare per la libera circolazione all'interno dell'Unione e per usare servizi di trasporto passeggeri transfrontalieri quali linee aeree, treni, pullman, traghetti o qualsiasi altro mezzo di trasporto.
(26 bis) I vaccini anti COVID-19 devono essere prodotti su vasta scala, avere prezzi accessibili, essere distribuiti a livello mondiale in modo da essere disponibili là dove necessario ed essere ampiamente utilizzati nelle comunità locali. [Em. 21/rev]
(26 ter) Far fronte alla pandemia di COVID-19 è un presupposto inderogabile della ripresa sociale ed economica e dell'efficacia degli sforzi di ripresa. Lo sviluppo di vaccini contro la COVID-19 è fondamentale. I problemi relativi ai gravi casi di inadempienza in relazione ai tempi di produzione e consegna sono estremamente preoccupanti. [Em. 22/rev]
(27) Molti Stati membri hanno imposto ai viaggiatori di sottoporsi a un test per l'infezione da SARS-CoV-2 prima o dopo l'arrivo nel loro territorio. All'inizio della pandemia di COVID-19 gli Stati membri si affidavano generalmente al test di reazione a catena della polimerasi-trascrittasi inversa (RT-PCR), un test di amplificazione dell'acido nucleico (NAAT) per la diagnosi della COVID-19 considerato dall'OMS e dall'ECDC lo standard di riferimento, cioè la metodologia più affidabile per testare i casi e i contatti(12). Con il progredire della pandemia, è diventata disponibile sul mercato europeo una nuova generazione di test più rapidi e meno costosi, i cosiddetti test antigenici rapidi, che individuano la presenza di proteine virali (antigeni) per individuare un'infezione in corso. Il 18 novembre 2020 la Commissione ha adottato la raccomandazione (UE) 2020/1743 sull'uso di test antigenici rapidi per la diagnosi dell'infezione da SARS-CoV-2(13).
(28) Il 22 gennaio 2021 il Consiglio ha adottato la raccomandazione 2021/C 24/01 relativa a un quadro comune per l'uso e la convalida dei test antigenici rapidi e il riconoscimento reciproco dei risultati dei test per la COVID-19 nell'UE(14), che prevede lo sviluppo di un elenco comune dei test antigenici rapidi per la COVID-19. Su tale base il comitato per la sicurezza sanitaria ha concordato, il 18 febbraio 2021, un elenco comune di test antigenici rapidi per la COVID-19, una scelta di test antigenici rapidi i cui risultati saranno reciprocamente riconosciuti dagli Stati membri, e una serie comune standardizzata di dati da inserire nei certificati riguardanti i risultati dei test per la COVID-19(15).
(29) Malgrado gli sforzi comuni, le persone che esercitano il diritto di libera circolazione continuano a incontrare problemi quando tentano di avvalersi in uno Stato membro del risultato di un test ottenuto in un altro Stato membro. Tali problemi sono spesso connessi alla lingua in cui è redatto il risultato del test, alla mancanza di fiducia nell'autenticità del documento esibito e ai costi dei test.
(30) Per migliorare l'accettazione dei risultati dei test effettuati in un altro Stato membro quando tali risultati sono presentati allo scopo di esercitare il diritto di libera circolazione, è opportuno stabilire un certificato di test interoperabile, che contenga le informazioni strettamente necessarie per identificare chiaramente il titolare, nonché il tipo, la data e il risultato del test per l'infezione da SARS-CoV-2. Per garantire l'attendibilità del risultato del test, è opportuno che soltanto i risultati dei test NAAT e dei test antigenici rapidi figuranti nell'elenco stabilito sulla base della raccomandazione 2021/C 24/01 del Consiglio siano ammissibili per un certificato di test rilasciato sulla base del presente regolamento. La serie comune standardizzata di dati da inserire nei certificati riguardanti i risultati dei test per la COVID-19 concordati dal comitato per la sicurezza sanitaria sulla base della raccomandazione 2021/C 24/01 del Consiglio, in particolare gli standard di codici preferiti, dovrebbe formare la base delle specifiche tecniche adottate ai fini del presente regolamento.
(31) I certificati di test rilasciati dagli Stati membri in conformità del presente regolamento dovrebbero essere accettati dagli Stati membri che richiedono la prova di un test per l'infezione da SARS-CoV-2 come base per non applicare le restrizioni alla libera circolazione adottate per limitare la diffusione della COVID-19.
(31 bis) Gli anticorpi contro il SARS-CoV-2 vengono prodotti dopo un'infezione naturale – in presenza o meno di una malattia clinica – e dopo la vaccinazione. Sebbene non si disponga ancora di dati definitivi circa la persistenza di tali anticorpi dopo la vaccinazione, numerose evidenze indicano che gli anticorpi indotti naturalmente sono rilevabili per diversi mesi dopo l'infezione. I test per la ricerca di anticorpi consentono pertanto di individuare le persone che sono state precedentemente infettate e che potrebbero aver sviluppato una risposta immunitaria e che quindi hanno una probabilità molto bassa di infettarsi nuovamente o di infettare altre persone.
(32) In base alle prove esistenti, le persone che sono guarite dalla COVID-19 possono continuare a risultare positive ai test per il SARS-CoV-2 per un certo periodo dopo la comparsa dei sintomi(16). Di conseguenza, se tali persone sono tenute a sottoporsi a un test quando cercano di esercitare il loro diritto di libera circolazione, può essere loro vietato di viaggiare sebbene non siano più infette. Al fine di agevolare la libera circolazione e fare in modo che le restrizioni alla libera circolazione attualmente in vigore durante la pandemia di COVID-19 possano essere revocate in modo coordinato sulla base degli ultimi dati scientifici disponibili, è opportuno stabilire un certificato di guarigione interoperabile, contenente le informazioni necessarie per identificare chiaramente il titolare e la data di un precedente test positivo per l'infezione da SARS-CoV-2. ▌Secondo l'ECDC, dati recenti dimostrano che malgrado la diffusione di SARS-CoV-2 vitale nel periodo compreso tra dieci e venti giorni dal manifestarsi dei sintomi, non vi sono studi epidemiologici convincenti che dimostrino la trasmissione della malattia dopo il decimo giorno. Il principio di precauzione dovrebbe, tuttavia, continuare ad essere applicato. Alla Commissione dovrebbe essere conferito il potere di modificare il periodo di validità, sia l'inizio che la fine, sulla base degli orientamenti del comitato per la sicurezza sanitaria o dell'ECDC, che studia attentamente la base di prove sulla durata dell'immunità acquisita dopo la guarigione. Inoltre, nel caso in cui siano asintomatiche, le persone dovrebbero avere la possibilità di sottoporsi a un test altamente specifico per la ricerca dell'antigene spike.
(33) Già adesso alcune restrizioni alla libera circolazione all'interno dell'Unione non sono applicate da vari Stati membri alle persone guarite. Gli Stati membri dovrebbero accettare una prova di guarigione come base per non applicare le restrizioni alla libera circolazione messe in atto, in conformità del diritto dell'Unione, per limitare la diffusione del SARS-CoV-2, come l'obbligo di sottoporsi a quarantena/autoisolamento o a un test per l'infezione da SARS-CoV-2, e dovrebbero essere tenuti ad accettare, alle stesse condizioni, certificati di guarigione validi rilasciati da altri Stati membri in conformità del presente regolamento. La rete eHealth, in collaborazione con il comitato per la sicurezza sanitaria, sta inoltre elaborando orientamenti sui certificati di guarigione e le rispettive serie di dati.
(34) Per poter ottenere rapidamente una posizione comune, la Commissione dovrebbe essere in grado di chiedere al comitato per la sicurezza sanitaria istituito in virtù dell'articolo 17 della decisione n. 1082/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio(17) di emanare orientamenti sui dati scientifici disponibili riguardanti gli effetti di eventi medici documentati nei certificati rilasciati in conformità del presente regolamento, compresi l'efficacia e la durata dell'immunità conferita dai vaccini anti COVID-19, il fatto che i vaccini impediscano o meno l'infezione e la trasmissione asintomatiche del virus, la situazione delle persone guarite dal virus e gli effetti delle nuove varianti del SARS-CoV-2 su persone che sono state vaccinate o già infettate. Tali informazioni potrebbero altresì fungere da base per le raccomandazioni del Consiglio volte a consentire un approccio coordinato alla revoca delle restrizioni alla libera circolazione dei titolari di certificati.
(35) È opportuno attribuire alla Commissione competenze di esecuzione al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione dei certificati del quadro di fiducia istituiti dal presente regolamento. È altresì opportuno che tali competenze siano esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio(18).
(36) Ove sussistano, in casi debitamente giustificati connessi alle specifiche tecniche necessarie per stabilire certificati interoperabili, imperativi motivi di urgenza, o qualora diventino disponibili nuovi dati scientifici, è opportuno che la Commissione adotti atti di esecuzione immediatamente applicabili.
(37) Il regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio(19) si applica al trattamento dei dati personali effettuato nel quadro del presente regolamento. Il presente regolamento stabilisce la base giuridica per il trattamento dei dati personali ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, lettera c), e dell'articolo 9, paragrafo 2, lettera g), del regolamento (UE) 2016/679, necessario per il rilascio e la verifica dei certificati interoperabili previsti dal presente regolamento. Esso non disciplina il trattamento dei dati personali relativi alla documentazione di una vaccinazione, di un test o di una guarigione per altri fini, ad esempio a fini di farmacovigilanza o per la conservazione di cartelle cliniche individuali. La base giuridica del trattamento ad altri fini dev'essere stabilita dalle legislazioni nazionali, che devono essere conformi alla normativa dell'Unione in materia di protezione di dati.
(38) Secondo il principio della riduzione al minimo dei dati personali, è opportuno che i certificati contengano soltanto i dati personali strettamente necessari per agevolare l'esercizio del diritto di libera circolazione all'interno dell'Unione durante la pandemia di COVID-19. È opportuno che il presente regolamento stabilisca le specifiche categorie di dati personali e i campi di dati da inserire nei certificati.
(39) Ai fini del presente regolamento, non è necessario trasmettere o scambiare i dati personali ▌a livello transfrontaliero ▌. In linea con l'approccio infrastrutturale a chiave pubblica, solo le chiavi pubbliche dei soggetti che hanno rilasciato i certificati devono essere trasferite o essere accessibili a livello transfrontaliero; a ciò provvederà un gateway di interoperabilità istituito e gestito dalla Commissione. In particolare, la presenza del certificato in combinazione con la chiave pubblica del soggetto che ha rilasciato il certificato dovrebbe consentire la verifica dell'autenticità e dell'integrità del certificato, nonché l'individuazione delle frodi. In linea con il principio della protezione dei dati per impostazione predefinita, è opportuno utilizzare tecniche di verifica che non richiedano la trasmissione di dati personali.
(40) Il presente regolamento vieta allo Stato membro di destinazione, o agli operatori di servizi di trasporto passeggeri transfrontalieri di conservare i dati personali ottenuti dal certificato. Il presente regolamento non crea una base giuridica per l'istituzione di archivi di banche dati a livello di Stati membri o di Unione ovvero attraverso l'infrastruttura digitale del quadro di fiducia.
▌
(41 bis) Una comunicazione chiara, completa e tempestiva al pubblico in merito al rilascio, all'uso e all'accettazione di ciascun tipo di certificato COVID-19 dell'UE è fondamentale per garantire la prevedibilità dei viaggi e la certezza del diritto. La Commissione dovrebbe sostenere gli sforzi degli Stati membri in tal senso, ad esempio mettendo a disposizione le informazioni fornite dagli Stati membri sulla piattaforma web "Re-open EU".
(42) In conformità della raccomandazione (UE) 2020/1475, tutte le restrizioni alla libera circolazione delle persone all'interno dell'Unione attuate per limitare la diffusione del SARS-CoV-2 dovrebbero essere revocate non appena la situazione epidemiologica lo consente. Ciò riguarda anche l'obbligo di presentare documenti diversi da quelli richiesti dal diritto dell'Unione, in particolare dalla direttiva 2004/38/CE, quali i certificati di cui al presente regolamento. ▌
(43) Il presente regolamento dovrebbe applicarsi per 12 mesi a partire dalla data di entrata in vigore. Quattro mesi dopo la data di entrata in vigore del presente regolamento e al più tardi 3 mesi prima della fine della sua applicazione, la Commissione dovrebbe presentare al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione del presente regolamento, compreso il suo impatto sulla libera circolazione, sui diritti fondamentali e sulla protezione dei dati personali, nonché una valutazione sulle tecnologie più aggiornate in materia di vaccini e test e sull'uso, da parte degli Stati membri, del certificato COVID-19 dell'UE per finalità, basate sul diritto nazionale, non previste dal presente regolamento.
(44) Per tenere conto della situazione epidemiologica e dei progressi compiuti nel contenere la pandemia di COVID-19, e per garantire l'interoperabilità con le norme internazionali, è opportuno delegare alla Commissione il potere di adottare atti conformemente all'articolo 290 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea per quanto riguarda l'applicazione di alcuni articoli del presente regolamento ▌. È di particolare importanza che durante i lavori preparatori la Commissione svolga adeguate consultazioni, anche a livello di esperti, nel rispetto dei principi stabiliti nell'accordo interistituzionale "Legiferare meglio" del 13 aprile 2016(20). In particolare, al fine di garantire la parità di partecipazione alla preparazione degli atti delegati, il Parlamento europeo e il Consiglio ricevono tutti i documenti contemporaneamente agli esperti degli Stati membri, e i loro esperti hanno sistematicamente accesso alle riunioni dei gruppi di esperti della Commissione incaricati della preparazione di tali atti delegati.
(45) Poiché gli obiettivi del presente regolamento, vale a dire agevolare la libera circolazione all'interno dell'Unione durante la pandemia di COVID-19 istituendo certificati interoperabili relativi alla vaccinazione, ai test e alla guarigione del titolare, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della portata e degli effetti dell'azione in questione, può essere conseguito meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(46) Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti, in particolare, dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea ("Carta"), tra cui il diritto al rispetto della vita privata e della vita familiare, il diritto alla protezione dei dati di carattere personale, il diritto all'uguaglianza davanti alla legge e alla non discriminazione, il diritto di libera circolazione e il diritto a un ricorso effettivo. Nell'attuazione del presente regolamento gli Stati membri dovrebbero rispettare la Carta.
(46 bis) Qualora gli Stati membri decidano di richiedere certificati digitali nazionali per scopi diversi dalla libera circolazione a livello nazionale, questi dovrebbero essere interoperabili con il certificato COVID-19 dell'UE e rispettarne le garanzie quali definite nel presente regolamento, in particolare per garantire la non discriminazione tra nazionalità diverse, la non discriminazione tra certificati diversi e standard elevati di protezione dei dati, nonché per evitare la frammentazione.
(46 ter) Gli Stati membri non dovrebbero introdurre restrizioni all'accesso ai servizi pubblici per coloro che non sono in possesso dei certificati di cui nel presente regolamento.
(46 quater) Un elenco di tutti i soggetti che, secondo le previsioni, agiranno in qualità di titolari del trattamento, responsabili del trattamento e destinatari dei dati in tale Stato membro è reso pubblico entro un mese dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, al fine di consentire ai cittadini dell'Unione che si avvalgono del certificato COVID-19 dell'UE di conoscere l'identità del soggetto cui possono rivolgersi per l'esercizio dei loro diritti in materia di protezione dei dati nel quadro del regolamento (UE) 2016/679, tra cui, in particolare, il diritto di ricevere informazioni trasparenti sulle modalità di esercizio dei diritti dell'interessato in relazione al trattamento dei dati personali.
(47) Il Garante europeo della protezione dei dati (GEPD)e il comitato europeo per la protezione dei dati (EDPB) sono stati consultati in conformità all'articolo 42, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2018/1725(21),
HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto
Il presente regolamento stabilisce un quadro per il rilascio, la verifica e l'accettazione di certificati interoperabili relativi alla vaccinazione, ai test e alla guarigione dalla COVID-19 al fine di agevolare l'esercizio del diritto di libera circolazione durante la pandemia di COVID-19 da parte dei loro titolari ("certificato COVID-19 dell'UE").
Esso fornisce la base giuridica per il trattamento dei dati personali necessari per rilasciare tali certificati e per il trattamento delle informazioni necessarie per comprovare e verificare l'autenticità e la validità di tali certificati nel pieno rispetto del regolamento (UE) 2016/679.
Esso non può essere interpretato nel senso di istituire un diritto o un obbligo diretto o indiretto ad essere vaccinati. [Em. 9]
Il presente regolamento non introduce né stabilisce ulteriori formalità o requisiti per l'esercizio del diritto di libera circolazione o del diritto di ingresso nel territorio degli Stati membri a norma della direttiva 2004/38/CE e del regolamento (UE) 2016/399.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni seguenti:
(1) "titolare": la persona cui è stato rilasciato un certificato interoperabile contenente informazioni sul suo stato di vaccinazione, test e/o guarigione in conformità del presente regolamento;
(2) "certificato COVID-19 dell'UE": certificati interoperabili contenenti informazioni sullo stato di vaccinazione, test e/o guarigione del loro titolare, rilasciati nel contesto della pandemia di COVID-19;
(3) "vaccino anti COVID-19": medicinale immunologico indicato per l'immunizzazione attiva contro il coronavirus della sindrome respiratoria acuta grave 2 (SARS-CoV-2), il virus che provoca la COVID-19;
(4) "test NAAT": test molecolare di amplificazione dell'acido nucleico (NAAT), quali le tecniche di reazione a catena della polimerasi-trascrittasi inversa (RT-PCR), amplificazione isotermica mediata da loop (LAMP) e amplificazione mediata da trascrizione (TMA), utilizzato per rilevare la presenza dell'acido ribonucleico (RNA) del SARS-CoV-2;
(5) "test antigenico rapido": metodo di test basato sull'individuazione di proteine virali (antigeni) mediante immunodosaggio a flusso laterale che dà risultati in meno di 30 minuti, effettuato da un operatore sanitario addestrato o da altro operatore addestrato;
(5 bis) "test sierologico o anticorpale": test di laboratorio eseguito su campioni di sangue (siero, plasma o sangue intero) volto a rilevare se una persona abbia sviluppato anticorpi contro il SARS-CoV-2, e quindi in grado di indicare che il suo titolare è stato esposto al SARS-CoV-2 e ha sviluppato anticorpi, indipendentemente dalla presenza o meno di sintomaticità;
(6) "interoperabilità": capacità dei sistemi di verifica di uno Stato membro di utilizzare i dati codificati da un altro Stato membro;
(7) "codice a barre": metodo per memorizzare e rappresentare dati in un formato visivo leggibile meccanicamente;
(8) "sigillo elettronico": "sigillo elettronico avanzato" ai sensi del regolamento (UE) n. 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio(22), accluso e connesso tramite associazione logica ad altri dati in forma elettronica per garantire l'origine e l'integrità di questi ultimi;
▌
(10) "quadro di fiducia": le norme, le politiche, le specifiche, i protocolli, i formati di dati e l'infrastruttura digitale che disciplinano e consentono il rilascio e la verifica affidabili e sicuri dei certificati per garantire l'affidabilità dei certificati, comprovandone l'autenticità, la validità e l'integrità, ▌mediante l'▌uso di sigilli elettronici.
Articolo 3
Certificato COVID-19 dell'UE
1. Fatto salvo l'articolo 22 del regolamento (UE) 2016/399, il certificato ▌interoperabile COVID-19 dell'UE consente il rilascio e la verifica e l'accettazione transfrontaliere di uno qualunque dei seguenti certificati:
(a) un certificato comprovante che al titolare è stato somministrato un vaccino anti COVID-19 nello Stato membro di rilascio del certificato ("certificato di vaccinazione");
(b) un certificato indicante il risultato per il titolare, il tipo e la data di un test NAAT o di un test antigenico rapido, figurante nell'elenco comune e aggiornato dei test antigenici rapidi per la COVID-19 stabilito sulla base della raccomandazione 2021/C 24/01 del Consiglio(23) ("certificato di test");
(c) un certificato comprovante che il titolare risulta guarito da un'infezione da SARS-CoV-2 successivamente a un test NAAT positivo o comprovante, tramite un test sierologico o anticorpale, che il titolare ha sviluppato una risposta immunitaria contro il SARS-CoV-2, con l'indicazione della data del primo test NAAT positivo o della data del test sierologico per la ricerca di anticorpi contro il SARS-CoV-2 ("certificato di guarigione").
La Commissione pubblica l'elenco dei test antigenici rapidi per la COVID-19 stabilito sulla base della raccomandazione 2021/C 24/01 del Consiglio, compresi eventuali aggiornamenti.
2. Gli Stati membri rilasciano i certificati di cui al paragrafo 1 in formato digitale e cartaceo ▌. I potenziali titolari hanno il diritto di ricevere i certificati nel formato di loro scelta. I certificati rilasciati dagli Stati membri sono di facile utilizzo e contengono un codice a barre interoperabile che consente di verificare l'autenticità, la validità e l'integrità del certificato. Il codice a barre è conforme alle specifiche tecniche stabilite in conformità dell'articolo 8. Le informazioni figuranti nei certificati sono espresse anche in formato leggibile all'uomo, sono accessibili alle persone con disabilità e sono riportate almeno nella lingua o nelle lingue ufficiali dello Stato membro di rilascio e in inglese. [Em. 15]
3. Il certificato di cui al paragrafo 1 è rilasciato gratuitamente. Il titolare ha diritto di chiedere il rilascio di un nuovo certificato se i dati personali figuranti nel certificato non sono, o non sono più, esatti o aggiornati, anche per quanto riguarda lo stato di vaccinazione, del test o della guarigione del titolare, o se il certificato non è più a sua disposizione.
3 bis. Nel certificato figura il seguente testo: "Il presente certificato non è un documento di viaggio. I dati scientifici relativi alla vaccinazione, ai test e alla guarigione dalla COVID-19 continuano a evolvere, anche alla luce delle nuove rilevanti varianti del virus. Prima di mettersi in viaggio, verificare le misure sanitarie pubbliche applicabili e le relative restrizioni applicate nel luogo di destinazione."
Lo Stato membro fornisce al titolare informazioni chiare, complete e tempestive sull'uso del certificato di vaccinazione, di test e/o di guarigione ai fini del presente regolamento.
3 ter. Il possesso di un certificato COVID-19 dell'UE non costituisce una condizione preliminare per esercitare i diritti di libera circolazione.
3 quater. Il rilascio di certificati a norma del paragrafo 1 non comporta un trattamento differenziato né una discriminazione basata sullo stato vaccinale o sul possesso di un certificato specifico di cui agli articoli 5, 6 e 7. Gli Stati membri garantiscono possibilità di sottoporsi a test universali, accessibili, tempestivi e gratuiti al fine di assicurare il diritto di libera circolazione all'interno dell'Unione senza discriminazioni fondate sulle possibilità economiche o finanziarie.
4. Il rilascio dei certificati di cui al paragrafo 1 non pregiudica la validità di altre prove di vaccinazione, test o guarigione rilasciate prima dell'entrata in applicazione del presente regolamento o per altri fini, in particolare a fini medici.
4 bis. I nodi di trasporto dell'Unione, come aeroporti, porti e stazioni ferroviarie e di autobus, dove vengono controllati i certificati di cui al paragrafo 1, applicano criteri e procedure standardizzati e comuni per la verifica di tali certificati, sulla base degli orientamenti sviluppati dalla Commissione.
5. Qualora la Commissione abbia adottato un atto di esecuzione a norma del secondo comma del presente paragrafo, sono accettati, alle condizioni di cui all'articolo 5, paragrafo 5, i certificati rilasciati in conformità del presente regolamento da un paese terzo con il quale l'Unione europea e i suoi Stati membri hanno concluso un accordo sulla libera circolazione delle persone che consente alle parti contraenti di limitare in modo non discriminatorio la libera circolazione per motivi di sanità pubblica e che non contiene un meccanismo di incorporazione degli atti dell'Unione europea.
La Commissione valuta se tale paese terzo rilascia certificati in conformità del presente regolamento e ha fornito garanzie formali che accetterà i certificati rilasciati dagli Stati membri. In tal caso adotta un atto di esecuzione secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 13, paragrafo 2.
6. La Commissione chiede al comitato per la sicurezza sanitaria istituito dall'articolo 17 della decisione n. 1082/2013/UE, all'ECDC e all'EMA di emanare orientamenti sui dati scientifici disponibili in merito agli effetti degli eventi medici documentati nei certificati di cui al paragrafo 1.
6 bis. Gli Stati membri mettono a disposizione risorse sufficienti per attuare il presente regolamento, anche per prevenire, individuare, indagare e perseguire le frodi e le pratiche illecite relative al rilascio e all'uso del certificato COVID-19 dell'UE.
Articolo 4
Quadro di fiducia del certificato COVID-19 dell'UE
1. La Commissione e gli Stati membri istituiscono e mantengono un'infrastruttura digitale del quadro di fiducia che consenta il rilascio e la verifica sicuri dei certificati di cui all'articolo 3.
2. Il quadro di fiducia garantisce, ove possibile, l'interoperabilità con i sistemi tecnologici istituiti a livello internazionale.
3. Qualora la Commissione abbia adottato un atto di esecuzione a norma del secondo comma del presente paragrafo, i certificati rilasciati dai paesi terzi ai cittadini dell'Unione e ai loro familiari, nonché ai cittadini o residenti di Andorra, di Monaco, di San Marino e della Santa Sede/Stato della Città del Vaticano, secondo una norma e un sistema tecnologico internazionali che sono interoperabili con il quadro di fiducia istituito sulla base del presente regolamento e che consentono la verifica dell'autenticità, della validità e dell'integrità del certificato, e contenenti i dati di cui all'allegato, sono trattati come i certificati rilasciati dagli Stati membri in conformità del presente regolamento, al fine di agevolare l'esercizio del diritto di libera circolazione all'interno dell'Unione europea da parte dei loro titolari. Ai fini del presente comma, l'accettazione da parte degli Stati membri dei certificati di vaccinazione rilasciati da paesi terzi è soggetta alle condizioni di cui all'articolo 5, paragrafo 5.
La Commissione valuta se i certificati rilasciati da un paese terzo soddisfano le condizioni di cui al presente paragrafo. In tal caso adotta un atto di esecuzione secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 13, paragrafo 2. La Commissione tiene inoltre un registro pubblicamente accessibile dei paesi terzi che soddisfano le condizioni per il rilascio di certificati ai sensi del presente regolamento.
Articolo 5
Certificato di vaccinazione
1. Ciascuno Stato membro rilascia automaticamente alle persone cui è stato somministrato un vaccino anti COVID-19 il certificato di vaccinazione di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a) ▌.
2. Il certificato di vaccinazione contiene le seguenti categorie di dati personali:
(a) dati identificativi del titolare;
(b) informazioni sul medicinale vaccinale somministrato e sul numero e la data delle dosi;
(c) metadati del certificato, quale il soggetto che ha rilasciato il certificato ▌.
I dati personali sono inseriti nel certificato di vaccinazione conformemente ai campi specifici di dati di cui al punto 1 dell'allegato.
Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all'articolo 11 al fine di modificare il punto 1 dell'allegato ▌ modificando o rimuovendo campi di dati o aggiungendo campi di dati che rientrano nelle categorie di dati personali di cui al presente paragrafo, lettere b) e c).
3. Il certificato di vaccinazione è rilasciato in un formato sicuro e interoperabile conformemente all'articolo 3, paragrafo 2, e indica chiaramente se il ciclo di vaccinazione per quel vaccino specifico è stato completato o meno.
4. Qualora, in caso di comparsa di nuovi dati scientifici o per garantire l'interoperabilità con le norme e i sistemi tecnologici internazionali, motivi imperativi d'urgenza lo richiedano, agli atti delegati adottati ai sensi del presente articolo si applica la procedura di cui all'articolo 12.
5. Gli Stati membri accettano una prova di vaccinazione come base per non applicare le restrizioni alla libera circolazione messe in atto, in conformità del diritto dell'Unione, per limitare la diffusione della COVID-19, e accettano anche, alle stesse condizioni, i certificati di vaccinazione validi rilasciati dagli altri Stati membri in conformità del presente regolamento relativi a un vaccino anti COVID-19 che ha ottenuto un'autorizzazione all'immissione in commercio a norma del regolamento (CE) n. 726/2004.
Gli Stati membri possono anche accettare, per lo stesso scopo, certificati di vaccinazione validi rilasciati dagli altri Stati membri in conformità del presente regolamento relativi a ▌un vaccino anti COVID-19 che figura nell'elenco per l'uso di emergenza dell'OMS.
6. Qualora un cittadino dell'Unione o un suo familiare, o un cittadino o residente di Andorra, di Monaco, di San Marino e della Santa Sede/Stato della Città del Vaticano, sia stato vaccinato in un paese terzo con uno dei tipi di vaccini anti COVID-19 di cui al paragrafo 5 del presente articolo e le autorità di uno Stato membro abbiano ricevuto tutte le informazioni necessarie, compresa una prova affidabile della vaccinazione, esse rilasciano all'interessato il certificato di vaccinazione di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a).
Articolo 6
Certificato di test
1. Ciascuno Stato membro rilascia automaticamente alle persone che si sono sottoposte a un test COVID-19 il certificato di test di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera b) ▌.
2. Il certificato di test contiene le seguenti categorie di dati personali:
(a) dati identificativi del titolare;
(b) informazioni sul test effettuato;
(c) metadati del certificato, quale il soggetto che ha rilasciato il certificato ▌.
I dati personali sono inseriti nel certificato di test conformemente ai campi specifici di dati di cui al punto 2 dell'allegato.
Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all'articolo 11 al fine di modificare il punto 2 dell'allegato ▌ modificando o rimuovendo campi di dati o aggiungendo campi di dati che rientrano nelle categorie di dati personali di cui al presente paragrafo, lettere b) e c).
3. Il certificato di test è rilasciato in un formato sicuro e interoperabile conformemente all'articolo 3, paragrafo 2.
4. Qualora, in caso di comparsa di nuovi dati scientifici o per garantire l'interoperabilità con le norme e i sistemi tecnologici internazionali, motivi imperativi d'urgenza lo richiedano, agli atti delegati adottati ai sensi del presente articolo si applica la procedura di cui all'articolo 12.
5. Gli Stati membri accettano una prova del risultato negativo a un test per l'infezione da SARS-CoV-2 come base per non applicare le restrizioni alla libera circolazione messe in atto, in conformità del diritto dell'Unione, per limitare la diffusione della COVID-19, e accettano anche i certificati di test validi rilasciati dagli altri Stati membri in conformità del presente regolamento.
Articolo 7
Certificato di guarigione
1. Ciascuno Stato membro rilascia, su richiesta, il certificato di guarigione di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera c), non prima dell'undicesimo giorno successivo al ricevimento, da parte dell'interessato, del primo risultato positivo al test per l'infezione da SARS-CoV-2, o dopo la presentazione di un successivo test NAAT negativo. Il certificato di guarigione può inoltre essere rilasciato sulla base dell'individuazione di anticorpi mediante un test sierologico.
Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all'articolo 11 al fine di modificare il numero di giorni a decorrere dal quale può essere rilasciato il certificato di guarigione, sulla base degli orientamenti ricevuti dal comitato per la sicurezza sanitaria in conformità dell'articolo 3, paragrafo 6, o di dati scientifici riesaminati dall'ECDC.
Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all'articolo 11 al fine di stabilire e modificare, sulla base di dati scientifici riesaminati dall'ECDC, i tipi di test sierologici per la ricerca di anticorpi contro il SARS-CoV-2 a fronte dei quali può essere rilasciato un certificato.
2. Il certificato di guarigione contiene le seguenti categorie di dati personali:
(a) dati identificativi del titolare;
(b) informazioni sulla precedente infezione da SARS-CoV-2 documentata da un test NAAT positivo o dall'esito di un test sierologico;
(c) metadati del certificato, quale il soggetto che ha rilasciato il certificato ▌.
I dati personali sono inseriti nel certificato di guarigione conformemente ai campi specifici di dati di cui al punto 3 dell'allegato.
Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all'articolo 11 al fine di modificare il punto 3 dell'allegato ▌ modificando o rimuovendo campi di dati, compreso il termine di validità del certificato di guarigione, o aggiungendo campi di dati che rientrano nelle categorie di dati personali di cui al presente paragrafo, lettere b) e c).
3. Il certificato di guarigione è rilasciato in un formato sicuro e interoperabile conformemente all'articolo 3, paragrafo 2.
4. Qualora, in caso di comparsa di nuovi dati scientifici o per garantire l'interoperabilità con le norme e i sistemi tecnologici internazionali, motivi imperativi d'urgenza lo richiedano, agli atti delegati adottati ai sensi del presente articolo si applica la procedura di cui all'articolo 12.
5. Gli Stati membri accettano una prova di guarigione dall'infezione da SARS-CoV-2 come base per non applicare le restrizioni alla libera circolazione messe in atto, in conformità del diritto dell'Unione, per limitare la diffusione della COVID-19, e accettano, alle stesse condizioni, i certificati di guarigione validi rilasciati dagli altri Stati membri in conformità del presente regolamento.
Articolo 8
Specifiche tecniche
Al fine di garantire condizioni uniformi di attuazione del quadro di fiducia istituito dal presente regolamento, la Commissione adotta atti di esecuzione contenenti le specifiche tecniche e le norme per:
(a) rilasciare e verificare in modo sicuro i certificati di cui all'articolo 3;
(b) garantire la sicurezza dei dati personali, tenendo conto della loro natura;
(c) compilare i certificati di cui all'articolo 3, compreso il sistema di codificazione e qualsiasi altro elemento pertinente;
▌
(e) creare un codice a barre valido, sicuro e interoperabile;
(f) garantire l'interoperabilità con le norme e/o i sistemi tecnologici internazionali;
(g) ripartire le responsabilità tra i titolari del trattamento e per quanto riguarda i responsabili del trattamento conformemente al regolamento (UE) 2016/679, capo IV;
(g bis) stabilire procedure per testare, verificare e valutare periodicamente l'efficacia delle misure adottate in materia di protezione dei dati e di sicurezza.
(g ter) garantire che le persone con disabilità possano accedere alle informazioni in formato leggibile all'uomo contenute nel certificato digitale e nel certificato cartaceo, conformemente ai requisiti armonizzati dell'Unione in materia di accessibilità. [Em. 16]
Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 13, paragrafo 2. Quando l'atto di esecuzione previsto riguarda il trattamento di dati personali, la Commissione consulta il garante europeo della protezione dei dati e, se del caso, può consultare il comitato europeo per la protezione dei dati.
Per imperativi motivi di urgenza debitamente giustificati, in particolare per garantire l'attuazione tempestiva del quadro di fiducia, la Commissione adotta atti di esecuzione immediatamente applicabili secondo la procedura di cui all'articolo 13, paragrafo 3.
Il quadro di fiducia si basa su un'infrastruttura a chiave pubblica per verificare l'integrità dei certificati COVID-19 dell'UE e l'autenticità dei sigilli elettronici. Il quadro di fiducia consente di individuare le frodi, in particolare le falsificazioni, e garantisce che nell'ambito della verifica dei certificati COVID-19 dell'UE e dei sigilli elettronici il soggetto che ha rilasciato il certificato non sia informato della verifica.
Articolo 8 bis
Certificati digitali nazionali e interoperabilità con il quadro di fiducia del certificato COVID-19 dell'UE
Lo Stato membro che abbia adottato o adotti un certificato digitale nazionale per finalità puramente nazionali ne garantisce la piena interoperabilità con il quadro di fiducia del certificato COVID-19 dell'UE. Si applicano le stesse garanzie di cui al presente regolamento.
Articolo 8 ter
Ulteriore utilizzo del quadro di certificazione dell'UE per la COVID-19
Qualora uno Stato membro intenda applicare il certificato COVID-19 dell'UE per qualsiasi eventuale uso diverso dalla finalità prevista di agevolare la libera circolazione tra Stati membri, tale Stato membro crea una base giuridica a norma del diritto nazionale, nel rispetto dei principi di efficacia, necessità e proporzionalità, che comprende disposizioni specifiche che identifichino chiaramente il campo di applicazione e la portata del trattamento, la finalità specifica in questione, le categorie di soggetti che possono verificare il certificato nonché le pertinenti garanzie per prevenire discriminazioni e abusi, tenendo conto dei rischi per i diritti e le libertà degli interessati. Nessun dato deve essere conservato nell'ambito del processo di verifica. [Em. 12]
Articolo 9
Protezione dei dati personali
1. Al trattamento dei dati personali effettuato in sede di attuazione del presente regolamento si applica il regolamento (UE) 2016/679. I dati personali figuranti nei certificati rilasciati a norma del presente regolamento sono trattati unicamente al fine di verificare le informazioni incluse nel certificato ▌per agevolare l'esercizio del diritto di libera circolazione all'interno dell'Unione, come previsto dal presente regolamento e fino a che lo stesso cesserà di essere d'applicazione.
2. I dati personali inclusi nei certificati di cui all'articolo 3 sono trattati dalle autorità competenti dello Stato membro di destinazione, o dagli operatori di servizi di trasporto passeggeri transfrontalieri tenuti, a norma del diritto nazionale, ad attuare determinate misure di sanità pubblica durante la pandemia di COVID-19, unicamente per comprovare e verificare lo stato di vaccinazione, test o guarigione del titolare. A tal fine, i dati personali sono limitati allo stretto necessario. I dati personali consultati a norma del presente paragrafo non sono conservati o trattati per altri scopi dall'addetto alla verifica. Per ogni vaccinazione, test o guarigione viene rilasciato un certificato distinto e a sé stante e sul certificato non è conservata la cronistoria dei precedenti certificati del titolare.
3. I dati personali trattati ai fini del rilascio dei certificati di cui all'articolo 3, compreso il rilascio di un nuovo certificato, non sono conservati dal soggetto che ha rilasciato il certificato più a lungo di quanto strettamente necessario per il loro scopo e in nessun caso oltre il periodo durante il quale i certificati possono essere utilizzati per esercitare il diritto di libera circolazione, dopo di che i dati personali sono cancellati immediatamente in modo irreversibile. I dati personali inseriti nel certificato non possono essere trattati o conservati in modo centralizzato a livello di Stato membro o a livello dell'Unione.
4. Le autorità competenti o gli altri organismi designati per il rilascio dei certificati di cui all'articolo 3 sono considerati titolari del trattamento ai sensi dell'articolo 4, punto 7, del regolamento (UE) 2016/679. Entro il ... [un mese dopo la data di entrata in vigore del presente regolamento], gli Stati membri rendono pubblici gli organismi che si prevede agiscano in qualità di titolari del trattamento, responsabili del trattamento e destinatari dei dati, e comunicano regolarmente alla Commissione tali informazioni nonché le eventuali modifiche apportate dopo tale data. Entro il ... [due mesi dopo la data di entrata in vigore del presente regolamento], la Commissione pubblica le informazioni raccolte in un elenco pubblicamente accessibile che mantiene aggiornato.
5. I titolari e i responsabili dei dati prendono adeguate misure tecniche e organizzative per garantire un livello di sicurezza consono al rischio del trattamento.
6. Quando un titolare del trattamento di cui al paragrafo 4 ricorre a un responsabile del trattamento, in applicazione dell'articolo 28, paragrafo 3, del regolamento (UE) 2016/679 non può esservi trasferimento di dati dal responsabile del trattamento a un paese terzo.
Articolo 10
Certificato COVID-19 dell'UE e restrizioni di viaggio
Dopo l'introduzione del certificato COVID-19 dell'UE, gli Stati membri non introducono né applicano restrizioni di viaggio supplementari, quali quarantena, autoisolamento o test per rilevare l'infezione da SARS-CoV-2, o misure discriminatorie per i titolari dei certificati di cui all'articolo 3.
Articolo 11
Esercizio della delega
1. Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite nel presente articolo.
2. Il potere di adottare gli atti delegati di cui all'articolo 5, paragrafo 2, all'articolo 6, paragrafo 2, e all'articolo 7, paragrafi 1 e 2, ▌ è conferito alla Commissione per un periodo di 12 mesi a decorrere dal [data di entrata in vigore].
3. La delega di potere di cui all'articolo 5, paragrafo 2, all'articolo 6, paragrafo 2, e all'articolo 7, paragrafi 1 e 2, ▌ può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore.
4. Prima dell'adozione dell'atto delegato la Commissione consulta gli esperti designati da ciascuno Stato membro nel rispetto dei principi stabiliti nell'accordo interistituzionale "Legiferare meglio" del 13 aprile 2016. Quando l'atto delegato previsto riguarda il trattamento di dati personali, la Commissione consulta il garante europeo della protezione dei dati e, se del caso, può consultare il comitato europeo per la protezione dei dati.
5. Non appena adotta un atto delegato, la Commissione ne dà contestualmente notifica al Parlamento europeo e al Consiglio.
6. L'atto delegato adottato ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 2, dell'articolo 6, paragrafo 2, e dell'articolo 7, paragrafi 1 e 2, ▌ entra in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di due mesi dalla data in cui esso è stato loro notificato o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di due mesi su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio.
Articolo 12
Procedura d'urgenza
1. Gli atti delegati adottati ai sensi del presente articolo entrano in vigore immediatamente e si applicano finché non siano sollevate obiezioni conformemente al paragrafo 2. La notifica di un atto delegato al Parlamento europeo e al Consiglio illustra i motivi del ricorso alla procedura d'urgenza.
2. Il Parlamento europeo o il Consiglio possono sollevare obiezioni a un atto delegato secondo la procedura di cui all'articolo 11, paragrafo 6. In tal caso, la Commissione abroga l'atto immediatamente a seguito della notifica della decisione con la quale il Parlamento europeo o il Consiglio hanno sollevato obiezioni.
Articolo 13
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita da un comitato. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 8 del regolamento (UE) n. 182/2011 in combinato disposto con l'articolo 5 dello stesso.
Articolo 14
Relazione
1. Entro il ... [4 mesi dalla data di entrata in vigore del presente regolamento] la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione del presente regolamento.
▌
2. La relazione contiene ▌ una valutazione dell'impatto del presente regolamento sulla libera circolazione, compresi i viaggi e il turismo, sui diritti fondamentali e in particolare sulla non discriminazione, sulla protezione dei dati personali, nonché informazioni sulle tecnologie più aggiornate in materia di vaccini e test, sulla base, tra l'altro, delle informazioni fornite dall'ECDC. La relazione contiene inoltre una valutazione degli usi, da parte degli Stati membri, del certificato COVID-19 dell'UE per finalità basate sul diritto nazionale e non contemplate dal presente regolamento.
3. Al più tardi tre mesi prima dello scadere dell'applicazione del presente regolamento, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulla sua applicazione. La relazione procede a una valutazione conformemente al paragrafo 2. Essa può essere accompagnata da proposte legislative, in particolare per prorogare la data di applicazione del presente regolamento, tenuto conto dell'evoluzione della situazione epidemiologica e sulla base dei principi di necessità, proporzionalità ed efficacia.
Articolo 15
Entrata in vigore e applicazione
1. Il presente regolamento entra in vigore e si applica dal giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
2. Il regolamento cessa di applicarsi 12 mesi dopo il ... [data di entrata in vigore del presente regolamento].
▌
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il
Per il Parlamento europeo Per il Consiglio
Il presidente Il Presidente
ALLEGATO
Serie di dati del certificato
1. Campi di dati da inserire nel certificato di vaccinazione:
(a) nome: cognome(-i) e nome(-i), in quest'ordine;
(b) data di nascita;
(c) malattia o agente, ossia COVID-19 o SARS-CoV-2 o una delle sue varianti;
(d) vaccino/profilassi;
(e) medicinale vaccinale;
(f) titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio del vaccino o fabbricante del vaccino;
(g) numero in una serie di vaccinazioni/dosi;
(h) data di vaccinazione, indicante la data di ciascuna dose ricevuta e dell'ultima dose ricevuta;
(i) Stato membro di vaccinazione;
(j) soggetto che ha rilasciato il certificato;
(k) ▌ certificato valido fino a (non oltre [1 anno] dalla data della vaccinazione).
2. Campi di dati da inserire nel certificato di test:
(a) nome: cognome(-i) e nome(-i), in quest'ordine;
(b) data di nascita;
(c) malattia o agente, ossia COVID-19 o SARS-CoV-2 o una delle sue varianti;
(d) tipo di test;
(e) tipo di campione, (ad es. nasofaringeo, orofaringeo);
(f) nome del test (facoltativo per un test NAAT);
(g) fabbricante del test (facoltativo per un test NAAT);
(h) data e ora del prelievo del campione;
(i) data e ora della produzione del risultato del test (facoltativo per un test antigenico rapido);
(j) risultato del test;
(k) centro o struttura in cui è stato effettuato il test;
(l) Stato membro in cui è stato effettuato il test;
(m) soggetto che ha rilasciato il certificato;
(n) certificato valido fino a (non più di [72 ore] dal prelievo del campione per un test NAAT e [24 ore] dal prelievo del campione per un test antigenico rapido).
3. Campi di dati da inserire nel certificato di guarigione:
(a) nome: cognome(-i) e nome(-i), in quest'ordine;
(b) data di nascita;
(c) malattia o agente, ossia COVID-19 o SARS-CoV-2 o una delle sue varianti, da cui il cittadino è guarito;
(d) malattia o agente da cui il cittadino è guarito;
(e) data del primo risultato positivo del test NAAT;
(f) data del test sierologico o anticorpale;
(g) Stato membro in cui è stato effettuato il test;
(h) soggetto che ha rilasciato il certificato;
(i) certificato valido a decorrere dal;
(j) certificato valido fino a (non oltre [90 giorni] dalla data del primo risultato positivo del test).
Direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU L 158 del 30.4.2004, pag. 77).
Regolamento (UE) 2016/399 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, che istituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (GU L 77 del 23.3.2016, pag. 1).
Direttiva (UE) 2019/882 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, sui requisiti di accessibilità dei prodotti e dei servizi (GU L 151 del 7.6.2019, pag. 70).
Direttiva 2011/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011, concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera (GU L 88 del 4.4.2011, pag. 45).
Regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che istituisce procedure dell'Unione per l'autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l'agenzia europea per i medicinali (GU L 136 del 30.4.2004, pag. 1).
Decisione n. 1082/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, relativa alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero e che abroga la decisione n. 2119/98/CE (GU L 293 del 5.11.2013, pag. 1).
Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1).
Regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell'Unione e sulla libera circolazione di tali dati, e che abroga il regolamento (CE) n. 45/2001 e la decisione n. 1247/2002/CE (GU L 295 del 21.11.2018, pag. 39).
Regolamento (UE) n. 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno e che abroga la direttiva 1999/93/CE (GU L 257 del 28.8.2014, pag. 73).
Raccomandazione del Consiglio relativa a un quadro comune per l'uso e la convalida dei test antigenici rapidi e il riconoscimento reciproco dei risultati dei test per la COVID-19 nell'UE 2021/C 24/01 (GU C 24 del 22.1.2021, pag. 1).