Indice 
Testi approvati
Giovedì 16 settembre 2021 - Strasburgo
Accordo relativo alla facilitazione del rilascio dei visti tra l'UE e Cabo Verde ***
 Modifica della decisione quadro 2002/465/GAI del Consiglio per quanto riguarda l'allineamento alle norme dell'UE in materia di protezione dei dati personali ***I
 Ordine europeo di indagine penale: allineamento alle norme dell'UE in materia di protezione dei dati personali ***I
 Accordo UE-Corea: alcuni aspetti dei servizi aerei ***
 Nuova strategia UE-Cina
 Orientamento delle relazioni politiche UE-Russia
 Orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione *
 Condizioni di lavoro eque, diritti e protezione sociale per i lavoratori delle piattaforme - Nuove forme di occupazione legate allo sviluppo digitale
 Pescatori per il futuro
 Piani e azioni per accelerare la transizione verso un'innovazione non basata sull'utilizzo di animali nella ricerca, nella sperimentazione a norma di legge e nell'istruzione
 Riconoscimento della violenza di genere come nuova fattispecie di reato fra i reati di cui all'articolo 83, paragrafo 1, TFUE
 Repressione del governo nei confronti delle proteste e dei cittadini a Cuba
 Il caso di Ahmed Mansoor, difensore dei diritti umani, negli Emirati Arabi Uniti
 Situazione nel campo profughi di Kakuma in Kenya
 Applicazione dei requisiti UE in materia di scambio di informazioni fiscali
 Situazione in Afghanistan
 Situazione in Libano
 Libertà dei media e ulteriore deterioramento dello Stato di diritto in Polonia
 Rafforzare la trasparenza e l'integrità nelle istituzioni dell'UE creando un organismo europeo indipendente responsabile delle questioni di etica

Accordo relativo alla facilitazione del rilascio dei visti tra l'UE e Cabo Verde ***
PDF 108kWORD 43k
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 16 settembre 2021 sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione, dell'accordo tra l'Unione europea e la Repubblica del Cabo Verde che modifica l'accordo relativo alla facilitazione del rilascio dei visti per soggiorni di breve durata a cittadini della Repubblica del Capo Verde e dell'Unione europea (05034/2021 – C9-0116/2021 – 2020/0319(NLE))
P9_TA(2021)0378A9-0264/2021

(Approvazione)

Il Parlamento europeo,

–  visto il progetto di decisione del Consiglio (05034/2021),

–  visto il progetto di accordo tra l'Unione europea e la Repubblica del Cabo Verde che modifica l'accordo tra l'Unione europea e la Repubblica del Capo Verde relativo alla facilitazione del rilascio dei visti per soggiorni di breve durata a cittadini della Repubblica del Capo Verde e dell'Unione europea (05034/2021),

–  vista la richiesta di approvazione presentata dal Consiglio a norma dell'articolo 77, paragrafo 2, lettera a), e dell'articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, lettera a), del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (C9-0116/2021),

–  visti l'articolo 105, paragrafi 1 e 4, e l'articolo 114, paragrafo 7, del suo regolamento,

–  vista la raccomandazione della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (A9‑0264/2021),

1.  dà la sua approvazione alla conclusione dell'accordo;

2.  incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e della Repubblica del Cabo Verde.


Modifica della decisione quadro 2002/465/GAI del Consiglio per quanto riguarda l'allineamento alle norme dell'UE in materia di protezione dei dati personali ***I
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Decisione del Parlamento europeo del 16 settembre 2021 che rinvia la questione alla commissione competente per l'avvio di negoziati interistituzionali sulla base della proposta non modificata di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la decisione quadro 2002/465/GAI del Consiglio per quanto riguarda l'allineamento alle norme dell'UE in materia di protezione dei dati personali (COM(2021)0020 – C9-0005/2021 – 2021/0008(COD))(1)
P9_TA(2021)0379A9-0236/2021

(Procedura legislativa ordinaria: prima lettura)

(1) Decisione adottata a norma dell'articolo 59, paragrafo 4, quarto comma, del regolamento (A9-0236/2021).


Ordine europeo di indagine penale: allineamento alle norme dell'UE in materia di protezione dei dati personali ***I
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Decisione del Parlamento europeo del 16 settembre 2021 che rinvia la questione alla commissione competente per l'avvio di negoziati interistituzionali sulla base della proposta non modificata di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2014/41/UE per quanto riguarda l'allineamento alle norme dell'UE in materia di protezione dei dati personali (COM(2021)0021 – C9-0006/2021 – 2021/0009(COD))(1)
P9_TA(2021)0380A9-0237/2021

(Procedura legislativa ordinaria: prima lettura)

(1) Decisione adottata a norma dell'articolo 59, paragrafo 4, quarto comma, del regolamento (A9-0237/2021).


Accordo UE-Corea: alcuni aspetti dei servizi aerei ***
PDF 106kWORD 42k
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 16 settembre 2021 sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione europea, dell'accordo tra l'Unione europea e la Repubblica di Corea su alcuni aspetti dei servizi aerei (05210/2021 – C9-0120/2021 – 2019/0044(NLE))
P9_TA(2021)0381A9-0251/2021

(Approvazione)

Il Parlamento europeo,

–  visto il progetto di decisione del Consiglio (05210/2021),

–  visto il progetto di accordo tra l'Unione europea e la Repubblica di Corea su alcuni aspetti dei servizi aerei (15082/2019),

–  vista la richiesta di approvazione presentata dal Consiglio a norma dell'articolo 100, paragrafo 2, dell'articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, lettera a), punto v), e dell'articolo 218, paragrafo 7, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (C9‑0120/2021),

–  visti l'articolo 105, paragrafi 1 e 4, e l'articolo 114, paragrafo 7, del suo regolamento,

–  vista la raccomandazione della commissione per i trasporti e il turismo (A9‑0251/2021),

1.  dà la sua approvazione alla conclusione dell'accordo;

2.  incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e della Repubblica di Corea.


Nuova strategia UE-Cina
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Risoluzione del Parlamento europeo del 16 settembre 2021 su una nuova strategia UE-Cina (2021/2037(INI))
P9_TA(2021)0382A9-0252/2021

Il Parlamento europeo,

–  vista la comunicazione congiunta della Commissione e dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, del 12 marzo 2019, dal titolo "UE-Cina – Una prospettiva strategica" (JOIN(2019)0005),

–  visti il dialogo UE-Cina sui diritti umani, avviato nel 1995, e il suo 37° ciclo tenutosi a Bruxelles l'1 e il 2 aprile 2019,

–  visto il partenariato strategico UE-Cina avviato nel 2003,

–  vista l'agenda strategica per la cooperazione UE-Cina fino al 2020,

–  vista la strategia globale per la politica estera e di sicurezza dell'Unione europea del giugno 2016,

–  visto il regolamento (UE) 2020/1998(1) del Consiglio e la decisione (PESC) 2020/1999(2) del Consiglio, del 7 dicembre 2020, relativa a misure restrittive contro gravi violazioni e abusi dei diritti umani,

–  viste le conclusioni del Consiglio del 28 luglio 2020 su Hong Kong,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sulla situazione dei diritti umani in Cina, segnatamente quelle del 17 dicembre 2020 sul lavoro forzato e sulla situazione degli uiguri nella regione autonoma uigura dello Xinjiang(3), del 18 aprile 2019 sulla Cina, in particolare la situazione delle minoranze religiose ed etniche(4), del 4 ottobre 2018 sulla detenzione di massa arbitraria di uiguri e kazaki nella regione autonoma uigura dello Xinjiang(5), del 12 settembre 2018 sullo stato delle relazioni UE-Cina(6), e del 15 dicembre 2016 sui casi dell'accademia buddista tibetana Larung Gar e di Ilham Tohti(7),

–  viste le sue precedenti risoluzioni e raccomandazioni su Hong Kong, in particolare quelle del 19 giugno 2020 sulla legge della RPC sulla sicurezza nazionale per Hong Kong e la necessità che l'UE difenda l'elevato grado di autonomia di Hong Kong(8), del 21 gennaio 2021 sulla repressione dell'opposizione democratica a Hong Kong(9), e del 13 dicembre 2017 al Consiglio, alla Commissione e al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza a Hong Kong, 20 anni dopo il passaggio di consegne(10),

–  vista la sua risoluzione del 26 novembre 2020 sulla revisione della politica commerciale dell'UE(11),

–  vista la sua risoluzione del 20 maggio 2021 sulle controsanzioni cinesi nei confronti di entità dell'UE, di deputati al Parlamento europeo e di deputati nazionali(12),

–  vista la sua risoluzione del 21 gennaio 2021 sulla connettività e le relazioni UE-Asia(13),

–  visti la Dichiarazione universale dei diritti umani (UDHR) e gli altri trattati e strumenti delle Nazioni Unite in materia di diritti umani,

–  vista la Convenzione delle Nazioni Unite per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio del 1948,

–  visto il protocollo del 2014 della convenzione sul lavoro forzato dell'Organizzazione internazionale del lavoro del 1930, che non è stato firmato dalla Cina,

–  visti la convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) e l'accordo di Parigi, entrato in vigore il 4 novembre 2016,

–  vista la convenzione dell'ONU sul diritto del mare (UNCLOS), conclusa il 10 dicembre 1982 e in vigore dal 16 novembre 1994,

–  vista la relazione intitolata "NATO 2030: United for a New Era" (NATO 2030: uniti per una nuova era), del 25 novembre 2020, del gruppo di riflessione nominato dal Segretario generale della NATO,

–  visti il 14° piano quinquennale cinese e i principi della "doppia circolazione" e della "sicurezza delle catene di approvvigionamento",

–  visti l'articolo 36 della Costituzione della Repubblica popolare cinese, che garantisce a tutti i cittadini il diritto alla libertà di confessione religiosa, e l'articolo 4, che difende i diritti delle "nazionalità minoritarie",

–  visto l'articolo 54 del suo regolamento,

–  visto il parere della commissione per il commercio internazionale,

–  vista la relazione della commissione per gli affari esteri (A9-0252/2021),

A.  considerando che, nel suo quadro strategico sui diritti umani e la democrazia, l'UE si impegna a promuovere i diritti umani, la democrazia e lo Stato di diritto in tutti i settori della sua azione esterna, senza eccezioni, ponendo i diritti umani al centro delle sue relazioni con tutti i paesi terzi, ivi compresi i suoi partner strategici;

B.  considerando che, grazie alla sua forte crescita economica e a un'agenda di politica estera assertiva, in particolare la sua strategia di investimento, le sue politiche "Going Global", "Made in China 2025" e la sua iniziativa sulla "Nuova via della seta" ("Belt and Road Initiative", BRI), la Cina sta esercitando un ruolo globale più incisivo sia come potenza economica che come attore di politica estera, il che pone l'Unione europea davanti a enormi sfide politiche, economiche, tecnologiche e di sicurezza, cosa che a sua volta ha conseguenze rilevanti e durevoli per l'ordine mondiale, e mette gravemente a rischio il multilateralismo basato su regole e i valori democratici fondamentali;

C.  considerando che la Repubblica popolare cinese è uno Stato comunista unitario e monopartitico governato dal partito comunista cinese (PCC) e di stampo marxista-leninista; che, in quanto tale, non condivide i valori democratici della libertà individuale, della libertà di parola e della libertà di religione;

D.  considerando che la Cina aspira sempre di più a ottenere un ruolo più globale e che il presidente cinese Xi Jinping ha apertamente promesso, nel suo discorso al 19° congresso del partito comunista nel 2017, che entro il 2049 la Cina diventerà un leader mondiale in termini di forza nazionale e influenza internazionale;

E.  considerando che la lunga tradizione democratica a Hong Kong, Macao e Taiwan dimostra che il popolo cinese riconosce il valore della democrazia;

F.  considerando che a Macao, dopo aver vietato le cerimonie di commemorazione dell'anniversario del massacro di piazza Tienanmen e aver esercitato pressioni sulle organizzazioni dei media affinché adottassero una linea editoriale filo-cinese, quest'estate le autorità cinesi hanno escluso 21 candidati, la maggior parte dei quali erano membri di movimenti a favore della democrazia, dalla partecipazione alle prossime elezioni parlamentari;

G.  considerando che la situazione relativa alle violazioni dei diritti umani in Cina evidenzia l'elusione, da parte del paese, degli impegni bilaterali e multilaterali assunti in tale ambito; che la Cina presenta regolarmente al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite risoluzioni volte a rendere la sovranità, la non interferenza e il rispetto reciproco principi fondamentali e non negoziabili che prevalgono sulla promozione e la tutela dei diritti umani degli individui; che la Cina ha perpetrato una persecuzione sistematica nei confronti del popolo uiguro, dei tibetani, dei mongoli e di altre minoranze etniche, dei difensori dei diritti umani, degli attivisti sociali, dei gruppi religiosi, dei giornalisti, di quanti presentano petizioni e protestano contro le ingiustizie, nonché una crescente repressione di tutte le voci di dissenso e opposizione, soprattutto a Hong Kong; che le misure di buona disposizione e gli impegni non vincolanti non sono stati sufficienti per rafforzare l'impegno della Cina nei confronti di valori che sono fondamentali per l'UE;

H.  considerando che la recente dipartita dei corrispondenti esteri dalla Cina e il fatto che le autorità cinesi abbiano definito il Foreign Correspondent's Club una "organizzazione illegale" sono solo gli ultimi casi di un lungo e crescente elenco di molestie e ostruzionismo ai danni di giornalisti stranieri, che vengono spinti a lasciare la Cina; che ciò rientra in uno sforzo volto a controllare il dibattito sulla Cina in tutto il mondo e a stabilire che tipo di discorsi e discussioni debbano essere consentiti a livello internazionale, e reputa che tale sforzo sia indice di una minaccia totalitaria;

I.  considerando che i recenti sviluppi e le sfide globali poste dalla Cina hanno messo in luce i limiti dell'attuale strategia UE-Cina, che deve essere aggiornata;

J.  considerando che il Parlamento ha invitato la Commissione ad avviare l'esercizio esplorativo e la valutazione d'impatto al fine di intraprendere formalmente i negoziati con Taiwan il prima possibile;

K.  considerando che, dall'avvio della campagna "Colpire duro contro il terrorismo violento" del governo cinese nel 2014, la situazione degli uiguri e di altre minoranze etniche principalmente musulmane nella regione autonoma uigura dello Xinjiang si è rapidamente deteriorata; che più di un milione di persone sono imprigionate all'interno di campi di detenzione, denominati centri di "rieducazione politica" o "di formazione", in cui gli uiguri sono sottoposti sistematicamente a lavoro forzato, tortura, sparizione forzata, sorveglianza di massa, cancellazione culturale e religiosa, sterilizzazione forzata delle donne, violenza sessuale, violazione dei diritti riproduttivi e separazione familiare; che l'analisi giuridica ha concluso che tali reati costituiscono crimini contro l'umanità, persino un presunto genocidio, nel quadro giuridico internazionale; che diversi parlamenti nazionali hanno adottato posizioni in tal senso;

L.  considerando che il regime globale di sanzioni dell'UE in materia di diritti umani consente all'Unione di imporre misure restrittive su soggetti, entità e organismi specifici, compresi Stati o altre entità responsabili di gravi violazioni e abusi dei diritti umani, coinvolti in tali atti o ad essi associati; che il 22 marzo 2021 quattro persone fisiche e un'entità cinesi direttamente responsabili di gravi violazioni dei diritti umani nella regione autonoma uigura dello Xinjiang sono stati inseriti nell'elenco delle persone fisiche e delle entità soggette alle misure restrittive; che, in risposta a queste misure, la Cina ha imposto controsanzioni a dieci persone e a quattro entità europee, tra cui cinque membri del Parlamento europeo e due organi istituzionali dell'UE, la sottocommissione per i diritti umani del Parlamento europeo e il comitato politico e di sicurezza del Consiglio dell'Unione europea, oltre a due studiosi europei, due gruppi di riflessione in Germania e l'Alliance of Democracies Foundation in Danimarca; che le sanzioni cinesi non hanno alcuna giustificazione o base giuridica e prendono direttamente di mira non solo gli individui e le entità interessate, ma anche l'Unione europea nel suo insieme; che le sanzioni sono un evidente tentativo di scoraggiare l'UE dal proseguire il suo operato e le sue azioni contro le violazioni dei diritti umani che si verificano in Cina;

1.  raccomanda al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR) e al Consiglio di:

   a) elaborare una strategia UE-Cina più assertiva, globale e coerente che unisca tutti gli Stati membri e plasmi le relazioni con la Cina nell'interesse dell'UE nel suo complesso, sia fondata sulla protezione dei nostri valori e promuova un ordine multilaterale basato su regole; sottolinea che la strategia deve tener conto del carattere pluridimensionale delle relazioni dell'UE con la Cina; evidenzia che la Cina è un partner di cooperazione e di negoziazione per l'UE, ma anche un concorrente economico e un rivale sistemico in un numero crescente di campi;
   b) proporre che questa strategia sia basata su sei pilastri:
   1) un dialogo aperto e la cooperazione sulle sfide globali;
   2) l'impegno rafforzato nell'ambito dei valori universali, delle norme internazionali e dei diritti umani;
   3) l'analisi e l'identificazione dei rischi, delle vulnerabilità e delle sfide;
   4) la costruzione di partenariati con partner che condividono gli stessi principi;
   5) la promozione di un'autonomia strategica aperta, anche nelle relazioni commerciali e di investimento;
   6) la difesa e la promozione degli interessi e dei valori fondamentali dell'UE, trasformando l'Unione in un attore geopolitico più efficace;

Dialogo aperto e cooperazione sulle sfide globali

2.  invita il VP/AR a garantire che la nuova strategia UE-Cina coinvolga la Cina in un dialogo fondato su principi e interessi sulle sfide globali, quali i diritti umani, definendo una strategia dell'UE ambiziosa, olistica e orientata ai risultati per i diritti umani in Cina nell'ambito di questa nuova strategia UE-Cina, l'ambiente e i cambiamenti climatici, il disarmo nucleare, la promozione della ripresa economica dalla COVID-19, la lotta contro le crisi sanitarie globali e la riforma di specifiche organizzazioni multilaterali; chiede che tale dialogo sia guidato dai principi e dagli interessi fondamentali dell'UE e persegua gli obiettivi centrali dell'impegno esterno dell'UE; sottolinea che la cooperazione tra i due partner sarà utile per affrontare questi problemi globali; ribadisce che la Cina resta un partner importante per l'UE;

3.  è a favore di un dialogo più intenso e di una maggiore cooperazione con la Cina su pace e sicurezza; riconosce l'importanza della cooperazione con la Cina per evitare che l'Afghanistan diventi una nuova base terroristica e per scoraggiare la Corea del Nord a proseguire con il suo programma nucleare; sostiene la ricerca di cooperazione in materia di sviluppo sostenibile, contributo all'assistenza umanitaria e ai soccorsi in caso di catastrofi, temi ambientali, spazio e aerospazio, scienza, tecnologia e innovazione, insistendo al contempo pienamente sulla liberà di ricerca; sottolinea che tali dialoghi e cooperazione devono fondarsi su un impegno condiviso all'apertura e a collaborare in modo trasparente, giusto ed equo nell'ambito di un sistema internazionale basato su regole, assicurando nel contempo la salvaguardia degli interessi e dei valori europei e sviluppando la capacità dell'Europa di competere con la Cina ove necessario;

4.  rileva che alcuni ambiti di cooperazione, quali le TIC, lo spazio e l'aerospazio, possono avere una duplice valenza e possono essere utilizzati contro i cittadini cinesi e contro l'Occidente;

5.  sottolinea l'importanza di incoraggiare l'impegno della Cina nell'affrontare i cambiamenti climatici e altre questioni ambientali consolidando un partenariato UE-Cina in questo settore, e ribadisce la necessità di assicurare che sia l'UE sia la Cina rispettino i propri impegni nell'ambito dell'accordo di Parigi; sottolinea l'importanza che l'UE attui un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere; osserva che negli ultimi trent'anni la Cina ha triplicato le proprie emissioni di carbonio e oggi emette il 27 % dei gas a effetto serra su scala mondiale; sottolinea la necessità di garantire coerenza tra le ambizioni globali annunciate dalla Cina nella lotta ai cambiamenti climatici e gli impatti ambientali delle sue strategie di investimento nazionali e internazionali; invita il governo cinese ad astenersi dall'esportare carbone in paesi terzi, soprattutto nel quadro della BRI;

6.  chiede che si svolgano con cadenza annuale dialoghi in materia di diritti umani orientati ai risultati e che siano valutati periodicamente, e invita a realizzare una solida analisi comparativa dei progressi compiuti nei dialoghi bilaterali più in generale per garantire che tali scambi producano risultati effettivamente positivi per i diritti umani e per chi li difende in Cina; chiede che i risultati dell'analisi comparativa e i progressi, la stagnazione o il deterioramento siano oggetto di una discussione trasparente; chiede che i diritti umani siano regolarmente portati al livello politico più elevato, sia ai vertici UE-Cina che a livello degli Stati membri; invita inoltre a un dialogo sui diritti umani che coinvolga i diplomatici dell'UE e degli Stati membri, la diaspora cinese, le ONG libere e indipendenti, accademici e legislatori, allo scopo di raggiungere una migliore comprensione del sistema cinese e individuare migliori strategie per influenzare il progresso dei diritti umani in Cina; sottolinea che questi dialoghi in materia di diritti umani devono includere, ma non esclusivamente, le seguenti questioni: la libertà dei mezzi di comunicazione e della stampa, i diritti delle minoranze, anche nelle regioni dello Xinjiang, della Mongolia interna e del Tibet, e il libero accesso a queste regioni anche per diplomatici e giornalisti, la situazione di Hong Kong, la libertà di parola, i diritti dei lavoratori, il diritto di riunione, la libertà di religione o credo e lo Stato di diritto in Cina in generale; accoglie con favore la nomina di un nuovo inviato speciale per la promozione della libertà di religione o di credo al di fuori dell'UE e lo invita a partecipare attivamente al sostegno di tutti i gruppi e le entità religiose perseguitati, compresi musulmani, cristiani e buddhisti, soggetti a persecuzioni nella Cina continentale e a Hong Kong; invita le istituzioni dell'UE competenti a utilizzare questi dialoghi sui diritti umani per sollevare casi individuali; continua a nutrire profonda preoccupazione per la continua detenzione del cittadino ed editore svedese Gui Minhai; sollecita un intervento dell'UE e degli Stati membri al più alto livello per garantire il rilascio immediato e incondizionato di tutti i prigionieri politici; esprime preoccupazione per le violazioni sistematiche dei diritti umani in Cina e condanna tutti i casi di arresti arbitrari, soppressione del libero flusso di informazioni e libertà di espressione;

7.  invita l'UE a intraprendere un dialogo con la Cina su possibili soluzioni per migliorare, in modo trasparente, le capacità di risposta iniziale alle malattie infettive aventi il potenziale di evolvere in epidemie o pandemie, compresi il riconoscimento, la mappatura dei rischi e i sistemi di allarme rapido che garantiscano una migliore preparazione globale per rispondere alle pandemie; invita altresì la Cina a consentire un'indagine indipendente e trasparente sulle origini e la diffusione della SARS-COV-2;

8.  è favorevole all'espansione dei contatti tra i popoli di entrambe le sponde, nonché alle visite di scambio reciproco degli studenti, ma incoraggia gli Stati membri a monitorare meglio l'impatto dell'interferenza del governo cinese sulla libertà accademica;

Impegno rafforzato nell'ambito dei valori universali, delle norme internazionali e dei diritti umani

9.  condanna con la massima fermezza le sanzioni immotivate e arbitrarie imposte dalle autorità cinesi, che rappresentano un attacco alla libertà di parola, alla libertà accademica, all'impegno internazionale a favore dei diritti umani universali, nonché all'interpretazione degli stessi; esorta le autorità cinesi a revocare tali sanzioni ingiustificate; ritiene che le sanzioni imposte dalle autorità cinesi ledano ulteriormente la fiducia e ostacolino la cooperazione bilaterale;

10.  sottolinea che il processo di esame e ratifica dell'accordo globale UE-Cina in materia di investimenti non potrà essere avviato fino a quando non saranno revocate le sanzioni cinesi nei confronti di deputati al Parlamento europeo e istituzioni dell'UE;

11.  sottolinea, in tale contesto, la sua risoluzione del 20 maggio 2021 sulle controsanzioni cinesi; invita la Commissione, in linea con la risoluzione del Parlamento del 20 maggio 2021 sulle controsanzioni cinesi e con l'articolo 21, paragrafo 1, del trattato sull'Unione europea, a utilizzare tutti gli strumenti di cui dispone e il dibattito sull'accordo globale UE-Cina in materia di investimenti quale leva per migliorare la protezione dei diritti umani e rafforzare il sostegno alla società civile in Cina; esorta la Cina ad adottare misure concrete per porre fine ad altre violazioni dei diritti umani in Cina, come il lavoro forzato e le persecuzioni sistematiche degli uiguri e di altri gruppi minoritari musulmani turchi, dei tibetani, dei cristiani e di altre comunità religiose e chiese, e a rispettare gli impegni internazionali nei confronti di Hong Kong ai sensi della dichiarazione congiunta sino-britannica e della legge fondamentale di Hong Kong attraverso la sospensione delle previste riforme del sistema elettorale della città e la liberazione di legislatori e attivisti filodemocratici; invita inoltre la Cina a rispettare la legge fondamentale di Macao, che sarà in vigore fino al 2049, e le disposizioni contenute nella dichiarazione congiunta sino-portoghese(14) che impedisce qualsiasi interferenza nei processi elettorali del paese e nel funzionamento dei media;

12.  sottolinea che il Parlamento terrà conto della situazione dei diritti umani in Cina, compresa Hong Kong, prima di formulare la sua posizione; ribadisce la sua grave preoccupazione per le numerose violazioni dei diritti umani in Cina, e ricorda che il pieno rispetto dei valori universali, a prescindere dalle differenze tra i due sistemi, è fondamentale;

13.  invita la Cina a rispettare le norme internazionali, anche per quanto riguarda il suo impatto su clima, ambiente, biodiversità, povertà, salute, diritti dei lavoratori e diritti umani; esorta la Cina, nel contesto della promozione del commercio e dello sviluppo sostenibili, a intraprendere azioni concrete per la ratifica e l'attuazione delle quattro convenzioni fondamentali dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) ancora in sospeso e del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici; si rammarica che diverse imprese internazionali, in particolare nei settori tessile e dell'abbigliamento, siano state oggetto di un ampio e diffuso boicottaggio dopo aver espresso la propria preoccupazione per le segnalazioni di lavoro forzato nello Xinjiang e aver deciso di tagliare i propri legami di approvvigionamento con tale regione, e condanna fortemente la coercizione politica esercitata nei loro confronti da parte del governo cinese; chiede nuovamente alla Commissione e al Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) di ultimare rapidamente una guida in materia di catene di approvvigionamento rivolta alle imprese, che fornisca loro informazioni sull'esposizione al rischio di utilizzare il lavoro forzato sfruttando la manodopera uigura, offrendo altresì sostegno per individuare urgentemente fonti alternative di approvvigionamento;

14.  sottolinea la necessità di garantire che la legislazione del mercato interno, e qualsiasi quadro di dovuta diligenza o embargo sulle importazioni connesse a lavori forzati, siano utilizzati in modo efficace ed efficiente per escludere le entità che operano sul mercato interno dell'UE e che sono direttamente o indirettamente coinvolte in abusi dei diritti umani nello Xinjiang; invita inoltre le imprese europee in Cina a svolgere, come parte della propria responsabilità aziendale, approfondite indagini circa l'impiego del lavoro forzato nelle proprie catene di approvvigionamento;

15.  sollecita l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ad avviare indagini legali indipendenti sul presunto genocidio e i presunti reati contro l'umanità e violazioni dei diritti umani, compresi i programmi di lavoro forzato attuati in diverse regioni della Cina, e invita l'UE e i suoi Stati membri a offrire sostegno politico e ottenere un appoggio internazionale a tale indagine; invita le autorità cinesi a consentire un accesso libero, significativo e senza restrizioni alla regione; esprime la propria forte preoccupazione circa le relazioni riguardanti i programmi di lavoro in Tibet, chiamati anche "campi di formazione professionale" dalle autorità cinesi; invita la Cina a rispettare i propri doveri, stabiliti dalle leggi nazionali e internazionali, circa il rispetto dei diritti umani, compresi quelli delle minoranze presenti nello Xinjiang, in Tibet e nella Mongolia interna;

16.  condanna le gravi limitazioni della libertà di espressione, di associazione e di stampa in Cina; deplora la persecuzione politica a cui sono stati sottoposti molti giornalisti, ora in esilio; invita la Cina a garantire che tutti i giornalisti possano svolgere il proprio lavoro liberamente, senza impedimenti né timori di ritorsioni; sottolinea che la libertà di stampa e dei mezzi di comunicazione dovrebbe essere garantita; chiede all'UE di sostenere la libertà di parola e la libertà dei mezzi di comunicazione in Cina stabilendo un fondo democratico europeo per i mezzi di comunicazione a sostegno dell'indipendenza del giornalismo;

17.  invita la Commissione a presentare con urgenza la sua proposta relativa al quadro che stabilisce obblighi di dovuta diligenza in materia di diritti umani e a sostenere tutti gli sforzi necessari a ottenere l'adozione di uno strumento analogo nel quadro delle Nazioni Unite;

18.  invita la Commissione a esprimere alle autorità cinesi il proprio timore circa il nuovo "Ordine 15" che limita ulteriormente le persone religiose e i loro leader;

19.  invita gli Stati membri alla piena attuazione del pacchetto di misure concordate dopo l'introduzione della legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong a luglio 2020 e a rivedere le politiche di asilo, migrazione, visto e residenza per gli abitanti di Hong Kong; esorta il VP/AR e il Consiglio a valutare e aggiornare le conclusioni su Hong Kong; chiede misure mirate nell'ambito del regime globale di sanzioni dell'UE in materia di diritti umani, in base alle necessità, al fine di affrontare la repressione a Hong Kong; chiede inoltre alla Cina di abrogare la legge sulla sicurezza nazionale imposta a Hong Kong nel giugno 2020; invita gli Stati membri che continuano ad avere in vigore trattati di estradizione con la Cina e Hong Kong a sospendere le estradizioni individuali qualora l'estradizione di un individuo lo metta a rischio di tortura o trattamento o punizione crudele, disumano o degradante, qualora l'individuo sarebbe sottoposto ad accuse per motivi politici, in altre situazioni in cui le minoranze etniche, i rappresentanti dell'opposizione prodemocratica a Hong Kong e i dissidenti in generale sarebbero presi di mira, e in qualunque caso in cui ciò sarebbe contrario agli obblighi dell'UE ai sensi della Convenzione europea dei diritti dell'uomo;

20.  raccomanda alla leadership dell'UE e degli Stati membri di rifiutare gli inviti alle Olimpiadi invernali di Pechino nel caso in cui la situazione dei diritti umani in Cina e a Hong Kong non migliori e qualora prima dell'evento non abbia luogo alcun vertice/dialogo ad alto livello UE-Cina sui diritti umani con un esito tangibile;

21.  deplora il sostegno della Cina ai regimi più oppressivi del mondo, in particolare in Siria, Iran e Corea del Nord, ma anche in Venezuela e a Cuba;

Analisi e identificazione dei rischi, delle vulnerabilità e delle sfide

22.  ritiene che la futura strategia dell'UE sulla Cina dovrebbe fornire gli strumenti e i dati necessari per affrontare le minacce politiche, economiche, sociali e tecnologiche riconducibili alla Cina, anche attraverso la sua BRI, la strategia di doppia circolazione, il 14° piano quinquennale e Made in China 2025, China Standards 2035 e le politiche perseguite nel quadro del formato "16+1", compresa la modernizzazione militare e il rafforzamento delle capacità, e le implicazioni di ciò per l'autonomia strategica aperta dell'Unione e per l'ordine multilaterale basato su regole; prende atto dell'urgente bisogno di assicurare volontà politica e risorse per l'attuazione della strategia dell'UE in materia di connettività; invita a un maggiore coordinamento tra la strategia dell'UE in materia di connettività e il Blue Dot Network, al fine di fornire un'alternativa sostenibile alla BRI; accoglie con favore l'accordo dei leader del G7 per sviluppare un partenariato volto a ricostruire un mondo migliore – l'iniziativa Build Back Better World (B3W) – come alternativa alla BRI cinese; invita gli Stati membri e le istituzioni dell'UE ad accogliere l'iniziativa e a contribuirvi;

23.  invita la Commissione a commissionare un audit, a livello dell'UE e suddiviso per Stati membri, della dipendenza dell'Unione dalla Cina in taluni settori critici e d'importanza strategica, tra cui le forniture farmaceutiche, se possibile a livello nazionale e subnazionale, basandosi sulla sua recente analisi completa "Dipendenze e capacità strategiche" (SWD(2021)0352), che prevede piani per ridurre i rischi legati alle dipendenza indesiderate e, nel contempo, mantenere le generali relazioni con la Cina, che dovrebbero essere quanto più reciproche ed equilibrate possibile, e in linea con i valori e le priorità strategiche dell'UE;

24.  invita la Commissione e il Consiglio a mettere a punto meccanismi per far fronte a tali minacce in modo coerente, in particolare provvedendo a:

   a) garantire l'unità dell'UE a livello degli Stati membri, necessaria per poter attuare correttamente la nuova strategia UE-Cina; invitare tutti gli Stati membri a sostenere i valori fondamentali dell'UE;
   b) trarre spunto dal pacchetto di strumenti dell'UE per le misure nazionali, regionali e locali di mitigazione dei rischi, per sviluppare, in collaborazione con partner che condividono gli stessi principi, norme globali per la nuova generazione di tecnologie secondo valori democratici, ad esempio le reti 5G e 6G, e garantire che le imprese che non soddisfano gli standard di sicurezza siano escluse dallo sviluppo delle reti 5G e 6G;
   c) rafforzare le capacità a favore della leadership mondiale che caratterizza l'Unione europea, anche attraverso la cooperazione con partner che condividono gli stessi principi;
   d) garantire il coordinamento istituzionale tra la Commissione, il Consiglio e il SEAE prima degli eventi relativi alla BRI e cooperare con gli Stati membri per garantire che le decisioni prese da coloro che sono coinvolti nell'iniziativa siano in linea con le politiche e gli interessi dell'UE e rispettino i valori fondamentali dell'Unione; sottolinea che devono avvenire consultazioni a livello dell'UE, ad esempio attraverso un incontro congiunto del comitato della politica commerciale e del comitato politico e di sicurezza a livello di Consiglio prima di ogni evento relativo alla BRI, per garantire che gli Stati membri dell'UE parlino con una sola voce; sottolinea che l'iniziativa sulla Nuova via della seta deve rispettare gli standard internazionali; sottolinea che i progetti relativi all'iniziativa sulla Nuova via della seta devono essere attentamente monitorati, anche per quanto concerne gli effetti politici negativi sull'UE;
   e) monitorare i principali contratti relativi alle infrastrutture negli Stati membri e nei paesi in via di adesione per garantirne la conformità alla legislazione dell'UE così come l'allineamento con gli interessi strategici dell'UE, come definito dalla strategia UE-Cina; proteggere le infrastrutture critiche dall'influenza di paesi terzi, che potrebbe essere dannosa per gli interessi economici e di sicurezza dell'UE e dei suoi Stati membri;

25.  sottolinea che l'impegno bilaterale e non coordinato di alcuni Stati membri con la Cina, e la mancata notifica alla Commissione della sottoscrizione di protocolli d'intesa con i paesi terzi, sono controproducenti e stanno danneggiando la posizione globale dell'UE e il vantaggio nei negoziati dei membri dell'UE che agiscono in quanto Unione piuttosto che come attori statali indipendenti; chiede agli Stati membri dell'UE di astenersi dal sottoscrivere tali protocolli senza consultare il Consiglio e la Commissione; chiede la creazione di un meccanismo di coordinamento a livello dell'UE per affrontare tali questioni; rammenta l'articolo 24 del trattato sull'Unione europea, che rileva che "gli Stati membri sostengono attivamente e senza riserve la politica estera e di sicurezza dell'Unione in uno spirito di lealtà e di solidarietà reciproca" e che "essi si astengono da qualsiasi azione contraria agli interessi dell'Unione o tale da nuocere alla sua efficacia come elemento di coesione nelle relazioni internazionali";

26.  sottolinea che l'attuazione della strategia UE-Cina e delle strategie e politiche nazionali nei confronti della Cina dovrebbe essere regolarmente coordinata tra le istituzioni dell'UE, gli Stati membri, le diverse direzioni generali della Commissione e il Parlamento europeo, al fine di garantire una politica globale e coerente che evita la compartimentazione di settori politici separati; ritiene che le politiche dovrebbero essere coordinate anche con gli attori regionali e locali che sviluppano e mantengono legami con la Cina;

27.  esprime preoccupazione per la crescente incidenza di attacchi ibridi, spionaggio industriale cinese e furto informatico ai danni delle imprese europee; sottolinea l'importanza di rafforzare le capacità informatiche private e pubbliche; chiede una maggiore cooperazione e l'istituzione di un sistema volto a porre fine agli atti malevoli nel ciberspazio da parte della Cina, tra cui attacchi informatici, trasferimenti forzati di tecnologia, spionaggio informatico e furti di proprietà intellettuale favoriti dall'informatica; sottolinea la necessità di favorire una più stretta collaborazione con i paesi della NATO e del G7 per combattere le minacce ibride, compresi gli attacchi informatici, e le campagne di disinformazione provenienti dalla Cina, anche consentendo agli Stati membri di imporre contromisure collettive su base volontaria, anche se la natura degli attacchi non è sufficientemente grave da far scattare l'articolo 5 del trattato NATO o l'articolo 42, paragrafo 7, TUE;

28.  invita la Commissione a incoraggiare e a coordinare azioni miranti a contrastare i finanziamenti esteri cinesi dei nostri processi democratici, comprese la strategia di "elite capture" e la tecnica di cooptazione di dipendenti pubblici di alto livello ed ex politici dell'UE;

29.  esprime preoccupazione per le pressioni diplomatiche assertive e talvolta aggressive esercitate dalle autorità cinesi, ad esempio nei confronti del presidente del senato ceco; sottolinea che le istituzioni dell'Unione non possono in alcun modo piegarsi alle pressioni, alle minacce o alle censure dei canali cinesi; esprime preoccupazione per la pressione indebita da parte di funzionari cinesi su ricercatori e accademici che trattano questioni inerenti alla Cina in tutta l'UE, comprese le attività degli Istituti Confucio nell'UE;

La costruzione di partenariati con partner che condividono gli stessi principi

30.  invita il VP/AR a coordinare le azioni dell'Unione con partner che condividono gli stessi principi per quanto riguarda la tutela dei diritti umani e il sostegno alle persone in Cina, a Hong Kong e a Macao e alla diaspora cinese in tutto il mondo, nonché la difesa della democrazia liberale nel mondo, in particolare a Hong Kong e Taiwan, anche al fine di impegnare la Cina a rispettare il diritto internazionale, il diritto di manifestare pubblicamente quale esercizio della libertà di espressione e di riunione, la libertà di navigazione, anche nel Mar cinese meridionale e orientale, e di volo, e la risoluzione pacifica delle controversie; sottolinea, inoltre, che tali partenariati e cooperazione multilaterale con partner che condividono gli stessi principi dovrebbero comprendere tutti gli elementi e le misure delineati nella nuova strategia UE-Cina;

31.  esprime profonda preoccupazione per le politiche assertive ed espansionistiche della Cina nel Mar cinese meridionale, nel Mar cinese orientale e nello stretto di Taiwan, in particolare la continua provocazione militare della Cina contro Taiwan; sottolinea che lo status quo nello stretto di Taiwan e la libertà di navigazione nella regione indopacifica sono di fondamentale importanza per l'UE e i suoi Stati membri; ribadisce la propria opposizione a qualsiasi azione unilaterale che potrebbe aggravare le tensioni e minare lo status quo; incoraggia lo sviluppo costruttivo di relazioni tra le due sponde dello stretto e sottolinea che nessun cambiamento di dette relazioni dovrebbe avvenire contro la volontà dei cittadini di Taiwan; si associa alle preoccupazioni espresse dal Giappone e dagli Stati Uniti per una nuova legge in Cina che autorizza le navi della guardia costiera cinese a usare le armi nei confronti delle navi straniere che violano il territorio rivendicato dalla Cina; invita l'UE ad affrontare tali questioni sia nella nuova strategia UE-Cina che nella strategia dell'UE per la cooperazione nella regione indopacifica e ad aumentare gli scambi diplomatici multilaterali al fine di raggiungere la risoluzione pacifica delle dispute e delle controversie in conformità del diritto internazionale, compresa l'UNCLOS;

32.  invita gli Stati membri a investire in una più stretta cooperazione con altri partner democratici e che condividono gli stessi principi, come Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Giappone, India, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda e Taiwan, e invita il SEAE e gli Stati membri a dare priorità e a rafforzare i partenariati strategici con l'ASEAN e l'Unione africana;

33.  ritiene di primaria importanza che l'UE elabori e promuova una relazione transatlantica ambiziosa e dinamica con il governo degli Stati Uniti, basata sulla nostra storia, sui valori e sugli interessi condivisi, nel quadro di un dialogo transatlantico sulla Cina, che includa una dimensione parlamentare; sottolinea l'importanza del partenariato UE-USA per preservare e dimostrare la forza unita delle democrazie liberali mondiali, anche attraverso il nostro lavoro nelle organizzazioni multilaterali; sottolinea, al riguardo, che il nuovo dialogo UE-USA sulla Cina dovrebbe rappresentare uno dei meccanismi per promuovere i nostri interessi comuni e gestire le nostre differenze, e per riformare le organizzazioni multilaterali nel quadro dell'ordine basato su regole; ritiene che l'UE dovrebbe continuare a rafforzare l'autonomia operativa e la resilienza dell'Unione alle minacce esterne;

34.  sottolinea che è importante che l'UE continui a seguire con attenzione il mutevole ruolo della Cina e la crescente influenza globale che tale paese esercita nelle organizzazioni multilaterali, comprese le Nazioni Unite, di cui è il secondo maggior finanziatore, e che garantisca un miglior coordinamento tra gli Stati membri e i partner che condividono gli stessi valori al fine di unire le forze delle democrazie liberali globali per rispondere a tale evoluzione; osserva che il maggiore impegno del governo cinese con le istituzioni internazionali e multilaterali, quali le Nazioni Unite, l'Organizzazione mondiale del commercio (OMC), l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), l'Interpol, l'Organizzazione per l'alimentazione e l'agricoltura, l'Unione internazionale delle telecomunicazioni o l'Organizzazione per l'aviazione civile internazionale (ICAO), compresi gli organismi di normazione, mira a rimodellare norme, standard e pratiche a livello globale al fine di promuovere la strategia geopolitica a lungo termine e gli interessi economici della Cina; deplora che la censura interna cinese, esercitata attualmente, tra l'altro, alle Nazioni Unite, miri a manipolare le procedure per ridurre al minimo il controllo della condotta della Cina, in particolare nel caso della situazione dei musulmani di etnia uigura e di altre minoranze musulmane turche; invita l'UE a collaborare con partner che condividono gli stessi principi per contrastare questi sviluppi;

35.  sottolinea che la Cina è il maggior fornitore di forze di pace tra i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ma si è rifiutata di adottare sezioni del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite e il pilastro della responsabilità di proteggere (R2P); sottolinea che l'UE ha integrato la R2P nella sua azione esterna;

36.  chiede una più intensa cooperazione dell'UE con la NATO sulle sfide di sicurezza poste dalla Cina; è favorevole alla proposta della NATO di mettere a punto una strategia politica per affrontare un mondo in cui la Cina sarà una superpotenza mondiale; chiede che tale strategia si basi su diversi scenari per lo sviluppo delle relazioni con la Cina, compresa la possibilità di un ulteriore deterioramento della sicurezza nel Mar cinese meridionale, e chiede il dialogo e il coordinamento con i paesi del Dialogo quadrilaterale sulla sicurezza; accoglie con favore gli sforzi della NATO volti a monitorare attentamente le implicazioni per la sicurezza della maggiore presenza fisica della Cina nell'Artico e in Africa; raccomanda di tenere sufficientemente conto della cooperazione UE-NATO in materia di sfide della sicurezza legate alla Cina in fase di elaborazione della bussola strategica dell'UE e di revisione del concetto strategico della NATO;

37.  accoglie con favore l'intenzione del Consiglio di rafforzare l'attenzione strategica, la presenza e l'azione dell'UE nella regione indopacifica, presentando una nuova strategia dell'Unione per la cooperazione con tale regione e una nuova strategia per la connettività; osserva che tale nuova strategia dovrebbe essere coerente con la strategia UE-Cina;

38.  ritiene pertinente che la Commissione fornisca relazioni tempestive ed esaurienti sul partenariato economico regionale globale, il più grande accordo di libero scambio al mondo, così da valutare gli sviluppi sul campo; manifesta particolare interesse per le implicazioni per gli interessi strategici dell'Unione di aspetti quali l'attività di normazione nella regione Asia-Pacifico e le disposizioni sulle norme di origine; osserva che l'accordo avrà implicazioni anche per l'Unione europea, benché quest'ultima non ne faccia parte; sottolinea l'assenza, nel partenariato economico regionale globale, di disposizioni in materia di commercio e sostenibilità, tra cui le norme sociali e del lavoro e gli obiettivi ambientali e climatici;

39.  ricorda, nel contesto delle dinamiche regionali, l'importanza delle relazioni commerciali ed economiche UE-Taiwan, anche su temi relativi al multilateralismo e all'OMC, alla tecnologia e alla salute pubblica, nonché della cooperazione essenziale su approvvigionamenti critici quali i semiconduttori; osserva che Taiwan è un membro a pieno titolo dell'OMC; ribadisce il suo appello ed esorta la Commissione e il Consiglio a procedere con l'accordo bilaterale sugli investimenti con Taiwan e ad avviare urgentemente la valutazione d'impatto, la consultazione pubblica e l'esercizio esplorativo con le autorità taiwanesi;

40.  esorta la Commissione a presentare proposte e azioni concrete volte ad agevolare la piena partecipazione di Taiwan in qualità di osservatore alle riunioni, ai meccanismi e alle attività dell'OMS, dell'ICAO e dell'UNFCCC;

Promozione di un'autonomia strategica aperta, anche nelle relazioni commerciali e di investimento

41.  sottolinea che la condizionalità per gli investimenti e gli scambi commerciali non è di per sé sufficiente a contrastare l'assertività cinese; ritiene che l'UE dovrebbe accrescere la propria autonomia strategica prestando attenzione ad altre dimensioni delle relazioni UE-Cina, in particolare la sovranità digitale e tecnologica; sottolinea, in tale contesto, la necessità di investire nell'innovazione e nella ricerca e di sviluppare una strategia industriale competitiva e sovrana in settori quali, ad esempio, la produzione di microchip e semiconduttori, l'estrazione di terre rare, il cloud computing e la tecnologia delle telecomunicazioni, al fine di diminuire la dipendenza dell'UE dalla Cina, sempre nell'ottica di garantire un migliore coordinamento di tali politiche con quelle di altre democrazie liberali che condividono gli stessi principi, esplorando al contempo la possibilità di mettere in comune le risorse e creare nuove sinergie;

42.  osserva che nel 2020, nel contesto della COVID-19, la Cina è stata per la prima volta il partner principale dell'UE nel commercio di beni e che la bilancia commerciale si è ulteriormente deteriorata a scapito dell'UE; ricorda tuttavia che gli Stati Uniti sono ancora i principali partner commerciali dell'UE per quanto riguarda il commercio di beni e servizi combinati; ritiene che l'ascesa economica della Cina e la sua crescita prevista avranno un impatto considerevole sugli sviluppi economici globali nel prossimo decennio; sottolinea che, per varie ragioni, i livelli di investimento reciproco rimangono al di sotto del loro potenziale e riconosce le opportunità economiche che caratterizzano la regione in generale; ritiene che il volume degli scambi tra la Cina e l'UE richiederà un quadro basato su regole e valori che deve essere incentrato sulle norme internazionali; sottolinea che il rispetto dei diritti umani è una condizione essenziale per avviare relazioni commerciali e di investimento con l'UE ed esorta la Cina a rispettare i suoi obblighi internazionali e ad impegnarsi a rispettare i diritti umani;

43.  sottolinea il ruolo chiave del Parlamento europeo nella politica commerciale comune dell'UE, nei negoziati internazionali e nella supervisione, nel controllo, nella ratifica e nel monitoraggio dell'attuazione degli accordi commerciali e di investimento; evidenzia la necessità di consultare tempestivamente e con adeguate modalità la commissione per il commercio internazionale ed esorta la Commissione e il Consiglio a portare avanti un dialogo assiduo e a redigere relazioni complete, che riflettano gli sviluppi dell'agenda bilaterale per il commercio e gli investimenti UE-Cina;

44.  sottolinea l'importanza delle relazioni commerciali e di investimento strategiche dell'UE con la Cina e invita gli Stati membri e le istituzioni dell'UE a rivolgersi alla Cina con una sola voce e in modo coordinato; ritiene che le iniziative di investimento nel formato 16+1 non debbano minare l'unità dell'Unione europea né rivelarsi controproducenti rispetto all'obiettivo di esprimersi con una sola voce;

45.  invita la Commissione ad analizzare le dipendenze economiche dell'UE in settori strategici quali le materie prime essenziali, alcune delle quali si trovano esclusivamente in Cina, e sottolinea l'urgente necessità di rafforzare la resilienza delle catene di approvvigionamento europee; chiede che siano profusi sforzi per diversificare e consolidare l'accesso dell'UE alle risorse strategiche chiave necessarie per alimentare i motori gemelli della crescita dell'UE, prestando particolare attenzione ai 30 elementi inclusi nel quarto elenco delle materie prime essenziali aggiornato nel 2020; ricorda l'obiettivo generale dell'Unione europea di costruire la sua autonomia strategica aperta nell'ambito della politica commerciale comune; ribadisce l'importanza crescente del nesso tra commercio e sicurezza nella politica commerciale internazionale dell'UE;

46.  chiede maggiore trasparenza, coerenza e coordinamento tra gli Stati membri su questioni relative a progetti e accordi di investimento bilaterali, in particolare sugli investimenti esteri diretti in attività strategiche e infrastrutture critiche; richiama l'attenzione sul nesso tra dipendenze economiche e influenza politica esterna a livello degli Stati membri; ricorda l'importanza di rafforzare in futuro il regolamento dell'UE sul controllo degli investimenti esteri diretti per garantire il blocco di potenziali investimenti che potrebbero rappresentare una minaccia per la sicurezza e l'ordine pubblico dell'Unione, in particolare da parte delle imprese controllate dallo Stato; invita gli Stati membri ad adottare urgentemente un meccanismo di controllo nazionale, qualora non l'avessero ancora fatto, in linea con gli orientamenti della Commissione di marzo 2020;

47.  è convinto che le relazioni bilaterali tra l'UE e la Cina in materia di scambi commerciali e investimenti siano di importanza strategica e dovrebbero essere basate su regole, con un sistema commerciale multilaterale e il principio di reciprocità quale asse centrale; ribadisce che, per quanto esistano tendenze preoccupanti verso il disaccoppiamento economico, è comunque necessario garantire un'applicazione e un rispetto più assertivi degli impegni assunti nel quadro generale delle relazioni commerciali e di investimento; invita la Cina a svolgere un ruolo più attivo e responsabile nell'ambito dell'OMC e in altre iniziative multilaterali, facendo corrispondere il suo potere economico al suo livello di sviluppo, e ad aderire pienamente a tutti i suoi obblighi internazionali e relativi all'OMC; invita la Commissione e le autorità cinesi a cooperare strettamente per riformare le regole dell'OMC al fine di promuovere uno sviluppo più sostenibile, la transizione verde e la rivoluzione digitale e portare stabilità e certezza giuridica sulla scena commerciale internazionale;

48.  è preoccupato per il crescente disequilibrio nelle relazioni bilaterali economiche e commerciali tra l'UE e la Cina; sottolinea che il ripristino dell'equilibrio e una maggiore parità di condizioni sono essenziali per gli interessi dell'UE; ritiene che la Cina e l'UE debbano creare condizioni di parità e costruire una relazione fruttuosa, a prescindere dalle differenze tra i rispettivi sistemi economici; pone l'accento in tal senso sul lavoro che l'Unione europea sta svolgendo per rafforzare i propri strumenti commerciali, riconoscendo al contempo la necessità di mantenere un dialogo aperto sulle sfide comuni come la lotta globale ai cambiamenti climatici; sottolinea l'urgente necessità che l'UE completi il suo pacchetto di misure autonome, tra cui un regolamento UE sul controllo degli investimenti diretti esteri più rigoroso, una normativa contro gli effetti distorsivi delle sovvenzioni estere sul mercato interno, la rapida adozione di uno strumento per gli appalti internazionali assertivo ed efficace, misure sull'esportazione di tecnologia a duplice uso, un efficace strumento contro la coercizione, un pacchetto di misure legislative sul governo societario sostenibile e una normativa sulle catene di approvvigionamento comprensiva di requisiti obbligatori in materia di dovuta diligenza che prevedano anche un divieto di importazione delle merci derivanti dal lavoro forzato; ritiene che dovrebbero essere considerate necessarie ulteriori misure mirate nell'ambito del regime globale di sanzioni dell'UE in materia di diritti umani;

49.  ribadisce la sua profonda preoccupazione per i numerosi ostacoli che le imprese europee si trovano ad affrontare per entrare nel mercato cinese e operarvi; teme che la "strategia di doppia circolazione" della Cina, cui si fa riferimento nel suo 14° piano quinquennale, comporterà un ulteriore deterioramento del contesto imprenditoriale per le imprese dell'UE; evidenzia nuovamente la sua particolare preoccupazione per le pratiche distorsive del mercato, ad esempio i sussidi industriali per le imprese statali cinesi e il trattamento preferenziale a esse riservato, il furto di proprietà intellettuale, i trasferimenti forzati di tecnologia e la localizzazione dei dati, l'eccesso di capacità industriale in settori come quello siderurgico e il relativo dumping delle esportazioni, altre pratiche commerciali sleali e la crescente interferenza politica generale nel contesto imprenditoriale, ivi compreso il settore privato; invita la Commissione e gli Stati membri a intensificare la loro cooperazione a livello dell'OMC con alleati che condividono gli stessi principi, così da sviluppare un approccio congiunto per contrastare tali pratiche commerciali sleali cinesi; accoglie con favore il dialogo UE-USA sulla Cina come mezzo per cooperare su temi quali la reciprocità, il multilateralismo, le pratiche distorsive del mercato e l'economia e altre questioni strutturali in cui il coordinamento UE-USA può apportare un valore aggiunto; è convinto dell'importanza vitale di un'adeguata informazione in merito agli sviluppi legislativi e regolamentari sul mercato cinese, vista la sua natura poco trasparente e guidata dallo Stato; ricorda in tale contesto l'importanza di tenere discussioni frequenti e aperte con le istituzioni dell'UE, la Camera di commercio dell'Unione europea in Cina e tutti i partner dell'UE sul posto;

50.  ritiene pertinente discutere in particolare degli effetti negativi per il commercio e dei possibili rimedi alle distorsioni causate dall'eccessiva capacità produttiva globale di acciaio e alluminio, nonché dell'importanza di contrastare i sussidi industriali a livello dell'OMC; esorta la Cina a rinnovare il suo impegno nel quadro delle attività del forum globale sull'eccessiva capacità produttiva di acciaio, così da eliminare l'eccesso di capacità e ripristinare condizioni di parità; osserva che, nonostante i piani della Cina di chiudere i siti di produzione obsoleti e ammodernare la produzione, la sua produzione annuale di acciaio grezzo ha raggiunto livelli da record per quattro anni consecutivi; incoraggia le autorità cinesi a mantenere i loro impegni a ridurre la produzione di acciaio grezzo;

51.  ricorda, al riguardo, i nessi tra commercio, brevetti e norme; ritiene che la normazione e gli elementi normativi di una crescente concorrenza internazionale siano essenziali per la politica commerciale dell'UE e dovrebbero costituire uno dei pilastri fondamentali della sua politica industriale strategica; ricorda che la normazione è stata segnalata come un ambito in cui la Cina potrebbe mostrare intenzioni di affrancamento e disaccoppiamento; sottolinea che la contraffazione è una delle principali priorità nelle azioni dell'UE in materia di aspetti commerciali nella protezione della proprietà intellettuale; teme che la Cina resti all'origine di una quota dominante di prodotti contraffatti e usurpativi che arrivano nell'Unione, sia in termini di valore che di volume; sottolinea che l'accordo tra l'UE e la Cina sulle indicazioni geografiche rappresenta un primo passo nella lotta alla contraffazione, ed esorta la Commissione a intensificare gli sforzi per proteggere la proprietà intellettuale dell'UE, inclusi i brevetti; esprime preoccupazione per la pratica emergente messa in atto dagli organi giurisdizionali cinesi, che rivendicano la giurisdizione mondiale per la definizione di condizioni per la concessione delle licenze eque, ragionevoli e non discriminatorie per i brevetti essenziali e che impediscono alle aziende di contestare le loro decisioni; sottolinea che tale pratica equivale a consentire alle imprese cinesi di non pagare un prezzo equo per l'utilizzo di brevetti essenziali, oltre a mettere a rischio la ricerca dell'Unione europea; chiede alla Commissione di sollevare il tema dinanzi alle autorità cinesi; chiede di prestare maggiore attenzione alle violazioni nei settori della digitalizzazione e delle comunicazioni in seno a tutti gli organi pertinenti, ivi compresa l'Unione internazionale delle telecomunicazioni dell'ONU, assieme ai partner dell'UE che condividono gli stessi principi, in particolare gli Stati Uniti; chiede che si tengano maggiori discussioni politiche sulle implicazioni delle iniziative cinesi, tra cui l'iniziativa "Made in China 2025" o la sempre più pertinente "China Standards 2035"; esprime preoccupazione a tale riguardo per il crescente autoritarismo digitale della Cina e per gli sforzi compiuti dal paese per promuovere il proprio modello di governance digitale in tutto il mondo; sottolinea che è necessario concludere l'accordo dell'OMC sul commercio elettronico nel quadro dell'iniziativa di dichiarazione congiunta al fine di promuovere un livello fondamentale di apertura e condizioni di parità con la Cina;

52.  chiede che venga prestata maggiore attenzione alle PMI europee che intrattengono relazioni commerciali e di investimento con la Cina, e accoglie con favore il sostegno offerto dalla Commissione alle iniziative favorevoli alle PMI, ad esempio il portale Access2Markets per l'accesso ai mercati, il portale ROSA sullo strumento di autovalutazione delle norme di origine o l'helpdesk sui diritti di proprietà intellettuale (DPI) per le PMI in Cina, tra le altre;

53.  prende atto della conclusione in linea di principio, a livello politico, dell'accordo globale UE-Cina in materia di investimenti, riconoscendo nel contempo gli sforzi della Commissione per affrontare le carenze legate alle asimmetrie di accesso al mercato, alla parità di condizioni e allo sviluppo sostenibile attraverso impegni basati su regole; ricorda, tuttavia, che le relazioni commerciali non sono isolate dal contesto generale;

54.  invita la Commissione a consultare il Parlamento europeo prima di adottare qualsivoglia misura finalizzata alla conclusione e alla firma di tale accordo; esorta la Cina a compiere passi concreti per ratificare e attuare le convenzioni fondamentali dell'OIL n. 29 e n. 105 sul lavoro forzato; sottolinea che la Cina si è altresì impegnata a favore di un'effettiva attuazione delle convenzioni dell'OIL ratificate e a lavorare alla ratifica di altre convenzioni fondamentali dell'OIL "aggiornate";

55.  osserva che 26 Stati membri dell'Unione europea sono legati alla Cina dai vecchi trattati bilaterali di investimento;

56.  ricorda, tuttavia, che l'accordo globale UE-Cina in materia di investimenti, da solo, non risolverebbe tutti i problemi che interessano le nostre relazioni economiche e politiche e che, pertanto, deve essere considerato nel contesto di un pacchetto rafforzato e più assertivo di misure unilaterali dell'UE; sottolinea che il Parlamento europeo esaminerà attentamente l'accordo, compresa la sua sezione relativa allo sviluppo sostenibile;

57.  sottolinea che l'adeguata attuazione e l'efficace applicazione sarebbero essenziali per l'utilità e il successo dell'accordo nel rettificare le asimmetrie strutturali nelle relazioni commerciali e di investimento; sottolinea il ruolo e l'importanza di scambi strutturati e frequenti con l'ufficio del responsabile della Commissione dell'esecuzione degli accordi commerciali per valutare la futura attuazione dell'accordo globale UE-Cina in materia di investimenti, laddove fosse adottato; ricorda e ribadisce al riguardo l'importanza della diplomazia parlamentare nell'agevolare la comprensione reciproca, la comunicazione trasparente e il dialogo aperto;

58.  accoglie con favore l'entrata in vigore dell'accordo UE-Cina sulle indicazioni geografiche e ribadisce l'importanza della sua effettiva attuazione e applicazione nei mercati di entrambe le parti; accoglie con favore l'ampliamento anticipato dell'attuale accordo per includervi ulteriori 350 denominazioni di indicazione geografica di entrambi i partner; sottolinea che tale accordo limitato sulle indicazioni geografiche potrebbe fungere da modello e base per i futuri accordi sulle indicazioni geografiche; sottolinea il ruolo cruciale che il responsabile dell'esecuzione degli accordi commerciali svolgerà nel monitorare e migliorare la conformità a tale accordo; invita tale responsabile ad agire immediatamente laddove l'accordo non venga attuato correttamente;

59.  sottolinea che la Cina ha ancora molta strada da fare prima di diventare un'economia di libero mercato, data l'estrema influenza che lo Stato ha sull'economia e sulle decisioni delle imprese relative a prezzi, costi, produzione e fattori di produzione; invita pertanto la Cina ad adottare misure più aperte nei confronti delle proprie imprese e di quelle estere che operano nel paese;

60.  chiede maggiori finanziamenti per i progetti di attuazione del 5G e per le attività di ricerca in materia di 6G, intelligenza artificiale (IA) e tecnologia dei big data, al fine di garantire la sicurezza delle reti future e una maggiore sovranità digitale, che saranno essenziali per la digitalizzazione e la crescita economica ma anche per colmare il divario tecnologico con la Cina e per l'eliminazione dei rischi a cui i membri della NATO e i suoi partner possono essere esposti con l'integrazione della tecnologia 5G della Cina nelle reti di telecomunicazioni, dal momento che tale azione potrebbe erodere il futuro della governance democratica; chiede, inoltre, una strategia coordinata dell'UE sulla sicurezza informatica e un aumento delle capacità degli Stati membri in questo ambito al fine, tra l'altro, di rafforzare la protezione contro le minacce alle infrastrutture essenziali dell'UE provenienti dai paesi terzi, compresa la Cina;

61.  sottolinea l'importanza di lavorare alla normativa in materia di IA e a un quadro per la responsabilità etica e civile per i sistemi di IA e le tecnologie affini che promuova l'innovazione incentrata sulla persona e rispettosa della vita privata, in collaborazione con partner strategici chiave che condividono i valori liberali e democratici dell'UE; sottolinea che i sistemi di punteggio sociale non sono in linea con i valori fondamentali dell'UE; evidenzia la necessità per l'UE di preservare i diritti dell'individuo; sottolinea, pertanto, che tali politiche e strumenti di sorveglianza non dovrebbero in nessun caso essere utilizzati nell'UE; evidenzia, quindi, che l'UE deve adoperarsi per limitare e contrastare la portata transnazionale della repressione digitale;

Difesa e promozione degli interessi e dei valori fondamentali dell'UE, trasformando l'Unione in un attore geopolitico più efficace

62.  ritiene che l'UE dovrebbe continuare a lavorare alla sua trasformazione in un attore geopolitico più efficace assicurando un più coeso approccio geopolitico dei suoi Stati membri, nonché promuovendo la sua autonomia strategica e capacità, e collaborando con gli Stati Uniti e altri partner che condividono gli stessi valori;

63.  sottolinea che il successo della politica europea di vicinato determina la capacità dell'UE di assumere il ruolo di attore globale; richiama l'attenzione sul ruolo crescente della Cina nelle immediate vicinanze dell'UE, compresi i paesi candidati; chiede un approccio strategico a livello dell'UE volto a contrastare le azioni cinesi nei paesi vicini attraverso investimenti, prestiti e attività commerciali, in particolare nei Balcani occidentali; chiede in particolare un impegno attivo dell'UE nel fornire a questi paesi una valida alternativa agli investimenti cinesi;

64.  sottolinea la necessità che l'UE rafforzi gli strumenti per difendersi, accresca la sua capacità di proteggere i suoi interessi oltre oceano, svolga un ruolo maggiormente proattivo, coerente e strategico nel suo immediato vicinato e garantisca che gli Stati membri siano uniti nel loro approccio geopolitico;

65.  ritiene che la conferenza sul futuro dell'Europa dovrebbe offrire una sede di dibattito sull'azione esterna dell'UE, ad esempio su questioni relative alla protezione dei diritti umani, e per discutere su come raggiungere un'autonomia strategica aperta; sottolinea l'importanza di discutere questioni legate al miglioramento e al rafforzamento della politica estera e di sicurezza comune dell'UE, ad esempio attraverso un mandato più solido al VP/AR per agire per conto dell'UE in materia di politica estera e adottare le misure necessarie per introdurre il voto a maggioranza qualificata in alcuni ambiti degli affari esteri; chiede di rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri in materia di difesa, con l'obiettivo di rafforzare le capacità di difesa strategica europea, nonché di creare un'Unione europea della difesa a tutti gli effetti, anche con capacità militari europee;

66.  pone l'accento sulla necessità di dotare il SEAE di un mandato e delle risorse necessarie per monitorare e contrastare le attività di disinformazione cinesi, compresa la creazione di una task force StratCom per l'Estremo Oriente incentrata sulla disinformazione proveniente dalla Cina; invita la Cina ad astenersi da sistemi occulti di manipolazione del dibattito pubblico nell'UE; incoraggia la Commissione a elaborare un sistema normativo a livello dell'UE che impedisca alle imprese operanti nel settore dei media, finanziate o controllate dai governi di paesi terzi, di acquisire imprese europee operanti nel settore dei media, al fine di preservare la libertà e l'indipendenza dei media nell'UE; suggerisce di diversificare i mezzi di comunicazione in lingua cinese in Europa, incoraggiando la cooperazione tra i mezzi di comunicazione europei e i partner internazionali, come Taiwan; sottolinea inoltre l'urgente necessità di potenziare in modo significativo la capacità di esperti sulla Cina in seno al SEAE e alla Commissione in generale;

67.  sottolinea l'importanza di studi e di ricerche indipendenti sulla Cina nelle università, nei gruppi di riflessione, negli istituti di ricerca e nelle scuole in tutta l'UE, liberi dal sostegno finanziario o dall'influenza cinese, che garantiscano l'integrità accademica e la libertà di parola; invita, pertanto, l'UE a elaborare un programma volto a finanziare la ricerca sulla Cina e la formazione linguistica nell'UE;

68.  sottolinea la necessità di introdurre programmi indipendenti dall'influenza del PCC per studiare la cultura, la lingua e la politica cinesi, ad esempio attraverso contatti più stretti con il mondo accademico e con la società taiwanesi;

69.  invita la Commissione a tenere conto e a includere nella sua strategia l'interesse e il coinvolgimento crescenti della Cina nei confronti dell'Artico; chiede prontezza per garantire la libertà di navigazione nella rotta del Mare del Nord dell'Artico; prende atto degli investimenti della Cina in ricerca e infrastrutture strategiche nell'Artico e osserva che l'UE dovrebbe evitare di perdere terreno in questo campo;

o
o   o

70.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione e al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e, per conoscenza, al governo della Repubblica popolare cinese.

(1) GU L 410 I del 7.12.2020, pag. 1.
(2) GU L 410 I del 7.12.2020, pag. 13.
(3) Testi approvati, P9_TA(2020)0375.
(4) GU C 158 del 30.4.2021, pag. 2.
(5) GU C 11 del 13.1.2020, pag. 25.
(6) GU C 433 del 23.12.2019, pag. 103.
(7) GU C 238 del 6.7.2018, pag. 108.
(8) Testi approvati, P9_TA(2020)0174.
(9) Testi approvati, P9_TA(2021)0027.
(10) GU C 369 dell'11.10.2018, pag. 156.
(11) Testi approvati, P9_TA(2020)0337.
(12) Testi approvati, P9_TA(2021)0255.
(13) Testi approvati, P9_TA(2021)0016.
(14) Dichiarazione congiunta del governo della Repubblica Popolare Cinese e del governo della Repubblica portoghese, del 13 aprile 1987, sulla questione di Macao.


Orientamento delle relazioni politiche UE-Russia
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Raccomandazione del Parlamento europeo del 16 settembre 2021 al Consiglio, alla Commissione e al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza concernente la direzione delle relazioni politiche UE-Russia (2021/2042(INI))
P9_TA(2021)0383A9-0259/2021

Il Parlamento europeo,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sulla Russia, in particolare quelle del 18 settembre 2014 sulla situazione in Ucraina e sullo stato delle relazioni UE-Russia(1), dell'11 giugno 2015 sulla situazione militare strategica nel Bacino del Mar Nero a seguito dell'annessione illegale della Crimea da parte della Russia(2), del 16 marzo 2017 sui detenuti politici ucraini in Russia e la situazione in Crimea(3), del 14 giugno 2018 sui territori georgiani occupati a 10 anni dall'invasione russa(4), del 23 novembre 2016 sulla comunicazione strategica dell'UE per contrastare la propaganda nei suoi confronti da parte di terzi(5), del 12 marzo 2019 sullo stato delle relazioni politiche tra l'Unione europea e la Russia(6), del 19 settembre 2019 sull'importanza della memoria europea per il futuro dell'Europa(7), del 19 dicembre 2019 sulla legge russa sugli "agenti stranieri"(8), del 17 settembre 2020 sulla situazione in Russia: l'avvelenamento di Alexei Navalny(9), del 21 gennaio 2021 sull'arresto di Aleksej Naval'nyj(10), del 29 aprile 2021 sulla Russia, il caso di Alexei Navalny, il dispiegamento militare ai confini con l'Ucraina e gli attacchi russi nella Repubblica ceca(11), del 10 giugno 2021 sull'inclusione di ONG tedesche nell'elenco delle "organizzazioni non gradite" da parte della Russia e la detenzione di Andrei Pivovarov(12),

–  visti la Carta delle Nazioni Unite, la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, la Dichiarazione universale dei diritti umani, il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e la Convenzione del Consiglio d'Europa per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali,

–  vista l'appartenenza della Federazione russa al Consiglio d'Europa e all'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), nonché i relativi impegni e obblighi,

–  viste le misure restrittive approvate dall'UE e in vigore dal 2014 in risposta alla crisi in Ucraina,

–  visto il pacchetto di misure per l'attuazione degli accordi di Minsk, adottato e firmato a Minsk il 12 febbraio 2015 e approvato nel suo complesso dalla risoluzione n. 2202 (2015) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 17 febbraio 2015,

–  visti i risultati del Consiglio "Affari esteri" dell'UE del 14 marzo 2016, in particolare l'accordo sui cinque principi guida della politica dell'UE nei confronti della Russia, e le conclusioni del Consiglio europeo del 24 e 25 maggio 2021 sulla Russia e del 24 giugno 2021 sulle relazioni esterne,

–  vista la comunicazione congiunta della Commissione e dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, del 16 giugno 2021, dal titolo "Le relazioni UE-Russia: contrastare, arginare e dialogare" (JOIN(2021)0020),

–  vista la comunicazione congiunta della Commissione e dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, del 10 giugno 2020, dal titolo "Contrastare la disinformazione sulla COVID-19 – Guardare ai fatti" (JOIN(2020)0008),

–  vista la dichiarazione congiunta della piattaforma internazionale per la Crimea del 23 agosto 2021,

–  visto l'articolo 118 del suo regolamento,

–  vista la relazione della commissione per gli affari esteri (A9-0259/2021),

A.  considerando che la Russia è parte integrante dell'Europa e il più grande vicino dell'Unione europea e che esistono forti interdipendenze storiche, nonché legami culturali e umani tra la Russia e gli Stati membri dell'UE; che gli sviluppi in Russia, in termini delle sue politiche e della natura delle sue autorità, interessano direttamente l'UE e i paesi limitrofi dell'Unione; che nonostante le barriere erette nel 2014, l'UE è tuttora il maggiore partner commerciale della Russia e la Russia è il quinto partner commerciale dell'UE; che l'UE è il maggiore investitore in Russia;

B.  considerando che il Parlamento europeo opera una distinzione fra il popolo russo e il regime del Presidente Putin, che costituisce una cleptocrazia autoritaria stagnante guidata da un presidente a vita contornato da oligarchi; che le azioni fondamentali proposte nella presente raccomandazione sono indirizzate pertanto al regime del Presidente Putin e alle sue azioni criminali e politiche antidemocratiche, sottolineando nel contempo l'urgente esigenza di rivolgersi al popolo russo e di mostrargli che l'UE è pronta a dare una risposta alle sue preoccupazioni;

C.  considerando che il principale interesse dell'UE risiede nel mantenimento della libertà, stabilità e pace nel continente europeo e al di là di esso, minacciate dalle politiche aggressive delle autorità russe, che rappresentano una delle sfide più difficili nell'agenda di politica estera e strategica dell'UE;

D.  considerando che la Russia può avere un futuro democratico; che, come tutti i popoli, i cittadini russi aspirano ai valori universali di libertà e democrazia; che l'UE dovrebbe presentare al popolo russo proposte concrete per una cooperazione reciprocamente vantaggiosa;

E.  considerando che la strategia dell'UE nei confronti della Russia deve combinare due obiettivi principali: il primo è bloccare l'aggressività esterna e la repressione interna del Cremlino, mentre il secondo è coinvolgere il popolo russo e sostenerlo nella costruzione di un futuro alternativo, che recherebbe un vantaggio a tutti i popoli del continente europeo, incluso quello russo;

F.  considerando che le relazioni dell'UE con la Federazione russa si fondano sui principi del diritto internazionale, i principi fondanti dell'OSCE, sulla democrazia, la risoluzione pacifica dei conflitti e su relazioni di buon vicinato; che l'attuale governo russo ha mostrato spregio di tali principi sebbene si fosse impegnato a rispettarli; che la Russia si serve in modo improprio di altre istituzioni internazionali, in primo luogo delle Nazioni Unite e dell'OSCE, per ostacolare la giustizia e la risoluzione dei conflitti nel mondo;

G.  considerando che la Russia nel 2019 ha aderito nuovamente al Consiglio d'Europa, ma che sussistono ancora ampie violazioni dei diritti umani e il rifiuto di rispettare le sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo;

H.  considerando che la politica estera del Presidente Putin è chiaramente aggressiva e revisionista, poiché intende porsi come difensore degli interessi russi e sta cercando di guadagnare il controllo dei territori che considera persi dopo il crollo dell'Unione sovietica e non solo; che gli obiettivi del regime del Presidente Putin comprendono anche gli elementi seguenti: affermare la sua autorità di grande potenza; rafforzare le ingerenze del regime nei paesi dell'ex blocco sovietico e non solo; mettere la sovranità di Stati potenti al di sopra del diritto alla sovranità di altri Stati; utilizzare il concetto di protezione dei russi etnici all'estero come giustificazione per guerre ibride e disinformazione; utilizzare le regioni in cui hanno luogo conflitti congelati come elemento strategico per interferire nei paesi interessati e impedire loro di avvicinarsi all'UE e alla NATO; utilizzare le risorse energetiche e le pratiche di riciclaggio illegali come strumento di manipolazione e ricatto; sminuire il modello di democrazia liberale e ritrarre la Russia come moralmente superiore e l'occidente come moralmente inferiore; sopprimere la democrazia, l'opposizione democratica e il diritto delle persone di esprimere la propria libera volontà in Russia; che il regime del Presidente Putin rifiuta in particolare il multilateralismo e l'ordine mondiale fondato sullo Stato di diritto, ignora il diritto internazionale, compresi i principi sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite, dall'Atto finale di Helsinki del 1975 e dalla Carta di Parigi dell'OSCE del 1990, come dimostrato fra l'altro dalle riforme costituzionali del 2020, il cui processo di adozione è stato valutato dalla Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto (Commissione di Venezia) come "evidentemente inappropriato" e ha violato sia il diritto russo che gli obblighi assunti nel quadro dell'OSCE; che sono più di mille le sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo che la Russia non ha attuato;

I.  considerando che l'attuale regime russo rappresenta una minaccia per la pace e la sicurezza in Europa poiché continua a perpetrare violazioni sistematiche dei diritti umani nei confronti del suo popolo e ad assumere un comportamento aggressivo in politica estera, compreso, senza pretesa di esaustività: esercitazioni militari su larga scala ed escalation militare, l'occupazione e l'annessione illegali e violente della Crimea, la violazione dell'integrità territoriale e la destabilizzazione dell'Ucraina, della Georgia e della Moldova, il sostegno a conflitti congelati e il mancato rispetto degli accordi per il cessate il fuoco in Georgia e Ucraina, presunti atti terroristici sul territorio degli Stati membri dell'UE come la Cechia, ciberattacchi e attacchi contro le infrastrutture sensibili negli Stati membri dell'UE, violazioni del diritto internazionale, ingerenze nelle elezioni e violazioni dello spazio marittimo e aereo nei paesi della regione del Mar Baltico e del Mar Nero; che l'incapacità dell'UE di rispondere adeguatamente alle diverse aggressioni russe successive a quella contro la Georgia nel 2008 ha indotto la Russia a portare avanti le campagne militari e politiche aggressive, sia nel suo vicinato che altrove, indebolendo e minando in tal modo l'ordine internazionale basato su regole e la stabilità in Europa e altrove;

J.  considerando che l'amministrazione russa continua ad accumulare riserve di armi e a dislocare truppe d'attacco nelle vicinanze dei confini dell'UE nell'enclave di Kaliningrad;

K.  considerando che, con l'attuale regime, la Russia rappresenta una minaccia a lungo termine per la sicurezza europea, ai sensi della recente valutazione del gruppo di riflessione della NATO; che la Russia ha stabilito nuove basi militari e ha ammodernato le vecchie basi militari nel nord del paese; che ha reso la sua Flotta del Nord un distretto militare, ha ampliato vari settori delle sue forze armate e ha riportato in auge il concetto di bastione di difesa volto a proteggere la capacità strategica della Russia; che l'Enhanced Forward Presence della NATO sul fianco orientale svolge un ruolo cruciale di dissuasione delle attività di destabilizzazione della Russia, incluso l'incremento del potenziale militare nel distretto militare occidentale; che il collasso del controllo degli armamenti con la Russia (ossia con il suo ritiro dal trattato INF e dal Trattato sui cieli aperti), e i mancati progressi sul disarmo nucleare nel quadro del trattato di non proliferazione nucleare, così come il rifiuto della Russia di un nuovo Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, destano grave preoccupazione per la sicurezza dei cittadini europei; che ciò è associato a un pericoloso ammodernamento degli arsenali nucleari e convenzionali russi e dei loro vettori e all'introduzione di tecnologie di destabilizzazione (missili ipersonici nucleari, siluri, ecc.);

L.  considerando che il regime del Cremlino, nei mesi di marzo e aprile 2021 in particolare, ha aumentato considerevolmente la sua presenza militare al confine orientale e settentrionale con l'Ucraina, portando alla più grande concentrazione di truppe russe dal 2014; che il regime del Cremlino ha sospeso il diritto di passaggio alle navi da guerra e mercantili di altri paesi in parte del Mar Nero, in direzione dello stretto di Kerch, e che ciò rappresenta una violazione dei diritti di navigazione sanciti nella Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, di cui la Russia è parte;

M.  considerando che la Russia sta fornendo costante sostegno politico ed economico al regime illegale e riprovevole di Alexander Lukashenko in Bielorussia; che gli investimenti politici ed economici del Presidente Putin nella sopravvivenza del regime illegittimo di Lukashenko sono l'unica ragione per cui Lukashenko è ancora in grado di continuare la brutale persecuzione del popolo bielorusso, che chiede rispetto per i diritti umani, elezioni libere e trasparenti, lo Stato di diritto e la giustizia; che i recenti sviluppi politici in Bielorussia e Russia presentano numerose caratteristiche comuni e che i processi nei due paesi si stanno pesantemente influenzando a vicenda; che le proteste contro il regime autoritario e le richieste di cambiamento in Bielorussia ispirano rivendicazioni analoghe da parte del popolo russo; che le autorità del Cremlino stanno inasprendo la repressione dell'opposizione politica in vista delle prossime elezioni della Duma previste a settembre 2021, limitando e negando la possibilità di partecipare e impedendo ad alcuni politici dell'opposizione di candidarsi alle elezioni, e che in tal modo stanno distruggendo la concorrenza politica impedendo elezioni giuste, parimenti a quanto fatto dalla dittatura in Bielorussia nell'agosto 2020;

N.  considerando che la Russia putiniana prosegue i suoi sforzi volti a destabilizzare i paesi candidati all'UE e associati al partenariato orientale, con l'obiettivo di creare ostacoli al processo di integrazione euroatlantica o di bloccarlo; che la Russia sta applicando una politica di "passaportizzazione" per aumentare il numero di compatrioti russi e di fatto estendere la giurisdizione russa sui territori da essa occupati e sui territori separatisti, in particolare la Transnistria, l'Ossezia del Sud, l'Abkhazia, il Donbas e la penisola di Crimea; che tali azioni violano il diritto internazionale;

O.  considerando che le riforme costituzionali russe del 2020 hanno riveduto la storia della Seconda guerra mondiale, purificando la storia sovietica e identificando la Russia come successore dell'Unione Sovietica, hanno introdotto il diritto di intervenire a livello internazionale in difesa dei compatrioti russi e hanno reso illegali le discussioni sulla restituzione di territori rivendicati dalla Russia a paesi stranieri;

P.  considerando che l'UE dovrebbe monitorare attentamente la posizione e il coinvolgimento della Russia in Afghanistan, dal momento che la Russia sta cercando di sfruttare a proprio vantaggio il ritiro dell'Occidente e di colmare il conseguente vuoto di potere;

Q.  considerando che gli Stati membri dell'UE che consentono la doppia cittadinanza sono esposti alla politica russa di passaportizzazione; che gli Stati membri dell'UE che hanno adottato il cosiddetto programma di cittadinanza per investitori consentono ai lealisti del Cremlino di godere della qualità della vita europea grazie ai soldi rubati al popolo russo e di diffondere la corruzione nell'UE;

R.  considerando che la Russia sta attuando un concetto ostile di "mondo russo" per preparare il terreno alle sue ingerenze nei paesi terzi in difesa dei compatrioti russi; che il "mondo russo" viene promosso da canali di Stato come Russia Today e Sputnik nelle lingue autoctone degli Stati membri dell'UE; che la pandemia di COVID-19 viene utilizzata dalla macchina di propaganda del Cremlino per inasprire le divisioni fra gli Stati membri dell'UE, per ritrarre l'UE come incapace di affrontare la pandemia, per avanzare dubbi sui vaccini approvati dall'Agenzia europea per i medicinali, per dissuadere i cittadini dell'UE dalle vaccinazioni e per riabilitare l'immagine della Russia agli occhi della popolazione dell'UE, in particolare mediante la promozione del vaccino Sputnik V;

S.  considerando che numerose organizzazioni non governative (ONG) locali e svariati gruppi radicali, inclusi movimenti politici, ricevono finanziamenti dalla Russia;

T.  considerando che la Russia mantiene il suo impegno in molte parti del mondo, compreso nei Balcani occidentali, in Asia centrale, nel Medio Oriente, in Nordafrica, nell'Africa sub-sahariana e in America latina e nell'Artico; che il governo russo si serve delle sue unità paramilitari (il "Gruppo Wagner") per sostenere regimi dittatoriali in tutto il mondo e compromettere gli sforzi dell'UE e della comunità internazionale tesi a risolvere i conflitti, costruire la pace e garantire stabilità; che la regione dei Balcani occidentali, che include potenziali nuovi Stati membri dell'UE, è caratterizzata da una forte presenza russa, in particolare in Serbia; che nel 2016, in Montenegro, l'agenzia russa di intelligence militare (GRU) è stata coinvolta in tentativi di rovesciare il parlamento del paese, di assassinare il primo ministro e di instaurare un governo filorusso e anti-NATO, e di impedire l'accesso del Montenegro alla NATO;

U.  considerando che, per quanto riguarda l'UE, il regime del Cremlino ha presumibilmente coinvolto agenti dell'intelligence russa in servizio nell'esplosione di due depositi di munizioni nel 2014, circostanza in cui due cittadini cechi hanno perso la vita e sono stati causati ingenti danni materiali; che gli stessi agenti della GRU si sono resi altresì responsabili del tentato omicidio di Sergei e Yulia Skripal nel Regno Unito nel 2018, mediante l'utilizzo dell'agente nervino Novichok a disposizione dell'esercito; che gli agenti della GRU sono stati altresì accusati del tentato omicidio di Emilian Gebrev, proprietario di una fabbrica di armi, e di altre due persone in Bulgaria nel 2015, nonché di Zelimkhan Khangoshvili, assassinato a Berlino nel 2019 da agenti russi; che le azioni illegali perpetrate dal regime del Cremlino sul territorio della Cechia, della Bulgaria e di molti altri Stati membri dell'UE, del Regno Unito e dei paesi del partenariato orientale costituiscono una grave violazione della loro sovranità; che il regime del Cremlino non mostra un atteggiamento di cooperazione in fase di indagine su tali reati e offre rifugio ai maggiori sospettati;

V.  considerando che è deplorevole il fatto che le autorità russe stiano volutamente o involontariamente chiudendo il paese in un rapporto di dipendenza dalla Cina, il che può soltanto indebolire la Federazione russa e tutto il continente europeo e, in particolare, consentire alle autorità cinesi di espandere la propria presenza e influenza nell'Asia centrale e in Siberia;

W.  considerando che il Cremlino sta continuando la propria opera di disinformazione, propaganda e ingerenza ibrida nella politica interna e nei processi democratici dell'UE, il che costituisce una minaccia per i valori fondamentali dell'UE, quali il rispetto della democrazia, l'uguaglianza, lo Stato di diritto e i diritti umani, ed è in grado di danneggiare le politiche dei governi nazionali, diffondere la diffamazione e trasmettere un'immagine dell'occidente come nemico, promuovere l'odio, l'intolleranza e la nostalgia dell'Unione Sovietica, nonché di riscrivere la storia dei crimini sovietici e favorire, in ultima analisi, la rottura tra Russia ed Europa, in particolare con i paesi che appartenevano al blocco comunista; che le istituzioni dell'UE e degli Stati membri, gli oggetti di importanza strategica e i processi democratici quali le elezioni sono un bersaglio costante dei ciberattacchi russi; che i vertici gerarchici della chiesa ortodossa russa sostengono il regime di Putin; che le leggi russe consentono la repressione di gruppi religiosi considerati estremisti; che le recenti conclusioni sui contatti stretti e regolari tra funzionari russi, compresi i membri del servizio di sicurezza, e rappresentanti di un gruppo di secessionisti catalani in Spagna richiedono un'indagine approfondita; che ciò potrebbe rivelarsi un ulteriore esempio di ingerenza russa negli Stati membri e di continui tentativi da parte della Russia di sfruttare qualsiasi questione che possa promuovere la destabilizzazione interna nell'UE;

X.  considerando che la combinazione tra sanzioni da parte dell'occidente alla Russia, il calo di entrate provenienti dalle esportazioni di combustibile fossile, un'economia non competitiva, elevate spese militari e trasferimenti sociali interni ha provocato difficoltà finanziarie in capo alla Russia; che la Russia si colloca al 129° posto su 180 nell'indice di percezione della corruzione del 2020, dal momento che la massiccia corruzione a livello statale incide sulla qualità dei servizi pubblici offerti ai cittadini russi, servizi che non ottengono sufficienti finanziamenti, come ad esempio la sanità pubblica che riveste una particolare importanza durante la pandemia; che quasi 19 milioni di cittadini russi vivono al di sotto della soglia di povertà;

Y.  considerando che il governo russo ha imposto sanzioni, fra gli altri, anche al Presidente del Parlamento europeo David Sassoli, alla vicepresidente della Commissione europea Věra Jourová e a sei altri funzionari degli Stati membri dell'UE e che tali sanzioni sono inaccettabili e infondate in quanto prive di qualsivoglia motivazione giuridica; che il governo russo ha inoltre approvato un elenco di "paesi ostili", che comprende la Cechia e gli Stati Uniti;

Z.  considerando che più del 60 % delle importazioni dell'UE provenienti dalla Russia nel 2019 era costituito da prodotti energetici; che l'UE dovrebbe ridurre la dipendenza della sua economia, specialmente nel settore energetico, dalla fornitura di gas dalla Russia ai mercati dell'UE, attestata al momento al 48 % e destinata probabilmente a crescere; che il Green Deal europeo è uno strumento importante per garantire la sicurezza geopolitica dell'UE e che, secondo le previsioni della Commissione europea, in caso di attuazione del Green Deal le importazioni di petrolio e gas naturale dell'UE dovrebbero ridursi drasticamente dopo il 2030, con un calo delle importazioni pari al 78-79 % per il petrolio e al 58-67 % per il gas naturale rispetto ai dati del 2015;

AA.  considerando che il consumo di gas in Europa ha raggiunto un picco e che al momento non viene pienamente sfruttata la capacità dell'attuale gasdotto Nord Stream; che la controversa decisione di alcuni Stati membri di costruire Nord Stream 2 è incompatibile con i valori di solidarietà e fiducia dell'Unione dell'energia; che Nord Stream 2 è incompatibile con gli obiettivi del Green Deal europeo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra dell'UE di almeno il 55 % entro il 2030 e di eliminare le emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050;

AB.  considerando che l'UE dovrebbe invitare la Russia a garantire un accesso libero e senza restrizioni ai cosiddetti archivi dei trofei, che sono stati trasferiti a Mosca nel 1944 e nel 1945 e che provengono dai territori occupati dall'Unione sovietica, nonché agli archivi storici e ai manufatti sottratti dall'Impero russo nei paesi europei e attualmente conservati in Russia;

AC.  considerando che lo Stato di diritto, una magistratura indipendente e una stampa libera sono al centro di società democratiche resilienti;

AD.  considerando che la Federazione russa non solo costituisce una minaccia esterna per la sicurezza europea ma reprime anche il suo stesso popolo; che la situazione in Russia si sta drammaticamente deteriorando a causa della crescente repressione da parte del Presidente Putin nei confronti delle forze democratiche, utilizzata per mettere a tacere le critiche interne, l'opposizione politica e gli attivisti impegnati nella lotta contro la corruzione, limitarne la libertà di riunione e impedire la loro attività e quella della società civile russa, come dimostrato dalla detenzione di più di 11 000 manifestanti pacifici da parte delle autorità russe dopo solo due settimane dall'arresto di Aleksej Naval'nyj, il che porta il numero totale di russi detenuti dal gennaio 2021 a oltre 15 000; che la Russia ha continuato a detenere illegalmente i suoi cittadini e a prendere di mira i leader dell'opposizione, i giornalisti indipendenti, i manifestanti e gli attivisti per i diritti umani; che le condizioni di prigionia in Russia sono tuttora terribili e che le persone incarcerate subiscono torture, vessazioni e attacchi fisici;

AE.  considerando che, con l'approvazione delle leggi sugli "agenti stranieri" e sulle "organizzazioni non gradite", il regime del Cremlino consente la stigmatizzazione dei cittadini, delle associazioni e dei mezzi di comunicazione, violandone in tal modo i diritti umani e la libertà di espressione e di associazione, limitando i diritti dei cittadini di impegnarsi e offrire un contributo alla società civile russa e mettendo a rischio la loro incolumità personale; che il regime del Cremlino ha inasprito ulteriormente tali leggi, estendendo le restrizioni alle persone o entità che sostengono gli "agenti stranieri" e le "organizzazioni straniere indesiderate", vietando in tal modo sistematicamente ai membri attivi della società civile, alle ONG per i diritti umani e all'opposizione di partecipare alle elezioni parlamentari del 2021 in Russia; che, in particolare, i nuovi atti legislativi adottati nel dicembre 2020 e nel gennaio 2021 hanno ampliato il gruppo di individui e gruppi che possono essere designati come "agenti stranieri", la definizione di "fondi stranieri" e i requisiti dei materiali per l'etichettatura; che i nuovi disegni di legge presentati nel maggio 2021 miravano ad ampliare l'impatto della legge sulle organizzazioni "indesiderate" e a imporre divieti a candidati potenziali per il parlamento russo con effetto retroattivo; che le autorità russe hanno continuato a perseguire le persone per presunte affiliazioni a gruppi designati come estremisti ai sensi dell'eccessivamente ampia legge russa contro gli estremismi; che la decisione delle autorità russe di dichiarare "organizzazione estremista" la Fondazione anticorruzione diretta da Aleksej Naval'nyj è infondata, discriminatoria ed è stata presa con un unico obiettivo, ossia distruggere le possibilità per l'opposizione di partecipare efficacemente alle campagne elettorali;

AF.  considerando che secondo il Centro per i diritti umani Memorial le autorità russe detengono ad oggi circa 400 prigionieri politici in violazione degli obblighi della Federazione russa ai sensi dell'articolo 5 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, dell'articolo 9 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e dell'articolo 23 del documento conclusivo della riunione di Vienna del 5 gennaio 1989 della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa;

AG.  considerando che nell'ultimo ventennio ci sono stati vari omicidi o tentati omicidi di oppositori al regime e di giornalisti indipendenti, sia in Russia che all'estero, inclusi quelli di Anna Politkovskaya, Boris Nemtsov, Alexander Litvinenko, Sergei e Yulia Skripal, Sergei Protazanov, Pyotr Verzilov, Vladimir Kara-Murza, Aleksej Naval'nyj, Zelimkhan Khangoshvili e altri; che gli organizzatori di tali crimini non sono ancora stati identificati e incriminati, poiché l'attuale repressione del dissenso sociale è rafforzata dall'impunità della polizia e delle forze di sicurezza, nonché dalla riluttanza della magistratura a perseguire i reali responsabili di tali crimini; che i rappresentanti dell'opposizione sono sistematicamente vittime di aggressioni verbali, di campagne ad hominem e di disumanizzazione da parte dei media governativi o filogovernativi; che la relazione dell'Assemblea parlamentare dell'OSCE sull'omicidio di Boris Nemtsov ha concluso che "la questione principale per affrontare l'impunità non è la capacità di applicazione della legge da parte russa, ma la volontà politica"; che la relazione dell'Assemblea parlamentare dell'OSCE rileva inoltre che un'indagine completa dell'omicidio "sarebbe un primo passo per affrontare il clima di impunità" in Russia;

AH.  considerando che le modifiche costituzionali illegali, oltre a fornire una deroga al Presidente Putin rispetto al limite di mandato presidenziale nel 2024, hanno ulteriormente danneggiato il diritto a un equo processo in Russia, anche conferendo al Presidente il potere di nominare i giudici della Corte costituzionale e della Corte suprema e di procedere alle nomine di tutti i giudici federali e al licenziamento dei giudici federali più anziani;

AI.  considerando che la libertà dei mezzi di comunicazione in Russia si sta rapidamente deteriorando poiché il governo russo ha accelerato la sua annosa campagna volta a estirpare la società civile e la stampa indipendente, minacciando organizzazioni quali Meduza, Radio Free Europe/Radio Liberty, VTimes, For Human Rights, the European Endowment for Democracy e Open Russia con gravosi oneri legislativi, normativi e burocratici, tagliando l'accesso a tutte le fonti di finanziamento che sfuggono al controllo del governo e dei suoi alleati, etichettandoli con epiteti come "agente straniero" o "indesiderato" che servono a screditare tali gruppi e gli alti principi giornalistici e dei diritti umani che rappresentano, senza i quali la Russia non può essere democratica, libera e prospera; che lo spazio radiotelevisivo in Russia è controllato e posseduto dallo Stato, che non vi sono emittenti pubbliche e che le poche emittenti indipendenti restanti hanno problemi finanziari e subiscono persecuzioni, fra cui attacchi fisici e detenzione dei loro lavoratori; che, dal 1992 a questa parte, in Russia sono stati assassinati 58 giornalisti; che la legge sull'"Internet sovrana" consente al governo di bloccare qualsiasi contenuto indesiderato su Internet; che l'attività libera e indipendente delle organizzazioni della società civile e dei mezzi di comunicazione è il fondamento di una società democratica basata sullo Stato di diritto;

AJ.  considerando che le opportunità di osservazione imparziale delle elezioni sono state costantemente ridotte in Russia nell'ultimo decennio, dal momento che l'assenza di disposizioni per un accreditamento diretto dei cittadini osservatori delle elezioni li costringe ad agire in vece dei candidati o dei media e pertanto contraddice l'idea stessa di controllo indipendente delle elezioni da parte della società civile, e va altresì contro le norme internazionali; che la relazione "Freedom in the World 2021" ha inserito la Russia fra i paesi "non liberi"; che in Russia le libertà fondamentali sono limitate, il contesto elettorale è controllato e il popolo russo è dissuaso dal partecipare a proteste pubbliche attraverso procedure burocratiche gravose istituite al fine di rilasciare ai cittadini l'autorizzazione alla partecipazione, nonché attraverso la violenza della polizia durante le proteste pacifiche;

AK.  considerando che tali sviluppi interni fanno presagire un possibile ulteriore deterioramento in vista delle elezioni parlamentari russe del settembre 2021 e potrebbero comportare un'ulteriore repressione dell'opposizione politica in Russia, nonché gravi violazioni dei diritti umani; che le autorità russe detengono in prigione o agli arresti domiciliari i principali rappresentanti dell'opposizione alla campagna per le elezioni parlamentari; che la continua repressione perpetrata dalle autorità russe ai danni dei candidati dell'opposizione abusando delle procedure di iscrizione e colpendo in modo selettivo gli oppositori politici e le organizzazioni della società civile per strada e con processi giudiziari fittizi renderà semplicemente impossibile parlare di giuste elezioni parlamentari nel settembre 2021, poiché con tali azioni il regime in Russia sta distruggendo la concorrenza politica e la democrazia pluralista;

AL.  considerando che esistono pertanto fondati dubbi sul fatto che le prossime elezioni saranno libere e giuste;

AM.  considerando che il Parlamento europeo, in numerose occasioni, ha espresso la propria preoccupazione per lo stato della democrazia, per il sistematico mancato rispetto dello Stato di diritto e dei diritti e dei principi fondamentali, per la riduzione dello spazio concesso agli attori indipendenti e dissidenti, nonché per gli attacchi alla libertà dei media in Russia; che l'oppressione sistematica perennemente crescente ad opera del Cremlino e ai danni dell'opposizione in Russia è una spia di allarme per tutta la comunità internazionale e che l'UE deve essere pronta ad affrontarla e a sviluppare una strategia di risposta coerente; che, in particolare, l'UE dovrebbe esercitare una pressione crescente sul regime del Cremlino durante il periodo e all'indomani delle elezioni parlamentari del 2021, al fine di difendere il diritto del popolo russo di avere elezioni libere, alle quali tutti i partiti politici dovrebbero avere parità di accesso e pari opportunità;

AN.  considerando che la comunità LGBTI+ in varie parti della Russia subisce un'ampia discriminazione, che comprende vessazioni, tortura, detenzione e assassinii e che la situazione è particolarmente pericolosa in Cecenia, dove nel 2017 è stata avviata una purga delle persone LGBTI+, con la detenzione e la tortura di dozzine di esse e almeno due morti, e con molti in cerca di rifugio all'estero; che le leggi esistenti vietano qualsiasi discussione pubblica sulle "relazioni sessuali non tradizionali"; che a seguito delle modifiche costituzionali illegali, sono stati approvati atti legislativi che incidono negativamente sui diritti delle persone LGBTI+, fra cui il diritto di sposarsi e crescere figli;

AO.  considerando che in Russia esistono ancora gravi lacune nella risposta ufficiale alle diffuse violenze basate sul genere e violenze domestiche, compresa una mancanza di protezione e di mezzi di ricorso per le vittime; che il progetto di legge sulla violenza domestica proposto nel novembre 2019 ha mancato di fornire una definizione globale di violenza domestica; che all'inizio del 2020 il Parlamento ha eliminato dalle sue priorità la revisione del progetto di legge, che rimane in sospeso; che il mediatore russo ha rilevato che la violenza domestica ha raggiunto il picco durante la pandemia di COVID-19 e che i casi segnalati sono più che raddoppiati durante il lockdown di primavera; che la strategia dell'UE sulla Russia dovrebbe di conseguenza affrontare la crescente discriminazione e disuguaglianza di genere, nonché la questione dei diritti delle donne, delle persone LGBTI+ e di altre minoranze in Russia;

AP.  considerando che la trasformazione democratica della Russia costituisce un grande interesse per la sicurezza geopolitica dell'UE e che il Presidente Putin continua ad essere la maggiore sfida per la sicurezza europea;

AQ.  considerando che, nelle sue risoluzioni del 17 settembre 2020, del 21 gennaio 2021 e del 29 aprile 2021, il Parlamento ha chiesto al vicepresidente della Commissione europea/alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, una revisione della politica dell'UE nei confronti della Russia, compresi i cinque principi guida concordati nel 2016, sottolineando che le future relazioni dell'UE con la Russia dipenderanno dal ritmo della trasformazione democratica del paese (o dalla relativa assenza); che ha chiesto alle istituzioni dell'UE anche di elaborare un nuovo approccio strategico globale partendo dal presupposto che qualsiasi dialogo con la Russia debba basarsi sul rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani;

AR.  considerando che la strategia aggiornata dell'UE dovrebbe tenere conto dei diversi scenari, dei possibili sviluppi e fornire chiare risposte alle violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani da parte della Russia, compresi strumenti efficaci contro le ingerenze e la disinformazione perpetrate dalla Russia, nonché strumenti per un impegno selettivo laddove possibile; che il Parlamento europeo ha chiesto altresì al Consiglio di avviare immediatamente i preparativi e di adottare una strategia dell'Unione per le future relazioni con una Russia democratica, che comprenda un'ampia offerta di incentivi e condizioni per rafforzare le tendenze nazionali verso la pace e la democrazia;

AS.  considerando che i cinque principi guida dell'UE per le relazioni con la Russia hanno contenuto ulteriori aggressioni contro l'Ucraina da parte del Cremlino, ma non si pronunciano in merito al contenimento della repressione del Presidente Putin contro il popolo russo; che i cinque principi guida dell'UE per le relazioni con la Russia rimangono validi come quadro funzionale ma devono essere associati a una strategia effettiva su come conseguire gli obiettivi dell'UE nelle relazioni con la Russia, compreso, fra l'altro, il contrasto alle attuali politiche ostili del Cremlino e dissuadere dal perpetrare ulteriori aggressioni contro i paesi vicini e inasprire le misure in caso di azioni militari nei paesi terzi, comprese le azioni effettuate per procura o da mercenari; che, tenuto conto che non vi sono prospettive per sviluppi positivi significativi con la leadership russa attuale, i cinque principi dovrebbero essere integrati per contenere la repressione del Presidente Putin e le attività di destabilizzazione più ampie del Cremlino;

AT.  considerando che la nuova strategia dell'UE dovrebbe essere incentrata sui principi di "respingimento, contenimento e impegno" volti a rafforzare la capacità dell'Unione di combattere le minacce del Cremlino, in particolare nella regione del partenariato orientale, compresa la Bielorussia, nonché nella Russia stessa, difendendo i diritti umani e assistendo la Russia nella sua trasformazione in una democrazia, conformemente al principio "democrazia al primo posto"; che l'obiettivo chiave principale dell'UE dovrebbe essere quello di dare forma alle relazioni con la Federazione russa in modo tale che siano preservate la pace, la stabilità, la sicurezza, la prosperità, la sovranità e l'integrità territoriale di tutti i paesi dell'UE e vicini all'UE, che sia rispettato il diritto internazionale e che i diritti umani e lo Stato di diritto rimangano i principi guida; che i più recenti sviluppi in Russia hanno dimostrato che la strategia dell'UE sulla Russia dovrebbe essere molto più proattiva e avere un obiettivo di "impegno" definito chiaramente, il quale dovrebbe incentrarsi non solo sul cosiddetto impegno "selettivo" tradizionale con il Cremlino, ma piuttosto su un impegno "strategico" con la società civile russa, al fine di fornire assistenza alla trasformazione della Russia in una democrazia;

AU.  considerando che la strategia dell'UE nei confronti della Russia dovrebbe incentrarsi sul sostegno alla libertà e alla democrazia; che tale strategia dovrebbe perseguire gli interessi di sicurezza dell'UE e offrire alla Russia un dialogo costruttivo; che relazioni costruttive sarebbero nell'interesse sia dell'UE che della Russia e delle relative popolazioni; che esiste ancora la possibilità di collaborare per condividere interessi comuni, risolvere problemi e affrontare sfide strategiche, come la politica climatica o la lotta al terrorismo, e nel contempo promuovere i valori dei diritti umani, lo Stato di diritto e la democrazia e provvedere a che qualsiasi rafforzamento futuro delle relazioni bilaterali dipenda dal rispetto, da parte della Federazione russa, dei suoi impegni concernenti i diritti umani e la democrazia, in conformità della Costituzione russa e degli accordi internazionali;

AV.  considerando che, nel contempo, l'UE deve concentrarsi sul salvataggio della propria credibilità in riferimento al suo comportamento interno orientato ai valori, sostenendo lo Stato di diritto e i diritti fondamentali in modo molto più diretto e onesto, dal momento che la violenza delle forze dell'ordine, le leggi penali antiquate e le resistenze alla parità di genere e alla diversità in alcuni Stati membri danneggia la reputazione e la credibilità dell'UE all'estero; che l'UE deve altresì comunicare aspettative paragonabili nei confronti di tutti i partner, denunciando violazioni del diritto internazionale, adottando coerentemente dure misure consequenziali e astenendosi dall'applicare due pesi e due misure laddove riscontri dette violazioni;

AW.  considerando che l'unità tra gli Stati membri dell'Unione è la miglior politica per dissuadere la Russia dal condurre azioni destabilizzanti e sovversive in Europa; che nello stabilire come coordinare la sua strategia aggiornata, in particolare nei settori strategici quali l'Unione europea della difesa, l'Unione europea dell'energia, la ciberdifesa, il ciberterrorismo e gli strumenti di comunicazione strategica, l'UE dovrebbe pertanto presentarsi più unita poiché la politica della Russia nei suoi confronti è stata per lungo tempo quella di trascurare le istituzioni dell'UE a favore di relazioni bilaterali con gli Stati membri, nel tentativo di esporre e aumentare le divisioni interne dell'UE; che un dialogo costruttivo con le autorità russe richiederebbe un maggiore coordinamento e una più stretta cooperazione e unità tra gli Stati membri e maggiore forza e fermezza nelle risposte a qualsiasi provocazione o aggressione a opera di Mosca, al fine di trovare un equilibrio fra la fermezza e l'apertura al dialogo nelle questioni di interesse comune;

AX.  considerando che la strategia dell'UE sulla Russia dovrebbe sostenerla nel suo percorso verso la creazione di un paese democratico attraverso i) il respingimento, con l'adozione di sanzioni mirate nei loro confronti, di coloro all'interno e vicini al Cremlino che sono pronti a commettere brogli elettorali, atti di corruzione per vincerle o altri crimini gravi contro i diritti umani e i valori democratici, sia in Russia sia nei paesi limitrofi all'UE, ii) l'assistenza ai paesi del partenariato orientale mediante un'ambiziosa politica di integrazione dell'UE e lo sviluppo della responsabilità strategica e delle capacità di leadership geopolitica dell'UE necessarie all'attuazione di dette politiche, e iii) una strategia di impegno con la società filodemocratica russa, con la creazione di un percorso per le future relazioni con la Russia democratica;

AY.  considerando che il Cremlino ritiene un vicinato orientale dell'UE funzionante, prospero e democratico una minaccia per la stabilità del regime del Presidente Putin, perché può rappresentare una fonte di ispirazione di "potere leggero" per i comuni cittadini russi; che la democratizzazione del vicinato orientale dell'UE è pertanto nell'interesse di detti paesi e dell'UE ed è di importanza cruciale per la futura democratizzazione della Russia; che il vero scopo del Cremlino in merito ai conflitti nella regione è delegittimare il cambiamento democratico come mezzo di trasferimento del potere, impedire il successo dello sviluppo di tali Stati, screditare la democrazia liberale ed esportare il sistema di potere russo;

AZ.  considerando che l'UE dovrebbe perseguire una strategia a lungo termine nei confronti della Russia, basata sul presupposto che il popolo russo, parimenti al popolo ucraino e bielorusso, possa aspirare a trasformare il proprio paese in una democrazia; che la trasformazione della Russia in una democrazia dipenderà dalla volontà del popolo russo; che l'UE deve essere pronta a fornire loro assistenza nel desiderio di vivere in un paese democratico;

BA.  considerando che il ruolo dell'UE come attore globale e le competenze in materia di politica estera delle istituzioni europee dovrebbero essere rafforzati;

1.  raccomanda al Consiglio, alla Commissione e al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR) di rivedere, insieme agli Stati membri, la politica dell'UE nei confronti della Russia, compresi i cinque principi guida, e di elaborare una strategia globale dell'UE nei confronti della Russia basata sui principi e sulle azioni di seguito elencati:

  

Scoraggiare la minaccia russa – reprimere la minaccia per la sicurezza

   a) l'UE deve riformare dalle fondamenta la propria politica estera, così da dimostrare in modo credibile la propria ambizione in quanto attore globale influente e la sua capacità di prendere decisioni tempestive e di agire con determinazione in politica estera, anche ampliando le competenze del servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) e dell'AR/VP che agisce per conto dell'UE, abrogando l'unanimità per le questioni di politica estera e rafforzando le sue capacità di previsione e azione strategica; l'UE dovrebbe inoltre rafforzare il proprio ruolo come attore globale, nonché le capacità delle istituzioni europee, in modo da non consentire alla Russia di proseguire la cosiddetta bilateralizzazione delle relazioni con l'UE, dal momento che Bruxelles dovrebbe essere l'unica capitale in cui vengono prese le decisioni chiave sulle relazioni UE-Russia;
   b) l'UE, insieme alla NATO e ai partner internazionali, dovrebbe scoraggiare la Russia al fine di mantenere la pace e la stabilità in Europa e non solo, anche rafforzando le proprie capacità difensive ed effettuando pressioni sulle autorità russe affinché non interferiscano nei paesi del vicinato orientale e meridionale dell'UE; in particolare, l'UE dovrebbe chiedere, anche dinanzi a organizzazioni europee e internazionali quali l'OSCE e le Nazioni Unite, che la Russia si impegni per la risoluzione dei conflitti in atto e la prevenzione di possibili conflitti futuri, a partire dalla restituzione dei territori occupati e illegalmente annessi nei paesi del partenariato orientale dell'UE, nel rispetto dei confini riconosciuti a livello internazionale e delle scelte europeistiche, euroatlantiste e democratiche di tali paesi;
   c) l'UE e in particolare gli Stati membri dovrebbero adempiere ai propri impegni di difesa collettiva assunti in quanto membri della NATO; rammenta che l'UE e la NATO condividono sfide comuni di sicurezza, interessi di difesa comuni e lo stesso contesto di sicurezza sempre più complesso e che un forte partenariato transatlantico in materia di sicurezza e difesa attraverso la NATO è pertanto indispensabile, sebbene l'UE stia al contempo perseguendo un percorso di autonomia strategica; l'UE deve intensificare i propri sforzi volti a istituire una forza di difesa europea vera e propria nel quadro della NATO rafforzata al fine di essere in grado di intervenire con una capacità e forze militari più efficaci, schierabili, interoperabili e sostenibili, in modo tale da proporsi come attore internazionale forte e affidabile in grado di mantenere la pace;
   d) l'UE dovrebbe affrontare la più recente strategia di sicurezza nazionale della Federazione russa, che riconosce formalmente l'orientamento anti-occidentale della politica estera russa e sottolinea l'incompatibilità fondamentale e sistemica dei sistemi sociopolitici della Russia e dell'Occidente;
   e) l'UE deve rafforzare la cooperazione tra i servizi di intelligence dei suoi Stati membri al fine di agire in modo più efficace nell'impedire ai servizi speciali russi di condurre le proprie operazioni sul territorio dell'UE e deve continuare a collaborare con i partner strategici sulle nuove misure atte a respingere il terrorismo finanziato dal Cremlino; l'UE dovrebbe inoltre investire in progetti volti a rafforzare la sua sicurezza e le capacità congiunte militari, cibernetiche ed energetiche, nonché il coordinamento degli sforzi di controspionaggio degli Stati membri;
   f) l'UE dovrebbe essere pronta a servirsi della sua influenza e chiedere l'esclusione della Russia dal sistema di pagamento SWIFT per scoraggiare le autorità russe dall'assumere ulteriormente un comportamento aggressivo e dovrebbe essere pronta a eliminare progressivamente le importazioni di gas e petrolio dalla Russia qualora le autorità russe continuino a minacciare gli Stati membri e a portare avanti l'azione militare nei confronti dei paesi vicini del partenariato orientale;
   g) l'UE deve inoltre procedere con la piena sincronizzazione di tutte le reti elettriche degli Stati membri con la rete sincrona dell'Europa continentale, come migliore risposta a lungo termine al problema della dipendenza energetica strategica dell'Europa dalla Russia e dovrebbe altresì opporsi a qualsivoglia nuova espansione del settore energetico nucleare russo a discapito dell'UE e adottare misure per impedire la vendita sul mercato dell'UE dell'elettricità prodotta nell'impianto nucleare di Astravets costruito dalla Rosatom e prodotta nell'ambito di altri progetti futuri, come la centrale nucleare baltica (Baltiyskaya NPP);
   h) in linea con la politica energetica e gli interessi dell'Unione, l'UE deve elaborare e attuare una strategia chiara sui modi per porre fine alla dipendenza dal gas e dal petrolio russi, nonché da altre materie prime (segnatamente ferro/acciaio, alluminio e nichel) e rafforzare la propria autonomia energetica, almeno finché il Presidente Putin sarà al potere; in tale contesto, l'UE dovrebbe sostenere un'agenda verde ambiziosa e decisa e dovrebbe avere come massima priorità geopolitica l'attuazione rapida del pacchetto di misure del Green Deal, che comprende misure quali l'imposta sulla rilocalizzazione delle emissioni di carbonio e iniziative di decarbonizzazione unitamente allo sviluppo dei settori dell'idrogeno verde; l'UE deve inoltre attuare immediatamente nuove misure fisiche, come il flusso invertito e ulteriori infrastrutture transfrontaliere fra gli Stati membri; l'UE deve altresì diversificare l'approvvigionamento energetico, anche sviluppando nuove capacità per le importazioni di gas naturale liquefatto, la transizione energetica e le iniziative di decarbonizzazione, che stanno rapidamente aumentando e potrebbero diminuire la domanda di combustibili fossili, mettendo così fine al dominio energetico russo sul continente europeo; in tale contesto, la costruzione del gasdotto Nord Stream 2, che è in contrasto con la solidarietà europea e rischia di rafforzare il dominio della Russia e la dipendenza dell'UE dal gas russo e di esporre l'Ucraina alla cattiveria russa, dovrebbe essere immediatamente interrotta e il gasdotto non dovrebbe entrare in funzione nelle attuali circostanze anche qualora fosse completato;
   i) l'UE e gli Stati membri devono accelerare l'attuazione del Green Deal europeo, dal momento che l'ultima strategia russa per il 2035 prevede un aumento della capacità di esportazione di gas attraverso gasdotti verso occidente;
  

Contenere l'attuale minaccia russa – contrastare le ingerenze russe nell'UE e nei paesi del vicinato orientale

   j) l'UE deve continuare a sostenere l'indipendenza dei paesi del partenariato orientale, la loro sovranità e integrità territoriale entro i confini riconosciuti a livello internazionale, e condannare il coinvolgimento diretto e indiretto della Russia nei conflitti armati e l'escalation militare all'interno dei propri confini o lungo i confini con la regione del partenariato orientale, l'occupazione e annessione illegali della Crimea e l'occupazione di fatto di talune parti delle regioni di Donetsk e Luhansk nonché le violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale perpetrate nei territori occupati o annessi dalla Russia, come dimostrato dalle recenti detenzioni di Nariman Celâl, primo vicepresidente del Mejlis dei tatari di Crimea, e di quattro altri leader dei tatari di Crimea: Aziz e Asan Akhtemov, Shevket Useinov e Eldar Odamanov; l'UE dovrebbe sostenere chiaramente che un ritorno ai tempi che furono non può essere previsto finché la Russia non interromperà la sua politica aggressiva e la sua guerra ibrida contro l'UE, gli Stati membri e contro i partner orientali dell'UE, e finché non sarà ripristinata l'integrità territoriale della Georgia, della Moldova e dell'Ucraina nei confini riconosciuti a livello internazionale; l'UE dovrebbe pertanto garantire che le sanzioni rimangano in vigore finché la Russia non soddisfi le condizioni per la loro cancellazione e dovrebbe anche prendere in considerazione la possibilità di prorogarle per un periodo di 1 anno, anziché di 6 mesi, come avviene attualmente;
   k) l'UE dovrebbe contribuire ulteriormente allo sviluppo del formato di consultazione e coordinamento della piattaforma internazionale per la Crimea, al fine di porre fine pacificamente all'occupazione temporanea della Repubblica autonoma di Crimea e della città di Sebastopoli da parte della Federazione russa e di ripristinare il controllo dell'Ucraina sul territorio, nel pieno rispetto del diritto internazionale;
   l) l'UE deve riconoscere le aspirazioni europeistiche dei paesi vicini e respingere la politica russa di sfere di influenza; l'UE dovrebbe inoltre riconoscere di avere una responsabilità strategica per la stabilità e lo sviluppo nel vicinato dell'UE, in particolare nella regione del partenariato orientale, e dovrebbe continuare a chiedere alla Russia di impegnarsi in modo costruttivo nel processo di Normandia e adempiere ai propri obblighi internazionali, in particolare nel quadro degli accordi di Minsk e della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare; l'UE dovrebbe proseguire il suo impegno, anche tramite gli Stati membri pertinenti coinvolti nel formato Normandia, alla piena attuazione degli accordi di Minsk e valutare le possibilità di una cooperazione transatlantica in materia; l'UE dovrebbe altresì estendere la portata delle sanzioni alla "passaportizzazione" e all'organizzazione di elezioni illegali in Crimea e incrementare il prezzo che la Russia paga per bloccare l'attuazione degli accordi di Minsk e i colloqui nel formato Normandia; l'UE dovrebbe coordinare tali misure con gli Stati Uniti, il Regno Unito, il Canada, il Giappone e altri partner al fine di ampliarne la portata o rafforzarne l'efficacia;
   m) l'UE dovrebbe inoltre adottare misure risolute volte a scoraggiare la Russia dall'aggirare le sanzioni dell'UE; l'UE dovrebbe a tal fine rivedere e aggiornare i suoi regolamenti applicabili, al fine di colmare le molteplici lacune, così da rendere le sanzioni più efficaci e da aumentare propriamente il costo delle azioni aggressive ibride della Russia;
   n) l'UE deve esercitare pressioni sulla Federazione russa affinché rispetti incondizionatamente tutte le disposizioni dell'accordo di cessate il fuoco mediato dall'UE del 12 agosto 2008, in particolare l'impegno a ritirare tutte le sue forze militari dai territori occupati della Georgia;
   o) l'UE dovrebbe proporre una nuova strategia chiara di impegno a lungo termine verso i paesi del partenariato orientale, al fine di contenere la condotta revisionista del Presidente Putin nei confronti dei suoi vicini e allo scopo di rafforzare la resilienza delle istituzioni, delle economie e delle società dei paesi del partenariato orientale e di approfondirne l'associazione politica e l'integrazione economica, nonché per intensificare il lavoro di riavvicinamento di tali paesi all'UE;
   p) la solidarietà dell'UE nei confronti dei paesi del partenariato orientale dovrebbe mirare al rafforzamento della fiducia nell'UE quale partner affidabile per le questioni concernenti la sicurezza, ad esempio attraverso un maggiore coinvolgimento dell'UE nella risoluzione pacifica dei conflitti; l'UE dovrebbe garantire che la sua "bussola strategica" rispecchi adeguatamente anche la dimensione di sicurezza dei paesi del partenariato orientale e dovrebbe altresì prendere in considerazione il lancio di una serie di patti di sicurezza, vale a dire quadri per maggiori investimenti e assistenza per la cooperazione nell'ambito militare, della sicurezza, dell'intelligence e cibernetico, con un numero selezionato di paesi vicini quali l'Ucraina, la Moldova e la Georgia, al fine di rafforzarne la resilienza; l'UE non dovrebbe vedere il coordinamento della sicurezza con tali paesi soltanto attraverso il filtro dell'allargamento della NATO, ma dovrebbe essere ambiziosa nella valutazione delle sfide di sicurezza sul territorio e, di concerto con i partner internazionali, considerare la fornitura di armi di difesa ai paesi del partenariato orientale amici, in conformità dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite; l'UE dovrebbe inoltre rafforzare la cooperazione con i paesi del partenariato orientale amici attraverso l'Agenzia europea per la difesa e in settori quali la resilienza informatica e cibernetica e l'intelligence condivisa e dovrebbe migliorare le esercitazioni militari congiunte;
   q) l'UE dovrebbe collaborare con la NATO e influenzare e aumentare gli attuali impegni nella regione del Mar Nero e in particolare collaborare ulteriormente con i paesi del partenariato orientale attraverso un approccio che coinvolga tutta la società al fine di garantire una regione del Mar Nero sicura e stabile;
   r) l'UE dovrebbe essere inoltre preoccupata per il ruolo che il Cremlino sta avendo nei Balcani occidentali, che comprende disinformazione sostenuta dallo Stato e costruzione di legami politici e militari con le élite politiche regionali; l'UE dovrebbe essere consapevole che l'ingerenza del Cremlino nelle elezioni e il sostegno delle forze antidemocratiche nella regione dei Balcani occidentali costituisce ancora un problema soprattutto in quei paesi che sono anche membri della NATO;
   s) l'UE deve altresì reagire al fatto che il Presidente Putin sostiene apertamente il regime del Presidente Lukashenko e la sua brutale repressione del popolo bielorusso e che collabora con Lukashenko in attacchi ibridi contro le forze democratiche della Bielorussia; l'UE deve pertanto riconoscere che in questo modo il Cremlino sta minacciando direttamente la sovranità bielorussa e i suoi sforzi democratici e affermare chiaramente che, laddove la Russia continui tale politica nei confronti della Bielorussia, l'UE dovrà introdurre ulteriori misure di contenimento e di deterrenza severe, poiché difendendo la democrazia in Bielorussia l'UE sostiene anche la democrazia in Russia; l'UE dovrebbe divulgare il coinvolgimento della Russia nelle azioni ibride del regime di Lukashenko contro l'UE, compreso l'uso dei migranti come strumento per destabilizzare l'Occidente, e chiamare il Cremlino a rispondere di tali azioni ostili e barbariche;
   t) l'UE, se vuole assistere in modo efficace il popolo russo nel percorso verso la democrazia, deve ripulirsi internamente dalle ingerenze ibride del Cremlino e dalle relative pratiche di riciclaggio, le quali hanno un impatto sulle élite politiche e imprenditoriali dell'Unione;
   u) l'UE e i suoi Stati membri dovrebbero chiarire che non accetteranno alcun tentativo di accorpare la Bielorussia alla Russia, in quanto tali tentativi sarebbero contrari alla volontà del popolo bielorusso e negoziati da un leader illegittimo;
   v) osserva che un numero crescente di attori internazionali, tra cui la Russia, attua strategie di guerra ibrida, anche nei confronti dell'UE e dei suoi Stati membri; sottolinea che tali atti hanno una natura particolarmente destabilizzante e pericolosa, in quanto rendono meno netti i confini tra guerra e pace, destabilizzano le democrazie e instillano il dubbio nelle menti delle popolazioni che ne sono il bersaglio; l'UE e gli Stati membri dovrebbero rafforzare il monitoraggio e l'analisi delle attività di guerra ibrida russe (compresi le campagne manipolatorie di disinformazione, i ciberattacchi, lo spionaggio e l'ingerenza nelle elezioni), in coordinamento con la NATO e i suoi partner, inclusi i paesi del partenariato orientale che possiedono un'esperienza e una conoscenza uniche a tale riguardo; in particolare, essi dovrebbero garantire urgentemente risorse, personale e strumenti sufficienti in grado di identificare, analizzare, prevenire, contrastare ed eliminare le minacce e le ingerenze ibride russe; ciò è particolarmente importante in relazione ai tentativi di minare il progetto europeo, di polarizzare e dividere le società democratiche attraverso la disinformazione e il sostegno e finanziamento offerti ai partiti antidemocratici, populisti, estremisti e per lo più di estrema destra o di sinistra radicale, ai movimenti o alle ONG o alle forze separatiste in tutta Europa, anche nel ciberspazio e attraverso i social media e i mezzi di comunicazione come Russia Today e Sputnik; i partiti politici nell'UE che traggono volontariamente vantaggio dalle risorse finanziarie fornite dalla Federazione russa in cambio di sostegno politico o di altro genere offerto dal Parlamento o da altre organizzazioni a favore delle politiche e mire russe a scapito degli interessi e dei valori dell'Unione hanno una responsabilità politica e morale;
   w) l'UE deve in tal senso elaborare una strategia di contenimento coordinata e olistica, che comprenda misure volte a proteggere il proprio panorama mediatico e monitorare sistematicamente il contenuto offerto dai media e dai fornitori di servizi Internet russi e vicini alla Russia (sia in russo che in altre lingue), senza limitare la libertà di stampa; nel quadro di tale strategia, l'UE dovrebbe rispondere alla Russia ogniqualvolta essa compie un attacco ibrido contro l'UE e gli Stati membri, dovrebbe aumentare la resilienza ai ciberattacchi e la capacità della task force East StratCom dell'UE, poiché c'è la necessità di coprire anche la disinformazione nello spazio dell'UE; l'UE e gli Stati membri dovrebbero attuare risposte più audaci, coordinate e proporzionate per contrastare tali attacchi, ad esempio tramite l'espulsione di diplomatici russi a livello europeo in risposta all'espulsione di diplomatici dei singoli Stati membri da parte delle autorità russe;
   x) l'UE dovrebbe infine garantire una rapida attuazione delle future proposte della commissione speciale del Parlamento europeo sulle ingerenze straniere in tutti i processi democratici nell'Unione europea, inclusa la disinformazione;
  

Impegno e dialogo selettivo con il Cremlino per preparare la transizione della Russia, compresa la cooperazione settoriale

   y) nel suo impegno nei confronti della Russia, l'UE si dovrebbe muovere in due direzioni: da un lato, un dialogo selettivo condizionale con le autorità del Cremlino e i governi regionali e dall'altro un impegno strategico con la società civile russa, che ambisce alla democrazia in Russia, nonché una cooperazione indipendente con attori locali e regionali; la strategia dell'UE nei confronti della Russia non dovrebbe precludere un coinvolgimento con le autorità quando ciò è nell'interesse dell'UE, senza danneggiare gli impegni dell'Unione per i diritti umani e gli obiettivi democratici, dal momento che è tuttora importante per l'UE trovare modi per ridurre le tensioni individuando misure volte ad aumentare la trasparenza e ridurre il rischio di fraintendimenti ed errori di calcolo;
   z) in particolare, l'UE dovrebbe proseguire la cooperazione istituzionale con la Russia attraverso le organizzazioni internazionali e i trattati multilaterali, quali le Nazioni Unite, l'OSCE, il Consiglio Artico e il Consiglio d'Europa, al fine di affrontare questioni regionali e globali urgenti, impegnarsi nella questione della prevenzione e risoluzione dei conflitti e promuovere interessi complementari o comuni, come nel settore delle questioni ambientali e della trasformazione verde sia dell'UE che della Russia, in relazione al Trattato sui cieli aperti o al disarmo nucleare, alla riduzione e al controllo delle armi, alle questioni riguardanti l'Artico e l'attuazione del Piano d'azione congiunto globale (accordo sul nucleare iraniano) e per quanto concerne la situazione nel Medio Oriente, in Libia e in Afghanistan; l'UE dovrebbe utilizzare il suo impegno selettivo con la Russia sulle questioni regionali e globali per ancorare saldamente la Russia alla cooperazione multilaterale e all'ordine internazionale fondato su regole, scoraggiandola in tal modo dal minacciare la sicurezza e la prosperità, anche nell'UE e nel vicinato europeo; l'UE dovrebbe, nello specifico, servirsi del Green Deal europeo e degli obiettivi climatici per collaborare con la Russia alla sua transizione verde, in particolare al fine di accelerare la decarbonizzazione, diminuire le emissioni di CO2 russe (in aumento nonostante la firma dell'accordo di Parigi), aumentare l'efficienza energetica ed estendere l'utilizzo delle energie rinnovabili, che hanno un potenziale gigantesco in Russia; l'UE può altresì contribuire a sensibilizzare sui cambiamenti climatici, argomento con diffusione ancora lenta in Russia;
   aa) l'UE, gli Stati membri e la Russia dovrebbero mantenere i buoni precedenti in materia di cooperazione nell'Artico, nel quadro della politica della Dimensione Nordica, poiché è della massima importanza che continuino a cooperare in modo costruttivo per contrastare le conseguenze dei cambiamenti climatici nell'Artico ed evitare che la regione diventi oggetto di nuove tensioni militari;
   ab) la cooperazione in taluni settori specifici non dovrebbe tuttavia portare a concessioni in materia di valori, e l'UE non dovrebbe mai ignorare le implicazioni geostrategiche e gli interessi dei suoi partner; l'UE deve in effetti garantire che qualsiasi ulteriore impegno con il Cremlino debba dipendere dalla promessa di quest'ultimo di porre fine alle sue aggressioni interne contro il suo stesso popolo, di interrompere la repressione sistematica dell'opposizione, l'intimidazione e la tortura dei prigionieri politici, di abrogare o modificare tutte le leggi incompatibili con le norme internazionali, come la legislazione sugli agenti stranieri e le cosiddette organizzazioni estremiste o non gradite, di fermare la repressione delle organizzazioni della società civile, in particolare di quelle che lottano contro la corruzione e difendono i diritti umani in Russia, e di porre fine alle sue aggressioni esterne contro i paesi vicini; in tale contesto, l'UE deve rammentare alla Russia che la detenzione degli oppositori politici viola gli obblighi internazionali e insistere sulla depoliticizzazione del sistema giudiziario, sul diritto a un equo processo e sull'accesso all'assistenza legale; in altre parole, nel suo tentativo di impegnarsi con il Cremlino, l'UE deve avere punti fermi ben definiti, compreso il pieno rispetto della sovranità e dell'integrità territoriale dei paesi partner, e deve astenersi dal perseguire la cooperazione con la Russia unicamente allo scopo di mantenere aperti i canali di dialogo; l'UE non dovrebbe cercare alcun buon affare con il Cremlino, se quest'ultimo tenterà di avere carta bianca in Russia e nelle sue zone di interesse privilegiato (Ucraina, Bielorussia, ecc.); l'UE deve affermare in modo assolutamente chiaro che non sacrificherà gli interessi di altri paesi sull'altare delle migliori relazioni con Mosca;
   ac) l'UE dovrebbe inoltre esortare la Federazione russa ad affrontare le urgenti questioni sollevate dalla comunità internazionale e a divulgare immediatamente, completamente e per intero il suo programma per il Novichok all'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche; l'UE dovrebbe altresì condannare il ruolo della Russia nell'abbattimento del volo MH17 nel 2014 e invitare la Federazione russa a cooperare pienamente nelle indagini sui maggiori crimini, incidenti e tragedie internazionali, come l'abbattimento del volo MH17 della Malaysia Airlines e altri recenti incidenti che coinvolgono i servizi di intelligence russi sul territorio degli Stati membri dell'UE e dei paesi del partenariato orientale, compresa la Bielorussia;
   ad) l'UE dovrebbe ribadire l'invito formulato in molteplici occasioni alle autorità russe di restituire alla Polonia il relitto e le scatole nere dell'aeroplano Tu-154 del governo polacco, schiantatosi nei pressi di Smolensk nell'aprile 2010;
  

Impegno a sostegno della democrazia – reagire con sanzioni, controlli finanziari e indagini internazionali

   ae) l'UE deve rafforzare la cooperazione con gli Stati Uniti e altri partner che condividono gli stessi principi e istituire un'alleanza per difendere la democrazia a livello globale e proporre un insieme di strumenti a tale scopo, che dovrebbe comprendere azioni congiunte in materia di sanzioni, politiche di contrasto contro i flussi finanziari illeciti, norme sulla condizionalità dell'assistenza economica e finanziaria, indagini internazionali e un'ambiziosa agenda a sostegno della libertà e della democrazia, degli attivisti dei diritti umani e dei difensori della democrazia; l'agenda dell'UE dovrebbe inoltre bilanciare gli sforzi compiuti da Russia e Cina per indebolire la democrazia nel mondo e destabilizzare l'ordine europeo;
   af) l'UE dovrebbe istituire un quadro centralizzato per contrastare i flussi illeciti di denaro, rafforzare ulteriormente il proprio quadro antiriciclaggio e garantirne l'attuazione coerente, facilitare una maggiore cooperazione tra le autorità competenti e istituire un'autorità dell'Unione per i controlli finanziari, in modo da migliorare la protezione dell'UE e dei suoi Stati membri dalle pratiche finanziarie illecite e dalle ingerenze della Russia e di altri regimi autoritari, che sono utilizzate per fini politici sovversivi e costituiscono pertanto una minaccia per la sicurezza e la stabilità dell'Europa;
   ag) l'UE deve in particolare prendere in considerazione la necessità di includere la Russia nell'elenco dei paesi terzi ad alto rischio di riciclaggio di denaro, il che dovrebbe essere fondamentale per ottenere un maggiore controllo dell'UE su tutti i flussi finanziari sospetti provenienti dal regime russo e dai suoi procuratori; l'UE dovrebbe inoltre rafforzare il proprio sistema bancario e istituire un quadro normativo per combattere le ingerenze finanziarie della Russia nei processi democratici dell'UE e degli Stati membri, comprese la strategia della corruzione dell'élite e la tecnica di cooptare funzionari civili di alto livello ed ex politici europei; tale quadro dovrebbe migliorare la trasparenza in relazione ai fondi dell'élite russa depositati o spesi nell'UE e contribuire a rispondere, impedendolo, al finanziamento di partiti politici, movimenti politici e campagne politiche da parte di attori russi, nonché contrastare gli investimenti nelle infrastrutture e negli organismi strategici, incluse le università e i gruppi di riflessione politici, che rischiano di creare o rafforzare la dipendenza di taluni settori economici dalla Russia e possono fungere da punti di ingresso per lo spionaggio russo e le minacce alla sicurezza; l'UE dovrebbe in tal senso penalizzare le attività russe utilizzate direttamente e indirettamente per interferire nei processi democratici dell'Unione, degli Stati membri dell'UE e dei paesi del partenariato orientale; nel contempo, i governi nazionali e le organizzazioni internazionali dovrebbero condurre inchieste sui patrimoni nascosti dei principali leader e oligarchi russi e renderne pubblici i risultati;
   ah) l'UE dovrebbe creare quanto prima mezzi legali efficaci per contrastare la corruzione transfrontaliera e il riciclaggio di denaro a ciò connesso, in particolare quando riguardano pratiche di corruzione e finanziamento illecite provenienti dalla Russia, e applicare molto più ampiamente la confisca civile per affrontare efficacemente la cleptocrazia del Cremlino; le organizzazioni della società civile e le ONG russe non dovrebbero in tal senso essere sistematicamente private dalle autorità russe dei mezzi per combattere la corruzione; l'UE dovrebbe inoltre sviluppare le capacità per rilevare e interrompere i flussi di denaro sporco dalla Russia, nonché per trovare i tesori nascosti e le attività finanziarie degli autocrati del regime russo e degli oligarchi corrotti negli Stati membri dell'UE; le istituzioni dell'UE dovrebbero presentare relazioni periodiche su questi casi durante le sedute semestrali del Parlamento europeo sullo stato della democrazia in Russia; tali relazioni dovrebbero contenere i nomi dei membri più importanti dell'entourage del Presidente Putin;
   ai) nel combattere i flussi illeciti di denaro dalla Russia, l'UE dovrebbe rivolgere particolare attenzione ai flussi finanziari dalla Bielorussia, dato che gli autocrati e gli oligarchi corrotti hanno stretti legami; le relazioni speciali delle istituzioni dell'UE al Parlamento dovrebbero affrontare la questione dell'ingerenza finanziaria russa in Bielorussia, anche in settori strategici, e includere informazioni sulle attività dell'entourage di Alexander Lukashenko e degli oligarchi corrotti;
   aj) l'UE dovrebbe affrontare il problema della manipolazione delle informazioni da parte della Russia e dei tentativi di interferire nei processi democratici a livello dell'UE e nei suoi Stati membri esaminando e mettendo in atto gli strumenti necessari per opporsi a tali fenomeni e contrastarli;
   ak) l'UE, in linea con il principio "democrazia al primo posto", dovrebbe rafforzare il requisito di condizionalità nelle sue relazioni con la Russia perseguendo un dialogo o un accordo con la Russia in merito a misure volte a tutelare i diritti umani, la libertà dei media e lo svolgimento di elezioni libere come condizione più rigorosa per il dialogo; l'UE e i suoi Stati membri dovrebbero inoltre rivedere i loro progetti di sostegno agli investimenti e di cooperazione economica (come il progetto Nord Stream 2 e le centrali nucleari costruite dalla Rosatom) e dovrebbero incrementare gli sforzi per limitare gli investimenti strategici del Cremlino, che spesso provengono dagli Stati membri mediante i flussi finanziari degli oligarchi e delle imprese russe fondate per finanziare l'ingerenza malevola della Russia e la diffusione della corruzione nell'UE; l'UE dovrebbe in tal senso prestare particolare attenzione all'istituto della doppia cittadinanza e insistere affinché la Bulgaria e Malta abbandonino i rispettivi programmi di cittadinanza per investitori; l'UE non dovrebbe inoltre attuare progetti transazionali o commerciali congiunti senza applicare la dovuta diligenza politica in materia di trasparenza, corruzione e implicazioni politiche, dal momento che tali progetti non dovrebbero danneggiare la solidarietà fra gli Stati membri o con i paesi vicini, non dovrebbero portare vantaggi a sistemi corrotti in Russia o nell'UE e non dovrebbero avere un impatto negativo sui diritti umani o sull'ambiente;
   al) l'UE dovrebbe, nel contempo, applicare il principio "democrazia al primo posto" nella sua valutazione dei programmi di sostegno finanziario alla Russia e di investimento in Russia, che, fra le altre misure, dovrebbero comprendere una revisione dei mandati di finanziamento delle istituzioni finanziarie dell'UE; l'UE dovrebbe rivedere, in tale spirito, la sua cooperazione con la Russia in seno a molti formati politici esteri e avviare una revisione del rispetto da parte della Russia degli impegni nei confronti del Consiglio d'Europa;
   am) l'UE dovrebbe creare nuovi strumenti per richiedere con maggiore efficacia il rilascio dei prigionieri politici; l'UE dovrebbe richiedere che le autorità russe rilascino tutti coloro che sono stati ingiustamente incarcerati per motivi politici, fra cui Aleksej Naval'nyj, Aleksej Pičugin, Yuri Dmitriev e tutte le persone designate come "prigionieri politici" dal Centro per i diritti umani Memorial, in conformità dei criteri stabiliti dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa nella risoluzione 1900/2012; l'UE deve approfittare di ogni opportunità per richiamare all'attenzione delle autorità russe queste e altre violazioni nella sfera della libertà di espressione, in particolare in riferimento alle vessazioni, alle persecuzioni e agli attacchi fisici contro attivisti della società civile, giornalisti e difensori dei diritti umani in Russia; l'UE dovrebbe chiedere con fermezza che sia posta fine a tali violazioni e che queste siano oggetto di indagini ed esortare la Russia ad assicurare che i responsabili rispondano dei propri atti;
   an) le istituzioni dell'UE devono fornire relazioni periodiche durante le sedute del Parlamento europeo sulla situazione dei prigionieri politici in Russia, instaurare stretti contatti con i dissidenti, le ONG, le organizzazioni della società civile, i difensori dei diritti umani e i mezzi di comunicazione indipendenti in Russia e rafforzare il sostegno finanziario ad essi offerto, nonché essere costantemente a conoscenza dei nomi degli attivisti politici incarcerati e delle loro condizioni di prigionia in Russia; gli Stati membri dovrebbero inoltre astenersi dal permettere o favorire deportazioni ed estradizioni di oppositori politici e richiedenti asilo alla Russia, dove la loro vita o integrità fisica sarebbero in pericolo; l'UE dovrebbe altresì facilitare, se del caso, il rilascio di visti di emergenza e fornire rifugio temporaneo nei suoi Stati membri;
   ao) l'UE dovrebbe inoltre monitorare da vicino la situazione dei diritti umani in Russia, anche mediante il monitoraggio da parte della delegazione dell'UE in Russia e delle ambasciate degli Stati membri dei procedimenti giudiziari che coinvolgono organizzazioni della società civile, politici dell'opposizione e attivisti; l'UE dovrebbe ampliare altresì il regime globale di sanzioni dell'UE in materia di diritti umani e applicarlo agli abusi dei diritti umani in tutti i territori interessati da conflitti congelati o nelle regioni occupate dei paesi del partenariato orientale; l'UE dovrebbe parallelamente attuare il suo impegno all'integrazione di genere in tutte le azioni esterne e sostenere i diritti umani fondamentali, compresa la lotta alla violenza di genere, al razzismo, alla xenofobia, ai crimini d'odio, alla brutalità delle forze di polizia e ad altre forme di discriminazione e sollevare il problema della parità di genere, dei diritti delle donne, dei diritti delle persone LGBTI+ e delle minoranze in Russia; l'UE dovrebbe, laddove possibile, aiutare i residenti in Russia oppressi, soprattutto coloro che subiscono discriminazioni sulla base dell'età, della religione, della razza, dell'etnia, dell'appartenenza a un gruppo linguistico o sociale, dell'orientamento sessuale, dell'espressione di genere, dell'identità di genere, dei caratteri sessuali o per qualunque altro motivo; l'UE dovrebbe altresì impegnarsi con la Russia nell'ambito del trattamento dei difensori dei diritti delle donne, della rappresentanza delle donne in politica e nell'amministrazione pubblica, delle opportunità per le donne sul mercato del lavoro e della salute e dei diritti sessuali e riproduttivi in Russia; l'UE dovrebbe inoltre condannare la persecuzione, la detenzione arbitraria e la tortura delle persone LGBTI+ in molte parti della Federazione russa, sottolineare l'esigenza permanente di indagini e chiedere il rilascio immediato di tutti i prigionieri in tali situazioni, in particolare in Cecenia; l'UE dovrebbe peraltro mettere in luce il continuo utilizzo da parte del governo russo del divieto di "propaganda gay" per giustificare persecuzioni criminali; l'UE, con il sostegno degli Stati membri, dovrebbe semplificare le procedure di richiesta di asilo per le vittime di tali soprusi in conformità del diritto europeo e nazionale;
   ap) l'UE dovrebbe potenziare la propria abilità di elaborare e adottare sanzioni contro le autorità russe, gli oligarchi russi, gli accoliti del Presidente Putin e i membri delle loro famiglie per le violazioni dei diritti umani o la repressione sistemica delle forze democratiche, delle minoranze, dei gruppi religiosi e LGBTI+ in Russia; dovrebbe a tal fine centralizzare il proprio processo decisionale rendendo automatica l'imposizione di sanzioni in caso di gravi violazioni dei diritti umani e considerare la possibile introduzione della norma sul voto a maggioranza qualificata in seno al Consiglio per altri abusi dei diritti umani; l'UE dovrebbe inoltre adottare con urgenza un regime di sanzioni anticorruzione dell'UE, possibilmente seguendo l'esempio del regime globale di sanzioni anticorruzione del Regno Unito, al fine di integrare il regime globale di sanzioni dell'UE in materia di diritti umani vigente e, in caso di un ulteriore inasprimento delle tensioni, dovrebbe altresì prendere in considerazione sanzioni mirate al finanziamento dei servizi di intelligence e del comparto militare, nonché dei settori del petrolio e del gas; l'UE dovrebbe, in tal caso, preparare un nuovo meccanismo di sanzioni secondo cui la prosecuzione degli atti ostili perpetrati dalla Federazione russa avvierebbe una riduzione di una determinata percentuale di importazioni di energia a livello di UE da fornitori con sede in Russia, e nel contempo si aiuterebbero gli Stati membri a colmare i vuoti da ciò causati mediante misure coerenti con il Green Deal europeo; sottolinea che la riduzione dovrebbe aumentare in modo automatico della medesima percentuale su base annuale finché la Federazione russa non porrà fine ai suoi atti ostili;
   aq) l'UE dovrebbe condurre consultazioni con organizzazioni non governative per raccogliere informazioni utili per la propria politica sanzionatoria, in modo che tali organizzazioni possano assisterla nel preparare i casi e nell'indagare sui medesimi in maniera esaustiva; raccomanda agli Stati membri di rafforzare senza indugio la cooperazione in materia di controspionaggio e la condivisione delle informazioni al fine di rivelare e contrastare le reti clandestine russe nell'UE;
   ar) l'UE dovrebbe avviare indagini internazionali, contribuendovi, sui crimini commessi dal regime del Presidente Putin contro il popolo russo nonché sui crimini commessi dal regime di Lukashenko in Bielorussia, attraverso una piattaforma per l'impunità e un polo di giustizia dell'UE (EU Justice Hub); nel contesto di tali indagini, l'UE dovrebbe istituire una task force di consulenti per assistere le indagini, i processi e l'istituzione di tribunali dell'UE a livello nazionale e internazionale e riferire periodicamente al Parlamento sullo stato della libertà politica in Russia;
   as) l'UE dovrebbe inoltre incoraggiare e sostenere gli sforzi nelle giurisdizioni nazionali e internazionali di avviare processi penali per accertare la responsabilità dei gruppi militari e paramilitari russi per violazioni e reati, compresi i crimini di guerra, commessi ai danni di civili durante le operazioni in svariati paesi come la Siria, la Repubblica Centrafricana e la Libia;
   at) l'UE dovrebbe altresì richiedere un'indagine indipendente e imparziale sull'assassinio del leader dell'opposizione Boris Nemtsov e consegnarne i responsabili alla giustizia, in linea con le raccomandazioni dell'OSCE e del Consiglio d'Europa;
   au) l'UE dovrebbe inoltre condannare risolutamente le sanzioni ingiustificate contro i funzionari dell'UE e chiedere alle autorità russe di ritirarle senza indugio;
   av) l'UE deve essere disposta a non riconoscere il parlamento russo e a considerare di chiedere la sospensione della Russia dalle organizzazioni internazionali con assemblee parlamentari, in particolare l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, qualora i risultati delle elezioni parlamentari del 2021 in Russia siano riconosciuti come fraudolenti e condotti in violazione dei principi democratici e del diritto internazionale; l'UE dovrebbe inoltre condannare qualsiasi tentativo del Presidente Putin di rimanere in carica dopo la fine del suo attuale e ultimo mandato presidenziale, il 7 maggio 2024, sulla base delle modifiche costituzionali del 2020, che il Parlamento europeo ha valutato come "introdotte illegalmente";
   aw) l'UE dovrebbe chiedere al governo russo e alla Duma di Stato di rivedere il quadro giuridico relativo alle elezioni e all'osservazione delle elezioni, al fine di agevolare il pluralismo ed elezioni libere e giuste conformemente alle norme internazionali, e di creare condizioni di parità per i candidati dell'opposizione;
   ax) gli Stati membri dovrebbero, nel contempo, adottare tutte le misure possibili volte a evitare la partecipazione dei loro cittadini come osservatori internazionali alle elezioni parlamentari del 2021, organizzate illegalmente dalla Russia nella Crimea occupata; il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali dovrebbero, in tale contesto, evitare tutte le attività, introducendo le relative sanzioni, che potrebbero essere falsamente ritenute un'osservazione internazionale; inoltre, l'UE dovrebbe condannare e rifiutare di riconoscere l'organizzazione illegale da parte della Russia di queste e ulteriori elezioni nella Crimea occupata, nonché le aree occupate delle regioni di Donetsk e Luhansk;
  

Impegno a sostegno della democrazia – sostenere una società a favore della democrazia in Russia

   ay) l'UE dovrebbe esprimere la volontà di migliorare le relazioni con il popolo della Federazione russa mediante l'adozione e la pubblicazione di un "discorso al popolo russo";
   az) l'UE dovrebbe tenere conto dei possibili diversi sviluppi delle relazioni UE-Russia e all'interno della Russia; l'UE dovrebbe, in particolare, avere una visione strategica per le sue future relazioni con una Russia libera, prospera, pacifica e democratica, pienamente rispettosa del diritto internazionale, dei suoi obblighi internazionali e dei principi di buon vicinato; tale strategia dovrebbe comprendere un'ampia offerta con condizioni e incentivi quali la liberalizzazione dei visti, programmi di libero scambio, investimenti e modernizzazione, nonché un partenariato strategico con il fine, fra l'altro, di garantire la stabilità del continente e il pieno rispetto dei suoi confini internazionali; l'UE dovrebbe inoltre rendere noti i potenziali benefici che intende offrire in cambio di una trasformazione democratica della Russia in un sistema di governance cooperativa e democratica pienamente sviluppata, rispettosa dei diritti umani, delle libertà fondamentali, del diritto internazionale e del sistema internazionale basato su regole, nonché di un cambiamento sostanziale della sua politica estera attuale e del comportamento a livello internazionale;
   ba) l'UE dovrebbe sostenere la società civile russa e promuovere i contatti interpersonali fra i cittadini dell'UE e della Russia, in particolare dal momento che i cittadini russi sono i riceventi di visti Schengen più numerosi al mondo, di cui molti pluri-ingresso e pluriennali; essa dovrebbe pertanto considerare di ridurre le spese di visto e gli ostacoli per i cittadini russi e condurre una campagna informativa efficace per mostrare che l'UE è accogliente nei confronti del popolo russo; l'UE dovrebbe altresì ampliare i programmi scolastici, universitari, scientifici e di scambio culturale con la Russia e considerare la possibilità di offrire tirocini e opportunità di assunzione diretta per i lavoratori più o meno qualificati provenienti dalla Russia; l'UE deve creare ed estendere le alternative per gli immigrati per ragioni politiche provenienti dalla Russia, affinché siano in grado di vivere nell'UE in condizioni sicure e giuridicamente certe; l'UE dovrebbe inoltre aumentare in modo sostanziale la sua assistenza finanziaria e tecnica ai sindacati, ai media indipendenti, alle organizzazioni non governative e della società civile e alle misure di rafforzamento delle capacità nel settore civile in Russia; l'UE dovrebbe altresì sostenere finanziariamente i programmi di studi umanistici nelle università dell'Unione, i quali consentirebbero ai cittadini russi, in particolare agli studenti, di essere pronti a partecipare alla trasformazione democratica del loro paese;
   bb) l'UE dovrebbe adottare un elenco globale di tutti gli strumenti disponibili per coinvolgere la società democratica in Russia, che può includere proposte elaborate dalle molte organizzazioni della società civile russa;
   bc) l'UE dovrebbe reagire alla propaganda in lingua russa e alle campagne di disinformazione del regime del Presidente Putin nell'UE, nei paesi del partenariato orientale e nella Russia stessa, sostenendo e rafforzando il giornalismo indipendente e i mezzi di comunicazione che offrono un'alternativa alla disinformazione del Cremlino e sostenere la creazione di un canale televisivo russo libero che trasmetta 24 ore su 24, 7 giorni su 7; l'UE dovrebbe ulteriormente sostenere i media, i giornalisti e i blogger indipendenti in Russia al fine di rafforzare fonti e canali alternativi non controllati dal Cremlino;
   bd) l'UE deve contrastare la pressione sui media indipendenti, anche istituendo un fondo europeo per la democrazia dei media a sostegno dei mezzi di comunicazione indipendenti nel mondo e anche in Russia; l'UE dovrebbe altresì impegnarsi maggiormente per sostenere e rafforzare i giornalisti e le emittenti indipendenti che offrono un'alternativa alla disinformazione del Cremlino, senza i quali la Russia non può essere democratica, prospera e libera; l'UE dovrebbe in tal senso sostenere le emittenti indipendenti quali Meduza e Radio Free Europe/Radio Liberty, alla luce delle cosiddette leggi, onerose e inattuabili, sugli "agenti stranieri" poste in essere dalle autorità russe per reprimere la libertà di parola e il giornalismo indipendente;
   be) la delegazione del Parlamento alla commissione di cooperazione parlamentare UE-Russia dovrebbe assumersi il compito di individuare gli interessati che ricoprono un ruolo guida nella società russa, che sarebbero a favore della creazione di un dialogo costruttivo e continuativo e di un programma di contatti pubblici con la società civile, le università, le istituzioni scientifiche e culturali più importanti, le organizzazioni non governative, i movimenti politici e i circoli artistici e intellettuali russi;
   bf) l'UE deve tenere conto del fatto che l'approvazione di Stalin tra la popolazione russa è salita al livello più alto mai raggiunto nell'era di Vladimir Putin, con il 70 % della società che ritiene che Stalin abbia svolto un ruolo positivo nella storia russa; l'UE dovrebbe riconoscere che ciò è dovuto alla politica di "Stalinizzazione della coscienza di massa" di Putin e alla repressione degli storici indipendenti; l'UE deve insistere affinché gli archivi sovietici siano aperti a studiosi e ricercatori e affinché siano resi pubblici i dettagli degli atti di genocidio degli stalinisti contro i russi e le altre nazioni dell'Unione Sovietica e dei suoi Stati satellite, compresi i fascicoli relativi all'operazione militare criminale nota come retata di Augustów;
   bg) le Nazioni Unite hanno dichiarato che l'accesso a Internet è un diritto umano e, a tale proposito, l'UE dovrebbe condannare i tentativi del Cremlino di bloccare, controllare, censurare e persino isolare il popolo russo dall'accesso a Internet; l'UE deve invitare le società informatiche globali a tenere conto di questi sforzi antidemocratici nel prendere in considerazione le operazioni sul mercato russo;
   bh) l'UE dovrebbe infine istituire un quadro giuridico vincolante che le consenta di reagire con forza alle campagne volte a danneggiare la democrazia o lo Stato di diritto, anche mediante azioni mirate contro i responsabili di tali campagne; l'UE dovrebbe altresì sviluppare strategie efficaci nell'ambito della politica digitale al fine di usare gli standard tecnologici e l'Internet aperta per sostenere gli spazi aperti e limitare le tecnologie oppressive; l'UE dovrebbe pertanto sostenere le tecnologie open source, i servizi per rendere sicure le comunicazioni, le piattaforme decentralizzate e nuove piattaforme di social media accessibili, che proteggano la sfera privata e attraenti per la popolazione russa, ampliando nel contempo gli standard tecnologici globali relativi alla privacy, creando norme etiche e giuridiche con effetti determinanti per promuovere la tutela dei diritti fondamentali, lavorando a un divieto internazionale della sorveglianza di massa delle tecnologie e dei sistemi di punteggio della popolazione invasivi e insistendo sul divieto dei sistemi d'arma autonomi;
  

Impegno a sostegno del popolo russo e della democrazia – il successo del partenariato orientale come fonte di ispirazione per i cittadini russi

   bi) l'UE dovrebbe continuare a rafforzare il partenariato orientale allo scopo di promuovere la democrazia, lo Stato di diritto, le libertà fondamentali, i diritti umani, la cooperazione regionale e rapporti di buon vicinato; l'UE dovrebbe in particolare proporre, durante la prossima Conferenza sul futuro dell'Europa, una strategia di cooperazione rafforzata per prepararsi a un nuovo slancio di integrazione europea dei paesi del vicinato orientale dell'UE e sostenere il successo dello sviluppo dei paesi del partenariato orientale orientati all'Europa, che fungerebbe da buon esempio e incentiverebbe il popolo russo a sostenere la democrazia; l'UE dovrebbe di conseguenza sostenere una prospettiva realistica dell'adesione all'UE dei paesi del partenariato orientale, mantenendo in tal modo la loro motivazione per ulteriori riforme;
   bj) l'UE dovrebbe continuare a sostenere l'adempimento da parte di Ucraina, Georgia, Moldova, Armenia, Azerbaigian e Bielorussia dei criteri politici, democratici, sociali e giuridici dell'Unione, su cui si fondano i trattati e la Carta dei diritti fondamentali dell'UE;
   bk) l'UE dovrebbe infine tendere a una strategia più ambiziosa di integrazione dei paesi del partenariato orientale con cui ha concluso accordi di associazione; l'UE motiverà, in tal modo, i paesi del partenariato orientale associati all'UE ad approvare riforme ispirate all'europeismo, offrendo tra l'altro loro un modello basato sulla formula "tutto tranne le istituzioni" e fornendo loro i pieni vantaggi dell'integrazione europea, quali l'accesso alle politiche comuni dell'UE, l'apertura a risorse finanziarie dell'UE, l'accesso alla giurisdizione dell'Unione, mantenendo nel contempo aperta la possibilità di una futura adesione all'UE;

2.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, ai governi e ai parlamenti dei paesi del partenariato orientale e del G7, al Consiglio d'Europa, all'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa e al Presidente, al governo e al parlamento della Federazione russa.

(1) GU C 234 del 28.6.2016, pag. 14.
(2) GU C 407 del 4.11.2016, pag. 74.
(3) GU C 263 del 25.7.2018, pag. 109.
(4) GU C 28 del 27.1.2020, pag. 97.
(5) GU C 224 del 27.6.2018, pag. 58.
(6) GU C 23 del 21.1.2021, pag. 7.
(7) GU C 171 del 6.5.2021, pag. 25.
(8) GU C 255 del 29.6.2021, pag. 54.
(9) Testi approvati, P9_TA(2020)0232.
(10) Testi approvati, P9_TA(2021)0018.
(11) Testi approvati, P9_TA(2021)0159.
(12) Testi approvati, P9_TA(2021)0291.


Orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione *
PDF 163kWORD 51k
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 16 settembre 2021 sulla proposta di decisione del Consiglio relativa agli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione (COM(2021)0282 – C9-0205/2021 – 2021/0137(NLE))
P9_TA(2021)0384A9-0262/2021

(Consultazione)

Il Parlamento europeo,

–  vista la proposta della Commissione al Consiglio (COM(2021)0282),

–  visto l'articolo 148, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, a norma del quale è stato consultato dal Consiglio (C9-0205/2021),

–  visto l'articolo 82 del suo regolamento,

–  vista la relazione della commissione per l'occupazione e gli affari sociali (A9-0262/2021),

1.  approva la proposta della Commissione quale emendata;

2.  invita la Commissione a modificare di conseguenza la sua proposta, in conformità dell'articolo 293, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea;

3.  invita il Consiglio ad informarlo qualora intenda discostarsi dal testo approvato dal Parlamento;

4.  chiede al Consiglio di consultarlo nuovamente qualora intenda modificare sostanzialmente la proposta della Commissione;

5.  incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione.

Testo della Commissione   Emendamento
Emendamento 1
Proposta di decisione
Considerando 2
(2)  L'Unione deve combattere l'esclusione sociale e le discriminazioni e promuovere la giustizia e la protezione sociali nonché la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore. Nella definizione e nell'attuazione delle sue politiche e azioni, l'Unione deve tenere conto delle esigenze connesse con la promozione di un elevato livello di occupazione, la garanzia di un'adeguata protezione sociale, la lotta contro la povertà e l'esclusione sociale, un elevato livello di istruzione, formazione e tutela della salute umana, quali enunciati all'articolo 9 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE).
(2)  L'Unione deve combattere l'esclusione sociale e le discriminazioni e promuovere la giustizia e la protezione sociali nonché la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore. Nella definizione e nell'attuazione delle sue politiche e azioni, l'Unione deve tenere conto delle esigenze connesse con la promozione di mercati del lavoro inclusivi, di un elevato livello di occupazione, della contrattazione collettiva, di salari dignitosi, la garanzia di un'adeguata protezione sociale, la lotta contro la povertà e l'esclusione sociale, prestando una particolare attenzione ai gruppi vulnerabili, segnatamente i bambini, le persone con disabilità, i genitori unici, le minoranze etniche, come i Rom, le persone LGBTIQA+, le persone che vivono in aree periferiche e gli anziani, un elevato livello di istruzione, formazione e tutela della salute umana, quali enunciati all'articolo 3 del trattato sull'Unione europea (TUE) e all'articolo 9 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE).
Emendamento 2
Proposta di decisione
Considerando 5
(5)  Il semestre europeo combina i vari strumenti in un quadro generale per la sorveglianza e il coordinamento multilaterali integrati delle politiche economiche e occupazionali. Perseguendo la sostenibilità ambientale, la produttività, l'equità e la stabilità, il semestre europeo integra i principi del pilastro europeo dei diritti sociali e il suo strumento di monitoraggio, il quadro di valutazione della situazione sociale, e prevede un forte coinvolgimento delle parti sociali, della società civile e delle altre parti interessate. Il semestre europeo sostiene il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Le politiche economiche e occupazionali dell'Unione e degli Stati membri dovrebbero andare di pari passo con la transizione dell'Europa verso un'economia digitale, a impatto climatico zero e sostenibile dal punto di vista ambientale, migliorando la competitività, garantendo condizioni di lavoro adeguate, promuovendo l'innovazione, la giustizia sociale e le pari opportunità, e affrontando le disuguaglianze e le disparità regionali.
(5)  Il semestre europeo combina i vari strumenti in un quadro generale per la sorveglianza e il coordinamento multilaterali integrati delle politiche economiche, occupazionali, sociali e ambientali. Perseguendo la sostenibilità ambientale, la produttività, l'equità e la stabilità, il semestre europeo dovrebbe integrare maggiormente i principi del pilastro europeo dei diritti sociali e il suo strumento di monitoraggio, il quadro di valutazione della situazione sociale, e prevede un forte coinvolgimento delle parti sociali, della società civile e delle altre parti interessate. Il semestre europeo sostiene il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile, in particolare l'uguaglianza di genere. Le politiche economiche e occupazionali dell'Unione e degli Stati membri dovrebbero andare di pari passo con la transizione dell'Europa verso un'economia digitale, a impatto climatico zero, socialmente inclusiva e sostenibile dal punto di vista ambientale, migliorando la competitività, garantendo condizioni di lavoro dignitose e sistemi di protezione sociale solidi, promuovendo l'innovazione, la giustizia sociale e le pari opportunità e investendo nei giovani, affrontando le disuguaglianze e le disparità regionali e riducendo la povertà. Vi è un'urgente necessità di assicurare posti di lavoro sostenibili e di qualità, anche mediante iniziative relative a condizioni di lavoro dignitose sul telelavoro, il diritto alla disconnessione, il congedo per motivi familiari o di cura, i diritti dei lavoratori delle piattaforme, un quadro giuridico generale in materia di subappalto, con una maggiore trasparenza e raccomandazioni sulla responsabilità, come pure la salute e la sicurezza e il rafforzamento del ruolo della contrattazione collettiva.
Emendamento 3
Proposta di decisione
Considerando 6
(6)  Le sfide legate ai cambiamenti climatici e all'ambiente, la globalizzazione, la digitalizzazione, l'intelligenza artificiale, il telelavoro, l'economia delle piattaforme e i cambiamenti demografici trasformeranno le economie e le società europee. L'Unione e i suoi Stati membri dovrebbero collaborare per affrontare efficacemente questi fattori strutturali e adeguare i sistemi esistenti a seconda delle necessità, riconoscendo la stretta interdipendenza tra le economie e i mercati del lavoro degli Stati membri e le politiche correlate. Ciò richiede un'azione politica coordinata, ambiziosa ed efficace a livello sia di Unione sia nazionale, conformemente al TFUE e alle disposizioni dell'Unione in materia di governance economica. Tale azione politica dovrebbe comprendere un rilancio degli investimenti sostenibili, un rinnovato impegno a favore di riforme strutturali opportunamente cadenzate che migliorino la crescita economica, la creazione di posti di lavoro di qualità, la produttività, condizioni di lavoro adeguate, la coesione sociale e territoriale, la convergenza verso l'alto, la resilienza e la responsabilità di bilancio. Dovrebbe combinare misure sul versante dell'offerta e della domanda, tenendo conto del loro impatto ambientale, occupazionale e sociale.
(6)  Le sfide legate ai cambiamenti climatici e all'ambiente, la globalizzazione, la digitalizzazione, l'intelligenza artificiale, il telelavoro, l'economia delle piattaforme e i cambiamenti demografici stanno trasformando le economie e le società europee. Sebbene il telelavoro potrebbe essere considerato come un passo verso un migliore equilibrio tra vita lavorativa e vita privata, consentendo a gruppi di lavoratori precedentemente esclusi di accedere al mercato del lavoro, esso rischia anche di rendere meno netta la separazione tra l'orario di lavoro e il tempo libero, con possibili effetti negativi sui diritti fondamentali dei lavoratori e sulla loro salute fisica e mentale. L'Unione e i suoi Stati membri dovrebbero collaborare per affrontare efficacemente questi fattori strutturali e adeguare i sistemi esistenti a seconda delle necessità, riconoscendo la stretta interdipendenza tra le economie e i mercati del lavoro degli Stati membri e le politiche correlate. Ciò richiede un'azione politica coordinata, ambiziosa ed efficace con il coinvolgimento delle parti sociali a livello sia di Unione sia nazionale, conformemente al TFUE, al pilastro europeo dei diritti sociali e alle disposizioni dell'Unione in materia di governance economica. Tale azione politica dovrebbe comprendere un rilancio degli investimenti sostenibili, un rinnovato impegno a favore di riforme strutturali opportunamente cadenzate che migliorino la crescita economica, la creazione di posti di lavoro di qualità, la produttività, condizioni di lavoro dignitose, la coesione sociale e territoriale, la convergenza verso l'alto, la resilienza e la responsabilità di bilancio e sociale. Dovrebbe combinare misure sul versante dell'offerta e della domanda, tenendo conto del loro impatto ambientale, occupazionale e sociale. In seguito alla dichiarazione dei ministri delle Finanze dell'UE sul Patto di stabilità e crescita alla luce della crisi della COVID-19, del 23 marzo 2020, che ha annunciato una deroga temporanea al Patto di stabilità e crescita (clausola di salvaguardia generale) e alla comunicazione della Commissione, del 2 giugno 2021, dal titolo "Coordinamento delle politiche economiche nel 2021: superare la COVID-19, sostenere la ripresa e modernizzare la nostra economia", che ha indicato che la clausola di salvaguardia generale continuerà a essere applicata nel 2022 e dovrebbe essere disattivata a partire dal 2023, gli Stati membri dovrebbero sfruttare pienamente il potenziale offerto dalla clausola di salvaguardia generale al fine di aiutare le imprese che sono in difficoltà e non hanno liquidità, in particolare le microimprese e le piccole e medie imprese, tutelare i posti di lavoro, i salari e le condizioni di lavoro, nonché investire nelle persone e nei sistemi di protezione sociale. Il potenziale rischio per le finanze pubbliche, causato alla proroga, come pure le potenziali conseguenze sociali negative di tale disattivazione, prevista per il 2023, dovrebbero essere oggetto di una valutazione ex-ante.
Emendamento 4
Proposta di decisione
Considerando 8
(8)  In occasione del vertice sociale di Porto20 dell'8 maggio 2021, i leader dell'UE hanno riconosciuto che il pilastro europeo dei diritti sociali è un elemento fondamentale della ripresa, osservando che la sua attuazione rafforzerà lo slancio dell'Unione verso una transizione digitale, verde ed equa e contribuirà a conseguire una convergenza verso l'alto in ambito sociale ed economico e ad affrontare le sfide demografiche. Essi hanno sottolineato che la dimensione sociale, il dialogo sociale e il coinvolgimento attivo delle parti sociali sono al centro di un'economia sociale di mercato altamente competitiva. Gli Stati membri hanno ritenuto che il piano d'azione del pilastro europeo dei diritti sociali presentato dalla Commissione abbia fornito utili orientamenti per l'attuazione del pilastro, anche nei settori dell'occupazione, delle competenze, della salute e della protezione sociale. Hanno accolto con favore i nuovi obiettivi principali dell'UE per il 2030 in materia di occupazione (il 78 % della popolazione di età compresa tra i 20 e i -64 anni dovrebbe avere un lavoro), competenze (il 60 % di tutti gli adulti dovrebbe partecipare ogni anno ad attività di formazione) e riduzione della povertà (di almeno 15 milioni di persone, tra cui cinque milioni di minori) e il quadro di valutazione della situazione sociale riveduto al fine di monitorare i progressi compiuti verso l'attuazione dei principi del pilastro sociale nell'ambito del quadro di coordinamento delle politiche nel contesto del semestre europeo. Hanno inoltre osservato che, con la graduale ripresa dell'Europa dalla pandemia di COVID-19, la priorità sarà passare dalla protezione alla creazione di posti di lavoro e migliorare la qualità del lavoro e hanno sottolineato che l'attuazione dei principi del pilastro europeo dei diritti sociali sarà essenziale per garantire la creazione di nuovi e migliori posti di lavoro per tutti nel quadro di una ripresa inclusiva. Infine, gli Stati membri hanno rimarcato l'importanza di seguire da vicino, anche al più alto livello, i progressi compiuti verso l'attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali e degli obiettivi principali dell'UE per il 2030.
(8)  In occasione del vertice sociale di Porto20 dell'8 maggio 2021, i leader dell'UE hanno riconosciuto che il pilastro europeo dei diritti sociali è un elemento fondamentale della ripresa, osservando che la sua attuazione rafforzerà lo slancio dell'Unione verso una transizione digitale, verde ed equa e contribuirà a conseguire una convergenza verso l'alto in ambito sociale ed economico e ad affrontare le sfide demografiche. Essi hanno sottolineato che la dimensione sociale, il dialogo sociale e il coinvolgimento attivo delle parti sociali sono al centro di un'economia sociale di mercato altamente competitiva. Gli Stati membri hanno ritenuto che il piano d'azione del pilastro europeo dei diritti sociali presentato dalla Commissione abbia fornito utili orientamenti per l'attuazione del pilastro, anche nei settori dell'occupazione, delle competenze, della salute e della protezione sociale. Hanno accolto con favore i nuovi obiettivi principali dell'UE per il 2030 in materia di occupazione (il 78 % della popolazione di età compresa tra i 20 e i -64 anni dovrebbe avere un lavoro), competenze (il 60 % di tutti gli adulti dovrebbe partecipare ogni anno ad attività di formazione) e riduzione della povertà (di almeno 15 milioni di persone, tra cui cinque milioni di minori) e il quadro di valutazione della situazione sociale riveduto al fine di monitorare i progressi compiuti verso l'attuazione dei principi del pilastro sociale nell'ambito del quadro di coordinamento delle politiche nel contesto del semestre europeo. Hanno inoltre osservato che, con la graduale ripresa dell'Europa dalla pandemia di COVID-19, la priorità sarà passare dalla protezione alla creazione di posti di lavoro e migliorare la qualità del lavoro e hanno sottolineato che l'attuazione dei principi del pilastro europeo dei diritti sociali sarà essenziale per garantire la creazione di nuovi e migliori posti di lavoro per tutti nel quadro di una ripresa inclusiva. Infine, gli Stati membri hanno rimarcato l'importanza di seguire da vicino, anche al più alto livello, i progressi compiuti verso l'attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali e degli obiettivi principali dell'UE per il 2030. Gli Stati membri dovrebbero garantire un'equa mobilità e la trasferibilità dei diritti e delle prestazioni attraverso una migliore protezione dei lavoratori mobili, inclusi i lavoratori frontalieri e stagionali, ispettorati del lavoro più efficaci e l'introduzione di efficaci soluzioni digitali.
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20 Consiglio europeo, Dichiarazione di Porto, 8 maggio 2021.
20 Consiglio europeo, Dichiarazione di Porto, 8 maggio 2021.
Emendamento 5
Proposta di decisione
Considerando 8 bis (nuovo)
(8 bis)  La mancanza di una fissa dimora è una delle forme più estreme di esclusione sociale, che ha ripercussioni negative sulla salute fisica e mentale, sul benessere e sulla qualità della vita delle persone, come pure sul loro accesso all'occupazione e ad altri servizi economici e sociali. Il Parlamento europeo, la Commissione, le autorità nazionali, regionali e locali come pure le organizzazioni della società civile a livello di Unione hanno deciso di creare la piattaforma europea per la lotta contro la mancanza di una fissa dimora. Con l'obiettivo ultimo di porre fine al fenomeno dei senza fissa dimora entro il 2030, si sono impegnati ad attuare il principio dell'alloggio prima di tutto, a promuovere la prevenzione della condizione di senza fissa dimora e a garantire l'accesso ad alloggi adeguati, sicuri e a prezzi abbordabili e a servizi di supporto per le persone senza fissa dimora, attuando al contempo le misure politiche necessarie con finanziamenti adeguati a livello nazionale e dell'Unione.
Emendamento 6
Proposta di decisione
Considerando 9
(9)  Le riforme del mercato del lavoro, compresi i meccanismi nazionali di determinazione dei salari, dovrebbero seguire le pratiche nazionali di dialogo sociale, al fine di garantire salari equi che consentano un tenore di vita dignitoso e una crescita sostenibile. Dovrebbero inoltre prevedere il margine di manovra necessario per un ampio esame delle questioni socio-economiche, compreso il miglioramento della sostenibilità, della competitività, dell'innovazione, della creazione di posti di lavoro di qualità, delle condizioni di lavoro, della povertà lavorativa, dell'istruzione e delle competenze, della salute pubblica, dell'inclusione e dei redditi reali. Gli Stati membri e l'Unione dovrebbero garantire che l'impatto sociale, occupazionale ed economico della crisi COVID-19 sia attenuato e che le trasformazioni siano socialmente eque e giuste. Dovrebbero essere perseguiti il rafforzamento della ripresa e lo slancio verso una società inclusiva e resiliente, in cui le persone siano protette e messe in grado di anticipare e gestire il cambiamento e possano partecipare attivamente a livello sociale ed economico. Come sottolineato nella raccomandazione della Commissione relativa a un sostegno attivo ed efficace all'occupazione (EASE) in seguito alla crisi COVID-19, per sostenere le transizioni nel mercato del lavoro è necessario un insieme coerente di politiche attive del mercato del lavoro, che comprendano incentivi temporanei all'assunzione e alla transizione, politiche in materia di competenze e servizi per l'impiego migliorati.
(9)  Le riforme del mercato del lavoro, compresi i meccanismi nazionali di determinazione dei salari, dovrebbero seguire le pratiche nazionali di dialogo sociale, al fine di garantire salari equi che consentano un tenore di vita dignitoso e una crescita sostenibile. Dovrebbero inoltre prevedere il margine di manovra necessario per un ampio esame delle questioni socio-economiche, compreso il miglioramento della sostenibilità, della competitività, dell'innovazione, della creazione di posti di lavoro di qualità, delle condizioni di lavoro, della povertà lavorativa, dell'uguaglianza di genere, dell'istruzione e delle competenze, della salute pubblica, dell'inclusione e dei redditi reali. Gli Stati membri dovrebbero pertanto rispettare e rafforzare il ruolo delle parti sociali, promuovere l'estensione della contrattazione collettiva e sostenere un'elevata densità di organizzazioni sindacali e dei lavoratori al fine di garantire una ripresa inclusiva e socialmente giusta. Gli Stati membri e l'Unione dovrebbero garantire che l'impatto sociale, occupazionale ed economico della crisi COVID-19 sia attenuato e che le trasformazioni siano socialmente eque e giuste. Dovrebbero essere perseguiti il rafforzamento della ripresa e lo slancio verso una società inclusiva e resiliente, in cui le persone siano protette e messe in grado di anticipare e gestire il cambiamento e possano partecipare attivamente a livello sociale ed economico. Come sottolineato nella raccomandazione della Commissione relativa a un sostegno attivo ed efficace all'occupazione (EASE) in seguito alla crisi COVID-19, per sostenere le transizioni nel mercato del lavoro è necessario un insieme coerente di politiche attive del mercato del lavoro, che comprendano incentivi temporanei per le competenze in materia di assunzione e di transizione, la convalida e l'acquisizione di competenze e servizi per l'impiego migliorati. Una valutazione approfondita delle politiche e dei meccanismi di sostegno nazionali che sono stati introdotti per mitigare gli effetti della pandemia di COVID-19 è necessaria per consentire di trarre insegnamenti e di individuare gli strumenti da utilizzare in futuro.
Emendamento 7
Proposta di decisione
Considerando 10
(10)  La discriminazione, in tutte le sue forme, dovrebbe essere contrastata; si dovrebbe garantire la parità di genere e sostenere l'occupazione giovanile. Dovrebbero essere garantiti accesso e opportunità per tutti e dovrebbero essere ridotte povertà ed esclusione sociale, anche dei minori, in particolare assicurando un efficace funzionamento dei mercati del lavoro e regimi di protezione sociale adeguati e inclusivi ed eliminando gli ostacoli all'istruzione, alla formazione e alla partecipazione al mercato del lavoro, anche tramite investimenti nell'educazione e nella cura della prima infanzia e nelle competenze digitali. L'accesso tempestivo e paritario a servizi di assistenza sanitaria e assistenza a lungo termine a prezzi accessibili, comprese la prevenzione e la promozione della salute, è particolarmente importante alla luce della crisi COVID-19 e in un contesto di società che invecchiano. È necessario realizzare ulteriormente il potenziale delle persone con disabilità di contribuire alla crescita economica e allo sviluppo sociale. Sui luoghi di lavoro nell'Unione emergono nuovi modelli economici e di business e cambiano anche i rapporti di lavoro. Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché i nuovi rapporti di lavoro mantengano e rafforzino il modello sociale europeo.
(10)  La discriminazione, in tutte le sue forme, dovrebbe essere eliminata; si dovrebbe garantire la parità di genere e promuovere l'occupazione giovanile. Dovrebbero essere garantiti accesso e opportunità per tutti e dovrebbero essere eliminate povertà ed esclusione sociale, anche dei minori, in particolare assicurando un efficace funzionamento dei mercati del lavoro e regimi di protezione sociale adeguati e inclusivi ed eliminando gli ostacoli all'istruzione, alla formazione e alla partecipazione al mercato del lavoro, anche tramite investimenti nell'educazione e nella cura della prima infanzia, nelle competenze digitali e nell'apprendimento permanente. Gli Stati membri dovrebbero promuovere gli investimenti in posti di lavoro sostenibili e di qualità e adottare un approccio globale per far uscire i bambini dalla povertà e sostenere i genitori dei bambini in stato di bisogno. La Garanzia europea per l'infanzia dovrebbe essere integrata in tutti i settori d'intervento e i finanziamenti per i diritti dei minori dovrebbero essere prioritari, utilizzando pienamente tutte le politiche e i fondi dell'Unione esistenti per misure concrete che contribuiscano all'eliminazione della povertà e dell'esclusione sociale. L'accesso tempestivo e paritario a servizi di assistenza sanitaria e assistenza a lungo termine a prezzi accessibili, comprese la prevenzione, segnatamente dei problemi di salute mentale sul luogo di lavoro, e la promozione della salute, è particolarmente importante alla luce della crisi COVID-19 e in un contesto di società che invecchiano. È necessario realizzare ulteriormente il potenziale delle persone con disabilità di contribuire alla crescita economica e allo sviluppo sociale. Sui luoghi di lavoro nell'Unione emergono nuovi modelli economici e di business e cambiano anche i rapporti di lavoro. Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché i nuovi rapporti di lavoro rafforzino il modello sociale europeo, garantendo al contempo i diritti dei lavoratori, condizioni di lavoro dignitose, incluse la salute e la sicurezza sul lavoro, salari dignitosi e un buon equilibrio tra vita professionale e vita privata.
Emendamento 8
Proposta di decisione
Considerando 12
(12)  Gli Stati membri dovrebbero fare pieno uso di REACT-EU21, che rafforza i fondi della politica di coesione fino al 2023, del Fondo sociale europeo Plus, del nuovo dispositivo per la ripresa e la resilienza22 e di altri fondi dell'Unione, compresi il Fondo per una transizione giusta e InvestEU, per promuovere l'occupazione, gli investimenti sociali, l'inclusione sociale, l'accessibilità, le opportunità di miglioramento del livello delle competenze e di riqualificazione della forza lavoro, l'apprendimento permanente e l'istruzione e la formazione di qualità elevata per tutti, comprese l'alfabetizzazione e le competenze digitali. Sebbene siano destinati agli Stati membri e all'Unione, gli orientamenti integrati dovrebbero essere attuati in partenariato con tutte le autorità nazionali, regionali e locali, con lo stretto coinvolgimento dei parlamenti, delle parti sociali e dei rappresentanti della società civile.
(12)  Gli Stati membri dovrebbero fare pieno uso di REACT-EU21, che rafforza i fondi della politica di coesione fino al 2023, del Fondo sociale europeo Plus, del nuovo dispositivo per la ripresa e la resilienza22 e di altri fondi dell'Unione, compresi il Fondo per una transizione giusta e InvestEU, per promuovere l'occupazione, gli investimenti sociali, l'inclusione sociale, l'accessibilità, le opportunità di miglioramento del livello delle competenze e di riqualificazione della forza lavoro, l'apprendimento permanente e l'istruzione e la formazione di qualità elevata per tutti, comprese l'alfabetizzazione e le competenze digitali. Gli Stati membri dovrebbero altresì fare pieno uso del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione rivisto per i lavoratori espulsi dal lavoro, istituito dal regolamento (UE) 2021/691 del Parlamento europeo e del Consiglio22 bis per sostenere i lavoratori collocati in esubero a causa della crisi della COVID-19. Sebbene siano destinati agli Stati membri e all'Unione, gli orientamenti integrati dovrebbero essere attuati in partenariato con tutte le autorità nazionali, regionali e locali, con lo stretto coinvolgimento dei parlamenti, delle parti sociali e dei rappresentanti della società civile.
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21 Regolamento (UE) 2020/2221 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 dicembre 2020, che modifica il regolamento (UE) n. 1303/2013 per quanto riguarda le risorse aggiuntive e le modalità di attuazione per fornire assistenza allo scopo di promuovere il superamento degli effetti della crisi nel contesto della pandemia di COVID-19 e delle sue conseguenze sociali e preparare una ripresa verde, digitale e resiliente dell'economia (REACT-EU) (GU L 437 del 28.12.2020, pag. 30).
21 Regolamento (UE) 2020/2221 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 dicembre 2020, che modifica il regolamento (UE) n. 1303/2013 per quanto riguarda le risorse aggiuntive e le modalità di attuazione per fornire assistenza allo scopo di promuovere il superamento degli effetti della crisi nel contesto della pandemia di COVID-19 e delle sue conseguenze sociali e preparare una ripresa verde, digitale e resiliente dell'economia (REACT-EU) (GU L 437 del 28.12.2020, pag. 30).
22 Regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2021, che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza (GU L 57 del 18.2.2021, pag. 17).
22 Regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2021, che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza (GU L 57 del 18.2.2021, pag. 17).
22 bis Regolamento (UE) 2021/691 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 aprile 2021, sul Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione per i lavoratori espulsi dal lavoro (FEG) e che abroga il regolamento (UE) n. 1309/2013 (GU L 153 del 3.5.2021, pag. 48).
Emendamento 9
Proposta di decisione
Considerando 13 bis (nuovo)
(13 bis)  Nella sua risoluzione legislativa, del 10 luglio 2020, sulla proposta di decisione del Consiglio relativa agli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione, il Parlamento europeo ha chiesto una revisione degli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione alla luce della pandemia di COVID-19 e delle sue conseguenze sociali e occupazionali al fine di rispondere meglio a crisi simili in futuro. È essenziale che gli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione siano rivisti di conseguenza. Al fine di rafforzare il processo decisionale democratico, il Parlamento europeo dovrebbe essere coinvolto nella definizione degli orientamenti integrati per la crescita e l'occupazione su un piano di parità con il Consiglio.

Condizioni di lavoro eque, diritti e protezione sociale per i lavoratori delle piattaforme - Nuove forme di occupazione legate allo sviluppo digitale
PDF 195kWORD 68k
Risoluzione del Parlamento europeo del 16 settembre 2021 su condizioni di lavoro eque, diritti e protezione sociale per i lavoratori delle piattaforme – Nuove forme di occupazione legate allo sviluppo digitale (2019/2186(INI))
P9_TA(2021)0385A9-0257/2021

Il Parlamento europeo,

–  visto il regolamento (UE) 2019/1150 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, che promuove equità e trasparenza per gli utenti commerciali dei servizi di intermediazione online(1),

–  vista la direttiva (UE) 2019/1152 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell'Unione europea(2),

–  vista la direttiva (UE) 2019/770 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2019, relativa a determinati aspetti dei contratti di fornitura di contenuto digitale e di servizi digitali(3),

–  visto il regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati)(4),

–  visto il pilastro europeo dei diritti sociali,

–  vista la raccomandazione del Consiglio dell'8 novembre 2019 sull'accesso alla protezione sociale per i lavoratori subordinati e autonomi(5),

–  viste le conclusioni del Consiglio del 24 ottobre 2019 dal titolo "Il futuro del lavoro: l'Unione europea promuove la dichiarazione del centenario dell'ILO"(6),

–  viste le conclusioni del Consiglio del 13 giugno 2019 dal titolo "L'evoluzione del mondo del lavoro: riflessioni sulle nuove forme di lavoro e sulle implicazioni per la sicurezza e la salute dei lavoratori"(7),

–  vista la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a un mercato unico dei servizi digitali (legge sui servizi digitali) e che modifica la direttiva 2000/31/CE, presentata dalla Commissione il 15 dicembre 2020 (COM(2020)0825),

–  vista la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a mercati equi e contendibili nel settore digitale (legge sui mercati digitali), presentata dalla Commissione il 15 dicembre 2020 (COM(2020)0842),

–  vista la comunicazione della Commissione del 4 marzo 2021 dal titolo "Piano d'azione sul pilastro europeo dei diritti sociali" (COM(2021)0102),

–  vista la comunicazione della Commissione del 19 febbraio 2020 dal titolo "Una strategia europea per i dati" (COM(2020)0066),

–  visto il Libro bianco della Commissione del 19 febbraio 2020 dal titolo "Intelligenza artificiale – Un approccio europeo all'eccellenza e alla fiducia" (COM(2020)0065),

–  vista la comunicazione della Commissione del 14 gennaio 2020 dal titolo "Un'Europa sociale forte per transizioni giuste" (COM(2020)0014),

–  vista la comunicazione della Commissione del 2 giugno 2016 dal titolo "Un'agenda europea per l'economia collaborativa" (COM(2016)0356),

–  visto il documento di consultazione della Commissione, del 24 febbraio 2021, dal titolo "First phase consultation of social partners under Article 154 TFEU on possible action addressing the challenges related to working conditions in platform work" (Prima fase di consultazione delle parti sociali a norma dell'articolo 154 TFUE su possibili azioni per affrontare le sfide concernenti le condizioni di lavoro nell'ambito del lavoro su piattaforma digitale) (C(2021)1127),

–  vista la sua risoluzione del 21 gennaio 2021 recante raccomandazioni alla Commissione sul diritto alla disconnessione(8),

–  vista la sua risoluzione del 17 dicembre 2020 su un'Europa sociale forte per transizioni giuste(9),

–  vista la sua risoluzione del 22 ottobre 2020 sulle politiche occupazionali e sociali della zona euro nel 2020(10),

–  vista la sua risoluzione del 20 ottobre 2020 recante raccomandazioni alla Commissione concernenti il quadro relativo agli aspetti etici dell'intelligenza artificiale, della robotica e delle tecnologie correlate(11),

–  vista la sua risoluzione del 20 ottobre 2020 recante raccomandazioni alla Commissione sulla legge sui servizi digitali: migliorare il funzionamento del mercato unico(12),

–  vista la sua risoluzione del 10 luglio 2020 sulla proposta di decisione del Consiglio relativa agli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione(13),

–  vista la sua risoluzione del 10 ottobre 2019 sull'occupazione e le politiche sociali della zona euro(14),

–  vista la sua risoluzione del 19 gennaio 2017 su un pilastro europeo dei diritti sociali(15),

–  vista la sua risoluzione del 15 giugno 2017 su un'agenda europea per l'economia collaborativa(16),

–  vista la sua risoluzione del 15 giugno 2017 sulle piattaforme online e il mercato unico digitale(17),

–  vista la sua risoluzione del 4 luglio 2017 sulle condizioni di lavoro e l'occupazione precaria(18),

–  visti la lettera di incarico del commissario Nicolas Schmit del 10 settembre 2019 e il programma di lavoro della Commissione per il 2021,

–  visto il parere del Comitato economico e sociale europeo, del 18 settembre 2020, dal titolo "Condizioni di lavoro dignitose nell'economia delle piattaforme",

–  visto il parere del Comitato europeo delle regioni del 5 dicembre 2019 dal titolo "Un quadro europeo per le risposte normative all'economia collaborativa",

–  visto l'accordo quadro delle parti sociali europee sulla digitalizzazione di giugno 2020(19),

–  vista la raccomandazione n. 198 dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) sui rapporti di lavoro,

–  visto lo studio della Commissione del 13 marzo 2020 dal titolo "Study to gather evidence on the working conditions of platform workers" (Studio per raccogliere dati sulle condizioni di lavoro dei lavoratori delle piattaforme digitali),

–  vista la relazione del Centro comune di ricerca (JRC) della Commissione dal titolo "The changing nature of work and skills in the digital age" (L'evoluzione del lavoro e delle competenze nell'era digitale),

–  vista la relazione del Centro comune di ricerca della Commissione dal titolo "Platform Workers in Europe" (Lavoratori delle piattaforme in Europa),

–  visto lo studio del Parlamento europeo dal titolo "The platform economy and precarious work" (L'economia delle piattaforme e il lavoro precario), pubblicato dalla Direzione generale delle Politiche interne l'11 settembre 2020(20),

–  visto lo studio del Parlamento europeo dal titolo "The Social Protection of Workers in the Platform Economy" (La protezione sociale dei lavoratori nell'economia delle piattaforme), pubblicato dalla Direzione generale delle Politiche interne il 7 dicembre 2017(21),

–  vista la relazione del Cedefop del 24 settembre 2020 dal titolo " Developing and matching skills in the online platform economy" (Sviluppo e corrispondenza delle competenze nell'economia delle piattaforme online),

–  vista la nota informativa del Cedefop del 30 luglio 2020 dal titolo "Online working and learning in the coronavirus era" (Lavoro e apprendimento online nell'era del coronavirus),

–  visto lo studio di Eurofound del 24 settembre 2018 dal titolo "Employment and working conditions of selected types of platform work" (Occupazione e condizioni di lavoro di determinate tipologie di lavoro su piattaforma digitale),

–  visto il documento strategico di Eurofound del 23 settembre 2019 dal titolo "Platform work: Maximising the potential while safeguarding standards?" (Lavoro su piattaforma digitale: massimizzare il potenziale mantenendo nel contempo gli standard?),

–  vista la relazione di ricerca di Eurofound del 21 settembre 2020 dal titolo: "Back to the future: Policy pointers from platform work scenarios" (Ritorno al futuro: raccomandazioni strategiche in base agli scenari del lavoro su piattaforma digitale),

–  visto l'archivio in rete di Eurofound sull'economia delle piattaforme digitali(22),

–  visto lo studio dell'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA) del 7 novembre 2017 dal titolo "Protecting Workers in the Online Platform Economy: An overview of regulatory and policy developments in the EU" (Tutelare i lavoratori nell'economia delle piattaforme online: una panoramica degli sviluppi normativi e strategici nell'UE),

–  vista la relazione dell'OIL del 23 febbraio 2021 dal titolo "World Employment and Social Outlook 2021: The role of digital labour platforms in transforming the world of work" (Prospettive occupazionali e sociali nel mondo 2021 – Il ruolo delle piattaforme di lavoro digitali nella trasformazione del mondo del lavoro),

–  vista la relazione dell'OIL del 20 settembre 2018 dal titolo "Digital labour platforms and the future of work: Towards decent work in the online world" (Le piattaforme digitali del lavoro e il futuro del lavoro – Verso un lavoro dignitoso nel mondo online),

–  vista la dichiarazione del centenario dell'OIL per il futuro del lavoro, del 21 giugno 2019,

–  vista la relazione dell'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere dal titolo "Gender Equality Index 2020: Digitalisation and the future of work" (Indice sull'uguaglianza di genere 2020: la digitalizzazione e il futuro del lavoro),

–  viste le relazioni elaborate dall'ONG Data&Society, di febbraio 2019, dal titolo "Workplace Monitoring & Surveillance" (Monitoraggio e sorveglianza sul luogo di lavoro) e "Algorithmic Management in the Workplace" (Gestione algoritmica sul posto di lavoro),

–  visto lo studio del Parlamento europeo dal titolo "Data subjects, digital surveillance, AI and the future of work" (Gli interessati, la sorveglianza digitale, l'IA e il futuro del lavoro), pubblicato dalla Direzione generale dei Servizi di ricerca parlamentare del Parlamento europeo il 23 dicembre 2020(23),

–  visto l'articolo 54 del suo regolamento,

–  visto il parere della commissione per i trasporti e il turismo,

–  vista la relazione della commissione per l'occupazione e gli affari sociali (A9-0257/2021),

A.  considerando che per "lavoratori delle piattaforme" si intendono coloro che svolgono un lavoro o offrono servizi, con un maggiore o minore grado di controllo, attraverso una piattaforma di lavoro digitale; che, di conseguenza, tale definizione può comprendere sia i lavoratori subordinati che i veri e propri lavoratori autonomi;

B.  considerando che per "piattaforma di lavoro digitale" si intende un'azienda che agisce come intermediario o che offre, con un maggiore o minore grado di controllo, servizi on-demand richiesti da clienti individuali o aziende e forniti direttamente o indirettamente da singole persone, indipendentemente dal fatto che tali servizi siano resi in loco o online;

C.  considerando che per "lavoro su piattaforma digitale" si intendono il lavoro svolto e i servizi forniti su richiesta e dietro compenso dai lavoratori delle piattaforme, indipendentemente dalla loro situazione occupazionale, dal tipo di piattaforma di lavoro digitale (in loco o online) o dal livello di competenze richiesto;

D.  considerando che a livello dell'Unione non si dispone di dati sufficienti e aggiornati riguardanti il lavoro su piattaforma digitale e che la metodologia di raccolta dei dati varia da uno Stato membro all'altro, il che rende difficile determinare la portata del lavoro su piattaforma e il numero di lavoratori interessati; che è altamente probabile che si possa parlare di un'ulteriore crescita del lavoro su piattaforma digitale nell'ambito del mercato del lavoro;

E.  considerando che il lavoro su piattaforma digitale può creare lavoro, aumentare la scelta, fornire un reddito supplementare e ridurre gli ostacoli all'ingresso nel mercato del lavoro; che il lavoro su piattaforma digitale può favorire la flessibilità e l'ottimizzazione delle risorse e può offrire opportunità sia a coloro che lavorano nelle imprese delle piattaforme o per il loro tramite sia ai clienti, come pure la corrispondenza tra domanda e offerta di servizi; che l'innovazione negli strumenti digitali è un presupposto indispensabile per il lavoro su piattaforma digitale e può contribuire alla crescita in tempi di crisi e ripresa; che il lavoro su piattaforma digitale può offrire vantaggi agli studenti e a coloro che desiderano coniugare studio e lavoro allo stesso tempo, nonché garantire l'accesso all'occupazione ai giovani che non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano (NEET) e alle persone con bassi livelli di competenze;

F.  considerando che il lavoro su piattaforma digitale non può in alcun modo essere circoscritto al trasporto di persone o alla consegna di cibo, poiché è anche costituito da prestazioni professionali, lavori domestici e microattività;

G.  considerando che il lavoro su piattaforma digitale facilita l'accesso al mercato del lavoro attraverso forme moderne di occupazione e incoraggia lo sviluppo delle tecnologie al fine di agevolare l'utilizzo delle piattaforme e avvicinare le aziende e i consumatori;

H.  considerando che il lavoro su piattaforma digitale ha altresì sollevato preoccupazioni circa la precarietà e le cattive condizioni di lavoro, l'assenza di una protezione sociale adeguata o le difficoltà di accesso alla stessa, la concorrenza sleale, il lavoro non dichiarato, redditi e orari di lavoro frammentati e imprevedibili, la mancanza di meccanismi di risoluzione delle controversie, la dequalificazione e la mancanza di opportunità di carriera nonché l'assenza di misure in materia di salute e sicurezza sul lavoro, specialmente per i lavoratori su piattaforme digitali in loco meno qualificati e i lavoratori che svolgono microattività, come evidenziato ancora una volta durante la crisi generata dalla pandemia di COVID-19; che l'errata classificazione dei lavoratori come lavoratori autonomi contribuisce a questa situazione;

I.  considerando che la crisi della COVID-19 è servita a mettere in luce il ruolo svolto dai lavoratori delle piattaforme nel garantire la continuità operativa a migliaia di piccole e medie imprese (PMI) nell'Unione europea, fornendo un'interfaccia quanto mai necessaria tra settori chiave quali quello alimentare e dei trasporti e i consumatori, e che il modello della piattaforma digitale ha assicurato la continuità del reddito per alcuni lavoratori delle piattaforme; che oltre il 60 % dei residenti dell'UE dichiara di non voler smettere di utilizzare i servizi online, fra cui ad esempio la possibilità di ordinare pasti online, persino dopo la crisi della COVID-19(24); che i lavoratori con contratti atipici sono maggiormente esposti ai rischi per la salute rispetto ai lavoratori tradizionali(25) e che soprattutto i lavoratori delle piattaforme sono spesso esposti a rischi per la salute e la sicurezza a causa delle caratteristiche del lavoro che svolgono, ad esempio i ciclisti, che sono utenti vulnerabili della strada che lavorano spesso in condizioni meteorologiche avverse e difficili, oltre a essere sottoposti a pressioni che impongono loro velocità ed efficienza; che il lavoro mediante piattaforme digitali non dovrebbe tradursi in precarietà, insicurezza o in rischi per la salute e la sicurezza; che i lavoratori delle piattaforme che hanno subito una perdita di reddito a causa della pandemia sono spesso risultati non ammissibili alle misure di sostegno al reddito, e che ciò ha messo in luce l'assenza di una protezione sociale per gli stessi; che i lavoratori su piattaforme in loco sono maggiormente a rischio di contrarre la COVID-19;

J.  considerando che, se non opportunamente gestiti, i suddetti rischi potrebbero mettere a repentaglio l'intero modello europeo dell'economia sociale di mercato e gli obiettivi del pilastro europeo dei diritti sociali; che il progresso tecnologico potrebbe inoltre offrire le soluzioni per adattare il modello sociale europeo alle realtà del XXI secolo;

K.  considerando che nel 2019 le piattaforme di lavoro digitali hanno generato ricavi a livello mondiale pari ad almeno 52 miliardi di USD; che circa il 70 % dei ricavi generati si è concentrato soltanto in due paesi, ossia gli Stati Uniti (49 %) e la Cina (22 %), mentre una percentuale molto più bassa ha interessato l'Europa (11 %) e le altre regioni (18 %)(26);

L.  considerando che il lavoro su piattaforma digitale comprende realtà diverse ed è caratterizzato da un elevato grado di eterogeneità delle attività svolte; che esistono diverse categorie di lavoro su piattaforma, ad esempio online o in loco, che richiedono un livello elevato o basso di competenze, che prevedono una retribuzione oraria o per compito, che sono svolte come occupazione secondaria o primaria, e che i profili dei lavoratori delle piattaforme e le tipologie di piattaforme variano notevolmente; che, secondo Eurofound(27), nel 2017 il lavoro in loco finalizzato all'erogazione di servizi professionali, i servizi di consegna nonché i servizi di trasporto passeggeri e i servizi domestici hanno costituito le tipologie di lavoro su piattaforma maggiormente prevalenti in determinati Stati membri;

M.  considerando che la maggior parte dei lavoratori delle piattaforme ha un altro lavoro o un'altra fonte di reddito; che la tendenza generale per i lavoratori delle piattaforme è quella della scarsa retribuzione, con alcuni casi di redditi relativamente elevati; che i lavoratori dell'economia delle piattaforme tendono a essere più giovani e più istruiti della maggior parte della popolazione(28);

N.  considerando che, in generale, le persone che lavorano nell'economia delle piattaforme sono classificate come lavoratori formalmente autonomi, indipendentemente dalla loro situazione occupazionale e nonostante, spesso, non possiedano i livelli di indipendenza professionale caratteristici del lavoro autonomo; che, pertanto, molti lavoratori delle piattaforme non beneficiano dell'equivalente protezione sociale, degli stessi diritti del lavoro o delle medesime disposizioni in materia di salute e sicurezza garantiti da un contratto o da un rapporto di lavoro nei loro rispettivi Stati membri; che in questi casi le piattaforme di lavoro digitali non versano i contributi previdenziali e che un numero esiguo di lavoratori delle piattaforme presta la propria opera in qualità di lavoratori subordinati o lavoratori interinali; che un numero cospicuo di sentenze e decisioni amministrative, ivi compresi i pronunciamenti degli organi giurisdizionali nazionali di più alto grado e della Corte di giustizia dell'Unione europea, riguardanti il lavoro su piattaforma in loco soprattutto nei settori dei trasporti e delle consegne di cibo in alcuni Stati membri hanno confermato l'esistenza di un rapporto di lavoro tra le piattaforme e i loro lavoratori basato sulle loro attività e sul loro legame con le piattaforme, con i diritti che ne conseguono; che i lavoratori dovrebbero disporre di mezzi semplici per chiarire e confermare la loro situazione occupazionale e non essere obbligati a far valere i loro diritti in sede giurisdizionale;

O.  che la classificazione errata, ravvisata nel lavoro su piattaforma digitale, di alcuni lavoratori delle piattaforme come lavoratori autonomi genera incertezza e priva detti lavoratori dell'accesso ai diritti del lavoro, alla protezione sociale, ai relativi diritti e all'applicazione della pertinente normativa; che è probabile che il lavoro su piattaforma o modelli occupazionali simili e la digitalizzazione, in futuro, interesseranno un numero crescente di settori quali le consegne, i trasporti, le risorse umane, la salute, l'assistenza all'infanzia, i servizi alla persona e domestici nonché il turismo; che l'evoluzione delle tecnologie digitali in molti settori, specialmente il commercio e i servizi online, presenta per le aziende e i lavoratori sia opportunità che rischi;

P.  considerando che è opportuno che le nuove forme di lavoro rimangano sostenibili ed eque e che il lavoro su piattaforma digitale sia ispirato ai valori dell'Unione, all'etica e a un approccio incentrato sull'essere umano in cui la tecnologia digitale rimanga uno strumento; che in tal senso l'obiettivo di dotare ogni cittadino europeo di competenze digitali è fondamentale nel contesto della transizione digitale;

Q.  considerando che l'elevato grado di flessibilità è ritenuto uno dei maggiori vantaggi del lavoro su piattaforma;

R.  considerando che gli Stati membri hanno elaborato approcci diversi, il che ha portato a norme e iniziative frammentate con effetti negativi su lavoratori, imprese, piattaforme incluse, e consumatori a causa dell'incertezza che ne è risultata; che è necessaria un'iniziativa legislativa a livello dell'Unione per superare l'incertezza giuridica che ne deriva, garantire e migliorare i diritti e le condizioni di lavoro dei lavoratori delle piattaforme nonché l'accesso alla protezione sociale, promuovere il potenziale di innovazione di modelli di lavoro su piattaforma sostenibili e garantire condizioni di parità con gli attori economici "tradizionali"; che la maggior parte delle piattaforme è attiva in più Stati membri dell'UE e spesso non ha la sede nel paese in cui i propri lavoratori svolgono l'attività;

S.  considerando che non esiste una definizione di "lavoratore subordinato" a livello dell'Unione, mentre la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea ha stabilito una serie di criteri per determinare lo status di un lavoratore subordinato e di un lavoratore autonomo; che le caratteristiche di un impiego che consentono di riconoscerlo come un rapporto di lavoro o un contratto di lavoro variano tra uno Stato membro e l'altro e sono di competenza nazionale; che il riconoscimento di un "terzo status" speciale ai lavoratori delle piattaforme falserebbe ulteriormente la concorrenza tra le piattaforme di lavoro digitali e le imprese tradizionali, specialmente le PMI, e non sarebbe compatibile con le classificazioni nazionali dei lavoratori subordinati e dei lavoratori realmente autonomi negli Stati membri, con conseguenze legali, amministrative e giuridiche imprevedibili e un alto rischio di ulteriore segmentazione del mercato del lavoro; che i lavoratori delle piattaforme dovrebbero essere classificati o come lavoratori subordinati o come lavoratori realmente autonomi, a seconda della loro situazione effettiva, e dovrebbero beneficiare dei relativi diritti e delle relative condizioni; che una presunzione confutabile dell'esistenza di un rapporto di lavoro faciliterebbe la corretta classificazione dei lavoratori delle piattaforme, unitamente all'inversione dell'onere della prova, il che significa che laddove i lavoratori contestassero la classificazione della loro condizione occupazionale nel quadro di un procedimento legale o amministrativo, spetterebbe al presunto datore di lavoro dimostrare l'assenza di un rapporto di lavoro alla luce delle definizioni nazionali sancite dalla legislazione o dagli accordi collettivi del rispettivo Stato membro; che la presunzione confutabile dell'esistenza di un rapporto di lavoro non deve tradursi in una classificazione automatica di tutti i lavoratori delle piattaforme come lavoratori subordinati;

T.  considerando che occorrerebbe garantire l'attuazione delle normative vigenti, con particolare riferimento alla direttiva relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili e al regolamento che promuove equità e trasparenza per gli utenti commerciali dei servizi di intermediazione online;

U.  considerando che le PMI sono la spina dorsale dell'economia dell'Unione europea, giacché rappresentano il 99 % di tutte le imprese nell'UE;

V.  considerando che nel lavoro su piattaforma digitale si ripresentano le stesse disuguaglianze di genere ravvisabili nel mercato del lavoro generale, come il divario retributivo di genere e la segregazione di genere a livello delle mansioni o dei settori(29); che il lavoro su piattaforma può essere un'opportunità per migliorare la partecipazione delle donne alla forza lavoro; che, tuttavia, la rappresentanza di donne e uomini varia a seconda dei diversi tipi di servizi e piattaforme, e che gli uomini godono di una maggiore rappresentanza nell'ambito del lavoro su piattaforma con una maggiore autonomia lavorativa, mentre le donne hanno maggiori probabilità di svolgere un lavoro su piattaforma più precario con una limitata autonomia lavorativa; che le persone che hanno responsabilità importanti a livello assistenziale e familiare sono pertanto svantaggiate e che ciò può avere conseguenze negative, in particolare per le donne(30); che le lavoratrici delle piattaforme, in modo particolare le donne che lavorano come conducenti o che prestano servizi di pulizia e di assistenza presso le abitazioni private, sono esposte al rischio di molestie sessuali e violenza di genere(31) e potrebbero decidere di non denunciare per assenza di strumenti di denuncia o di contatti con un responsabile delle risorse umane oppure per timore di giudizi negativi e di perdere incarichi futuri;

W.  considerando che il lavoro su piattaforma digitale è un fenomeno in forte espansione fin dalla sua comparsa, agevolata dallo sviluppo delle tecnologie digitali degli ultimi anni, che offre ai lavoratori, ai clienti e alle imprese nuove opportunità e scelte per quanto riguarda il luogo, l'orario di lavoro, la flessibilità e la frequenza delle loro relazioni, compresi il lavoro e la fornitura di servizi; che, secondo la relazione globale dell'OIL, la maggioranza dei lavoratori delle piattaforme in loco e un terzo dei lavoratori online svolgono tale attività come principale fonte di reddito, con percentuali più elevate nei paesi in via di sviluppo e per le donne(32); che, tuttavia, nell'Unione europea il lavoro su piattaforma rappresenta ancora una quota esigua del mercato del lavoro generale visto che, secondo le stime al 2019, l'11 % della forza lavoro dell'UE ha fornito servizi tramite piattaforme di lavoro in loco od online almeno una volta e soltanto l'1,4 % di questi lo fa come attività lavorativa principale(33); che i vantaggi della digitalizzazione devono essere ampiamente ed equamente condivisi tra le piattaforme digitali, i lavoratori delle piattaforme, i clienti e la società nel suo insieme; che sono necessarie garanzie solide per provvedere affinché il lavoro su piattaforma garantisca condizioni di lavoro dignitose e prevenire la segmentazione del mercato del lavoro;

X.  considerando che le piattaforme digitali che agiscono da datori di lavoro sono tenute a rispettare tutti gli obblighi dei datori di lavoro e ad attenersi alle proprie responsabilità settoriali;

Y.  considerando che le piattaforme di lavoro digitali si avvalgono di strumenti quali app, algoritmi e IA nell'ambito del loro modello d'impresa per favorire l'incontro tra la domanda e l'offerta e per gestire i lavoratori in diverse misure; che la gestione algoritmica presenta nuove sfide per il futuro del lavoro e può creare squilibri di potere e incertezza in merito al processo decisionale, così come il controllo e la sorveglianza realizzati con l'ausilio della tecnologia, che potrebbero inasprire le pratiche discriminatorie e comportare rischi significativi per la vita privata, la salute e la sicurezza dei lavoratori e la dignità umana(34); che la gestione algoritmica deve essere pienamente trasparente e dovrebbe essere sottoposta al controllo umano affinché i lavoratori, se necessario, possano contestare le decisioni attraverso procedure efficaci e non deve essere basata su insiemi di dati distorti concernenti il genere, l'origine etnica o l'orientamento sessuale, evitando pertanto qualsiasi rischio di discriminazione nei risultati da essa prodotti; che un numero significativo di gruppi vulnerabili quali donne, minoranze e persone con disabilità è maggiormente esposto al rischio di pregiudizi nei rating(35);

Z.  considerando che il problema del lavoro non retribuito costituisce una questione particolarmente sensibile nell'ambiente del lavoro su piattaforma digitale;

AA.  considerando che la creazione di cooperative potrebbe rappresentare un importante strumento di organizzazione dal basso del lavoro su piattaforma digitale e potrebbe incoraggiare la concorrenza tra piattaforme;

AB.  considerando che vi è una grande necessità di soluzioni di trasporto integrate basate su una vasta gamma di servizi, che pongano l'accento sul sistema anziché sulle sue componenti, e che le piattaforme possono svolgere un ruolo nel facilitare la mobilità come servizio (Mobility as a Service – MaaS), la logistica come servizio (Logistics as a Service – LaaS) e la mobilità collaborativa; che la digitalizzazione potrebbe offrire maggiori opportunità per creare un settore dei trasporti sostenibile, innovativo e multimodale, anche attraverso l'innovazione dei trasporti pubblici; che un quadro lungimirante per le imprese delle piattaforme deve anche fornire una risposta alle potenziali preoccupazioni in materia di ambiente e salute e massimizzare l'efficienza della mobilità, e che si dovrebbe pertanto procedere a una valutazione approfondita dell'impatto ambientale delle piattaforme nel settore dei trasporti e del turismo, visto che le conoscenze relative ai loro effetti, sia positivi che negativi, risultano insufficienti;

AC.  considerando che il proliferare delle piattaforme digitali d'intermediazione e collaborative sta trasformando radicalmente il trasporto di persone e di merci, in particolare mediante la fornitura di nuovi servizi per le imprese e i singoli, lo sviluppo del trasporto multimodale, il miglioramento della connettività nelle zone isolate, il potenziamento della mobilità urbana o finanche l'ottimizzazione della gestione dei flussi;

AD.  considerando che la connettività senza fili e fissa ad alta velocità è essenziale per l'ulteriore sviluppo dei servizi di trasporto digitalizzati; che l'UE sta stabilendo norme di regolamentazione per l'utilizzo dei servizi e dei prodotti digitali, come ha fatto con il regolamento generale sulla protezione dei dati (RGPD) e con la strategia digitale europea, ma è in ritardo per quanto riguarda la creazione di condizioni competitive affinché le nuove imprese e piattaforme digitali si sviluppino e crescano nell'UE;

Il quadro giuridico dell'Unione europea

1.  osserva che l'attuale quadro dell'UE è insoddisfacente e si rammarica del fatto che gli strumenti giuridici dell'UE spesso non siano applicati a molti lavoratori delle piattaforme digitali a causa della loro errata classificazione e che non affrontino le nuove realtà del mondo del lavoro; sottolinea la necessità di migliorare le condizioni di lavoro di tutti i lavoratori delle piattaforme che prestano la loro opera attraverso le piattaforme di lavoro digitali, ivi compresi i lavoratori realmente autonomi; teme che tale frammentazione possa porre molti lavoratori delle piattaforme in una situazione di precarietà giuridica, in cui alcuni lavoratori delle piattaforme avrebbero di diritti minori o più limitati di quelli che dovrebbero essere garantiti a tutti i lavoratori; è del parere che una regolamentazione inadeguata potrebbe condurre a interpretazioni divergenti il che, a sua volta, genererebbe imprevedibilità e avrebbe conseguenze negative sia sulle imprese che sui lavoratori;

2.  osserva che il significato dei termini "lavoratore subordinato" e "lavoratore autonomo" non è definito in modo uniforme in tutti gli Stati membri; osserva altresì che il confine tra questi due termini è spesso ambiguo per le nuove forme di lavoro, e che alcuni lavoratori autonomi o lavoratori subordinati rischiano pertanto di essere classificati in modo errato e di non godere dei diritti inerenti al loro status; ritiene pertanto che i lavoratori delle piattaforme di lavoro digitali dovrebbero beneficiare degli stessi diritti e dello stesso accesso alla protezione sociale riconosciuti ai lavoratori della stessa categoria che non prestano la propria opera su piattaforma in condizioni di parità, rispettando pienamente la diversità dei modelli di mercato del lavoro nazionali, l'autonomia delle parti sociali e le competenze nazionali;

3.  sottolinea, inoltre, che i lavoratori delle piattaforme che lavorano in Stati membri diversi o che associano a un impiego regolare un lavoro sulle piattaforme digitali in Stati membri diversi potrebbero essere soggetti a normative completamente diverse a fronte di uno stesso lavoro;

4.  ritiene che a tale incertezza giuridica debba essere posto urgentemente rimedio a vantaggio di lavoratori, imprese, piattaforme incluse, e consumatori; ritiene che qualsiasi proposta debba riconoscere l'eterogeneità delle piattaforme e dei lavoratori delle piattaforme, come pure la diversità dei sistemi nazionali a livello previdenziale, sanitario e del diritto del lavoro e la necessità di modelli di lavoro su piattaforme digitali sostenibili, rispettando al contempo la situazione dei lavoratori delle piattaforme che sono effettivamente lavoratori autonomi; ritiene che sia necessario disporre di un quadro dell'Unione, basato su una valutazione d'impatto esaustiva e su una consultazione con gli attori pertinenti, che tuteli il lavoro su piattaforma assicurando condizioni di lavoro dignitose e contrastando al contempo le forme precarie di lavoro su piattaforma, e che potrebbe essere integrato dalla legislazione nazionale o da contratti collettivi negoziati; sottolinea che qualsiasi iniziativa legislativa dell'Unione dovrebbe promuovere l'innovazione, la creazione di nuovi modelli d'impresa, le cooperative, le start-up e le PMI nonché un'occupazione dignitosa; sottolinea che bisognerebbe continuare a garantire le opportunità e le forme di lavoro flessibili offerte dalle piattaforme di lavoro digitali, purché non abbiano conseguenze negative sulla protezione sociale e sui diritti dei lavoratori;

5.  osserva che i casi di classificazione errata sono maggiormente prevalenti nelle piattaforme di lavoro digitali che disciplinano in modo rigido, direttamente o tramite un algoritmo, le condizioni e la remunerazione del lavoro su piattaforma; invita la Commissione, al fine di agevolare la corretta classificazione dei lavoratori delle piattaforme, a introdurre nella sua imminente proposta una presunzione confutabile dell'esistenza di un rapporto di lavoro per i lavoratori delle piattaforme, in conformità alle definizioni nazionali sancite dai rispettivi ordinamenti o contratti collettivi degli Stati membri, unitamente all'inversione dell'onere della prova e a eventuali misure aggiuntive; sottolinea pertanto che, ogniqualvolta i lavoratori delle piattaforme contestano la classificazione della loro condizione occupazionale dinanzi a un organo giurisdizionale o amministrativo in conformità alle leggi e alle pratiche nazionali, spetta al presunto datore di lavoro dimostrare che non sussiste alcun rapporto di lavoro; sottolinea che la presunzione confutabile dell'esistenza di un rapporto di lavoro non deve tradursi in una classificazione automatica di tutti i lavoratori delle piattaforme come lavoratori subordinati; ritiene che la classificazione dei lavoratori dovrebbe essere basata sulle circostanze inerenti all'effettivo svolgimento del lavoro e su una serie di criteri, in conformità alla legislazione nazionale, e non sulla descrizione del rapporto di lavoro fornita dalle parti; sottolinea che tale presunzione confutabile fa sì che i lavoratori che sono effettivamente lavoratori autonomi possano rimanere tali e possano continuare ad avere accesso al lavoro su piattaforma; invita inoltre la Commissione a chiarire che l'ipotesi di introdurre a livello dell'Unione un nuovo cosiddetto "terzo status" tra quelli di "lavoratore subordinato" e di "lavoratore autonomo" non può essere presa in considerazione poiché non aiuterebbe a risolvere i problemi attuali e rischia di confondere ulteriormente concetti già confusi, nonché a provvedere affinché i lavoratori delle piattaforme siano classificati o come lavoratori subordinati o come lavoratori autonomi, in conformità alla legislazione nazionale;

6.  sottolinea che la legislazione negli Stati membri e a livello dell'UE è ben lungi dal tenere il passo con la rapida evoluzione della trasformazione digitale, il che determina un vuoto normativo riguardo ai nuovi metodi di lavoro, con un impatto diretto sui diritti dei lavoratori e sul funzionamento delle piattaforme online;

7.  sottolinea che qualsiasi normativa riguardante le piattaforme online deve rispettare il principio di sussidiarietà e i diversi approcci degli Stati membri, date le differenze esistenti tra le piattaforme digitali (dal numero dei lavoratori fino al grado di rispetto dei loro diritti), e deve resistere alla prova del tempo e alla trasformazione digitale;

8.  accoglie con favore l'intenzione della Commissione di presentare entro la fine del 2021 un'iniziativa legislativa volta al miglioramento delle condizioni di lavoro dei lavoratori delle piattaforme digitali, come annunciato nel piano d'azione sul pilastro europeo dei diritti sociali, preceduta da una consultazione in due fasi delle parti sociali; invita la Commissione, qualora le parti sociali non esprimano la volontà di avviare il processo di cui all'articolo 155 TFUE, e alla luce delle conclusioni delle consultazioni pubbliche, a presentare una proposta di direttiva sui lavoratori delle piattaforme al fine di garantire diritti a tutti i lavoratori delle piattaforme e affrontare le specificità del lavoro su piattaforma digitale così da assicurare loro condizioni di lavoro eque e trasparenti, un ambiente lavorativo sano e sicuro, l'accesso a una protezione sociale adeguata e trasparente nonché il diritto di organizzarsi, di stabilirsi, di aderire liberamente, tra l'altro, ai sindacati e di essere da essi rappresentati nonché di negoziare contratti collettivi, l'accesso alla formazione e alle competenze, garantendo al contempo la protezione dei dati in linea con l'RGPD e la gestione algoritmica trasparente, etica e non discriminatoria, assicurando condizioni di parità in tutti gli Stati membri e creando un contesto imprenditoriale prevedibile e stabile che favorisca gli investimenti e l'innovazione;

9.  invita la Commissione a riconoscere lo status delle piattaforme di lavoro digitali quali datori di lavoro, agenzie per il lavoro (interinale) o intermediari, in relazione al loro settore di attività, al fine di garantire che siano soddisfatti tutti gli obblighi che un particolare status comporta, per quanto concerne, ad esempio, i contributi previdenziali, la responsabilità in materia di salute e sicurezza, la responsabilità per il pagamento dell'imposta sul reddito, la dovuta diligenza e la responsabilità sociale delle imprese, e che sia possibile mantenere condizioni di parità con le altre imprese attive nel settore;

10.  sottolinea la necessità di combattere meglio il falso lavoro autonomo mediante una direttiva, in modo da includere i lavoratori delle piattaforme che soddisfano le condizioni tipiche di un rapporto di lavoro basato sull'effettivo svolgimento del lavoro e non sulla descrizione del rapporto fornita dalle parti;

11.  sottolinea che il grande impatto delle piattaforme online non si limita ai benefici offerti ai consumatori, ma è invece un impatto su vasta scala che interessa l'intera catena di approvvigionamento, compresi i fornitori, i produttori, i distributori e i consumatori, e che occorre tenere conto di tale aspetto all'atto di discutere della legislazione;

Condizioni di lavoro eque e trasparenti

12.  invita la Commissione, nell'esaminare le modalità per migliorare le condizioni di lavoro, a:

   assicurare il corretto funzionamento e l'efficacia dei quadri che disciplinano la contrattazione collettiva, nonché a
   attuare meglio il divieto di clausole di esclusività e garantire che tutti i lavoratori delle piattaforme siano autorizzati a lavorare per piattaforme diverse (multi-apping) e non siano soggetti a trattamenti sfavorevoli, in linea con la direttiva relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili;
   garantire la portabilità dei certificati di idoneità e favorire l'interoperabilità dei rating tra le piattaforme;
   migliorare i diritti in caso di limitazione, sospensione o cessazione da parte della piattaforma, garantendo che tutti i lavoratori delle piattaforme abbiano diritto a una dichiarazione preliminare motivata e, in caso di contestazione, a un diritto di replica e a una risoluzione delle controversie efficace e imparziale, prevedendo la possibilità di ripristinare la conformità o confutare la dichiarazione, ivi comprese le azioni collettive;
   porre rimedio all'attuale mancanza di trasparenza, pur rispettando la tutela del segreto commerciale in conformità della direttiva (UE) 2016/943(36), in particolare i considerando 13 e 18 e gli articoli 3 e 5, garantendo la fornitura di informazioni essenziali sulle condizioni di lavoro e sulle regole di cooperazione, sul metodo di calcolo del prezzo o della tariffa, sull'assegnazione delle mansioni e sulla trasparenza in caso di modifica dei termini, delle condizioni e delle procedure di disattivazione temporanea o permanente, se del caso, che dovrebbe essere preceduta da una consultazione; ritiene che la suddetta comunicazione debba essere resa in modo chiaro, completo e facilmente accessibile sia ai lavoratori che ai loro rappresentanti, nel rispetto della vigente legislazione nazionale e dell'UE sui diritti dei lavoratori;
   laddove si ricorra all'IA, garantire la trasparenza delle piattaforme per quanto riguarda la modalità di utilizzo dell'IA e i parametri algoritmici che influenzano le condizioni di lavoro, in particolare per quanto concerne la distribuzione dei compiti, i rating e le interazioni, e la fornitura di informazioni comprensibili e aggiornate sul funzionamento dell'algoritmo stesso per quanto riguarda le modalità di attribuzione dei compiti e di assegnazione dei rating, la procedura di disattivazione e la determinazione dei prezzi; tenere conto del fatto che gli algoritmi sono sempre sottoposti alla sorveglianza umana e che le loro decisioni devono essere affidabili, oppugnabili e all'occorrenza reversibili;
   valutare la possibilità di creare funzionalità interne alla piattaforma, opzionali e facilmente accessibili, che consentano ai lavoratori di identificarsi reciprocamente in modo privato e sicuro e di comunicare tra loro, qualora lo desiderino;

13.  invita la Commissione a valutare in che misura le attuali norme dell'UE siano applicabili al mercato del lavoro delle piattaforme digitali e ad assicurarne una corretta attuazione e applicazione; invita gli Stati membri, in collaborazione con le parti sociali e con gli altri soggetti interessati, a valutare, in modo proattivo e basato su una logica di anticipazione, la necessità di ammodernare la legislazione in vigore, compresi i sistemi di sicurezza sociale, in modo da stare al passo con gli sviluppi tecnologici e assicurare al contempo la tutela dei lavoratori; invita la Commissione e gli Stati membri a coordinare i sistemi di sicurezza sociale al fine di garantire l'esportabilità delle prestazioni e l'aggregazione dei periodi in conformità della legislazione nazionale e dell'Unione;

Un ambiente di lavoro sano e sicuro

14.  sottolinea che i lavoratori delle piattaforme possono essere esposti a maggiori rischi per la salute e la sicurezza, sia nel caso del lavoro su piattaforma (ad esempio incidenti stradali o lesioni fisiche causate da macchinari o sostanze chimiche) che per il lavoro su piattaforma online (ad esempio i problemi connessi all'ergonomia delle postazioni di lavoro al computer), che non si limitano alla salute fisica ma che incidono anche sulla salute psicosociale, con fattori di rischio emergenti quali l'imprevedibilità degli orari di lavoro, l'intensità del lavoro, la competitività dell'ambiente (sistemi di rating, incentivi al lavoro tramite bonus), il sovraccarico di informazioni e l'isolamento; sottolinea che la proposta della Commissione deve affrontare la questione della salute e della sicurezza sul lavoro dei lavoratori delle piattaforme, in linea con il quadro giuridico dell'Unione in materia di salute e sicurezza, e consentire loro di esercitare i loro diritti, ivi compreso il diritto alla disconnessione, conformemente all'accordo quadro delle parti sociali europee sulla digitalizzazione, senza che per questo debbano subire svantaggi; sottolinea che tutti i lavoratori impegnati nelle attività su piattaforma in loco devono essere provvisti di adeguati dispositivi di protezione personale e che quelli attivi nell'ambito dei trasporti e delle consegne devono avere la garanzia di una copertura assicurativa contro gli infortuni; fa presente che le piattaforme di lavoro digitali devono predisporre misure di salvaguardia per tutelare i lavoratori delle piattaforme dalla violenza e dalle molestie sessuali, ivi compresa la violenza di genere, e istituire solidi meccanismi di denuncia;

15.  ritiene che tutti i lavoratori delle piattaforme dovrebbero avere il diritto di ricevere un indennizzo in caso di infortuni sul lavoro e malattie professionali e poter godere di una protezione sociale, inclusa una copertura assicurativa per malattia e invalidità; accoglie con favore, a tale proposito, le iniziative di alcune piattaforme di lavoro digitali volte a fornire, come primo passo, una copertura assicurativa e misure in materia di salute e sicurezza sul lavoro nelle more dell'istituzione di un quadro legislativo, e pone l'accento sul ruolo fondamentale che i contratti collettivi possono svolgere in tale ambito;

Una protezione sociale adeguata e trasparente

16.  è fermamente convinto che la copertura, l'adeguatezza e la trasparenza formali ed efficaci dei sistemi di protezione sociale dovrebbero applicarsi a tutti i lavoratori, compresi i lavoratori autonomi; invita gli Stati membri ad attuare pienamente e immediatamente la raccomandazione del Consiglio, dell'8 novembre 2019, sull'accesso alla protezione sociale per i lavoratori subordinati e autonomi e ad adottare misure al fine di garantire la protezione sociale dei lavoratori delle piattaforme; invita la Commissione a esaminare i progressi degli Stati membri in tal senso nel quadro delle raccomandazioni specifiche per paese del semestre europeo;

17.  ricorda che la protezione sociale è una rete di sicurezza solidale vantaggiosa non soltanto per il singolo, ma anche per la società nel suo insieme; sottolinea che i lavoratori delle piattaforme affrontano difficoltà straordinarie quando si tratta di soddisfare i requisiti di ammissibilità e di fruire delle prestazioni di sicurezza sociale, il che a sua volta ha un impatto sulle loro prospettive finanziarie nonché sulla solidità e solidarietà dei sistemi di sicurezza sociale; ritiene che i lavoratori delle piattaforme dovrebbero avere accesso a tutti i settori della sicurezza sociale, a seconda del loro status; ricorda, in particolare, l'importanza che gli Stati membri assicurino, e se necessario estendano, l'accesso alla protezione sociale ai lavoratori delle piattaforme autonomi, comprese le persone che passano da uno status all'altro o che hanno entrambi gli status, al fine di garantire la portabilità dei diritti sociali accumulati, e inclusi i regimi che coprono le prestazioni di maternità e le prestazioni parentali equivalenti, nonché le prestazioni in caso di disoccupazione, infortunio, assistenza a lungo termine, invalidità, malattia, assistenza sanitaria e vecchiaia;

Rappresentanza e diritti di contrattazione collettiva

18.  ricorda che la libertà di associazione e il diritto alla contrattazione collettiva sono diritti fondamentali per tutti i lavoratori e ritiene che una direttiva sui lavoratori delle piattaforme dovrebbe garantire l'efficacia, l'integrale applicazione e il rispetto di tali diritti; esprime preoccupazione riguardo all'esistenza di rapporti squilibrati e asimmetrici tra le piattaforme di lavoro digitali e i lavoratori, che spesso non dispongono del potere negoziale individuale per negoziare equi termini e condizioni; osserva inoltre che vi sono anche questioni pratiche, quali la mancanza di mezzi comuni di comunicazione e di opportunità di incontro online o di persona, che possono impedire la rappresentanza collettiva nella pratica; constata altresì il potenziale degli approcci innovativi che aprono nuove vie per il dialogo sociale e l'organizzazione mediante soluzioni digitali; invita la Commissione ad affrontare tali ostacoli nella sua proposta; sottolinea la necessità che i lavoratori delle piattaforme e le piattaforme siano adeguatamente organizzati e rappresentati al fine di agevolare il dialogo sociale e la contrattazione collettiva;

19.  sottolinea che la forma giuridica cooperativa potrebbe essere uno strumento importante per un'organizzazione dal basso del lavoro su piattaforma digitale, che può anche avere un impatto positivo sulla democrazia interna e sulla responsabilizzazione dei lavoratori;

20.  deplora le difficoltà giuridiche nella rappresentanza collettiva incontrate dai lavoratori delle piattaforme ed è consapevole del fatto che i lavoratori autonomi individuali sono generalmente considerati "imprese" e, in quanto tali, sono soggetti al divieto di accordi che limitano la concorrenza; prende atto, a tale proposito, della valutazione d'impatto iniziale pubblicata dalla Commissione(37) e dell'iniziativa prevista per affrontare tale ostacolo, oltre all'iniziativa legislativa intesa a migliorare le condizioni di lavoro dei lavoratori delle piattaforme pur rispettando gli attuali sistemi di contrattazione collettiva; è convinto che il diritto dell'UE in materia di concorrenza non debba ostacolare il miglioramento delle condizioni di lavoro (compresa la fissazione della retribuzione) e la protezione sociale dei lavoratori delle piattaforme autonomi e indipendenti attraverso la contrattazione collettiva, ed esorta la Commissione a chiarire che i contratti collettivi non rientrano nel campo di applicazione del diritto della concorrenza, al fine di garantire che anche detti lavoratori possano costituirsi in sindacati e accedere alla contrattazione collettiva nonché assicurare un migliore equilibrio nell'ambito del potere di contrattazione e un mercato interno più equo;

Formazione e competenze

21.  sottolinea l'importanza della formazione, in particolare la necessità che le piattaforme di lavoro digitali offrano una formazione ai lavoratori delle piattaforme sull'utilizzo del loro sito web o dell'applicazione, sulle mansioni da svolgere nonché sulla salute e la sicurezza sul lavoro; sottolinea inoltre che le piattaforme dovrebbero offrire ai loro lavoratori, in particolare a quelli meno qualificati, l'accesso a una formazione continua che consenta l'acquisizione di competenze e la riqualificazione al fine di migliorare la loro occupabilità e i loro percorsi professionali; chiede di facilitare il riconoscimento, la convalida e la portabilità dei risultati ottenuti nell'ambito dell'apprendimento non formale e informale, ma anche il riconoscimento delle competenze acquisite durante il lavoro su piattaforma; ritiene, a tale proposito, che dovrebbe essere rilasciato un "certificato di esperienza" per i lavoratori delle piattaforme che hanno partecipato a tale formazione, che potrebbe essere caricato sugli account individuali di formazione; invita, a tale proposito, la Commissione ad affrontare il tema dell'istruzione e della formazione dei lavoratori delle piattaforme nelle prossime proposte su un approccio europeo in materia di microcredenziali e conti individuali di apprendimento; pone l'accento su alcuni partenariati strategici istituiti dalle piattaforme al fine di garantire l'accesso dei lavoratori delle piattaforme alla formazione (quali corsi di lingue, consulenze personalizzate e video coaching), onde consentire loro di ottenere avanzamenti di carriera; ritiene che queste migliori prassi dovrebbero essere integrate in tutte le piattaforme nell'ambito di tutti i settori;

22.  sottolinea che le competenze digitali rivestono un'importanza cruciale; ritiene che gli investimenti a favore della formazione professionale e dell'apprendimento permanente siano necessari affinché i lavoratori siano dotati delle adeguate competenze per l'era digitale; invita gli Stati membri ad adeguare i loro sistemi di istruzione e formazione al mercato del lavoro digitale, al fine di promuovere l'alfabetizzazione e le competenze digitali e promuovere l'imprenditorialità; evidenzia che finora l'economia delle piattaforme di lavoro digitali si è sviluppata principalmente nelle aree urbane; invita la Commissione e gli Stati membri a intervenire per combattere il divario digitale e garantire a tutti l'accesso ai servizi digitali; sottolinea, in tal senso, l'importanza di diffondere la rete a banda larga 5G nelle zone rurali;

23.  sottolinea la necessità di garantire ai lavoratori delle piattaforme lo stesso accesso all'apprendimento permanente di cui beneficiano i lavoratori dell'economia tradizionale, in conformità del diritto e delle prassi nazionali, incoraggiando nel contempo l'innovazione, promuovendo una crescita competitiva e inclusiva e garantendo condizioni di parità alle imprese;

Gestione degli algoritmi e dei dati

24.  ritiene che l'uso degli algoritmi nel lavoro debba essere trasparente, non discriminatorio, affidabile ed etico per tutti i lavoratori; sottolinea che la trasparenza e la non discriminazione algoritmiche dovrebbero applicarsi all'attribuzione e alla distribuzione delle mansioni, alla fissazione dei prezzi, alla pubblicità, ai rating e alle interazioni; sottolinea inoltre che le funzioni di gestione algoritmica, in particolare l'assegnazione delle mansioni, i rating, le procedure di disattivazione e la fissazione dei prezzi, nonché qualunque modifica delle stesse, dovrebbero essere illustrate e comunicate in modo comprensibile, chiaro e aggiornato e dovrebbero far parte del dialogo sociale, pur nel rispetto del segreto commerciale in conformità della direttiva (UE) 2016/943, in particolare i considerando 13 e 18 e gli articoli 3 e 5; sottolinea che tutte le decisioni algoritmiche devono essere etiche, affidabili, oppugnabili e all'occorrenza reversibili, e sottolinea l'importanza di verifiche e controlli periodici in tal senso da parte delle autorità pertinenti, conformemente alla legislazione nazionale volta, per prevenire risultati di IA errati; ribadisce che tutte le decisioni algoritmiche devono rispettare il diritto di non essere sottoposti a una decisione basata unicamente sul trattamento automatizzato di cui all'articolo 22, paragrafo 1, dell'RGPD, il che significa che deve esserci una sorveglianza umana; sottolinea che le pratiche di incentivazione, ad esempio i bonus eccezionali, o le pratiche punitive, quali i rating che hanno un impatto sull'orario di lavoro e che portano all'assegnazione di meno lavoro, non dovrebbero determinare comportamenti pericolosi o rischi per la salute e la sicurezza, ivi compresa la salute mentale; è convinto che gli algoritmi non discriminatori siano quelli che impediscono discriminazioni di genere, discriminazioni razziali e altri pregiudizi sociali nella selezione e nel trattamento di gruppi diversi e che non rinforzano le disuguaglianze e gli stereotipi;

25.  invita la Commissione e gli Stati membri a garantire un'adeguata tutela dei diritti e del benessere dei lavoratori, quali la non discriminazione, il rispetto della vita privata, l'autonomia e la dignità umana nell'uso dell'IA e della gestione algoritmica, compresi gli strumenti di previsione e segnalazione intesi a prevedere i comportamenti, il monitoraggio in tempo reale dei progressi e delle prestazioni e il software di monitoraggio dei tempi, gli stimoli comportamentali automatici e la sorveglianza indebita; sottolinea che i lavoratori dovrebbero essere sempre informati e consultati prima dell'utilizzo di detti dispositivi e pratiche; ritiene che sia opportuno promuovere la formazione degli sviluppatori di algoritmi sulle questioni riguardanti l'etica, la trasparenza e la lotta alle discriminazioni;

26.  esprime preoccupazione riguardo all'insufficiente rispetto dei diritti di proprietà intellettuale per le opere creative dei lavoratori autonomi su piattaforma digitale, e invita la Commissione e gli Stati membri ad affrontare questo problema e a garantire la corretta applicazione della pertinente legislazione;

27.  è del parere che i lavoratori dovrebbero essere informati delle recensioni dei clienti; fa presente che i lavoratori dovrebbero avere il diritto di contestare il mancato pagamento e di sottoporre detta contestazione all'esame di un dipendente della piattaforma digitale;

28.  invita la Commissione e gli Stati membri a provvedere affinché il tempo di attesa e di disponibilità sulla piattaforma digitale sia considerato orario di lavoro per i lavoratori delle piattaforme impegnati in un rapporto di lavoro;

29.  ricorda che tutte le piattaforme online devono garantire il pieno rispetto della legislazione dell'UE, ivi compreso il diritto in materia di non discriminazione e protezione dei dati; ritiene inoltre che i lavoratori delle piattaforme e, con il loro consenso, i loro rappresentanti, dovrebbero avere pieno accesso a tutti i dati relativi alle loro attività, comprendere come vengono trattate le loro informazioni personali, essere informati di qualsiasi classificazione o valutazione del lavoratore da parte della piattaforma che potrebbe avere conseguenze sulle loro condizioni di occupazione o di lavoro e avere il diritto di esportare i loro rating; invita la Commissione e gli Stati membri a provvedere affinché i lavoratori delle piattaforme abbiano il diritto effettivo alla portabilità dei dati come sancito dagli articoli 20 e 88 dell'RGPD; ritiene che occorra valutare la possibilità di un certificato portabile, riconosciuto tra piattaforme simili, che attesti le competenze dei lavoratori, i feedback dei clienti e i rating reputazionali;

30.  osserva che la modalità di esecuzione del lavoro su piattaforma e l'assenza di un luogo di lavoro definito possono determinare la sublocazione degli account dei lavoratori e il lavoro non dichiarato; ritiene che sia opportuno garantire affidabili processi di verifica dell'identità dell'utente della piattaforma senza il trattamento obbligatorio dei dati biometrici;

31.  sottolinea che i possibili vantaggi in termini di efficienza delle piattaforme di lavoro online rispetto al mercato del lavoro tradizionale dovrebbero fondarsi sulla concorrenza leale; sottolinea che, al fine di garantire condizioni di parità tra le imprese delle piattaforme di lavoro digitali e le imprese tradizionali, in particolare le PMI, l'economia delle piattaforme digitali, come qualsiasi altra economia, deve versare le imposte e i contributi previdenziali e rispettare la legislazione sociale e del lavoro; sottolinea la necessità di adeguare conseguentemente, ove necessario, le relative politiche;

32.  invita la Commissione a garantire che i lavoratori delle piattaforme e i lavoratori in qualsiasi altra forma di occupazione simile, resa possibile dall'innovazione tecnologica, siano inclusi nelle proposte per introdurre un numero di sicurezza sociale europeo (ESSN) e ad applicare al lavoro su piattaforma digitale, in modo non discriminatorio, norme eque in materia di mobilità;

33.  riconosce che l'economia delle piattaforme di lavoro digitali può essere utilizzata per scopi sociali; invita la Commissione e gli Stati membri a promuovere i modelli dell'economia sociale nell'ambito dell'economia delle piattaforme di lavoro digitali e a procedere allo scambio delle migliori pratiche in tal senso, in ragione della resilienza dimostrata dalle imprese sociali durante la crisi della COVID-19;

Altre raccomandazioni

34.  ricorda che un elevato numero di piattaforme digitali si sta adoperando per attuare programmi e regolamenti interni intesi a creare un ambiente più sicuro per i loro lavoratori, e ritiene che tali pratiche dovrebbero essere incoraggiate dall'azione dell'Unione e nazionale in tale ambito; invita la Commissione a valutare la possibilità di istituire un marchio europeo di qualità che sia concesso, a seguito di un'accurata valutazione d'impatto, alle piattaforme che attuano buone pratiche per i lavoratori delle piattaforme, affinché gli utenti, i lavoratori e i consumatori possano prendere decisioni informate e che metta in evidenza le piattaforme con condizioni di lavoro di qualità sulla base dei contratti collettivi e di un elevato livello di trasparenza;

35.  prende atto del fatto che i dati riguardanti il numero di lavoratori delle piattaforme e la loro distribuzione per settore sono ancora frammentati; invita la Commissione, in collaborazione con gli Stati membri, a raccogliere dati affidabili e comparabili sui lavoratori delle piattaforme, al fine di avere un'idea più precisa della portata dell'attività delle piattaforme di lavoro digitali e approfondire le conoscenze in merito alle condizioni lavorative e occupazionali dei lavoratori delle piattaforme, anche per quanto concerne la copertura previdenziale e la fascia di reddito di tali lavoratori;

36.  invita i servizi pubblici nazionali per l'occupazione e la rete europea dei servizi per l'impiego (EURES) a migliorare la comunicazione sulle opportunità offerte dalle piattaforme di lavoro digitali;

37.  esorta gli Stati membri a incoraggiare forme innovative di lavoro su piattaforma in conformità alla legislazione dell'Unione e nazionale, e invita la Commissione a includere condizioni di lavoro di qualità nel suo prossimo quadro giuridico, nonché a mantenere la flessibilità pur garantendo i diritti dei lavoratori;

38.  invita gli Stati membri a garantire che i lavoratori delle piattaforme abbiano la possibilità di rifiutare un incarico se questo si svolge al di fuori dell'orario e dei giorni di riferimento o se non ne sono stati informati rispettando il periodo minimo di preavviso, senza subire alcuna conseguenza negativa a causa di tale rifiuto;

39.  al contempo, invita la Commissione e gli Stati membri a valutare soluzioni transfrontaliere innovative, efficaci e socialmente vantaggiose che garantiscano la copertura e la protezione sociale;

40.  sottolinea che garantire il rispetto dei diritti dei lavoratori è una componente essenziale della politica in materia di turismo sostenibile; evidenzia il ruolo sempre più importante delle piattaforme digitali e della raccolta di dati nelle attività turistiche; sottolinea pertanto il contributo essenziale che la raccolta di dati sui lavoratori delle piattaforme fornirà per la realizzazione di veri e propri progetti di turismo sostenibile intesi a garantire che gli investimenti e i posti di lavoro nel turismo vadano a beneficio delle comunità locali e dei lavoratori, facilitando al contempo l'equa distribuzione dei benefici;

41.  ricorda che le donne costituiscono soltanto il 22 % dei lavoratori nel settore dei trasporti e rappresentano anche una minoranza dei lavoratori delle piattaforme nei settori dei trasporti e del turismo, dove esistono dati empirici che indicano che alle lavoratrici delle piattaforme nel settore dei trasporti sono applicate condizioni di impiego e di lavoro peggiori rispetto agli uomini;

o
o   o

42.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.

(1) GU L 186 dell'11.7.2019, pag. 57.
(2) GU L 186 dell'11.7.2019, pag. 105.
(3) GU L 136 del 22.5.2019, pag. 1.
(4) GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1.
(5) GU C 387 del 15.11.2019, pag. 1.
(6) https://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-13436-2019-INIT/en/pdfhttps://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-13436-2019-INIT/it/pdf
(7) https://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-9686-2019-INIT/it/pdf
(8) Testi approvati, P9_TA(2021)0021.
(9) Testi approvati, P9_TA(2020)0371.
(10) Testi approvati, P9_TA(2020)0284.
(11) Testi approvati, P9_TA(2020)0275.
(12) Testi approvati, P9_TA(2020)0272.
(13) Testi approvati, P9_TA(2020)0194.
(14) GU C 202 del 28.5.2021, pag. 35.
(15) GU C 242 del 10.7.2018, pag. 24.
(16) GU C 331 del 18.9.2018, pag. 125.
(17) GU C 331 del 18.9.2018, pag. 135.
(18) GU C 334 del 19.9.2018, pag. 88.
(19) https://www.etuc.org/system/files/document/file2020-06/Final%2022%2006%2020_Agreement%20on%20Digitalisation%202020.pdf
(20) "The platform economy and precarious work", Parlamento europeo, Direzione generale delle Politiche interne, Dipartimento tematico A – Politica economica e scientifica e qualità di vita, 11 settembre 2020.
(21) "The Social Protection of Workers in the Platform Economy", Parlamento europeo, Direzione generale delle Politiche interne, Dipartimento tematico A – Politica economica e scientifica e qualità di vita, 7 dicembre 2017.
(22) https://www.eurofound.europa.eu/data/platform-economy
(23) "Data subjects, digital surveillance, AI and the future of work" Parlamento europeo, Direzione generale dei Servizi di ricerca parlamentare, Unità Prospettiva scientifica, 23 dicembre 2020.
(24) https://www.dw.com/pl/ue-chce-lepiej-chroni%C4%87-pracuj%C4%85cych-za-po%C5%9Brednictwem-platform-cyfrowych/a-56676431
(25) Howard, J., "Nonstandard work arrangements and worker health and safety", American Journal of Industrial Medicine, Vol. 60, n. 1, 2016, pagg. 1-10.
(26) OIL, "World Employment and Social Outlook 2021 - The role of digital labour platforms in transforming the world of work", pag. 20.
(27) https://www.eurofound.europa.eu/sites/default/files/ef_publication/field_ef_document/ef18001en.pdf
(28)28 "The Social Protection of Workers in the Platform Economy", Parlamento europeo, Direzione generale delle Politiche interne, Dipartimento tematico A – Politica economica e scientifica e qualità di vita, 7 dicembre 2017, pag. 34, https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2017/614184/IPOL_STU(2017)614184_EN.pdf
(29) Istituto europeo per l'uguaglianza di genere (EIGE), "Gender Equality Index 2020: Digitalisation and the future of work", pag. 14.
(30) EIGE, Idem, pagg. 98-99.
(31) EIGE, Idem, pag. 114.
(32)32 OIL, "World Employment and Social Outlook 2021 - The role of digital labour platforms in transforming the world of work", pag. 22.
(33)33 Centro comune di ricerca (JRC) della Commissione europea, "Platform workers in Europe: Evidence from the COLLEEM survey (2018)" (Lavoratori su piattaforma in Europa - Risultati dell'indagine COLLEEM, 2018) e "New evidence on platform workers in Europe: Results from the second COLLEEM survey (2020)" (Nuovi dati sui lavoratori delle piattaforme in Europa - Risultati della seconda indagine COLLEEM, 2020).
(34)34 "Workplace Monitoring & Surveillance", "Data & Society", Mateescu, A., Nguyen, A., Explainer, febbraio 2019.
(35)35 EIGE, Idem, pag. 99.
(36) Direttiva (UE) 2016/943 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'8 giugno 2016, sulla protezione del know-how riservato e delle informazioni commerciali riservate (segreti commerciali) contro l'acquisizione, l'utilizzo e la divulgazione illeciti (GU L 157 del 15.6.2016, pag. 1).
(37) https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ALL/?uri=PI_COM%3AAres%282021%29102652


Pescatori per il futuro
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Risoluzione del Parlamento europeo del 16 settembre 2021 sul tema "Pescatori per il futuro: attrarre una nuova generazione di lavoratori verso l'industria ittica e creare occupazione nelle comunità costiere" (2019/2161(INI))
P9_TA(2021)0386A9-0230/2021

Il Parlamento europeo,

–  visti l'articolo 3, paragrafi 2 e 3, del trattato sull'Unione europea (TUE), nonché l'articolo 4, paragrafo 2, lettere a), d) e k), e gli articoli 9, 153 e 174 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE),

–  visto l'articolo 349 TFUE,

–  vista la comunicazione della Commissione, del 24 ottobre 2017, dal titolo "Un partenariato strategico rinnovato e rafforzato con le regioni ultraperiferiche dell'UE" (COM(2017)0623),

–  vista la direttiva (UE) 2017/159 del Consiglio, del 19 dicembre 2016, recante attuazione dell'accordo relativo all'attuazione della Convenzione sul lavoro nel settore della pesca del 2007 dell'Organizzazione internazionale del lavoro, concluso il 21 maggio 2012, tra la Confederazione generale delle cooperative agricole nell'Unione europea (Cogeca), la Federazione europea dei lavoratori dei trasporti e l'Associazione delle organizzazioni nazionali delle imprese di pesca dell'Unione europea (Europêche)(1),

–  visto il regolamento (UE) n. 1380/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, relativo alla politica comune della pesca(2),

–  visto il parere del Comitato economico e sociale europeo, del 25 settembre 2019, sul tema "Dimensione sociale della pesca" (parere esplorativo)(3),

–  vista la convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS),

–  vista la convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare (SOLAS),

–  vista la convenzione istitutiva dell'Organizzazione marittima internazionale (IMO),

–  vista la convenzione che istituisce l'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL),

–  vista la convenzione internazionale di Torremolinos del 1977 sulla sicurezza delle navi da pesca,

–  visti il protocollo di Torremolinos del 1993 e l'accordo di Città del Capo del 2012, che aggiornano e modificano la convenzione di Torremolinos,

–  vista la convenzione internazionale del 1995 sulle norme relative alla formazione degli equipaggi dei pescherecci, al rilascio dei brevetti ed alla guardia (STCW-F),

–  vista la circolare sulla pesca n. 966 dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO), del 2001, dal titolo "Safety at sea as an integral part of fisheries management" (La sicurezza in mare come parte integrante della gestione della pesca),

–  vista la relazione della FAO del 2020 sullo stato della pesca e dell'acquacoltura a livello mondiale,

–  vista la convenzione n. 188 dell'OIL sul lavoro nel settore della pesca, pubblicata nel 2007,

–  visti gli orientamenti facoltativi dell'IMO del 2005 per la progettazione, la costruzione e l'equipaggiamento dei pescherecci di piccole dimensioni,

–  vista la relazione di Europêche, Cogeca "pesca" e della Federazione europea dei lavoratori dei trasporti, del dicembre 2000, intitolata "Mutual Recognition of Certificates in the Sea Fishing Sector in Europe" (Mutuo riconoscimento dei certificati nel settore della pesca marittima in Europa), nota come relazione Bénodet,

–  vista la panoramica annuale del 2019 sui sinistri e gli incidenti marittimi dell'Agenzia europea per la sicurezza marittima (EMSA),

–  vista la relazione del Comitato scientifico, tecnico ed economico per la pesca (CSTEP), del 26 settembre 2019, sui dati sociali nel settore della pesca dell'UE (CSTEP 19-03),

–  vista la relazione economica annuale per il 2019, a cura del CSTEP, sulla flotta da pesca dell'UE (CSTEP 19-06) e la relazione economica annuale del 2020 sulla flotta da pesca dell'UE (CSTEP 20-06),

–  viste le conclusioni dello studio a cura del dipartimento tematico Politiche strutturali e di coesione del Parlamento dal titolo "Training of Fishers" (Formazione dei pescatori), pubblicato nel luglio 2018,

–  vista l'analisi approfondita del dipartimento tematico Politica economica e scientifica e qualità della vita del Parlamento dal titolo "The scope of EU labour law: Who is (not) covered by key directives?" (L'ambito di applicazione del diritto del lavoro dell'UE: chi (non) è coperto dalle direttive fondamentali?), pubblicato nell'ottobre 2020,

–  vista la sua risoluzione del 27 febbraio 2014 sulle misure specifiche nell'ambito della politica comune della pesca per potenziare il ruolo della donna(4),

–  visto l'articolo 54 del suo regolamento,

–  visto il parere della commissione per l'occupazione e gli affari sociali,

–  vista la relazione della commissione per la pesca (A9-0230/2021),

A.  considerando che la politica comune della pesca (PCP) deve garantire la sostenibilità della pesca e dell'acquacoltura nel lungo periodo dal punto di vista sociale, economico e ambientale e che tale obiettivo deve essere perseguito con continuità per mantenere l'attrattiva lavorativa di tale settore; che, al fine di conseguire la sostenibilità sociale, le politiche in materia di pesca dovrebbero integrare e migliorare le condizioni di lavoro, la salute e la sicurezza, la qualità della formazione e l'inclusione sociale, nonché garantire un tenore di vita equo; che, in molte regioni e comunità dedite alla pesca nell'UE, l'importanza sociale dei settori della pesca e dell'acquacoltura è maggiore del suo contributo economico diretto;

B.  considerando che la crisi della sanità pubblica e le perturbazioni commerciali e del mercato innescate dalla pandemia di COVID-19 hanno colpito i pescatori di tutta Europa; che, nonostante i rischi per la sicurezza e i bassi prezzi del pesce, i pescatori hanno continuato a pescare, garantendo alimenti di alta qualità; che durante la crisi COVID-19 i pescatori sono stati identificati come lavoratori fondamentali che esercitano professioni critiche, garantendo un approvvigionamento alimentare importante; che, in quanto professionisti essenziali, le istituzioni dell'UE devono prestare loro particolare attenzione, non solo in virtù del loro ruolo, ma anche per la loro importanza ai fini di garantire l'approvvigionamento alimentare nell'Unione;

C.  considerando che negli ultimi anni la pesca in tutta Europa ha subito importanti cambiamenti strutturali e ristrutturazioni, con significative riduzioni di flotta; che ciò ha avuto conseguenze sociali sia per i pescatori che per le comunità dedite alla pesca; che si rileva una crescente necessità di sensibilizzazione e che occorre prestare maggiore attenzione alla dimensione sociale della pesca, ad esempio valutando l'impatto sociale nel quadro delle valutazioni d'impatto delle proposte strategiche relative alla PCP;

D.  considerando la necessità di un approccio olistico tra le diverse strategie dell'UE, incluse la strategia dell'UE sulla biodiversità per il 2030 e la strategia "Dal produttore al consumatore";

E.  considerando la necessità di tenere conto dell'impatto dei cambiamenti demografici in Europa;

F.  considerando che l'attuale carenza di analisi scientifiche periodiche e dati completi e sistematici sugli aspetti sociali della PCP compromette la definizione delle politiche in materia di pesca; che tali dati potrebbero promuovere la pesca come un settore professionalmente interessante, così da contribuire al sostentamento delle comunità costiere e attrarre i giovani verso la professione;

G.  considerando che le attività di pesca, compresa l'acquacoltura, forniscono alimenti a miliardi di persone in tutto il mondo e che, secondo la FAO, il settore è un'importante fonte di occupazione e reddito per il sostentamento del 10-12 % della popolazione mondiale; che inoltre, secondo le stime, circa 140 milioni di ulteriori posti di lavoro sono connessi al resto della catena del valore della pesca, in particolare alle attività di trasformazione e vendita dei prodotti della pesca;

H.  considerando che, secondo la relazione 19-03 del CSTEP, le donne rappresentano il 5,4 % dell'occupazione totale nella piccola flotta costiera dell'UE nel suo complesso, rispetto all'1,9 % della flotta industriale e al 2,3 % della flotta da pesca oceanica; che, tuttavia, le donne rappresentano la maggioranza della forza lavoro in determinate attività estrattive o di semi-coltivazione, ad esempio la raccolta di molluschi a piedi, e che gran parte del lavoro svolto dalle donne a sostegno di altre attività, come il confezionamento e la lavorazione, l'imballaggio, la riparazione di reti, nonché lo scarico e la pulizia del pesce (svolto da donne note come "neskatillas") non viene registrato; che esiste un divario di dati tra gli Stati membri, che non tiene conto del lavoro delle donne e il loro importante contributo al settore, che non è ancora sufficientemente riconosciuto;

I.  considerando che, secondo i dati più recenti di Eurostat(5), nel 2017 erano complessivamente impiegate nel settore della pesca dell'UE circa 180 000 persone, di cui circa un terzo nel sottosettore dell'acquacoltura; che, rispetto al totale, 41 000 persone in Spagna, 29 000 in Italia, 21 000 in Grecia, 20 000 in Francia e 14 700 in Portogallo lavoravano nel settore primario della pesca; che, sebbene l'Italia, la Grecia e il Portogallo fossero responsabili solo dell'11 % della produzione della pesca dell'UE nel 2017, il 35,9 % dei posti di lavoro nel settore si trovava in questi tre Stati membri; che, in tale contesto, la Spagna, la Francia e il Portogallo sono Stati membri con regioni ultraperiferiche, il che rende la loro dimensione marittima più rilevante, e che il settore della pesca svolge un ruolo socioeconomico essenziale in tali regioni;

J.  considerando che i dati statistici pubblicati da Eurostat(6) nel 2019 mostrano che nel 2018 il 14,4 % dei lavoratori complessivamente attivi nel settore agricoltura, silvicoltura e pesca aveva un'età pari o superiore a 65 anni, e che tale settore impiega il maggior numero di persone che rientrano in tale fascia di età; che, sebbene la quota di lavoratori in tale fascia di età sia in calo costante dal 2008, il numero effettivo di lavoratori dipendenti nella stessa fascia di età non è diminuito in maniera proporzionale;

K.  considerando che il settore della pesca svolge un ruolo fondamentale per l'approvvigionamento pubblico di prodotti ittici e per il mantenimento dell'equilibrio della bilancia alimentare negli Stati membri e nell'UE, e contribuisce in misura significativa al benessere socioeconomico delle comunità costiere, allo sviluppo locale, all'occupazione, alla preservazione e creazione di attività economiche a monte e a valle e alla salvaguardia delle tradizioni culturali locali;

L.  considerando che è necessario tenere conto delle notevoli differenze in termini di flotte, segmenti di flotta, specie bersaglio, attrezzi da pesca, produttività, preferenze di consumo e pesce consumato pro capite nei diversi Stati membri, come pure delle caratteristiche specifiche del settore della pesca derivanti dalla relativa struttura sociale, dalle forme di commercializzazione e dagli squilibri strutturali e naturali tra le diverse zone di pesca;

M.  considerando che il regolamento (UE) 2017/1004 che istituisce un quadro dell'Unione per la raccolta, la gestione e l'uso di dati nel settore della pesca e un sostegno alla consulenza scientifica relativa alla politica comune della pesca ha introdotto la raccolta di indicatori sociali relativi alla flotta da pesca dell'UE, all'acquacoltura e all'industria della trasformazione dei prodotti della pesca; che, a partire dal 2018, ogni tre anni devono essere raccolte variabili sociali tra cui l'occupazione per genere, l'occupazione a tempo pieno per genere, il lavoro non retribuito per genere, l'occupazione per età, l'occupazione per livello di istruzione, l'occupazione per nazionalità, l'occupazione per situazione occupazionale e l'occupazione a tempo pieno complessiva a livello nazionale;

N.  considerando che, secondo la relazione 19-03 del CSTEP sui dati sociali nel settore della pesca dell'UE, nel 2017 circa 150 000 persone erano impiegate nella flotta da pesca dell'UE, pari a circa 99 000 equivalenti a tempo pieno; che la maggior parte dei lavoratori impiegati nella flotta da pesca dell'UE era costituita da uomini (96 %), mentre le donne ammontavano al 4 %; che, secondo i dati registrati in relazione all'età, la fascia d'età compresa tra 40 e 64 anni rappresentava la quota più elevata (58 %) di occupati nella flotta da pesca dell'UE, seguita dalla fascia d'età compresa tra 25 e 39 anni (26 %), dalla fascia d'età superiore a 65 anni (7 %), dalla fascia d'età compresa tra 15 e 24 anni (5 %) e da una quota del 4 % di lavoratori di età non nota; che è stata rilevata una variazione significativa dei profili di età tra gli Stati membri: in Estonia il 31 % dei pescatori ha più di 65 anni, mentre in molti altri Stati membri la stessa fascia di età rappresenta solo una quota molto bassa della popolazione di pescatori (1 % in Belgio e Germania e 2 % in Finlandia);

O.  considerando che nel 2017 il 52 % degli occupati nella flotta da pesca dell'UE aveva un basso grado di istruzione, seguito dal 24 % di occupati con un livello di istruzione medio e dal 4 % di occupati con un grado di istruzione elevato; che il livello di istruzione non era noto per una quota relativamente elevata di occupati nel settore della pesca (20 % dei lavoratori), il che potrebbe indicare che tale questione viene percepita come delicata; che i livelli di istruzione variavano notevolmente tra gli Stati membri: solo l'1 % dei pescatori portoghesi aveva un grado di istruzione elevato, mentre in Svezia tale percentuale ammontava al 21 %;

P.  considerando che nel 2017 la maggior parte della forza lavoro della flotta peschereccia dell'UE era costituita da cittadini del proprio paese (86 %), seguita da cittadini di paesi non appartenenti all'UE/al SEE (8 %), persone di nazionalità non nota (3 %), cittadini di altri paesi dell'UE (3 %) e cittadini di paesi del SEE (0,1 %); che la percentuale di cittadini che lavoravano nelle flotte di altri Stati membri variava notevolmente: il 27 % degli occupati nella flotta irlandese era costituito da cittadini non irlandesi e il 36 % degli occupati nella flotta belga era costituito da cittadini non belgi; che, invece, il 94 % degli occupati nella flotta italiana era nato in Italia, il 99 % degli occupati nella flotta portoghese era costituito da cittadini portoghesi e tutti gli occupati nella flotta bulgara erano bulgari;

Q.  considerando che nel 2017 il 61 % degli occupati nella flotta da pesca dell'UE era costituito da lavoratori dipendenti e il 36 % da proprietari di pescherecci; che è stata registrata un'ampia variazione della situazione occupazionale tra gli Stati membri: i lavoratori dipendenti erano il 100 % in Belgio e solo il 28 % in Svezia;

R.  considerando che, nonostante ciò, la maggior parte degli Stati membri e dei partner economici dell'UE nel settore della pesca fa spesso riferimento all'insicurezza del reddito dell'attività della pesca in alcuni segmenti, che influisce sulla mancanza di interesse dei giovani nei confronti della pesca, tendenza accentuatasi negli ultimi anni e che rende difficile il mantenimento di attività con problematiche di perdita di posti di lavoro nelle comunità costiere;

S.  considerando che, nonostante ciò, la maggior parte degli Stati membri e dei partner economici dell'UE nel settore della pesca fa spesso riferimento alla mancanza di interesse dei giovani nei confronti della pesca, fatto constatato per la prima volta almeno vent'anni fa e che comporta ulteriori difficoltà nel settore nel suo complesso, aggravando le problematiche sociali nelle comunità costiere, del continente e delle regioni d'oltremare;

T.  considerando che le caratteristiche e i vincoli specifici delle regioni ultraperiferiche devono essere riconosciuti e tenuti in considerazione; che il settore della pesca svolge un ruolo importante per la situazione socioeconomica, l'occupazione e la promozione della coesione economica e sociale di tali regioni, e che l'economia blu sostenibile presenta un potenziale di crescita dell'occupazione; che la situazione geografica pone le regioni ultraperiferiche in una posizione privilegiata per la sorveglianza e il controllo delle zone costiere e oceaniche, aspetto cui si dovrebbe fare ricorso nel contesto degli sforzi dell'Unione volti a contrastare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (INN);

U.  che il regolamento sulla pesca INN(7) tiene unicamente conto del pesce catturato illegalmente e non prevede alcun divieto anche per quanto riguarda i prodotti della pesca associati a gravi abusi nei confronti dei lavoratori e a violazioni dei diritti umani fondamentali a bordo dei pescherecci;

V.  considerando che, secondo la FAO, i pescatori dipendono dalle loro navi per la sopravvivenza e i rischi variano a seconda del tipo di pesca, del luogo di pesca, delle condizioni meteorologiche, delle dimensioni del peschereccio, delle attrezzature trasportate e dei compiti di ciascun pescatore; che sulle navi di maggiori dimensioni gli attrezzi da pesca e le altre attrezzature pesanti comportano un notevole rischio di morte o lesioni per l'equipaggio, mentre sui pescherecci di piccole dimensioni vi può essere un considerevole rischio di capovolgimento quando si issano a bordo grandi catture, di allagamento in caso di mare grosso o di affondamento da parte di un imbarcazione più grande; che diversi rischi per la sicurezza sono quindi associati ad ciascuna attività di pesca e alle diverse dimensioni delle navi;

W.  considerando che, per quanto concerne i sinistri e gli incidenti in mare, l'attività di pesca è quella che comporta la perdita del maggior numero di imbarcazioni, pur non essendo l'attività che registra il maggior numero di incidenti; che nel 2018 il numero di incidenti che hanno coinvolto pescherecci è aumentato del 40 %;

X.  considerando che ogni anno, nel settore della pesca, muoiono 32 000 persone, senza contare le migliaia di vittime di incidenti più o meno gravi; che, come anche evidenziato dalle organizzazioni di categoria, negli ultimi anni si è assistito a un preoccupante aumento delle malattie professionali correlate a chi svolge questo lavoro così faticoso;

Y.  considerando che la pesca è, quindi, a tutti gli effetti un lavoro usurante, che comporta rischi seri per la salute e l'incolumità dei pescatori; che l'OIL ha riconosciuto questa condizione in una Convenzione che risale al 2007 e ha chiesto ai paesi che l'hanno ratificata di garantire la sicurezza e un lavoro decente delle persone che operano in questo settore;

Z.  considerando che, nonostante il numero di incidenti sia aumentato, il numero delle vittime provocate da incidenti e sinistri sui pescherecci registra una tendenza in calo, e che la maggior parte degli incidenti è dovuta a fattori umani (62,4 %), seguiti da guasti dei sistemi/delle attrezzature (23,2 % degli incidenti); che i tre fattori più frequentemente segnalati che contribuiscono agli incidenti legati all'azione umana a bordo dei pescherecci sono la mancanza di consapevolezza in materia di sicurezza, la mancanza di conoscenze e l'impiego di modalità di lavoro inadeguate da parte del personale a bordo; che tutti questi fattori non possono essere affrontati separatamente dal reddito della pesca;

AA.  considerando che nel 2019 il 64,9 % della flotta da pesca dell'UE-28 aveva almeno 25 anni(8) e che l'età media della flotta nel suo complesso era di 29,9 anni(9), il che significa che gran parte dei pescherecci è ormai vecchia e non è in grado di garantire le migliori condizioni operative e di sicurezza, il che comporta un aumento dei rischi e rende le operazioni più onerose;

AB.  considerando che le questioni legate alla sicurezza – la pesca è universalmente considerata una professione rischiosa – la natura faticosa del lavoro a bordo dei pescherecci, con redditi imprevedibili, come pure l'assenza di garanzie di una remunerazione stabile e regolare, sono fattori importanti alla base della mancanza di interesse dei giovani nei confronti della pesca, che mette a rischio il ricambio generazionale del settore della pesca e il futuro del settore nel suo complesso;

AC.  considerando che la mancata uniformità della certificazione e della formazione di base dei pescatori, così come una cooperazione insufficiente tra gli Stati membri per quanto riguarda il riconoscimento reciproco della certificazione e della formazione di base dei pescatori è riconosciuta da vent'anni come un limite e che, tuttavia, non è ancora stata risolta;

AD.  considerando che i risultati del rendimento economico della flotta dell'UE indicano generalmente miglioramenti in termini di reddito e un aumento annuo dei profitti e dei rendimenti medi dei pescatori dal 2013, se si considera la flotta nel suo insieme; che analizzando nel dettaglio i dati dei singoli Stati membri, dei singoli bacini marittimi e delle singole flotte da pesca, a seconda dei tipi di flotte e delle quote disponibili, emerge che tali tendenze non sono assolutamente universali e non si riflettono in particolare nelle tendenze della flotta costiera di piccole dimensioni dell'UE;

AE.  considerando che, mentre lo stato degli stock ittici nell'UE sta generalmente migliorando, il numero dei pescherecci, la capacità di pesca e l'occupazione diretta generata dal settore sono ogni anno in costante diminuzione, secondo quanto affermato nella relazione economica annuale del 2019 del CSTEP;

AF.  considerando che una quota significativa di pescatori ha redditi modesti e discontinui, che li mettono in condizioni di precarietà e non garantiscono loro una protezione sociale sufficiente; che questo è un ulteriore fattore che contribuisce a diminuire l'interesse dei giovani nei confronti della pesca;

AG.  considerando che la domanda formulata nella relazione Bénodet del 2000, "il pesce viene dal mare, ma da dove verranno i futuri pescatori?" a distanza di vent'anni può essere riformulata in maniera più elaborata, come segue: "il pesce viene dal mare e i pescatori sono i guardiani dei pesci e del mare, ma come faremo a rigenerarli e da dove verranno i futuri pescatori?";

AH.  considerando che è altrettanto necessario mettere in risalto le opportunità di miglioramento del tenore di vita che l'attività marittima e della pesca ha offerto e che continua ad offrire;

AI.  considerando che i giovani che desiderano avviare un'attività come pescatori si confrontano con notevoli ostacoli, legati in particolare al sistema di ripartizione delle possibilità di pesca e al suo impatto sul prezzo dei pescherecci;

AJ.  considerando che la Commissione dovrà presentare una relazione al Parlamento e al Consiglio sull'applicazione della PCP entro il 31 dicembre 2022;

Migliorare l'informazione e la caratterizzazione della popolazione attiva nel settore della pesca

1.  mette in risalto la necessità di migliorare le modalità con cui le informazioni sulla popolazione attiva nel settore produttivo della pesca e dell'acquacoltura e nell'intera catena del valore vengono raccolte, rese periodicamente e sistematicamente disponibili a livello dell'UE e ripartite per Stato membro;

2.  sottolinea che l'aggregazione dei dati statistici nel generico settore "agricoltura, silvicoltura e pesca" può nascondere o mascherare situazioni e variazioni, comportando effetti negativi per ciascuno di tali settori; mette in risalto che, benché siano tutti settori produttivi primari, le loro attività non sono interconnesse e, nel caso della pesca, non si svolgono neppure nello stesso ambiente o nella stessa area geografica;

3.  ribadisce che, come per la gestione degli stock e degli habitat, per gestire e monitorare gli sviluppi sociali nel settore, in particolare gli sviluppi occupazionali, è fondamentale disporre delle migliori conoscenze scientifiche basate su dati affidabili, aggiornati e con serie temporali estese, omogenee e per tutti gli Stati membri, senza le quali non sarebbe possibile dare seguito e piena attuazione a uno dei tre pilastri della sostenibilità definiti nella PCP, il pilastro sociale;

4.  sottolinea che le informazioni rese disponibili da diversi organismi sembrano attestare un aumento dell'età degli equipaggi dei pescherecci dell'UE, ma che, come per la gestione della pesca e l'adattamento delle misure adottate, la gestione, il monitoraggio e l'attuazione delle misure dovrebbero essere differenziati in funzione dell'area geografica, delle flotte da pesca e delle attrezzature da pesca utilizzate;

5.  esorta la Commissione, in particolare Eurostat, e gli Stati membri a tenere conto delle tendenze occupazionali, non solo in relazione al numero totale di posti di lavoro, ma anche per quanto riguarda il livello di formazione, la struttura delle età e il genere della popolazione attiva nel settore della pesca e dell'acquacoltura, compresa ove possibile la catena del valore di tali settori, producendo nello specifico dati al riguardo con dettagli analoghi a quelli riguardanti il monitoraggio dell'attività economica e del rendimento del settore;

6.  si compiace della prima relazione del CSTEP sui dati sociali nel settore della pesca dell'UE, che fornisce una panoramica completa dei dati sociali raccolti nell'ambito del quadro dell'UE sulla raccolta dei dati; sottolinea la necessità di dare un seguito alle conclusioni di questa prima relazione e chiede pertanto che le future relazioni del CSTEP sui dati sociali perfezionino gli attuali indicatori sociali, che richiedono una definizione adeguata di quali soggetti debbano essere considerati come facenti parte della forza lavoro nel settore della pesca, includano nuovi elementi di analisi con l'integrazione di indicatori connessi a obiettivi sociali generali nell'ambito della PCP, in particolare per quanto riguarda la protezione, l'istruzione e la formazione, il reddito e la sicurezza dei lavoratori, e adottino una scala geografica adeguata, inferiore al livello nazionale, tenendo conto della necessità di conoscere le realtà regionali e perfino locali;

7.  si compiace che Eurostat, il servizio statistico dell'UE, abbia creato, in cooperazione con i servizi statistici di Portogallo, Spagna e Francia e delle rispettive regioni ultraperiferiche, una pagina web che fornisce dati sulle regioni ultraperiferiche(10); si rammarica tuttavia che, data l'importanza dell'attività per le economie di tali regioni, la pagina non fornisca ancora dati sul settore della pesca; esorta la Commissione, in particolare Eurostat, a raccogliere dati affidabili e aggiornati sull'economia blu e sui cambiamenti del mercato del lavoro nel settore della pesca, sui cambiamenti dei redditi medi dei pescatori, sui loro livelli di formazione, sui livelli di partecipazione per genere e per fascia di età, nonché sulla portata e sui risultati di tali attività nelle regioni ultraperiferiche;

Migliorare le condizioni di lavoro e di vita a bordo per aumentare la sicurezza

8.  sottolinea che, sebbene le condizioni di sicurezza a bordo siano migliorate, in particolare sulle imbarcazioni di maggiori dimensioni, il numero dei sinistri e degli incidenti rilevato dall'EMSA nel 2018 è aumentato del 40 % rispetto all'anno precedente, nonostante il fatto che il numero di vittime abbia registrato un calo costante negli ultimi anni;

9.  sottolinea che l'EMSA è esclusivamente responsabile di intervenire e raccogliere dati in relazione ai sinistri e agli incidenti marittimi che coinvolgono pescherecci di lunghezza superiore a 15 metri o nelle situazioni in cui pescherecci di lunghezza inferiore a 15 metri sono coinvolti in incidenti che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2009/18/CE(11), e che pertanto i sinistri e gli incidenti che coinvolgono pescherecci saranno decisamente più numerosi di quelli registrati nelle relazioni annuali dell'EMSA;

10.  osserva che la pesca INN nelle zone marittime dell'UE comporta una concorrenza sleale nei confronti dei pescatori europei;

11.  invita la Commissione ad aiutare le autorità nazionali a dotarsi di sistemi in grado di individuare e segnalare le attività di pesca INN;

12.  sottolinea che le attività marittime professionali in generale, e in particolare la pesca, sono considerate pericolose e ad alto rischio e che tale situazione è aggravata dal fatto che l'85 % delle imbarcazioni dell'UE è costituito da imbarcazioni costiere di piccole dimensioni (di lunghezza totale inferiore a 12 metri), che sono pertanto esposte a rischi maggiori a causa delle eventuali condizioni meteorologiche avverse e della loro attività in prossimità della costa;

13.  evidenzia altresì che sulle piccole navi costiere è più difficile allestire spazi di protezione e migliorare le condizioni di lavoro, anche a causa dei rischi derivanti dallo stato obsoleto di una parte significativa della flotta; sottolinea che tali imbarcazioni sono particolarmente vulnerabili a gravi eventi meteorologici associati ai cambiamenti climatici; pone l'accento sulla necessità di un'azione sostenuta e coordinata a tutti i livelli e di politiche volte a mitigare le conseguenze dei cambiamenti climatici e ad aumentare la capacità di farvi fronte, rafforzandola resilienza e, allo stesso tempo, garantendo condizioni di sicurezza per i pescatori;

14.  rammenta che le regioni costiere e quelle ultraperiferiche dipendono storicamente dalla pesca, sono già colpite dalle conseguenze dei cambiamenti climatici e dovrebbero beneficiare di un sostegno finanziario al fine di mitigare e contrastare tali conseguenze e adattarvisi, nonché consolidare i posti di lavoro nel settore della pesca e sviluppare un'economia blu sostenibile creandone di nuovi;

15.  mette in risalto che, malgrado gli sforzi compiuti a livello internazionale e dell'UE per migliorare le condizioni di sicurezza a bordo delle imbarcazioni e in particolare dei pescherecci, le convenzioni internazionali che definiscono le norme e i sistemi di protezione delle navi e delle persone a bordo si applicano soprattutto alle imbarcazioni di maggiori dimensioni, benché in molti Stati membri esista una normativa nazionale che disciplina le misure di protezione e di abitabilità sulle imbarcazioni di minori dimensioni;

16.  esprime preoccupazione per le deroghe concesse dalle convenzioni internazionali ai piccoli pescherecci per quanto riguarda le norme non vincolanti in materia di lavoro e sicurezza, che potrebbero portare a un deterioramento delle condizioni generali di vita e di lavoro dei pescatori che lavorano in determinati segmenti della flotta e in alcuni Stati membri; invita quindi la Commissione e gli Stati membri a intervenire rapidamente e di concerto per applicare condizioni di riferimento analoghe e sostenere tutti i pescherecci affinché vi si conformino, in quanto pilastri fondamentali per l'economia e l'identità delle piccole località costiere;

17.  ribadisce che le condizioni di lavoro e di vita a bordo non possono essere considerate come distinte dalle condizioni di sicurezza; ritiene che la garanzia di una corretta modernizzazione delle imbarcazioni e di buone condizioni di lavoro e di vita sulle imbarcazioni migliori le condizioni di sicurezza nell'ambito delle quali si svolgono le operazioni di pesca, al pari del riposo dei pescatori, che si ripercuote direttamente sulla loro sicurezza, dato che un numero considerevole di sinistri e incidenti a bordo dei pescherecci continua a essere connesso a errori umani, dovuti a mancanza di conoscenze e formazione o a stanchezza;

18.  ritiene che garantire un ambiente di lavoro accessibile e adeguato, anche nel settore della pesca e dell'acquacoltura, al fine di reinserirsi nel mercato del lavoro sia dei pescatori attivi che degli ex pescatori e degli altri lavoratori del settore che soffrono di disabilità, porterebbe a una maggiore inclusione sociale e contribuirebbe a creare maggiori incentivi per la generazione di reddito nel settore e nelle comunità di pescatori;

19.  sottolinea che i lavoratori marittimi, compresi i pescatori, sono spesso esclusi dall'ambito di applicazione dei quadri giuridici dell'UE e degli Stati membri in materia di lavoro, tenuto conto che numerose norme non si applicano alla realtà delle attività di tali lavoratori; mette in risalto che, data l'inapplicabilità dei regimi generali del lavoro, giacché i redditi di tali lavoratori dipendono dalla quantità di pescato in funzione delle rispettive quote disponibili, è necessario garantire l'applicazione di una serie di presupposti di base su misura per i lavoratori marittimi e in particolare per i pescatori, che spesso sono anche proprietari delle imbarcazioni, in relazione alle normative in materia di lavoro, tenendo conto delle circostanze citate e delle specificità del settore della pesca costiera e artigianale;

20.  ribadisce il diritto dei pescatori di formare sindacati e di utilizzare la contrattazione collettiva come strumento per migliorare le loro condizioni di lavoro;

21.  sottolinea che, a seconda delle attrezzature da pesca utilizzate, delle dimensioni dell'imbarcazione, dell'area operativa e delle condizioni meteorologiche, la pesca presenta diversi fattori di rischio in relazione alle condizioni di lavoro e di vita che devono essere garantite a bordo;

22.  rammenta le misure adottate a livello internazionale, in particolare a norma del protocollo di Torremolinos (1993) e dell'accordo di Città del Capo (2012), per modificare e migliorare la convenzione di Torremolinos (1977), istituita per affrontare il nodo della sicurezza dei pescherecci, e sottolinea che, benché nel 2012 i suoi requisiti siano stati ridotti, la convenzione continua a non essere in vigore ed esorta tutti gli Stati membri che non l'hanno ancora fatto a ratificare la convenzione di Torremolinos; ricorda che il protocollo è stato recepito nel diritto dell'UE mediante la direttiva 97/70/CE del Consiglio che istituisce un regime di sicurezza armonizzato per le navi da pesca di lunghezza uguale o superiore a 24 metri(12);

23.  si compiace della formulazione, nel 2005, degli orientamenti facoltativi dell'IMO per la progettazione, la costruzione e l'equipaggiamento dei pescherecci di piccole dimensioni; sottolinea tuttavia che, trattandosi di orientamenti facoltativi, essi possono fungere solo da linee guida e che non esistono obblighi giuridici o norme di base uniformate che siano applicabili ai pescherecci costieri di piccole dimensioni; sottolinea che alcuni Stati membri hanno adottato disposizioni concernenti la costruzione, la sicurezza e l'abitabilità dei pescherecci di piccole dimensioni, e raccomanda di armonizzare tale normativa a livello dell'Unione;

24.  ricorda che l'obiettivo ultimo della PCP è rendere l'attività di pesca sostenibile da un punto di vista sociale, ambientale ed economico; sottolinea che il miglioramento del tenore di vita dei pescatori, grazie a migliori condizioni di lavoro e di sicurezza, è uno dei modi per promuovere l'occupazione e lo sviluppo delle comunità costiere, attrarre i giovani e consentire il ricambio generazionale dei lavoratori, il che è essenziale per la sopravvivenza di questo settore, che fornisce anche alimenti sani ai cittadini dell'UE;

25.  sottolinea che una risposta soddisfacente agli attuali sviluppi, come lo sviluppo della produzione di energia off-shore, la realizzazione di aree marine protette e la piena applicazione dell'obbligo di sbarco, può favorire l'attrazione delle giovani generazioni verso il settore; esorta gli Stati membri a stanziare fondi dell'UE per sostenere l'occupazione, promuovere la pesca sostenibile e far progredire la parità di genere nel settore;

26.  esorta la Commissione e gli Stati membri a garantire che, a prescindere dalle loro dimensioni, sui pescherecci vigano le norme più rigorose in materia di condizioni di sicurezza, di lavoro e di vita;

27.  ricorda agli Stati membri che il termine fissato per il recepimento della direttiva (UE) 2017/159, che recepisce la convenzione n. 188 dell'OIL nel quadro giuridico dell'Unione, era il 15 novembre 2019; ricorda che, dato l'elevato numero di pescatori che operano in qualità di lavoratori autonomi nell'UE, i quali, per la maggior parte, non sono contemplati dalla direttiva, è necessario che gli Stati membri ratifichino la convenzione n. 188 dell'OIL per garantire una concorrenza leale tra tutti i pescatori;

28.  invita gli Stati membri a ratificare con urgenza la convenzione n. 188 dell'OIL per garantire parità di condizioni tra le imprese dedite alla pesca in tutto il mondo, in particolare alla luce della marcata dimensione internazionale del settore della pesca; esorta gli Stati membri a rendere disponibili le risorse necessarie affinché la convenzione sia recepita nella legislazione nazionale e applicata in modo efficace, delegando, se del caso, le mansioni di controllo e rilascio dei documenti a società di classificazione, alla luce degli attuali problemi di coordinamento di tali mansioni in alcuni paesi;

29.  esorta la Commissione a presentare quanto prima una proposta di direttiva complementare che includa disposizioni in materia di controllo ed esecuzione, analogamente a quanto fatto per il trasporto marittimo, per instaurare un regime di controlli armonizzato;

30.  sottolinea la necessità di tenere conto della gravosità del lavoro dei pescatori in fase di elaborazione dei meccanismi previdenziali, conferendo ad esempio ai pescatori il diritto di andare in pensione prima del lavoratore medio senza subire penalizzazioni;

31.  si compiace che il nuovo Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l'acquacoltura (FEAMPA) contribuirà in maniera significativa a migliorare le condizioni di lavoro, di vita e di sicurezza sulle imbarcazioni dell'UE, al fine di migliorare tali condizioni senza accrescere la capacità di pesca e prestando particolare attenzione ai pescherecci costieri e artigianali di piccole dimensioni; sottolinea che il FEAMPA contribuisce alla sostenibilità della pesca e dell'economia blu, favorendo l'attuazione l'obiettivo di sviluppo sostenibile n. 14 delle Nazioni Unite;

32.  insiste sulla necessità di includere nella politica comune della pesca obiettivi sociali generali parallelamente agli obiettivi ambientali, riconoscendo che il benessere dei lavoratori a bordo dei pescherecci è essenziale per il futuro del settore;

33.  mette in risalto la chiara contraddizione tra la PCP e i requisiti stabiliti nella normativa sociale, come la convenzione n. 188 dell'OIL, recepita nel diritto dell'UE mediante la direttiva (UE) 2017/159; sottolinea che tali atti giuridici stabiliscono il requisito di aumentare lo spazio a bordo, che costituisce un obbligo per le navi di lunghezza pari o superiore a 24 metri, mentre al settore della pesca è impedito di aumentare lo spazio a bordo dei pescherecci; evidenzia la contraddizione tra la necessità per gli Stati membri di rispettare le norme stabilite nella convenzione n. 188 dell'OIL e le norme della PCP, che rendono impossibile ottemperare al suddetto obbligo; esorta la Commissione a individuare formule alternative per misurare la capacità di pesca nel quadro del FEAMPA; ribadisce che dovrebbe essere consentito un aumento della stazza lorda delle navi quando i volumi aggiuntivi rispondono alla necessità di migliorare la sicurezza e il benessere degli equipaggi (noti anche come tonnellaggio sociale o di sicurezza) e che tali operazioni dovrebbero essere ammissibili a ricevere finanziamenti; sottolinea che lo spazio a bordo riservato alla cucina, alle cabine, ai servizi igienici o agli ambienti ricreativi non ha alcun rapporto con la capacità della nave di individuare, catturare o immagazzinare pesce e dunque con la capacità di pesca;

34.  ricorda che l'età media delle navi della flotta europea è di 23 anni e che le navi di piccole dimensioni possono persino superare i 40 anni; sottolinea che il futuro FEAMPA dovrebbe includere una strategia per ammodernare la flotta senza aumentare la capacità di pesca;

35.  ribadisce inoltre la necessità di realizzare un monitoraggio periodico e raccogliere informazioni statistiche omogenee e sistematiche, a livello dell'Unione, sui sinistri e sugli incidenti che coinvolgono imbarcazioni che non rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2009/18/CE, poiché solo monitorando e valutando le evoluzioni di tali dati in funzione delle aree geografiche, delle flotte e dell'attrezzatura da pesca utilizzata sarà possibile trovare soluzioni in grado di apportare miglioramenti nonché ridurre e prevenire il verificarsi di simili incidenti, in particolare per quanto riguarda i pescherecci locali e costieri;

36.  suggerisce che la Commissione valuti in tale contesto la possibilità di ampliare il mandato dell'EMSA, attribuendole la capacità supplementare di realizzare tale monitoraggio e di presentare periodicamente informazioni al riguardo;

37.  ritiene inoltre che debbano essere soddisfatte ulteriori condizioni per preservare l'attività di pesca e garantire la successione di nuove generazioni nel settore, investendo tra l'altro nell'ammodernamento delle infrastrutture portuali;

Migliorare la formazione e garantirne il riconoscimento a livello dell'UE

38.  mette in risalto che la relazione Bénodet, che ha individuato le problematiche legate alla mancanza di interesse dei giovani nei confronti della pesca e ha messo in luce la diversità e la complessità dei sistemi di formazione e certificazione dei pescatori tra gli Stati membri, sembra essere stata dimenticata e che a distanza di vent'anni non si registrano sviluppi significativi; sottolinea la necessità di armonizzare e omologare i requisiti e i procedimenti per la formazione nel settore nautico e in quello della pesca a livello dell'Unione, come pure le procedure e le disposizioni per l'imbarco;

39.  sottolinea che la circolazione dei lavoratori tra gli Stati membri e persino da paesi terzi verso l'UE sta aumentando e che l'eventuale ricambio generazionale dei lavoratori nel settore della pesca che tale circolazione potrebbe comportare continua a essere ostacolato dalla mancata uniformità dei sistemi di formazione e certificazione dei pescatori; evidenzia la necessità di omologare tali sistemi a livello dell'Unione e di adeguarli ai requisiti delle convenzioni internazionali sulle norme relative alla formazione della gente di mare, al rilascio dei brevetti ed alla guardia (convenzione STCW) e sulle norme relative alla formazione degli equipaggi dei pescherecci, al rilascio dei brevetti ed alla guardia (convenzione STCW-F);

40.  pone in risalto che tale situazione compromette chiaramente la libera circolazione delle persone, che è un principio fondante dell'UE sancito in numerose disposizioni dei trattati;

41.  sottolinea che, anche se un pescatore di un paese terzo ottiene il riconoscimento delle proprie certificazioni professionali nella zona di pesca, difficilmente tale riconoscimento in uno Stato membro consente alla persona di accedere allo stesso lavoro in un altro Stato membro;

42.  evidenzia che, in altri ambiti dell'attività marittima, sia ricreativi che professionali, si registrano notevoli sviluppi verso un riconoscimento internazionale della formazione, a prescindere dal paese in cui quest'ultima è stata conseguita, e che a tale scopo è sufficiente intensificare la cooperazione nell'ottica del riconoscimento della formazione di base erogata da scuole o istituti di istruzione che fanno parte dei sistemi di istruzione nazionali, riconosciuti a livello internazionale, di ciascuno Stato membro o paese terzo;

43.  osserva che, nel quadro della convenzione STCW-F del 1995, l'IMO stabilisce una serie di norme fondamentali riguardanti la formazione e le condizioni di sicurezza, compresi requisiti minimi relativi alla formazione in materia di sicurezza per pescherecci di tutti i tipi e di tutte le dimensioni; sottolinea che, sebbene sia in vigore dal settembre 2012, tale convenzione viene applicata solo nei paesi che l'hanno ratificata; invita tutti gli Stati membri che non l'hanno ancora fatto a ratificare tale convenzione;

44.  ricorda che il riconoscimento reciproco delle qualifiche e dei certificati di sicurezza marittima all'interno dell'UE aumenterà la mobilità del personale e renderà le professioni marittime più interessanti per le nuove generazioni; è del parere che il riconoscimento dei certificati non dovrebbe richiedere oneri finanziari e burocratici eccessivi;

45.  osserva che, sebbene abbia recepito nel proprio acquis il protocollo di Torremolinos del 1993 mediante la direttiva 97/70/CE e la convenzione sul lavoro nel settore della pesca del 2007 mediante la direttiva (UE) 2017/159, l'Unione europea non ha finora agito con tempestività e fermezza per quanto riguarda la formazione in materia di sicurezza; ricorda che la decisione (UE) 2015/799(13) che autorizza gli Stati membri ad aderire alla convenzione STCW-F si è rivelata inefficace, dal momento che i tassi di ratifica e adesione tra gli Stati membri rimangono bassi; rammenta che la direttiva (UE) 2017/159 obbliga gli Stati membri ad adottare una legislazione in materia di formazione e certificazione dei pescatori; sottolinea pertanto che la normativa dell'Unione sulla formazione in materia di sicurezza per i pescatori dovrebbe andare oltre quanto disciplinato dalla convenzione STCW-F, introducendo anche norme per tutti i pescherecci di lunghezza inferiore a 24 metri, che costituiscono la maggior parte della flotta da pesca dell'Unione; invita la Commissione a presentare una proposta di direttiva che recepisca la convenzione STCW-F nell'acquis dell'Unione, al fine di completare il recepimento nel diritto dell'Unione delle norme minime concordate a livello internazionale per garantire la sicurezza in mare durante la pesca;

46.  sottolinea che, sebbene l'acquisizione di conoscenze pratiche ed esperienza lavorativa concreta fornisca una solida base su cui continua a fondarsi la formazione dei pescatori in vari Stati membri, una certificazione formale che attribuisca un valore anche all'esperienza pratica costituisce l'unico modo per garantire il riconoscimento effettivo delle conoscenze necessarie; rileva che la certificazione formale non solo aumenta la valorizzazione personale dei pescatori, ma garantisce anche una forma di riconoscimento sociale della professione;

47.  evidenzia l'importanza di fornire ai lavoratori del settore della pesca, in particolare ai giovani e alle persone interessate a tale lavoro, un accesso equo e inclusivo a servizi di consulenza, a tirocini di qualità nonché all'istruzione e alla formazione professionali, consentendo loro di adattarsi alle nuove tendenze del mercato, come gli alimenti biologici, le filiere corte, il turismo specializzato, nonché la vendita e la promozione di prodotti locali mediante nuove tecnologie; afferma che un'istruzione e una formazione adeguate e specifiche sono essenziali per incoraggiare i giovani a portare avanti le attività e le tradizioni della pesca costiera;

48.  incoraggia la creazione di un'associazione di giovani pescatori europei al fine di promuovere il ricambio generazionale nel settore della pesca e di rappresentare e riunire i giovani pescatori e le loro organizzazioni in tutta l'Unione; invita la Commissione a sostenere la mobilitazione di risorse di bilancio per la realizzazione di progetti a tal fine;

49.  osserva che, sebbene siano stati investiti fondi europei in istituti di insegnamento e scuole che forniscono una certificazione e una formazione professionale avanzata nel settore dell'economia blu, il relativo settore di attività più antico, la pesca, viene ancora accettato con difficoltà in tali istituti, tranne che nell'ambito di programmi d'istruzione o di formazione regionali o nazionali, senza un riconoscimento della formazione erogata; pone l'accento sulla necessità di procedere verso un'armonizzazione e un'omologazione della formazione nel settore della pesca a livello dell'UE e verso la cooperazione tra Stati membri; a tale fine, sostiene il pieno utilizzo delle risorse a titolo del FEAMPA e del Fondo sociale europeo Plus (FSE+);

50.  si compiace del fatto che il Fondo sociale europeo (FSE) sia stato ampiamente utilizzato per rivitalizzare le zone costiere e rurali; ricorda che i pescatori dovrebbero essere aiutati a proseguire la loro carriera a terra se, per motivi di salute, cambiamenti nel mercato del lavoro o altri fattori, non possono continuare a lavorare in mare; ritiene che i fondi dell'UE, in particolare il FSE, dovrebbero sostenere una transizione professionale agevole, anche attraverso la formazione permanente;

51.  invita la Commissione e gli Stati membri a definire basi comuni per un sistema di certificazione e formazione standard per le varie categorie di pescatori, consentendo un rapido riconoscimento a livello europeo della certificazione ottenuta in un dato Stato membro; ritiene opportuno prevedere una procedura di riconoscimento delle certificazioni conseguite al di fuori dell'Unione che sono compatibili con tale sistema europeo di riconoscimento della formazione, agevolando la circolazione dei pescatori all'interno dell'UE;

52.  osserva che la direttiva 2005/36/CE(14) relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali non stabilisce un livello standardizzato di formazione e certificazione per tutti i pescatori e ostacola la circolazione dei pescatori tra gli Stati membri; ricorda che, sebbene l'Unione abbia introdotto norme specifiche e diversificate per il riconoscimento dei certificati di abilitazione della gente di mare sulla base della convenzione STCW, ad oggi la Commissione non ha proposto norme specifiche per il riconoscimento dei certificati di abilitazione dei pescatori, contrariamente a quanto previsto nella convenzione STCW-F; invita pertanto la Commissione a proporre misure specifiche per il riconoscimento dei certificati di abilitazione dei pescatori, in linea con le disposizioni della convenzione STCW-F, non solo per i pescatori europei ma anche per i cittadini dei paesi terzi che hanno aderito alla convenzione STCW-F o che l'hanno ratificata;

53.  sottolinea che, sebbene la finalità del FEAMPA sia contribuire alla piena attuazione della PCP, per raggiungere tale obiettivo i pescatori devono conseguire una formazione e una certificazione adeguate, il che richiede che una parte dei fondi sia riservata alla formazione e alla certificazione dei pescatori attuali e futuri; evidenzia che gli oneri amministrativi previsti dal FEAMPA hanno comportato restrizioni nell'uso dei fondi a fini di formazione, in particolare per i pescatori su piccola scala, e che il nuovo FEAMPA dovrà pertanto superare tali difficoltà per contribuire efficacemente alla formazione degli equipaggi;

54.  pone l'accento sulla necessità di garantire che i dati relativi all'esecuzione del FEAMPA e dell'FSE+ specifichino il bilancio esatto utilizzato da ciascuno Stato membro in risposta alle esigenze regionali in termini di istruzione, formazione, occupazione e inclusione;

55.  evidenzia che, mentre aumenta la necessità di requisiti per lavorare a bordo di una nave, l'offerta formativa scarseggia, il che, a volte, provoca la paralisi dell'imbarcazione, dal momento che l'equipaggio deve seguire la formazione obbligatoria a terra; chiede all'UE di contribuire a snellire i corsi e ad agevolare l'imbarco per lo svolgimento delle giornate di formazione, promuovendo i corsi a distanza con le nuove tecnologie;

56.  sottolinea che le conoscenze e l'innovazione sono essenziali per garantire che il settore della pesca cresca in modo intelligente, resiliente e sostenibile;

57.  segnala che, in ragione dei nuovi posti di lavoro che l'economia blu, l'economia circolare e il turismo ittico e gastronomico potrebbero generare, sarebbe interessante sviluppare una formazione professionale che anticipi i requisiti di formazione relativi a tali nuovi posti di lavoro, come proposto nel settore navale;

Garantire la parità di genere nell'accesso e nell'occupazione nel settore

58.  sottolinea che, sebbene i dati statistici disponibili indichino che le donne rappresentano solo il 12 % dei lavoratori nel settore della pesca produttiva, numerose imbarcazioni, in particolare pescherecci costieri di piccole dimensioni, sono gestite da piccole imprese familiari in cui spesso tutto il sostegno logistico e amministrativo necessario è fornito su base informale da donne non ufficialmente coinvolte in alcuna forma di occupazione;

59.  evidenzia la necessità di garantire ai pescatori l'accesso alla formazione e alla certificazione, in particolare per i lavori stagionali e a tempo parziale;

60.  sottolinea che vi sono Stati membri in cui tale attività ausiliaria informale non comporta diritti in termini di retribuzione, aiuti sociali, pensione o assicurazione malattia per le donne coinvolte e che, in caso di sospensione, arresto temporaneo o cessazione definitiva dell'attività di pesca, solo la forza lavoro ufficialmente riconosciuta ha diritto a prestazioni sociali, il che contribuisce ad accrescere ulteriormente le disparità esistenti tra i lavoratori; evidenzia la necessità che gli Stati membri procedano alla completa professionalizzazione di tali donne, riconoscendo il loro ruolo e la loro integrazione nei sistemi nazionali di protezione sociale;

61.  segnala che le azioni per attrarre i giovani verso le attività di pesca devono garantire l'equilibrio di genere e considerare il ruolo delle donne nell'intero settore della pesca, dalla cattura del pesce, alla gestione delle imbarcazioni, all'acquacoltura, alla commercializzazione e alla trasformazione dei prodotti ittici, ma anche il loro ruolo nella scienza e nell'amministrazione del settore;

62.  invita la Commissione a varare iniziative volte a riconoscere il lavoro delle donne nel settore della pesca e a garantire la parità di retribuzione tra i generi; ricorda che la strategia per la parità di genere 2020-2025 prevede che i pertinenti fondi dell'UE sostengano azioni volte a promuovere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e l'equilibrio tra vita professionale e vita privata, promuovano investimenti in strutture di assistenza, sostengano l'imprenditorialità femminile e contrastino la segregazione di genere;

63.  ritiene che non vi sia motivo di escludere le donne dalla professione o di ostacolare il loro accesso, come dimostrato dal numero crescente di donne che svolgono le mansioni di membro dell'equipaggio o capitano sui pescherecci in esercizio; osserva che, fortunatamente, vi sono varie associazioni particolarmente attive in rappresentanza delle donne che operano nel settore della pesca, segnatamente nei consigli consultivi per la pesca dell'UE e in associazioni settoriali;

64.  accoglie con favore la creazione, in alcuni Stati membri dell'UE, di associazioni di donne nel settore della pesca; chiede all'UE e agli Stati membri di sostenere la promozione e la creazione di nuove associazioni per offrire maggiore visibilità e sostegno alle donne;

65.  ritiene che, sebbene il ruolo delle donne nel settore della pesca sia spesso informale, esse debbano ottenere un riconoscimento economico e sociale ed essere adeguatamente retribuite; sottolinea che una migliore informazione riguardo alle loro attività e l'adozione di misure volte a migliorarne la condizione e aumentarne la visibilità contribuiranno non solo alla loro realizzazione personale e sociale, ma anche alla demistificazione del loro ruolo nel settore della pesca;

66.  è dell'opinione che le attuali norme in materia di misurazione della capacità compromettano l'accesso delle donne al settore, poiché per garantire loro riservatezza e benessere sono necessarie cabine, servizi igienici e docce separati;

67.  esorta la Commissione e gli Stati membri ad attuare misure volte a migliorare le qualifiche delle donne che partecipano all'economia blu, in particolare al settore della pesca, alla raccolta dei molluschi, all'acquacoltura e all'industria conserviera e a promuovere il riconoscimento ufficiale del loro contributo alla catena mare-industria; ritiene inoltre necessario garantire che i fondi destinati al FEAMPA nell'ambito del quadro finanziario per il periodo 2021-2027 e oltre contribuiscano in maniera significativa alla parità di trattamento delle donne nel settore marittimo e della pesca, stanziando risorse in particolare per l'attuazione di misure volte a migliorare le loro condizioni di vita, di lavoro e di sicurezza a bordo dei pescherecci e garantendo che siano realizzati i cambiamenti necessari a tale scopo;

Promuovere l'attività di pesca professionale e il ricambio generazione nel settore

68.  ricorda che l'UE, che rappresenta il principale mercato unico dei prodotti della pesca, è responsabile solamente del 6 % delle catture totali nel mondo e dipende fortemente dalle importazioni di prodotti della pesca e dell'acquacoltura da paesi terzi; segnala che una parte di dette importazioni è riconducibile a imprese e imbarcazioni di capitale europeo;

69.  sottolinea che le norme della PCP sono tra le più rigorose e forniscono un contribuito importante alla sostenibilità ambientale, economica e sociale e che, sebbene vi sia ancora un ampio margine di miglioramento, i progressi compiuti negli ultimi decenni dimostrano che cosa è possibile fare in tal senso, contribuendo da un lato alla sostenibilità degli stock ittici e degli habitat e, dall'altro, all'aumento dei rendimenti dei pescatori e degli armatori;

70.  evidenzia che la promozione di norme elevate in materia di sostenibilità ambientale e sociale del settore della pesca è essenziale, insieme ad altri fattori, per attrarre una nuova generazione di pescatori e fornire al settore una stabilità di lungo periodo;

71.  invita l'UE a esaminare il valore di misure quali la posa di scogliere artificiali nelle sue zone economiche esclusive per la protezione della vita marina;

72.  sottolinea che la progressiva diminuzione del sostegno dell'UE al settore nell'ambito dei quadri finanziari pluriennali che si sono succeduti e in particolare la riduzione degli stanziamenti a favore del settore della pesca e dell'organizzazione comune dei mercati sono uno dei fattori che hanno contribuito all'aggravarsi della situazione nel settore; ribadisce pertanto che il sostegno finanziario dell'UE al settore della pesca deve essere notevolmente rafforzato;

73.  invita la Commissione e gli Stati membri a intraprendere le azioni necessarie per mantenere e rafforzare i meccanismi e gli strumenti di sostegno, compresi i finanziamenti, al fine di promuovere la concentrazione dell'offerta, anche mediante un sostegno effettivo alla costituzione e al funzionamento delle organizzazioni di produttori, specialmente nel settore della pesca costiera su piccola scala e della pesca artigianale;

74.  evidenzia che i programmi operativi devono incoraggiare le organizzazioni di produttori, mediante i necessari sostegni finanziari, a commercializzare direttamente i loro prodotti, operando all'interno della catena del valore, in modo da valorizzare la produzione e aumentare il valore aggiunto dei prodotti della pesca;

75.  invita la Commissione a istituire e attuare, in stretta collaborazione con gli Stati membri, meccanismi di sostegno alla pesca artigianale, costiera e su piccola scala che consentano di affrontare i problemi specifici di questa componente del settore;

76.  sottolinea l'importanza di creare mercati interni per prodotti tradizionali di particolare qualità, che siano promossi da fiere, da piccole imprese e dal settore della ristorazione, in modo da accrescere il valore aggiunto dei prodotti della pesca locali e promuovere lo sviluppo locale;

77.  invita la Commissione a esaminare modalità migliorate per promuovere la commercializzazione dei prodotti della pesca trasformati con un valore aggiunto superiore, in particolare le conserve, analogamente a quanto avviene per alcuni prodotti agricoli, nonché programmi volti a garantire la promozione esterna dei prodotti della pesca dell'UE, in particolare attraverso la loro presentazione in occasione di esposizioni e fiere internazionali;

78.  sottolinea l'importanza del settore della pesca per la situazione socioeconomica, l'occupazione e la promozione della coesione economica e sociale delle regioni ultraperiferiche, le cui economie sono caratterizzate da vincoli strutturali permanenti e scarse possibilità di diversificazione economica; ritiene pertanto essenziale mantenere e rafforzare il sostegno dell'UE al settore della pesca in tali regioni al fine, in particolare, di compensare i costi aggiuntivi dovuti all'ultraperifericità in relazione alla vendita di determinati prodotti della pesca di alcune regioni ultraperiferiche; richiama l'attenzione sulle specificità delle catene del valore del settore della pesca nelle regioni ultraperiferiche e sottolinea la necessità di un sostegno specifico volto a rafforzarle e ad agevolare l'accesso ai mercati, obiettivo che potrebbe essere raggiunto non solo ripristinando un programma di soluzioni specifiche per ovviare alla lontananza e all'insularità (POSEI) per la pesca, ma anche istituendo un programma POSEI per i trasporti finalizzato alla creazione e alla gestione di specifiche rotte commerciali;

79.  mette in risalto la necessità di garantire la continuità dell'attività di pesca, il ricambio generazionale e un maggior riconoscimento sociale per il settore nonché la sua importanza nel garantire alla popolazione europea l'approvvigionamento sostenibile di alimenti sani provenienti da habitat in buone condizioni ecologiche;

80.  sottolinea il contributo significativo dei pescatori al progresso delle conoscenze scientifiche, attraverso sia il loro coinvolgimento diretto nella raccolta dei dati sulla pesca, sia la loro collaborazione con la scienza nella fornitura di informazioni supplementari riguardo allo stato dell'ambiente, delle specie e degli habitat marini e alla relativa conservazione a fini scientifici;

81.  osserva che la formazione dei pescatori può svolgere un ruolo importante nel portare avanti la partecipazione e il contributo delle attività di pesca alla protezione della natura, sostenendo l'attuazione e l'uso di tecniche di pesca più sostenibili, in linea con gli obiettivi della PCP di uno sfruttamento sostenibile delle risorse;

82.  evidenzia che lo sviluppo del potenziale di ricerca e innovazione in ambito marino nelle regioni ultraperiferiche è essenziale per stimolare la crescita dell'economia blu in tali regioni; rileva inoltre che promuovere la partecipazione delle regioni ultraperiferiche a reti di ricerca internazionali che coinvolgano le loro università, le quali conoscono le caratteristiche uniche di tali regioni, può aiutarle a migliorare i loro sistemi di innovazione e a creare posti di lavoro; esorta la Commissione ad adoperarsi per fornire a tali regioni i mezzi necessari per studiare e sfruttare efficacemente la loro biodiversità;

83.  pone in rilievo l'obiettivo della politica comune della pesca di promuovere la pesca selettiva e l'obiettivo dell'UE di conseguire la neutralità climatica entro il 2050; mette in risalto i progressi compiuti nella creazione di una flotta di cutter a basse emissioni e nella predisposizione di tecniche di pesca innovative che contribuiscano al conseguimento sia dell'obiettivo per il 2050 che dell'obiettivo della selettività; invita la Commissione a incoraggiare tali sviluppi e ad attribuire ad essi la priorità al fine di creare nuove prospettive per il settore attraverso l'innovazione;

84.  richiama l'attenzione sullo sviluppo congiunto della costruzione navale e dell'approccio scientifico "triplo zero", che prevede il conseguimento di zero emissioni, zero rifiuti e zero incidenti a bordo, incoraggiando la transizione verso l'utilizzo di criteri maggiormente improntati alla circolarità, all'efficienza e alla sostenibilità, invece di criteri principalmente economici, per quanto riguarda la progettazione delle imbarcazioni appartenenti alle flotte europee, comprese le flotte di pesca artigianale;

85.  osserva che, se dotati della giusta formazione e delle opportune competenze specifiche, i pescatori potrebbero contribuire ancor di più all'avanzamento delle conoscenze scientifiche attraverso la raccolta in loco e la registrazione di dati ambientali che consentano una verifica dei dati ottenuti attraverso l'osservazione a distanza effettuata utilizzando i satelliti e altri strumenti; sottolinea l'importante ruolo svolto dalle università e dai centri di ricerca marina, in cooperazione con le scuole che offrono formazione in ambito marino, per quanto riguarda la formazione dei pescatori nell'ottica di rispondere a tale esigenza; evidenzia che nel 2019 la flotta dell'UE era costituita da oltre 81 000 pescherecci di tutte le dimensioni, che rappresentano un numero incomparabile di unità che raccolgono costantemente, con una frequenza quasi quotidiana, dati sulla pesca e dati marini di altra natura; osserva che tale apparato può e dovrebbe essere utilizzato per la raccolta di un numero ancora maggiore di dati riguardo ai mari dell'Europa e di tutto il mondo; sollecita gli organismi ufficiali che forniscono consulenza scientifica e sulla pesca, come ad esempio il Consiglio internazionale per l'esplorazione del mare (CIEM) o il CSTEP, a utilizzare maggiormente i dati raccolti dalla flotta dell'UE;

86.  sottolinea che il coinvolgimento dei giovani e il ricambio generazionale non solo garantiranno la continuità dell'attività più antica dell'economia blu, ma manterranno anche la popolazione nelle zone costiere e nelle zone rurali circostanti, preservando il patrimonio culturale di molte comunità costiere; ritiene essenziale informare e sensibilizzare maggiormente le giovani generazioni, con nuove conoscenze, sulle questioni riguardanti la sostenibilità e sulla necessità che tutti contribuiscano ad affrontare e contrastare i cambiamenti climatici, che si ripercuotono più duramente sui mari e sulle zone costiere di tutto il mondo;

87.  è dell'opinione che il settore della pesca attrarrebbe un maggior numero di giovani se fosse associato a settori emergenti e integrato con essi, come ad esempio il settore del turismo; esorta in tale contesto gli Stati membri e le relative regioni a ridurre la burocrazia nel settore del turismo della pesca in quanto fonte di reddito; invita inoltre la Commissione a promuovere linee di sostegno, nel quadro degli attuali programmi dell'UE, per il risanamento del patrimonio materiale e immateriale associato alle attività marittime, preservando l'identità delle comunità costiere e ottimizzandone l'utilizzo a fini turistici;

88.  osserva che i giovani in Europa si preoccupano sempre più della tutela dell'ambiente; sottolinea l'importanza di una gestione sostenibile della pesca per attrarre giovani pescatori; chiede la promozione della pesca a basso impatto non solo come mezzo per ridurre l'impatto della pesca sull'ambiente marino, ma anche per attirare nuove generazioni di pescatori;

89.  sottolinea che il turismo della pesca presenta un notevole potenziale non sfruttato;

90.  evidenzia l'importanza di coinvolgere i pescatori in una pianificazione dello spazio marittimo collaborativa e basata sulla comunità ai fini dello sviluppo sostenibile e della protezione dell'ambiente marino;

91.  mette in risalto l'importanza della conoscenza degli oceani, che deve promuovere l'alfabetizzazione digitale e la digitalizzazione delle attività di pesca; sottolinea che, sebbene si registri un miglioramento delle competenze degli utenti più anziani, per le giovani generazioni risulta più semplice e intuitivo l'utilizzo di applicazioni software per raccogliere e registrare dati nell'ambito del nuovo regolamento sul controllo della pesca, attualmente oggetto di revisione, o l'impiego di nuove applicazioni e attrezzature per migliorare la sicurezza, le condizioni di lavoro e il benessere dei pescatori in mare;

92.  accoglie con favore i cambiamenti strategici apportati nell'UE, in particolare le transizioni verde e digitale, che devono contribuire a tutelare i posti di lavoro esistenti e a crearne di nuovi e di qualità nei territori che dipendono fortemente dalla pesca, promuovendone ulteriormente lo sviluppo economico; sottolinea l'importanza di salvaguardare le professioni tradizionali nel settore della pesca, prevedendo una transizione equilibrata onde prevenire che il settore perda il valore aggiunto dato dall'esperienza maturata dai pescatori più anziani; esorta la Commissione e gli Stati membri a istituire sistemi di apprendimento permanente per mantenere le competenze aggiornate e creare opportunità per tutte le fasce d'età;

93.  sottolinea che il miglioramento dello stato di conservazione degli stock ittici ha incrementato la produttività e i rendimenti medi dei pescatori, riducendo inoltre le emissioni di anidride carbonica e di altri gas a effetto serra; osserva che i pescatori sono sempre più coinvolti nella raccolta di tutti i rifiuti marini, comprese tra l'altro le attrezzature da pesca perdute o abbandonate, e che il loro contributo ecologico in tal senso dovrebbe essere riconosciuto, incoraggiato e debitamente ricompensato; pone in evidenza, a tale riguardo, la possibilità di considerare di sostenere la creazione di nuove attività e di flussi di reddito supplementari in relazione alla raccolta dei rifiuti marini e all'attuazione della strategia europea per la plastica in un'economia circolare;

94.  segnala che la gestione sostenibile degli stock ittici e la fissazione di quote di pesca, in linea con l'obiettivo di ricostituire gli stock ittici e mantenerli al di sopra dei livelli di biomassa in grado di produrre il massimo rendimento sostenibile, sono fondamentali per creare un contesto economico in cui i giovani si sentano sufficientemente sicuri da effettuare gli investimenti necessari per diventare pescatori;

95.  sottolinea la necessità che gli Stati membri predispongano gli incentivi economici e le infrastrutture portuali necessari per raccogliere e riciclare adeguatamente i rifiuti e la plastica raccolti dai giovani pescatori, ai quali possono essere riconosciuti, in cambio, compensi economici in grado di integrare i profitti generati dalla loro attività principale;

96.  invita gli Stati membri, in conformità dell'articolo 17 del regolamento (UE) n. 1380/2013 sulla PCP, a utilizzare anche criteri legati all'età nell'assegnazione delle possibilità di pesca a loro disposizione;

97.  si compiace del fatto che il nuovo FEAMPA 2021-2027 fornirà assistenza e sostegno ai giovani pescatori che provvedono per la prima volta all'acquisto di un peschereccio o all'avvio di un'impresa di pesca; mette in risalto la necessità di attrarre i giovani non solo verso le attività di pesca in mare, ma anche verso la gestione delle imprese di pesca e l'acquacoltura, garantendo così un ricambio generazionale in tutto il settore; invita gli Stati membri a promuovere tale ricambio rimuovendo gli ostacoli e sostenendo le persone che intendono intraprendere una carriera nel settore della pesca e ad affrontare questioni quali gli elevati costi di avviamento di un'impresa, i metodi di attribuzione delle opportunità di pesca, l'instabilità del reddito, la parità di genere e le incertezze sulla durata della carriera;

98.  ribadisce che, per proteggere i redditi derivanti dalla pesca, occorre garantire al settore e ai suoi lavoratori un'adeguata compensazione economica e sociale a fronte delle misure imposte per la conservazione delle risorse o aiuti per la sospensione temporanea delle attività ai fini della gestione delle risorse; propone, a tal fine, che il FEAMPA sostenga la creazione di un fondo di compensazione salariale che sopperisca a tutti i mancati guadagni e copra i periodi di sospensione delle attività di pesca, e che tali periodi siano conteggiati come periodi di lavoro effettivo ai fini della pensione e degli altri diritti previdenziali; è inoltre favorevole all'introduzione di un salario minimo garantito;

99.  invita la Commissione e gli Stati membri a sostenere azioni volte a favorire il dialogo sociale tra le parti, in particolare per le seguenti azioni: a) formazione per giovani imprenditori nel settore della pesca; b) aggiornamento professionale e sviluppo delle competenze per la pesca sostenibile; c) sensibilizzazione in materia di buone pratiche di pesca; d) sicurezza e salvaguardia della vita umana in mare; e) salute e sicurezza dei lavoratori imbarcati;

100.  sottolinea che l'UE dovrebbe continuare a investire in via prioritaria nel ricambio generazionale, che uno dei principali successi del nostro progetto comune è l'autosufficienza alimentare e che il progressivo invecchiamento delle persone che lavorano nel settore della pesca rappresenta un rischio reale;

101.  ritiene opportuno prestare attenzione e sostegno in particolare alla pesca su piccola scala, che è potenzialmente meno predatoria e più sostenibile, non solo in termini di gestione delle risorse biologiche, ma anche dal punto di vista socioeconomico;

102.  evidenzia che il ricambio generazionale, con l'ingresso nel settore di pescatori opportunamente formati e informati sulle più avanzate tecnologie, procedure e modalità per garantire la sostenibilità delle risorse, rappresenta per l'UE anche un modo per contribuire al movimento mondiale di contrasto, riduzione e abolizione della pesca INN;

103.  ritiene che il ricambio generazionale e la diversificazione delle attività continuino a rappresentare una sfida e che il FEAMPA dovrebbe promuovere la formazione e l'avanzamento professionali nonché l'aumento dei redditi e della sicurezza del posto di lavoro;

104.  sottolinea che la necessità di migliorare l'immagine del settore, compreso il ruolo delle donne e le condizioni di lavoro, di vita e di sicurezza a bordo, al fine di attrarre le nuove generazioni, come pure la necessità di migliorare le procedure per il riconoscimento delle certificazioni nel settore della pesca, in considerazione degli ostacoli alla circolazione dei pescatori tra gli Stati membri e del fabbisogno di manodopera nel settore, sono fattori che promuovono l'assunzione di pescatori da paesi terzi, in alcuni casi in modo illegale;

105.  ritiene, in linea con il parere del Comitato economico e sociale europeo sulla dimensione sociale della pesca, che sia essenziale elaborare principi generali e orientamenti operativi affinché i servizi del mercato del lavoro nel settore della pesca siano equi, essendo i pescatori di paesi terzi importanti per il mantenimento dell'attività del settore in diverse regioni; sottolinea, a tale riguardo, che la Commissione e gli Stati membri dovrebbero promuovere gli orientamenti sull'occupazione dignitosa dei pescatori migranti elaborati nel 2020 dalle parti sociali europee del settore della pesca;

106.  invita la Commissione e il Consiglio dell'UE a utilizzare la politica commerciale per garantire l'applicazione di norme di sostenibilità ambientale e sociale simili sia agli operatori europei che a quelli stranieri, aprendo il mercato interno solo ai prodotti conformi; rileva che, diversamente, l'UE invierebbe un messaggio sbagliato alla comunità internazionale, ricompensando chi ha fatto poco per la sostenibilità degli stock ittici e il trattamento equo dei pescatori;

107.  denuncia la situazione dei pescatori che in pratica, trovandosi in mare aperto, vengono di fatto privati del loro diritto di voto, anche alle elezioni al Parlamento europeo; sollecita gli Stati membri a garantire che i membri degli equipaggi che sono cittadini dell'Unione e che si trovano a bordo dei pescherecci possano esercitare in maniera effettiva il loro diritto di voto nelle diverse elezioni;

108.  osserva che la pesca costiera su piccola scala consente probabilmente ai pescatori di sviluppare un migliore equilibrio tra attività professionale e vita privata, e sottolinea pertanto l'importanza di promuovere un quadro normativo che tuteli la pesca su piccola scala;

109.  chiede l'introduzione di nuovi programmi di coesione sociale; si compiace dei progetti pilota basati sul reddito di base che sono stati avviati nelle zone costiere dell'UE dove si registra il PIL pro capite minore, comprese le regioni ultraperiferiche;

110.  invita la Commissione e gli Stati membri a sensibilizzare l'opinione pubblica in Europa, in particolare le nuove generazioni, ivi incluso nelle scuole e negli uffici di collocamento, in merito all'importanza delle attività di pesca come opportunità di carriera; pone altresì in evidenza il contributo fornito dai pescatori all'approvvigionamento di alimenti in Europa, alla tutela e alla conservazione degli oceani e della vita marina e alla definizione della cultura e dello stile di vita delle comunità costiere, confutando così il preconcetto secondo cui i pescatori sono predatori unicamente interessati a sfruttare le risorse senza pensare al futuro;

111.  ricorda che le flotte europee rispettano alcune delle norme più elevate al mondo in termini di sicurezza, condizioni di lavoro, lavoro qualificato, protezione dell'ambiente e della biodiversità nonché riduzione dell'impronta ambientale, hanno dimostrato il loro impegno verso questa priorità sostenendo e contribuendo allo sviluppo di nuove tecnologie di controllo attraverso un continuo adattamento a nuove e rigorose regolamentazioni, e che, sebbene siano ancora in corso miglioramenti alle politiche europee, la PCP tiene conto da decenni della necessità di una gestione delle specie improntata alla scienza;

112.  incoraggia la Commissione a elaborare, in collaborazione con gli Stati membri e le loro regioni costiere, un'opportuna strategia volta a promuovere i prodotti ittici europei, corredata di un adeguato sostegno finanziario, anche per specie per le quali la domanda è minore e che hanno un valore commerciale inferiore, nell'ottica di aumentarne il valore e, allo stesso tempo, di evitare che lo sforzo si concentri su specie dal valore più elevato e che hanno pertanto maggiori probabilità di essere sovrasfruttate;

113.  mette in risalto l'importanza di investire maggiormente nella ricerca, nella modernizzazione e nell'innovazione a vantaggio dei giovani pescatori e delle comunità costiere;

114.  sottolinea la necessità di promuovere e sostenere la decarbonizzazione della flotta da pesca, che attualmente dipende al 100 % dai combustibili fossili, in modo da consentire al settore della pesca di contribuire efficacemente al Green Deal europeo e di sostenere l'accesso delle nuove generazioni al settore della pesca attraverso iniziative innovative;

115.  riconosce i pescatori come fornitori di alimenti e lavoratori essenziali che, anche durante eventi catastrofici come la pandemia di COVID-19, hanno continuato a garantire approvvigionamenti giornalieri in contesti difficili; sottolinea il notevole impatto economico e sociale della pandemia di COVID-19 ed evidenzia che è necessario che gli Stati membri stanzino fondi UE sufficienti per sostenere il mantenimento e la creazione di posti di lavoro nel settore della pesca e nell'economia blu;

116.  richiama l'attenzione sull'impatto che il recesso del Regno Unito dall'UE ha avuto sul settore della pesca, in particolare nelle regioni costiere delle flotte da pesca interessate; ritiene che tale impatto interesserà non soltanto i pescherecci e i loro pescatori, ma intere comunità, come pure l'occupazione in tali aree;

117.  è dell'opinione che il ricambio generazionale debba tenere conto degli obiettivi del Green Deal europeo e della necessità di garantire la transizione digitale anche nell'economia blu; osserva che ciò significa non solo attrarre i giovani verso la pesca, ma anche garantire che siano informati e adeguatamente formati, offrendo loro prospettive di carriera interessanti e opportunità per migliorare la propria situazione personale, soprattutto grazie al miglioramento e alla sostenibilità del loro reddito, e contribuire alla coesione delle rispettive comunità locali, in particolare nelle regioni costiere più isolate e con minori opportunità di lavoro, consentendo loro di adoperarsi per realizzare cambiamenti economici, sociali e ambientali in tali zone e rafforzando nel contempo il ruolo delle donne nel settore attraverso maggiori opportunità di mobilità e occupazione in tutta l'UE, senza difficoltà o restrizioni per quanto riguarda il riconoscimento delle loro competenze e della loro formazione; sostiene che il ricambio generazionale non deve condurre a uno scontro tra generazioni e dovrebbe includere pescatori di tutte le età, garantendo una transizione verde e digitale equilibrata, in modo da assicurare che il patrimonio esperienziale non vada perduto;

118.  sottolinea che la prossima generazione di pescatori europei non solo renderà il settore dell'UE più competitivo in futuro, ma contribuirà anche a garantire l'approvvigionamento alimentare in Europa nei prossimi anni;

119.  invita la Commissione ad affrontare, nella sua prossima relazione sull'applicazione della politica comune della pesca, le richieste e gli aspetti avanzati nella presente risoluzione;

120.  conclude che la presente risoluzione offre un'opportunità unica per sottolineare il valore del futuro assetto del settore europeo della pesca, che riveste un'importanza strategica, nonché per indicare all'Europa gli obiettivi da perseguire: accrescere il numero di giovani pescatori, migliorare la pesca e migliorare le relative pratiche;

o
o   o

121.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.

(1) GU L 25 del 31.1.2017, pag. 12.
(2) GU L 354 del 28.12.2013, pag. 22.
(3) GU C 14 del 15.1.2020, pag. 67.
(4) GU C 285 del 29.8.2017, pag. 150.
(5) https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php/Fishery_statistics#The_factors_of_production
(6) https://ec.europa.eu/eurostat/documents/3217494/10166544/KS-02-19%E2%80%91681-EN-N.pdf/c701972f-6b4e-b432-57d2-91898ca94893
(7) Regolamento (CE) n. 1005/2008 del Consiglio, del 29 settembre 2008, che istituisce un regime comunitario per prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, che modifica i regolamenti (CEE) n. 2847/93, (CE) n. 1936/2001 e (CE) n. 601/2004 e che abroga i regolamenti (CE) n. 1093/94 e (CE) n. 1447/1999 (GU L 286 del 29.10.2008, pag. 1).
(8) In base al rapporto tra i pescherecci di età superiore a 25 anni e il numero totale di pescherecci: https://appsso.eurostat.ec.europa.eu/nui/submitViewTableAction.do
(9) https://ec.europa.eu/fisheries/facts_figures_en?qt-facts_and_figures=2
(10) https://ec.europa.eu/eurostat/cache/RCI/#?vis=outermost.population&lang=en
(11) GU L 131 del 28.5.2009, pag. 114.
(12) GU L 34 del 9.2.1998, pag. 1.
(13) Decisione (UE) 2015/799 del Consiglio, del 18 maggio 2015, che autorizza gli Stati membri ad aderire, nell'interesse dell'Unione europea, alla convenzione internazionale dell'Organizzazione marittima internazionale sulle norme relative alla formazione degli equipaggi dei pescherecci, al rilascio dei brevetti ed alla guardia (GU L 127 del 22.5.2015, pag. 20).
(14) Direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (GU L 255 del 30.9.2005, pag. 22).


Piani e azioni per accelerare la transizione verso un'innovazione non basata sull'utilizzo di animali nella ricerca, nella sperimentazione a norma di legge e nell'istruzione
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Risoluzione del Parlamento europeo del 16 settembre 2021 su piani e azioni per accelerare la transizione verso un'innovazione non basata sull'utilizzo di animali nella ricerca, nella sperimentazione a norma di legge e nell'istruzione (2021/2784(RSP))
P9_TA(2021)0387RC-B9-0425/2021

Il Parlamento europeo,

–  visti gli articoli 13 e 114 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,

–  vista la direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici(1),

–  visto il regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un'Agenzia europea per le sostanze chimiche ("regolamento REACH")(2),

–  visto il regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativo all'immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari e che abroga le direttive del Consiglio 79/117/CEE e 91/414/CEE(3),

–  visto il regolamento (UE) n. 528/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, relativo alla messa a disposizione sul mercato e all'uso dei biocidi(4),

–  visto il regolamento (CE) n. 1223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, sui prodotti cosmetici(5),

–  vista la sua risoluzione del 3 maggio 2018 su un divieto globale per porre fine alla sperimentazione animale nel settore dei cosmetici(6),

–  viste le conclusioni del Consiglio del 15 marzo 2021 dal titolo "Strategia dell'Unione in materia di sostanze chimiche sostenibili: è il momento di agire" (6941/21),

–  vista la relazione della Commissione del 5 febbraio 2020 dal titolo "Relazione 2019 sulle statistiche relative all'uso di animali a fini scientifici negli Stati membri dell'Unione europea nel periodo 2015-2017" (COM(2020)0016),

–  vista la comunicazione della Commissione del 30 settembre 2020 dal titolo "Un nuovo SER per la ricerca e l'innovazione" (COM(2020)0628),

–  vista la comunicazione della Commissione del 25 novembre 2020 dal titolo "Strategia farmaceutica per l'Europa" (COM(2020)0761),

–  vista la comunicazione della Commissione dell'11 dicembre 2019 dal titolo "Il Green Deal europeo" (COM(2019)0640),

–  vista la comunicazione della Commissione del 27 maggio 2020 dal titolo "Il momento dell'Europa: riparare i danni e preparare il futuro per la prossima generazione" (COM(2020)0456),

–  vista la sua risoluzione del 10 luglio 2020 sulla strategia in materia di sostanze chimiche per la sostenibilità(7),

–  vista l'indagine speciale Eurobarometro 340 sulla scienza e la tecnologia,

–  viste la seconda relazione intermedia sulla consultazione online sul futuro dell'Europa e le conclusioni principali dei dialoghi con i cittadini e delle consultazioni dei cittadini,

–  vista la comunicazione della Commissione del 3 giugno 2015 sull'iniziativa dei cittadini europei "Stop Vivisection" (C(2015)3773),

–  visto l'articolo 132, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,

A.  considerando che la direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici stabilisce, come obiettivo finale, la "completa sostituzione delle procedure su animali vivi [...] non appena ciò sia scientificamente possibile" e sottolinea che l'uso di animali a tali fini dovrebbe essere preso in considerazione solo quando non sia disponibile un'alternativa non basata sugli animali; che tuttavia, secondo gli ultimi dati disponibili del 2018, negli ultimi 11 anni non vi è stato un cambiamento significativo nel numero complessivo di animali utilizzati a fini scientifici dall'entrata in vigore di tale direttiva;

B.  considerando che la direttiva richiede trasparenza nell'uso degli animali a fini scientifici e si applica all'uso degli animali in tutte le discipline, dalla ricerca di base a quella applicata, allo sviluppo di farmaci e alle prove per valutare la sicurezza delle sostanze chimiche; che tale trasparenza è ancora carente; che tutti gli Stati membri hanno recepito la direttiva nella loro legislazione nazionale e che tutta la legislazione settoriale, come quella sui prodotti farmaceutici, alimenti o sostanze chimiche, deve rispettare gli obiettivi della direttiva, il che significa che l'uso di animali dovrebbe avvenire solo in assenza di alternative adeguate; che tale allineamento è necessario per proteggere oggi la salute umana e animale e l'ambiente;

C.  considerando che le precedenti sperimentazioni animali hanno contribuito a compiere progressi nello sviluppo di cure per le patologie della salute umana, nonché di dispositivi medici, anestetici e vaccini sicuri, compresi i vaccini contro la COVID-19, e hanno altresì svolto un ruolo nella salute degli animali;

D.  considerando che nel 2017 sono stati dichiarati 9,58 milioni di usi di animali a fini scientifici; che lo scopo principale era la ricerca (69 %), seguita dall'uso a fini regolamentari per rispondere a requisiti legislativi (23 %) e dalla produzione ordinaria (5 %); che la maggior parte delle sperimentazioni effettuate a fini regolamentari riguardava i medicinali per uso umano (61 %), seguita dai medicinali per uso veterinario (15 %) e dai prodotti chimici industriali (11 %)(8); che i primati non umani sono stati utilizzati per tali sperimentazioni in alcune parti dell'UE e che molti altri tipi di animali sono utilizzati a fini scientifici ogni anno; che in un solo anno vengono allevati e abbattuti 12 milioni(9) di animali destinati alla sperimentazione animale, senza che siano utilizzati in esperimenti reali;

E.  considerando che il pacchetto di strumenti relativi ai modelli di sperimentazione non basata sugli animali è in crescita e dimostra il potenziale per migliorare la nostra comprensione delle malattie e accelerare la scoperta di trattamenti efficaci; che tale strumentario comprende, ad esempio, la nuova tecnologia organ-on-chip, sofisticate simulazioni informatiche, colture 3-D di cellule umane per la sperimentazione di farmaci e altri modelli e tecnologie moderni;

F.  considerando che il Centro comune di ricerca della Commissione (JRC) ha elaborato una serie di relazioni che elencano e descrivono modelli avanzati non basati sugli animali in sette aree patologiche, al fine di accelerare lo sviluppo di tali tecnologie; che, tuttavia, le iniziative dell'UE in materia di ricerca, innovazione e istruzione dovrebbero essere pienamente allineate con le priorità individuate in tali riesami;

G.  considerando che, sebbene l'incoraggiamento formale ai metodi non basati sugli animali sia unico per l'UE, vi sono ostacoli burocratici alla loro accettazione, il loro utilizzo non è correttamente applicato e i finanziamenti per il loro sviluppo restano inadeguati;

H.  considerando che i cittadini europei hanno costantemente dimostrato di sostenere la fine dell'uso degli animali a fini scientifici;

I.  considerando che, in seno alla Commissione, le Direzioni generali Ambiente, Salute e sicurezza alimentare, Mercato interno, industria, imprenditoria e PMI, Ricerca e innovazione e il Centro comune di ricerca hanno tutti responsabilità in diversi settori della ricerca e della sperimentazione animale, e che non esiste un meccanismo formale di coordinamento che garantisca un approccio attivo, coerente e sinergico al completamento della piena sostituzione degli animali;

J.  considerando che l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e l'Agenzia europea per i medicinali (EMA) hanno messo in atto strategie per ridurre e sostituire attivamente la sperimentazione animale, ma che l'Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) deve ancora mettere in atto una strategia di riduzione e sostituzione e ha affermato che sono necessari investimenti mirati immediati per sviluppare efficaci metodi tossicologici predittivi non basati sugli animali e sostenere direttamente gli obiettivi normativi;

K.  considerando che l'impatto positivo sul benessere animale nell'UE dello storico divieto dell'UE della sperimentazione animale nel settore dei cosmetici ha avuto un impatto positivo sul benessere degli animali nell'UE e ha dimostrato con successo che è possibile eliminare gradualmente il ricorso a tale sperimentazione senza compromettere lo sviluppo del settore dei cosmetici; che, tuttavia, permangono disposizioni regolamentari che prevedono il mantenimento della sperimentazione animale per quanto riguarda gli effetti sui lavoratori che manipolano ingredienti chimici utilizzati esclusivamente nei cosmetici e il loro impatto sull'ambiente; che, tuttavia, la fissazione di scadenze chiare per la graduale eliminazione di tali sperimentazioni nell'UE ha stimolato l'innovazione nelle imprese dell'UE e ha beneficiato del sostegno dell'opinione pubblica;

L.  considerando che la sostituzione della sperimentazione animale con metodi avanzati non basati sugli animali sarà necessaria per conseguire gli ambiziosi obiettivi sanitari e ambientali della Commissione stabiliti nel piano per la ripresa NextGenerationEU e nel Green Deal europeo e che laddove esistano alternative convalidate non basate sugli animali occorre dare loro la priorità;

M.  considerando che alcuni Stati membri hanno adottato misure attuative nazionali che garantiscono un elevato livello di protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, mentre altri si limitano ad applicare i requisiti minimi stabiliti dalla direttiva 2010/63/UE.

1.  invita la Commissione a migliorare il coordinamento per conseguire l'obiettivo di cui alla direttiva 2010/63/UE istituendo una task force interservizi di alto livello con la partecipazione di tutte le direzioni generali e le agenzie principali e incaricata di collaborare con gli Stati membri e le parti interessate per elaborare un piano d'azione a livello dell'UE, con l'obiettivo di guidare la graduale eliminazione attiva mediante la riduzione, il perfezionamento e la sostituzione delle procedure su animali vivi a fini scientifici e regolamentari, non appena ciò sia scientificamente possibile e senza abbassare il livello di protezione della salute umana e dell'ambiente, accelerando nel contempo lo sviluppo dei metodi, delle tecnologie e degli strumenti alternativi non basati sugli animali necessari per il cambiamento; evidenzia che occorre stabilire un calendario chiaro e ambizioso e un elenco di tappe intermedie al fine di incentivare i progressi;

2.  sottolinea che in passato il ricorso alla ricerca basata sugli animali ha contribuito in modo significativo a migliorare la cura di molte patologie della salute umana e ha svolto un ruolo nella salute degli animali e sottolinea che, sebbene l'obiettivo ultimo sia l'eliminazione graduale dell'uso degli animali a fini scientifici, i metodi non basati sugli animali non sono ancora disponibili in tutti i settori di ricerca scientifica; rileva inoltre che vi sono casi in cui gli esperimenti sugli animali sono tuttora necessari per acquisire conoscenze scientifiche nell'ambito della lunga ricerca di cure efficaci per talune malattie vista l'attuale assenza di metodi non basati sugli animali; sottolinea che il Centro comune di ricerca riconosce che una forte dipendenza dalla sperimentazione animale può ostacolare i progressi in determinati settori della ricerca sulle malattie(10), in cui i modelli animali non riescono a cogliere le caratteristiche principali delle malattie umane, e ritiene che il passaggio a modelli alternativi potrebbe consentire nuove scoperte; riconosce, inoltre, che gli esperimenti condotti sugli animali a causa dell'assenza di metodi non basati sugli animali devono svolgersi in condizioni ottimali che riducano al minimo il dolore, il disagio e la sofferenza tutelando il benessere degli animali in questione;

3.  sottolinea che il piano d'azione dovrebbe includere obiettivi, traguardi di riduzione e calendari ambiziosi e realizzabili da fissare nell'ambito dell'obiettivo generale di riduzione e sostituzione al fine di incentivare il cambiamento, con azioni concrete e coordinate accompagnate da indicatori, come applicato ad altri settori strategici dell'UE, e dovrebbe utilizzare la banca dati statistica UE ALURES come punto di riferimento, portando a riduzioni assolute e durature del numero di animali utilizzati in tutta l'UE a fini scientifici;

4.  sottolinea che il piano dovrebbe includere, tra l'altro, proposte per una migliore attuazione e applicazione delle iniziative esistenti, compreso un sistema di controlli ben funzionante;

5.  sottolinea la necessità di approfondire lo Spazio europeo della ricerca e che il piano si basi sulle ricerche condotte finora nell'UE e preveda meccanismi per il finanziamento preferenziale dei metodi non basati sugli animali in tutte le iniziative di ricerca e innovazione dell'UE, in quanto tali metodi alternativi comportano costi aggiuntivi e necessità di investimento; sottolinea pertanto la necessità di maggiori finanziamenti mirati nell'ambito di Orizzonte Europa per i modelli avanzati non basati sugli animali; invita la Commissione, il Consiglio e gli Stati membri a rendere disponibili finanziamenti sufficienti a medio e a lungo termine per garantire lo sviluppo, la convalida e l'introduzione in tempi rapidi di metodi di sperimentazione alternativi miranti a sostituire la sperimentazione animale in particolare per i parametri tossicologici chiave; invita la Commissione a dare piena attuazione al suo impegno a favore del raggruppamento delle sostanze e dell'uso di valutazioni dei rischi generiche intesi come strumenti importanti per proteggere meglio la salute umana e ridurre la sperimentazione animale;

6.  invita la Commissione a fissare obiettivi di riduzione in consultazione con le agenzie competenti, in particolare l'ECHA e l'EFSA, attraverso un'attuazione più proattiva degli attuali regolamenti sulla sicurezza delle sostanze chimiche e di altri prodotti, e a sostenere gli obiettivi di riduzione utilizzando una banca dati dell'UE sulla sicurezza chimica pienamente collegata e interoperabile; ricorda che l'articolo 13 del regolamento REACH prevede che i requisiti relativi ai metodi di prova siano aggiornati non appena si rendano disponibili metodi non basati sugli animali;

7.  sottolinea che il settore privato, in particolare le imprese disposte a passare a modelli non basati sugli animali e le start-up che li sviluppano e perfezionano, può essere attivamente coinvolto nel piano attraverso la partecipazione ad approcci collaborativi volti a eliminare gradualmente la sperimentazione animale; ritiene che gli enti governativi debbano assumere un ruolo di coordinamento e instaurare un dialogo positivo e costruttivo con il settore in modo da permettere soluzioni sviluppate dal basso verso l'alto; chiede che in tutti gli Stati membri e in tutte le agenzie dell'UE sia adottato un approccio più coordinato, intersettoriale e su scala europea anche attraverso il Partenariato europeo intersettoriale per gli approcci alternativi alla sperimentazione animale;

Istruzione e formazione

8.  sollecita la Commissione a collaborare con gli Stati membri per dare priorità alle azioni volte a educare, formare e riqualificare gli scienziati, i ricercatori e i tecnici nell'utilizzo di modelli avanzati non basati sugli animali e nella condivisione delle migliori pratiche e a sensibilizzare in merito ai modelli non basati sugli animali convalidati gli esperti di valutazione della sicurezza e i soggetti incaricati di valutare le proposte di progetti e assegnare i finanziamenti;

9.  sottolinea la necessità di un costante sforzo di formazione e istruzione per garantire la conoscenza più vasta possibile delle alternative e dei processi nei laboratori e tra le autorità competenti;

10.  sottolinea che gli istituti universitari devono svolgere un ruolo essenziale a livello di promozione di metodi alternativi alla sperimentazione animale nelle discipline scientifiche e di divulgazione di nuove conoscenze e pratiche, che sono disponibili ma non sempre ampiamente utilizzati;

11.  sottolinea la necessità di lavorare nel quadro di strutture internazionali per accelerare la convalida e l'accettazione di metodi alternativi, garantire il trasferimento di conoscenze e fornire sostegno finanziario ai paesi terzi in cui gli scienziati potrebbero non essere a conoscenza dell'esistenza di metodi alternativi e in cui gli impianti di sperimentazione potrebbero non possedere le necessarie infrastrutture di ricerca;

o
o   o

12.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.

(1) GU L 276 del 20.10.2010, pag. 33.
(2) GU L 396 del 30.12.2006, pag. 1.
(3) GU L 309 del 24.11.2009, pag. 1.
(4) GU L 167 del 27.6.2012, pag. 1.
(5) GU L 342 del 22.12.2009, pag. 59.
(6) GU C 41 del 6.2.2020, pag. 45.
(7) Testi approvati, P9_TA(2020)0201.
(8) Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio: relazione 2019 sulle statistiche relative all'uso di animali a fini scientifici negli Stati membri dell'Unione europea nel periodo 2015-2017, pag. 16 (COM(2020)0016). https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/PDF/?uri=CELEX:52020DC0016&from=EN
(9) Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'attuazione della direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici negli Stati membri dell'Unione europea, pag. 7 (SWD5(2020)0015). https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52020DC0015&from=EN
(10) Dura, Adelaide; Gribaldo, Laura; Deceuninck, Pierre (2021): EURL ECVAM Review of non-animal models in biomedical research - Neurodegenerative Diseases. European Commission, Joint Research Centre (JRC) [Dataset] PID: http://data.europa.eu/89h/a8fd26ef-b113-47ab-92ba-fd2be449c7eb


Riconoscimento della violenza di genere come nuova fattispecie di reato fra i reati di cui all'articolo 83, paragrafo 1, TFUE
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Risoluzione
Allegato
Risoluzione del Parlamento europeo del 16 settembre 2021 recante raccomandazioni alla Commissione concernenti l'identificazione della violenza di genere come nuova sfera di criminalità tra quelle elencate all'articolo 83, paragrafo 1, TFUE (2021/2035(INL))
P9_TA(2021)0388A9-0249/2021

Il Parlamento europeo,

–  visti l'articolo 2 e l'articolo 3, paragrafo 3, del trattato sull'Unione europea,

–  visti gli articoli 8, 10 e 19, l'articolo 83, paragrafo 1, e l'articolo 225 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,

–  vista la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in particolare gli articoli da 1 a 4, da 6 a 8, da 10 a 12, 21, da 23 a 26, 47 e 49,

–  viste le relazioni di verifica per paese del gruppo di esperti sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica,

–  vista la comunicazione della Commissione del 5 marzo 2020 dal titolo "Un'Unione dell'uguaglianza: la strategia per la parità di genere 2020-2025",

–  vista la comunicazione della Commissione del 24 giugno 2020 dal titolo "Strategia dell'UE sui diritti delle vittime (2020-2025)",

–  vista la comunicazione della Commissione del 12 novembre 2020 dal titolo "Un'Unione dell'uguaglianza: strategia per l'uguaglianza LGBTIQ 2020-2025",

–  vista la comunicazione congiunta della Commissione e dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza del 25 novembre 2020 dal titolo "Piano d'azione dell'Unione europea sulla parità di genere III – Un'agenda ambiziosa per la parità di genere e l'emancipazione femminile nell'azione esterna dell'UE",

–  vista la comunicazione della Commissione del 24 marzo 2021 dal titolo "Strategia dell'UE sui diritti dei minori",

–  vista la comunicazione della Commissione del 14 aprile 2021 sulla strategia dell'UE per la lotta alla tratta degli esseri umani 2021-2025,

–  vista la direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta degli esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI(1),

–  vista la direttiva 2011/99/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, sull'ordine di protezione europeo(2),

–  vista la direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI(3),

–  visto l'obiettivo di sviluppo sostenibile n. 5 delle Nazioni Unite "Uguaglianza di genere",

–  vista la raccomandazione generale n. 33 sull'accesso delle donne alla giustizia, del 3 agosto 2015, del Comitato per l'eliminazione della discriminazione contro le donne,

–  vista la raccomandazione generale n. 35 sulla violenza di genere contro le donne, che aggiorna la raccomandazione n. 19, del 14 luglio 2017, del Comitato per l'eliminazione della discriminazione contro le donne,

–  vista l'indagine dell'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali, dal titolo "Violenza contro le donne: un'indagine a livello di Unione europea" pubblicata nel 2014,

–  vista la relazione dell'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali, dal titolo "Crime, safety and victims' rights" (Reati, sicurezza e diritti delle vittime), pubblicata nel 2021,

–  vista la convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali,

–  vista la convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica,

–  visti la dichiarazione di Pechino e la relativa piattaforma d'azione, adottate il 15 settembre 1995 dalla quarta Conferenza mondiale sulle donne, e i successivi documenti finali adottati alle sessioni speciali delle Nazioni Unite di Pechino+5 (2000), +10 (2005), Pechino+15 (2010) e Pechino+20 (2015),

–  visto il glossario dell'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere,

–  viste le conclusioni concordate alla 65a sessione della Commissione delle Nazioni Unite sulla condizione femminile che si è svolta dal 15 al 26 marzo 2021,

–  visti le disposizioni degli strumenti giuridici delle Nazioni Uniti nell'ambito dei diritti umani, in particolare quelli concernenti i diritti delle donne, e gli altri strumenti delle Nazioni Uniti sulla violenza contro le donne, compresa la dichiarazione sull'eliminazione della violenza contro le donne del 20 dicembre 1993,

–  vista la sua risoluzione del 5 aprile 2011 sulle priorità e sulla definizione di un nuovo quadro politico dell'UE in materia di lotta alla violenza contro le donne(4),

–  vista la sua risoluzione del 25 febbraio 2014 recante raccomandazioni alla Commissione sulla lotta alla violenza contro le donne(5),

–  vista la sua risoluzione del 12 settembre 2017 sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione da parte dell'Unione europea della convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica(6),

–  vista la sua risoluzione del 13 febbraio 2019 sull'attuale regresso dei diritti delle donne e dell'uguaglianza di genere nell'UE(7),

–  vista la sua risoluzione del 28 novembre 2019 sull'adesione dell'UE alla convenzione di Istanbul e altre misure per combattere la violenza di genere(8),

–  vista la sua risoluzione del 26 novembre 2020 sul divieto di fatto del diritto all'aborto in Polonia(9),

–  vista la sua risoluzione del 21 gennaio 2021 sulla prospettiva di genere nella crisi COVID-19 e nel periodo successivo alla crisi(10),

–  vista la sua risoluzione del 21 gennaio 2021 sulla strategia dell'UE per la parità di genere(11),

–  vista la sua risoluzione del 10 febbraio 2021 sull'attuazione della direttiva 2011/36/UE concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime(12),

–  vista la sua risoluzione dell'11 febbraio 2021 sulle sfide future in relazione ai diritti delle donne in Europa: 25 anni dopo la dichiarazione e la piattaforma d'azione di Pechino(13),

–  viste le conclusioni del Consiglio sul tema "Donne, pace e sicurezza", pubblicate il 10 dicembre 2018,

–  visto il compendio delle Nazioni Unite sulla COVID-19 e l'eliminazione della violenza contro le donne e le ragazze, pubblicato nel 2020(14),

–  visto il parere legale dell'avvocato generale della Corte di giustizia dell'Unione europea in merito alla convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, inteso a chiarire l'incertezza giuridica riguardo a se e quando l'Uione possa concludere e ratificare la convenzione, formulato l'11 marzo 2021(15),

–  visti gli articoli 47 e 54 del suo regolamento,

–  viste le deliberazioni congiunte della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni e della commissione per i diritti delle donne e l'uguaglianza di genere a norma dell'articolo 58 del regolamento,

–  vista la relazione della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni e della commissione per i diritti delle donne e l'uguaglianza di genere (A9-0249/2021),

A.  considerando che l'uguaglianza tra donne e uomini è un valore fondamentale dell'Unione sancito dall'articolo 2 del trattato sull'Unione europea (TUE) e riconosciuto dall'articolo 23 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (la "Carta"); che il diritto alla parità di trattamento e alla non discriminazione è un diritto fondamentale sancito dai trattati e dalla Carta; che l'eliminazione della violenza maschile contro le donne e le ragazze è una condizione preliminare per la realizzazione della parità effettiva tra donne e uomini;

B.  considerando che l'articolo 8 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) stabilisce che nelle sue azioni l'Unione mira ad eliminare le ineguaglianze, nonché a promuovere la parità, tra uomini e donne;

C.  considerando che la violenza di genere, sia online che offline, e la mancanza di accesso a una protezione adeguata costituiscono la manifestazione più grave della discriminazione di genere e rappresentano una violazione dei diritti fondamentali sanciti dalla Carta, quali il diritto alla dignità umana, il diritto alla vita e all'integrità fisica e mentale, il divieto della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, il divieto della schiavitù e del lavoro forzato, il diritto alla libertà e alla sicurezza e il diritto al rispetto della vita privata e familiare;

D.  considerando che, a norma dell'articolo 83, paragrafo 1, terzo comma, TFUE, in funzione dell'evoluzione della criminalità, il Consiglio può adottare una decisione che individua altre sfere di criminalità particolarmente gravi che presentano una dimensione transnazionale derivante dal carattere o dalle implicazioni di tali reati o da una particolare necessità di combatterli su basi comuni;

E.  considerando che, nell'adottare tale decisione a norma dell'articolo 83, paragrafo 1, terzo comma, TFUE, il Consiglio delibera all'unanimità previa approvazione del Parlamento europeo;

F.  considerando che l'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere (EIGE) e la convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (convenzione di Istanbul) definiscono la violenza di genere contro le donne come qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale o che colpisce le donne in modo sproporzionato; che "violenza contro le donne" si riferisce a tutti gli atti di violenza contro il genere femminile che si traducono, o possono tradursi, in lesioni o sofferenze fisiche, sessuali, psicologiche o economiche per le donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che nella vita privata;

G.  considerando che le persone LGBTIQ+ sono anch'esse vittime della violenza di genere fondata sul loro genere, sull'identità di genere, sull'espressione di genere e sulle caratteristiche sessuali;

H.  considerando che la violenza di genere nei confronti delle persone LGBTIQ+ include la violenza fisica, la violenza psicologica, i matrimoni forzati, la violenza sessuale, compreso lo stupro "correttivo" e le molestie sessuali, le mutilazioni genitali femminili e intersessuali, la sterilizzazione forzata delle persone transgender e intersessuali, i cosiddetti reati "d'onore", la terapia di conversione, l'incitamento all'odio sia online che offline, il bullismo e le molestie, la privazione socioeconomica e la violenza che si verifica all'interno della famiglia e/o dell'unità domestica;

I.  considerando che la convenzione di Istanbul definisce il genere come "ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini", definizione che ribadisce che molte forme di violenza contro le donne affondano le loro radici in disuguaglianze di potere tra uomini e donne;

J.  considerando che l'espressione "in tutta la loro diversità" è utilizzata nella presente risoluzione per ricordare che le donne, gli uomini e le persone non binarie rientrano in categorie eterogenee anche, ma non solo, per quanto riguarda la razza, il colore della pelle, l'origine etnica o sociale, la lingua, la religione o convinzioni personali, opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza a una minoranza nazionale, il censo, la nascita, la disabilità, l'età, l'orientamento sessuale, l'identità di genere, l'espressione di genere o le caratteristiche sessuali, le condizioni di salute, lo stato civile, lo status di migrante o di rifugiato; che si tratta di un'espressione che sancisce l'impegno a non lasciare indietro nessuno e a realizzare un'Europa che garantisca la parità di genere per tutti; che non si possono compiere progressi reali in materia di parità di genere senza un approccio intersettoriale;

K.  considerando che la violenza di genere affonda le sue radici negli stereotipi di genere, nelle strutture eteropatriarcali, nelle asimmetrie di potere e nelle disuguaglianze strutturali e istituzionali; che la violenza di genere interessa tutti gli ambiti della società;

L.  considerando che la violenza di genere prende di mira le donne e le ragazze in tutta la loro diversità e le persone LGBTIQ+, ed è motivata da un desiderio di punire coloro che sono considerati trasgressori delle norme sociali delle gerarchie di genere, dell'espressione di genere e dei sistemi binari di genere; che la violenza di genere intende istituire, applicare o perpetuare le disuguaglianze di genere e rafforzare le norme e gli stereotipi di genere;

M.  considerando che l'EIGE definisce il femminicidio come l'omicidio di donne e ragazze per via del loro genere; che può assumere diverse forme, come l'omicidio di donne a causa della violenza del loro partner, l'omicidio di donne e ragazze in ragione del loro genere, orientamento sessuale, identità di genere, espressione di genere o caratteristiche sessuali, le mutilazioni genitali femminili e intersessuali e i cosiddetti "delitti d'onore"; che i femminicidi sono la manifestazione estrema delle forme esistenti di violenza contro le donne e rappresentano l'atto ultimo di violenza sperimentato in un continuum di violenza; che molti tipi di femminicidio non sono conteggiati nelle statistiche ufficiali e restano invisibili;

N.  considerando che l'esposizione alla violenza da parte del partner, che sia di natura fisica, sessuale o psicologica, ha un grave effetto sui bambini e perpetua gli abusi nelle generazioni future in quanto i bambini che assistono alla violenza nei confronti della madre o di uno dei genitori per mano del partner hanno maggiori probabilità di sperimentare tale violenza successivamente durante la loro vita, come vittime o come autori della violenza; che le leggi che tutelano la dignità del bambino e che lo riconoscono come vittima in questi casi svolgono un ruolo essenziale nella tutela sia della donna sia del bambino in quanto vittime; che le leggi sull'affidamento devono essere elaborate in modo da non attribuire i diritti di affidamento ai colpevoli di violenze nei confronti del proprio partner;

O.  considerando che la violenza di genere include molti tipi di violenza, compresa quella subita dal partner e in ambito familiare; che l'EIGE, analogamente alla convenzione di Istanbul, definisce la violenza domestica come tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all'interno della famiglia o del nucleo familiare, indipendentemente dai legami biologici o familiari, o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l'autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima;

P.  considerando che la violenza di genere online e le molestie sessuali online hanno carattere transfrontaliero; che la violenza nelle sue declinazioni online, comprese le molestie online, il ciberbullismo, lo stalking online, l'incitamento all'odio sessista, la divulgazione non consensuale di immagini di natura sessuale, il "doxing", il furto d'identità o l'hacking, colpisce in maniera sproporzionata le donne e le ragazze;

Q.  considerando che la violenza contro le donne e le ragazze è una delle violazioni più diffuse dei diritti delle donne in Europa; che indagini condotte dall'Unione evidenziano che, nell'Unione, una donna su tre, ovvero 62 milioni di donne, ha subito violenza sessuale e/o fisica dall'età di 15 anni e che una donna su due (55 %) è stata vittima di molestie sessuali; che l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) riferisce che, a livello mondiale, quasi un terzo (27 %) delle donne nella fascia di età compresa tra i 15 e i 49 anni che hanno avuto una relazione ha affermato di essere stata vittima di una qualche forma di violenza fisica e/o sessuale da parte del proprio partner; che l'OMS riferisce che a livello mondiale ben il 38 % di tutti gli omicidi di donne è commesso dai partner di queste ultime;

R.  considerando che mancano dati disaggregati aggiornati, globali e comparabili su tutte le forme di violenza di genere in tutta l'Unione; che la mancanza di dati comparabili è anche il risultato della mancata armonizzazione delle definizioni legate alla violenza di genere; che dati disaggregati globali e comparabili sono essenziali per documentare la violenza di genere e le sue cause profonde; che l'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali ha pubblicato la sua ultima indagine sulla violenza contro le donne nel 2014 e che non sono disponibili dati più recenti;

S.  considerando che la violenza di genere comporta costi importanti per le società europee, in termini sia di perdita di produzione economica che di erogazione di servizi, compresi i servizi sanitari, legali, sociali e specializzati; che, tuttavia, i costi maggiori gravano sulle vittime della violenza di genere, che devono vivere per sempre con le cicatrici emotive di tali esperienze traumatiche; che l'azione dell'Unione dovrebbe essere orientata al benessere delle vittime della violenza di genere;

T.  considerando che l'impatto della crisi COVID-19 ha comportato un drastico aumento della violenza di genere, subita in particolare dal proprio partner, compresa la violenza fisica e psicologica, il controllo coercitivo e la violenza online; che gli Stati membri dell'Ufficio europeo dell'Organizzazione mondiale della sanità hanno segnalato un aumento del 60 % delle chiamate di emergenza da parte di donne vittime di violenza da parte del loro partner; che le misure di confinamento hanno reso più difficile la ricerca di aiuto da parte di tali vittime poiché sono spesso confinate con l'autore delle violenze e hanno un accesso limitato ai servizi di sostegno, e poiché la carenza di strutture di sostegno e di risorse ha aggravato una pandemia "sommersa" preesistente;

U.  considerando che l'istruzione può svolgere un ruolo centrale nella prevenzione della violenza di genere, in particolare mettendo in discussione le norme sociali negative che alimentano tale fenomeno e consentendo ai giovani di riconoscere, affrontare e prevenire tali azioni;

V.  considerando che la violenza di genere continua a essere sottosegnalata nell'Unione; che due terzi delle vittime non denunciano la violenza di genere alle autorità(16);

W.  considerando che, secondo l'EIGE, la vittimizzazione secondaria, nota anche come rivittimizzazione, si verifica quando la vittima subisce ulteriori danni non per effetto diretto di un atto criminale, ma a causa del modo in cui le istituzioni e altri individui trattano la vittima; che, secondo l'EIGE, la vittimizzazione secondaria può essere provocata, ad esempio, dalla ripetuta esposizione della vittima all'autore del reato, da interrogatori ripetuti in merito agli stessi fatti, dall'uso di un linguaggio inappropriato o da commenti insensibili da parte di tutti coloro che vengono a contatto con le vittime;

X.  considerando che la violenza di genere potrebbe essere commessa da persone che rivestono incarichi di autorità, nei confronti di vittime che si trovano in contesti detentivi come le prigioni, le strutture per la salute mentale, i centri di detenzione, gli istituti di assistenza e i campi per i rifugiati; che condizioni di sovraffollamento, elevati livelli di stress e mancanza di privacy possono portare anch'esse alla violenza di genere; che dotando gli ufficiali di polizia di competenze trasversali per ascoltare con attenzione, capire e rispettare tutte le donne che hanno subito violenza di genere, si può contribuire a ridurre la sottosegnalazione e la vittimizzazione secondaria e creare un ambiente più sicuro per le vittime della violenza di genere;

Y.  considerando che garantire un accesso a costi contenuti e sicuro a un sistema giudiziario indipendente è indispensabile per promuovere un ambiente più sicuro per tutte le vittime della violenza di genere; che per affrontare la violenza di genere in modo efficace occorre istituire programmi di formazione per i professionisti coinvolti, tra cui assistenti sociali, operatori sanitari, funzionari delle autorità di contrasto e operatori del sistema giudiziario, affinché siano in grado di identificare, affrontare e rispondere alla violenza di genere;

Z.  considerando che, in tutti gli Stati membri, i tassi di condanna dei responsabili di violenze contro le donne, in particolare violenze sessuali come lo stupro e l'aggressione sessuale, sono a livelli inaccettabilmente bassi, a riprova delle gravi carenze sistematiche nel modo in cui le autorità di contrasto affrontano la violenza di genere; che ciò comporta, a sua volta, una diffusa cultura dell'impunità e un grave ostacolo alla parità di genere e alla lotta contro la violenza di genere;

AA.  considerando che la violenza sessuale si iscrive in un continuum di discriminazione e violenza di genere, che è strettamente interconnesso a disuguaglianze persistenti e attacchi di più ampia portata contro la parità di genere e i diritti delle donne e delle ragazze;

AB.  considerando che la convenzione di Istanbul è lo strumento più completo in Europa per contrastare forme specifiche di violenza maschile nei confronti di donne e ragazze, nonché la violenza domestica; che tale convenzione stabilisce un quadro completo di misure giuridiche e strategiche per prevenire tale tipo di violenza, sostenere le vittime e punire i colpevoli;

AC.  considerando che le campagne di disinformazione tese a minare la parità di genere ostacolano anche i progressi volti a eliminare la violenza contro le donne, come si è constatato in relazione alla convenzione di Istanbul, suscitando l'opposizione pubblica e decisioni politiche deplorevoli in alcuni Stati membri;

AD.  considerando che la convenzione di Istanbul è stata firmata da tutti gli Stati membri e ratificata da 21 di essi; che la Bulgaria, la Cechia, l'Ungheria, la Lettonia, la Lituania e la Slovacchia non hanno ancora ratificato la convenzione di Istanbul; che la Polonia ha annunciato la sua intenzione di recedere dalla convenzione; che il recesso della Turchia dalla convenzione di Istanbul ha creato un pessimo precedente; che la convenzione di Istanbul non è ancora stata ratificata dall'Unione;

AE.  considerando che le violazioni dei diritti delle donne sono di natura internazionale, europea e transnazionale; che le donne e le ragazze in Europa e altre vittime della violenza di genere non godono dello stesso livello di protezione dalla violenza in tutta l'Unione a causa della diversità dei quadri legislativi nazionali e dei meccanismi di protezione e prevenzione;

AF.  considerando che l'azione dell'Unione volta a sradicare la violenza contro le donne e le ragazze e tutte le forme di violenza di genere impone alla Commissione di intraprendere vari percorsi paralleli, di carattere legislativo e non, compresa la proposta di identificare la violenza di genere come sfera di criminalità che risponde ai criteri di cui all'articolo 83, paragrafo 1, TFUE e, al tempo stesso, di adottare una direttiva sulla violenza di genere utilizzando lo stesso articolo come base giuridica;

AG.  considerando che la lotta alla violenza di genere è una priorità fondamentale della strategia dell'Unione per la parità di genere e dell'azione esterna dell'Unione; che, nel suo programma di lavoro per il 2021, la Commissione ha annunciato una nuova proposta legislativa volta a prevenire e combattere la violenza di genere sulla base degli articoli 82, 83 e 84 TFUE, nonché una proposta specifica per ampliare l'elenco delle sfere di criminalità particolarmente gravi che presentano una dimensione transnazionale di cui all'articolo 83, paragrafo 1, secondo comma, TFUE al fine di includervi tutte le forme di crimini d'odio e di incitamento all'odio; che la lotta alla violenza di genere rientra tra le priorità della presidente della Commissione(17);

Cause e impatto della violenza di genere e garanzia di un approccio olistico nella sua prevenzione

1.  condanna tutte le forme di violenza contro le donne e le ragazze in tutta la loro diversità e le altre forme di violenza di genere online e offline, come la violenza contro le persone LGBTIQ+ fondata sul genere, sull'identità di genere, sull'espressione di genere o sulle caratteristiche sessuali, che include vari atti di violenza online e offline che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenza di natura fisica, sessuale, psicologica o economica;

2.  sottolinea che, a causa del confinamento e delle misure di distanziamento sociale attuate durante la pandemia di COVID-19, si è verificato un aumento preoccupante della violenza di genere nei confronti di donne e ragazze in tutta l'Unione, compresa la violenza da parte del partner, la violenza fisica, sessuale, economica e psicologica, il controllo coercitivo e la violenza online, dettando un'impellente necessità di servizi di sostegno per tali vittime;

3.  insiste affinché, nel trattare la violenza contro le donne, la definizione del termine "donne" includa le ragazze di età inferiore ai 18 anni;

4.  denuncia il femminicidio quale forma più estrema di violenza contro le donne e le ragazze; sottolinea che il femminicidio costituisce una violazione gravissima dei diritti umani e che l'Unione dovrebbe elaborare un piano volto a prevenire e contrastare le violenze, rilevare le situazioni di rischio, fornire sostegno alle vittime e proteggerle;

5.  sottolinea che la violenza contro le donne e le altre forme di violenza di genere sono ancora avvolte nel silenzio e sono il risultato della continua manifestazione di un accesso al potere e alle risorse e una loro distribuzione storicamente iniqui, che hanno condotto al dominio degli uomini sulle donne e alla discriminazione nei loro confronti nonché alla violenza rivolta contro le persone LGBTIQ+, con ripercussioni di vasta portata per le vittime, le loro famiglie e le loro comunità;

6.  accoglie con favore il movimento #MeToo, che simboleggia la voce delle donne che infrangono il muro del silenzio che circonda le molestie sessuali e la violenza sessuale contro le donne in tutta la loro diversità, in tutte le fasce di età, i settori e i luoghi; denuncia il fatto che in alcuni paesi le vittime di molestie sessuali e di violenza sessuale sono accusate sempre più frequentemente e persino condannate per diffamazione, creando in tal modo un effetto dissuasivo, rivittimizzando e riducendo al silenzio le donne che osano parlare;

7.  riconosce che i progressi verso l'uguaglianza sono stati realizzati grazie alla lotta femminista combattuta duramente contro l'oppressione globale delle donne e delle ragazze;

8.  sottolinea che la situazione è esacerbata dalle disuguaglianze economiche e sociali e dai tagli significativi ai fondi disponibili, in particolare in tempi di crisi, che portano a divari retributivi e pensionistici, alla femminizzazione del lavoro precario e a condizioni di vita più precarie per le donne; sottolinea che tali disuguaglianze e squilibri di potere hanno carattere trasversale e globale e che sono comuni all'intero territorio dell'Unione, non limitandosi a specifici Stati membri;

9.  sottolinea che rigide norme di genere basate su stereotipi patriarcali contribuiscono alla discriminazione e alla sottomissione delle donne, comprese le donne lesbiche, bisessuali, transgender e intersessuali, rendono chiunque non vi si conformi più vulnerabile alla violenza di genere e contribuiscono all'invisibilità della violenza subita dagli uomini omosessuali, bisessuali e intersessuali;

10.  sottolinea l'importanza di affrontare e promuovere, attraverso l'educazione, uno status e relazioni di potere paritari tra uomini e donne e tra ragazzi e ragazze, nonché di estirpare i pregiudizi e gli stereotipi di genere che portano a norme sociali di genere dannose; deplora l'elevato numero di episodi di violenza contro le donne in tutta la loro diversità, comprese le donne lesbiche, bisessuali e transessuali, così come le persone transgender, intersessuali e non binarie;

11.  sottolinea l'ampio ventaglio di effetti psicologici che la violenza di genere produce sulle vittime, tra cui stress, sensazione di insicurezza o vulnerabilità, problemi di concentrazione, ansia, attacchi di panico, isolamento sociale, bassa autostima, depressione, disturbi da stress post-traumatico nonché mancanza di fiducia e di senso di controllo, oltre alla paura o persino pensieri suicidi; pone l'accento sull'importanza di offrire servizi di salute mentale alle vittime di tali reati, che sono spesso forniti anche da ONG e attori della società civile;

12.  ribadisce che la violenza di genere ha anche effetti a livello sociale, economico e democratico, tra cui una mancanza di accesso ai posti di lavoro, l'isolamento, il ritiro dalla vita pubblica o la privazione di risorse materiali o finanziarie, che aggravano la posizione di svantaggio delle donne; sottolinea che la violenza di genere è esercitata come una forma di controllo coercitivo sulle donne che ostacola la parità di genere, la mobilità sociale, l'emancipazione economica e l'esercizio dei loro diritti di cittadini dell'Unione, compresa la loro piena partecipazione civica e il libero sviluppo delle loro vite senza violenza;

13.  pone l'accento sull'impatto economico negativo che la violenza di genere e i problemi di salute mentale che ne conseguono possono avere sulle vittime, in particolare in termini di capacità di cercare lavoro, ma anche a causa dell'onere finanziario che incombe loro nell'intraprendere un'azione legale, e ricorda che i costi annuali della violenza di genere per la società (stimati a 290 miliardi di EUR, di cui da 49 a 89,3 miliardi di EUR per molestie e stalking online) superano i costi annuali stimati delle forme di criminalità particolarmente gravi di cui all'articolo 83, paragrafo 1, secondo comma, TFUE(18);

14.  sottolinea che la convenzione di Istanbul continua a essere la norma internazionale e uno strumento chiave per l'eliminazione della violenza di genere in quanto segue un approccio olistico e coordinato che pone al centro i diritti delle vittime e che affronta la questione da un'ampia gamma di prospettive; ribadisce il suo invito a concludere la ratifica della convenzione di Istanbul da parte dell'Unione sulla base di una vasta adesione e pone l'accento sull'importanza della sua ratifica da parte di Bulgaria, Cechia, Ungheria, Lettonia, Lituania e Slovacchia; prende atto con preoccupazione dei tentativi di alcuni Stati membri di diffondere disinformazione sulla convenzione di Istanbul, come la negazione dell'esistenza della violenza di genere; condanna il fatto che tale disinformazione stia prendendo piede in Europa, contribuendo così alla difficoltà di proteggere i diritti delle donne;

15.  sottolinea che la convenzione di Istanbul dovrebbe essere intesa come uno standard minimo per l'eliminazione della violenza di genere e che l'Unione dovrebbe adottare misure legislative ancor più decisive ed efficaci a tale riguardo; ricorda che tali nuove misure legislative dovrebbero in ogni caso essere coerenti con i diritti e gli obblighi fissati dalla convenzione di Istanbul e dovrebbero essere complementari alla sua ratifica; invita gli Stati membri a tenere conto delle raccomandazioni del gruppo di esperti sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica e a migliorare la legislazione nazionale per allinearla maggiormente alle disposizioni della convenzione di Istanbul, così da garantirne l'adeguata attuazione ed esecuzione;

16.  denuncia le conseguenze negative degli attacchi sferrati ai diritti delle donne e delle ragazze e alla parità di genere sulla lotta alla violenza di genere; condanna le azioni dei movimenti contro l'uguaglianza di genere e antifemministi in Europa e nel mondo che attaccano sistematicamente i diritti delle donne e delle persone LGBTIQ+, compresi i diritti sessuali e riproduttivi, e che si prefiggono di revocare le leggi esistenti che li tutelano, mettendo in tal modo a repentaglio il rispetto dei diritti umani e dello Stato di diritto; condanna ogni forma di disinformazione diffusa deliberatamente riguardo alla convenzione di Istanbul e ad altri strumenti e iniziative volti a combattere la violenza contro le donne nell'Unione, che ostacola la protezione delle donne dalla violenza; esorta la Commissione a garantire che le organizzazioni della società civile sostenute e finanziate dall'Unione non promuovano la discriminazione di genere;

17.  invita la Commissione ad aumentare e a garantire finanziamenti a lungo termine dedicati alla prevenzione e alla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e delle ragazze e altre forme di violenza di genere tramite il programma Cittadini, uguaglianza, diritti e valori, compreso il sostegno per i centri di accoglienza e altre organizzazioni della società civile attive in tale ambito; ribadisce l'importanza di utilizzare parametri di riferimento e indicatori per misurare i progressi;

18.  sottolinea che esistono differenze sostanziali nella definizione giuridica e nel trattamento della violenza di genere nei vari Stati membri; evidenzia che ciò ostacola fortemente le azioni legislative dell'Unione volte a contrastare la violenza di genere, comprese le direttive 2012/29/UE, 2011/36/UE e 2011/99/UE;

19.  sottolinea l'importanza delle misure di prevenzione nella lotta alla violenza nei confronti delle donne e delle ragazze; osserva che tali misure richiedono un'attenzione più mirata nell'intero sistema giudiziario nonché nelle scuole e in ambito sanitario, onde prevenire e ridurre al minimo il rischio di violenza;

20.  ribadisce l'importanza di azioni che affrontino le cause soggiacenti alla disuguaglianza di genere, anche contrastando il sessismo nonché le norme di genere, gli stereotipi e i valori patriarcali; lamenta la carenza di ricerche e conoscenze che formano la base su cui poggia l'efficacia del processo politico e del processo legislativo nel prevenire la violenza di genere; chiede pertanto all'EIGE e a Eurostat di fungere da polo di conoscenza sulla violenza contro le ragazze nell'Unione; sottolinea che la violenza degli uomini contro le donne inizia con la violenza dei ragazzi contro le ragazze; ritiene pertanto che le misure preventive debbano iniziare in giovane età; sottolinea la necessità che la parità di genere rivesta un ruolo centrale nell'istruzione e chiede misure educative rivolte ai giovani e attuate insieme a loro, tra cui un'informazione adeguata all'età, un'educazione completa riguardo alla sessualità, lo sviluppo di relazioni non violente e corsi di autodifesa femminista nel quadro dell'attuazione dell'articolo 12, paragrafo 6, della convenzione di Istanbul e del punto 125, lettera g), relativo all'obiettivo strategico D.1 della piattaforma d'azione di Pechino, così come misure più generali volte a combattere la segregazione, la disuguaglianza di genere e la discriminazione;

21.  sottolinea che l'attacco ai diritti delle donne e alla parità di genere è spesso una dimensione di un più vasto deterioramento della situazione della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali e invita pertanto la Commissione e il Consiglio a considerare le violazioni dei diritti delle donne e delle persone LGBTIQ+ nell'ambito dei procedimenti in corso di cui all'articolo 7 TUE;

22.  insiste sulla necessità di condurre in tutta l'Unione campagne di sensibilizzazione che includano informazioni volte a sensibilizzare i cittadini più giovani dell'Unione in merito alla parità di genere e all'impatto della violenza di genere online e offline, in modo da accompagnare gli sforzi volti a consentire alle donne e alle ragazze di vivere la loro vita liberamente e in sicurezza in tutti gli ambiti;

23.  invita la Commissione a collaborare con gli Stati membri per far sì che la violenza di genere sia trattata efficacemente in tutti i programmi d'istruzione nazionali; accoglie con favore la proposta della Commissione, contenuta nella strategia per la parità di genere, riguardo a una campagna sugli stereotipi di genere a livello dell'intera Unione e il suo impegno a "educare ragazzi e ragazze alla parità di genere sin dall'infanzia e sostenere lo sviluppo di relazioni non violente", misure essenziali per una prevenzione efficace;

24.  sottolinea l'importanza di promuovere la cooperazione tra gli Stati membri riguardo alla questione della violenza di genere, per consentire anche agli Stati membri che dispongono di politiche riuscite di condividere le loro esperienze tramite lo scambio delle migliori pratiche;

25.  invita la Commissione e gli Stati membri a migliorare la disponibilità periodica e la comparabilità di dati disaggregati di qualità su tutte le forme della violenza di genere a livello dell'Unione e nazionale e per l'armonizzazione dei sistemi di raccolta dei dati tra Stati membri, grazie alla cooperazione con Eurostat, l'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali e l'EIGE; ritiene che dati di qualità saranno essenziali per fissare obiettivi chiari e misurabili per l'eliminazione della violenza di genere; si compiace che sia stata annunciata una nuova indagine a livello dell'Unione, a cura dell'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali, sulla diffusione e le dinamiche di tutti i tipi di violenza contro le donne;

26.  sottolinea che, per favorire la comprensione della violenza di genere all'interno dell'Unione, occorre garantire che almeno le seguenti categorie siano inserite nella raccolta dei dati a livello di intervento delle autorità di contrasto: a) genere della vittima, b) genere dell'autore del reato, c) rapporto esistente tra la vittima e l'autore, d) esistenza di una dimensione di violenza sessuale, e) esistenza di una motivazione della violenza legata al genere e f) altre caratteristiche sociodemografiche pertinenti per un'analisi intersettoriale; sottolinea che, oltre a questi dati, è necessario disporre di dati generali circa il numero di denunce, numero e tipologie di ordini di protezione emessi, percentuali di denunce respinte e ritirate, percentuali di incriminazione e condanna, tempo impiegato per la definizione delle cause, informazioni sulle sentenze comminate ai colpevoli e risarcimenti, compresi gli indennizzi, forniti alle vittime, incidenti segnalati alle linee telefoniche di assistenza o ai servizi sanitari e sociali che si occupano di casi di violenza contro le donne e indagini a campione;

Affrontare tutte le forme di violenza di genere

27.  pone in evidenza la necessità di una legislazione e di politiche mirate dotate di un approccio intersettoriale che trattino la situazione delle vittime di violenza di genere che subiscono forme intersettoriali di discriminazione fondate sull'identità di genere, sull'espressione di genere o su caratteristiche sessuali o su altri motivi, tra cui razza, colore della pelle, origine etnica o sociale, caratteristiche genetiche, lingua, religione o credo, opinioni politiche o di qualsiasi altro tipo, appartenenza a una minoranza nazionale, censo, nascita, disabilità, età, orientamento sessuale, condizioni di salute, stato civile, status di migrante o di rifugiato; sottolinea la necessità, in sede di definizione delle politiche e degli atti legislativi, di includere impegni specifici e misurabili, anche per quanto riguarda i gruppi protetti dalla discriminazione dal diritto dell'Unione e dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo e della Corte di giustizia dell'Unione europea;

28.  invita gli Stati membri e la Commissione, nell'ambito della loro attività, a contrastare la violenza di genere, onde garantire che tutte le iniziative legislative e non legislative perseguano l'obiettivo di eliminare tutte le forme di violenza di genere, includendo specificamente le donne in tutta la loro diversità e la violenza contro le persone LGBTIQ+ fondata sull'identità di genere, sull'espressione di genere e sulle caratteristiche sessuali; ricorda che il Parlamento ha già fortemente incoraggiato gli Stati membri ad adottare leggi e politiche che vietino la terapia di conversione, le mutilazioni genitali femminili e intersessuali e le pratiche di sterilizzazione forzata;

29.  sottolinea che la violenza di genere rappresenta una grave violazione dei diritti umani e della dignità che può assumere la forma di violenze psicologiche, fisiche, sessuali ed economiche, tra cui il femminicidio, la violenza da parte del partner, le molestie sessuali, la violenza online, gli atti persecutori, lo stupro, il matrimonio precoce e forzato, la mutilazione genitale femminile, i crimini commessi in nome del cosiddetto "onore", l'aborto forzato, la sterilizzazione forzata, lo sfruttamento sessuale e la tratta di esseri umani, la violenza istituzionale, la violenza secondaria, la violenza vicaria e la vittimizzazione secondaria;

30.  ricorda che la tratta di esseri umani e lo sfruttamento sessuale sono una forma di violenza di genere contro le donne e le ragazze e sottolinea l'importanza di un approccio sensibile alla dimensione di genere nei confronti della tratta di esseri umani;

31.  condanna il fenomeno della violenza secondaria, costituita dalla violenza fisica o psicologica, dalle rappresaglie, dalle umiliazioni e dalla persecuzione nei confronti di persone che sostengono le vittime di violenza di genere; sottolinea che tali azioni ostacolano la prevenzione, l'individuazione, il sostegno e la ripresa delle donne in situazioni di violenza di genere;

32.  è profondamente preoccupato per la natura, la portata e la gravità della violenza di genere e delle molestie sul luogo di lavoro; si compiace, a tale proposito, della recente adozione della Convenzione n. 190 dell'OIL sulle violenze e le molestie nel mondo del lavoro e invita gli Stati membri a ratificarla e attuarla senza indugio; invita altresì la Commissione e gli Stati membri a integrare adeguatamente il quadro esistente con misure efficaci volte a proibire la violenza e le molestie sul luogo di lavoro, nonché con misure preventive, un effettivo accesso a meccanismi di denuncia e risoluzione delle controversie, corsi di formazione e campagne di sensibilizzazione, servizi di sostegno psicologico e mezzi di ricorso che siano sicuri, efficaci e attenti alle questioni di genere;

33.  insiste sul fatto che la violenza online, comprese le molestie sessuali e psicologiche online, il ciberbullismo, lo stalking online, la divulgazione non consensuale di immagini di natura sessuale, l'incitamento all'odio sessista online e le nuove forme di molestie online come lo zoom bombing o le minacce online, costituiscono forme di violenza di genere;

34.  si rammarica che la violenza online colpisca in modo sproporzionato le donne e le ragazze e si vada diffondendo sempre più; rammenta che la violenza di genere online è un continuum ed è inseparabile dalla violenza offline, in quanto sono entrambe interconnesse; sottolinea che la violenza online minaccia i progressi conseguiti in materia di parità di genere e riduce al silenzio le vittime, ripercuotendosi sui principi democratici dell'Unione; deplora che le donne con un profilo pubblico, tra cui politiche, giornaliste, artiste e attiviste, siano spesso il bersaglio di violenza di genere online, che mira a scoraggiarne la presenza nella vita pubblica e nelle sfere decisionali;

35.  sottolinea la natura transfrontaliera della violenza informatica, i cui autori si servono di piattaforme online o telefoni cellulari connessi o ospitati da altri Stati membri rispetto a quelli in cui si trovano le vittime, sottolinea la necessità di un approccio coordinato a livello di Unione per mettere a punto sistemi di segnalazione tempestivi e accessibili, meccanismi efficaci di rimozione dei contenuti e una più solida cooperazione tra le piattaforme online e le autorità di contrasto degli Stati membri per combattere la violenza di genere online nel pieno rispetto dei diritti fondamentali;

36.  invita gli Stati membri e la Commissione ad adottare misure specifiche per eliminare tutte le forme di violenza online, che colpiscono in modo sproporzionato le donne e le ragazze, anche mediante un'adeguata formazione dei funzionari delle autorità di contrasto, e ad affrontare specificamente l'aumento di tali violenze durante la pandemia di COVID-19;

37.  ribadisce che le violazioni dei diritti sessuali e riproduttivi, comprese la violenza sessuale, la violenza ginecologica e ostetrica e le pratiche dannose, costituiscono una forma di violenza di genere contro le donne e le ragazze nonché le persone transgender e non binarie, come indicato nella strategia per l'uguaglianza LGBTIQ, così come un ostacolo all'uguaglianza di genere;

38.  incoraggia la Commissione a promuovere scambi regolari di buone pratiche tra gli Stati membri e i portatori di interessi riguardo ai diritti sessuali e riproduttivi, nell'ambito delle sue proposte per misure supplementari di prevenzione e lotta contro le forme di violenza di genere;

39.  sottolinea il fatto che la coercizione riproduttiva e la negazione di un'assistenza all'aborto sicuro e legale costituiscono anch'esse una forma di violenza di genere; sottolinea che la Corte europea dei diritti dell'uomo si è pronunciata in diverse occasioni stabilendo che le leggi restrittive sull'aborto e la mancata attuazione violano i diritti umani delle donne; sottolinea che l'autonomia delle donne e delle ragazze e la loro capacità di prendere decisioni libere e indipendenti riguardo al loro corpo e alla loro vita sono condizioni indispensabili per la loro indipendenza economica, per l'uguaglianza di genere e per l'eliminazione delle violenze di genere; condanna con vigore gli attacchi ai diritti delle donne e alla parità di genere nell'Unione, in particolare il regresso riguardo alla salute sessuale e riproduttiva delle donne e ai diritti connessi e il divieto di fatto di un aborto sicuro e legale in Polonia;

40.  deplora le palesi carenze del sistema di contrasto, che comportano percentuali basse di condanna nei casi di violenza di genere contro le donne e le ragazze e l'impunità per i colpevoli; invita tutti gli Stati membri a modificare le definizioni di "violenza sessuale" e "stupro" nel rispettivo diritto nazionale affinché si basino sull'assenza di consenso, come stabilito dalla convenzione di Istanbul;

41.  è preoccupato per la sessualizzazione dei minori, in particolare la sessualizzazione delle ragazze da parte degli uomini; ritiene fondamentale migliorare la protezione garantita dal diritto penale in materia di reati sessuali contro i minori, in particolare quando il colpevole mostra noncuranza riguardo all'età del bambino;

42.  sottolinea che le donne e le ragazze con disabilità hanno una probabilità da due a cinque volte superiore di subire varie forme di violenza; sottolinea che l'Unione è tenuta, in quanto parte della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, ad adottare misure che garantiscano il pieno rispetto di tutti i diritti umani e le libertà fondamentali delle donne e delle ragazze con disabilità; osserva che l'Unione dovrebbe intensificare i suoi sforzi in tale ambito, in particolare ratificando la convenzione di Istanbul;

43.  sottolinea che le donne appartenenti a minoranze, in particolare le donne musulmane e rom, comprese quelle che indossano indumenti religiosi, subiscono in modo sproporzionato la violenza di genere, in particolare negli spazi pubblici, nel luogo di lavoro e online; sottolinea che la violenza di genere contro le donne musulmane e rom dovrebbe essere affrontata con un approccio intersettoriale che tenga conto della discriminazione basata sul genere in combinazione con la discriminazione basata sulla religione e l'etnia;

44.  osserva che la Commissione deve affrontare la situazione particolare della protezione delle donne migranti dalle violenze di genere, in particolare i casi di violenza da parte del partner in cui lo status di soggiornante della vittima dipende dalla sua coabitazione o stato civile, e rammenta che, a norma della direttiva 2012/29/UE, tutte le vittime della violenza di genere devono avere accesso a una protezione adeguata, a servizi di assistenza e a mezzi di ricorso efficaci, compreso il diritto di ricevere informazioni e di partecipare al procedimento penale, e tutti i diritti devono essere applicati in modo non discriminatorio, anche per quanto riguarda il loro status di soggiornante;

45.  sottolinea che la maggior parte delle attuali leggi in materia di migrazione e rifugiati in Europa non affronta la vulnerabilità delle donne migranti e rifugiate; ritiene tra le conseguenze di tale carenza figurino una maggiore esposizione alla violenza di genere durante gli spostamenti, condizioni di accoglienza non sicure, misure insufficienti di protezione e il mancato accesso alla giustizia per i migranti nell'Unione;

46.  ritiene che la violenza da parte del partner non sia solo un reato contro la vittima della violenza, ma dovrebbe anche essere considerata un reato i minori che vi assistono, anche a causa degli effetti negativi duraturi sul benessere e lo sviluppo del minore; denuncia il fatto che i figli degli autori di violenza da parte del partner sono spesso oggetto di maltrattamenti come modo per esercitare potere e violenze nei confronti della madre, un fenomeno noto come violenza vicaria e una forma di violenza di genere;

Protezione, sostegno e risarcimento 

47.  invita gli Stati membri ad adottare tutte le misure necessarie a promuovere e garantire il sostegno e il risarcimento per le donne e le ragazze in tutta la loro diversità e per tutte le vittime della violenza di genere, così come a promuovere e garantire la loro protezione contro tutte le forme di violenza; ricorda che tali misure dovrebbero essere adeguate, tempestive, olistiche e proporzionate alla gravità del danno subito e dovrebbero tenere debito conto delle esigenze di coloro che hanno subito forme intersettoriali di discriminazione e violenza;

48.  invita gli Stati membri a rispettare la convenzione di Istanbul fornendo misure protettive e di sostegno alle donne basate su una comprensione della violenza di genere contro le donne e della violenza da parte del partner e che si concentrino sui diritti umani e la sicurezza delle vittime, evitando in tal modo di infliggere una violenza istituzionale alle vittime a causa di leggi e pratiche amministrative o di contrasto insensibili alle considerazioni di genere e/o prive di conoscenze sufficienti e di procedure idonee, che possono portare all'impunità dei colpevoli nonché alla vittimizzazione secondaria;

49.  invita gli Stati membri a provvedere affinché anche i bambini siano considerati vittime della violenza di genere in caso di violenza da parte del partner, e a garantire che la loro dignità e sicurezza siano fondamentali; accoglie con favore, a tale riguardo, le leggi che configurano come reato l'esposizione di un bambino alla violenza nelle relazioni strette; invita inoltre gli Stati membri ad accertarsi che le leggi sull'affidamento siano in linea con tale principio e che pertanto i diritti di affidamento non siano concessi al genitore autore di violenze da parte del partner;

50.  sottolinea l'obbligo che incombe agli Stati membri di garantire un'adeguata disponibilità di sostegno e servizi per le vittime della violenza di genere adattati alle loro esigenze specifiche, anche nelle situazioni di crisi; ricorda l'importanza, in tale contesto, di fornire sostegno alle organizzazioni indipendenti della società civile e ai centri di accoglienza per le donne, che sono le organizzazioni dotate delle conoscenze necessarie per garantire la protezione delle donne;

51.  invita gli Stati membri a garantire l'accesso delle vittime ai servizi di supporto e ai servizi essenziali, compresi i servizi relativi alla salute sessuale e riproduttiva, e ad assicurare tale accesso anche nelle zone rurali; sostiene fermamente la disponibilità di servizi pubblici in tutte le fasi dei processi di risarcimento, in particolare per quanto riguarda la fornitura di un sostegno essenziale a livello psicologico, legale e di ricerca del lavoro;

52.  invita gli Stati membri e la Commissione a organizzare campagne di sensibilizzazione e a garantire che le informazioni per le vittime e i colpevoli della violenza di genere siano disponibili in tutte le lingue dell'Unione, al fine di garantire il rispetto dei diritti delle vittime durante l'esercizio del loro diritto fondamentale alla libera circolazione all'interno dell'Unione;

53.  invita gli Stati membri, alla luce del contesto strutturale della discriminazione e della disuguaglianza, ad adoperarsi maggiormente per garantire che le vittime abbiano pari accesso alla giustizia e a un sistema giudiziario indipendente, che sia fisicamente, economicamente, socialmente e culturalmente disponibile per tutte le vittime di violenza di genere, e che i diritti delle vittime siano posti al centro per evitare la discriminazione, la traumatizzazione o la vittimizzazione secondaria durante i procedimenti giudiziari, medici e di polizia attraverso l'integrazione della prospettiva di genere in tutte le fasi della procedura;

54.  sottolinea con preoccupazione che la maggior parte degli Stati membri ha ancora problemi con il recepimento completo o corretto e/o con l'applicazione pratica della direttiva 2012/29/UE, come evidenziato nella strategia della Commissione sui diritti delle vittime, e invita gli Stati membri a recepire debitamente e con diligenza la direttiva in modo completo e corretto;

55.  sottolinea che la mancata risposta alla carenza di fiducia nei confronti delle autorità di contrasto e del sistema giudiziario da parte delle vittime di violenza di genere è un elemento che contribuisce in modo importante allo scarso numero di denunce; invita gli Stati membri a migliorare le risorse e la formazione di medici e funzionari delle autorità di contrasto, compresi giudici, pubblici ministeri, operatori giudiziari, esperti forensi e tutti gli altri professionisti che si occupano delle vittime della violenza di genere; invita gli Stati membri a valutare la possibilità di istituire tribunali specializzati a tal fine; è convinto che dotare gli ufficiali di polizia e i giudici di maggiori conoscenze e competenze trasversali per ascoltare con attenzione, capire e rispettare tutte le vittime della violenza di genere contribuirà ad affrontare il problema dello scarso tasso di denuncia e la vittimizzazione secondaria e creerà un ambiente più sicuro per le vittime della violenza di genere;

56.  invita tutti gli Stati membri a rispettare pienamente la convenzione di Istanbul, adottando programmi di trattamento per i colpevoli di violenza di genere e violenza da parte del partner al fine di prevenire ulteriori violenze, fornendo conoscenze riguardo alle norme distruttive sul genere, alle relazioni asimmetriche di potere e ai valori alla base della violenza di genere e garantendo che la sicurezza e i diritti umani delle vittime siano la preoccupazione principale;

57.  sottolinea l'importanza di garantire che tutte le vittime di violenza di genere legata ai conflitti accedano alla giustizia, compreso l'accesso a un'assistenza legale di qualità, e che i colpevoli di tutti i reati di genere legati ai conflitti contro le donne e le ragazze, ma anche gli uomini e i ragazzi, rispondano pienamente dei loro atti, attivando le procedure legali a livello nazionale, regionale e internazionale, in particolare anche attraverso lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale;

58.  invita gli Stati membri ad attuare pienamente le direttive 2011/99/UE, 2012/29/UE e 2011/36/UE;

59.  sottolinea che l'assenza di un atto legislativo dell'Unione volto a combattere la violenza di genere e le disparità tra le leggi nazionali degli Stati membri comportano livelli diversi di protezione delle vittime;

60.  accoglie con favore l'impegno della Commissione di ampliare le sfere di criminalità di cui all'articolo 83, paragrafo 1, secondo comma, TFUE al fine di includervi i reati d'odio e l'incitamento all'odio; esorta la Commissione a includere l'orientamento sessuale, l'identità di genere, l'espressione di genere e le caratteristiche sessuali tra i motivi di discriminazione previsti specificamente dal summenzionato articolo; ritiene che una tale misura sia fondamentale per garantire la protezione delle persone LGBTIQ+ nell'Unione;

61.  sottolinea l'importanza di sfruttare appieno le possibilità di formazione a disposizione degli Stati membri attraverso i vari programmi e gli organi e organismi dell'Unione e invita gli Stati membri a fornire una formazione periodica ed efficace che includa la prospettiva di genere e dei diritti umani e le norme internazionali; invita gli Stati membri a garantire che le vittime abbiano il diritto a un'assistenza giuridica pubblica di alta qualità prima e durante i procedimenti legali;

62.  accoglie con favore l'impegno della Commissione a presentare, nel 2021, una proposta di direttiva concernente la prevenzione e la lotta contro la violenza di genere, al fine di attuare le norme della convenzione di Istanbul; sottolinea che la nuova direttiva deve essere complementare alle attuali e future misure di carattere legislativo e non legislativo, al fine di realizzare un'azione coerente dell'Unione nell'ambito della parità di genere nonché un'eventuale ratifica della convenzione di Istanbul; ribadisce pertanto il suo invito all'Unione affinché ratifichi la convenzione di Istanbul; ricorda, inoltre, l'impegno della presidente della Commissione ad ampliare le sfere di criminalità al fine di includervi forme specifiche di violenza di genere ai sensi dell'articolo 83, paragrafo 1, TFUE;

Prossimi passi a livello di Unione 

63.  sottolinea che la violenza di genere, sia online che offline, costituisce un reato particolarmente grave e una violazione diffusa dei diritti e delle libertà fondamentali nell'Unione che deve essere affrontata con maggiore efficienza e determinazione su basi comuni; sottolinea che la violenza di genere è il risultato di disuguaglianze di genere strutturali, sociali e sistemiche che presentano una dimensione transfrontaliera; mette in evidenza in particolare i crescenti movimenti contro l'uguaglianza di genere, le persone LGBTIQ+ e antifemministi, che sono ben organizzati e hanno una natura transfrontaliera; reputa inoltre che la dimensione transfrontaliera della violenza di genere online e i grandi effetti individuali, economici e sociali della violenza di genere in tutti gli Stati membri riaffermino la necessità di combattere la violenza di genere nelle sue molteplici dimensioni su una base comune a livello dell'Unione;

64.  invita l'Unione ad affrontare con urgenza l'aumento della violenza di genere durante la pandemia di COVID-19; invita, a tale proposito, la Commissione a elaborare un protocollo dell'Unione sulla violenza di genere in tempi di crisi e a prevedere servizi di protezione per le vittime, come linee telefoniche di assistenza, alloggi sicuri e servizi sanitari, quali "servizi essenziali" negli Stati membri per prevenire la violenza di genere e sostenere le vittime di violenza durante crisi quali la pandemia di COVID-19;

65.  sottolinea che l'adozione di strumenti regionali e internazionali, come la convenzione di Istanbul, la dichiarazione delle Nazioni Unite sull'eliminazione della violenza contro le donne e altre risoluzioni delle Nazioni Unite, dimostra anch'essa la necessità di combattere tutte le forme di violenza di genere su basi comuni;

66.  sottolinea che la speciale necessità di combattere la violenza contro le donne e le ragazze e le altre forme di violenza di genere su basi comuni deriva anche dalla necessità di istituire norme minime relative alla definizione di reati e sanzioni, compresa una definizione comune di violenza di genere, così come norme comuni concernenti questioni chiave come la prevenzione, l'omissione di denuncia, la protezione, il sostegno e il risarcimento delle vittime nonché il perseguimento dei colpevoli; sottolinea che gli approcci e i livelli di impegno degli Stati membri nella prevenzione e nella lotta contro la violenza di genere variano considerevolmente e che, pertanto, un approccio comune contribuirebbe anche alle attività di contrasto nelle operazioni transfrontaliere;

67.  chiede alla Commissione di presentare, sulla base dell'articolo 83, paragrafo 1, terzo comma, TFUE, una proposta di decisione del Consiglio che identifichi la violenza di genere come una nuova sfera di criminalità che risponde i criteri stabiliti nel summenzionato articolo, seguendo le raccomandazioni di cui all'allegato, e chiede alla Commissione di usare tale nuova sfera di criminalità come base giuridica per una direttiva olistica e incentrata sulle vittime del Parlamento europeo e del Consiglio volta a prevenire e combattere tutte le forme di violenza di genere, sia online che offline;

68.  invita la Commissione a proporre una direttiva globale sulla violenza di genere che dia attuazione alle norme della convenzione di Istanbul e altre norme internazionali, come le raccomandazioni sulla violenza di genere del Comitato delle Nazioni Unite per l'eliminazione della discriminazione contro le donne, e includa i seguenti elementi:

   ­ misure di prevenzione, anche attraverso programmi di istruzione sensibili alla dimensione di genere e reattivi agli aspetti intersettoriali, rivolti sia alle ragazze che ai ragazzi, e di emancipazione di donne e ragazze;
   ­ servizi di sostegno e misure di protezione e risarcimento per le vittime;
   ­ misure per combattere tutte le forme di violenza di genere, comprese la violenza contro le persone LGBTIQ+ fondata sul genere, l'identità di genere, l'espressione di genere e le caratteristiche sessuali nonché le violenze di genere e lo sfruttamento e gli abusi sessuali online;
   ­ norme minime per le attività di contrasto;
   ­ un approccio intersezionale e incentrato sulle vittime;
   ­ l'imposizione di obblighi agli Stati membri per garantire che i diritti di affidamento e di visita relativi a minori siano adeguatamente presi in considerazione nei casi di violenza di genere, incentrando le loro leggi sui diritti della vittima;
   ­ misure per garantire che le informazioni siano fornite in tutte le lingue pertinenti; e
   ­ misure per garantire la cooperazione tra gli Stati membri e lo scambio di migliori prassi, informazioni e competenze;

69.  esorta la Commissione a nominare un coordinatore contro la violenza nei confronti delle donne e le altre forme di violenza di genere;

o
o   o

70.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione e le raccomandazioni figuranti in allegato alla Commissione e al Consiglio.

ALLEGATO ALLA RISOLUZIONE:

DECISIONE DEL CONSIGLIO

sull'identificazione della violenza di genere come sfera di criminalità che risponde ai criteri di cui all'articolo 83, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea

IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 83, paragrafo 1,

vista la proposta della Commissione europea,

vista l'approvazione del Parlamento europeo,

considerando quanto segue:

(1)  L'uguaglianza tra donne e uomini è al centro dei valori dell'Unione e costituisce un principio fondamentale dell'Unione sancito nei trattati e riconosciuto dall'articolo 23 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (la "Carta"). Il diritto alla parità di trattamento e alla non discriminazione è un diritto fondamentale sancito dai trattati e dalla Carta. L'eliminazione della violenza maschile nei confronti delle donne e delle ragazze è una condizione preliminare per il conseguimento di un'autentica uguaglianza tra donne e uomini.

(2)  L'articolo 8 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) stabilisce che nelle sue azioni l'Unione mira ad eliminare le ineguaglianze, nonché a promuovere la parità, tra uomini e donne.

(3)  A norma dell'articolo 83, paragrafo 1, terzo comma, TFUE, il Consiglio, in funzione dell'evoluzione della criminalità, può adottare una decisione che individua sfere, diverse da quelle specificate all'articolo 83, paragrafo 1, secondo comma, di criminalità particolarmente grave che presentano una dimensione transnazionale derivante dal carattere o dalle implicazioni di tali reati o da una particolare necessità di combatterli su basi comuni.

(4)  Nell'adottare tale decisione a norma dell'articolo 83, paragrafo 1, terzo comma, TFUE, il Consiglio delibera all'unanimità previa approvazione del Parlamento europeo.

(5)  L'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere (EIGE) e la convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (convenzione di Istanbul) definiscono la violenza di genere contro le donne come qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale o che colpisce le donne in modo sproporzionato. La convenzione di Istanbul definisce "violenza contro le donne" come qualsiasi atto di violenza contro il genere femminile che si traduce, o può tradursi, in lesioni o sofferenze fisiche, sessuali, psicologiche o economiche per le donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che nella vita privata.

(6)  Le persone LGBTIQ+ sono anch'esse vittime della violenza di genere fondata sul loro genere, sull'identità di genere, sull'espressione di genere e sulle caratteristiche sessuali.

(7)  La violenza di genere nei confronti delle persone LGBTIQ+ include la violenza fisica, la violenza psicologica, i matrimoni forzati, la violenza sessuale, compreso lo stupro "correttivo" e le molestie sessuali, le mutilazioni genitali femminili e intersessuali, la sterilizzazione forzata della persone transgender e intersessuali, i cosiddetti reati "d'onore", la terapia di conversione, l'incitamento all'odio sia online che offline, il bullismo e le molestie, la privazione socioeconomica e la violenza che si verifica all'interno della famiglia e/o dell'unità domestica in ragione dell'identità di genere, dell'espressione di genere o delle caratteristiche sessuali della vittima.

(8)  La violenza di genere affonda le sue radici negli stereotipi di genere, nelle strutture eteropatriarcali, nelle asimmetrie di potere e nelle disuguaglianze strutturali e istituzionali. La violenza di genere interessa tutti gli ambiti della società.

(9)  La convenzione di Istanbul definisce il genere come "ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini". Tale definizione ribadisce che molte forme di violenza contro le donne affondano le loro radici in disuguaglianze di potere tra uomini e donne.

(10)  La violenza di genere, sia online che offline, e la mancanza di accesso a una protezione adeguata sono la manifestazione più grave della discriminazione di genere e costituiscono una violazione dei diritti fondamentali sanciti dalla Carta, quali il diritto alla dignità umana, il diritto alla vita e all'integrità fisica e mentale, il divieto della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, il divieto della schiavitù e del lavoro forzato, il diritto alla libertà e alla sicurezza e il diritto al rispetto della vita privata e familiare.

(11)  La violenza di genere, sia online che offline, costituisce un reato particolarmente grave e una violazione diffusa dei diritti e delle libertà fondamentali nell'Unione che deve essere affrontata con maggiore efficienza e stabilita su basi comuni.

(12)  L'adozione di strumenti regionali e internazionali, come la convenzione di Istanbul, la dichiarazione delle Nazioni Unite sull'eliminazione della violenza contro le donne e altre risoluzioni delle Nazioni Unite, dimostra la necessità di combattere tutte le forme di violenza di genere su basi comuni.

(13)  La speciale necessità di combattere la violenza contro le donne e le ragazze e le altre forme di violenza di genere su basi comuni deriva anche dalla necessità di istituire norme minime relative alla definizione di reati e sanzioni, compresa una definizione comune di violenza di genere, così come norme comuni concernenti questioni chiave come la prevenzione, l'omissione di denuncia, la protezione, il sostegno e il risarcimento delle vittime nonché il perseguimento dei colpevoli. Gli approcci e i livelli di impegno degli Stati membri nella prevenzione e nella lotta contro la violenza di genere variano considerevolmente e, pertanto, un approccio comune contribuirebbe anche alle attività di contrasto nelle operazioni transfrontaliere.

(14)  La violenza di genere soddisfa i criteri per essere considerata una nuova sfera di criminalità ai sensi dell'articolo 83, paragrafo 1, TFUE,

HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:

Articolo 1

La violenza di genere è identificata come una sfera di criminalità che risponde ai criteri di cui all'articolo 83, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

Articolo 2

La presente decisione entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

Fatto a Bruxelles, il

   Per il Consiglio

   Il presidente

(1) GU L 101 del 15.4.2011, pag. 1.
(2) GU L 338 del 21.12.2011, pag. 2.
(3) GU L 315 del 14.11.2012, pag. 57.
(4) GU C 296 E del 2.10.2012, pag. 26.
(5) GU C 285 del 29.8.2017, pag. 2.
(6) GU C 337 del 20.9.2018, pag. 167.
(7) GU C 449 del 23.12.2020, pag. 102.
(8) GU C 232 del 16.6.2021, pag. 48.
(9) Testi approvati, P9_TA(2020)0336.
(10) Testi approvati, P9_TA(2021)0024.
(11) Testi approvati, P9_TA(2021)0025.
(12) Testi approvati, P9_TA(2021)0041.
(13) Testi approvati, P9_TA(2021)0058.
(14) https://www.unwomen.org/-/media/headquarters/attachments/sections/library/publications/2020/issue-brief-covid-19-and-ending-violence-against-women-and-girls-en.pdf?la=en&vs=5006
(15) https://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?docid=238745&doclang=IT
(16) https://www.unwomen.org/en/what-we-do/ending-violence-against-women/facts-and-figures
(17) https://ec.europa.eu/info/sites/default/files/political-guidelines-next-commission_en_0.pdf
(18) "EPRS interim European Added Values Assessment (EAVA) on gender-based violence", pag. 35.


Repressione del governo nei confronti delle proteste e dei cittadini a Cuba
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Risoluzione del Parlamento europeo del 16 settembre 2021 sulla repressione del governo nei confronti delle proteste e dei cittadini a Cuba (2021/2872(RSP))
P9_TA(2021)0389RC-B9-0436/2021

Il Parlamento europeo,

–  viste le sue precedenti risoluzioni su Cuba, in particolare quelle del 10 giugno 2021 sui diritti umani e la situazione politica a Cuba(1), del 28 novembre 2019 su Cuba, il caso di José Daniel Ferrer(2) e del 5 luglio 2017 sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione, dell'accordo di dialogo politico e di cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Cuba, dall'altra(3),

–  visto l'accordo di dialogo politico e di cooperazione (PDCA) tra l'Unione europea e Cuba, firmato il 12 dicembre 2016 e applicato in via provvisoria dal 1º novembre 2017(4),

–  visto il dialogo formale sui diritti umani UE-Cuba, tenutosi nel quadro del PDCA UE-Cuba, e in particolare il terzo dialogo del 26 febbraio 2021,

–  vista la dichiarazione rilasciata dal vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza a nome dell'Unione europea, in data 29 luglio 2021, sui recenti eventi a Cuba,

–  visti il patto internazionale sui diritti civili e politici e gli altri trattati e strumenti internazionali in materia di diritti umani,

–  vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, di cui Cuba è firmataria,

–  vista la lettera del Comitato delle Nazioni Unite sulle sparizioni forzate, in cui si chiede un'azione urgente e si esortano le autorità cubane a rispondere delle 187 persone scomparse,

–  vista la dichiarazione rilasciata il 16 luglio 2021 dall'Alta Commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet, che invita Cuba a liberare i manifestanti detenuti,

–  vista la dichiarazione della Commissione interamericana per i diritti dell'uomo (IACHR) e dei suoi relatori speciali, in data 15 luglio 2021,

–  visti gli orientamenti dell'UE sui difensori dei diritti umani e quelli sulla libertà di espressione online e offline,

–  vista la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea(5), e in particolare l'articolo 12 relativo alla libertà di riunione e di associazione,

–  vista la denuncia presentata l'8 settembre 2021 dall'Osservatorio cubano per i diritti umani (OCDH) al rappresentante speciale dell'UE per i diritti umani, Eamon Gilmore, sulla repressione nei confronti dei manifestanti,

–  visti la Costituzione cubana e il relativo Codice penale,

–  visti il decreto legge 35 sulle telecomunicazioni, le tecnologie dell'informazione e della comunicazione e l'uso dello spettro radioelettrico, e la risoluzione 105 del 2021 sul regolamento relativo al modello di intervento nazionale in risposta agli incidenti di cibersicurezza della Repubblica di Cuba,

–  visti l'articolo 144, paragrafo 5, e l'articolo 132, paragrafo 4, del suo regolamento,

A.  considerando che l'11 luglio 2021 migliaia di cubani sono scesi in piazza in oltre 40 città per protestare pacificamente contro la carenza cronica di medicinali e altri beni essenziali, nonché contro la cattiva gestione generale della pandemia di COVID-19 e le restrizioni sistematiche dei diritti umani, in particolare della libertà di espressione e di riunione, da parte delle autorità cubane; che queste sono le più grandi proteste che hanno avuto luogo a Cuba dalla protesta del "Maleconazo" del 1994;

B.  considerando che le autorità cubane hanno reagito con estrema violenza reprimendo i manifestanti e i difensori dei diritti umani; che il Presidente Diaz-Canel ha esplicitamente chiamato tutti i sostenitori del governo, comprese unità delle forze speciali quali i "Berretti neri" – un'unità di élite delle forze armate rivoluzionarie – a combattere i manifestanti pacifici, esacerbando la violenza e lasciando centinaia di civili feriti, con perquisizioni, arresti presso le abitazioni dei manifestanti e violenze da parte della polizia;

C.  considerando che le autorità cubane hanno adottato nuovi metodi di repressione quali la sospensione, la sorveglianza, la censura e il controllo dei servizi di telecomunicazione, in violazione del diritto internazionale in materia di diritti umani, per controllare e coprire le gravi violazioni dei diritti umani che stavano commettendo; che le autorità cubane devono tutelare e garantire i diritti umani, ad esempio la libertà di riunione pacifica e la libertà di espressione, senza discriminazioni fondate sulle opinioni politiche, nonché osservare le norme internazionali in materia di diritti umani nel rispetto dei principi di legalità, eccezionalità, responsabilità e necessità;

D.  considerando che il decreto legge 35 aggiorna il quadro giuridico cubano sulle procedure e le condizioni per l'ottenimento delle autorizzazioni necessarie per l'uso dello spettro radioelettrico nazionale e impone agli operatori delle telecomunicazioni l'obbligo di sospendere, monitorare, intercettare e controllare gli utenti, e di trasmettere le loro informazioni alle autorità cubane; che il decreto è internazionalmente riconosciuto come illegale; che la risoluzione 105 stabilisce il regolamento sugli incidenti di cibersicurezza in modo ampio, fornendo un quadro giuridico per l'azione penale nei confronti delle persone per un'ampia gamma di accuse e consentendo l'imposizione di sanzioni, il sequestro di telefoni cellulari e computer, e lo svolgimento di perquisizioni domiciliari, e persino consentendo al governo di fungere da facilitatore per l'avvio di procedimenti penali per reati attualmente menzionati nel Codice penale le cui definizioni sono internazionalmente riconosciute come illegali; che il decreto legge 370, anch'esso emanato dopo l'approvazione della nuova Costituzione del 2019, limita la libertà di espressione sulle reti sociali;

E.  considerando che il regime ha interrotto Internet per diversi giorni, di modo che i cittadini non potessero denunciare pubblicamente gli atti di repressione e le violazioni dei diritti umani che stavano subendo; che il ministro degli Affari esteri cubano, Bruno Rodríguez, ha descritto il tentativo degli Stati Uniti di ripristinare il segnale Internet sull'isola come un'"aggressione";

F.  considerando che l'IACHR e l'Alta Commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani hanno condannato la repressione e l'uso della forza da parte dello Stato cubano in risposta a proteste pacifiche, hanno chiesto il rapido rilascio di tutte le persone che sono state detenute e hanno esortato il governo cubano ad affrontare le questioni sociali di fondo mediante il dialogo;

G.  considerando che l'OCDH ha riferito che al 5 settembre 2021 si registravano, dalle proteste dell'11 luglio 2021, 1 306 persone scomparse o detenute, tra cui 27 minori; che, secondo altri rapporti di organizzazioni non governative come Prisoners Defenders, più di 5 000 persone sono state detenute durante quel periodo, con presunte detenzioni arbitrarie, detenzioni in incommunicado, sparizioni forzate, uso di figure criminali come modo per criminalizzare la partecipazione alle proteste, torture e maltrattamenti, sorveglianza e arresti domiciliari, nonché violenze contro i manifestanti; che il 15 luglio 2021 il Comitato delle Nazioni Unite sulle sparizioni forzate ha avviato un'azione urgente a Cuba per 187 casi a norma dell'articolo 30 della Convenzione sulle sparizioni forzate (azioni urgenti ufficiali AU Nn. da 1200 a 1386/2021); che Cuba occupa la sesta posizione a livello mondiale in termini di azioni urgenti in materia di sparizioni forzate che è stato necessario intraprendere dal 2017, nonostante che il PDCA sia ora pienamente in vigore;

H.  considerando che tra i detenuti figura un numero significativo di attivisti, giornalisti e leader di movimenti politici dell'opposizione, come José Daniel Ferrer, leader dell'Unión Patriótica de Cuba (Unione patriottica cubana), a tutt'oggi scomparso dal suo domicilio, nonché insegnanti, studenti e artisti, come Luis Manuel Otero Alcántara del Movimento San Isidro; che si è avuta conferma dalla polizia della morte di Diubis Laurencio Tejeda, colpito alle spalle a L'Avana mentre protestava;

I.  considerando che i vincitori del Premio Sacharov continuano a subire azioni repressive sistematiche, tra cui detenzioni arbitrarie, incursioni e assedi delle loro case, aggressioni e ammende arbitrarie, che sono state documentate sia dall'Observatorio Cubano de Derechos Humanos che dal Centro Cubano de Derechos Humanos; che le Donne in bianco hanno subito almeno 318 azioni repressive di questo tipo negli ultimi tre mesi, 60 in giugno, 142 in luglio e 116 in agosto; che il vincitore del Premio Sacharov Guillermo Fariñas Hernández ha dichiarato, in linea con le informazioni di cui sopra fornite da organizzazioni per i diritti umani, che anche lui ha subito ogni mese, per anni, una repressione sistematica, che le sue telefonate sono monitorate e che quando esce di casa è sistematicamente fermato a poche centinaia di metri di distanza, e che nel solo mese di settembre è stato arbitrariamente trattenuto in tre occasioni, l'ultima volta l'8 settembre 2021;

J.  considerando che molti sono stati sottoposti a processi sommari e a condanne per diversi tipi di reato, tra cui terrorismo, disordini pubblici, oltraggio, incitamento a commettere reati e diffusione di un'epidemia, senza garanzie minime di un giusto processo; che molti degli arrestati sono considerati prigionieri di coscienza;

K.  considerando che oltre 8 000 persone sono anche in carcere per nessun reato imputabile e che altre 2 500 sono state condannate ai lavori forzati per la stessa causa, tutte con l'accusa di "pericolosità sociale pre-criminale" interamente sostenuta dal loro "comportamento osservato in contrasto con le norme della morale socialista" (articoli da 72 a 84 del Codice penale cubano);

L.  considerando che il 5 luglio 2017 il Parlamento europeo ha dato la sua approvazione al PDCA a condizione che vi fossero palesi miglioramenti a Cuba in materia di diritti umani e democrazia; che il Parlamento ha condannato a più riprese le violazioni dei diritti umani a Cuba, ponendo in rilievo la violazione dell'articolo 1, paragrafo 5, dell'articolo 2, lettera c), nonché degli articoli 5, 22 e 43 del PDCA; che a Cuba non si sono registrati progressi concreti rispetto ai principi generali e agli obiettivi perseguiti dall'accordo verso il miglioramento della situazione dei diritti umani e che, al contrario, il regime cubano ha intensificato la repressione e le violazioni dei diritti umani e del diritto del lavoro, tra l'altro aumentando il numero di prigionieri politici; che il PDCA non ha raggiunto il suo obiettivo primario di migliorare le libertà fondamentali a Cuba;

M.  considerando che lo Stato cubano continua a violare sistematicamente i diritti umani e il diritto del lavoro del suo personale sanitario in servizio all'estero nell'ambito di missioni mediche, il che porta le Nazioni Unite a equiparare tali missioni a una forma di schiavitù moderna;

N.  considerando che, nella sua risoluzione del 10 giugno 2021, il Parlamento ricorda al Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) che la partecipazione della società civile ai dialoghi politici e ai progetti di cooperazione ai sensi dell'accordo di dialogo politico e di cooperazione è una parte essenziale dell'accordo stesso, e che è opportuno ovviare immediatamente all'esclusione della società civile dai fondi per la cooperazione e/o dalla partecipazione all'accordo, laddove si consente al contrario la partecipazione e l'accesso ai fondi di cooperazione esclusivamente alle imprese partecipate o controllate dallo Stato, com'è avvenuto sin dalla firma dell'accordo;

O.  considerando che il PDCA comprendeva una cosiddetta "clausola relativa ai diritti umani", un elemento standard essenziale degli accordi internazionali dell'UE che consente di sospendere l'accordo in caso di violazioni delle disposizioni in materia di diritti umani;

P.  considerando che l'OCDH ha chiesto formalmente "l'applicazione del nuovo regime di sanzioni dell'UE nei confronti delle persone fisiche o istituzioni statali coinvolte" nelle gravi violazioni dei diritti umani a Cuba;

1.  condanna con la massima fermezza l'estrema violenza e la repressione esercitata dal governo cubano ai danni di manifestanti, difensori dei diritti umani, giornalisti indipendenti, artisti, dissidenti e leader politici dell'opposizione all'indomani delle proteste dell'11 luglio 2021; deplora la perdita di vite umane e porge le sue condoglianze ai parenti;

2.  invita le autorità cubane a porre fine alla repressione, rilasciare tutti i prigionieri politici, i prigionieri di coscienza e quanti sono arbitrariamente detenuti solo per aver esercitato la loro liberà di espressione e di riunione e a garantire un giusto processo; condanna lo spiegamento dell'unità speciale di polizia boinas negras e delle truppe civili in risposta a tali proteste, a seguito dell'appello del presidente Miguel Díaz-Canel a "difendere la rivoluzione";

3.  deplora che le autorità cubane abbiano sfruttato l'ondata di arresti seguita alle proteste dell'11 luglio 2021 per criminalizzare le richieste democratiche legittime e pacifiche del popolo cubano, per riprendere il controllo, ripristinare una cultura della paura tra la popolazione e per ridurre al silenzio alcuni degli oppositori più carismatici del paese;

4.  chiede il rispetto dei diritti umani dei vincitori del Premio Sacharov, vittime di continui atti di repressione, e condanna l'arresto arbitrario di José Daniel Ferrer, che è isolato dalla sua famiglia da oltre due mesi e la cui ubicazione è ignota;

5.  sottolinea l'assoluta necessità che le autorità cubane ascoltino e diano seguito alle richieste di diritti civili e politici, libertà e democrazia e si impegnino in un dialogo nazionale inclusivo su un processo di modernizzazione e democratizzazione del paese, al fine di adottare tutte le misure necessarie per intraprendere le tanto necessarie riforme economiche interne, garantendo al contempo il rispetto dei diritti politici, civili, economici, sociali e culturali della popolazione e fornendo una risposta efficace alla pandemia di COVID-19;

6.  esprime profonda preoccupazione per le conclusioni tratte dal gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria, che evidenziano un problema sistematico di detenzioni arbitrarie, come confermato nelle relazioni nn. 12/2017, 55/2017, 64/2017, 59/2018, 66/2018, 63/2019 e 4/2020 da esso redatte;

7.  denuncia il mancato rispetto da parte delle autorità cubane dei diritti umani e delle libertà sancite dalle convenzioni universali sui diritti umani, comprese le libertà di riunione, di stampa e di espressione, sia online che offline, così come la repressione di tutte le forme di espressione democratica e l'assenza di spazi per una partecipazione politica pluralistica; esorta l'UE a condannarle pubblicamente; deplora la recente adozione del decreto legge n. 35 e della risoluzione n. 105, che offrono ampie vie legali per criminalizzare i partecipanti alle manifestazioni pacifiche legittime esercitando il controllo sui mezzi di telecomunicazione, aprendo così la strada a nuovi metodi di repressione; invita le autorità cubane ad aggiornare il quadro giuridico in conformità con il diritto internazionale e ad abrogare il decreto legge n. 35 e qualsiasi altro atto legislativo che limiti le libertà fondamentali dei cittadini;

8.  esprime preoccupazione per la deplorevole situazione delle detenzioni e la continua assenza di condizioni a garanzia dell'indipendenza della magistratura; esige che i detenuti abbiano accesso a processi equi, possano sottoporsi a una valutazione medica indipendente, ricevano cibo e acqua a sufficienza, abbiano accesso alle comunicazioni telefoniche e possano beneficiare di visite regolari di familiari, amici, giornalisti e diplomatici; chiede indagini penali e amministrative efficaci per individuare, perseguire e punire i responsabili di torture e maltrattamenti;

9.  invita le autorità cubane a seguire le raccomandazioni della IACHR e dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani e avviare un dialogo costruttivo con l'autentica società civile; chiede a Cuba di accordare immediatamente al relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di espressione, al relatore speciale sulla situazione dei difensori dei diritti umani e agli osservatori indipendenti per i diritti umani pieno accesso al paese per documentare la situazione dei diritti umani, nonché monitorare e osservare i prossimi processi delle centinaia di attivisti e cittadini cubani che sono ancora detenuti; invita l'UE a osservare i processi e a rendere visita ai prigionieri politici in carcere;

10.  deplora che, nonostante l'adozione del PDCA, la situazione della democrazia non sia migliorata e che il deterioramento della situazione dei diritti umani a Cuba si sia solo accentuato; sottolinea che Cuba ha sistematicamente violato le disposizioni fondamentali di tale accordo dalla sua entrata in vigore; si rammarica profondamente per la mancanza di impegno e volontà da parte del regime cubano di adoperarsi per compiere progressi, anche minimi, verso il cambiamento o di aprire canali che potrebbero consentire di riformare il regime;

11.  evidenzia che, contrariamente al PDCA, le organizzazioni della società civile cubane ed europee indipendenti sono state sistematicamente impossibilitate a partecipare ai dialoghi sui diritti umani tra Cuba e l'Unione europea, nel quadro più ampio del dialogo sui diritti umani del PDCA come quello svoltosi il 26 febbraio 2021; ricorda, a tale proposito, che qualsiasi dialogo tra l'Unione europea e la società civile cubana e qualsiasi opportunità di finanziamento deve includere, senza limitazioni, tutte le organizzazioni della società civile;

12.  ribadisce il suo forte sostegno nei confronti di tutti i difensori dei diritti umani a Cuba e del loro operato; invita la delegazione dell'UE e le rappresentanze degli Stati membri nel paese a rafforzare il loro sostegno a una società civile autentica e indipendente nel loro dialogo con le autorità cubane, e ad avvalersi di tutti gli strumenti disponibili per ottimizzare il lavoro dei difensori dei diritti umani;

13.  ritiene che le ultime azioni repressive perpetrate dal governo cubano si vadano a sommare alle azioni persistenti e sistematiche a danno di prigionieri di coscienza, difensori dei diritti umani, dissidenti, attivisti dell'opposizione e della società civile, artisti e giornalisti, che sono tutte ulteriori violazioni del PDCA;

14.  ricorda che il PDCA contiene una cosiddetta "clausola relativa ai diritti umani", un elemento standard essenziale degli accordi internazionali dell'UE che consente di sospendere l'accordo in caso di violazioni delle disposizioni in materia di diritti umani; invita l'Unione europea ad attivare l'articolo 85, paragrafo 3, per richiedere una riunione immediata della commissione mista alla luce delle violazioni dell'accordo da parte del governo cubano, che costituisce un "caso di particolare urgenza";

15.  invita il Consiglio ad avvalersi delle disposizioni contenute nella legge Magnitsky dell'UE(6) e ad adottare quanto prima sanzioni nei confronti dei responsabili di violazioni dei diritti umani a Cuba;

16.  deplora profondamente il rifiuto delle autorità cubane di permettere alle delegazioni del Parlamento di recarsi in visita a Cuba, sebbene il Parlamento abbia approvato il PDCA; invita le autorità a garantire immediatamente l'accesso delle delegazioni al paese;

17.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al governo e all'Assemblea nazionale del potere popolare di Cuba, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, alla Commissione, al rappresentante speciale dell'UE per i diritti umani, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, all'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani e ai governi degli Stati membri della Comunità degli Stati latinoamericani e caraibici.

(1) Testi approvati, P9_TA(2021)0292.
(2) GU C 232 del 16.6.2021, pag. 17.
(3) GU C 334 del 19.9.2018, pag. 235.
(4) GU L 337 I del 13.12.2016, pag. 3.
(5) GU C 326 del 26.10.2012, pag. 391.
(6) Regolamento (UE) 2020/1998 del Consiglio, del 7 dicembre 2020, relativo a misure restrittive contro gravi violazioni e abusi dei diritti umani (GU L 410 I del 7.12.2020, pag. 1).


Il caso di Ahmed Mansoor, difensore dei diritti umani, negli Emirati Arabi Uniti
PDF 151kWORD 50k
Risoluzione del Parlamento europeo del 16 settembre 2021 sul caso di Ahmed Mansoor, difensore dei diritti umani, negli Emirati arabi uniti (2021/2873(RSP))
P9_TA(2021)0390RC-B9-0434/2021

Il Parlamento europeo,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sugli Emirati arabi uniti, nello specifico la sua risoluzione del 4 ottobre 2018 sugli Emirati arabi uniti, in particolare la situazione del difensore dei diritti umani Ahmed Mansoor(1),

–  vista la dichiarazione rilasciata il 10 dicembre 2020 dal vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR) Josep Borrell in occasione del Consiglio "Affari esteri", secondo cui i diritti umani sono parte del DNA dell'Unione europea,

–  vista la dichiarazione resa il 1° gennaio 2019 dal portavoce del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) sul caso di Ahmed Mansoor,

–  viste la dichiarazione rilasciata il 12 giugno 2018 dagli esperti delle Nazioni Unite in materia di diritti umani, nella quale si chiede la scarcerazione immediata del difensore dei diritti umani Ahmed Mansoor, e quella del 7 maggio 2019, nella quale si condannano le sue condizioni di detenzione,

–  vista la Carta araba dei diritti dell'uomo,

–  visto l'accordo di cooperazione del 2018 tra gli Emirati arabi uniti e il SEAE,

–  visti il più recente round del dialogo in materia di diritti umani tra l'UE e gli Emirati arabi uniti, svoltosi il 9 giugno 2021 in modalità virtuale, e la seconda riunione tra gli alti ufficiali del ministero emiratino degli Affari esteri e la cooperazione internazionale e il SEAE, tenutosi altresì in modalità virtuale il 3 marzo 2021,

–  viste la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti e la Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, entrambe sottoscritte dagli Emirati arabi uniti,

–  visto il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1966,

–  visto il Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali del 1966,

–  vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948,

–  visto il regime globale di sanzioni dell'UE in materia di diritti umani,

–  visti gli orientamenti dell'UE sui difensori dei diritti umani,

–  visti gli orientamenti dell'UE sulla libertà di espressione,

–  visti gli orientamenti dell'UE sulla tortura e altri trattamenti crudeli,

–  visto il prestigioso premio Martin Ennals per i difensori dei diritti umani conferito ad Ahmed Mansoor nel 2015,

–  visto il premio Vaclav Havel per i diritti umani 2020 conferito a Loujain al-Hathloul dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa,

–  visti l'articolo 144, paragrafo 5, e l'articolo 132, paragrafo 4, del suo regolamento,

A.  considerando che il 29 maggio 2018, a seguito di un processo indecorosamente iniquo, Ahmed Mansoor è stato condannato a 10 anni di reclusione dalla Corte d'appello di Abu Dhabi per attività legate alla promozione dei diritti umani; che il 31 dicembre 2018 la Corte suprema federale degli Emirati arabi uniti ha confermato la sentenza; che è stato altresì condannato al pagamento di una sanzione di un milione di dirham emiratini (232 475 EUR) e sarà posto sotto sorveglianza per tre anni dopo il suo rilascio;

B.  considerando che il 29 marzo 2017 il ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale degli Emirati ha affermato che "l'Ufficio del pubblico ministero per i reati elettronici ha disposto l'incarcerazione di Ahmed Mansoor con l'accusa di aver divulgato informazioni mendaci e fuorvianti su Internet, con il proposito di diffondere sentimenti di antipatia e settarismo"; che, come si evince da altre dichiarazioni rilasciate dalle autorità emiratine, la sua detenzione, di fatto, si basa esclusivamente sulle opinioni da egli condivise online; che le accuse a suo carico sono basate su presunte violazioni della legge emiratina del 2012 in materia di criminalità informatica; che, secondo l'Alta Commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani e Human Rights Watch, Ahmed Mansoor è stato condannato esclusivamente per la sua attività di promozione dei diritti umani, tra cui la pubblicazione di tweet sulle ingiustizie nel paese, la partecipazione a webinar sui diritti umani e lo scambio di messaggi con organizzazioni non governative (ONG) che si occupano di diritti umani;

C.  considerando che, da quando è stato arrestato nel marzo 2017, Ahmed Mansoor è rimasto in isolamento nel carcere di al-Sadr ad Abu Dhabi, dove è stato privato delle necessità di base e dei diritti di detenuto ai sensi del diritto emiratino e del diritto internazionale in materia di diritti umani, tra cui le regole minime standard delle Nazioni Unite per il trattamento dei detenuti; che gli è stato vietato di stabilire qualsiasi tipo di contatto con altri detenuti e con la sua famiglia, ad eccezione di quattro visite da 30 minuti da parte di sua moglie e di telefonate limitate a sua madre e sua moglie; che nel 2019 ha dichiarato due volte lo sciopero della fame per chiedere il rispetto dei suoi diritti di base in quanto detenuto;

D.  considerando che le autorità degli Emirati arabi uniti violano i diritti di Ahmed Mansoor da oltre 10 anni attraverso arresti e detenzioni arbitrari, minacce di morte, attacchi fisici, sorveglianza da parte del governo e trattamenti disumani durante la detenzione;

E.  considerando che la relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei difensori dei diritti umani ha affermato che "le condizioni e il trattamento al quale sono soggetti [i difensori dei diritti umani emiratini Ahmed Mansoor, Mohammed al-Roken e Nasser Bin Ghaith], come l'isolamento prolungato, rappresentano una violazione delle norme in materia di diritti umani e possono costituire tortura";

F.  considerando che un gruppo di esperti delle Nazioni Unite in materia di diritti umani ha invitato il governo degli Emirati a rilasciare Ahmed Mansoor, descrivendone l'arresto come un attacco diretto alle legittime attività dei difensori dei diritti umani negli Emirati arabi uniti;

G.  considerando che, prima del suo arresto più recente nel 2017, Ahmed Mansoor aveva chiesto che si tenessero elezioni a suffragio universale diretto negli Emirati e che il Consiglio federale nazionale – organo consultivo del governo – fosse dotato di poteri legislativi; che era inoltre l'amministratore di un forum online denominato "Al-Hiwar al-Emarati" (Il dialogo emiratino), che criticava le politiche degli Emirati;

H.  considerando che negli Emirati arabi uniti si assiste sistematicamente alla persecuzione dei difensori dei diritti umani, dei giornalisti, degli avvocati e degli insegnanti che si esprimono su questioni di politica e di diritti umani; che, in particolar modo dal 2011, lo Stato ha intensificato la repressione della libertà di associazione, riunione ed espressione; che i difensori dei diritti umani e i loro familiari sono vittime di sparizioni forzate, detenzione arbitraria prolungata, tortura, vessazioni giudiziarie e processi iniqui, divieti di viaggio, sorveglianza fisica e digitale e licenziamento arbitrario;

I.  considerando che la definizione di "terrorismo" data dal diritto emiratino, vaga ed eccessivamente ampia, consente di qualificare un'ampia gamma di attività pacifiche e legittime come terroristiche;

J.  considerando che gli Emirati arabi uniti utilizzano spyware sofisticati nei confronti di attivisti e altre voci di dissenso; che nei confronti di Ahmed Mansoor è stato usato uno spyware fornito dalla società israeliana NSO Group; che la fuga di notizie "Pegasus" del luglio 2021 ha messo in luce l'utilizzo dello spyware di NSO da parte delle autorità emiratine nei confronti di diverse persone, tra cui difensori dei diritti umani sia negli Emirati che all'estero; che la saudita Loujain al-Hathloul, difensore dei diritti umani di spicco, è stata altresì bersaglio di attacchi informatici da parte delle autorità emiratine, che sono entrate nelle sue email prima di arrestarla e trasferirla con la forza in Arabia Saudita;

K.  considerando che, negli Emirati arabi uniti, le donne continuano a essere soggette a una serie di normative e pratiche discriminatorie; che le violazioni dei diritti delle donne includono il rapimento e la presa in ostaggio di donne e attivisti per i diritti delle donne di nazionalità saudita e emiratina, l'assenza di indagini e di assunzione di responsabilità nei presunti reati contro le donne – come ad esempio nel caso delle violenze sessuali subite dalla britannica Caitlin McNamara, dove il responsabile non è stato né indagato né chiamato a rispondere delle proprie azioni –, discriminazioni sistemiche nei confronti delle donne, lo sfruttamento delle lavoratrici migranti, la tratta a fini sessuali e la schiavitù sessuale;

L.  considerando che il sistema della kafala (sponsorizzazione) continua a essere applicato negli Emirati arabi uniti quale parte integrante dell'ordine sociale e giuridico; che, secondo quanto riferito da organizzazioni internazionali che si occupano di diritti umani, le pratiche disumane applicate dagli Emirati nei confronti dei lavoratori stranieri, che costituiscono l'80 % della popolazione del paese, sono pervasive e tali violazioni sono aumentate durante la pandemia di COVID-19; che, in preparazione dell'imminente fiera internazionale, l'Expo 2020 di Dubai che si terrà da ottobre del 2021 a marzo del 2022, le imprese e le società edili costringono i lavoratori a firmare documenti non tradotti, confiscano loro i passaporti, li sottopongono a orari di lavoro estremi in condizioni meteorologiche non sicure e forniscono loro alloggi insalubri;

M.  considerando che gli Emirati arabi uniti e l'UE hanno firmato un accordo bilaterale reciproco di esenzione dal visto per soggiorni di breve durata che esenta i cittadini degli Emirati dall'obbligo di ottenere un visto Schengen;

N.  considerando che l'UE è il principale donatore dei programmi di cooperazione intergiudiziaria di Interpol; che l'ispettore generale del ministero dell'Interno emiratino, il maggior generale Ahmed Nasser al-Raisi, è candidato alla presidenza di Interpol;

O.  considerando che gli Emirati arabi uniti non hanno ratificato diversi trattati cruciali delle Nazioni Unite in materia di diritti umani, segnatamente il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e i relativi protocolli opzionali, che aboliscono la pena di morte e si oppongono alla tortura, e la Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate;

P.  considerando che l'UE reputa gli Emirati arabi uniti un paese partner, anche nei settori delle relazioni politiche ed economiche; che l'UE e gli Emirati arabi uniti tengono dialoghi sui diritti umani dal 2013, con riunioni semestrali, e che il 10º dialogo UE-Emirati arabi uniti sui diritti umani, svoltosi il 9 giugno 2021, ha offerto l'opportunità di discutere con le autorità degli Emirati arabi uniti su questioni che destano preoccupazione;

1.  condanna fermamente, ancora una volta, la detenzione negli Emirati arabi uniti di Ahmed Mansoor e di tutti gli altri difensori dei diritti umani, che sono stati incarcerati unicamente per aver esercitato i loro diritti umani fondamentali, tra cui il diritto alla libertà di parola, di associazione, di riunione pacifica e di espressione, sia online che offline, diritti sanciti non solo negli strumenti universali in materia di diritti umani, ma anche nella Carta araba dei diritti dell'uomo; deplora profondamente il divario tra le dichiarazioni in cui gli Emirati arabi uniti affermano di essere un paese tollerante e rispettoso dei diritti e il fatto che i difensori dei diritti umani nel paese siano detenuti in pessime condizioni;

2.  ribadisce la sua richiesta di rilascio immediato e incondizionato per Ahmed Mansoor, Mohammed al-Roken e Nasser bin Ghaith, come pure per tutti gli altri difensori dei diritti umani, attivisti politici e dissidenti pacifici;

3.  esorta le autorità degli Emirati arabi uniti a garantire, fintanto che non saranno rilasciati, che Ahmed Mansoor e tutti gli altri detenuti siano trattati conformemente alle norme minime standard delle Nazioni Unite per il trattamento dei detenuti; chiede, in particolare, che per Mansoor sia revocata la detenzione in isolamento e che a tutti i detenuti sia consentito ricevere visite regolari degli avvocati e delle famiglie nonché cure mediche adeguate, che agli esperti delle Nazioni Unite e alle ONG internazionali sia consentito di visitare Mansoor e gli altri detenuti e di monitorare le condizioni di detenzione, e che tutte le accuse di tortura siano oggetto di indagini approfondite;

4.  esprime profonda preoccupazione per le continue segnalazioni, giunte anche attraverso lettere trapelate pubblicate nel luglio 2021, secondo cui Ahmed Mansoor continua a trovarsi in isolamento in condizioni drammatiche; ricorda alle autorità degli Emirati arabi uniti che la detenzione in isolamento prolungata e indefinita costituisce una forma di tortura; invita le autorità degli Emirati arabi uniti a garantire a tutti i detenuti, compresi i prigionieri di coscienza, i diritti procedurali e un processo equo; esorta le autorità a modificare la legge antiterrorismo, la legge sulla cibercriminalità e la legge federale n. 2/2008, ripetutamente utilizzate per perseguire i difensori dei diritti umani, in modo da rispettare le norme internazionali in materia di diritti umani;

5.  invita le autorità degli Emirati arabi uniti a porre fine alle vessazioni nei confronti dei difensori dei diritti umani e a revocare immediatamente il divieto di viaggio nei loro confronti; insiste affinché le autorità garantiscano che i difensori dei diritti umani negli Emirati arabi uniti siano in grado di svolgere le loro legittime attività a difesa dei diritti umani in ogni circostanza, sia all'interno che all'esterno del paese, senza timore di rappresaglie e liberi da ogni restrizione, comprese le vessazioni giudiziarie;

6.  invita il VP/AR a seguire da vicino il caso di Ahmed Mansoor per garantire il suo rilascio immediato e quello degli altri difensori dei diritti umani; invita, in particolare, il VP/AR a chiedere, durante la sua prossima visita negli Emirati arabi uniti, che i difensori dei diritti umani possano ricevere visite in carcere e a chiedere, tanto pubblicamente quanto privatamente, il loro rilascio immediato e incondizionato durante gli incontri con le autorità degli Emirati arabi uniti; invita il SEAE a riferire al Parlamento in merito alle azioni finora intraprese dalla delegazione dell'UE e dagli Stati membri ad Abu Dhabi per assicurare a Mansoor un sostegno adeguato;

7.  esorta tutti gli Stati membri, alla luce della repressione interna in atto negli Emirati arabi uniti, e in linea con il regolamento (UE) 2021/821 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2021, che istituisce un regime dell'Unione di controllo delle esportazioni, dell'intermediazione, dell'assistenza tecnica, del transito e del trasferimento di prodotti a duplice uso(2), a sospendere la vendita e l'esportazione di tecnologie di sorveglianza negli Emirati arabi uniti, nonché il loro mantenimento e aggiornamento, qualora non siano adottati provvedimenti concreti e misurabili per affrontare le violazioni di cui trattasi;

8.  invita il SEAE a proporre l'adozione di misure mirate dell'UE nei confronti di quanti si sono resi responsabili di gravi violazioni dei diritti umani negli Emirati arabi uniti, tra cui la persecuzione di Ahmed Mansoor e di altri difensori dei diritti umani, nel quadro del regime globale di sanzioni dell'UE in materia di diritti umani; ribadisce che tutte le procedure sanzionatorie devono essere basate su dati concreti e devono essere avviate solo quando sia possibile accertare violazioni concrete dei diritti umani;

9.  invita l'UE ad adottare e rendere pubblici parametri di riferimento significativi in materia di diritti umani e un elenco di casi individuali per il suo dialogo sui diritti umani con gli Emirati arabi uniti, al fine di consentire un franco dibattito orientato ai risultati in materia di diritti umani;

10.  chiede all'UE di includere una discussione sui diritti umani, in particolare sulla situazione dei difensori dei diritti umani, come punto permanente all'ordine del giorno del vertice annuale tra l'UE e il Consiglio di cooperazione del Golfo;

11.  esprime preoccupazione per le notizie riguardo all'utilizzo, da parte delle autorità emiratine, dello spyware realizzato da NSO Group per sorvegliare illecitamente i telefoni cellulari di centinaia di persone nel Regno Unito, tra cui avvocati, accademici e un parlamentare; invita il VP/AR a chiedere chiarimenti alle autorità emiratine riguardo a tali notizie, anche con riferimento alla possibile sorveglianza di cittadini dell'UE o di persone che si trovano nel territorio dell'UE, e a riferire al Parlamento al riguardo;

12.  ricorda che nel 2015 l'UE ha firmato con gli Emirati arabi uniti un accordo di esenzione dal visto per soggiorni di breve durata; invita la Commissione a riferire al Parlamento in merito alla conformità di tale accordo rispetto alla pertinente legislazione dell'UE, con particolare riferimento alla considerazione per i diritti umani e le libertà fondamentali come criterio per l'esenzione dal visto; chiede alla Commissione e al Consiglio di riferire al Parlamento sui progressi compiuti al riguardo;

13.  invita i membri dell'Assemblea generale di Interpol, e in particolare gli Stati membri dell'UE, a esaminare debitamente le accuse di violazioni dei diritti umani riguardanti il Maggiore Generale Nasser Ahmed al-Raisi prima dell'elezione del presidente dell'organizzazione, prevista dal 23 al 25 novembre 2021; prende atto delle preoccupazioni espresse dalla società civile in merito alla sua candidatura e al potenziale impatto sulla reputazione dell'istituzione;

14.  invita le società internazionali che sponsorizzano Expo 2020 Dubai a ritirare la loro sponsorizzazione e incoraggia gli Stati membri a non partecipare all'evento, in segno di disapprovazione nei confronti delle violazioni dei diritti umani in atto negli Emirati arabi uniti;

15.  deplora profondamente il ruolo delle autorità emiratine nell'estradizione dell'attivista per i diritti delle donne Loujain al-Hathloul in Arabia Saudita, dove è stata incarcerata, torturata e perseguitata per la sua attività a difesa dei diritti delle donne;

16.  esprime preoccupazione per la situazione delle donne negli Emirati arabi uniti, nonostante siano stati compiuti alcuni progressi, e invita le autorità a riformare la legge sullo status personale per garantire alle donne la parità di diritti e per far sì che le donne emiratine possano trasferire la cittadinanza ai loro figli, su una base paritaria rispetto agli uomini;

17.  accoglie con favore la moratoria degli Emirati arabi uniti sulle esecuzioni, in atto dal 2017; invita gli Emirati arabi uniti a ratificare il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e il relativo protocollo sull'abolizione della pena di morte;

18.  sostiene il dialogo costante e rafforzato tra l'UE, i suoi Stati membri e gli Emirati arabi uniti su temi di reciproco interesse, come previsto dall'accordo di cooperazione; ritiene che riunioni interparlamentari regolari tra il Parlamento e i suoi partner nella regione del Golfo rappresentino una sede importante in cui sviluppare un dialogo costruttivo e franco su tutte le questioni di interesse, fra cui i diritti umani, la sicurezza e il commercio;

19.  chiede l'istituzione di norme più rigorose in materia di trasparenza per quanto riguarda le attività di lobbying delle organizzazioni estere nei confronti delle istituzioni dell'UE;

20.  chiede che la presente risoluzione sia tradotta in arabo;

21.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al governo e al parlamento degli Emirati arabi uniti, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, alla Commissione e al rappresentante speciale dell'UE per i diritti umani, nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, all'Alta Commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani e ai governi degli Stati membri del Consiglio di cooperazione del Golfo.

(1) GU C 11 del 13.1.2020, pag. 21.
(2) GU L 206 dell'11.6.2021, pag. 1.


Situazione nel campo profughi di Kakuma in Kenya
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Risoluzione del Parlamento europeo del 16 settembre 2021 sulla situazione nel campo profughi di Kakuma in Kenya (2021/2874(RSP))
P9_TA(2021)0391RC-B9-0445/2021

Il Parlamento europeo,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sul Kenya, in particolare quelle del 30 aprile 2015(1) e del 18 maggio 2017(2) sul campo profughi di Dadaab,

–  vista la sua risoluzione del 25 marzo 2021 su una nuova strategia UE-Africa – un partenariato per lo sviluppo sostenibile e inclusivo(3),

–  vista la dichiarazione congiunta della Repubblica del Kenya e dell'Unione europea del 21 giugno 2021,

–  vista la dichiarazione dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza del 17 maggio 2021 a nome dell'UE in occasione della Giornata internazionale contro l'omofobia, la bifobia e la transfobia,

–  vista la sua risoluzione del 24 ottobre 2019 sulla situazione delle persone LGBTI in Uganda(4),

–  viste le conclusioni del Consiglio del 10 maggio 2021 dal titolo "Il Corno d'Africa: una priorità geostrategica per l'UE",

–  vista la dichiarazione congiunta del governo del Kenya e dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) del 29 aprile 2021 relativa ai campi profughi di Kakuma e Dadaab,

–  vista la dichiarazione dell'UNHCR del 25 marzo 2021 sulla situazione dei rifugiati LGBTIQ+ nel campo di Kakuma,

–  visto il messaggio del segretario generale delle Nazioni Unite del 17 maggio 2021 in occasione della Giornata internazionale contro l'omofobia, la bifobia e la transfobia,

–  vista la comunicazione della Commissione del 12 novembre 2020 dal titolo "Unione dell'uguaglianza: strategia per l'uguaglianza LGBTIQ 2020-2025" (COM(2020)0698),

–  visti l'articolo 2, l'articolo 3, paragrafo 5, e gli articoli 21, 24, 29 e 31 del trattato sull'Unione europea (TUE) e gli articoli 10 e 215 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), che sanciscono l'impegno dell'Unione europea e dei suoi Stati membri, nell'ambito delle loro relazioni con il resto del mondo, a favore della difesa e della promozione dei diritti umani universali e della tutela dei singoli individui, come pure dell'adozione di misure restrittive in caso di gravi violazioni dei diritti umani,

–  visti i valori di dignità umana, uguaglianza e solidarietà contenuti nella Convenzione relativa allo status dei rifugiati del 1951,

–  visto l'articolo 14 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948, che riconosce il diritto di cercare asilo dalle persecuzioni in altri paesi,

–  visto il Fondo fiduciario di emergenza dell'UE per l'Africa (EUTF per l'Africa),

–  visto il regolamento (UE) 2021/947 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 giugno 2021, che istituisce lo strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale – Europa globale(5),

–  vista la Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti del 1984,

–  vista la comunicazione congiunta della Commissione e dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, del 25 marzo 2020, dal titolo "Piano d'azione dell'UE per i diritti umani e la democrazia 2020-2024" (JOIN(2020)0005),

–  vista la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli,

–  vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo,

–  visto il quadro globale di risposta per i rifugiati dell'UNHCR,

–  vista la decisione emessa l'8 aprile 2021 dall'Alta Corte del Kenya di bloccare temporaneamente la chiusura dei campi profughi di Dadaab e Kakuma,

–  vista la comunicazione della Commissione, del 23 settembre 2020, dal titolo "Un nuovo patto sulla migrazione e l'asilo" (COM(2020)0609),

–  visto il patto globale delle Nazioni Unite sui rifugiati,

–  visti l'articolo 144, paragrafo 5, e l'articolo 132, paragrafo 4, del suo regolamento,

A.  considerando che, dopo l'Etiopia, il Kenya è il paese che ospita il maggior numero di rifugiati e richiedenti asilo in Africa; che, secondo l'UNHCR, al 31 maggio 2021 il numero di rifugiati e richiedenti asilo del Kenya ammontava a 519 989 persone, situate a Kakuma, Dadaab e nelle zone urbane;

B.  considerando che il campo di Kakuma è situato nella contea di Turkana, una delle contee più povere del paese; che, secondo l'UNHCR, le condizioni di vita nel campo sono drammatiche e in continuo peggioramento, caratterizzate da povertà estrema, alloggi e infrastrutture inadeguati, nonché dalla mancanza di acqua, servizi igienici, medicine e fornitura di energia elettrica; che sia la popolazione locale che i rifugiati soffrono di gravi carenze di cibo e acqua e non sono in grado di soddisfare le loro esigenze più elementari; che la pandemia di COVID-19 ha aggravato la situazione umanitaria già allarmante nel campo e nella contea in cui si trova;

C.  considerando che la situazione dei diritti umani e della sicurezza nel campo profughi di Kakuma in Kenya è deteriorata in modo esponenziale; che vengono spesso denunciate rapine a mano armata, furti, stupri e uccisioni e che le donne, i bambini, le persone con disabilità e le persone LGBTIQ+ sono le più vulnerabili alla violenza; che tali episodi sono attualmente oggetto di indagini;

D.  considerando che le donne e le ragazze nel campo sono soggette a varie forme di violenza sessuale, nella maggior parte dei casi stupri; che le ragazze rifugiate, le nuove arrivate e le donne sole capofamiglia sono particolarmente a rischio; che lo stupro è perpetrato da uomini rifugiati del campo, da membri della comunità locale e/o da guardie di sicurezza; che sono comuni anche altre forme di violenza, quali i matrimoni infantili e forzati, le mutilazioni genitali femminili e le violenze domestiche;

E.  considerando che il 15 marzo 2021, nel blocco 13 dell'area 3 del campo Kakuma, durante il sonno due rifugiati hanno riportato ustioni di secondo grado a causa di un attacco incendiario con una bottiglia molotov; che una delle vittime, il rifugiato ugandese Chriton Atuhwera, è deceduto a causa delle ferite riportate; che un numero crescente di rifugiati LGBTIQ+ è stato aggredito e ferito e molti sono stati costretti a fuggire dal campo profughi verso una zona in cui non sono protetti né legalmente autorizzati a soggiornare;

F.  considerando che, sebbene il suo diritto punisca le relazioni consensuali tra persone dello stesso sesso con una pena detentiva massima di 14 anni, il Kenya è l'unico paese della regione che accetta rifugiati per motivi legati all'orientamento sessuale e all'identità di genere; che vi sono circa 300 persone LGBTIQ+ tra i rifugiati e i richiedenti asilo registrati nel campo profughi di Kakuma e, secondo l'UNHCR, la maggior parte di loro ha riferito di vivere pacificamente nella comunità di Kakuma;

G.  considerando che, secondo il rapporto globale 2020 dell'associazione internazionale gay e lesbiche (ILGA), quasi la metà dei paesi del mondo in cui l'omosessualità è illegale si trovano in Africa; che solo 22 delle 54 nazioni africane hanno legalizzato l'omosessualità;

H.  considerando che in molte nazioni africane le leggi anti-LGBTIQ+ vigenti risalgono all'epoca coloniale;

I.  considerando che nel marzo 2020 alcuni rifugiati LGBTIQ+ hanno chiesto all'UNHCR di essere trasferiti fuori dal Kenya a causa dell'ostilità del paese nei loro confronti; che negli ultimi mesi oltre 30 persone LGBTIQ+ sono state trasferite dall'area 3 in altre aree del campo Kakuma a causa delle preoccupazioni per la propria sicurezza manifestate dagli stessi e a seguito di un'attenta valutazione sul campo da parte dell'UNHCR; che il mandato del Parlamento europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro dell'Unione per il reinsediamento e modifica il regolamento (UE) n. 516/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio invita a compiere sforzi per conseguire gradualmente un'equa distribuzione delle persone reinsediate tra gli Stati membri, e che tali sforzi dovrebbero essere associati a quelli volti a stabilire norme internazionali vincolanti in materia di responsabilità condivisa su scala mondiale al fine di reinsediare le persone bisognose di reinsediamento come indicato dall'UNHCR;

J.  considerando che nel novembre 2020 il governo keniota e Human Rights Watch hanno confermato che durante la pandemia di COVID-19 si è verificato un aumento esponenziale delle aggressioni nei confronti delle persone LGBTIQ+, oltre a un aumento della violenza in generale;

K.  considerando che i trasferimenti di persone LGBTIQ+ dai campi profughi a fini di reinsediamento rimangono inadeguati rispetto alle reali esigenze; che la pandemia di COVID-19 ha rallentato il processo; che, secondo l'UNHCR, dal 2019 è stato proposto il reinsediamento di circa 235 rifugiati LGBTIQ+, il 48 % dei quali ha lasciato il paese;

L.  considerando che, nonostante l'UNHCR e i suoi partner avessero predisposto le loro strutture per far fronte alla pandemia, il 65 % dei rifugiati che vivono nei campi ha riferito di aver avuto un accesso più limitato alle strutture sanitarie dopo l'inizio dell'epidemia rispetto a prima del suo inizio nel marzo 2020, principalmente a causa della paura del contagio e della mancanza di personale medico; che solo il 3 % della popolazione keniota è completamente vaccinato contro la COVID-19; che la campagna di vaccinazione nei campi profughi del paese è iniziata il 30 marzo 2021 e al campo di Kakuma sono state assegnate 2 000 dosi di vaccini;

M.  considerando che negli ultimi decenni il governo keniota ha tentato a più riprese di chiudere il campo; che il 24 marzo 2021 il ministro dell'Interno keniota ha dato all'UNHCR un ultimatum di 14 giorni per elaborare un piano per la chiusura dei campi di Dadaab e Kakuma; che l'8 aprile 2021 l'Alta Corte del Kenya ha rinviato temporaneamente la chiusura di 30 giorni; che il 29 aprile 2021 l'UNHCR e il governo keniota concordato una tabella di marcia per la successiva chiusura dei campi di Kakuma e Dadaab entro il 30 giugno 2022; che tale tabella di marcia prevede il rimpatrio volontario dei rifugiati nei loro paesi di origine in condizioni di sicurezza e dignità, il trasferimento in paesi terzi secondo varie modalità e opzioni alternative di soggiorno in Kenya per determinati rifugiati provenienti dai paesi della Comunità dell'Africa orientale (EAC);

N.  considerando che, mentre le Nazioni Unite hanno tenuto conto delle preoccupazioni del governo keniota e hanno riconosciuto che i campi profughi non dovrebbero essere soluzioni a lungo termine allo sfollamento forzato, le organizzazioni internazionali e per i diritti umani hanno avvertito che una chiusura improvvisa e disordinata determinerebbe una catastrofe umanitaria e che i rimpatri forzati violerebbero il diritto internazionale; che in generale i rifugiati a Kakuma vivono nella paura di essere deportati;

O.  considerando che, nonostante le sue vaste risorse naturali, il Corno d'Africa è una delle regioni più povere del mondo; che la sicurezza alimentare è estremamente precaria e milioni di persone che vivono nella regione soffrono di malnutrizione e sono a rischio di carestia; che la siccità e i conflitti armati sono le due principali cause dello sfollamento di persone nella regione, compreso il Kenya, come sottolineato dal piano d'azione mondiale di Nairobi adottato durante il vertice dell'Autorità intergovernativa per lo sviluppo (IGAD) il 26 marzo 2017; che conflitti come quelli in Somalia ed Etiopia e le violenze che hanno preceduto e seguito le elezioni in Uganda e Tanzania rendono ingiustificabile il rimpatrio volontario per la maggior parte dei rifugiati nel campo di Kakuma per motivi di sicurezza e dignità; che dalla fine del 2019 il Kenya è stato investito da una combinazione di minacce senza precedenti ed è stato gravemente colpito dai cambiamenti climatici, tra cui la più grande invasione di locuste del deserto degli ultimi 60 anni e le inondazioni durante la stagione delle piogge, come pure dalle misure restrittive dovute alla pandemia di COVID-19;

P.  considerando che l'EUTF per l'Africa firmato al vertice di La Valletta il 12 novembre 2015 è stato concepito per affrontare le cause profonde della destabilizzazione, dei trasferimenti forzati e della migrazione irregolare, promuovendo la resilienza, le opportunità economiche, le pari opportunità, la sicurezza e lo sviluppo; che l'UE sta rispondendo alle necessità fondamentali per la sopravvivenza dei rifugiati accolti nei campi profughi in Kenya; che l'EUTF per l'Africa è istituito nel quadro dello strumento di cooperazione allo sviluppo (DCI) e deve essere allineato all'obiettivo primario della politica di sviluppo dell'Unione europea, che resta la "lotta contro la povertà";

Q.  considerando che dal 2012 l'UE ha fornito aiuti umanitari per un valore di oltre 200 milioni di EUR e ha stanziato 286 milioni di EUR attraverso il Fondo europeo di sviluppo (FES) per il periodo 2014-2020, prestando particolare attenzione alla creazione di posti di lavoro, alla sicurezza alimentare, allo sviluppo della resilienza, al rafforzamento istituzionale e all'istruzione; che i richiedenti asilo kenioti dipendono completamente dall'assistenza umanitaria per far fronte alle loro esigenze più elementari; che il nuovo strumento finanziario NDICI – Europa globale proseguirà l'attuazione dei programmi dell'UE in Kenya;

R.  considerando che nel 2021 l'UE ha stanziato 15 milioni di EUR di finanziamenti per progetti umanitari in Kenya, destinati in primo luogo ad assistere i rifugiati e, dal 2016, 45 milioni di EUR per i rifugiati e le comunità di accoglienza in Kenya nell'ambito del Fondo fiduciario di emergenza dell'UE per l'Africa; che nei campi profughi di Kakuma e Dadaab l'UE continua a sostenere la fornitura di aiuti di sussistenza quali l'assistenza alimentare, l'assistenza sanitaria, cure antidenutrizione, l'acqua, servizi igienico-sanitari (WASH), la protezione e l'istruzione;

1.  esprime profonda preoccupazione per la situazione umanitaria e per le denunce di violenze prolungate all'interno del campo di Kakuma; condanna fermamente l'attacco doloso con una bomba molotov perpetrato il 15 marzo 2021 nel campo profughi di Kakuma 3 contro due rifugiati LGBTIQ+; esprime profonda preoccupazione per le continue minacce nel campo profughi di Kakuma nei confronti delle persone con un profilo LGBTIQ+; ricorda che negli ultimi mesi sono state ricollocate con urgenza oltre 30 persone;

2.  esorta le autorità kenyote a proseguire le indagini e a fornire piena chiarezza in merito a tale atto criminoso e a consegnare i responsabili alla giustizia in base al diritto kenyota e al diritto internazionale in materia di diritti umani;

3.  riconosce il ruolo importante e costruttivo che svolge il Kenya e ricorda la difficile situazione regionale, caratterizzata da crisi e conflitti regionali; riconosce l'importanza del campo profughi di Kakuma per migliaia di rifugiati e richiedenti asilo nelle regioni confinanti del Kenya, compresi i più vulnerabili tra di essi, in particolare le persone con un profilo LGBTIQ+ che subiscono la criminalizzazione e rischiano persino la pena di morte nei loro paesi di origine;

4.  plaude al lavoro di collaborazione svolto nel corso degli anni tra la segreteria per gli affari dei rifugiati (RAS) del Kenya, l'UNHCR e altri partner nell'affrontare la questione della protezione di tutti i rifugiati; sottolinea, tuttavia, che l'attuale situazione nel campo di Kakuma è insostenibile in una prospettiva di lungo periodo e richiede una risposta efficiente e coordinata da parte del governo kenyota, dei governi della regione e della comunità internazionale nel suo complesso, compresa l'UE; prende atto della recente adozione della tabella di marcia dei campi profughi di Dadaab e Kakuma a tale riguardo;

5.  invita il governo kenyota a mantenere i campi profughi di Kakuma e Dadaab, almeno finché situazione nella regione non si sarà stabilizzata; esorta il governo kenyota a garantire che i diritti umani dei rifugiati siano rispettati nell'adottare qualsiasi decisione che li riguardi; sottolinea che l'assistenza finanziaria dell'UE ai paesi terzi per l'accoglienza dei rifugiati non dovrebbe sostituirsi alla responsabilità dell'UE di ospitare e reinsediare una quota equa di persone bisognose di protezione internazionale;

6.  invita il governo kenyota, l'UNHCR e la comunità internazionale a impegnarsi a collaborare e a trovare soluzioni alternative, durature, adeguate e basate sui diritti che siano in linea con i principi e gli obiettivi di condivisione delle responsabilità del patto globale sui rifugiati; raccomanda che, per essere efficace, ciò preveda il reinsediamento nell'UE di un numero significativo di rifugiati bisognosi di protezione internazionale;

7.  sottolinea la necessità di un approccio regionale più integrato e globale alla gestione dei rifugiati e di un rafforzamento della cooperazione tra il Kenya e i paesi limitrofi in materia di questioni politiche, di sicurezza, umanitarie e di sviluppo, al fine di affrontare le cause profonde degli sfollamenti forzati; chiede che sia soddisfatta la necessità di un'adeguata sicurezza nei campi profughi e invita il governo kenyota a rafforzare la sicurezza all'interno del campo di Kakuma e a rafforzare la protezione dei rifugiati, in particolare dei gruppi più vulnerabili; invita le autorità di contrasto e gli altri rami del governo in Kenya a garantire la protezione e la sicurezza dei rifugiati;

8.  invita il governo kenyota e l'UNHCR a garantire l'attuazione del programma di rimpatrio nel pieno rispetto degli obblighi internazionali e della responsabilità interna del Kenya; insiste sul fatto che qualsiasi processo di rimpatrio nel paese di origine deve essere volontario, sicuro, sostenibile, dignitoso e basato sui diritti, e che i rimpatriati devono avere accesso a informazioni obiettive, neutrali e pertinenti su ciò che accadrà qualora decidano di non proporsi volontariamente;

9.  esprime profonda preoccupazione per la situazione nel Corno d'Africa, in particolare per quanto riguarda la povertà e l'insicurezza alimentare; invita la Commissione a sbloccare gli aiuti umanitari di emergenza necessari per far fronte al problema dei rifugiati e alla carestia nella regione; chiede che gli aiuti forniti dall'UE e dagli Stati membri nel Corno d'Africa siano utilizzati in via prioritaria per affrontare la violenza, compresa la violenza sessuale, e i problemi legati alle gravi disuguaglianze, alla povertà, alla malnutrizione cronica, all'accesso alla sanità e ai servizi pubblici, in particolare alla salute riproduttiva, e al conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile;

10.  invita l'UE ad affrontare la questione dell'insicurezza alimentare e della mancanza di delle necessità di base nel campo di Kakuma, tra cui l'accesso all'acqua, a servizi igienico-sanitari, all'assistenza sanitaria e all'elettricità, non solo attraverso l'assistenza esclusiva per i rifugiati, ma anche attraverso il suo sostegno ai programmi di sviluppo nazionali la cui capacità di conseguire l'efficacia dello sviluppo è stata garantita ed è valutata periodicamente;

11.  sottolinea che la crescente instabilità nella regione rappresenta un ostacolo al rimpatrio sicuro dei rifugiati nei loro paesi di origine; invita l'UE, in collaborazione con la comunità internazionale dei donatori, a continuare a intensificare gli sforzi in quanto partner di mediazione e a sostegno dello sviluppo socioeconomico sostenibile e a lungo termine nella regione, creando in tal modo un ambiente favorevole e sicuro per i rimpatri volontari e la reintegrazione dei rifugiati;

12.  chiede maggiori sforzi per proteggere le persone LGBTIQ+ che sono vittime di sfollamenti forzati e una maggiore solidarietà da parte della comunità internazionale nel rispondere alle esigenze di reinsediamento a livello globale, dal momento che queste rimangono di gran lunga superiori al numero effettivo di posti disponibili;

13.  invita la Commissione a riferire periodicamente al Parlamento in merito all'attuazione e alla programmazione del Fondo fiduciario dell'UE per l'Africa e chiede una specifica valutazione d'impatto che comprenda i suoi effetti sui diritti umani, che dovrà essere svolta dalla Commissione europea con il sostegno dell'Agenzia per i diritti fondamentali; invita la Commissione a presentare tempestivamente i risultati di tali valutazioni d'impatto al Parlamento, anche nel quadro dei gruppi di lavoro sugli strumenti di finanziamento esterno della commissione per gli affari esteri e della commissione per lo sviluppo;

14.  invita l'UE a continuare a lavorare a stretto contatto con il governo kenyota, l'UNHCR e la comunità internazionale in generale al fine di contribuire a trovare soluzioni alla prolungata situazione dei rifugiati nella regione; invita l'UE a rafforzare la difesa e la promozione dei diritti umani in Kenya;

15.  ricorda che nell'Unione europea la persecuzione sulla base dell'orientamento sessuale è considerata un criterio per la domanda di asilo e per la concessione dell'asilo; invita l'UE e i suoi Stati membri ad aderire a tale principio; invita l'UE, in particolare le delegazioni dell'UE e il rappresentante speciale dell'UE per i diritti umani, a fare pieno uso dello strumentario per le persone LGBTI e dei relativi orientamenti nel dialogo con tutte le nazioni africane che ancora criminalizzano l'omosessualità e, più in generale, nel dialogo con tutti i paesi in cui è diffusa la persecuzione o la violenza nei confronti delle persone LGBTIQ+;

16.  insiste affinché la delegazione dell'UE in Kenya continui a monitorare da vicino la situazione delle persone vulnerabili, in particolare delle persone LGBTIQ+ e delle donne nere africane, e a sostenere attivamente sul campo le organizzazioni della società civile, i difensori dei diritti umani e le persone LGBTIQ+;

17.  esorta l'UE a proseguire i suoi sforzi per convincere sia il governo kenyota che l'Unione africana a riconsiderare il loro approccio nei confronti delle persone LGBTIQ+, rilevando che la loro posizione potrebbe, in un modo o nell'altro, mettere le persone LGBTIQ+ a rischio di trattamenti inumani e degradanti, in contrasto con i valori di uguaglianza e di parità di protezione sanciti dalla legge;

18.  ricorda alle autorità kenyote il loro impegno a rispettare il diritto alla libertà di opinione e di espressione sancito dall'articolo 19 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e i suoi obblighi di garantire i diritti fondamentali, come previsto dalla Carta africana e da altri strumenti internazionali e regionali in materia di diritti umani, tra cui l'accordo di Cotonou e, in particolare, gli articoli 8 e 96; esorta il governo kenyota a garantire, in ogni circostanza, l'integrità fisica e il benessere psicologico di tutti i rifugiati, indipendentemente dal loro orientamento sessuale e dalla loro identità o espressione di genere;

19.  invita la comunità internazionale a garantire che i rifugiati siano coperti dai programmi di vaccinazione contro la COVID-19; sottolinea che è essenziale consentire ai rifugiati di beneficiare dei servizi nazionali e integrarli nei piani di sviluppo nazionali sia per i rifugiati che per le comunità che li ospitano ed è in linea con l'impegno di "non lasciare indietro nessuno" nell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile;

20.  ribadisce che, in assenza di un miglioramento della sicurezza nella regione, non può esistere alcuno sviluppo; sottolinea, tuttavia, con enfasi che i finanziamenti devono essere destinati allo sviluppo economico, umano e sociale nella regione, con particolare attenzione alle sfide nel campo dello sviluppo individuate dalla decisione relativa al fondo fiduciario; ricorda che i finanziamenti del FES e dell'aiuto pubblico allo sviluppo dovrebbero essere utilizzati esclusivamente per obiettivi di sviluppo;

21.  sottolinea l'importanza di assegnare una quota sostanziale dell'NDICI – Europa globale alle organizzazioni della società civile dei paesi terzi, compreso il Kenya, per fornire assistenza e per la protezione e il monitoraggio dei diritti dei migranti; invita l'UE a garantire che una parte significativa della programmazione attraverso tale strumento sia destinata al miglioramento dei diritti umani e della protezione internazionale dei rifugiati, in particolare in Kenya;

22.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al rappresentante speciale dell'UE per i diritti umani, al Segretario generale delle Nazioni Unite, all'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani e all'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, al Presidente del parlamento kenyota, all'Autorità intergovernativa per lo sviluppo, all'IGAD, ai governi degli Stati membri dell'IGAD, all'Unione africana, al Parlamento panafricano e all'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE.

(1) GU C 346 del 21.9.2016, pag. 51.
(2) GU C 307 del 30.8.2018, pag. 131.
(3) Testi approvati, P9_TA(2021)0108.
(4) Testi approvati, P9_TA(2019)0042.
(5) GU L 209 del 14.6.2021, pag. 1.


Applicazione dei requisiti UE in materia di scambio di informazioni fiscali
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Risoluzione del Parlamento europeo del 16 settembre 2021 sull'attuazione dei requisiti dell'UE in materia di scambio di informazioni fiscali: progressi realizzati, insegnamenti tratti e ostacoli da superare (2020/2046(INI))
P9_TA(2021)0392A9-0193/2021

Il Parlamento europeo,

–  visti gli articoli 4 e 14 del trattato sull'Unione europea (TUE),

–  visti gli articoli 113 e 115 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE),

–  vista la direttiva 2011/16/UE del Consiglio, del 15 febbraio 2011, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga la direttiva 77/799/CEE(1) (in prosieguo direttiva DAC),

–  visto il regolamento (UE) n. 1286/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce un programma di azione inteso a migliorare il funzionamento dei sistemi di imposizione nell'Unione europea per il periodo 2014-2020 (Fiscalis 2020) e che abroga la decisione n. 1482/2007/CE(2),

–  vista la direttiva 2014/107/UE del Consiglio, del 9 dicembre 2014, recante modifica della direttiva 2011/16/UE per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale(3),

–  vista la direttiva (UE) 2015/2376 del Consiglio, dell'8 dicembre 2015, recante modifica della direttiva 2011/16/UE per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale(4),

–  vista la direttiva (UE) 2016/881 del Consiglio, del 25 maggio 2016, recante modifica della direttiva 2011/16/UE per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale(5),

–  vista la direttiva (UE) 2016/2258 del Consiglio, del 6 dicembre 2016, che modifica la direttiva 2011/16/UE per quanto riguarda l'accesso da parte delle autorità fiscali alle informazioni in materia di antiriciclaggio(6),

–  vista la direttiva (UE) 2018/822 del Consiglio, del 25 maggio 2018, recante modifica della direttiva 2011/16/UE per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale relativamente ai meccanismi transfrontalieri soggetti all'obbligo di notifica(7),

–  vista la proposta di direttiva del Consiglio, del 15 luglio 2020, recante modifica della direttiva 2011/16/UE del Consiglio relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale (DAC7)(COM(2020)0314),

–  viste le conclusioni del Consiglio del 2 giugno 2020 sulla futura cooperazione amministrativa nel settore fiscale nell'UE,

–  vista la sua posizione del 10 marzo 2021 sulla proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2011/16/UE relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale(8),

–  vista la valutazione d'impatto iniziale della Commissione, del 23 novembre 2020, sulla proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2011/16/UE per quanto riguarda misure volte a rafforzare le norme esistenti ed estendere il quadro per lo scambio di informazioni nel settore fiscale per includervi le cripto-attività e la moneta elettronica,

–  vista la relazione della Commissione del 18 dicembre 2017 sull'applicazione della direttiva 2011/16/UE del Consiglio relativa alla cooperazione amministrativa nel settore della fiscalità diretta (COM(2017)0781),

–  vista la relazione della Commissione del 17 dicembre 2018 su una panoramica e una valutazione dei dati statistici e delle informazioni sugli scambi automatici nel settore della fiscalità diretta (COM(2018)0844),

–  visto il documento di lavoro dei servizi della Commissione, del 12 settembre 2019, dal titolo "Evaluation of the Council Directive 2011/16/EU on administrative cooperation in the field of taxation and repealing Directive 77/799/EEC" (SWD(2019)0327) (Valutazione della direttiva 2011/16/UE del Consiglio relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga la direttiva 77/799/CEE),

–  vista la relazione speciale n. 03/2021 della Corte dei conti europea dal titolo "Scambio di informazioni fiscali nell'UE: fondamenta solide, ma crepe nell'attuazione",

–  vista la sua risoluzione del 26 marzo 2019 sui reati finanziari, l'evasione fiscale e l'elusione fiscale(9),

–  vista la comunicazione della Commissione del 7 maggio 2020 relativa a un piano d'azione per una politica integrata dell'Unione in materia di prevenzione del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo (C(2020)2800),

–  vista la comunicazione della Commissione del 15 luglio 2020 dal titolo "Piano d'azione per una fiscalità equa e semplice a sostegno della strategia di ripresa" (COM(2020)0312),

–  visto lo studio dal titolo "Implementation of the EU requirements for tax information exchange" (Attuazione dei requisiti dell'UE in materia di scambio di informazioni fiscali), pubblicato dalla sua direzione generale dei Servizi di ricerca parlamentare(10),

–  visto il piano d'azione dell'OCSE sull'erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili (Base Erosion and Profit Shifting, BEPS) del 19 luglio 2013,

–  vista la relazione dell'OCSE del 9 dicembre 2020 dal titolo "Peer Review of the Automatic Exchange of Financial Account Information 2020" (Valutazione inter pares dello scambio automatico di informazioni sui conti finanziari),

–  visto il parere del Comitato economico e sociale europeo del 18 settembre 2020 dal titolo "Misure efficaci e coordinate dell'UE per la lotta contro la frode fiscale, l'elusione fiscale, il riciclaggio di denaro e i paradisi fiscali"(11),

–  visti l'articolo 54 del suo regolamento nonché l'articolo 1, paragrafo 1, lettera e) e l'allegato 3 della decisione della Conferenza dei presidenti del 12 dicembre 2002 sulla procedura relativa alla concessione dell'autorizzazione ad elaborare relazioni di iniziativa,

–  vista la relazione della commissione per i problemi economici e monetari (A9-0193/2021),

A.  considerando che l'UE si trova ad affrontare pratiche fiscali sleali o aggressive, ad esempio il fatto che gli Stati membri dell'Unione europea perdono tra 160 e 190 miliardi di EUR all'anno(12) a causa dell'evasione fiscale e del trasferimento degli utili da parte delle società multinazionali; che tale perdita ha una portata significativa nel contesto della crisi sanitaria, sociale ed economica a cui l'Unione sta attualmente facendo fronte e contro cui deve lottare; che nel 2016 i contribuenti dell'UE detenevano offshore 1 500 miliardi di EUR, comportando una perdita media di gettito fiscale nell'UE pari a 46 miliardi di EUR a causa dell'evasione fiscale da parte di singoli individui(13); che tali importi costituiscono solo una parte del problema generale dell'elusione fiscale da parte di singoli individui e società, e che tale valore viene sottratto illegittimamente ai bilanci nazionali e pertanto comporta uno sforzo ulteriore da parte dei contribuenti adempienti;

B.  considerando che negli ultimi anni la cooperazione tra le amministrazioni fiscali è notevolmente migliorata a livello globale e dell'UE con l'obiettivo di contrastare più efficacemente l'evasione, l'elusione e la frode fiscali, in particolare per effetto dello standard comune di comunicazione di informazioni del G20/OCSE, approvato nel 2014;

C.  considerando che le ripetute rivelazioni da parte dei giornalisti d'inchiesta relative a scandali fiscali, quali LuxLeaks, Panama Papers, Paradise Papers, cum-ex/cum-cum e più recentemente OpenLux, hanno contribuito a una maggiore consapevolezza circa la portata e l'impatto dell'elusione, dell'evasione e della frode fiscali, e hanno spinto l'UE a elaborare ulteriormente l'insieme dei suoi strumenti per contrastarle; che quanto rivelato dall'inchiesta OpenLux ha dimostrato la necessità di effettuare scambi di informazioni fiscali di miglior qualità e in grado di produrre risultati;

D.  considerando che la DAC, che è entrata in vigore nel gennaio 2013 e ha sostituito la direttiva 77/799/CEE del Consiglio relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati Membri nel settore delle imposte dirette, ha stabilito le norme e le procedure per la cooperazione tra gli Stati membri per quanto riguarda lo scambio di informazioni tra le amministrazioni fiscali degli Stati membri, in particolare lo scambio automatico di informazioni in materia di reddito e attività;

E.  considerando che la DAC è stata successivamente modificata per cinque volte al fine di estendere gradualmente l'ambito di applicazione dello scambio automatico di informazioni a quelle relative ai conti finanziari e ai relativi redditi (DAC2), ai ruling fiscali preventivi e agli accordi preventivi sui prezzi di trasferimento (DAC3), alle rendicontazioni paese per paese presentate dalle società multinazionali (DAC4), all'accesso delle autorità fiscali alle informazioni sulla titolarità effettiva raccolte nel quadro delle norme antiriciclaggio (DAC5) e infine ai meccanismi transfrontalieri di pianificazione fiscale e alle norme sulla comunicazione obbligatoria per gli intermediari (DAC6);

F.  considerando che le disposizioni in materia di scambio automatico di informazioni di cui alla DAC da 1 a 4 sono entrate in vigore tra gennaio 2015 e giugno 2017 e che il loro impatto iniziale può essere già valutato, mentre è troppo presto per valutare quello delle disposizioni delle DAC5 e DAC6, che sono entrate in vigore, rispettivamente, solo a gennaio 2018 e luglio 2020;

G.  considerando che la Commissione ha proposto un'altra modifica nel luglio 2020 per estendere l'ambito di applicazione dello scambio automatico di informazioni, tra l'altro, anche ai redditi guadagnati tramite piattaforme digitali (DAC7) e ha annunciato un'ulteriore modifica per consentire l'accesso alle informazioni sulle cripto-attività (DAC8); che tale revisione potrebbe rappresentare un'opportunità per migliorare il quadro per lo scambio di informazioni nel suo insieme;

H.  considerando che il Consiglio ha concluso i negoziati sulle diverse revisioni della DAC, tra cui la recente proposta DAC7, senza tenere conto del parere del Parlamento europeo, agendo in violazione dei principi di leale cooperazione e del ruolo consultivo del Parlamento europeo sancito dall'articolo 115 TFUE;

I.  considerando che le difficoltà incontrate in seno al Consiglio nel conseguire un accordo sui miglioramenti proposti dalla Commissione non forniscono risposte sufficienti alle questioni fiscali di portata globale;

J.  considerando che permangono alcune incongruenze tra le norme internazionali e quelle europee, in particolare per quanto riguarda le scadenze per la comunicazione delle informazioni fiscali; che la maggior parte degli Stati membri pubblica informazioni aggregate paese per paese nell'ambito dell'azione 13 del piano d'azione sull'erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili;

K.  considerando che l'Unione ha firmato accordi con paesi terzi, tra cui Andorra, Liechtenstein, Monaco, San Marino e Svizzera, per garantire la condivisione di informazioni equivalenti alla DAC2 con gli Stati membri; che le versioni successive della DAC non sono state oggetto di accordi analoghi;

L.  considerando che sono disponibili al pubblico solo informazioni molto limitate in merito all'attuazione della DAC da 1 a 4, con una quasi totale assenza di informazioni quantitative sullo scambio di informazioni relative alle rendicontazioni paese per paese nell'ambito della DAC4, e che le informazioni quantitative sull'attuazione della DAC a livello di Stati membri sono rare;

M.  considerando che il Parlamento europeo rispetta pienamente il principio della sovranità fiscale nazionale;

N.  considerando che i dati disponibili mostrano che lo scambio di informazioni ai sensi di quanto disposto dalla DAC1 e dalla DAC2 per quanto riguarda lo scambio automatico di informazioni sono aumentati in modo significativo dalla loro entrata in vigore e che gli Stati membri hanno scambiato tra loro, tra il 2015 e la metà del 2017, circa 11 000 comunicazioni relative a quasi 16 milioni di contribuenti e a redditi e/o attività per un valore di oltre 120 miliardi di EUR ai sensi della DAC1 e, a partire dal 2018, circa 4 000 comunicazioni relative a circa 8,3 milioni di conti, per un valore totale di quasi 2 900 miliardi di EUR ai sensi della DAC2;

O.  considerando che le disposizioni sullo scambio automatico di informazioni ai sensi della DAC3 hanno portato a un aumento significativo della segnalazione di ruling fiscali preventivi e accordi preventivi sui prezzi di trasferimento rispetto al periodo precedente, quando questi erano condivisi solo in rare occasioni e su base spontanea, nonostante l'esistenza dell'obbligo giuridicamente vincolante di condividere molti di questi fin dal 1977, dal momento che nel 2017 sono stati segnalati 17 652 ruling fiscali preventivi e accordi preventivi sui prezzi di trasferimento rispetto ai soli 2 529 nel 2016, 113 nel 2015 e 11 nel 2014; che il successo non può essere misurato unicamente sulla base di un aumento complessivo della segnalazione di ruling fiscali preventivi e accordi preventivi sui prezzi di trasferimento, come dimostrato dalle rivelazioni di Luxletters;

P.  considerando che è responsabilità del Parlamento, insieme al Consiglio, esercitare un controllo politico sulla Commissione, come sancito dai trattati, all'articolo 14 TUE, compresa la sua politica in materia di applicazione e attuazione, e che ciò richiede un accesso adeguato alle informazioni pertinenti; che, ai sensi dell'articolo 17, paragrafo 8, TUE, la Commissione deve essere responsabile dinanzi al Parlamento europeo;

Q.  considerando che la Commissione ha avviato in totale 73 procedure di infrazione relative principalmente a ritardi nel recepimento della DAC da parte degli Stati membri e che due procedure di infrazione sono ancora in corso al gennaio 2021; che il recepimento tardivo o carente della DAC da parte degli Stati membri giustifica numerose procedure di infrazione e che tale scenario motiva il Parlamento europeo a sostenere un controllo rigoroso da parte della Commissione del recepimento della legislazione europea in materia fiscale, in particolare delle disposizioni della DAC;

R.  considerando che nel 2014 l'OCSE ha creato uno standard globale per lo scambio automatico di informazioni con il suo standard comune di comunicazione di informazioni e che più di 100 giurisdizioni in tutto il mondo si sono impegnate per lo scambio automatico di informazioni sui conti finanziari a partire dal 2021;

S.  considerando che il Parlamento europeo riconosce di non avere alcun potere legislativo in materia di tassazione diretta e solo un potere legislativo limitato per quanto concerne la tassazione indiretta;

T.  considerando che il quadro relativo alla DAC dovrebbe essere accompagnato da un'attenzione di pari importanza nei confronti della capacità e della volontà delle amministrazioni fiscali di agevolare il rispetto delle norme e servire gli interessi dei contribuenti;

U.  considerando che la direttiva sulla cooperazione amministrativa nel settore fiscale deve essere uno strumento volto a rafforzare il lavoro coordinato svolto dalle amministrazioni fiscali nazionali, ma deve tenere conto di dimensioni quali: i) il rafforzamento delle risorse (umane, finanziarie e infrastrutturali, principalmente infrastrutturali digitali) delle amministrazioni fiscali; ii) la tutela dei diritti dei contribuenti, come la protezione dei dati; iii) la salvaguardia del segreto professionale e industriale, mantenendo standard di sicurezza informatica elevati nel processo di scambio delle informazioni; iv) la riduzione degli oneri amministrativi e burocratici a carico di contribuenti e società; v) la promozione di standard di prestazione più elevati per le amministrazioni fiscali, rispettando scadenze più strette per adeguarsi alle norme europee; vi) la salvaguardia della competitività delle società europee con modalità più semplici e rapide per garantire il rispetto degli obblighi amministrativi;

V.  considerando che la crisi economica innescata dalla pandemia della COVID-19 ha richiesto enormi sforzi fiscali e di bilancio da parte dei governi, anche sotto forma di aiuti alle imprese; che i beneficiari di tale sostegno devono adempiere alle proprie responsabilità sociali, ad esempio cooperando adeguatamente con le autorità fiscali al fine di garantire uno scambio esaustivo di informazioni fiscali;

W.  considerando che l'efficacia dello scambio di informazioni fiscali dipende meno dalla quantità di dati scambiati e più dalla loro qualità; che la qualità e la completezza dei dati sono dunque essenziali per trarre i massimi vantaggi dal quadro della DAC; che la mancanza di informazioni pubblicamente disponibili sui dati quantitativi relativi allo scambio di informazioni effettuato ai sensi di quanto disposto dalla DAC da 1 a 4 rende decisamente molto più difficile l'esercizio del controllo democratico da parte dei parlamenti nazionali e del Parlamento europeo;

X.  considerando che un'economia sempre più digitalizzata e globalizzata ha dimensioni complesse e impegnative, come nel caso dei patrimoni digitali e delle cripto-attività, è importante ciononostante accrescere la cooperazione tra le amministrazioni fiscali nazionali in questo campo; che una chiara definizione di cripto-attività, in linea con il costante lavoro dell'OCSE e del Gruppo di azione finanziaria internazionale (GAFI), risulterebbe importante per migliorare la lotta all'evasione fiscale e per promuovere una tassazione equa; che la proliferazione di criptovalute è una questione di grande attualità che dovrebbe essere presa in considerazione nell'impegno ad accrescere la cooperazione amministrativa sulla base dei principi di sussidiarietà e proporzionalità;

Y.  considerando che le politiche fiscali sono al centro della sovranità fiscale e tributaria nazionale e rappresentano le competenze nazionali; che qualsiasi decisione importante a livello europeo deve basarsi sul rigoroso rispetto del meccanismo intergovernativo che guida questo settore dell'integrazione europea; che importanti decisioni su un'ulteriore integrazione in materia devono sempre essere adottate nel rispetto dei trattati, delle competenze nazionali e della sovranità fiscale e tributaria nazionale; che il Parlamento europeo concorda con l'ambizione di trovare soluzioni innovative in materia fiscale, tenendo presente il quadro istituzionale che intende preservare;

Z.  considerando che la cooperazione amministrativa nel settore fiscale deve essere uno strumento per rafforzare la lotta contro la frode e l'evasione fiscali da parte di singoli individui e imprese, attraverso canali di comunicazione migliori e un efficace scambio delle pratiche di informazione;

AA.  considerando che le varie modifiche consecutive della direttiva sulla cooperazione amministrativa nel settore fiscale dimostrano che si tratta di una dimensione di continuo interesse per gli Stati membri e i responsabili politici europei, che gli strumenti europei stanno gradualmente e progressivamente evolvendo in una logica di cooperazione più stretta e che i cittadini sono consapevoli del valore aggiunto delle soluzioni europee nell'affrontare le questioni legate all'imposizione fiscale, in particolare nella lotta contro l'elusione, l'evasione e la frode fiscali;

AB.  considerando che lo scambio di informazioni sui redditi e sulle plusvalenze dei singoli individui, in particolare sui beni immobili, è compromesso dalle società di comodo;

AC.  considerando che nell'ambito del quadro attuale i nominativi dei beneficiari effettivi di azioni di società non vengono scambiati automaticamente;

AD.  considerando che i "family office" spesso detengono grandi attività transfrontaliere attraverso la proprietà diretta di società o tramite entità di investimento controllate da un gruppo ristretto(14); che tali istituzioni finanziarie possono essere oggetto di conflitti di interessi che contribuiscono a una comunicazione inaffidabile delle informazioni fiscali; che le plusvalenze non realizzate di singoli individui tenute all'estero in società soggette a bassa imposizione sono difficilmente disciplinate dai sistemi fiscali nazionali; che entrambe queste condizioni consentono agli individui con patrimoni ingenti di accumulare ricchezza a partire da un reddito a bassa imposizione, mentre le classi medie possono farlo solo sulla base di redditi pienamente tassati;

AE.  considerando che un quadro per lo scambio di informazioni correttamente funzionante ed efficace può alleviare le pressioni sul bilancio di tutti gli Stati membri;

Copertura e requisiti in materia di comunicazione

1.  accoglie con favore il fatto che le istituzioni dell'UE stiano costantemente migliorando e ampliando il campo di applicazione dello scambio di informazioni al fine di ridurre la frode, l'evasione e l'elusione fiscali, compresa la recente proposta sulla DAC7, nonché i piani per la DAC8; rileva tuttavia che, sebbene l'ambito di applicazione del quadro relativo alla DAC sia stato costantemente ampliato, è stata prestata troppa poca attenzione al miglioramento della qualità e della completezza dei dati;

2.  sottolinea che lo scambio di informazioni tra le amministrazioni fiscali è notevolmente migliorato a livello globale e dell'UE; ricorda che la DAC2, DAC3, DAC4, DAC6 e DAC7 sono direttamente collegate al lavoro svolto a livello dell'OCSE; ritiene che le misure concordate a livello mondiale costituiscano uno standard minimo per l'UE;

3.  osserva che è necessario migliorare l'attuazione e l'applicazione delle norme da parte delle autorità fiscali per ridurre al minimo il rischio di mancata dichiarazione dei redditi e invita pertanto la Commissione a garantire una migliore applicazione delle norme; osserva, tuttavia, che alcuni tipi di reddito e di attività sono ancora esclusi dal campo di applicazione, il che comporta un rischio di elusione degli obblighi fiscali; invita la Commissione a valutare la necessità e il modo più appropriato, e a presentare proposte concrete, di includere nello scambio automatico di informazioni le seguenti informazioni in materia di proprietà, voci di reddito e attività non finanziarie: a) i titolari effettivi di beni immobili e società; b) le plusvalenze relative ai beni immobili e le plusvalenze relative alle attività finanziarie, comprese le contrattazioni di valuta, in particolare per trovare un modo per far sì che le amministrazioni fiscali siano meglio informate per identificare le plusvalenze realizzate; c) redditi da dividendi non soggetti a custodia; d) attività non finanziarie quali contante, oggetti d'arte, oro o altri oggetti di valore detenuti in porti franchi, depositi doganali o cassette di sicurezza; e) proprietà di panfili e aerei privati; e f) conti presso piattaforme più grandi di prestito tra pari (peer-to-peer), crowdfunding e simili;

4.  osserva che l'efficacia della DAC1 è seriamente limitata dal fatto che gli Stati membri sono tenuti a comunicare soltanto almeno due categorie di reddito; prende atto della recente modifica che obbliga gli Stati membri a scambiare tutte le informazioni disponibili per almeno quattro categorie di reddito in merito ai periodi di imposta a decorrere dal 2024; invita la Commissione, previa valutazione d'impatto, a rendere obbligatoria la comunicazione di tutte le categorie di reddito e attività rientranti nell'ambito di applicazione; invita gli Stati membri a redigere registri efficaci e accessibili ai fini dello scambio di informazioni; osserva che tali sforzi andranno anche a vantaggio della riscossione delle imposte nazionali;

5.  osserva la sfida posta dalla raccolta di informazioni sulla moneta elettronica e/o le cripto-attività e la difficoltà di includerle nello scambio automatico di informazioni a causa della loro indipendenza dagli intermediari; chiede la creazione di un quadro globale per la raccolta di informazioni sulla moneta elettronica e le cripto-attività;

6.  osserva che la definizione di istituzioni finanziarie tenute alla comunicazione e dei tipi di conti da segnalare di cui alla DAC2 comporta un rischio di elusione e un aumento della burocrazia; chiede che la Commissione valuti la possibilità di estendere gli obblighi di comunicazione ad altri tipi pertinenti di istituzioni finanziarie e presenti, all'occorrenza, una proposta in tal senso, evitando al contempo ulteriori oneri burocratici, ma di riconsiderare la qualifica delle entità di investimento controllate da un gruppo ristretto come istituzioni finanziarie, di rivedere la definizione di conti esclusi e di eliminare le soglie applicabili ai conti preesistenti di entità; ricorda che con l'adozione di adeguati sistemi informatici, una pratica basata sull'assenza totale di esenzioni e di soglie può contribuire a ridurre la burocrazia; invita la Commissione a valutare l'obbligo per le istituzioni finanziarie, qualora non vi siano informazioni da riferire, di presentare dichiarazioni dei redditi pari a zero, al fine di ridurre la burocrazia;

7.  osserva che la DAC3 contiene alcuni punti ciechi e potrebbe avere effetti negativi involontari, ad esempio le amministrazioni fiscali potrebbero non effettuare lo scambio dei ruling fiscali preventivi se questi sono troppo favorevoli o ricorrere ad accordi informali per evitare gli scambi, come ha rivelato la pratica dei ruling fiscali fantasma per mezzo di "lettere informative" in Lussemburgo; deplora il trattamento preferenziale riservato sistematicamente agli individui con patrimoni ingenti; chiede pertanto che l'ambito di applicazione dello scambio di informazioni nel quadro della DAC3 sia ampliato per includervi gli accordi informali, gli accordi sui prezzi di trasferimento e i ruling fiscali non “preventivi” (ad esempio, gli accordi post-transazione o dopo la presentazione delle dichiarazioni), le persone fisiche e i ruling ancora validi, ma che sono stati emanati, modificati o rinnovati prima del 2012; si rammarica che le precedenti richieste del Parlamento europeo al riguardo siano state finora ignorate; deplora che le voci di dati della DAC3 siano di scarsa qualità e non siano ancora ampiamente utilizzate o sfruttate dalle amministrazioni fiscali degli Stati membri; consiglia di inviare una notifica specifica alle amministrazioni fiscali qualora una società che beneficia di un ruling fiscale nell'ambito di applicazione della DAC3 sia soggetta a imposta;

8.  deplora che gli accordi preventivi bilaterali e multilaterali sui prezzi di trasferimento siano esclusi dallo scambio di informazioni ai sensi della DAC3 se un accordo fiscale internazionale correlato non ne consente la divulgazione; invita gli Stati membri a rinegoziare qualsiasi accordo fiscale internazionale esistente che non consenta la divulgazione degli accordi preventivi sui prezzi di trasferimento e a non approvare alcun accordo di questo tipo in futuro;

9.  deplora che le sintesi presenti nel repertorio centrale sui ruling fiscali preventivi e gli accordi preventivi sui prezzi di trasferimento siano spesso troppo brevi per poter essere utilizzate senza dover richiedere informazioni aggiuntive; invita la Commissione a elaborare orientamenti riguardo alle informazioni che le amministrazioni fiscali dovrebbero fornire nelle sintesi, le quali dovrebbero includere tutti gli obblighi fiscali diretti e indiretti pertinenti, quali ad esempio le aliquote fiscali effettive;

10.  deplora la pratica dei ruling fiscali fantasma diffusa in Lussemburgo ed esposta dalle rivelazioni di Luxletters, che conduce alla mancata segnalazione di accordi informali contrariamente a quanto previsto dalla DAC3; esorta la Commissione a valutare con urgenza una potenziale violazione dei requisiti della DAC3 da parte del Lussemburgo e di altri Stati membri che seguono pratiche simili e ad avviare, se necessario, procedure di infrazione;

11.  si compiace del fatto che un elevato numero di paesi, compresi molti Stati membri, rilasci informazioni anonime e aggregate, estratte dalle rendicontazioni paese per paese come richiesto dal DAC4 o dall'azione 13 del piano d'azione sull'erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili; deplora il fatto che una minoranza di Stati membri non pubblichi queste informazioni nelle banche dati internazionali; invoca un approccio armonizzato al riguardo e chiede nuovamente alla Commissione di integrare tale obbligo nella futura revisione della DAC;

12.  raccomanda di rivedere la portata delle informazioni fornite dalle multinazionali che possiedono diversi soggetti all'interno della stessa giurisdizione al fine di migliorare la qualità delle informazioni evitando al contempo costi di conformità eccessivi;

13.  osserva che la coerenza nella comunicazione obbligatoria ai sensi della DAC6 risente negativamente dell'ambiguità nell'interpretazione degli elementi distintivi da parte dei singoli Stati membri; chiede, pertanto, maggiore chiarezza nella formulazione del criterio del vantaggio principale per gli elementi distintivi delle categorie A e B;

14.  ricorda che le disposizioni della DAC sono applicabili a tutte le imprese vincolate da obblighi di rendicontazione; ricorda, tuttavia, che le multinazionali e le PMI presentano differenze significative in termini di politiche di conformità, di cui occorre tenere conto nelle future revisioni della DAC; comprende, pertanto, che i costi di conformità e gli oneri amministrativi per le PMI debbano essere ridotti;

15.  ricorda che le norme europee in materia di cooperazione amministrativa non sostituiscono le norme nazionali, ma piuttosto forniscono norme minime per lo scambio di informazioni e le azioni di cooperazione;

16.  riconosce che, al fine di migliorare gli obiettivi della DAC, si dovrà puntare a colmare le lacune esistenti nell'attuazione e nel monitoraggio piuttosto che sull'adozione di nuova normativa;

Obblighi di dovuta diligenza e titolarità effettiva

17.  osserva il volume elevato delle informazioni scambiate ma anche la loro scarsa qualità; accoglie con favore le raccomandazioni della Corte dei conti europea; osserva che i conti cointestati pongono alcune difficoltà alle istituzioni finanziarie; esprime preoccupazione per il fatto che informazioni inesatte o obsolete sulla residenza fiscale in possesso delle istituzioni finanziare e l'abuso sotto forma di residenze multiple possano portare al mancato scambio di informazioni laddove ciò sarebbe richiesto; deplora l'uso dei cosiddetti visti e passaporti d'oro volti ad aggirare lo scambio di informazioni e ribadisce la sua richiesta di eliminare gradualmente tutti gli attuali sistemi di questo tipo; invita la Commissione a estendere le sue procedure di infrazione a tutti gli Stati membri che offrono tali visti d'oro; chiede procedure di esecuzione più rigorose a livello degli Stati membri e di istituire sistemi nazionali di sanzioni per le segnalazioni errate o incomplete con un efficace effetto deterrente; invita la Commissione a includere le visite in loco negli Stati membri e a valutare l'efficacia dei loro sistemi di monitoraggio; invita gli Stati membri a istituire un sistema di controlli della qualità e della completezza dei dati DAC, la fornitura periodica di riscontri sulle informazioni ricevute, relazioni sull'utilità degli interventi alla Commissione per migliorare i processi decisionali futuri, nonché procedure di audit per le entità soggette all'obbligo di comunicazione per quanto riguarda la qualità e la completezza dei dati trasmessi; riconosce che le informazioni scambiate tra gli Stati membri nell'ambito della DAC e dei sistemi soggiacenti sono riservate;

18.  sottolinea che non sono previste sanzioni per le istituzioni finanziarie che non comunicano le informazioni o che le comunicano falsamente o in maniera non corretta, e che le misure variano notevolmente da uno Stato membro all'altro; ricorda che, ai sensi dell'articolo 25 bis della DAC2, gli Stati membri dovrebbero attuare sanzioni efficaci, commisurate e dissuasive per i soggetti segnalanti; esprime rammarico per il fatto che la Commissione non valuti l'entità o l'effetto deterrente delle sanzioni in ciascuno Stato membro e che non abbia proposto alcun parametro di confronto o orientamento al riguardo; chiede sanzioni più armonizzate ed efficaci in caso di inosservanza che abbiano un effetto deterrente;

19.  raccomanda di includere un indicatore per segnalare l'intestazione congiunta di più titolari di un conto per evitare la duplicazione delle rendicontazioni e per facilitare l'identificazione accurata dei saldi dei conti; suggerisce, inoltre, che le entità potrebbero registrare la quota di proprietà di ciascun titolare del conto e contrassegnare un conto intestato a titolari appartenenti a giurisdizioni diverse;

20.  osserva che la DAC5 ha consentito l'accesso delle autorità fiscali alle informazioni sulla titolarità effettiva raccolte nel quadro delle norme antiriciclaggio; osserva che la quinta direttiva antiriciclaggio (AMLD5) ha ampliato l'ambito di applicazione dell'interazione tra le norme antiriciclaggio e la DAC, e che gli Stati membri avrebbero dovuto recepire l'AMLD5 entro il 10 gennaio 2020; osserva altresì che l'efficacia della DAC dipende quindi in larga misura dalle direttive antiriciclaggio in vigore a livello degli Stati membri; osserva che l'efficacia della DAC è compromessa dall'errata attuazione di tali direttive, dalla mancanza di un'applicazione efficace e dalle restanti carenze del quadro antiriciclaggio quali i) il fatto che la titolarità effettiva non è determinata per i conti individuali detenuti tramite entità non finanziarie attive, ii) la mancanza di informazioni relative ai titolari effettivi di proprietà immobiliari e contratti di assicurazione sulla vita, iii) la mancanza di registri nazionali interconnessi, in particolare registri immobiliari interconnessi con i registri dei titolari effettivi, e iv) la mancanza di definizioni comuni di titolarità effettiva, dovuta diligenza e reati fiscali;

21.  deplora lo stato attuale del recepimento della direttiva AMLD4 in tutti gli Stati membri(15) e l'avvio da parte della Commissione di procedure di infrazione contro 8 Stati membri nel dicembre 2020 e tre Stati membri nel febbraio 2021(16); osserva che il termine per il recepimento di tale direttiva era il 27 giugno 2017; deplora, inoltre, che per quanto riguarda la direttiva AMLD5(17), il cui termine di recepimento scadeva il 10 gennaio 2020, siano state avviate procedure di infrazione contro 16 Stati membri(18);

22.  osserva con preoccupazione che nella recente valutazione delle misure antiriciclaggio adottate dai paesi europei, condotta dal GAFI, i 18 Stati membri inclusi nella valutazione(19) non hanno ottenuto buoni risultati rispetto agli indicatori chiave in materia di efficacia, ad esempio, nell'ambito della classificazione degli Stati membri in base all'adeguata applicazione delle misure antiriciclaggio, la maggior parte di questi sono stati valutati come dotati di un livello di efficacia "moderato" o "basso", con la Spagna come unico paese che ha dimostrato di avere un livello di efficacia "sostanziale", e nessuno Stato membro ha raggiunto un livello di efficacia "elevato"(20);

23.  osserva che strutture sempre più complesse sono utilizzate per occultare i titolari effettivi finali e quindi ostacolare l'efficace attuazione delle norme antiriciclaggio; osserva, inoltre, le debolezze rivelate dall'inchiesta OpenLux; ritiene che non dovrebbe esistere alcuna soglia per la comunicazione dei titolari effettivi; ricorda a propria posizione secondo cui la titolarità effettiva dei trust dovrebbe avere lo stesso livello di trasparenza delle società conformemente alla direttiva AMLD5, garantendo nel contempo garanzie adeguate;

24.  invita la Commissione europea a presentare, a tempo debito, una valutazione dell'interazione tra le norme antiriciclaggio e la DAC;

Sfide giuridiche e pratiche

25.  osserva che la Commissione monitora il recepimento della legislazione DAC negli Stati membri; sottolinea, tuttavia, che finora non ha intrapreso né azioni dirette né efficaci per affrontare la carenza di qualità dei dati trasmessi tra gli Stati membri, né ha effettuato visite negli Stati membri, né ha garantito l'efficacia delle sanzioni imposte dagli Stati membri per le violazione delle disposizioni in materia di comunicazione di cui alla direttiva DAC; esorta la Commissione a intensificare le sue attività al riguardo e ad intraprendere azioni dirette ed efficaci per affrontare la scarsa qualità dei dati inviati dagli Stati membri, sviluppare ulteriormente i suoi orientamenti per gli Stati membri in materia di attuazione della legislazione DAC, svolgimento dell'analisi dei rischi e utilizzo delle informazioni fiscali ricevute, nonché ad avviare le procedure di infrazione, ricorrendo, tra l'altro, alle valutazioni del Forum globale(21) e del Gruppo di azione finanziaria internazionale; invita la Commissione europea a dare priorità alla questione del miglioramento della qualità dei dati in occasione delle prossime revisioni del quadro della DAC;

26.  osserva con preoccupazione che la valutazione della Commissione del 2019 ha evidenziato che gli Stati membri spesso non vanno oltre i requisiti minimi della DAC nello scambio di informazioni e ciò ha contribuito allo scandalo delle frodi fiscali cum-ex/cum-cum; osserva, in particolare, che gli Stati membri non hanno cooperato a sufficienza attraverso meccanismi appropriati, ad esempio lo scambio spontaneo, al fine di allertare altri Stati membri interessati in merito a tali sistemi; osserva, inoltre, che solo una piccola minoranza degli Stati membri dispone di informazioni complete su tutte le sei categorie di reddito e attività disponibili ai sensi della DAC1; sottolinea la necessità di procedere a scambi più efficaci, completi e frequenti;

27.  rileva con preoccupazione che il Forum globale ha recentemente valutato l'attuazione giuridica dello standard comune di comunicazione di informazioni(22), denominato DAC2 nell'UE, e osserva il fatto che non tutti gli Stati membri sono pienamente conformi secondo la valutazione inter pares del Forum globale; invita la Commissione a monitorare da vicino gli Stati membri e ad avviare procedure di infrazione fino a quando tutti gli Stati membri non saranno pienamente conformi; attende con interesse la valutazione inter pares del Forum globale sull'applicazione pratica dello standard comune di comunicazione di informazioni e invita la Commissione e gli Stati membri a prepararsi diligentemente per questo processo;

28.  esprime rammarico per il fatto che gli Stati membri raramente associano le informazioni inviate a un codice di identificazione fiscale rilasciato dal paese di residenza del contribuente; osserva che solo la Lituania e l'Irlanda sembrano includere un codice di identificazione fiscale, come riconosciuto dal paese ricevente(23); osserva, inoltre, che la condivisione dei codici di identificazione fiscale validi è fondamentale per l'efficienza dei processi relativi allo scambio di informazioni; osserva che sarebbe opportuno segnalare anche i codici di identificazione fiscale delle società, al fine di facilitare ulteriormente la corrispondenza delle informazioni rilevanti dal punto di vista fiscale; ricorda che qualsiasi misura volta a facilitare l'identificazione dei contribuenti deve rispettare i diritti fondamentali, in particolare il diritto alla vita privata e alla protezione dei dati;

29.  accoglie con favore l'obbligo stabilito dalla DAC7 di includere il codice di identificazione fiscale dello Stato membro di residenza per la DAC1 e DAC2 al fine migliorare la corrispondenza e l'identificazione dei dati tra gli Stati membri, poiché una corretta identificazione dei contribuenti è essenziale per un efficace scambio di informazioni tra le amministrazioni fiscali; esprime preoccupazione per il fatto che un grande numero di informazioni non sia abbinato ai relativi contribuenti e sia poco utilizzato, comportando carenze in materia fiscale;

30.  invita la Commissione, in stretta collaborazione con gli Stati membri, a creare uno strumento di convalida per i codici di identificazione fiscale; osserva che tale strumento di convalida aumenterebbe in modo significativo l'efficacia della rendicontazione delle istituzioni finanziarie e, di conseguenza, ridurrebbe i costi di conformità per queste ultime; invita la Commissione, dopo un'analisi e una valutazione d'impatto adeguate, a riesaminare la creazione di un codice di identificazione fiscale europeo; invita gli Stati membri a garantire un'analisi più sistematica dei dati DAC1 e DAC2 non corrispondenti e a introdurre procedure per l'analisi sistematica del rischio delle informazioni ricevute;

31.  prende atto del fatto che le informazioni scambiate su richiesta siano risultate spesso incomplete e abbiano richiesto ulteriori chiarimenti; deplora che, nel quadro delle informazioni scambiate su richiesta, le autorità, per fornire tali informazioni, impieghino spesso anche sei mesi o più a partire dalla data di ricevimento della richiesta; rileva con rammarico che non esistono limiti di tempo per un eventuale follow-up degli scambi, con potenziali ulteriori ritardi; invita la Commissione a rivedere tale disposizione, anche per quanto riguarda le richieste di follow-up, stabilendo un termine di tre mesi; propone che alla Commissione sia conferito il mandato di valutare sistematicamente il grado di cooperazione dei paesi terzi; invita la Commissione a valutare le indicazioni secondo cui le informazioni scambiate su richiesta sono insoddisfacenti per quanto concerne vari paesi terzi, tra cui la Svizzera;

32.  deplora il fatto che uno Stato membro, Malta, abbia ricevuto un punteggio complessivo "parzialmente conforme" nella valutazione inter pares effettuata dal Forum globale per quanto concerne le informazioni scambiate su richiesta, vale a dire che lo scambio di informazioni su richiesta è attuato solo in parte, con significativi effetti a livello pratico(24); rileva che 19 Stati membri non sono pienamente conformi per quanto riguarda le "informazioni sulla proprietà e l'identità"(25); rileva che sei Stati membri non sono pienamente conformi per quanto riguarda le "informazioni contabili"(26); rileva che cinque Stati membri non sono pienamente conformi per quanto riguarda le "informazioni bancarie"(27); rileva che sette Stati membri non sono pienamente conformi per quanto riguarda l'"accesso alle informazioni"(28); rileva che tre Stati membri non sono pienamente conformi per quanto riguarda "diritti e garanzie"(29); rileva che cinque Stati membri non sono pienamente conformi per quanto riguarda i "meccanismi di scambio di informazioni"(30); rileva che tre Stati membri non sono pienamente conformi per quanto riguarda la "riservatezza"(31); rileva che tre Stati membri non sono pienamente conformi per quanto riguarda "diritti e garanzie"(32); rileva che nove Stati membri non sono pienamente conformi per quanto riguarda la "qualità e tempestività delle risposte"(33); rileva che, in sintesi, non sono state individuate carenze sostanziali soltanto in otto Stati membri;(34) esprime rammarico per il fatto che siano state individuate carenze sostanziali in 18 Stati membri(35); deplora profondamente che alcuni Stati membri ottengano un punteggio basso su determinate questioni, quali le informazioni sulla proprietà e sull'identità; invita gli Stati membri a conseguire la conformità durante la prossima valutazione inter pares; rileva che le scarse prestazioni degli Stati membri minano gravemente la credibilità dell'UE nella lotta all'evasione e all'elusione fiscali a livello internazionale; si attende che la Commissione utilizzi senza ulteriori ritardi tutti gli strumenti a sua disposizione, giuridici e non, per garantire che la legislazione sia attuata correttamente; invita la Commissione ad avviare procedure di infrazione fino a quando tutti gli Stati membri non saranno pienamente conformi; invita, pertanto, gli Stati membri a impegnarsi pienamente nel conseguimento degli obiettivi della DAC e nell'attuazione delle migliori pratiche in materia di scambio di informazioni;

33.  accoglie con favore la proposta della Commissione nel DAC7 di chiarire il requisito della "prevedibile pertinenza", che deve essere applicato nel contesto dello scambio di informazioni su richiesta, e invita la Commissione a elaborare orientamenti volti ad assicurare un approccio standardizzato e un uso più efficace delle disposizioni in materia di scambio di informazioni su richiesta;

34.  si compiace del fatto che la Commissione abbia messo a disposizione degli Stati membri vari strumenti per sviluppare uno scambio di informazioni, migliori pratiche e supporto informatico, principalmente attraverso il programma Fiscalis 2020; sottolinea la necessità di promuovere ulteriormente lo scambio delle migliori pratiche ed elaborare orientamenti sull'uso delle informazioni, in particolare per quanto riguarda la DAC3 e la DAC4;

35.  osserva che l'uso di informazioni ai sensi della DAC per le questioni non fiscali richiede l'autorizzazione preventiva dello Stato membro che le invia, che non sempre è concessa, anche se tali informazioni potrebbero essere utili per rafforzare l'efficienza delle indagini penali e di altro genere, e la richiesta è basata solitamente su motivi giustificati; insiste sul fatto che l'uso delle informazioni scambiate nell'ambito della DAC dovrebbe sempre essere autorizzato per fini diversi da quelli fiscali laddove ciò sia consentito dalla legislazione dello Stato membro ricevente per l'applicazione della legge; esorta gli Stati membri, in tale contesto, a impegnarsi pienamente a rispettare elevati standard in materia di rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini in quanto contribuenti;

36.  deplora il fatto che il Consiglio abbia indebolito le modifiche proposte dalla Commissione alla DAC7, in particolare per quanto riguarda gli audit congiunti e le richieste collettive; invita il Consiglio a rivedere la sua posizione attuale e ad adottare le modifiche presentate dalla Commissione così come sono state proposte; rileva che il numero delle richieste collettive è molto limitato, poiché nel 2017 solo cinque Stati membri hanno inviato una o più richieste collettive; invita la Commissione a preparare un modulo standard per le richieste collettive e a includerlo nel pertinente regolamento di esecuzione(36); ricorda che, affinché tale opportunità e i relativi controlli simultanei possano produrre risultati, è necessario che i funzionari delle autorità fiscali abbiano una formazione essenziale in materia di normativa fiscale straniera, competenze linguistiche e specialistiche, nonché abilità interpersonali;

37.  riconosce il valore aggiunto della condivisione delle migliori pratiche e del sostegno permanente della Commissione dal punto di vista del rafforzamento dei poteri delle amministrazioni fiscali nazionali; sottolinea il ruolo speciale svolto dal programma Fiscalis 2020 a tale riguardo; ricorda, tuttavia, che le amministrazioni fiscali nazionali necessitano di un significativo rafforzamento delle proprie risorse umane, finanziarie e infrastrutturali; invita pertanto gli Stati membri a impegnarsi a garantire un investimento sufficiente nelle amministrazioni fiscali nazionali; attende con interesse i risultati del nuovo gruppo di lavoro del progetto Fiscalis sull'uso di analisi avanzate per misurare la qualità dei dati in un quadro comune;

38.  prende atto di quanto rilevato dalla Corte dei conti europea(37), vale a dire che si può fare di più in termini di monitoraggio, garantendo la qualità dei dati e utilizzando le informazioni ricevute per rendere più efficace lo scambio di informazioni fiscali; invita la Commissione e gli Stati membri a tenere conto di quanto rilevato dalla Corte dei conti europea negli interventi futuri sul quadro della DAC;

Accesso ai dati e monitoraggio

39.  rileva con grande preoccupazione che non esistono prove sufficienti per poter valutare la qualità delle rendicontazioni ai sensi delle disposizioni DAC1 e DAC2, poiché solo pochi Stati membri effettuano sistematicamente controlli di qualità sui dati scambiati nell'ambito della DAC1 e DAC2; rileva con grande preoccupazione che le informazioni sono segnalate in misura insufficiente e che le informazioni comunicate sono sottoutilizzate; osserva inoltre la presenza di uno scarso monitoraggio dell'efficacia del sistema; si rammarica del fatto che i dati sullo scambio di informazioni ai sensi delle disposizioni della DAC, che sono disponibili al pubblico, non siano sufficienti per valutare adeguatamente l'evoluzione degli scambi di informazioni e la loro efficacia;

40.  osserva che non esiste un quadro comune dell'UE per monitorare le prestazioni del sistema e i risultati ottenuti, il che comporta un aumento del rischio di incompletezza o imprecisione dei dati comunicati; rileva, inoltre, che solo pochi Stati membri hanno istituito e applicano le procedure di controllo delle informazioni trasmesse dalle istituzioni finanziarie nell'ambito della DAC2;

41.  esprime rammarico per il fatto che, secondo la Corte dei conti, la Commissione non sta monitorando in modo proattivo l'attuazione di tale legislazione, non sta fornendo orientamenti sufficienti né sta misurando i risultati conseguiti dal sistema o il suo impatto; esprime profonda preoccupazione per il fatto che solo uno dei cinque Stati membri esaminati dalla Corte dei conti abbia effettuato controlli sulla qualità dei dati, che peraltro hanno assunto solo la forma di controlli manuali su un campione di dati limitato e non sono stati eseguiti in modo sistematico;

42.  sottolinea che le aliquote corrispondenti mostrano che grandi quantità di informazioni non vengono utilizzate, poiché non vengono abbinate ai contribuenti interessati, e che gli Stati membri non stanno effettuando ulteriori controlli sui dati non corrispondenti; invita la Commissione e gli Stati membri a istituire un quadro comune per misurare l'impatto e i benefici in termini di costi della DAC e rendere gli scambi nell'ambito della DAC completamente verificabili e tracciabili dall'origine fino all'uso dei dati, includendo un identificatore dell'origine in ogni insieme di dati; invita la Commissione a pubblicare una sintesi annuale delle informazioni ricevute dagli Stati membri, nel rispetto dei diritti dei contribuenti e in modo confidenziale; sottolinea, tuttavia, che tale sintesi deve contenere dati aggregati e dettagliati per consentire un adeguato controllo democratico da parte del Parlamento europeo; rileva che le informazioni comunicate alla Commissione non dovrebbero essere considerate strettamente riservate se non possono essere attribuite a singoli contribuenti; ribadisce che la Commissione dovrebbe avere il diritto di elaborare e pubblicare rendicontazioni e documenti utilizzando le informazioni scambiate in forma anonima, in modo da tenere conto dei diritti di riservatezza dei contribuenti e conformemente al regolamento (CE) n. 1049/2001(38) relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione;

43.  invita la Commissione a pubblicare annualmente statistiche di rendicontazioni in forma anonima e aggregate paese per paese per tutti gli Stati membri; invita gli Stati membri a comunicare ai servizi competenti della Commissione le rendicontazioni paese per paese ricevute;

44.  sottolinea che la valutazione effettuata dalla Commissione nel 2019 ha dimostrato la necessità di un monitoraggio costante dell'efficacia del quadro della DAC; invita gli Stati membri a comunicare alla Commissione le statistiche, le entrate fiscali e tutte le altre informazioni pertinenti necessarie per valutare adeguatamente l'efficacia di tutti gli scambi su base annua; chiede, nel caso delle informazioni scambiate su richiesta, che le informazioni fornite siano disaggregate paese per paese nel rispetto delle norme sulla protezione dei dati; invita la Commissione a continuare a monitorare e valutare adeguatamente l'efficacia dello scambio di informazioni, pertanto richiede una nuova valutazione completa entro gennaio 2023;

45.  sottolinea che le amministrazioni fiscali dovrebbero approfittare pienamente della trasformazione digitale e del suo potenziale in termini di una distribuzione più efficiente delle informazioni e di riduzione dei costi di conformità e della burocrazia superflua; sottolinea che ciò deve essere accompagnato da un adeguato aumento delle risorse finanziarie, umane e informatiche a disposizione delle amministrazioni fiscali;

Coerenza con altre disposizioni

46.  riconosce che le disposizioni della DAC sono in gran parte coerenti con lo standard comune di comunicazione di informazioni dell'OCSE e sono sostanzialmente sovrapponibili alla legge statunitense sugli adempimenti fiscali dei conti esteri (FATCA), pur contenendo anche importanti differenze;

47.  deplora la mancanza di reciprocità nell'ambito della legge sugli adempimenti fiscali dei conti esteri; osserva che gli Stati Uniti stanno diventando un importante promotore del segreto finanziario per i cittadini non statunitensi; rileva due principali falle in tale legge: vengono condivise solo le informazioni relative alle attività statunitensi e non vengono condivise le informazioni sui titolari effettivi; invita la Commissione e gli Stati membri ad avviare nuovi negoziati con gli Stati Uniti nel quadro dell'OCSE al fine di conseguire la piena reciprocità nell'ambito di un quadro reciprocamente concordato e rafforzato in materia di standard comune di comunicazione di informazioni; sottolinea che ciò comporterebbe progressi significativi e minori costi di conformità per le istituzioni finanziarie, così come una riduzione significativa degli oneri burocratici; invita la Commissione e gli Stati membri ad avviare i negoziati per una convenzione fiscale delle Nazioni Unite;

48.  deplora gli effetti collaterali che la legge sugli adempimenti fiscali dei conti esteri ha ancora sui cosiddetti americani accidentali; esprime rammarico per il fatto che, ad oggi, non sia stata trovata alcuna soluzione duratura a livello europeo;

49.  osserva i possibili contrasti tra il quadro della DAC e i regolamenti (UE) 2016/679(39) e (UE) 2018/1725(40); sottolinea che il trattamento dei dati previsto dalle disposizioni della DAC ha come unico obiettivo quello di servire l'interesse pubblico generale in materia fiscale negli Stati membri, vale a dire limitare la frode, l'elusione e l'evasione fiscali, tutelare il gettito fiscale e promuovere una tassazione equa;

50.  sostiene l'invito del Consiglio alla Commissione ad analizzare fino a che punto sarebbe possibile allineare ulteriormente la portata degli strumenti disponibili per le autorità fiscali ai sensi della direttiva 2011/16/UE del Consiglio con specifiche disposizioni del regolamento (UE) n. 904/2010(41) del Consiglio;

51.  accoglie con favore gli accordi simili alla direttiva 2014/107/UE sullo scambio automatico di informazioni sui conti finanziari con paesi terzi quali Andorra, Liechtenstein, Monaco, San Marino e Svizzera; chiede, pertanto, una valutazione dell'attuazione di tali accordi alla luce dell'attuale accordo sullo standard comune di comunicazione. chiede, inoltre, l'adozione di accordi simili per la DAC3, la DAC5, la DAC6 e la DAC7;

Conclusioni

52.  esorta la Commissione a presentare quanto prima una revisione globale del quadro della DAC sulla base delle proposte del Parlamento europeo e di un'ampia consultazione pubblica; invita vivamente la Commissione e il Consiglio a uno scambio di opinioni a tal proposito con il Parlamento europeo; esprime rammarico per la ripetuta adozione di decisioni che indeboliscono le proposte della Commissione di rafforzare il quadro della DAC;

53.  esprime profondo rammarico per il fatto che tutti gli Stati membri – ad eccezione della Finlandia e della Svezia – abbiano rifiutato di concedere al Parlamento l'accesso ai dati pertinenti per valutare l'attuazione delle disposizioni della DAC; deplora il fatto che la Commissione non abbia concesso al Parlamento l'accesso ai dati pertinenti in suo possesso; ritiene che in tal modo il Parlamento sia di fatto ostacolato nell'esercizio della sua funzione di controllo politico sulla Commissione di cui all'articolo 14 e all'articolo 17, paragrafo 8, TUE; osserva che la presente relazione di attuazione presenta pertanto notevoli carenze; invita gli Stati membri e la Commissione a porre fine al loro rifiuto di condividere i documenti pertinenti conformemente al regolamento (CE) n. 1049/2001, che si applica direttamente, e al principio di leale cooperazione di cui all'articolo 13, paragrafo 2, TUE; invita il Parlamento a utilizzare tutti gli strumenti giuridici a sua disposizione per garantire che riceva tutti i documenti necessari per una valutazione completa dell'attuazione della DAC;

54.  è consapevole che la DAC, in quanto relativa a questioni fiscali, è una dimensione intergovernativa dell'integrazione europea; ricorda, tuttavia, che le politiche fiscali hanno carattere strutturale nel raggiungimento degli obiettivi strategici dell'UE, principalmente per quanto riguarda l'antiriciclaggio, il finanziamento del terrorismo, la lotta alla frode e all'evasione fiscali ecc.; deplora la posizione del Consiglio sulle revisioni consecutive della DAC, basata sulla reiterata mitigazione delle proposte della Commissione e sul disinteresse nei confronti delle posizioni del Parlamento; invita il Consiglio a rivedere il proprio atteggiamento nei confronti del Parlamento in materia fiscale e, nello specifico, in merito alle revisioni della DAC; esorta il Consiglio a consentire l'accesso alle informazioni pertinenti in materia di attuazione della DAC, al fine di garantire un adeguato controllo democratico da parte del Parlamento;

55.  è consapevole che la DAC ha un duplice effetto: da un lato, individua le frodi attraverso la condivisione delle informazioni e, dall'altro, le scoraggia aumentando le probabilità di identificare gli autori delle truffe senza che restino impuniti; riconosce che è più difficile quantificare tale effetto deterrente, tuttavia invita la Commissione a tenere maggiormente conto di tale aspetto della DAC nelle sue future valutazioni;

o
o   o

56.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.

(1) GU L 64 dell'11.3.2011, pag. 1.
(2) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 25.
(3) GU L 359 del 16.12.2014, pag. 1.
(4) GU L 332 del 18.12.2015, pag. 1.
(5) GU L 146 del 3.6.2016, pag. 8.
(6) GU L 342 del 16.12.2016, pag. 1.
(7) GU L 139 del 5.6.2018, pag. 1.
(8) Testi approvati, P9_TA(2021)0072.
(9) GU C 108 del 26.3.2021, pag. 8.
(10) Studio - "Implementation of the EU requirements for tax information exchange" (Attuazione dei requisiti dell'UE in materia di scambio di informazioni fiscali), Parlamento europeo, direzione generale dei Servizi di ricerca parlamentare, direzione della Valutazione d'impatto e del valore aggiunto europeo, unità Valutazione ex post, 4 febbraio 2021.
(11) GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 6.
(12) Dover, R. et al: "Bringing transparency, coordination and convergence to corporate tax policies in the European Union, Part I: Assessment of the magnitude of aggressive corporate tax planning" (Portare trasparenza, coordinamento e convergenza alle politiche fiscali delle imprese nell'Unione Europea, parte I:Valutazione della portata della pianificazione fiscale aggressiva delle imprese), Parlamento europeo, direzione generale del servizio Ricerca, unità Valore aggiunto europeo, settembre 2015.
(13) Commissione europea, direzione generale della Fiscalità e dell'unione doganale, Taxation Papers, documento di lavoro n. 76, "Estimating International Tax Evasion by Individuals", settembre 2019 (Stima dell'evasione fiscale internazionale da parte di singoli individui), https://ec.europa.eu/taxation_customs/sites/taxation/files/2019-taxation-papers-76.pdf.
(14) Relazione finale, Ecorys, Monitoraggio della quantità di ricchezza nascosta dai singoli individui nei centri finanziari offshore e dell’impatto delle norme recentemente concordate a livello internazionale sulla trasparenza fiscale e la lotta contro l'evasione fiscale.
(15) Dal 25 novembre 2020. Cfr. stato della trasposizione della quarta (ALMD4) direttiva antiriciclaggio sul sito internet della Commissione europea, all'indirizzo https://ec.europa.eu/info/publications/anti-money-laundering-directive-4-transpositi onstatus_it
(16) Informazioni valide alla data del 22 dicembre 2020: Cechia, Danimarca, Estonia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Romania e Slovacchia (cfr. sito Internet della Commissione europea all'indirizzo: https://ec.europa.eu/atwork/applying-eu-law/infringementsproceedings/infringement_decisions/index.cfm?lang_code=EN&typeOfSearch=false∾tive_only=1&noncom=0&r_dossier=&decision_date_from=&decision_date_to=&title=Directive+2015%2F849⊂mit=Search). Nel febbraio 2021 sono state avviate tre ulteriori procedure di infrazione contro la Germania, il Portogallo e la Romania https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/inf_21_441.
(17) Dal 25 novembre 2020. Cfr. stato della trasposizione della quinta (ALMD5) direttiva antiriciclaggio sul sito Internet della Commissione europea, all'indirizzo https://ec.europa.eu/info/publications/anti-money-laundering-directive-5-transpositi onstatus_it
(18) Informazioni valide alla data del 22 dicembre 2020: Austria, Belgio, Cipro, Cechia, Estonia, Grecia, Ungheria, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia e Spagna. Cfr. sito Internet della Commissione europea: https://ec.europa.eu/atwork/applying-eu-law/infringementsproceedings/infringement_decisions/index.cfm?lang_code=EN&typeOfSearch=false∾tive_only=1&noncom=0&r_dossier=&decision_date_from=&decision_date_to=&title=Directive+2015%2F849⊂mit=Search
(19) Belgio, Cipro, Grecia, Irlanda, Italia, Spagna, Austria, Cechia, Danimarca, Lettonia, Lituania, Malta, Slovacchia, Slovenia, Finlandia, Svezia, Portogallo e Ungheria.
(20) Gruppo di azione finanziaria internazionale, quarto giro di valutazioni, novembre 2020: Austria, Belgio, Cipro, Cechia, Danimarca, Finlandia, Grecia, Ungheria, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Malta, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Svezia.
(21) Forum globale sulla trasparenza e lo scambio di informazioni a fini fiscali.
(22) https://www.oecd-ilibrary.org/docserver/175eeff4-en.pdf?expires=1614245801&id=id&accname=ocid194994&checksum=C36736F5E5628939095D507381D7D7C5
(23) https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2021/662603/EPRS_STU(2021)662603_EN.pdf
(24) https://www.oecd-ilibrary.org/taxation/global-forum-on-transparency-and-exchange-of-information-for-tax-purposes-malta-2020-second-round_d92a4f90-en
(25) Estonia, Austria, Ungheria, Belgio, Lussemburgo, Bulgaria, Croazia, Paesi Bassi, Cipro, Polonia, Cechia, Portogallo, Danimarca, Romania, Slovacchia, Grecia, Germania, Malta e Spagna. Fonte: note a piè di pagina da 25 a 34: https://www.oecd-ilibrary.org/taxation/global-forum-on-transparency-and-exchange-of-information-for-tax-purposes-peer-reviews_2219469x?_ga=2.61374444.131706240.1621422687-1265388792.1602508229
(26) Croazia, Cipro, Grecia, Slovacchia, Spagna e Malta.
(27) Ungheria, Malta, Paesi Bassi, Danimarca e Slovacchia.
(28) Austria, Ungheria, Belgio, Lettonia, Cechia, Portogallo e Slovacchia.
(29) Ungheria, Belgio e Lussemburgo.
(30) Austria, Lettonia, Cipro, Cechia e Portogallo.
(31) Belgio, Lettonia e Ungheria.
(32) Ungheria, Lettonia e Cechia.
(33) Italia, Malta, Francia, Lussemburgo e Bulgaria. Portogallo, Romania, Grecia e Germania.
(34) Estonia, Itala, Finlandia, Lituania, Francia, Slovenia, Svezia e Irlanda.
(35) https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2021/662603/EPRS_STU(2021)662603_EN.pdf
(36) Regolamento di esecuzione (UE) 2015/2378 della Commissione, del 15 dicembre 2015, recante talune modalità di applicazione della direttiva 2011/16/UE del Consiglio relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga il regolamento di esecuzione (UE) n. 1156/2012 (GU L 332 del 18.12.2015, pag. 19).
(37) https://www.eca.europa.eu/it/Pages/DocItem.aspx?did=57680
(38) Regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43).
(39)Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1).
(40) Regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione e sulla libera circolazione di tali dati, e che abroga il regolamento (CE) n. 45/2001 e la decisione n. 1247/2002/CE (GU L 295 del 21.11.2018, pag. 39).
(41)Regolamento (UE) n. 904/2010 del Consiglio, del 7 ottobre 2010, relativo alla cooperazione amministrativa e alla lotta contro la frode in materia d’imposta sul valore aggiunto (GU L 268 del 12.10.2010, pag. 1).


Situazione in Afghanistan
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Risoluzione del Parlamento europeo del 16 settembre 2021 sulla situazione in Afghanistan (2021/2877(RSP))
P9_TA(2021)0393RC-B9-0455/2021

Il Parlamento europeo,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sull'Afghanistan,

–  vista la Carta delle Nazioni Unite,

–  viste le risoluzioni 1368 (2001), 1373 (2001), 2210 (2015), 2344 (2017), 2513 (2020) e 2593 (2021) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite,

–  visto il documento dal titolo "Azione congiunta UE-Afghanistan per il futuro in materia di questioni migratorie" del 2 ottobre 2016,

–  visto l'accordo di cooperazione del 18 febbraio 2017 sul partenariato e sullo sviluppo tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica islamica di Afghanistan, dall'altra(1),

–  vista la comunicazione congiunta della Commissione e dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, del 24 luglio 2017, dal titolo "Elementi per una strategia dell'UE sull'Afghanistan" (JOIN(2017)0031),

–  vista la dichiarazione rilasciata il 17 agosto 2021 dall'alto rappresentante a nome dell'Unione europea sull'Afghanistan,

–  visto il discorso pronunciato da Michelle Bachelet, Alta Commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani, in occasione della sessione d'urgenza del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite del 24 agosto 2021,

–  vista la dichiarazione dei leader del G7 sull'Afghanistan del 24 agosto 2021,

–  vista la dichiarazione del Consiglio "Giustizia e affari interni" del 31 agosto 2021 sulla situazione in Afghanistan,

–  visti i risultati della riunione congiunta UE, NATO e G7 sull'Afghanistan,

–  visto l'annuncio della creazione del governo provvisorio in Afghanistan da parte dei talebani il 7 settembre 2021,

–  vista la conferenza internazionale dei donatori delle Nazioni Unite sull'Afghanistan, tenutasi a Ginevra il 13 e 14 settembre 2021;

–  vista la dichiarazione rilasciata il 3 settembre 2021 dal vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR) Josep Borrell alla conferenza stampa tenutasi dopo la riunione informale dei ministri degli Affari esteri (Gymnich),

–  visto il completamento del ritiro dall'Afghanistan delle forze armate statunitensi il 30 agosto 2021,

–  visti gli orientamenti dell'UE sulla promozione e la tutela dei diritti dei minori, sui minori e i conflitti armati e sui difensori dei diritti umani,

–  vista la dichiarazione universale dei diritti dell'uomo,

–  visti la convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, e il relativo protocollo del 1967,

–  vista la Convenzione delle Nazioni Unite del 1951 relativa allo status dei rifugiati,

–  visto il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1966,

–  vista la Convenzione del 1979 sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna,

–  visti il patto mondiale delle Nazioni Unite per una migrazione sicura, ordinata e regolare e il patto mondiale delle Nazioni Unite sui rifugiati, che hanno fatto seguito alla dichiarazione di New York per i rifugiati e i migranti adottata all'unanimità dall'Assemblea generale dell'ONU il 19 settembre 2016,

–  visto l'articolo 132, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,

A.  considerando che l'Afghanistan, sotto il regime dei talebani negli anni '90, è stato il principale rifugio sicuro e il quartier generale operativo delle organizzazioni terroristiche internazionali, in particolare Al-Qaeda, responsabile di numerosi barbari attentati terroristici contro civili in Asia, Africa, Australia, Europa ed America, e dell’attentato terroristico dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti, il più grave nella storia umana, in cui sono state uccise quasi 3 000 persone di oltre 90 nazionalità;

B.  considerando che il barbaro attacco perpetrato contro gli Stati Uniti 20 anni fa ha innescato la risoluzione 1368 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e ha portato all'intervento in Afghanistan guidato dagli Stati Uniti nel 2001, che ha determinato il rovesciamento dei talebani, unitamente allo smantellamento e al declino di al-Qaeda e di altre organizzazioni jihadiste globali, il cui progresso è ora in grave pericolo;

C.  considerando che, dopo gli attentati dell'11/9/2001, la NATO ha invocato l'articolo 5 del suo trattato costitutivo, l'unica volta in cui la NATO abbia mai invocato la sua difesa collettiva, con oltre 40 paesi che contribuiscono alla sicurezza del paese e decine di altri Stati e organizzazioni, tra cui l'UE, impegnati nella stabilizzazione del paese in linea con le successive risoluzioni delle Nazioni Unite;

D.  considerando che la NATO e i paesi alleati hanno mantenuto una presenza in Afghanistan dalla caduta dei talebani nel 2001; che nell'aprile 2021, dopo tre anni di negoziati con i talebani, gli Stati Uniti hanno annunciato il completamento del ritiro delle truppe entro l'11 settembre 2021; che il ritiro delle truppe della NATO e alleate è stato concluso nel agosto 2021;

E.  considerando che successivamente i talebani sono avanzati rapidamente sul territorio controllato dal governo; che l'esercito e le forze di sicurezza afghane non sono stati in grado di organizzare una difesa efficace e che il presidente Ashraf Ghani è fuggito dal paese; che i talebani hanno ottenuto il pieno controllo sul paese e ripristinato l'Emirato islamico dell'Afghanistan;

F.  considerando che nel agosto 2021 si è svolta un'evacuazione di oltre 110 000 persone dall'Afghanistan, guidata dagli Stati Uniti ma senza coordinamento con la comunità internazionale; considerando che gli Stati Uniti e la comunità internazionale sono riusciti a portare in sicurezza per via aerea oltre 120 000 afghani a rischio, membri del personale locale delle missioni diplomatiche e dei contingenti militari, nonché cittadini stranieri, nell'arco di due settimane durante il mese di agosto 2021; che si stima che circa 150 000-170 000 afghani che hanno collaborato con la comunità internazionale negli ultimi vent'anni sono stati lasciati indietro e che le loro vite sono in pericolo;

G.  considerando che, il 7 settembre 2021, i talebani hanno annunciato la formazione di un governo provvisorio sotto la guida di Muhammad Hassan Akhund, il leader del consiglio talebano, al quale non sono stati invitati a partecipare né le donne né esponenti non talebani; considerando che il governo provvisorio talebano comprende persone responsabili di atti terroristici, tra cui ex detenuti, individui soggetti a sanzioni delle Nazioni Unite e una persona figurante in un elenco degli individui più ricercati dall'FBI; che molti membri del governo provvisorio talebano sono titolari di passaporti emessi dal Pakistan; che tale governo discrimina pesantemente le minoranze etniche e religiose del paese;

H.  considerando che il governo provvisorio talebano è stato formato senza mantenere le promesse dei talebani di un governo inclusivo; che il ministero degli Affari femminili è stato smantellato; che i talebani non prevedono una partecipazione continua delle donne a cariche dirigenziali in Afghanistan, perseguitano le dirigenti, le funzionarie e le attiviste e fanno ricorso alla forza letale per disperdere le proteste per i diritti delle donne; che vi è il fondato timore che la legge sull'eliminazione della violenza contro le donne, che impone sanzioni penali per i matrimoni infantili e forzati, la violenza domestica e numerosi altri abusi contro le donne, verrà abrogata;

I.  considerando che il governo provvisorio talebano ha imposto un divieto di protesta in tutto il paese e ha avviato azioni repressive nei confronti dei media liberi, compresi detenzioni e attacchi ai danni di giornalisti e l'imposizione di nuove restrizioni all'attività dei media; che i talebani ricorrono alla propaganda per diffondere odio verso l'occidente e l'UE;

J.  considerando che la situazione dei diritti umani si sta rapidamente deteriorando; che l'elenco delle persone vulnerabili e a rischio comprende la maggior parte della popolazione, tra cui donne, ragazze, la comunità LGBTI, minoranze etniche e religiose, in particolare gli sciiti hazara, membri della società civile, accademici, giornalisti, avvocati, giudici, artisti, politici e funzionari pubblici del precedente governo afghano; che storicamente, durante i conflitti armati, le donne subiscono violenze di genere e violenze sessuali come arma di guerra;

K.  considerando che secondo quanto riportato i talebani prendono di mira i cittadini con vessazioni, violenze e uccisioni per ritorsione; che alla maggior parte delle donne è stato impedito di tornare sul luogo di lavoro, nelle università e nelle scuole; che nel paese sono scoppiate proteste in particolare contro il governo di soli uomini e dei suoi piani per limitare i diritti delle donne ed escluderle dalla vita pubblica, comprese le attività sportive; che i talebani hanno represso violentemente le manifestazioni e la resistenza locale, in particolare nella valle del Panshir;

L.  considerando che il paese sta affrontando una catastrofe umanitaria in atto; che si registrano gravi carenze di alimenti, acqua e medicinali; che 18,4 milioni di afghani necessitano di sostegno umanitario, tra cui 14 milioni che erano già in condizioni di insicurezza alimentare; che la Commissione ha annunciato un aumento degli aiuti umanitari fino a oltre 200 milioni di EUR per coloro che si trovano nel paese o che stanno scappando;

M.  considerando che la crisi in Afghanistan è innanzitutto una tragedia per il popolo afghano, ma sta mettendo a rischio anche la sicurezza dell'Unione europea; che l'UE dovrebbe trarre le dovute conclusioni da questo fallimento collettivo e prepararsi alle sue conseguenze per la nostra sicurezza, compresa una possibile maggiore minaccia di terrorismo; che i jihadisti di tutto il mondo si sentono incoraggiati dalla presa di potere dei talebani;

N.  considerando che da anni gli afghani fuggono dal loro paese cercando rifugio principalmente nei paesi vicini, ma anche in Europa; che potrebbe verificarsi un aumento del numero di afghani che migrano verso l'Europa;

O.  considerando che la Commissione non ha né coordinato gli sforzi di evacuazione dei cittadini europei e afghani che lavorano per l'UE e i suoi Stati membri, né è stata in grado di istituire un vero e proprio ponte aereo europeo; che l'evacuazione dei cittadini dell'UE e afghani a rischio che desiderano fuggire non è terminata e richiede unità tra l'UE e i suoi Stati membri, nonché un canale di comunicazione con i talebani;

P.  considerando che la comunicazione con i talebani non dovrebbe per nessuna ragione portare all'eliminazione o alla rimozione delle sanzioni esistenti nei loro confronti;

Q.  considerando che l'aeroporto internazionale di Kabul è di nuovo parzialmente operativo, ma che le frontiere terrestri dell'Afghanistan sono fortemente sorvegliate con punti di controllo dei talebani; che milioni di afghani rimangono nel paese e non sono in grado di fuggire;

R.  considerando che il paese resta estremamente insicuro; che ISIS-K, un gruppo regionale dello Stato islamico, ha rivendicato la responsabilità dell'attentato bomba all'aeroporto del 26 agosto 2021 che ha causato la morte di circa 170 persone;

S.  considerando che i talebani devono affrontare divisioni interne e l'opposizione di altri gruppi estremisti e intransigenti in Afghanistan; che il regime ha ora anche accesso ad attrezzature militari abbandonate dalle forze afghane e alleate; che tali armi potrebbero facilmente finire nelle mani di altri gruppi terroristici riconosciuti a livello internazionale, quali lo Stato islamico, al-Qaeda e i loro affiliati;

T.  considerando che l'Afghanistan è uno dei paesi maggiormente dipendenti dagli aiuti esterni al mondo, con circa oltre 18 milioni di persone, che rappresentano la metà della popolazione, che necessitano di assistenza permanente, e con un terzo della popolazione che si trova in condizioni di insicurezza alimentare; che, nel solo 2021, 600 000 afghani sono diventati sfollati interni, l’80 % dei quali sono donne e bambini; considerando che, in totale, secondo le stime, gli sfollati interni ammontano a 5 milioni, mentre 2,2 milioni di rifugiati afghani vivono già in paesi vicini; che l'erogazione degli aiuti umanitari è gravemente ostacolata dal controllo dei talebani;

U.  che finora nel 2021 760 000 afghani sono rientrati dall'Iran e dal Pakistan, il che ha messo sotto pressione la capacità dei servizi esistenti e ha destato preoccupazioni per la loro reintegrazione e le loro condizioni di vita; che la Commissione ha annunciato un aumento degli aiuti umanitari fino a oltre 200 milioni di EUR per coloro che si trovano nel paese o che stanno scappando;

V.  considerando che dal 2001 in Afghanistan sono stati compiuti progressi dimostrabili per quanto riguarda i diritti delle donne e delle ragazze, compreso l'accesso all'istruzione, all'assistenza sanitaria e alla partecipazione alla vita civile e politica; che questi miglioramenti sono probabilmente i risultati più positivi del recente sviluppo del paese; che questo parziale progresso è ora gravemente minacciato a causa della presa del potere da parte dei talebani in Afghanistan;

W.  considerando che i talebani stanno cercando di ottenere il riconoscimento, la legittimità e il sostegno a livello internazionale e hanno dichiarato pubblicamente che consentiranno la libertà delle donne nel rispetto della legge islamica, dichiarazione che è contraddetta delle crescenti notizie riguardanti pratiche restrittive introdotte in Afghanistan e attacchi nei confronti delle donne, degli esponenti del mondo accademico, dei difensori dei diritti umani, degli operatori dei media e dei funzionari pubblici; che è stato riportato che i talebani cercano le persone che hanno collaborato con le autorità precedenti ed eseguono uccisioni per vendetta;

X.  considerando che oltre il 75 % del bilancio statale e più del 95 % del bilancio militare dell'Afghanistan sono finanziati dalla comunità internazionale;

Y.  considerando che la recente insorgenza della pandemia di COVID-19 nel paese, la mancanza di vaccini e attrezzature mediche, la siccità e l'inverno imminente sono fattori che probabilmente aggraveranno ancora di più l'attuale crisi socioeconomica e sanitaria; che la situazione logistica e della sicurezza è ulteriormente ostacolata dalla pandemia di COVID-19;

1.  deplora la violenta conquista dell'Afghanistan da parte dei talebani e si rifiuta di riconoscerne l'attuale governo; esprime profonda preoccupazione per il futuro dell'Afghanistan ora che i talebani hanno assunto il controllo del paese e stanno imponendo una sharia radicale, privando il popolo afghano dei diritti e delle libertà fondamentali di cui ha goduto negli ultimi 20 anni; esprime le sue sentite condoglianze e il suo sostegno alle vittime delle violazioni e degli attentati terroristici in atto e alle loro famiglie;

2.  esprime le sue più sincere condoglianze alle famiglie e agli amici dei militari e civili che hanno perso la vita in Afghanistan negli ultimi 20 anni;

3.  esprime profonda e sincera solidarietà agli afghani che sono fuggiti dal paese e a quelli che ancora vi restano; ribadisce che si tratta in primissimo luogo di una crisi umanitaria e dei diritti umani in cui la sicurezza, la protezione e i diritti degli afghani devono sempre essere considerati prioritari;

4.  esprime profonda preoccupazione per la crisi umanitaria, economica e dei rifugiati in atto in Afghanistan; reputa che un futuro sicuro, pacifico e democratico dell'Afghanistan richieda una soluzione politica negoziata e inclusiva; ribadisce il suo continuo impegno a favore di un processo di pace e di ricostruzione post-conflitto a guida e titolarità afghane, quale unico percorso credibile verso una pace, una sicurezza e uno sviluppo inclusivi e a lungo termine;

5.  si rammarica che il processo politico e la pianificazione militare che hanno portato al ritiro delle truppe statunitensi dall'Afghanistan siano stati decisi unilateralmente e senza un sufficiente coordinamento con gli alleati della NATO; si rammarica che durante l'operazione di soccorso a Kabul non vi sia stata alcuna forma di cooperazione o coordinamento tra gli Stati membri dell'UE, in particolare per quanto riguarda la comunicazione con gli Stati Uniti, e che, di conseguenza, la maggior parte delle ambasciate è stata colta di sorpresa dalla conquista di Kabul da parte dei talebani; ritiene che un maggiore coordinamento avrebbe potuto contribuire a evitare il caos e la disperazione che sono seguiti e avrebbe introdotto procedure più efficienti per consentire a coloro i quali avevano diritto di essere soccorsi di raggiungere l'aeroporto in un modo più ordinato e prevedibile;

6.  deplora la mancanza di comunicazione tra gli Stati Uniti e i paesi europei e invita il Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) e la Commissione a valutare criticamente il processo e a presentare tale valutazione al Parlamento europeo entro la fine di quest'anno;

7.  esprime gratitudine per il coraggio dimostrato dai militari, dalle donne e dagli uomini in uniforme, dal personale che si occupa di aiuti umanitari e sviluppo, dai diplomatici e dai membri del personale locale che hanno lavorato e in parte ancora lavorano in Afghanistan; elogia l'enorme sacrificio compiuto a favore di un Afghanistan più pacifico e sicuro negli ultimi vent'anni;

8.  esprime profondo rammarico per il rapido crollo delle strutture statali afghane, che non sono state in grado o non hanno voluto resistere all'offensiva talebana, che è durata dieci giorni dalla presa del primo capoluogo provinciale fino all'entrata a Kabul; esprime delusione per il fallimento della leadership del presidente Ashraf Ghani e per la sua decisione di fuggire dall'Afghanistan; chiede un'indagine sulle accuse di possibile appropriazione indebita di fondi dal bilancio afghano da parte del presidente Ghani e di altri membri dell'élite politica;

Un invito a porre fine alla violenza

9.  è sconcertato per le violazioni segnalate, tra cui l'esecuzione di civili e membri delle forze di sicurezza nazionale afghane, il reclutamento di bambini soldato, la repressione delle proteste pacifiche e delle espressioni di dissenso, nonché le restrizioni dei diritti umani imposte in particolare nei confronti di donne e ragazze, difensori dei diritti umani, persone appartenenti alla comunità LGBTI+, minoranze religiose ed etniche, giornalisti, scrittori, accademici e artisti; esorta i talebani a porre immediatamente fine a queste pratiche e a salvaguardare, in particolare, i diritti delle donne afghane all'istruzione, al lavoro, allo sport, alla libera circolazione, alla riunione e all'associazione;

10.  sottolinea la necessità di documentazione e di indagini trasparenti e tempestive sulle segnalazioni relative a tutte le violazioni e tutti gli abusi dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale e la necessità di chiamare i responsabili a rispondere delle loro azioni; appoggia, a tale riguardo, il ricorso al regime globale di sanzioni dell'UE in materia di diritti umani (la legge Magnitsky dell'UE); si aspetta che gli Stati membri garantiscano l'adozione di una risoluzione che istituisca, in via prioritaria, una missione di informazione sull'Afghanistan dotata di un solido mandato in occasione della 48a sessione ordinaria del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite;

11.  invita il SEAE e gli Stati membri a garantire l'adozione di una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per il rinnovo della missione delle Nazioni Unite in Afghanistan (UNAMA) che scade il 17 settembre 2021;

Maggiore coordinamento degli sforzi di evacuazione

12.  invita l'UE e i suoi Stati membri a collaborare per agevolare l'ulteriore evacuazione dei cittadini dell'UE e degli afghani a rischio, in particolare ricorrendo ai corridoi sicuri a disposizione; ricorda che l'UE si attende che i talebani facilitino tale processo; ribadisce la necessità di accordare la priorità, a tale riguardo, ai gruppi di donne che sono particolarmente a rischio, segnatamente tutte le donne e le ragazze, ai difensori dei diritti umani, alle persone LGBTI+, alle minoranze religiose ed etniche, ai giornalisti, agli scrittori, agli accademici, al personale locale e agli artisti, tra gli altri;

13.  chiede alla Commissione e al SEAE di elaborare e attuare i regimi di protezione esistenti e futuri in coordinamento con gli Stati membri nonché di definire le misure di protezione previste alla luce di possibili emergenze future che rendano necessarie tali misure; ritiene che la categoria del personale locale dovrebbe includere tutto il personale che ha lavorato per l'UE o per progetti finanziati da quest'ultima;

Sostegno continuo alle donne e alle ragazze afghane

14.  esprime solidarietà nei confronti delle donne e dei difensori dei diritti umani che protestano in Afghanistan contro la conquista del paese da parte dei talebani e che desiderano vivere in una società libera, stabile, pacifica e eterogenea;

15.  esprime profondo rammarico per il fatto che 20 anni di progressi in materia di diritti delle donne e delle ragazze e di parità di genere siano ora gravemente minacciati; ribadisce la propria posizione secondo cui tali progressi devono essere attentamente salvaguardati e monitorati; sottolinea che il diritto all'istruzione e all'occupazione, la libertà dalla violenza di genere, la tutela dei diritti fondamentali, l'accesso all'assistenza sanitaria e la piena partecipazione al processo decisionale nella vita politica, pubblica e civile locale e nazionale devono figurare tra le richieste fondamentali della comunità internazionale nel quadro del dialogo con i talebani;

16.  sottolinea la necessità di garantire che le donne e i giovani che hanno lasciato l'Afghanistan possano proseguire il loro percorso di istruzione in altri paesi; incoraggia lo sviluppo di modalità innovative per continuare a responsabilizzare le donne e i giovani afghani, in particolare fornendo borse di studio per studiare nelle scuole e nelle università europee;

Profonda preoccupazione per il governo de facto dei talebani

17.  esprime profonda preoccupazione per le nomine in seno al governo provvisorio interamente composto da uomini, ossia 33 mullah, molti dei quali sono oggetto di sanzioni degli Stati Uniti e dell'ONU e sono ricercati per attività terroristiche; prende atto con la massima preoccupazione della nomina a ministro dell'Interno di Sirajuddin Haqqani, di cui sono stati ampiamente documentati i legami con attività terroristiche, e della presenza di numerosi individui soggetti a sanzioni delle Nazioni Unite nel governo talebano de facto;

18.  chiede che venga istituito un governo rappresentativo ed eletto in cui le donne e i gruppi minoritari possano partecipare in modo significativo; ricorda che lo sviluppo a lungo termine dell'Afghanistan dipenderà dalla responsabilità, dal buon governo, dall'offerta sostenibile di sicurezza umana, segnatamente dalla riduzione della povertà e dalla creazione di opportunità di lavoro, dall'accesso ai servizi sociali e sanitari, dall'istruzione e dalla tutela delle libertà fondamentali e dei diritti umani;

19.  sottolinea il proprio sostegno a lungo termine a favore di elezioni credibili, libere, eque e trasparenti, in linea con le norme internazionali, ed esprime il proprio supporto ad attività di osservazione elettorale nel paese;

Necessità di un impegno operativo ma nessun riconoscimento ufficiale del governo de facto

20.  riconosce che l'impegno operativo con il nuovo governo talebano de facto è necessario per questioni logistiche, operative e umanitarie, al fine di fornire assistenza umanitaria ai civili in difficoltà e un passaggio sicuro per i cittadini stranieri e afghani che cercano di lasciare il paese; sottolinea che questi contatti dovrebbero rimanere strettamente limitati agli scopi pertinenti in questa fase; evidenzia che non sono state soddisfatte le condizioni per il riconoscimento politico dei dirigenti di fatto talebani che hanno assunto il potere con mezzi militari e stanno attualmente distruggendo i risultati realizzati negli ultimi 20 anni;

21.  ricorda che un importante banco di prova per qualsiasi tipo di relazioni dell'UE con i talebani sarà la capacità di mantenere i risultati conseguiti negli ultimi vent'anni, in particolare per quanto riguarda i diritti delle donne e l'istruzione delle ragazze, e di garantire che l'Afghanistan non diventi un rifugio sicuro per gruppi jihadisti e altri gruppi di terroristi che sono esecutori o mandanti di attacchi terroristici a partire dal suo territorio; ricorda che i talebani saranno giudicati dalla comunità internazionale sulla base delle loro azioni sul terreno e non sulla base delle loro dichiarazioni pubbliche;

22.  sollecita la Commissione ad avviare rapidamente un'indagine a norma dell'articolo 19, paragrafo 1, lettera a), del regolamento SPG(2), al fine di sospendere le preferenze commerciali concesse all'Afghanistan nel quadro del regime "Tutto tranne le armi" (EBA);

23.  rileva l'importanza di ristabilire una presenza dell'UE sul campo quando le condizioni politiche e di sicurezza lo consentiranno;

24.  chiede l'organizzazione di una missione delle istituzioni dell'UE a Kabul, non appena le circostanze lo consentano, affinché i partecipanti prendano conoscenza della situazione umanitaria, migratoria, economica e di sicurezza, così come dello stato dei diritti delle donne e delle minoranze in Afghanistan;

Garantire che l'Afghanistan non diventi un nuovo covo di organizzazioni terroristiche

25.  condanna con la massima fermezza l'attentato terroristico mortale del 26 agosto 2021, perpetrato dall'ISIS-K presso l'Abbey Gate dell'aeroporto internazionale di Kabul e al Baron Hotel, in cui hanno perso la vita oltre 170 persone, tra cui 13 persone appartenenti ai servizi statunitensi, e sono rimaste ferite oltre 200 persone;

26.  insiste sulla necessità che i talebani e il governo della Repubblica islamica rispettino i loro impegni in materia di lotta al terrorismo, anche impedendo ad al-Qaeda, Daesh o ad altri terroristi e gruppi terroristici di utilizzare il suolo afghano per minacciare o violare la sicurezza di qualsiasi altro paese, negando ospitalità ai membri di tali gruppi, e impedendo loro di reclutare, addestrare o raccogliere fondi; avverte che la mancata repressione di tali gruppi porterà a sanzioni internazionali e all'isolamento dei talebani;

27.  esorta gli Stati membri a preservare e condividere qualsiasi informazione di intelligence ottenuta attraverso la loro presenza in Afghanistan a fini militari e di contrasto, con particolare attenzione ai dati biometrici che sono fondamentali per assistere gli Stati membri e i paesi terzi nell'identificazione di eventuali combattenti stranieri di ritorno nel paese d'origine; sottolinea che la lotta contro il finanziamento del terrorismo è fondamentale per poter creare un ambiente propizio alla sicurezza in Afghanistan; esorta tutti i partner pertinenti a intensificare i loro sforzi intesi a smantellare tutte le reti di finanziamento del terrorismo; sottolinea che l'imminente minaccia terroristica in Afghanistan, quale conseguenza dell'assunzione del controllo da parte dei talebani, deve essere affrontata in via predominante nell'ambito della bussola strategica dell'UE, che delineerà le minacce militari a cui sarà confrontata l'UE e le ambizioni di quest'ultima per i prossimi anni; esorta i servizi di intelligence europei a incrementare la condivisione di analisi delle minacce, che siano regolarmente aggiornate, per rafforzare la condivisione dell'intelligence e la cooperazione istituzionale;

28.  ricorda che la produzione e il commercio di oppio rappresentano un'importante fonte di reddito per i talebani, il cui impatto va ben oltre le frontiere afghane; esprime preoccupazione per il rischio imminente che l'instabilità nel paese aumenti il traffico illecito di stupefacenti, nonché il flusso di armi, il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo;

29.  chiede una registrazione completa e controlli di sicurezza delle persone che vengono evacuate dalla regione e uno scambio di informazioni rafforzato tra le autorità di contrasto degli Stati membri, gli Stati Uniti ed Europol, al fine di prevenire eventuali minacce per la sicurezza derivanti dal terrorismo e dalla criminalità organizzata;

30.  condanna i danni irreparabili provocati ai siti culturali dai talebani e dai soggetti loro affiliati e continua ad avvertire che l'instabilità rischia di portare a un aumento del contrabbando internazionale e di furti di beni del patrimonio culturale che potrebbero essere utilizzati per finanziare una maggiore attività delle organizzazioni terroristiche nella regione; chiede che la digitalizzazione dei beni culturali afghani sia effettuata in Europa per contribuire all'individuazione di beni oggetto di contrabbando e chiede di attuare un divieto temporaneo globale sull'importazione di beni culturali dall'Afghanistan al fine di privare i talebani e i soggetti loro affiliati dei potenziali profitti derivanti dal contrabbando di beni culturali;

Aumentare ulteriormente gli aiuti umanitari

31.  elogia il lavoro svolto dalle organizzazioni internazionali e dalle organizzazioni non governative (ONG) locali e internazionali che offrono servizi, assistenza e soccorso al popolo afghano nonostante i rischi per la sicurezza; invita i talebani a garantire la sicurezza delle organizzazioni della società civile, delle ONG e delle organizzazioni umanitarie locali e internazionali, compreso il loro personale femminile, che è fondamentale per fornire servizi essenziali alle donne e alle ragazze afghane; sottolinea che tali operatrici umanitarie devono poter lavorare liberamente e senza timore di ritorsioni;

32.  chiede che l'assistenza umanitaria sia ulteriormente intensificata e coordinata con le agenzie delle Nazioni Unite e le ONG, compresa la creazione di corridoi umanitari per la fornitura di aiuti alimentari, acqua, servizi igienico-sanitari e medicinali; accoglie con favore la decisione della Commissione di incrementare il sostegno umanitario a favore dell'Afghanistan da oltre 50 milioni di EUR a più di 200 milioni di EUR; accoglie con favore il recente impegno della comunità internazionale di stanziare 1 miliardo di EUR per la popolazione dell'Afghanistan e invita la Commissione a guidare gli sforzi di sensibilizzazione per garantire che le esigenze di sostegno umanitario siano pienamente soddisfatte;

33.  ribadisce che le necessità immediate delle donne e ragazze afghane, in particolare di quelle sfollate, devono avere la priorità nel contesto degli aiuti umanitari; sottolinea che è cruciale ridurre la vulnerabilità alla violenza basata sul genere e garantire l'accesso alle cure mediche e alle forniture igieniche di base;

34.  insiste affinché l'UE continui a fornire sostegno diretto ai politici afghani e agli attivisti della società civile impegnati a favore dei diritti umani e dei valori fondamentali, molti dei quali sono attualmente in esilio, affinché possano continuare a lavorare per preservare i risultati degli ultimi 20 anni e portare avanti le riforme in Afghanistan;

35.  sottolinea che il sostegno finanziario europeo tramite le autorità è subordinato al mantenimento e allo sviluppo dei risultati conseguiti negli ultimi 20 anni, in particolare dei diritti delle donne e delle ragazze; insiste sul fatto che i talebani devono dimostrare rispetto e impegno a salvaguardare queste risultati, cosa che finora non hanno fatto; sottolinea che l'UE dovrebbe far sì che l'assistenza umanitaria ai civili afghani in stato di necessità venga convogliata attraverso le pertinenti organizzazioni internazionali e ONG e dovrebbe insistere affinché i talebani garantiscano un accesso sicuro e senza ostacoli alle ONG locali e internazionali; sottolinea che i talebani non devono ostacolare la fornitura e la consegna degli aiuti umanitari alle persone in stato di bisogno;

36.  invita la Commissione a esaminare tutti i progetti di sviluppo in corso nel paese, al fine di valutare quali di essi possano continuare con i partner locali o con ONG e organizzazioni internazionali senza l'interferenza del regime talebano, ponendo come condizioni la partecipazione delle donne, garanzie di sicurezza per gli operatori degli aiuti allo sviluppo e salvaguardie efficaci contro la corruzione;

L'UE deve sviluppare una risposta a una potenziale crisi migratoria e dei rifugiati

37.  mette in evidenza il diritto fondamentale degli afghani di cercare sicurezza; esorta ad adottare tutte le misure necessarie per riprendere le evacuazioni coordinate dal paese sotto l'egida dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), in particolare attraverso la creazione di corridoi sicuri e la riapertura permanente dell'aeroporto internazionale di Kabul e delle frontiere terrestri dell'Afghanistan; chiede un sostegno specifico alle donne, alle ragazze e alla persone a rischio che vogliono lasciare il paese al fine di garantire rotte sicure;

38.  sottolinea che la maggior parte dei rifugiati afghani cercherà innanzitutto di ottenere protezione nei paesi vicini e che l'UE dovrebbe pertanto fornire un sostegno supplementare a tali paesi ospitanti, preferibilmente attraverso le Nazioni Unite e le sue agenzie, nonché le organizzazioni internazionali sul campo;

39.  ricorda che il sostegno finanziario, logistico e allo sviluppo di capacità per l'accoglienza dei rifugiati e dei migranti afghani nei paesi limitrofi non costituisce un'alternativa a una vera e propria politica europea in materia di asilo e migrazione; ritiene che l'UE debba concludere e attuare con urgenza il suo nuovo patto sulla migrazione e l'asilo per essere in grado di gestire i flussi migratori in modo più efficace e umano;

40.  invita la Commissione e gli Stati membri a garantire uno sforzo europeo coordinato per perseguire una politica di asilo umana in cui l'UE si assuma la sua responsabilità morale nell'accoglienza e nell'integrazione, nel pieno rispetto della Convenzione di Ginevra del 1951; accoglie con favore il forum sul reinsediamento in programma a settembre; sottolinea che tale politica dell'UE dovrebbe comprendere, in via prioritaria, un allargamento del reinsediamento per le persone più a rischio e più vulnerabili, così come ulteriori percorsi complementari, quali i visti umanitari e un programma speciale di visti per le donne afghane che cercano protezione dal regime talebano; esorta gli Stati membri a riesaminare le domande di asilo attuali e recenti, comprese le domande respinte, alla luce dei recenti sviluppi; sottolinea che in nessun caso devono essere effettuati rimpatri forzati in Afghanistan;

41.  invita il Consiglio a utilizzare gli strumenti disponibili, quali la direttiva sulla protezione temporanea(3) e il meccanismo di protezione civile, per massimizzare gli sforzi in tutta l'UE onde garantire un miglior coordinamento tra Stati membri e un accesso immediato alla protezione; ribadisce la sua richiesta alla Commissione di pubblicare una proposta legislativa per i visti umanitari e chiede un'equa condivisione di responsabilità tra gli Stati membri;

42.  chiede una cooperazione e un sostegno rafforzati da parte dei paesi non appartenenti all'UE per lottare contro le reti criminali attive nel traffico di migranti e nella tratta di esseri umani; invita Europol a fornire un'analisi del rischio criminale e una cooperazione rafforzata con i paesi terzi nel più ampio contesto degli sviluppi in Afghanistan;

43.  invita la Commissione a tenere conto della presente risoluzione nella programmazione dello strumento NDICI-Europa globale e nella preparazione dei pertinenti programmi indicativi pluriennali;

Necessità di maggiore cooperazione con i paesi della regione intorno all'Afghanistan, nel rispetto dei diritti umani fondamentali e dello Stato di diritto

44.  riconosce che la situazione attuale in Afghanistan non favorisce la stabilità regionale; sottolinea che il ritiro dell'Occidente dall'Afghanistan ha lasciato un vuoto che sta causando una maggiore instabilità; sottolinea che ora una maggiore responsabilità per la situazione in Afghanistan spetta alle potenze vicine e regionali, che devono impedire qualsiasi diffusione dell'instabilità oltre i confini del paese; ribadisce la necessità che l'UE rafforzi la cooperazione a tale riguardo con i paesi dell'Asia centrale, in particolare l'Uzbekistan, con il quale l'UE sta negoziando un accordo rafforzato di partenariato e di cooperazione, e il Tagikistan; sottolinea che tale cooperazione non dovrebbe compromettere la difesa da parte dell'UE dei valori fondamentali e dello Stato di diritto;

45.  esprime preoccupazione per la sicurezza dei cittadini afghani ad alto rischio e di quelli che attraversano le frontiere terrestri verso paesi vicini, in particolare il Pakistan; si rammarica per la mancanza di coordinamento al riguardo da parte della comunità internazionale ed esorta gli Stati membri a sfruttare tutti i possibili strumenti e leve diplomatici per garantire l'accesso alle frontiere terrestri, il passaggio sicuro e l'accesso alle strutture diplomatiche; sottolinea l'essenziale ruolo di coordinamento delle delegazioni dell'UE nei paesi vicini nel fornire sostegno pratico in tal senso;

46.  ricorda che per molti anni il Pakistan ha fornito rifugi sicuri ai membri dei talebani, nonché assistenza alle loro forze di sicurezza; incarica il SEAE di trasmettere alla leadership pakistana il messaggio che essa ha la responsabilità della sicurezza e della stabilità in Afghanistan e che deve usare la sua influenza sui talebani per raggiungere questi obiettivi, e di verificare se vi sia motivo di riesaminare immediatamente l'ammissibilità del Pakistan allo status SPG+ e ai benefici che ne derivano alla luce degli eventi in corso;

47.  invita la Commissione e gli Stati membri a fornire all'Afghanistan e ai paesi limitrofi un supporto immediato per lo sviluppo della capacità di asilo, con l'assistenza dell'agenzia europea di sostegno per l'asilo, e aiuti umanitari per i più vulnerabili, al fine di stabilizzare la regione e di prevenire un'altra crisi migratoria;

48.  invita la Commissione e gli Stati membri a rafforzare immediatamente il sostegno ai paesi confinanti con l'Afghanistan che stanno accogliendo un elevato numero di migranti e rifugiati, al fine di garantire che le persone che necessitano di protezione ricevano un'accoglienza sicura e godano di condizioni di vita sostenibili;

Un campanello d'allarme per l'Unione europea – riforme necessarie

49.  è consapevole del fatto che il ritiro delle forze statunitensi e internazionali dall'Afghanistan è una manifestazione del fallimento collettivo della politica e della strategia estera e di sicurezza occidentale, che potrà avere conseguenze negative a lungo termine; ritiene che, a breve termine, ciò pregiudicherà la credibilità dell'Occidente, creerà una crisi di fiducia e imporrà la necessità di trarre seri insegnamenti da questa esperienza per il futuro, in particolare quando si tratterà di decidere la natura e il mandato degli interventi militari;

50.  esprime profonda frustrazione e preoccupazione per l'inefficacia degli Stati Uniti, della NATO, del SEAE e delle istituzioni dell'Unione europea nel suo complesso per un periodo di vent'anni nel mantenere e finanziare il governo Ghani, in realtà corrotto ed estraneo al popolo, nonché le forze armate che si sono dimostrate inefficaci; esprime preoccupazione per il fatto che il nostro fallimento collettivo in Afghanistan significa un vantaggio strategico per le potenze non occidentali e i paesi vicini, segnatamente il Pakistan, per la Cina e, in misura minore, per la Russia, in assenza di un loro sostegno significativo e di un coinvolgimento nello sviluppo dell'Afghanistan; ricorda che le autorità afghane sono state coinvolte in lotte politiche interne e corruzione sistematica e non sono state in grado di superare una governance debole;

51.  sottolinea l'importanza del buon governo, dello Stato di diritto e della lotta alla corruzione, riguardo ai quali non sono stati compiuti in Afghanistan progressi sufficienti nel contesto della guerra al terrore nel paese; ritiene che, affinché il processo di costruzione dello Stato abbia successo e l'agenda internazionale dell'UE in materia di diritti umani sia realizzata, l'Unione debba perseguire un approccio che integri le politiche estera, umanitaria, di sviluppo, dei diritti umani, della sicurezza, della parità di genere e commerciale; esorta il Consiglio, il SEAE e la Commissione a elaborare e presentare quanto prima al Parlamento una strategia globale basata sulle esperienze per quanto riguarda l'Afghanistan e i paesi della regione circostante;

52.  ritiene che tale crisi dimostri che l'UE deve rafforzare in modo significativo la sua capacità di agire autonomamente e potenziare quindi la cooperazione dell'UE in materia di difesa costruendo un'autentica Unione europea della difesa, il che dovrebbe andare di pari passo con il rafforzamento del pilastro europeo della NATO; ritiene che l'UE debba investire in consapevolezza militare, sorveglianza e ricognizione, intelligence e trasporto aereo strategico; ricorda che l'incapacità delle forze europee di mettere in sicurezza un aeroporto internazionale come quello di Kabul senza il supporto degli Stati Uniti è un chiaro esempio del volume di investimenti che sarà necessario; accoglie con favore le recenti riflessioni dell'alto rappresentante al riguardo e ribadisce il suo sostegno a un dialogo fondamentale e globale tra le istituzioni dell'UE, gli Stati membri dell'UE, i parlamenti nazionali, i partner europei e la società civile sulla via da seguire;

53.  ritiene che le questioni relative agli affari esteri dell'UE dovrebbero essere decise mediante ricorso esteso alla maggioranza qualificata conformemente ai trattati dell'UE;

54.  invita il SEAE a rafforzare la rappresentanza diplomatica dell'UE in Asia centrale, in particolare in Tagikistan, per essere in grado di ricevere informazioni dirette sugli sviluppi sul campo; insiste affinché la situazione in Afghanistan, in particolare per quanto riguarda le donne e le ragazze, i gruppi etnici, religiosi e altri gruppi vulnerabili, continui a essere esaminata e valutata nelle prossime settimane e nei prossimi mesi;

55.  riconosce l'importanza di una stretta cooperazione con gli Stati Uniti che sia incentrata sulla risposta alle molteplici sfide e fornisca supporto umanitario alla popolazione afghana, tenendo conto nel contempo degli insegnamenti tratti in Afghanistan; esprime apprezzamento nei confronti delle forze militari statunitensi per il loro sostegno all'evacuazione dall'aeroporto internazionale di Kabul ed esprime il più profondo cordoglio alle famiglie dei militari che hanno perso la vita nel processo;

56.  invita l'UE e gli Stati membri a garantire una protezione efficace delle frontiere esterne dell'UE nel pieno rispetto del diritto dell'UE e dei diritti fondamentali, al fine di preparare meglio i movimenti migratori dalla regione e gli ingressi non autorizzati nell'UE;

o
o   o

57.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, all'inviato speciale dell'UE per l'Afghanistan, ai parlamenti nazionali degli Stati membri e al Congresso statunitense.

(1) GU L 67 del 14.3.2017, pag. 3.
(2) Regolamento (UE) n. 978/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, relativo all'applicazione di un sistema di preferenze tariffarie generalizzate (GU L 303 del 31.10.2012, pag. 1).
(3) Direttiva 2001/55/CE del Consiglio, del 20 luglio 2001, sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell'equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell'accoglienza degli stessi (GU L 212 del 7.8.2001, pag. 12).


Situazione in Libano
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Risoluzione del Parlamento europeo del 16 settembre 2021 sulla situazione in Libano (2021/2878(RSP))
P9_TA(2021)0394RC-B9-0465/2021

Il Parlamento europeo,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sul Libano, in particolare quella del 22 maggio 2008 sulla situazione in Libano(1),

–  viste le precedenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, in particolare le risoluzioni 1559 (2004), 1701 (2006), 2539 (2020) e 2591 (2021),

–  visto l'accordo euromediterraneo che istituisce un'associazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica libanese, dall'altra(2),

–  vista la decisione 2007/860/CE del Consiglio del 10 dicembre 2007 relativa alla concessione di un'assistenza macrofinanziaria al Libano(3),

–  vista la relazione finale della missione di osservazione elettorale dell'Unione europea in Libano del 2018,

–  visti gli impegni concordati nel quadro delle priorità del partenariato UE-Libano nel novembre 2016, della conferenza CEDRE il 6 aprile 2018, del programma di riforma, ripresa e ricostruzione (3RF) per il Libano nel dicembre 2020 e delle riunioni del Gruppo di sostegno internazionale per il Libano dell'11 dicembre 2019, del 23 settembre 2020 e del 19 maggio 2021,

–  vista la dichiarazione rilasciata il 5 agosto 2020 dal Commissario per la Gestione delle crisi Janez Lenarčič sull'esplosione a Beirut,

–  viste la Conferenza internazionale sull'assistenza e sul sostegno a Beirut e al popolo libanese del 9 agosto 2020 e la Conferenza a sostegno del popolo libanese del 2 dicembre 2020, organizzate dalla Francia e dalle Nazioni Unite,

–  vista la dichiarazione congiunta rilasciata il 23 settembre 2020 dal gruppo di sostegno internazionale per il Libano,

–  vista la dichiarazione del 28 settembre 2020 dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza a nome dell'UE sulle dimissioni presentate dal Primo ministro designato del Libano,

–  vista la relazione sul programma di riforma, ripresa e ricostruzione per il Libano (3RF), adottata dall'UE, dalle Nazioni Unite e dalla Banca mondiale nel dicembre 2020,

–  viste le conclusioni del Consiglio del 7 dicembre 2020 sul Libano,

–  viste la relazione economica sul Libano della Banca mondiale (Lebanon Economic Monitor) del 1° giugno 2021 e la valutazione rapida dei danni e dei bisogni di Beirut elaborata dal Gruppo della Banca mondiale in collaborazione con l'Unione europea e le Nazioni Unite,

–  viste le dichiarazioni e le osservazioni rese il 19 giugno 2021 dal vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR) Josep Borrell nel corso della sua visita al paese,

–  vista la dichiarazione rilasciata il 16 luglio 2021 dal VP/AR Josep Borrell sulle dimissioni del primo ministro designato Saad Hariri,

–  visto l'invito rivolto il 16 luglio 2021 dagli onn. David McAllister, presidente della commissione per gli affari esteri, e Isabel Santos, presidente della delegazione per le relazioni con i paesi del Mashreq, ai leader politici libanesi al fine di risolvere lo stallo venutosi a creare a seguito delle dimissioni del primo ministro designato,

–  visto il comunicato stampa dell'UNICEF, del 23 luglio 2021, dal titolo "Libano, l'UNICEF mette in guardia: il sistema idrico pubblico sull'orlo del collasso",

–  vista la dichiarazione del portavoce del servizio europeo per l'azione esterna (SEAE), del 26 luglio 2021, sul processo di formazione del governo,

–  vista la dichiarazione in data 28 luglio 2021 dei copresidenti della seconda riunione del gruppo consultivo del 3RF,

–  vista la decisione (PESC) 2021/1277 del Consiglio, del 30 luglio 2021, concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Libano(4),

–  vista la dichiarazione resa il 3 agosto 2021 dal VP/AR Josep Borrell in occasione del primo anniversario dell'esplosione al porto di Beirut,

–  viste la Conferenza a sostegno del popolo libanese tenutasi il 4 agosto 2021 in videoconferenza e la dichiarazione resa dal VP/AR Borrell nel corso della Conferenza,

–  vista la lettera del Segretario generale delle Nazioni Unite al Presidente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, datata 4 agosto 2021, sulla proroga del mandato della Forza interinale delle Nazioni Unite nel Libano (UNIFIL),

–  vista la dichiarazione rilasciata dal Presidente del Consiglio europeo il 4 agosto 2021 in occasione della terza conferenza internazionale a sostegno del popolo libanese, tenutasi su invito congiunto del Segretario generale delle Nazioni Unite e del Presidente della Repubblica francese,

–  vista la dichiarazione del 7 agosto 2021 con cui il portavoce del SEAE ha condannato il lancio di razzi dal Libano meridionale,

–  vista la dichiarazione del Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, in data 26 agosto 2021 sul deterioramento della situazione socio-economica in Libano,

–  viste la decisione n. 1/2016 del consiglio di associazione UE-Libano, dell'11 novembre 2016, recante accordo in merito alle priorità del partenariato UE-Libano e la proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione che dovrà essere assunta a nome dell'Unione europea nel consiglio di associazione istituito dall'accordo euromediterraneo che istituisce un'associazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica libanese, dall'altra, in merito alla proroga delle priorità del partenariato UE-Libano finché non saranno adottati dall'UE e dal Libano nuovi documenti congiunti aggiornati (COM(2021)0406),

–  visti gli incidenti verificatisi nell'agosto e nel settembre 2019, il 14 aprile 2020 e il 17 aprile 2020, il 27 luglio 2020, nel maggio 2021, il 20 luglio 2021 e tra il 4 e il 6 agosto 2021, avvenuti lungo la linea blu,

–  vista la comunicazione congiunta del 9 febbraio 2021, dal titolo "Partenariato rinnovato con il vicinato meridionale – Una nuova agenda per il Mediterraneo" (JOIN(2021)0002),

–  vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948,

–  visto l'articolo 132, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,

A.  considerando che la situazione attuale in Libano è estremamente allarmante ed è fonte di profonda preoccupazione in ragione della crisi politica, economica, sociale, finanziaria e sanitaria, nonché dello stato di paralisi istituzionale; che il Libano è un partner stretto e importante dell'Unione europea; che questo partenariato si basa su interessi comuni, legami storici e culturali di lunga data, un dialogo politico e sociale regolare e contatti interpersonali di ampia portata;

B.  considerando che il Libano vanta una società civile dinamica con numerosi attivisti, leader delle comunità, accademici, artisti e gruppi giovanili che si mobilitano e chiedono riforme urgenti;

C.  considerando che la situazione in Libano era critica e ha provocato una crisi finanziaria alla fine del 2019; che il 17 ottobre 2019 si sono già tenute proteste di massa, anche note come la rivoluzione di ottobre del Libano, per chiedere diritti sociali ed economici, l'assunzione di responsabilità, la fine della corruzione e le dimissioni di tutti i rappresentanti politici; che il 29 ottobre 2019 l'ex primo ministro libanese Saad Hariri ha annunciato le dimissioni del governo;

D.  considerando che il 4 agosto 2020 una devastante esplosione di un'ingente quantità di nitrato di ammonio stoccata presso il porto di Beirut ha causato oltre 200 morti, ferendo oltre 6 500 persone e danneggiando più di 74 000 abitazioni, con un impatto diretto su 300 000 persone; che, in seguito a ciò, l'ex primo ministro Hassan Diab ha rassegnato le dimissioni; che un anno dopo l'esplosione l'indagine sulle relative cause non è ancora stata conclusa (soprattutto a causa della corruzione) e che i responsabili non sono stati identificati né chiamati a rispondere; che una relazione di Human Rights Watch pubblicata il 3 agosto 2021 ha portato alla luce prove che dimostrano il coinvolgimento di funzionari nell'esplosione; che il 4 agosto 2021 è avvenuta un'altra protesta di massa nelle strade di Beirut per chiedere un'assunzione di responsabilità per l'esplosione del porto; che documenti ufficiali trapelati mostrano che le autorità doganali, militari e di sicurezza libanesi, nonché la magistratura, avevano messo in guardia i governi successivi in merito alla pericolosa scorta di sostanze chimiche esplosive presso il porto di Beirut in almeno 10 occasioni nell'arco di sei anni, ma che non era stata intrapresa alcuna azione; che esponenti politici libanesi di primo piano hanno ostacolato le indagini locali sulla successiva esplosione e che le autorità hanno destituito il primo giudice istruttore dopo che questi aveva convocato personalità politiche per interrogarle e hanno respinto le richieste del secondo giudice istruttore di revocare l'immunità di deputati sospettati e di interrogare membri di alto grado delle forze di sicurezza;

E.  considerando che la corruzione è una delle principali sfide che frenano lo sviluppo e la prosperità del Libano e che esacerbano l'alienazione e la sfiducia nei confronti del sistema politico; che la corruzione è diffusa e permea tutti i livelli della società, come si evince dai risultati delle prestazioni globali e medie del paese nella maggior parte dei settori di governance; che l'Istituzione nazionale anticorruzione non è ancora operativa perché è in attesa della nomina dei suoi commissari;

F.  considerando che il 10 settembre 2021, dopo tre primi ministri designati (Mustapha Adib, Saad Hàùùariri e Najib Mikati), il Libano ha finalmente formato un governo; che il nuovo governo dovrà predisporre con urgenza il necessario pacchetto di riforme politiche sostanziali affinché il Libano possa combattere la corruzione e preservare la propria stabilità, unità, sovranità, indipendenza politica e integrità territoriale;

G.  considerando che le elezioni comunali, parlamentari e presidenziali in Libano sono previste per maggio e ottobre 2022; che è fondamentale che tutti i leader politici rispettino il calendario elettorale del 2022 e garantiscano elezioni inclusive, trasparenti ed eque, con un accesso paritario alla campagna elettorale e un accesso al voto garantito per tutti i cittadini libanesi, compresi quelli che risiedono fuori dal paese, come la legge elettorale più recente adottata nel 2017 permette loro e come stabilito dalla Costituzione libanese; che la commissione di sorveglianza delle elezioni non dispone dei mezzi necessari per assolvere al proprio mandato, il che desta preoccupazioni per quanto riguarda la trasparenza e l'equità della campagna elettorale e delle elezioni previste per il prossimo anno;

H.  considerando che, immediatamente dopo l'enorme esplosione, l'UE ha condotto, unitamente alla Banca mondiale e alle Nazioni Unite, una valutazione rapida dei danni e dei bisogni per effettuare una stima dell'impatto sulla popolazione, sulle attività materiali, sulle infrastrutture e sulla fornitura di servizi; che la valutazione ha individuato tra i 3,8 e i 4,6 miliardi di USD di danni, principalmente nei settori degli alloggi e della cultura, tra i 2,9 e i 3,5 miliardi di USD in perdite, perlopiù nel settore degli alloggi, seguito dai trasporti e dalla cultura, e tra 1,8 e 2 miliardi di USD in esigenze di ripresa e ricostruzione prioritarie, dove il settore dei trasporti risulta il maggiormente interessato, seguito dalla cultura e dal settore degli alloggi; che il principale risultato raggiunto è stata l'istituzione del programma di riforma, ripresa e ricostruzione (3RF), cogestito dal governo del Libano; che non sono stati compiuti progressi in relazione alle riforme nell'ambito del 3RF a causa di mesi di stallo nella formazione del governo; che nel maggio 2021 il principale produttore di energia elettrica del Libano, Electricité du Liban (Energia elettrica del Libano), ha annunciato che non disponeva più del denaro necessario per l'acquisto di carburante; che il Libano si sta rivolgendo a diversi paesi per far fronte al suo fabbisogno energetico immediato;

I.  considerando che, nonostante la sospensione della legge sul segreto bancario, non ci sono stati progressi nell'audit forense della Banca centrale; che, a seguito delle segnalazioni di un'indagine svizzera su operazioni che avrebbero coinvolto il governatore della Banca centrale, Riad Salameh, e suo fratello, la Procura libanese ha avviato un'indagine e i procuratori francesi hanno avviato un'indagine preliminare sulle accuse di riciclaggio di denaro riguardanti Salameh; che il governatore della Banca centrale nega ogni addebito;

J.  considerando che l'UE ha assunto l'impegno di garantire la stabilità e l'unità del paese mediante l'assistenza economica; che l'UE ha fornito un notevole livello di assistenza per far fronte alle conseguenze e alle esigenze immediate a seguito dell'esplosione; che ha mobilitato 33 milioni di EUR a titolo emergenziale e oltre 250 soccorritori provenienti dagli Stati membri dell'UE; che, solo nel 2021, l'UE ha fornito al Libano 55,5 milioni di EUR in aiuti umanitari; che nell'estate del 2021 sono stati sbloccati altri 5,5 milioni di EUR per rafforzare la risposta del Libano alla COVID-19; che, dal 2011, l'UE e i suoi Stati membri hanno mobilitato 24 miliardi di EUR;

K.  considerando che la pandemia di COVID-19 ha esacerbato la già esistente e generalizzata crisi in Libano, dove è presente una corruzione dilagante a tutti i livelli della società; che sono stati fortemente colpiti sia i gruppi vulnerabili che quelli non vulnerabili; che dall'inizio della pandemia sono stati registrati in Libano più di 610 000 casi di COVID-19 e 8 150 decessi; che i quartieri più colpiti dalla devastazione causata dall'esplosione sono stati i quartieri di Gemmayze Ashrafiedh, Mar Mikhael e Rmeil Medawar e che l'attuale mancanza di alternative per coloro la cui abitazione è stata distrutta potrebbe incidere sulla struttura, sul tessuto e sulla coesione sociali storici del Libano;

L.  considerando che la decisione del Consiglio del 30 luglio 2021 ha istituito un quadro per sanzioni mirate nei confronti di persone e soggetti responsabili di aver compromesso la democrazia o lo Stato di diritto in Libano; che tali sanzioni comprendono il divieto di ingresso sul territorio dell'UE e il congelamento dei beni per coloro che ostacolino sistematicamente la formazione di un governo o compromettano gravemente lo svolgimento di elezioni, ostacolino o compromettano l'attuazione dei piani approvati dalle autorità libanesi e sostenuti dall'UE per migliorare la responsabilità e la buona governance, anche nei settori bancario e finanziario, o per gravi illeciti finanziari riguardanti i fondi pubblici, per atti contemplati dalla convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione o per l'esportazione non autorizzata di capitali;

M.  considerando che la Commissione economica e sociale delle Nazioni Unite per l'Asia occidentale ha rilevato che, tra il 2019 e il 2020, il tasso di povertà era già schizzato dal 28 al 55 %; che il tasso di povertà multidimensionale in Libano è quasi raddoppiato, passando dal 42 % nel 2019 all'82 % nel 2021, e che oggi il 34 % della popolazione è affetto da povertà multidimensionale estrema; che il tasso di disoccupazione è salito a oltre il 40 % della forza lavoro e che una quota crescente di famiglie ha difficoltà ad accedere a servizi di base come cibo, acqua e assistenza sanitaria; che, nella sua relazione "Lebanon Economic Monitor", del giugno 2021, la Banca mondiale ha constatato che il Libano sta attraversando una depressione economica grave e prolungata, che probabilmente sarà classificata tra i più gravi episodi di crisi a livello mondiale dalla metà del XIX secolo;

N.  considerando che la guerra nella vicina Siria ha costretto molte persone a fuggire in Libano, il quale si stima che avrebbe accolto 1,5 milioni di rifugiati siriani, in aggiunta ai circa 15 800 rifugiati etiopi, iracheni, sudanesi e di altra nazionalità registrati presso l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e ai circa 207 700 rifugiati palestinesi; che, secondo il Programma alimentare mondiale, nel 2021 il 22 % dei cittadini libanesi, il 50% dei rifugiati provenienti dalla Siria e il 33 % dei rifugiati di altre nazionalità si trovano in condizioni alimentari precarie; che il Libano è uno dei due paesi del Medio Oriente che accoglie un gran numero di lavoratori domestici migranti sottoposti al regime della kafala; che dal 2011 l'UE ha contribuito con 2,4 miliardi di EUR per aiutare i rifugiati siriani e palestinesi, attraverso vari strumenti quali il Fondo fiduciario regionale dell'UE in risposta alla crisi siriana e lo strumento europeo di vicinato (ENI);

O.  considerando che nell'aprile 2020 il governo libanese ha approvato un piano economico e ha richiesto un programma dell'FMI sulla base delle riforme necessarie; che sono ancora in corso colloqui con l'FMI; che, secondo l'FMI, il Libano ha urgente necessità di avviare riforme globali per ristabilire le finanze pubbliche, ristrutturare il debito pubblico, ripristinare il sistema bancario, espandere la rete di sicurezza sociale, riformare le imprese di proprietà dello Stato e migliorare la governance; che l'FMI ha stanziato 860 milioni di USD di diritti speciali di prelievo per rimpinguare le riserve esaurite del paese e contribuire alle numerose necessità urgenti; che la commissione finanziaria del Parlamento libanese ha respinto il piano di bail-in del governo che avrebbe consentito di preservare i risparmi del 98 % della popolazione garantendo gli attivi dei conti bancari con risparmi inferiori a 500 000 USD; che, di fronte alle critiche mosse dai deputati al piano di risanamento, il Fondo monetario internazionale (FMI) ha pubblicato tre dichiarazioni a sostegno del piano proposto dal governo; che i deputati che hanno respinto il piano di risanamento hanno un interesse personale nel difendere gli interessi delle banche libanesi, visti i loro rapporti in qualità di azionisti o con gli azionisti di tali banche;

P.  considerando che l'articolo 534 del codice penale libanese è ancora utilizzato per perseguire e arrestare le persone LGBTI; che in alcune zone del paese gli uomini sospettati di intrattenere relazioni omosessuali sono abitualmente arrestati e sottoposti a trattamenti degradanti presso le stazioni di polizia;

Q.  considerando che il 30 giugno 2021 il parlamento libanese ha approvato una legge relativa a un prestito straordinario di 556 milioni di USD, teso a finanziare un sistema di tessere di razionamento che fornirà assistenza in denaro alle famiglie più vulnerabili, sostituendo l'attuale sistema di sussidi; che l'attuazione del sistema di tessere di razionamento deve rispettare il principio di non discriminazione;

R.  considerando che l'accordo euromediterraneo si basa sul rispetto dei principi democratici e dei diritti umani fondamentali, come sancito nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, che costituisce un elemento essenziale dell'accordo;

S.  considerando che l'ultima risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, la risoluzione 2591 (2021), adottata all'unanimità il 30 agosto 2021, proroga per un altro anno il mandato dell'UNIFIL e richiama all'attenzione la necessità di un cessate il fuoco permanente in linea con i principi e gli elementi indicati nella risoluzione 1701 (2006);

T.  considerando che la neutralità del Libano è fondamentale ai fini della sua futura stabilità; che un Libano stabile, pienamente sovrano, unito e democratico è di fondamentale importanza per la stabilità, la sicurezza e lo sviluppo pacifico dell'intero Medio Oriente; che è imperativo che il nuovo governo e i suoi ministri raggiungano l'indipendenza politica e resistano a qualsivoglia ingerenza di paesi vicini o lontani; che le ingerenze esterne pregiudicano lo sviluppo e la stabilità del Libano; che Hezbollah controlla tuttora i ministeri chiave del governo libanese; che diversi Stati membri dell'UE hanno inserito Hezbollah nell'elenco delle organizzazioni terroristiche; che Hezbollah ha ripetutamente dimostrato la sua forte lealtà ideologica nei confronti dell'Iran, il che destabilizza il governo libanese e compromette la coesione di cui necessita fortemente;

1.  ritiene che l'attuale situazione del Libano sia una catastrofe di origine umana provocata da un gruppo ristretto di uomini della classe politica al potere; prende atto della recente formazione di un governo dopo 13 mesi di stallo politico; si rammarica del fatto che il nuovo governo includa una sola donna; esorta a gran voce i leader libanesi a mantenere le loro promesse e a rappresentare un governo funzionale orientato alla missione, credibile e che si assuma le sue responsabilità, che lasci da parte le divisioni parlamentari e che sia scevro da influenze straniere; ritiene che l'obbligo dell'assunzione di responsabilità, il rispetto di elezioni libere ed eque e la fornitura di servizi pubblici di base debbano prevalere su qualsiasi considerazione personale all'interno della classe politica libanese; rammenta che le elezioni del maggio 2022 non devono essere rinviate in nessun caso, alla luce della situazione di stallo politico e della crescente disfunzione delle istituzioni statali, e devono svolgersi nel rispetto delle norme democratiche internazionali di libertà, equità e trasparenza;

2.  invita le autorità libanesi a chiedere che il VP/AR invii una missione di osservazione elettorale o, se lo ritiene necessario, una missione di esperti elettorali, diversi mesi prima delle elezioni; chiede che il nuovo governo libanese attui pienamente le raccomandazioni formulate dalla missione di osservazione elettorale dell'UE nel 2018; esorta la Commissione e gli Stati membri a prestare tutta l'assistenza tecnica e finanziaria necessaria per consentire lo svolgimento delle elezioni nelle migliori condizioni possibili e a impegnarsi per garantire l'equità e la trasparenza dell'intero processo; esorta il nuovo governo libanese a dotare la commissione di sorveglianza delle elezioni di tutti i fondi, il personale e gli strumenti necessari per adempiere pienamente al proprio mandato; chiede l'istituzione di una task force umanitaria internazionale sotto l'egida delle Nazioni Unite al fine di sostenere l'attuazione dell'assistenza umanitaria e di controllare l'uso dei fondi; rammenta che le Nazioni Unite hanno sviluppato un quadro teso a sostenere le donne in qualità di candidate ed elettrici e a promuovere in tal modo una maggiore partecipazione delle donne al processo politico e chiede che tale quadro sia pienamente integrato nei piani di riforma elettorale;

3.  invita l'UE a offrire al Libano la presenza di una missione globale di consulenza amministrativa dell'UE al fine di far fronte all'urgente necessità di contrastare l'accelerazione della crisi della pubblica amministrazione e dei servizi di base; esorta il nuovo governo ad attuare rapidamente le riforme essenziali sul piano economico e della governance che garantiranno la ripresa politica ed economica, in particolare una regolamentazione credibile dei settori economici chiave come il settore dell'elettricità;

4.  rammenta che un'indagine trasparente, indipendente, neutrale ed efficace riguardo all'esplosione avvenuta nel porto di Beirut è una priorità e deve essere garantita; esorta le autorità libanesi a rispettare le procedure giudiziarie e l'indipendenza del potere giudiziario e a sostenere ogni sforzo inteso a permettere che i responsabili delle decisioni che hanno causato l'esplosione al porto di Beirut siano oggetto di indagini adeguate e siano chiamati a rispondere; chiede una missione internazionale indipendente di accertamento dei fatti in Libano per indagare sull'esplosione avvenuta a Beirut nel quadro delle Nazioni Unite; insiste sul fatto che i responsabili diretti o indiretti devono essere chiamati a rispondere delle vittime e dei danni arrecati al popolo libanese;

5.  invita la Commissione e gli Stati membri a stanziare ulteriori aiuti umanitari, alla luce delle condizioni disastrose sul campo, in particolare aiuti alimentari e materiale ospedaliero e farmaceutico, e a fornire risorse energetiche alternative, compresi pannelli solari a tutti gli istituti scolastici e gli ospedali, attraverso organismi diversi dagli enti pubblici quali organizzazioni non governative notoriamente conosciute, organizzazioni della società civile e organizzazioni di ispirazione religiosa in Libano in grado di realizzare le riforme; insiste sulla necessità di includere le organizzazioni locali della società civile nella progettazione, nella pianificazione, nel coordinamento, nell'attuazione e nella valutazione dei programmi di aiuto per il Libano; invita la Commissione a trovare meccanismi che applichino in modo strategico e flessibile criteri che consentano alle organizzazioni un accesso rapido ai fondi al fine di rispondere alle necessità immediate, sempre nel rispetto del consenso europeo sull'aiuto umanitario e del diritto internazionale umanitario; sottolinea la necessità di un rigoroso monitoraggio degli aiuti dell'UE al fine di garantire che siano trasferiti direttamente a coloro che ne hanno bisogno; deplora fermamente il livello estremamente elevato di cattiva gestione e la mancanza di controllo finanziario sui fondi erogati in passato;

6.  invita la Commissione e gli Stati membri dell'UE a collaborare in modo costruttivo con il nuovo governo libanese al fine di realizzare le riforme strutturali e settoriali necessarie per prestare un'assistenza macrofinanziaria dell'UE significativa e rafforzare le nostre relazioni commerciali, a condizione che si compiano progressi tangibili nell'attuazione delle riforme necessarie previste dal 3RF;

7.  invita le autorità libanesi a riprendere quanto prima i colloqui con l'FMI affinché le riforme siano tangibili per le persone chi si trovano in difficoltà in Libano; esorta le autorità libanesi ad attuare gli impegni precedentemente assunti nel contesto della Conferenza economica per lo sviluppo attraverso riforme con il settore privato (CEDRE) dell'aprile 2018, con l'appoggio del gruppo internazionale di sostegno per il Libano, e come concordato da tutti i leader politici del Libano, che comportano riforme economiche e di governance significative e profonde, tra cui il ripristino della stabilità economica e della credibilità del settore finanziario, la garanzia dell'indipendenza del sistema giudiziario, il rispetto dei diritti umani e dello Stato di diritto come pure la lotta alla corruzione; invita le autorità libanesi a prestare sostegno alle comunità più vulnerabili in Libano, anche attraverso reti di sicurezza sociale; invita le autorità libanesi ad approvare il bilancio 2021 e a preparare il bilancio 2022 prevedendo in particolare un solido programma per la protezione sociale, con l'attuazione del programma relativo alla rete di sicurezza sociale d'emergenza e del programma nazionale di lotta alla povertà; esorta le autorità libanesi a prevedere una linea di bilancio sufficiente per le elezioni del 2022;

8.  sottolinea che, a causa della repressione generalizzata del regime di Assad contro la rivolta popolare siriana del 2011, il Libano ha ospitato la più alta percentuale di rifugiati siriani al mondo; sottolinea la particolare responsabilità del regime siriano nel perdurare di questa drammatica situazione umanitaria; ricorda che, al fine di pervenire a soluzioni durature per gli sfollati, sono fondamentali finanziamenti e programmazione sufficienti a lungo termine per sostenere gli sfollati interni e i rifugiati oltre il ciclo del programma umanitario; ricorda la vulnerabilità dei rifugiati siriani e palestinesi in Libano e sottolinea la necessità di fornire finanziamenti adeguati, prevedibili e a più livelli all'Agenzia delle Nazioni Unite di soccorso e lavori per i rifugiati palestinesi del Vicino Oriente (UNRWA) e ad altri attori che lavorano con i rifugiati, al fine di garantire una completa prestazione di servizi essenziali alle comunità di rifugiati nel paese; sottolinea la necessità di rafforzare la cooperazione e il dialogo con le ONG e altri prestatori di servizi che assistono i rifugiati nel paese;

9.  esorta il nuovo governo e il nuovo presidente libanesi ad adottare tutte le misure necessarie per smantellare le pratiche di corruzione, compresi i trasferimenti di capitali pubblici e l'evasione fiscale, a garantire la piena indipendenza dei futuri membri dell'istituzione nazionale anticorruzione e a chiedere il sostegno tecnico della comunità internazionale attraverso i meccanismi delle Nazioni Unite e la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, al fine di garantire la trasparenza e la piena assunzione di responsabilità nei confronti del popolo libanese; ricorda che l'UE, la Banca mondiale e le Nazioni Unite hanno chiesto l'istituzione di un sistema giudiziario indipendente e trasparente, l'adozione di una legge moderna in materia di appalti pubblici e l'adozione di una strategia anticorruzione, e denuncia la mancanza di azione da parte dei successivi governi libanesi negli ultimi anni;

10.  sottolinea la particolare responsabilità di Hezbollah e di altre fazioni nel reprimere il movimento popolare libanese del 2019 e nella crisi politica ed economica del Libano; invita tutte le potenze esterne a non intromettersi negli affari interni del Libano e chiede che la sovranità e l'indipendenza politica del paese siano rispettate; esorta tutte le fazioni politiche del governo a porre fine al settarismo e ad attuare riforme vitali per tutti coloro che vivono in Libano, senza discriminazioni religiose o etniche;

11.  esprime profonda preoccupazione per la persistente mancanza di progressi verso un cessate il fuoco permanente e l'attuazione di altre disposizioni chiave della risoluzione 1701 (2006) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, alla luce delle recenti e perduranti tensioni lungo il confine meridionale del Libano; ribadisce il suo fermo sostegno a favore dell'integrità territoriale, della sovranità e dell'indipendenza politica del Libano, in linea con la recente risoluzione 2591 (2021) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite; ricorda la posizione dell'UE secondo cui occorre rispettare pienamente le pertinenti risoluzioni 1559 (2005) e 1701 (2006) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite;

12.  invita la comunità internazionale a fornire il sostegno finanziario necessario per consentire alle forze armate e alle forze di sicurezza interne libanesi di svolgere il loro ruolo essenziale nel prevenire un ulteriore crollo delle istituzioni statali, nell'assicurare gli aiuti umanitari e nel garantire la stabilità, rispettando nel contempo il diritto di protesta e alla libertà di espressione; ribadisce che la responsabilità dei funzionari pubblici è essenziale e condanna qualsiasi violenza contro i manifestanti;

13.  chiede che il SEAE, in collaborazione con gli Stati membri, proponga un elenco di autorità responsabili in Libano; invoca il ricorso a sanzioni mirate nel quadro adottato dal Consiglio il 30 luglio 2021 nei confronti di tutte le persone o entità che soddisfano i criteri di tale quadro; sottolinea che l'introduzione di sanzioni mirate per l'atto di ostacolare o pregiudicare il processo politico democratico rimane un'opzione che potrebbe essere attivata qualora gli attori responsabili in Libano dovessero continuare a fare ostruzionismo nei confronti delle riforme e della lotta alla corruzione; invita tutti gli Stati membri dell'UE, senza eccezioni, a cooperare pienamente, rafforzandole, con le nuove sanzioni mirate dell'UE nei confronti dei leader corrotti e dei responsabili degli attacchi alla democrazia e allo Stato di diritto e dei loro affiliati in Libano; esorta il SEAE e il Consiglio a stanziare urgentemente risorse sufficienti per sviluppare efficacemente il nuovo meccanismo; invita gli Stati membri dell'UE e i loro partner, quali il Regno Unito e la Svizzera, a cooperare nella lotta contro la presunta appropriazione indebita di denaro pubblico da parte di una serie di funzionari libanesi; suggerisce agli Stati membri di avviare procedimenti giudiziari nelle loro giurisdizioni nazionali contro i proprietari di capitali acquisiti in modo illecito e detenuti nei loro territori e di promuovere sforzi in vista della restituzione dei fondi illegali alla popolazione libanese;

14.  ricorda che l'accordo di associazione tra l'UE e la Repubblica libanese prevede un dialogo politico tra il Parlamento e il parlamento libanese sulla base dell'instaurazione di una cooperazione politica tra le due istituzioni, che può fungere da quadro aggiuntivo, se richiesto dalle autorità libanesi, per sostenere il governo di recente formazione e superare la stagnazione istituzionale;

15.  ricorda il proprio forte sostegno nei confronti di tutti i difensori dei diritti umani in Libano e del loro lavoro; incoraggia la società civile e le parti sociali ed economiche a svolgere i loro rispettivi ruoli nell'ambito di un dialogo nazionale, dando voce alle loro aspirazioni e presentando proposte per la pace, lo sviluppo e il futuro del paese, ed elogia le iniziative delle comunità locali e della società civile; esprime profonda preoccupazione per la crescente emigrazione della popolazione libanese e per la conseguente fuga di cervelli, che incide sulle risorse umane essenziali per la ricostruzione e la ripresa del Libano e la sua vita democratica;

16.  invita il Libano a garantire le forme di protezione necessarie contro il lavoro forzato, quali previste dal diritto internazionale del lavoro e dalle norme internazionali in materia di diritti umani, inclusi i principi e i diritti fondamentali in materia di lavoro, e dalla convenzione dell'Organizzazione mondiale del lavoro (OIL) sul lavoro dignitoso per le lavoratrici e i lavoratori domestici (convenzione n. 189 del 2011), al fine di affrontare il problema dello sfruttamento che caratterizza il regime della kafala;

17.  ribadisce il proprio sostegno alla determinazione dell'UE volta ad aiutare il Libano nella sua ristrutturazione economica e nella ricostruzione delle sue infrastrutture; invita la Commissione a riformare i fondi a lungo termine e a riformulare la strategia e il piano di ripresa per il Libano nel quadro delle priorità del partenariato UE-Libano nell'ambito del nuovo strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale – Europa globale, nonché a prendere in considerazione il finanziamento di ulteriori partner potenziali all'interno della società civile, in particolare al fine di trovare soluzioni urgenti alla scarsità di energia attraverso le fonti energetiche rinnovabili compresi i pannelli solari;

18.  chiede l'abrogazione dell'articolo 534 del codice penale libanese e la cessazione di ogni forma di violenza giuridica e istituzionale e di persecuzione delle persone LGBTI; chiede l'abolizione di altre leggi discriminatorie, come quelle che impediscono ai rifugiati palestinesi di godere degli stessi diritti degli altri residenti stranieri;

19.  invita la Commissione e gli Stati membri a rafforzare il loro appoggio alla campagna di vaccinazione libanese, che necessita di sostegno internazionale, e ad attenuare la crisi sanitaria in Libano; chiede un sostegno per le retribuzioni dei dipendenti ospedalieri e per l'acquisto di articoli paramedici;

20.  ribadisce il suo stretto partenariato con il Libano e il suo popolo, ancorato ai valori comuni della democrazia, del pluralismo, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani; ribadisce il suo sostegno alla determinazione dell'UE volta ad assistere il Libano nell'opera di ristrutturazione economica; rende omaggio alle vittime dell'esplosione nel porto di Beirut; ribadisce la propria solidarietà e il proprio sostegno nei confronti della società civile libanese, in particolare dei giornalisti e degli informatori; invita il Consiglio e la Commissione a proseguire gli sforzi a sostegno della ricostruzione e della ripresa economica del Libano, nonché a collaborare più strettamente con le organizzazioni della società civile nel paese stabilendo per queste ultime finanziamenti più efficaci;

21.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al Segretario generale delle Nazioni Unite, al Segretario generale della Lega araba, al Presidente dell'Assemblea parlamentare euromediterranea, nonché al governo e al parlamento del Libano.

(1) GU C 279 E del 19.11.2009, pag. 69.
(2) GU L 143 del 30.5.2006, pag. 2.
(3) GU L 337 del 21.12.2007, pag. 111.
(4) GU L 277 I del 2.8.2021, pag. 16.


Libertà dei media e ulteriore deterioramento dello Stato di diritto in Polonia
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Risoluzione del Parlamento europeo del 16 settembre 2021 sulla libertà dei media e l'ulteriore deterioramento dello Stato di diritto in Polonia (2021/2880(RSP))
P9_TA(2021)0395B9-0461/2021

Il Parlamento europeo,

–  vista la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea ("la Carta"),

–  visto l'articolo 2 del trattato sull'Unione europea (TUE),

–  visto l'articolo 49 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE),

–  viste la Convenzione europea dei diritti dell'uomo e la relativa giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo,

–  vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo,

–  vista la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE) e della Corte europea dei diritti dell'uomo,

–  vista la proposta motivata di decisione del Consiglio, presentata dalla Commissione il 20 dicembre 2017, sulla constatazione dell'esistenza di un evidente rischio di violazione grave dello Stato di diritto da parte della Repubblica di Polonia, elaborata a norma dell'articolo 7, paragrafo 1, TUE (COM(2017)0835),

–  vista la direttiva (UE) 2018/1808 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 novembre 2018, recante modifica della direttiva 2010/13/UE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi), in considerazione dell'evoluzione delle realtà del mercato(1),

–  visto il regolamento (UE, Euratom) 2020/2092 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2020, relativo a un regime generale di condizionalità per la protezione del bilancio dell'Unione(2) (regolamento sulla condizionalità dello Stato di diritto),

–  visto il regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2021, che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza(3),

–  vista la sua risoluzione del 18 dicembre 2019 sulla discriminazione in pubblico e sull'incitamento all'odio nei confronti delle persone LGBTI, comprese le zone libere da LGBTI(4),

–  vista la sua risoluzione dell'11 marzo 2021 sulla proclamazione dell'Unione europea come zona di libertà per le persone LGBTIQ(5),

–  vista la sua risoluzione del 16 gennaio 2020 sulle audizioni in corso a norma dell'articolo 7, paragrafo 1, TUE, concernenti la Polonia e l'Ungheria(6),

–  vista la sua risoluzione del 7 ottobre 2020 sull'istituzione di un meccanismo dell'UE in materia di democrazia, Stato di diritto e diritti fondamentali(7),

–  vista la sua risoluzione del 17 settembre 2020 sulla proposta di decisione del Consiglio sulla constatazione dell'esistenza di un evidente rischio di violazione grave dello Stato di diritto da parte della Repubblica di Polonia(8),

–  vista la sua risoluzione del 24 giugno 2021 sulla relazione sullo Stato di diritto 2020 della Commissione(9),

–  vista la sua risoluzione dell'8 luglio 2021 sull'elaborazione di orientamenti per l'applicazione del regime generale di condizionalità per la protezione del bilancio dell'Unione(10),

–  vista la comunicazione della Commissione del 30 settembre 2020, dal titolo "Relazione sullo Stato di diritto 2020 – La situazione dello Stato di diritto nell'Unione europea" (COM(2020)0580),

–  vista la comunicazione della Commissione del 20 luglio 2021, dal titolo "Relazione sullo Stato di diritto 2021 – La situazione dello Stato di diritto nell'Unione europea" (COM(2021)0700),

–  vista la lettera in data 8 marzo 2021 della Commissaria per i diritti umani del Consiglio d'Europa al primo ministro della Polonia, concernente due progetti di legge sul settore dei media in Polonia(11),

–  visto l'articolo 132, paragrafo 2, del suo regolamento,

A.  considerando che, come sancito dall'articolo 2 TUE, l'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze;

B.  considerando che, a norma dell'articolo 47 della Carta, il diritto fondamentale a un ricorso effettivo richiede l'accesso a un giudice "indipendente"; che l'influenza politica o il controllo del sistema giudiziario e analoghi ostacoli all'indipendenza dei singoli giudici hanno spesso comportato l'incapacità o la mancanza di volontà da parte della magistratura di assolvere il proprio compito di verifica indipendente dell'utilizzo arbitrario del potere da parte del ramo esecutivo e legislativo del governo;

C.  considerando che la libertà dei media è uno dei pilastri e delle garanzie di una democrazia funzionante e dello Stato di diritto; che la libertà, il pluralismo e l'indipendenza dei media nonché la sicurezza dei giornalisti sono elementi fondamentali del diritto alla libertà di espressione e di informazione e sono essenziali per il funzionamento democratico dell'UE e dei suoi Stati membri; che le autorità pubbliche dovrebbero adottare un quadro giuridico e normativo atto a promuovere lo sviluppo di media liberi, indipendenti e pluralisti;

D.  considerando che la Polonia, unitamente ad altri Stati membri, non ha ancora attuato tutti i requisiti di cui alla direttiva sui servizi di media audiovisivi (direttiva (UE) 2018/1808), in particolare quelli relativi all'indipendenza dell'autorità nazionale di regolamentazione del mercato dei media;

E.  considerando che nel 2019 l'Osservatorio europeo dell'audiovisivo del Consiglio d'Europa ha concluso che l'indipendenza delle autorità polacche di regolamentazione dei media destava preoccupazioni quanto all'attuazione delle procedure di nomina e alla rendicontabilità nei confronti del Consiglio radiotelevisivo nazionale (KRRiT); che ha inoltre concluso che il Consiglio nazionale dei media (RMN) non dispone di "garanzie adeguate per l'indipendenza funzionale [...] dai partiti politici e dal governo"(12);

F.  considerando che nel febbraio 2021 è stato presentato un progetto per l'introduzione di un'imposta sulla pubblicità, poi ritirato a causa delle aspre critiche relative al suo impatto negativo sulla libertà e sul pluralismo dei media; che il 10 febbraio 2021 circa 45 organi di informazione privati hanno sospeso le trasmissioni in Polonia, mandando in onda per 24 ore schermate nere con slogan in segno di protesta contro la proposta di introdurre un'imposta sulla pubblicità nei media e che circa 40 emittenti hanno inviato una lettera aperta alle autorità polacche sostenendo che la nuova imposta indebolirebbe alcuni organi di informazione attivi in Polonia e forse li costringerebbe persino alla chiusura, il che limiterebbe le possibilità di scelta del loro pubblico;

G.  considerando che l'11 agosto 2021 la Dieta polacca ha votato a favore di un progetto di legge inteso a consentire alle sole società controllate a maggioranza da entità dello Spazio economico europeo di detenere licenze di diffusione radiotelevisiva; che il 9 settembre 2021 il Senato polacco ha votato contro tale progetto di legge, il che non segna tuttavia la fine del processo legislativo in quanto la Dieta polacca ha facoltà di annullare tale decisione;

H.  considerando che TVN24, un organo di informazione indipendente appartenente al gruppo statunitense Discovery, sarebbe direttamente colpito da tale progetto di legge; che la decisione relativa al rinnovo della licenza di TVN24 è tuttora in sospeso in Polonia, sebbene l'emittente abbia presentato la richiesta di rinnovo nel febbraio 2020; che l'autorità nazionale polacca di regolamentazione dei media (KRRiT) dovrebbe pronunciarsi in merito al rinnovo della licenza di diffusione radiotelevisiva prima della scadenza dell'attuale licenza, vale a dire entro il 26 settembre 2021;

I.  considerando che, data l'inerzia della KRRiT, il gruppo Discovery ha richiesto alle autorità olandesi una licenza di diffusione radiotelevisiva per il suo canale TVN24, che gli è stata concessa;

J.  considerando che l'indice mondiale della libertà di stampa di Reporter senza frontiere relativo al 2021 colloca la Polonia al 64º posto, il suo peggior piazzamento, in discesa rispetto al 18º posto che occupava nel 2015;

K.  considerando che il 7 maggio 2021 la Corte europea dei diritti dell'uomo ha stabilito che il fatto che le autorità avessero nominato uno dei giudici membri del collegio della Corte costituzionale nella causa dell'azienda ricorrente ha comportato che il collegio che ha giudicato il caso non fosse "tribunale costituito per legge" e che è stato violato il diritto del ricorrente a un "processo equo"(13);

L.  considerando che il 2 marzo 2021 la CGUE ha stabilito che le modifiche successive alla legge sul Consiglio nazionale della magistratura, che hanno portato all'abolizione del controllo giurisdizionale effettivo sulle decisioni del Consiglio di presentare al presidente proposte di nomina di giudici candidati alla Corte suprema, sono suscettibili di violare il diritto dell'UE(14);

M.  considerando che il 29 marzo 2021 il primo ministro polacco ha presentato una richiesta al "Tribunale costituzionale", illegittimo e ampiamente contestato, affinché valuti se le disposizioni del TUE relative al primato del diritto dell'UE e alla tutela giurisdizionale effettiva siano compatibili con Costituzione polacca(15);

N.  considerando che, mediante l'ordinanza del 14 luglio 2021, la CGUE ha autorizzato le misure provvisorie richieste dalla Commissione a norma dell'articolo 279 TFUE relative al funzionamento della sezione disciplinare della Corte suprema polacca e alla sospensione dell'applicazione di altre disposizioni del diritto polacco che incidono sull'indipendenza della magistratura(16);

O.  considerando che il 14 luglio 2021 il "Tribunale costituzionale" illegittimo polacco ha stabilito che le ordinanze provvisorie della CGUE relative alla struttura dei tribunali in Polonia erano incompatibili con la Costituzione polacca(17);

P.  considerando che il 15 luglio 2021, nella sentenza pronunciata nella causa C-791/19(18), la CGUE ha stabilito che il regime disciplinare applicabile ai giudici in Polonia non è compatibile con il diritto dell'UE;

Q.  considerando che il 20 luglio 2021 la Commissione ha inviato una lettera alla Polonia in merito a tutte le misure adottate o previste per ottemperare pienamente all'ordinanza della Corte nonché in merito a tutte le misure necessarie per dare piena esecuzione alla sentenza; che le autorità polacche hanno risposto alla Commissione in data 16 agosto 2021;

R.  considerando che il 22 luglio 2021 la Corte europea dei diritti dell'uomo ha stabilito che la sezione disciplinare della Corte suprema non era un "tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge" e non rispettava la norma del "diritto a un tribunale costituito per legge" sancito dall'articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione europea dei diritti dell'uomo; (19)

S.  considerando che il 7 settembre 2021 la Commissione ha deciso di inviare alla Polonia una lettera di costituzione in mora a norma dell'articolo 260, paragrafo 2, TFUE per non aver adottato le misure necessarie a dare piena esecuzione alla sentenza della CGUE del 15 luglio 2021 che ha stabilito che la legislazione polacca relativa al regime disciplinare applicabile ai giudici non è compatibile con il diritto dell'UE;

T.  considerando che il 7 settembre 2021 la Commissione ha chiesto alla CGUE di imporre sanzioni pecuniarie alla Polonia al fine di garantire il rispetto dell'ordinanza della Corte, del 14 luglio 2021, recante misure provvisorie relative al funzionamento della sezione disciplinare della Corte suprema polacca e alla sospensione dell'applicazione di altre disposizioni del diritto polacco che incidono sull'indipendenza della magistratura

U.  considerando che nel giugno 2021 il vice ministro della Giustizia polacco ha annunciato che la coalizione di governo stava lavorando a un progetto di legge inteso a vietare la "propaganda LGBT";

V.  considerando che il 14 luglio 2021 la Commissione ha deciso di avviare procedure d'infrazione nei confronti dell'Ungheria e della Polonia in relazione all'uguaglianza e alla tutela dei diritti fondamentali, in particolare in risposta alla dichiarazione di "zone libere dall'ideologia LGBT"; che in una lettera del settembre 2021(20) i servizi della Commissione hanno ritenuto che nell'attuazione dei Fondi strutturali e d'investimento europei non fosse garantito il principio di non discriminazione e hanno pertanto deciso di sospendere le modifiche al programma REACT-EU relative ai programmi operativi regionali di cinque autorità locali polacche;

W.  considerando che in un'indagine Eurobarometro flash dell'agosto 2021 la stragrande maggioranza degli intervistati ha convenuto che la concessione di finanziamenti dell'UE agli Stati membri dovrebbe essere subordinata all'attuazione dello Stato di diritto e dei principi democratici da parte dei rispettivi governi; che tale percentuale era molto elevata anche in Polonia (72 %)(21);

Libertà dei media

1.  rammenta che, nelle sue precedenti risoluzioni, il Parlamento europeo ha manifestato preoccupazione in merito alle modifiche alla legislazione polacca in materia di media approvate in precedenza e a quelle recentemente proposte, che trasformano l'emittente radiotelevisiva pubblica in un'emittente filogovernativa; ricorda che l'articolo 54 della Costituzione polacca garantisce la libertà di espressione e vieta la censura;

2.  critica con la massima fermezza il progetto di legge denominato "Lex TVN" approvato dalla Dieta polacca; ritiene che tale progetto rappresenti un tentativo di mettere a tacere i contenuti critici e un attacco diretto al pluralismo dei media e che violi altresì i diritti fondamentali sanciti dalla Carta e dai trattati, la legislazione dell'UE relativa al mercato interno, nonché il diritto internazionale in materia di diritti umani e di commercio, tra cui la direttiva sui servizi di media audiovisivi; incoraggia vivamente la Dieta polacca a tenere conto delle deliberazioni e della successiva reiezione del progetto di legge da parte del Senato polacco;

3.  è profondamente preoccupato per l'ulteriore deterioramento della libertà dei media in Polonia e per le diverse riforme attuate dalla coalizione di governo al fine di ridurre la diversità e le voci critiche all'interno dei media; esprime profonda preoccupazione per l'acquisizione del gruppo Polska Press da parte di PKN Orlen, una società petrolifera controllata dallo Stato, confermata prima ancora dell'esito definitivo del ricorso presentato dal difensore civico polacco contro l'autorità garante della concorrenza; manifesta profonda preoccupazione in merito ai cambiamenti introdotti nelle redazioni del gruppo Polska Press da parte della direzione di PKN Orlen, nonostante una procedura di ricorso pendente impedisca temporaneamente alla società di esercitare i suoi diritti di azionista; condanna fermamente le dichiarazioni dei responsabili di PKN Orlen che hanno respinto la sentenza del tribunale come irrilevante(22);

4.  esprime profonda preoccupazione per il deterioramento della situazione dei media pubblici in Polonia e per la loro impossibilità di svolgere il servizio pubblico, caratterizzato dal pluralismo, dall'imparzialità, dall'equilibrio e dall'indipendenza, che è un obbligo giuridico ai sensi dell'articolo 21.1 della legge del 1992 in materia di radiodiffusione;

5.  condanna fermamente le continue campagne diffamatorie nei media pubblici contro giudici, giornalisti e politici che esprimono critiche nei confronti dell'attuale governo, comprese le azioni legali strategiche tese a bloccare la partecipazione pubblica (SLAPP) avviate da agenzie governative, funzionari governativi, società statali o individui con stretti legami con la coalizione di governo; invita le autorità polacche, in collaborazione con le organizzazioni dei giornalisti, a monitorare e a segnalare gli attacchi contro i giornalisti nonché le azioni legali intentate per mettere a tacere o intimidire i media indipendenti e a garantire l'accesso a mezzi di ricorso appropriati;

6.  ritiene che per contribuire a porre fine a tale pratica abusiva siano estremamente necessarie norme vincolanti dell'UE che offrano una protezione solida e coerente ai media indipendenti e ai giornalisti da azioni legali vessatorie intese a metterli a tacere o intimidirli nell'UE, e sottolinea che il Parlamento europeo sta lavorando attualmente a una relazione di iniziativa in materia di SLAPP;

7.  accoglie con favore la recente iniziativa della Commissione volta a pubblicare una raccomandazione per garantire la sicurezza dei giornalisti nell'Unione europea; invita la Commissione a realizzare senza indugio la legge sulla libertà dei media(23);

8.  invita la Commissione a garantire la corretta attuazione della direttiva sui servizi di media audiovisivi, in particolare per quanto concerne l'indipendenza delle autorità di regolamentazione dei media, la trasparenza della proprietà dei media e l'alfabetizzazione mediatica; invita la Commissione a utilizzare in modo efficace le procedure di infrazione nelle situazioni in cui gli Stati membri attuano tali disposizioni in modo scorretto o incompleto;

9.  ribadisce il suo invito alle autorità polacche affinché diano piena attuazione alla raccomandazione del Consiglio d'Europa del 13 aprile 2016 sulla tutela del giornalismo e la sicurezza di giornalisti e altri operatori dei media(24);

10.  esprime il proprio pieno sostegno nei confronti delle proteste pacifiche contro le riforme condotte dal governo polacco, che compromettono ulteriormente la libertà dei media in Polonia;

Primato del diritto dell'UE e indipendenza della magistratura e di altre istituzioni

11.  accoglie con favore le recenti iniziative della Commissione riguardo all'indipendenza della magistratura; ritiene tuttavia che un'azione più rapida, come ripetutamente chiesto dal Parlamento europeo, avrebbe contribuito a evitare la continua erosione dell'indipendenza della magistratura in Polonia; ribadisce il suo invito alla Commissione ad avviare procedure di infrazione in relazione alla legislazione relativa all'illegittimo "Tribunale costituzionale" e alla sua composizione illegale, alla sezione straordinaria della Corte suprema e al Consiglio nazionale della magistratura;

12.  esprime profonda preoccupazione per il fatto che le autorità polacche abbiano di recente violato deliberatamente e sistematicamente le sentenze e le ordinanze della CGUE connesse allo Stato di diritto; invita le autorità polacche a rispettare le varie sentenze della CGUE e della Corte europea dei diritti dell'uomo in merito alla composizione e all'organizzazione dell'illegittimo "Tribunale costituzionale" e della sezione disciplinare della Corte suprema, al fine di rispettare gli standard di indipendenza della magistratura che la Polonia si è impegnata ad attuare;

13.  ribadisce la sua condanna della pratica di perseguire e vessare i giudici critici nei confronti del governo polacco; invita la sezione disciplinare, nella sua composizione attuale, a porre fine a tutte le sue attività e ai suoi procedimenti, compresi i procedimenti legali, e a reintegrare tutti i giudici che sono stati rimossi dalle loro funzioni di arbitro da tale sezione, compresi i giudici che continuano a essere impossibilitati a giudicare nonostante abbiano impugnato con successo la loro sospensione da parte della sezione dinanzi a un tribunale, dal momento che le sentenze definitive sul ricorso sono successivamente e continuamente ignorate dai presidenti dei tribunali in cui prestano servizio;

14.  chiede che gli uffici del procuratore generale e quello del ministro della Giustizia siano separati conformemente alle raccomandazioni della commissione di Venezia(25); sottolinea il parere dell'avvocato generale della CGUE riguardo alla causa pendente e chiede alla Commissione di essere più proattiva nell'avvio di una procedura d'infrazione relativa all'indipendenza dei servizi della procura;

15.  ribadisce la natura fondamentale del primato del diritto dell'UE quale principio cardine del diritto dell'UE, conformemente alla giurisprudenza consolidata della CGUE; ricorda che tutti gli Stati membri hanno convenuto di allegare al trattato di Lisbona una dichiarazione sul primato; rammenta che gli effetti di tale principio sono vincolanti per tutti gli organi di uno Stato membro, senza che le disposizioni di diritto interno, comprese le disposizioni costituzionali, possano impedirlo; denuncia qualsiasi tentativo di compromettere tale principio;

16.  invita il primo ministro polacco a non mettere in discussione il primato del diritto dell'UE sulla legislazione nazionale e a ritirare la sua proposta pendente dinanzi all'illegittimo "Tribunale costituzionale" intesa a riesaminare la costituzionalità di alcune parti dei trattati dell'UE;

17.  invita il procuratore generale a ritirare la sua proposta dinanzi all'illegittimo "Tribunale costituzionale" in relazione alla costituzionalità dell'articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo;

18.  invita la Commissione a continuare a monitorare tutte le questioni già individuate e a chiedere misure provvisorie ogniqualvolta deferisca casi alla CGUE nel settore giudiziario chiedendo sanzioni pecuniarie nei casi di mancato rispetto delle sentenze della CGUE;

Ulteriore valutazione della situazione relativa allo Stato di diritto in Polonia

19.  deplora la mancanza di progressi e il deterioramento della situazione dello Stato di diritto in Polonia dopo la sua risoluzione del 17 settembre 2020 e il fatto che le relative raccomandazioni non siano state prese in considerazione dal governo polacco e ribadisce tali raccomandazioni;

20.  prende atto della proclamazione dello stato di emergenza da parte della Polonia e di altri Stati membri confinanti con la Bielorussia; prende atto con preoccupazione della situazione umanitaria presso il confine e condanna il tentativo delle autorità bielorusse di strumentalizzare i migranti, compresi i richiedenti asilo, come strumento politico e minaccia ibrida contro la Polonia e altri Stati membri in risposta al loro sostegno a favore dell'opposizione democratica in Bielorussia; chiede una risposta unitaria dell'UE per trovare soluzioni a tale situazione; invita le autorità della Polonia e degli altri Stati membri interessati a garantire che il diritto dell'UE in materia di asilo e rimpatrio e il diritto internazionale in materia di diritti umani siano pienamente rispettati anche durante la situazione di emergenza, compresi l'accesso all'asilo e l'accesso dei media e delle organizzazioni della società civile alla zona di frontiera, e a tenere conto degli orientamenti dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e degli organismi del Consiglio d'Europa; invita la Commissione, in quanto custode dei trattati, a garantire il rispetto del diritto dell'UE in materia; invita gli altri Stati membri a dare prova di solidarietà e a fornire assistenza agli Stati membri interessati, anche per quanto concerne la ricollocazione dei richiedenti asilo;

21.  ribadisce la profonda preoccupazione espressa nelle sue risoluzioni in merito ai tentativi di criminalizzare la diffusione dell'educazione in materia di sessualità in Polonia e insiste sul fatto che un'educazione sessuale e relazionale esaustiva adeguata all'età e basata su dati concreti è fondamentale per sviluppare le capacità dei giovani di formare relazioni sane, paritarie, proficue e sicure, prive di discriminazioni, coercizioni e violenze;

22.  esprime preoccupazione per i progetti di modifica proposti nei confronti della legge sull'istruzione e di taluni altri atti, nonché per le modifiche adottate al regolamento sulla supervisione pedagogica del 1º settembre 2021(26), che limiterebbero l'autonomia dell'istruzione trasferendo i poteri dal governo locale alle autorità centrali, esercitando il controllo sui dirigenti scolastici e rafforzando il controllo delle ONG che contribuiscono all'istruzione scolastica;

23.  ribadisce la sua profonda preoccupazione per gli attacchi ai diritti delle donne in Polonia, in particolare per quanto concerne la battuta d'arresto in materia di salute sessuale e riproduttiva e relativi diritti delle donne dopo la sentenza dell'illegittimo "Tribunale costituzionale" che è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale (Dziennik Ustaw) il 27 gennaio 2021;

24.  accoglie con favore la nomina di un nuovo commissario polacco per i diritti umani nel luglio 2021, dopo la scadenza del mandato del suo predecessore nel settembre 2020;

25.  esprime preoccupazione per il fatto che dal dicembre 2018 il Consiglio ha tenuto una sola audizione relativa all'articolo 7, paragrafo 1, sullo Stato di diritto in Polonia; esorta il Consiglio a rivolgere raccomandazioni concrete alla Polonia, come stabilito all'articolo 7, paragrafo 1, TUE, nonché a fissare scadenze per l'attuazione di tali raccomandazioni; invita la presidenza del Consiglio attuale e quella successiva a mantenere iscritte all'ordine del giorno del Consiglio le audizioni sulla Polonia; esprime preoccupazione per l'approccio delle successive presidenze del Consiglio di non riferire più alla commissione competente del Parlamento europeo in merito alle procedure di cui all'articolo 7, paragrafo 1, ed esorta il Consiglio ad agire in tal senso quanto prima;

26.  invita nuovamente il Consiglio e la Commissione ad ampliare l'ambito di applicazione delle audizioni a norma dell'articolo 7, paragrafo 1, TUE, al fine di includere anche le questioni relative ai diritti fondamentali e alla democrazia nonché nuovi sviluppi e di valutare i rischi concernenti la violazione dell'indipendenza della magistratura e della libertà di espressione, tra cui la libertà dei media, la libertà delle arti e delle scienze, la libertà di associazione e del diritto alla parità di trattamento, come richiesto dal Parlamento europeo;

27.  accoglie con favore le misure adottate dalla Commissione in relazione alla proclamazione di alcune "zone esenti da ideologia LGBT" da parte di alcune autorità locali e regionali polacche, alla loro incompatibilità con i valori dell'UE e all'importanza della non discriminazione nell'attuazione dei Fondi strutturali e d'investimento europei; invita la Commissione a utilizzare tutti i fondamenti giuridici nelle procedure di infrazione; invita le autorità statali, locali e regionali degli Stati membri a porre fine a qualsiasi cooperazione con le autorità polacche che proclamano "zone esenti da ideologia LGBT"; invita la Commissione a continuare a respingere le domande di finanziamento dell'UE da parte delle autorità che hanno adottato tali risoluzioni e a valutare le modalità per garantire la protezione dei beneficiari finali e la continuità del loro lavoro, anche valutando alternative alle autorità di gestione regionali, come la concessione diretta alle organizzazioni della società civile che dipendono dai finanziamenti dell'UE per operare;

28.  condanna fermamente il fatto che le azioni legali strategiche tesa a bloccare la partecipazione pubblica siano utilizzate anche contro gli attivisti che si battono contro le risoluzioni sull'essere liberi dalla cosiddetta ideologia LGBTI e le "Carte regionali dei diritti della famiglia" e che informano l'opinione pubblica al riguardo;

29.  ribadisce la sua posizione concernente il regolamento sulla condizionalità dello Stato di diritto, entrato in vigore il 1° gennaio 2021 e direttamente applicabile nella sua interezza nell'Unione europea e in tutti i suoi Stati membri per tutti i fondi del bilancio dell'UE, comprese le risorse assegnate a partire da tale data attraverso lo strumento dell'UE per la ripresa;

30.  ricorda che il regolamento sulla condizionalità dello Stato di diritto fornisce una definizione chiara dello Stato di diritto, che deve essere intesa in relazione agli altri valori dell'Unione, compresi i diritti fondamentali e la non discriminazione; esprime disappunto per la risposta della Commissione al Parlamento europeo nella sua lettera del 23 agosto 2021; invita la Commissione ad attivare immediatamente la procedura di cui all'articolo 6, paragrafo 1, del regolamento sulla condizionalità dello Stato di diritto per quanto concerne la Polonia;

31.  esprime profonda preoccupazione circa la conformità del progetto di piano per la ripresa e la resilienza della Polonia al regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2021, che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza(27) e alla Carta; chiede che la Commissione e il Consiglio esaminino attentamente tutte le misure illustrate nel progetto di piano per la ripresa e la resilienza della Polonia e approvino detto piano soltanto se è accertato che le autorità polacche hanno attuato tutte le sentenze della CGUE, in particolare per quanto concerne l'indipendenza della magistratura, e che, pertanto, il bilancio dell'UE non contribuirà attivamente alle violazioni dei diritti fondamentali in Polonia;

o
o   o

32.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al Consiglio, alla Commissione, al Comitato delle regioni e al Consiglio d'Europa.

(1) GU L 303 del 28.11.2018, pag. 69.
(2) GU L 433 I del 22.12.2020, pag. 1.
(3) GU L 57 del 18.2.2021, pag. 17.
(4) GU C 255 del 29.6.2021, pag. 7.
(5) Testi approvati, P9_TA(2021)0089.
(6) Testi approvati, P9_TA(2020)0014.
(7) Testi approvati, P9_TA(2020)0251.
(8) Testi approvati, P9_TA(2020)0225.
(9) Testi approvati, P9_TA(2021)0313.
(10) Testi approvati, P9_TA(2021)0348.
(11) Prot.: CommHR/DM/sf 007-2021.
(12) Cappello, M. (a cura di), The independence of media regulatory authorities in Europe (L'indipendenza delle autorità di regolamentazione dei media in Europa), IRIS Special, Osservatorio europeo dell'audiovisivo, Strasburgo, 2019.
(13) Sentenza del 7 maggio 2021, Xero Flor w Polsce sp. z o.o./Polonia.
(14) Sentenza della Corte di giustizia del 2 marzo 2021, A.B. e a., C-824/18, EU:C:2021:153.
(15) Domanda nella causa pendente K 3/21; la sentenza del "Tribunale costituzionale" illegittimo è prevista per il 22 settembre 2021.
(16) Ordinanza della Corte di giustizia del 14 luglio 2021, Commissione/Polonia, C-204/21 R, EU:C:2021:593.
(17) Sentenza del Tribunale costituzionale del 14 luglio 2021, causa P 7/20.
(18) Sentenza della Corte (grande sezione) del 15 luglio 2021, Commissione europea/Repubblica di Polonia, C-791/19, EU:C:2021:596.
(19) Sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo del 22 luglio 2021, Reczkowicz/Polonia (domanda n. 43447/19).
(20) Ares(2021)5444303 – 3.9.2021.
(21) Flash Eurobarometer – State of the European Union (Eurobarometro flash – Stato dell'Unione europea), IPSOS, agosto 2021.
(22) Poland: Purge of editors begins despite court ruling suspending purchase of Polska Press (Polonia: inizia la purga dei redattori nonostante una sentenza del tribunale abbia sospeso l'acquisto di Polska Press), International Press Institute, 30 aprile 2021.
(23) Per una "Legge europea sulla libertà dei media", discorso pronunciato dinanzi alla commissione per la cultura e l'istruzione del Parlamento europeo il 19 aprile 2021.
(24) Raccomandazione CM/Rec(2016)4 del Consiglio d'Europa sulla tutela del giornalismo e la sicurezza di giornalisti e altri operatori dei media.
(25) Parere 892/2017 dell'11 dicembre 2017.
(26) Dz.U. 2021 poz. 1618.
(27) GU L 57 del 18.2.2021, pag. 17.


Rafforzare la trasparenza e l'integrità nelle istituzioni dell'UE creando un organismo europeo indipendente responsabile delle questioni di etica
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Risoluzione del Parlamento europeo del 16 settembre 2021 sul tema "Rafforzare la trasparenza e l'integrità nelle istituzioni dell'UE creando un organismo europeo indipendente responsabile delle questioni di etica" (2020/2133(INI))
P9_TA(2021)0396A9-0260/2021

Il Parlamento europeo,

–  visti gli orientamenti politici per la prossima Commissione europea 2019-2024, presentati il 10 settembre 2019,

–  vista la lettera di incarico in data 1º dicembre 2019 della presidente della Commissione a Věra Jourová, vicepresidente designata per i Valori e la trasparenza,

–  vista la sua risoluzione del 14 settembre 2017 sulla trasparenza, la responsabilità e l'integrità nelle istituzioni dell'UE(1),

–  vista la sua risoluzione del 26 novembre 2020 sul bilancio delle elezioni europee(2),

–  visto il trattato sull'Unione europea (TUE), in particolare gli articoli 9, 10, 13, 14, 15, 16 e 17,

–  visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), in particolare l'articolo 223, paragrafo 2, e gli articoli 245 e 295,

–  visto l'Atto relativo all'elezione dei rappresentanti nel Parlamento europeo a suffragio universale diretto ("atto elettorale") allegato alla decisione del Consiglio del 20 settembre 1976, quale modificata,

–  visto il progetto di accordo interistituzionale tra il Parlamento europeo, il Consiglio dell'Unione europea e la Commissione europea su un registro per la trasparenza obbligatorio,

–  vista la relazione speciale n. 13/2019 della Corte dei conti europea sui quadri etici delle istituzioni dell'UE controllate,

–  viste le conclusioni del Consiglio sulla relazione speciale n. 13/2019 della Corte dei conti europea,

–  vista la sua decisione del 28 settembre 2005 che adotta lo statuto dei deputati del Parlamento europeo (2005/684/CE, Euratom)(3),

–  visto il regolamento del Parlamento europeo, in particolare gli articoli 2, 10 e 11 e l'articolo 176, paragrafo 1, l'allegato I, articoli da 1 a 3, articolo 4, paragrafo 6, e articoli 5 e 6, nonché l'allegato II,

–  vista le relazioni annuali del comitato consultivo sulla condotta dei deputati,

–  viste le relazioni annuali sull'applicazione del codice di condotta per i membri della Commissione europea, compresi i pareri del comitato etico indipendente,

–  viste le raccomandazioni della Mediatrice europea nell'indagine congiunta sulle denunce 194/2017/EA, 334/2017/EA e 543/2017/EA riguardanti la gestione, da parte della Commissione europea, delle attività post-mandato degli ex commissari, di un ex presidente della Commissione e il ruolo del suo "comitato etico";

–  viste le raccomandazioni dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), del Gruppo di Stati del Consiglio d'Europa contro la corruzione (GRECO) e di diverse ONG,

–  visti lo statuto dei funzionari delle Comunità europee e il regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità, in particolare gli articoli 11, 11 bis, 12, 12 bis, 12 ter, 13, 15, 16, 17, 19, 21 bis, 22 bis, 22 quater, 24, 27 e 40,

–  viste le competenze della commissione giuridica del Parlamento europeo di cui all'allegato VI del suo regolamento,

–  visto l'articolo 54 del suo regolamento,

–  visti i pareri della commissione giuridica, della commissione per il controllo dei bilanci, della commissione per i problemi economici e monetari e della commissione per le petizioni,

–  vista la relazione della commissione per gli affari costituzionali (A9-0260/2021),

A.  considerando che, in virtù del TUE, "l'Unione rispetta, in tutte le sue attività, il principio dell'uguaglianza dei cittadini, che beneficiano di uguale attenzione da parte delle sue istituzioni, organi e organismi"; che le decisioni pubbliche sono pertanto adottate nell'interesse del bene comune;

B.  considerando che i trattati hanno definito un sistema di ripartizione dei poteri tra le istituzioni dell'Unione che attribuisce a ciascuna istituzione il proprio ruolo all'interno della struttura istituzionale dell'Unione e nell'espletamento dei compiti a essa affidati;

C.  considerando che, se, da un lato, ogni istituzione dell'UE ha il diritto all'autonomia organizzativa, dall'altro, tutte le istituzioni dell'UE devono rispettare i più elevati standard di indipendenza e di imparzialità;

D.  considerando che il TUE e il TFUE hanno stabilito un quadro di governance europea basato sulla separazione dei poteri, che stabilisce diritti e obblighi distinti per ciascuna istituzione;

E.  considerando che l'indipendenza, la trasparenza e la responsabilità delle istituzioni pubbliche e dei loro rappresentanti eletti, dei commissari e dei funzionari sono di fondamentale importanza per favorire la fiducia dei cittadini, elemento necessario a garantire il funzionamento legittimo delle istituzioni democratiche;

F.  considerando che le norme etiche applicabili alle istituzioni dell'UE sono per molti aspetti all'avanguardia rispetto a quelle applicabili nelle omologhe istituzioni nazionali, ma non trovano un'applicazione soddisfacente;

G.  considerando che l'applicazione del quadro etico potrebbe essere migliorata;

H.  considerando che la fiducia dei cittadini nelle istituzioni pubbliche e nei processi decisionali è un pilastro di qualsiasi governo democratico e richiede esemplarità, integrità, trasparenza, responsabilità e i più elevati standard di comportamento etico;

I.  considerando che l'assenza di indebita influenza dei rappresentanti di interessi, anche attraverso la garanzia di attività retribuite per i membri del Parlamento europeo, doni o inviti a viaggi, che creano aspettative per un futuro impiego a seguito della cessazione del mandato dei deputati o della cessazione dal servizio dei funzionari, nonché l'assenza dell'uso indebito di informazioni o di contatti sono fondamentali per garantire che i processi democratici non vengano interrotti da interessi privati e che i diritti dei cittadini siano pienamente rispettati;

J.  considerando che le carenze del vigente quadro etico dell'UE derivano in larga misura dal fatto che esso si basa su un approccio di autoregolamentazione, sull'assenza del diritto penale dell'UE e su risorse e competenze insufficienti per verificare le informazioni; che qualsiasi evoluzione del quadro etico dell'UE deve avere una chiara base giuridica, nel rispetto della separazione dei poteri stabilita nei trattati; che la creazione di un organismo etico indipendente potrebbe contribuire a rafforzare la fiducia nelle istituzioni europee e nella loro legittimità democratica;

K.  considerando, di conseguenza, il verificarsi di casi di comportamenti problematici; che ogni incidenza di comportamenti eticamente scorretti, gestiti in modo inadeguato dalle istituzioni dell'UE, pregiudica la fiducia dei cittadini europei nelle istituzioni dell'UE e ha contribuito fortemente a danneggiare la reputazione dell'Unione europea;

L.  considerando che, in particolare, il fenomeno delle cosiddette "porte girevoli" è in forte aumento; che numerosi commissari e un terzo dei deputati al Parlamento europeo nella legislatura dal 2014 al 2019 sono stati assunti da organizzazioni incluse nel registro europeo per la trasparenza; che detto fenomeno comporta rischi di conflitto di interessi con i legittimi ambiti di competenza degli Stati membri e delle istituzioni dell'UE, nonché rischi di divulgazione o utilizzo improprio di informazioni riservate e rischi dovuti all'eventualità che ex membri del personale possano utilizzare i propri stretti contatti personali e rapporti di amicizia con ex colleghi per esercitare attività di lobbismo;

M.  considerando che gli attuali quadri di norme etiche a livello dell'UE sono commisurati alle peculiarità di ciascuna istituzione dell'UE, il che comporta processi e livelli di applicazione differenti anche per lo stesso statuto dei funzionari dell'UE in diverse istituzioni, agenzie e organi dell'UE, dando così origine a un sistema complesso che risulta poco comprensibile sia per i cittadini dell'UE sia per coloro che devono rispettare le norme;

N.  considerando che la Corte dei conti europea ha osservato, nella sua relazione speciale n. 13/2019, che in molti ambiti vi sono motivi validi per usare approcci armonizzati nelle istituzioni dell'UE per quanto riguarda il trattamento delle questioni etiche; che tanto la Mediatrice europea quanto la Corte dei conti europea hanno ripetutamente richiamato l'attenzione su gravi carenze riscontrate nelle politiche di prevenzione dei conflitti di interessi delle istituzioni dell'UE; che sia la Mediatrice che la Corte dei conti hanno espresso preoccupazioni specifiche in merito all'assenza di un quadro etico comune dell'UE con procedure e canali di segnalazione chiari; che tale problema riguarda in particolare l'attività dei rappresentanti degli Stati membri in seno al Consiglio, che deve affrontare i conflitti di interessi ad alto livello, le porte girevoli e le norme in materia di trasparenza; considerando la mancanza di convergenza tra le norme etiche dell'UE e gli orientamenti dell'OCSE sulla gestione dei conflitti di interessi nella pubblica amministrazione;

O.  considerando che l'esempio dell'"Haute Autorité pour la Transparence de la Vie Publique" (Alta Autorità per la trasparenza della vita pubblica) in Francia dimostra che un organismo unico e indipendente incaricato del monitoraggio e dell'applicazione delle norme etiche relative agli enti pubblici così come dell'irrogazione di sanzioni, costituisce un potente ed efficace strumento in grado di contribuire a una riduzione duratura dei comportamenti eticamente scorretti;

P.  considerando che l'equilibrio dei poteri attribuiti alle istituzioni è una garanzia fondamentale che i trattati offrono ai cittadini europei;

Q.  considerando che la dottrina Meroni elaborata dalla Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE) consente di delegare le competenze delle istituzioni dell'UE, comprese quelle non ancora esercitate a organismi esterni; che, secondo la CGUE, qualsiasi delega di competenze deve essere limitata e può riguardare soltanto poteri esecutivi chiaramente definiti, il cui utilizzo deve essere interamente soggetto alla supervisione delle istituzioni deleganti e non può riguardare poteri discrezionali che implicano un giudizio politico per non compromettere l'equilibrio dei poteri tra le istituzioni;

R.  considerando che, sulla base del principio di attribuzione, le istituzioni non possono delegare, mediante un accordo interistituzionale, poteri che esse stesse non hanno, ad esempio laddove tali poteri siano conferiti dai trattati alla Corte dei conti o siano rimasti in capo agli Stati membri;

S.  considerando che durante l'esame del potenziale conflitto di interessi dei commissari designati nel 2019, i membri della commissione giuridica hanno sottolineato i profondi limiti dell'attuale procedura; che tali limiti comprendono l'accesso soltanto a una gamma ristretta di informazioni, la mancanza di tempo per l'esame, l'assenza di poteri di indagine e l'assenza di supporto da parte di esperti; che l'articolo 17, paragrafo 3, TUE prevede che i membri della Commissione europea siano scelti "tra personalità che offrono tutte le garanzie di indipendenza";

T.  considerando che il rigoroso quadro etico in vigore per i commissari deve essere ulteriormente elaborato, al fine di colmare le lacune legislative esistenti quali l'assenza di uno statuto dei commissari; sottolinea che questo processo è strettamente connesso al controllo e alla supervisione parlamentare ed è del parere che lo statuto dei commissari debba essere elaborato conformemente alla procedura legislativa ordinaria, e invita la Commissione a presentare una proposta;

U.  considerando che tutti i candidati principali alle elezioni europee del 2019 hanno sostenuto la creazione di un organismo etico indipendente comune a tutte le istituzioni dell'UE; che la presidente della Commissione ha sostenuto la creazione di tale organismo nei suoi orientamenti politici;

V.  considerando che la libertà di mandato dei deputati al Parlamento europeo è nell'interesse dei cittadini che essi rappresentano;

W.  considerando che una delle funzioni primarie del Parlamento, come stabilito nel TUE, è l'esercizio del controllo politico;

X.  considerando che il personale delle istituzioni è disciplinato dallo statuto dei funzionari dell'Unione europea e dal regime applicabile agli altri agenti dell'Unione europea;

1.  ritiene che un unico organismo etico indipendente dell'UE possa meglio garantire un'attuazione completa e coerente delle norme etiche in tutte le istituzioni dell'UE per assicurare che le decisioni pubbliche siano adottate alla luce del bene comune e al fine di riconquistare e di mantenere la fiducia dei cittadini nelle istituzioni europee; propone la conclusione di un accordo interistituzionale (AII) basato sull'articolo 295 TFUE per istituire un organismo etico indipendente dell'UE per il Parlamento e la Commissione, aperto alla partecipazione di tutte le istituzioni e le agenzie e di tutti gli organi dell'UE, che fornisca inoltre formazione e un orientamento attivo alle istituzioni, alle agenzie e agli organi partecipanti;

Princìpi

2.  ritiene che le disposizioni contenute nel presente AII debbano rispettare i seguenti princìpi e le seguenti disposizioni:

   a) il principio della sana gestione finanziaria, che garantisce la gestione efficiente ed efficace delle risorse dell'Unione,
   b) i princìpi di attribuzione e separazione dei poteri,
   c) la libertà professionale e il diritto di lavorare come stipulato dall'articolo 15 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
   d) lo Stato di diritto e i princìpi europei fondamentali quali la presunzione d'innocenza, il diritto di essere ascoltato, i princìpi di legalità e di proporzionalità,
   e) lo statuto dei deputati e, specificatamente, la libertà di mandato sancita nell'articolo 2 ivi contenuto,
   f) nessuna duplicazione o interferenza con il lavoro dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), della Procura europea (EPPO), del Mediatore europeo, della Corte dei conti europea o della CGUE,
   g) il diritto di inchiesta del Parlamento europeo ai sensi dell'articolo 226 TFUE;

3.  ritiene che, nell'ambito dei suoi obblighi, tra cui quelli concernenti il monitoraggio e le indagini, l'organismo in questione dovrebbe basarsi sui poteri esistenti delle istituzioni di chiedere ai rispettivi membri informazioni o sull'accordo delle autorità nazionali di condividere le informazioni; sottolinea che il Presidente del Parlamento, il collegio della Commissione o la rispettiva autorità di un'istituzione partecipante conserverà la responsabilità del potere decisionale finale fino a una possibile revisione delle norme;

4.  ritiene che la procedura seguita dall'organismo etico indipendente dell'UE dovrebbe garantire il livello adeguato di trasparenza, tutelando nel contempo le garanzie procedurali sancite nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, ed è del parere che l'AII dovrebbe prevedere norme procedurali e un adeguato protocollo di tutela dei dati, che facciano riferimento all'acquis esistente dei princìpi degli organismi etici dell'UE esistenti, nonché ai valori comuni dell'UE (articolo 2 TUE), ai diritti della persona interessata di essere ascoltata e di presentare ricorso, all'obbligo di collaborare e alle norme in materia di pubblicità;

Ambito di applicazione e mandato

5.  reputa opportuno delegare al nuovo organismo etico dell'UE una serie di compiti concordati per proporre e consigliare norme etiche per i commissari, i deputati al Parlamento europeo e tutti i membri del personale che lavorano per le istituzioni partecipanti prima, durante e, in taluni casi, dopo l'espletamento del loro mandato o servizio, in linea con le norme applicabili, tra cui:

   a) lo statuto dei deputati al Parlamento europeo (articoli 2 e 3),
   b) regolamento interno del Parlamento (articolo 2, articolo 10, paragrafi 5, 6 e 7, e articolo 11 e articolo 176, paragrafo 1, allegato I, articoli da 1 a 8, nonché allegato II),
   c) il regolamento interno della Commissione (articolo 9), il suo codice di condotta (articoli da 2 a 13 e allegato II), e la sua decisione, del 25 novembre 2014, relativa alla pubblicazione delle informazioni riguardanti le riunioni tra i membri della Commissione e le organizzazioni o i liberi professionisti, e nella medesima decisione per i direttori generali,
   d) articoli 11, 11 bis, 12, 12 bis, 12 ter, 13, 15, 16, 17, 19, 21 bis, 22, 22 bis, 22 quater, 24, 26, 27, 40, 43, 86, 90, 91 bis e allegato IX dello statuto dei funzionari, applicandosi mutatis mutandis a tutto il personale impiegato dalle agenzie se firmatarie dell'AII,
   e) l'AII su un registro per la trasparenza obbligatorio;

6.  ritiene che l'accordo dovrebbe contemplare i membri e il personale delle istituzioni partecipanti prima, durante e dopo l'espletamento del loro mandato o servizio, in linea con le norme applicabili; reputa che le predette condizioni dovrebbero applicarsi ai deputati al Parlamento europeo, ai commissari e a tutto il personale dell'UE che rientra nel campo di applicazione dello statuto dei funzionari;

7.  ricorda che per quanto concerne le persone contemplate dallo statuto del personale, la competenza potrebbe essere delegata all'organismo etico indipendente dell'UE, ricorrendo alle clausole di abilitazione di cui all'articolo 2, paragrafo 2 e/o all'articolo 9, paragrafo 1, o entrambi, ed essa riguarderebbe il monitoraggio e l'applicazione degli obblighi etici, mentre gli altri obblighi professionali continuerebbero a essere applicati dalle autorità che hanno il potere di nomina;

8.  insiste sul fatto che l'AII dovrebbe essere aperto alla partecipazione di tutte le istituzioni e tutti gli organi dell'UE, e sottolinea che i colegislatori possono decidere di vincolare le agenzie attraverso il loro regolamento istitutivo; ritiene che l'AII dovrebbe consentire all'organismo etico di scambiare informazioni con le autorità nazionali che sono necessarie allo svolgimento dei suoi compiti, trattando al contempo tali informazioni con la stessa riservatezza applicata dall'autorità d'origine, ad esempio informazioni fiscali, registri catastali, dati detenuti dagli organi nazionali responsabili delle questioni di etica, nonché di valutare le migliori pratiche e le revisioni tra pari; ritiene che, fatti salvi i princìpi generali definiti nel paragrafo 2, e laddove sia rilevante per l'assolvimento dei suoi obblighi, l'organismo etico indipendente dovrebbe avere la possibilità di avviare una cooperazione e uno scambio di informazioni con gli organismi dell'UE pertinenti quali l'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), la Procura europea (EPPO), il Mediatore europeo e la Corte dei conti europea nell'ambito dei rispettivi mandati;

Competenze e poteri

9.  ritiene che, fatto salvo l'equilibrio tra le istituzioni come sancito dai trattati, nel quadro della loro rispettiva autonomia procedurale, tutte le istituzioni partecipanti dovrebbero conferire all'organismo etico dell'UE, da un lato, un ruolo preventivo con poteri di sensibilizzazione e di orientamento etico e, dall'altro, un ruolo di conformità e una funzione consultiva, con la facoltà di formulare raccomandazioni su questioni etiche, tra cui i conflitti di interessi; ritiene che i poteri decisionali debbano rimanere all'interno della rispettiva istituzione, fintantoché all'organismo etico dell'UE non vengono conferiti i poteri decisionali su una corretta base giuridica: rammenta che i compiti attribuiti all'organismo etico dell'UE sarebbero limitati all'elenco concordato di funzioni delegate dalle istituzioni partecipanti e pertanto non pregiudicherebbero e sarebbero pienamente in linea con le competenze dell'OLAF, dell'EPPO e delle giurisdizioni nazionali in relazione a qualsiasi violazione delle norme che rientrano nelle loro competenze; sottolinea che, al fine di monitorare l'integrità, il Parlamento dovrebbe commissionare periodicamente studi che definiscano l'integrità con una serie di obiettivi e di indicatori di prestazione ben definiti, e riferisca sui progressi compiuti;

10.  reputa che in tale capacità di monitoraggio debbano rientrare, tra l'altro, la possibilità di verificare la veridicità della dichiarazione di interessi finanziari, che dovrebbe essere trasmessa dai soggetti che rientrano nel campo di applicazione direttamente all'organismo etico dell'UE, oltre che al Parlamento in relazione ai commissari designati, al fine di garantire che essa possa giungere il più rapidamente possibile a tutti coloro responsabili del controllo pubblico e/o democratico come sancito dalle norme applicabili, la gestione dei conflitti di interessi, le norme in materia di attività di lobbismo, il controllo degli obblighi di trasparenza, ivi inclusi quelli relativi alla procedura legislativa, la verifica del rispetto delle norme in materia di "porte girevoli" e, più in generale, la verifica del rispetto di tutte le disposizioni dei codici di condotta e delle norme applicabili in materia di trasparenza, etica e integrità;

11.  osserva che, all'interno delle istituzioni dell'UE, diverse disposizioni legislative e di altro tipo preposte a prevenire i conflitti di interessi contengono definizioni discordanti del termine "conflitto di interessi"; rileva che una definizione è di carattere contestuale ed evolutivo e che la piena trasparenza non garantisce necessariamente l'assenza di un conflitto di interessi né assicura l'ottenimento o l'aumento della fiducia pubblica; osserva che l'applicazione di norme in materia di etica e responsabilità pubblica per i conflitti di interessi sono una condizione indispensabile per ottenere la fiducia dei cittadini nelle istituzioni pubbliche;

12.  ricorda l'importanza di distinguere tra i conflitti di interessi sorti durante l'esercizio di una funzione o dopo di esso, e rammenta l'importanza di operare una distinzione tra gli atti autorizzati, se dichiarati, e gli atti non autorizzati;

13.  sottolinea che il Parlamento europeo ha istituito il comitato consultivo sulla condotta dei deputati quale organo incaricato di fornire ai deputati orientamenti sull'interpretazione e l'attuazione del codice di condotta; osserva inoltre che il comitato consultivo valuta altresì le presunte violazioni del codice di condotta e consiglia il Presidente sulle possibili azioni da intraprendere; ritiene che il Parlamento europeo debba dare l'esempio in relazione alle norme etiche e alla loro applicazione;

14.  è del parere che l'organismo etico dell'UE potrebbe anche essere investito di competenze sugli obblighi imposti dal registro per la trasparenza e dovrebbe prevedere una migliore protezione degli informatori, nonché una migliore gestione dei conflitti di interessi per i casi di corruzione e di frode;

15.  ritiene che all'organismo etico dell'UE dovrebbe essere affidato il compito di sviluppare un portale pubblico dell'UE con informazioni pertinenti sulle norme etiche, relazioni sulle migliori pratiche, studi, statistiche, nonché una banca dati contenente le dichiarazioni di interessi finanziari di tutte le istituzioni partecipanti;

16.  insiste sul fatto che l'organismo etico indipendente dell'UE dovrebbe avere la facoltà di avviare procedure di propria iniziativa e condurre indagini documentali e in loco sulla base delle informazioni raccolte o ricevute da terzi, ad esempio da giornalisti, media, ONG, informatori, società civile o dal Mediatore europeo; insiste sul fatto che qualsiasi terza parte che si rivolga in buona fede all'organismo etico indipendente debba essere protetta e che la sua identità debba rimanere anonima; ritiene che, qualora avvii un'indagine di propria iniziativa, tale organismo debba notificare, con un messaggio confidenziale, la persona interessata e l'autorità responsabile dell'applicazione delle sanzioni nelle rispettive istituzioni; è del parere che in un tale caso la rispettiva autorità di tale istituzione, organo o agenzia possa richiedere che l'organismo in questione fornisca una spiegazione;

17.  sottolinea che la richiesta di documenti fiscali e di movimenti bancari è un intervento di diritto privato, per il quale devono sussistere gravi accuse che rientrano nella competenza dell'OLAF;

18.  ribadisce che è necessario che l'organismo protegga gli informatori, in particolare i funzionari pubblici europei, in modo che possano esprimere le loro preoccupazioni sulle possibili violazioni delle norme esistenti senza timore di ritorsioni; propone, a tale riguardo, la supervisione, da parte dell'organismo, dei meccanismi di reclamo interno e riservato contemplati dallo statuto dei funzionari dell'UE e dal regime applicabile agli altri agenti; ricorda che soltanto un ambiente di lavoro che fornisce sicurezza e tutele consentirà ai funzionari pubblici di esprimere le loro preoccupazioni e di contribuire in tal modo al buon lavoro dell'organismo etico indipendente;

19.  ritiene che, per essere pienamente efficiente, l'organismo dovrebbe unire le funzioni degli organi esistenti responsabili per le questioni di etica; reputa che l'organismo dovrebbe offrire consulenza ai deputati al Parlamento europeo o ai commissari qualora richiedano orientamenti in merito a questioni etiche; è del parere che l'organismo dovrebbe formulare raccomandazioni per l'autorità che ha il potere di nomina volte a infliggere misure sanzionatorie, per quanto concerne gli obblighi etici del personale, e che, per quanto attiene ai deputati al Parlamento o ai commissari, esso dovrebbe formulare raccomandazioni per le autorità responsabili delle rispettive istituzioni partecipanti; raccomanda che l'organismo etico formuli raccomandazioni che possano fungere da precedente in casi simili o identici; ritiene che ciò assicurerà efficienza, coerenza e prevedibilità e ridurrà considerevolmente il carico di lavoro, soprattutto per le questioni inerenti al personale nell'eventualità di numerosi casi simili;

20.  reputa che l'organismo etico dell'UE dovrebbe promuovere l'integrità e ad esso dovrebbero essere affidati compiti consultivi al fine di fornire una consulenza affidabile e degna di fiducia a chiunque rientri nel suo ambito di applicazione e desideri chiedere l'interpretazione di una norma etica in relazione alla condotta appropriata in un caso specifico; ritiene che, al fine di garantire un'applicazione coerente delle norme etiche e della prevedibilità, la consulenza dovrebbe essere vincolante per l'organismo etico indipendente dell'UE nella sua posizione sulla stessa questione;

21.  ribadisce che la conferma da parte della commissione giuridica dell'assenza di conflitti di interessi costituisce un presupposto fondamentale per la nomina dei commissari designati e che la commissione giuridica dispone di chiari poteri per respingere i commissari delegati qualora sia accertata la sussistenza di un conflitto di interessi;

22.  ricorda che il Parlamento può ritirare la fiducia a un singolo membro della Commissione, dopodiché il Presidente della Commissione deve chiedere le dimissioni di tale membro ovvero illustrare al Parlamento il motivo del suo rifiuto di farlo nel corso della tornata successiva, in linea con il punto 5 dell'accordo interistituzionale del 20 novembre 2010;

23.  è del parere che l'esame delle dichiarazioni presentate dai commissari designati al fine di dedurre l'esistenza di un conflitto di interessi rivesta un'importanza fondamentale a livello istituzionale e democratico e debba essere svolto con la massima attenzione, impegno e senso di responsabilità mediante un'interpretazione pienamente obiettiva, democratica e indipendente; è del parere che le norme relative all'esame dei potenziali conflitti di interessi dovrebbero applicarsi anche alla dichiarazione del presidente eletto della Commissione;

24.  sottolinea che la decisione in merito ai conflitti di interessi dei commissari designati prima delle audizioni debba rimanere una competenza democratica e istituzionale della commissione giuridica del Parlamento; sottolinea a tale proposito che il futuro organo indipendente dell'UE responsabile delle questioni di etica dovrebbe essere provvisto di adeguati poteri di indagine ed avere accesso ai documenti amministrativi, al fine di metterlo in condizione di effettuare valutazioni motivate e ben documentate; sottolinea la necessità di rispettare pienamente le norme in materia di riservatezza, privacy e protezione dei dati personali nella verifica delle implicazioni di un conflitto di interessi; è del parere che la commissione giuridica dovrebbe avere più tempo a disposizione e che, pur mantenendo pienamente le sue attribuzioni in materia, dovrebbe decidere in merito all'esistenza di un conflitto di interessi dei commissari designati dopo aver ricevuto raccomandazioni non vincolanti, precise e motivate da parte di tale organo etico indipendente dell'UE, cosa che rafforzerebbe la sua azione; ritiene che la commissione giuridica dovrebbe, in definitiva, tenere una discussione sulle raccomandazioni formulate dall'organo indipendente dell'UE responsabile delle questioni di etica; è del parere che le raccomandazioni dovrebbero essere pubblicate unitamente alle dichiarazioni degli interessi finanziari dei commissari designati; ritiene che, al di là del controllo delle dichiarazioni dei commissari designati da parte della commissione giuridica, l'esame dei conflitti di interessi dovrebbe essere eseguito generalmente prima, durante e dopo lo svolgimento di una funzione o impiego pubblico, per tutte le istituzioni, gli organi e gli organismi dell'Unione: ritiene inoltre che dovrebbe essere dotata di risorse, strumenti e competenze sufficienti per effettuare controlli incrociati delle informazioni e individuare quelle necessarie nonché chiedere, se del caso, informazioni complementari;

Composizione

25.  reputa che l'organismo etico dovrebbe essere composto da nove membri – tre selezionati dalla Commissione, tre eletti dal Parlamento e tre nominati di diritto tra gli ex giudici della CGUE, della Corte dei conti e gli ex Mediatori europei; ritiene che, per quanto concerne le questioni inerenti al personale, dovrebbero essere inclusi rappresentanti del personale dell'istituzione della persona interessata; sottolinea che l'allegato II dello statuto dei funzionari dovrebbe essere modificato di conseguenza;

26.  ritiene che i suoi membri debbano essere indipendenti, scelti sulla base delle loro competenze, esperienze e qualità professionali, nonché della loro integrità personale, oltre a vantare precedenti impeccabili per quanto concerne il comportamento etico e fornire una dichiarazione di assenza di conflitti di interessi; è del parere che la composizione dell'organismo debba essere equilibrata sotto il profilo del genere; sottolinea che tutti i membri devono essere indipendenti nell'esercizio delle loro funzioni; ritiene che i membri dovrebbero essere scelti per un periodo di sei anni e che, per un terzo di essi, il mandato dovrebbe essere rinnovato ogni due anni;

27.  chiede che un funzionario responsabile per l'etica si faccia carico della verifica delle dichiarazioni dei candidati; è del parere che i membri debbano lavorare con spirito di collaborazione e di coerenza per quanto riguarda le loro analisi e raccomandazioni; chiede che sia garantito l'equilibrio di genere nella composizione dell'organismo;

28.  ritiene che la composizione dell'organismo etico dovrebbe essere accompagnata da un quadro per l'esercizio del mandato, nonché da una procedura per porre fine allo stesso;

29.  suggerisce che, al fine di garantire un ampio sostegno, il Parlamento elegga i membri dell'organismo con il supporto di una larga maggioranza, possibilmente in modo analogo alla procedura applicata per i membri dell'Autorità per i partiti politici europei e le fondazioni politiche europee oppure per le decisioni concernenti il premio Sacharov;

30.  suggerisce che ciascuna istituzione scelga i predetti membri in particolare tra gli ex giudici della CGUE, gli ex presidenti dell'OLAF e della Corte dei conti, gli ex membri o i membri in carica dei più alti organi giurisdizionali degli Stati membri, gli ex deputati al Parlamento europeo, gli ex membri del personale delle istituzioni e degli organi partecipanti, gli ex Mediatori europei e i membri delle autorità degli Stati membri responsabili delle questioni etiche; propone inoltre che l'organismo elegga un presidente e due vicepresidenti tra i suoi membri; sottolinea che ciò non pregiudica il diritto del personale ad organizzare autonomamente i propri rappresentanti per quanto attiene alle questioni inerenti al personale;

31.  sottolinea la necessità di garantire la diversità dei percorsi e delle competenze indipendenti dei membri; suggerisce di limitare la presenza degli ex deputati al Parlamento europeo e commissari a un terzo della composizione dell'organismo;

32.  raccomanda che il collegio sia coadiuvato da una segreteria dotata di risorse umane, materiali e finanziarie commisurate al suo mandato e ai suoi compiti, che includa un funzionario responsabile per l'etica, a cui spetti la competenza della formazione etica e della consulenza all'interno dell'organismo etico indipendente dell'UE; ritiene che la condivisione del bilancio e del personale attualmente assegnati ai diversi organismi etici dell'UE migliorerebbe l'efficienza dell'utilizzo delle risorse e potrebbe ridurre i costi;

Procedure

33.  ritiene che l'istituzione di un organismo etico dell'UE dovrebbe contribuire alla creazione di una cultura istituzionale basata sostanzialmente sulla prevenzione, sul sostegno e sulla trasparenza; propone a tal fine un approccio in due fasi secondo cui, laddove venga a conoscenza di una violazione o di una possibile violazione delle norme etiche, l'organismo etico dell'UE raccomanderà in primo luogo, entro un termine, azioni volte a porre fine alla violazione; ritiene che questa prima misura preventiva dovrebbe garantire la riservatezza e la segretezza, nonché il diritto della persona di essere ascoltata e di respingere le accuse; suggerisce che, nel caso in cui la persona interessata rifiuti di intraprendere le azioni opportune e la violazione persista, l'organismo etico dell'UE dovrebbe formulare una raccomandazione motivata volta a infliggere misure sanzionatorie e trasmettere tutte le informazioni pertinenti sul caso all'autorità competente, che deciderà come dare seguito alla raccomandazione entro 20 giorni lavorativi;

34.  ritiene che al termine di suddetto periodo la raccomandazione motivata dell'organismo etico indipendente, fatti salvi il regolamento generale sulla protezione dei dati e i diritti personali, dovrebbe essere resa pubblica, unitamente alla decisione dell'autorità competente che dovrebbe fornire una spiegazione qualora non sia stato dato pienamente seguito alle raccomandazioni; ritiene che, come prima misura, la pubblicazione o la trasmissione delle raccomandazioni e delle decisioni adottate possa costituire di per sé una misura sanzionatoria; sottolinea che tale organo non può sostituirsi alla CGUE; suggerisce che, in casi eccezionali, laddove l'autorità competente giustifichi debitamente che sia necessario più tempo per indagare sul caso, quest'ultima può chiedere all'organismo etico di prorogare il termine per l'adozione di una decisione fino a 20 giorni lavorativi; ritiene che tale approccio in due fasi dovrebbe applicarsi laddove la persona abbia avuto fondati motivi per ritenere che le informazioni fossero veritiere al momento della loro divulgazione, e raccomanda che i casi di violazione intenzionale, negligenza grave, occultamento delle prove e inadempimento dell'obbligo di cooperazione dovrebbero essere considerati fattori aggravanti in relazione alle raccomandazioni per l'imposizione di misure sanzionatorie, anche se la violazione stessa è cessata;

35.  chiede disposizioni chiare che conferiscano alla persona interessata il diritto di ricorrere contro qualsiasi decisione in tal senso adottata dal Presidente, nel pieno rispetto dei princìpi fondamentali dello Stato di diritto;

36.  ritiene che, come regola generale, l'organismo etico dell'UE dovrebbe decidere a maggioranza semplice dei suoi membri;

37.  insiste sulla necessità di applicare le procedure stabilite dai trattati, come il trasferimento delle indagini dalla Corte dei conti europea all'OLAF e alla CGUE;

Disposizioni generali

38.  è del parere che l'organismo etico dell'UE dovrebbe condurre studi ed elaborare statistiche annuali sulle dichiarazioni di interessi finanziari, sui casi di "porte girevoli" e su altre informazioni pertinenti e dovrebbe pubblicare una relazione annuale contenente sia informazioni sull'adempimento dei propri compiti sia, se del caso, raccomandazioni volte a migliorare le norme etiche, da presentare al Parlamento europeo; raccomanda che la relazione annuale includa il numero di casi indagati, le istituzioni da cui provengono le persone, il tipo di violazioni commesse, la durata delle procedure, il periodo di tempo necessario per porre fine alla violazione, la percentuale di sanzioni decise e di raccomandazioni;

39.  ritiene che l'AII dovrebbe contemplare una clausola di revisione che garantisca che, al più tardi due anni dopo l'istituzione dell'organismo etico, le istituzioni partecipanti siano in grado di svolgere una valutazione generale delle sue attività, compresa un'analisi del funzionamento delle norme e delle procedure e dell'esperienza acquisita nell'applicazione delle stesse; sottolinea, in particolare, che tale clausola di revisione dovrebbe incentrarsi sulla valutazione dell'efficacia dell'attuazione del mandato dell'organismo etico dell'UE, e pone in evidenza che la valutazione del Parlamento dovrebbe prendere in considerazione il contributo fornito dall'organismo etico stesso;

40.  ritiene che il nuovo organismo etico dell'UE dovrebbe avere la competenza di contribuire, attraverso proposte, allo sviluppo e all'aggiornamento periodico di un quadro etico comune per le istituzioni dell'UE, comprese norme comuni e un modello comune per le dichiarazioni di interessi finanziari in un formato leggibile e una proposta di modifica delle sue competenze da presentare dinanzi al Parlamento europeo; ritiene che le norme etiche di tutte le istituzioni, agenzie e organi dovrebbero essere armonizzate il prima possibile; è del parere che debba essere elaborato uno statuto dei commissari conformemente alla procedura legislativa ordinaria;

41.  suggerisce che l'organismo etico indipendente si adoperi per una definizione comune di conflitto di interessi da parte delle istituzioni dell'UE, sulla base degli standard più elevati; sottolinea che molti Stati membri hanno disposizioni rigorose; osserva la definizione di conflitti di interessi fornita dall'OSCE: quando un individuo o una società (privata o governativa) è in grado di sfruttare la propria professione o capacità ufficiale in qualche modo a vantaggio personale o aziendale;

42.  chiede la massima trasparenza in tutte le riunioni organizzate dall'organismo etico e con il coinvolgimento dello stesso, con attori privati e con i loro rappresentanti, comprese organizzazioni con e senza fini di lucro;

43.  insiste sul fatto che, fatte salve le competenze del Parlamento di cui al paragrafo 24, le raccomandazioni dell'organismo etico dell'UE dovrebbero essere adeguatamente motivate, ben documentate e accessibili ai membri o al personale nonché all'istituzione interessata; ritiene che le istituzioni partecipanti dovrebbero impegnarsi a cooperare pienamente in tutte le procedure che rientrano nell'ambito di applicazione dell'AII concordato, in particolare per comunicare all'organismo etico indipendente dell'UE tutte le informazioni e i documenti necessari per il corretto controllo delle norme etiche; pone in evidenza che le attività svolte dall'organismo etico dovrebbero essere oggetto di eventuali denunce dinanzi al Mediatore europeo, e sottolinea che le decisioni delle istituzioni partecipanti adottate sulla base delle raccomandazioni continuino a essere soggette al controllo della CGUE;

44.  ritiene che il miglioramento dell'integrità, della trasparenza, della responsabilità nonché dei più elevati standard di comportamento etico delle istituzioni dell'UE e dei processi decisionali dell'UE dovrebbero far parte degli argomenti trattati nell'ambito della Conferenza sul futuro dell'Europa; sottolinea che ciò rappresenta l'occasione per i cittadini europei di discutere in merito a un'eventuale modifica dei trattati e che garantirebbe una chiara base giuridica per introdurre un organismo etico indipendente dell'UE per tutte le istituzioni attraverso la procedura legislativa ordinaria;

45.  invita l'organismo etico indipendente a dare l'esempio in materia di trasparenza pubblicando tutte le raccomandazioni, le relazioni annuali, le decisioni e le spese in un formato aperto leggibile meccanicamente a disposizione di tutti i cittadini e in conformità delle norme applicabili in materia di protezione dei dati; raccomanda vivamente che qualsiasi software sviluppato per rispettare gli standard etici nella pubblica amministrazione dell'UE sia messo a disposizione sotto licenza di software gratuito e open source e sia condiviso con qualsiasi istituzione europea che desideri utilizzarlo; chiede a tale riguardo una stretta collaborazione con il Garante europeo della protezione dei dati;

46.  invita gli Stati membri a provvedere affinché le cause penali correlate alle violazioni delle norme in materia di integrità, soprattutto quelle che riguardano i deputati al Parlamento europeo e i politici nazionali che svolgono un ruolo nel processo decisionale dell'UE, vengano trattate in modo efficiente e senza indebito ritardo;

47.  deplora, con preoccupazione, che vi è una mancanza di considerazione di misure di prevenzione e attuazione atte a prevenire i conflitti di interessi nel quadro delle procedure di appalto pubblico della Commissione;

48.  rileva che l'applicazione delle norme vigenti per i commissari dell'UE, i deputati al Parlamento europeo e i funzionari dell'UE ha denotato eccessive carenze; rammenta che, secondo una relazione di Transparency International EU, all'inizio del 2017 più del 50 % degli ex commissari e il 30 % degli ex deputati al Parlamento europeo che avevano lasciato la politica lavoravano per organizzazioni iscritte nel registro per la trasparenza dell'UE; sottolinea, in particolare per i deputati eletti, la necessità di trasparenza e rendicontabilità rispetto agli impegni personali e finanziari; sottolinea che le questioni di trasparenza e integrità a livello dell'UE e a livello nazionale sono fortemente interconnesse; sostiene pertanto l'operato del Gruppo di Stati del Consiglio d'Europa contro la corruzione (GRECO) e invita gli Stati membri ad attuarne le raccomandazioni, in particolare quelle riguardanti la creazione di un codice di condotta rigoroso dei politici nazionali e l'introduzione di norme relative alle attività esercitate dopo una carica pubblica;

49.  chiede un rafforzamento dell'attuale quadro normativo e di applicazione per i conflitti di interessi che possano precedere e seguire una carica pubblica, al fine di stabilire delimitazioni adeguate, chiare, vincolanti e proporzionate tra il settore pubblico e i settori privato e senza scopo di lucro e, in tal modo, migliorare la credibilità del processo decisionale dell'UE agli occhi del grande pubblico;

50.  sottolinea che le situazioni di conflitto di interessi riconducibili ad attività esercitate dopo una carica pubblica e al fenomeno delle "porte girevoli" sono un ricorrente motivo di preoccupazione di carattere sistematico e un problema comune delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell'UE; raccomanda l'adozione di periodi di riflessione armonizzati e adeguati in tutte le istituzioni dell'UE nonché il rafforzamento della loro applicazione; ritiene che le situazioni di conflitto di interessi potrebbero pregiudicare l'integrità delle istituzioni e delle agenzie dell'Unione, compromettendo così la fiducia dei consumatori nei loro confronti; sottolinea l'esigenza di allineare e applicare la pertinente legislazione e i codici di condotta dell'UE, anche allo scopo di richiedere la piena trasparenza in relazione agli incarichi o ai progetti assunti da funzionari di alto livello dell'UE dopo la cessazione della funzione pubblica e in relazione a qualsiasi attività collaterale svolta dai deputati al Parlamento europeo; è del parere che le norme relative alla prevenzione dei conflitti di interessi dopo funzioni o impieghi pubblici dovrebbero essere applicabili entro un periodo di tempo ragionevole, rispettando nel contempo le norme in materia di compensazione adeguata; sottolinea la necessità di trarre insegnamenti dalle migliori pratiche degli Stati membri che dispongono già di autorità nazionali responsabili di questioni etiche dotate delle pertinenti competenze; sottolinea che sussistono pratiche nazionali diverse per quanto riguarda l'applicazione di norme etiche; osserva che in alcuni Stati membri i rappresentanti eletti sono tenuti ad astenersi dal votare su questioni nelle quali abbiano un interesse personale e conseguentemente chiede ai deputati al Parlamento europeo di astenersi dall'assumere l'incarico di relatore in casi simili; rammenta, in tale contesto, le disposizioni di cui agli articoli 2 e 3 del codice di condotta dei deputati al Parlamento europeo in materia di interessi finanziari e conflitti di interessi;

51.  sottolinea che, in assenza di un apposito meccanismo, la Mediatrice europea si è occupata della gestione delle denunce relative ai conflitti di interessi in aggiunta alle sue altre mansioni e senza disporre dei mezzi e del potere adeguati per imporre il rispetto delle sue decisioni;

52.  sottolinea che un organismo indipendente dell'UE responsabile delle questioni di etica non sarà sufficiente, di per sé, per far fronte alle situazioni di conflitto di interessi all'interno delle istituzioni e delle agenzie dell'UE; ritiene che il riesame delle norme dell'UE in materia di etica e integrità possa includere misure quali la proroga dei periodi di notifica e di incompatibilità degli alti funzionari in modo proporzionato e caso per caso, sempre nel rispetto della parità di trattamento conformemente all'articolo 15 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, il rafforzamento della direttiva 2014/24/UE(4) sugli appalti pubblici, la cessione obbligatoria di partecipazioni in imprese soggette all'autorità dell'istituzione cui appartiene un funzionario di nuova nomina o che intrattengono rapporti con tale istituzione, ricusazione obbligatoria per le questioni che interessano un ex datore di lavoro del settore privato, e divieti per commissari e alti funzionari delle istituzioni e agenzie dell'UE di possedere individualmente titoli azionari durante il loro mandato; invita nuovamente la Commissione a valutare la possibilità di proporre un riesame del quadro giuridico pertinente;

53.  ritiene che periodi di incompatibilità più lunghi per gli alti funzionari che lasciano un'agenzia o un'istituzione, purché si basino su una procedura oggettiva che preveda criteri chiari, costituiscano misure giuridiche giustificate onde proteggere l'interesse pubblico e l'integrità degli organismi pubblici;

54.  esprime preoccupazione per le procedure di nomina degli alti funzionari dell'UE, per la gestione dei conflitti di interessi dei commissari e le violazioni del codice di condotta dei deputati al Parlamento europeo, nonché per il controllo degli obblighi di trasparenza e la verifica del rispetto delle norme in materia di "porte girevoli";

55.  ritiene che le istituzioni dell'UE dovrebbero applicare i più elevati standard etici per prevenire casi di "porte girevoli" e conflitti di interessi, anche per quanto riguarda le nomine a posizioni di alto livello nelle istituzioni e nelle agenzie dell'UE;

56.  ritiene che le procedure di selezione dei candidati per le posizioni di alto livello dovrebbero essere svolte sulla base di criteri del tutto oggettivi e dovrebbero essere pienamente trasparenti per il pubblico; sottolinea che dovrebbe essere predisposto un quadro di riferimento per domande e obiezioni, unitamente a procedure di follow-up aperte e al potere di annullare decisioni di cui è stata dimostrata l'inadeguatezza in termini di trasparenza e integrità; sottolinea che le procedure dovrebbero essere valutate regolarmente al fine di monitorarne l'efficacia e, se del caso, apportare migliorie;

57.  sottolinea che il Parlamento deve svolgere un ruolo fondamentale nel processo di miglioramento dell'attuale sistema di controllo etico dell'UE applicabile a tutte le istituzioni, agenzie e organi dell'UE, al fine di rafforzare la fiducia dell'opinione pubblica nei processi decisionali dell'UE;

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58.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.

(1) GU C 337 del 20.9.2018, pag. 120.
(2) Testi approvati, P9_TA(2020)0327.
(3) GU L 262 del 7.10.2005, pag. 1.
(4) Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 65).

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