Risoluzione del Parlamento europeo del 20 gennaio 2022 sulla crisi politica in Sudan (2022/2504(RSP))
Il Parlamento europeo,
– viste le sue precedenti risoluzioni sul Sudan,
– vista la discussione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sul Sudan del 12 gennaio 2022,
– vista la dichiarazione rilasciata il 4 gennaio 2022 dall'UE, dal Regno Unito, dalla Norvegia e dagli Stati Uniti a seguito delle dimissioni del primo ministro sudanese,
– vista la dichiarazione attribuibile al rappresentante speciale del Segretario generale per il Sudan, dell'8 gennaio 2022, relativa all'annuncio di colloqui su una transizione politica in Sudan,
– vista la dichiarazione rilasciata il 21 novembre 2021 dal presidente della Commissione dell'Unione africana sull'accordo politico raggiunto in Sudan,
– vista la dichiarazione del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR), del 18 gennaio 2022, sugli ultimi sviluppi in Sudan,
– vista la dichiarazione del 18 novembre 2021 nella quale l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ha condannato l'uccisione di manifestanti pacifici in Sudan,
– vista la risoluzione n. 2524 (2020) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che istituisce la missione integrata di assistenza delle Nazioni Unite per la transizione in Sudan (UNITAMS),
– visto il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1966, di cui il Sudan è parte,
– vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948,
– vista la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli,
– visto il codice di condotta delle Nazioni Unite per i pubblici ufficiali incaricati dell'applicazione della legge,
– vista la dichiarazione costituzionale del Sudan dell'agosto 2019,
– visto l'accordo di Giuba per la pace in Sudan dell'ottobre 2020,
– vista l'Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile,
– vista la strategia comune Africa-UE,
— vista la risoluzione dell'Assemblea parlamentare paritetica del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) e dell'Unione europea, dell'11 marzo 2021, sulla democrazia e il rispetto delle costituzioni negli Stati membri dell'UE e nei paesi ACP,
– visti l'articolo 144, paragrafo 5, e l'articolo 132, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che, prima del colpo di Stato del 25 ottobre 2021, i leader militari e civili del Sudan avevano condiviso il potere dall'agosto 2019, dopo la destituzione del leader autoritario Omar al-Bashir in seguito alle manifestazioni che chiedevano un governo civile; che l'accordo di condivisione del potere tra militari e civili ha portato alla creazione del Consiglio di sovranità, che esercita collettivamente la funzione di capo di Stato del paese;
B. considerando che il Consiglio di sovranità era inizialmente composto da cinque civili nominati dalle Forze per la libertà e il cambiamento (FLC), cinque rappresentanti militari scelti dal Consiglio militare di transizione (CMT) e un civile designato di comune accordo tra le FLC e il CMT; che, conformemente alla dichiarazione costituzionale sudanese del 2019, per i primi 21 mesi dei 39 previsti per il periodo di transizione, il presidente del Consiglio di sovranità doveva essere scelto dai cinque membri militari del Consiglio e, per i successivi 18 mesi, dai cinque membri civili designati dalle FLC; che la transizione dall'attuale presidente, il generale Abdel Fattah Al-Burhan, al governo civile sarebbe dovuta avvenire il 9 dicembre 2021; che, conformemente al documento costituzionale che disciplina il periodo di transizione, entro luglio 2023 in Sudan dovrebbero tenersi elezioni parlamentari;
C. considerando che l'accordo di condivisione del potere del 2019 è stato rotto il 25 ottobre 2021, quando il capo militare Abdel Fattah Al-Burhan ha organizzato un colpo di Stato, dichiarato lo stato di emergenza, sciolto il Consiglio di sovranità che condivideva il potere, destituito il governo civile e arrestato temporaneamente il primo ministro Abdalla Hamdok, la sua squadra di ministri, nonché altri attivisti e personalità politiche, il che ha portato a condanne internazionali e scatenato proteste diffuse in Sudan; che tale colpo di Stato ha posto fine alla transizione verso un Consiglio di sovranità a guida civile;
D. considerando che il 21 novembre 2021 Hamdok ha firmato un accordo con il generale Al-Burhan, in base al quale è stato liberato dagli arresti domiciliari e gli è stato consentito di continuare a ricoprire il ruolo di primo ministro; che Hamdok ha acconsentito a riprendere la sua posizione al fine di proseguire le riforme democratiche e di guidare un nuovo governo tecnocratico fino allo svolgimento delle elezioni; che molti attivisti a favore della democrazia, gruppi della società civile e leader civili hanno respinto tale accordo; che il primo ministro Hamdok si è dimesso il 2 gennaio 2022 a seguito di manifestazioni a favore della democrazia in tutto il paese, affermando che i generali militari si opponevano a un rafforzamento del governo civile;
E. considerando che il generale Al-Burhan ha nominato personalità legate al regime di al-Bashir per ricoprire posizioni chiave, anche nei media pubblici e nella banca centrale, e ha destituito il procuratore generale e i leader di un comitato che indagava sui guadagni illeciti realizzati durante i tre decenni del regime di al-Bashir; che il 24 dicembre 2021 Al-Burhan ha conferito ai servizi di intelligence, alle Forze di supporto rapido e all'esercito il potere di perquisire, trattenere, interrogare e confiscare beni, facoltà che in precedenza erano state concesse esclusivamente alla polizia e ai procuratori; che ai membri di tali forze è stata altresì concessa l'immunità all'azione penale, che può essere revocata unicamente dai capi del Consiglio di sovranità stesso;
F. considerando che, a seguito del colpo di Stato militare del 25 ottobre 2021, i cittadini continuano a organizzare manifestazioni pacifiche di massa contro l'esercito, che ha continuato a rispondere con violenza e forza estrema, anche con l'uso di munizioni attive, gas lacrimogeni e granate stordenti, causando la morte di almeno 70 manifestanti, mentre centinaia di persone sono rimaste ferite e sono state arrestate;
G. considerando che, secondo quanto riferito, le forze di sicurezza hanno fatto ricorso alla violenza sessuale e che le Nazioni Unite stanno attualmente indagando sulle denunce di 13 donne e ragazze che sarebbero state vittime di stupri o stupri di gruppo, mentre altre donne sono state oggetto di molestie sessuali da parte delle forze di sicurezza durante le manifestazioni a Khartoum il 19 dicembre 2021; che si sono registrate chiusure di Internet generalizzate e interruzioni delle comunicazioni, oltre alle segnalazioni di giornalisti presi di mira e arbitrariamente arrestati e attaccati;
H. considerando che le donne e i giovani sudanesi hanno svolto un ruolo chiave nella transizione del paese verso la democrazia; che le donne, in particolare nei primi tempi del movimento democratico, sono state ripetutamente vittime di violenza, compresa la violenza sessuale, e che gli autori di tali crimini disumani non sono ancora stati puniti;
I. considerando che vi sono state segnalazioni allarmanti di casi in cui le forze di sicurezza sono entrate negli ospedali per arrestare i manifestanti, impedire alle persone ferite di ricevere cure e minacciare e intimidire il personale medico; che dal novembre 2021 l'Organizzazione mondiale della sanità ha denunciato 15 attacchi contro gli operatori sanitari e le strutture sanitarie;
J. considerando che la risposta alle proteste viola, tra gli altri diritti fondamentali, il diritto alla libertà di riunione, di associazione e di espressione, il diritto alla libertà personale e il divieto di tortura e maltrattamenti, che sono garantiti dai trattati regionali e internazionali di cui il Sudan è parte;
K. considerando che la situazione dei diritti umani in Sudan continua a peggiorare e che gli attivisti della società civile sudanese sono stati sempre più presi di mira negli ultimi mesi; che, secondo quanto riferito, diversi attivisti sono scomparsi e che i loro resti successivamente ritrovati mostrano chiari segni di tortura; che civili, difensori dei diritti umani, attivisti, giornalisti e leader politici sono stati arbitrariamente arrestati e detenuti in isolamento;
L. considerando che l'8 gennaio 2022 l'UNITAMS ha avviato consultazioni per ripristinare la transizione democratica al fine di invitare i militari, i gruppi ribelli, i partiti politici, i movimenti di protesta, la società civile e i gruppi femminili a partecipare al processo; che, sebbene tale iniziativa sia stata accolta con ampio favore sia in Sudan che a livello internazionale, alcuni segmenti della società continuano a opporsi fermamente a qualsiasi accordo di condivisione del potere con personalità militari;
M. considerando che i cittadini sudanesi continuano a far fronte a un vertiginoso aumento dell'inflazione, che secondo il Programma alimentare mondiale (PAM) delle Nazioni Unite registra un aumento su base annua superiore al 300 %, e ad aumenti estremi del prezzo del carburante e dei prodotti di base, unitamente alla mancanza di servizi di base, il che impedisce a molti di soddisfare i propri bisogni di base e di provvedere ai propri mezzi di sussistenza e aggrava il senso di frustrazione tra i manifestanti; che il primo ministro Hamdok ha svolto un ruolo chiave nel negoziare un alleviamento del debito e convincere gli Stati Uniti a eliminare il Sudan dall'elenco degli Stati sostenitori del terrorismo; che numerosi comandanti militari controllerebbero circa 250 imprese in settori fondamentali dell'economia sudanese, quali le esportazioni di oro, gomma e carne;
N. considerando che nel 2021 il Fondo monetario internazionale (FMI) ha concesso al Sudan un prestito di 2,5 miliardi di USD e, insieme alla Banca mondiale, ha approvato la richiesta del Sudan di riduzione del debito nel quadro dell'Iniziativa per il debito dei paesi poveri fortemente indebitati, che richiede l'adozione di ampie riforme economiche, compresa l'eliminazione di alcune sovvenzioni; che tale soluzione rischia di essere compromessa dal colpo di Stato;
O. considerando che, a seguito del colpo di Stato, l'Unione africana ha sospeso il Sudan da tutte le sue attività; che diversi Stati e organizzazioni multilaterali, compreso l'FMI, hanno congelato gli aiuti esteri e sospeso le erogazioni; che l'UE ha annunciato che il suo sostegno al Sudan sarà compromesso se non sarà ripristinato l'ordine costituzionale; che numerosi paesi terzi sono attivamente coinvolti in Sudan, anche attraverso la fornitura di armi, il sostegno politico e i flussi di capitali connessi alle materie prime e all'oro; che tali paesi svolgono un ruolo nella stabilità della regione e rappresentano obiettivi e strategie a lungo termine diversi; che tali divergenze di interessi rappresentano una sfida per l'ulteriore sviluppo del Sudan e della regione e stanno aggravando le già elevate tensioni nel Corno d'Africa, il che non favorirà una soluzione politica alla situazione in Etiopia;
P. considerando che la situazione in materia di sicurezza continua a peggiorare in tutto il Sudan, segnatamente nel Darfur orientale, dove centinaia di civili hanno perso la vita e migliaia di persone sono rimaste sfollate, senza contare gli sfollamenti e gli omicidi di massa nel Kordofan meridionale; che, secondo le Nazioni Unite, nel 2022 6,2 milioni di civili necessiteranno di assistenza umanitaria e che, secondo il PAM, 2,7 milioni di persone vivono in condizioni di grave insicurezza alimentare; che la situazione umanitaria è stata aggravata dalla crisi della COVID-19 e dall'afflusso di rifugiati che fuggono dal conflitto in Etiopia;
Q. considerando che il 4 agosto 2021 il gabinetto sudanese ha deciso all'unanimità di diventare Stato parte dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale (CPI), in attesa dell'approvazione da parte del Consiglio di sovranità, e che, di conseguenza, il Sudan sarebbe tenuto a consegnare tutti i sospettati accusati dalla CPI di crimini commessi nel Darfur tra il 2003 e il 2004, compreso l'ex presidente Omar al-Bashir; che purtroppo non si sono registrati progressi nell'istituzione del tribunale penale speciale per il Darfur, come previsto dall'accordo di Giuba;
R. considerando che il 3 giugno 2021 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha prorogato fino al giugno 2022 il mandato dell'UNITAMS, incaricata di assistere le autorità sudanesi durante la transizione verso la democrazia;
S. considerando che, dal settembre 2019, l'UE ha fornito oltre 88 milioni di EUR in assistenza allo sviluppo, principalmente attraverso il Fondo fiduciario di emergenza dell'UE per l'Africa, per sostenere le riforme politiche ed economiche volte a contribuire alla pace e alla stabilità in Sudan;
T. considerando che il 12 novembre 2021 l'Alta Commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani Michelle Bachelet ha designato Adama Dieng quale esperto in materia di diritti umani in Sudan; che Dieng è stato incaricato di preparare una relazione scritta che l'Alta Commissaria presenterà al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite durante la sua 50a sessione, nel giugno 2022;
1. deplora l'uccisione di numerosi manifestanti sudanesi e il ferimento di altre centinaia di persone, anche infliggendo loro violenze sessuali, per mano dei servizi di sicurezza e di altri gruppi armati dopo il colpo di Stato militare del 25 ottobre 2021; sottolinea il diritto del popolo sudanese di riunirsi ed esercitare i suoi diritti fondamentali affinché sia ripristinata la democrazia e siano soddisfatti i suoi bisogni fondamentali; invita tutte le parti interessate sudanesi a rispettare lo Stato di diritto, come stabilito nella dichiarazione costituzionale del 2019;
2. condanna il colpo di Stato militare del 25 ottobre 2021 e ricorda la necessità urgente che la leadership militare sudanese rinnovi il suo impegno a favore della transizione democratica del paese e risponda alle richieste di libertà, pace e giustizia del popolo sudanese; chiede che i dirigenti militari sudanesi definiscano tempistiche e processi chiari per il ritorno alla transizione concordata in precedenza, anche istituendo i rami esecutivo, legislativo e giudiziario del governo, creando meccanismi di responsabilità e ponendo le basi per le elezioni;
3. condanna tutti gli atti di violenza contro manifestanti pacifici, attivisti, giornalisti e tutte le altre persone che esercitano pacificamente il loro diritto alla libertà di espressione, associazione o riunione; chiede che le persone attualmente detenute senza capi d'accusa e senza processo siano immediatamente rilasciate, che le persone accusate di reati abbiano pieno accesso alla rappresentanza legale e che lo stato di emergenza sia immediatamente revocato; invita le autorità sudanesi a porre fine immediatamente a tutte le detenzioni illegali e le sparizioni forzate; ricorda che le forze armate sudanesi non hanno assolutamente l'autorità giuridica di trattenere civili o svolgere funzioni di contrasto, in quanto, dal 21 gennaio 2021, i poteri di arresto e detenzione di civili sono attribuiti unicamente alla polizia e ai pubblici ministeri; condanna la chiusura continuativa dei servizi Internet;
4. condanna fermamente gli attacchi che, in base a segnalazioni, sarebbero stati sferrati dalle forze di sicurezza a strutture mediche; invita le autorità sudanesi a consentire a tutte le persone ferite di ricevere cure mediche; ricorda che gli attacchi mirati contro operatori sanitari, pazienti e strutture mediche costituiscono una flagrante violazione del diritto internazionale umanitario;
5. chiede che siano condotte indagini indipendenti sulle morti e sulle violenze a esse associate e che i responsabili siano chiamati a rispondere delle loro azioni; sostiene gli appelli a favore di una missione internazionale indipendente di accertamento dei fatti che indaghi sulle denunce relative alle violenze inflitte ai manifestanti dopo il colpo di Stato militare dell'ottobre 2021; invita l'UE e i suoi Stati membri a collaborare con gli organismi regionali e internazionali per facilitare tale processo e monitorare da vicino gli eventi nel paese, garantendo che tutte le violazioni dei diritti umani siano oggetto di indagini in modo che i responsabili possano essere perseguiti; sottolinea che le indagini analoghe aventi per oggetto i crimini commessi sia durante il governo di Omar al-Bashir che durante il periodo di transizione del 2019 devono continuare;
6. sostiene fermamente gli sforzi profusi dall'UNITAMS per facilitare le discussioni intese a risolvere la crisi politica; invita tutti gli attori politici sudanesi a impegnarsi in questo dialogo per ripristinare la transizione verso un governo civile, in linea con la dichiarazione costituzionale del 2019, e a perseguire il desiderio del popolo sudanese di ottenere una maggiore libertà, democrazia, pace, giustizia e prosperità; è fermamente convinto che la nomina del nuovo primo ministro civile e del nuovo gabinetto debba avvenire proprio alla luce di un siffatto dialogo interno al paese, in modo da garantire la loro credibilità e la loro accettazione da parte della società civile sudanese, la quale ha fatto capire chiaramente che rifiuta qualsiasi forma di governo autoritario e desidera una transizione autentica e permanente verso la democrazia; invita tutti gli attori regionali ad agire in buona fede, a sostenere un governo civile e ad astenersi dal dare sostegno alle forze di supporto rapido, i cui membri devono essere immediatamente rimossi dalle attività di polizia e di contrasto, nell'interesse della sicurezza pubblica in Sudan;
7. sottolinea che, in linea con la dichiarazione costituzionale del 2019, il processo di riforma deve essere inclusivo e a guida sudanese, individuando tempistiche e processi chiari per l'istituzione di un potere legislativo e di una magistratura indipendente, creando meccanismi di responsabilità e organizzando quanto prima elezioni inclusive, eque e trasparenti; sottolinea che il dialogo deve essere pienamente inclusivo e rappresentativo dei gruppi precedentemente emarginati, tra cui le donne, i giovani e le minoranze; invita l'UE e i suoi Stati membri a sostenere attivamente tale processo;
8. condanna ed esprime profonda preoccupazione per l'allarmante aumento della violenza nel Darfur e nel Kordofan meridionale; invita gli osservatori internazionali a concentrare nuovamente la loro attenzione sul Darfur e sul Kordofan meridionale al fine di proteggere la popolazione locale dalla violenza, dai danni e dagli sfollamenti di massa;
9. chiede che i servizi di sicurezza e altri gruppi armati cessino immediatamente di ricorrere alla violenza contro i civili e gli operatori umanitari in tutto il paese, in particolare nel Darfur; condanna il saccheggio avvenuto il 29 dicembre 2021, per mano delle milizie locali, nel deposito alimentare del PAM delle Nazioni Unite sito a El Fasher nel Darfur settentrionale, che contiene alimenti destinati a centinaia di migliaia di persone in condizioni di insicurezza alimentare nella zona, e sottolinea con fermezza che gli aiuti umanitari non dovrebbero mai essere un bersaglio in un conflitto;
10. ribadisce la richiesta che l'ex presidente Omar al-Bashir sia chiamato a rispondere delle violazioni dei diritti umani perpetrate nei confronti di civili sudanesi sotto il suo governo autoritario, tra cui figurano il genocidio, crimini di guerra e crimini contro l'umanità; è favorevole alla sua estradizione, come pure a quella dell'ex ministro della Difesa Abdelrahim Mohamed Hussein e dell'ex ministro degli Affari umanitari Ahmed Haroun, dinanzi alla CPI per la loro complicità nella guerra del Darfur;
11. ribadisce la sua richiesta che il Sudan ratifichi lo Statuto di Roma della CPI, cooperi pienamente con la CPI e dia esecuzione ai mandati d'arresto pendenti; invita il Sudan a destituire i funzionari e gli agenti delle forze di sicurezza coinvolti in gravi violazioni dei diritti umani e crimini di guerra; esorta tutti gli attori politici a dare la priorità alla creazione della Corte penale speciale del Darfur, come stabilito nella dichiarazione di Juba del 2006 sull'unità e l'integrazione tra l'Esercito di liberazione del popolo sudanese e le forze di difesa del Sud Sudan;
12. invita il Sudan a denunciare gli sforzi compiuti dall'esercito sudanese per mantenere la proprietà e il controllo delle industrie e delle imprese strategiche, invertendo così il processo di riforma; invita la Commissione a istituire meccanismi approfonditi di dovuta diligenza per quanto riguarda i rapporti con tali settori e a utilizzare appieno, se del caso, le disposizioni del regime globale di sanzioni dell'UE in materia di diritti umani nei confronti delle persone;
13. condanna il tentativo dell'esercito di minare le istituzioni sudanesi licenziando i funzionari pubblici che erano stati nominati durante il periodo di transizione e sostituendoli con altri allineati al precedente regime di al-Bashir; sottolinea che i funzionari pubblici licenziati dal regime devono essere reintegrati;
14. sostiene la dichiarazione del VP/AR del 18 novembre 2021 secondo cui, se l'ordine costituzionale non sarà pienamente ripristinato, vi saranno gravi conseguenze per quanto riguarda il sostegno finanziario dell'UE; sottolinea, tuttavia, la necessità di mantenere l'assistenza dell'UE per quanto riguarda la fornitura di servizi di base quali la sanità e l'istruzione; si compiace, pertanto, del contributo di 10 milioni di EUR destinato ad assistenza alimentare di primo soccorso fornito al PAM in Sudan nel dicembre 2021 per mezzo della Direzione generale per la protezione civile e le operazioni di aiuto umanitario della Commissione, in aggiunta al contributo di 13 milioni di EUR ricevuto all'inizio del 2021;
15. esprime preoccupazione per il fatto che la cooperazione dell'UE con il Sudan in materia di migrazione sia utilizzata dal regime come espediente per consolidare la sua capacità di controllo e oppressione nei confronti della popolazione, ad esempio mediante il rafforzamento delle capacità di sorveglianza, anche alle frontiere, e la fornitura di attrezzature; chiede, pertanto, all'UE di assicurare la totale trasparenza in relazione ai progetti che coinvolgono il Sudan nel settore della sicurezza, anche per quanto riguarda tutte le attività previste e i beneficiari di finanziamenti nazionali e dell'UE; sottolinea la necessità di esaminare costantemente l'approccio dell'UE in materia di migrazione, sviluppo sostenibile, aiuti umanitari e buon governo, rafforzando nel contempo la società civile e incoraggiando le riforme democratiche, con l'obiettivo di giungere a uno sviluppo politico inclusivo in Sudan;
16. ribadisce la sua richiesta di vietare in tutta l'UE l'esportazione, la vendita, l'aggiornamento e la manutenzione di tutti i tipi di dispositivi di sicurezza che siano o possano essere utilizzati per la repressione interna, compresa la tecnologia di sorveglianza di Internet, a favore di Stati che presentano una situazione deplorevole dei diritti umani, come il Sudan; chiede con urgenza che altri paesi della regione seguano l'esempio;
17. invita la comunità internazionale a unirsi all'UE nel sostenere la società civile e gli attori democratici e ricorda ai paesi terzi, in particolare agli attori regionali con una forte presenza e influenza in Sudan, la loro responsabilità internazionale e l'importante contributo che potrebbero apportare a un Sudan libero, pacifico e democratico, cosa che, a lungo termine, sarebbe nell'interesse di tutti gli attori di cui sopra;
18. invita la delegazione dell'UE in Sudan e le rappresentanze degli Stati membri in Sudan ad applicare pienamente gli orientamenti dell'UE sui difensori dei diritti umani, anche chiedendo di visitare le carceri, osservando i processi, rilasciando dichiarazioni pubbliche, sollevando casi presso le autorità a tutti i livelli e rilasciando, se del caso, visti di emergenza;
19. chiede che si tenga una discussione attiva sulla situazione in Sudan durante la prossima riunione del Consiglio "Affari esteri" dell'UE il 24 gennaio 2022;
20. riconosce e apprezza gli sforzi profusi da Annette Weber, rappresentante speciale dell'UE per il Corno d'Africa, Volker Perthes, rappresentante speciale per il Sudan del Segretario generale delle Nazioni Unite e capo dell'UNITAMS, con i suoi buoni uffici, e Adama Dieng, esperto delle Nazioni Unite per i diritti umani in Sudan, e ribadisce il suo pieno sostegno al loro importante lavoro; esprime gratitudine per il notevole lavoro svolto dal personale della delegazione dell'UE in Sudan, come pure dagli uffici delle Nazioni Unite e di altre organizzazioni internazionali;
21. esprime gratitudine al Sudan per gli sforzi messi in campo al fine di dare rifugio ai circa 70 000 rifugiati provenienti dall'Etiopia che attualmente risiedono in Sudan;
22. invita l'Unione africana e altre organizzazioni regionali quali l'Autorità intergovernativa per lo sviluppo e il Mercato comune dell'Africa orientale e australe a impegnarsi attivamente con il Sudan e a sostenere gli sforzi per garantire una transizione democratica pacifica e duratura;
23. incarica la sua Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, alle autorità del Sudan, all'Unione Africana, al Segretario generale delle Nazioni Unite, all'Autorità intergovernativa per lo sviluppo, al Mercato comune dell'Africa orientale e australe, al governo e al parlamento d'Egitto, al Consiglio di cooperazione del Golfo, ai copresidenti dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE e al Parlamento panafricano.