Libera circolazione delle persone

La libertà di circolazione e soggiorno delle persone all'interno dell'Unione europea costituisce la pietra angolare della cittadinanza dell'UE, introdotta dal trattato di Maastricht nel 1992. La graduale eliminazione delle frontiere interne nel quadro degli accordi di Schengen è stata seguita dall'adozione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'UE e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nell'UE. Nonostante l'importanza di tale diritto permangono notevoli ostacoli in termini di attuazione.

Base giuridica

Articolo 3, paragrafo 2, del trattato sull'Unione europea; articolo 21 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE); titoli IV e V TFUE; articolo 45 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

Obiettivi

Il concetto di libera circolazione delle persone è cambiato rispetto a quando è stato introdotto. Le prime disposizioni in materia, contenute nel trattato del 1957 che ha istituito la Comunità economica europea, contemplavano la libera circolazione dei lavoratori e la libertà di stabilimento e quindi individui intesi come lavoratori dipendenti o prestatori di servizi. Il trattato di Maastricht ha introdotto il concetto di cittadinanza dell'UE di cui ogni cittadino di uno Stato membro beneficia automaticamente. È la cittadinanza dell'UE che sancisce il diritto delle persone di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Il trattato di Lisbona ha confermato tale diritto, che è altresì incluso nelle disposizioni generali riguardanti lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

Risultati

A. Spazio Schengen

La principale pietra miliare nella creazione di un mercato interno atta ad assicurare la libera circolazione delle persone è stata la conclusione dei due accordi di Schengen, ovvero quello di Schengen propriamente detto, del 14 giugno 1985, e la convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen, firmata il 19 giugno 1990 ed entrata in vigore il 26 marzo 1995. Inizialmente la convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen (sottoscritta solo da Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi) era basata sulla cooperazione intergovernativa nel settore della giustizia e degli affari interni. Un protocollo al trattato di Amsterdam ha disposto il trasferimento dell'acquis di Schengen nei trattati. Oggi, in virtù del trattato di Lisbona, esso è soggetto al controllo parlamentare e giurisdizionale. Poiché la maggior parte delle regole di Schengen sono ormai parte integrante dell'acquis dell'UE, non è stato più possibile, dopo l'allargamento dell'UE del 1° maggio 2004, per i paesi in fase di adesione decidere di non applicare (opt out) le relative disposizioni (articolo 7 del protocollo di Schengen).

1. Paesi partecipanti

Attualmente sono 26 i membri a pieno titolo dello spazio Schengen: 22 Stati membri dell'UE, più Norvegia, Islanda, Svizzera e Liechtenstein (che hanno lo status di paesi associati). L'Irlanda non ha aderito alla convenzione, ma ha la possibilità di decidere di applicare (opt in) determinate parti della normativa Schengen. La Danimarca, pur facendo parte di Schengen dal 2001, beneficia della possibilità di decidere di non applicare eventuali nuove misure in materia di giustizia e affari interni, anche per quanto riguarda Schengen, benché sia vincolata da alcune misure nell'ambito della politica comune dei visti. La Bulgaria, la Romania e Cipro dovrebbero aderire, ma vi sono ritardi dovuti a varie ragioni. La Croazia ha avviato la procedura di adesione allo spazio Schengen il 1° luglio 2015.

2. Ambito di applicazione

I risultati conseguiti grazie alla creazione dello spazio Schengen comprendono:

  1. l'abolizione dei controlli alle frontiere interne per tutte le persone;
  2. l'adozione di misure volte a rafforzare e armonizzare i controlli alle frontiere esterne (4.2.4): tutti i cittadini dell'UE possono entrare nello spazio Schengen esibendo semplicemente la carta d'identità o il passaporto;
  3. una politica comune dei visti per soggiorni brevi: i cittadini dei paesi terzi figuranti nell'elenco comune dei paesi non membri i cui cittadini necessitano di un visto di ingresso (cfr. allegato II del regolamento (CE) n. 539/2001 del Consiglio) possono ottenere un visto unico, valido per l'intero spazio Schengen;
  4. la cooperazione giudiziaria (4.2.7) e di polizia (4.2.6): le forze di polizia si prestano mutua assistenza nell'ambito dell'individuazione e della prevenzione dei reati e, all'interno dello spazio Schengen, hanno la facoltà di perseguire i criminali in fuga nel territorio di uno Stato limitrofo; vi è inoltre un sistema di estradizione più rapido e il reciproco riconoscimento delle sentenze penali;
  5. la creazione e lo sviluppo del Sistema d'Informazione Schengen (SIS) (4.2.4).

3. Sfide

Sebbene sia ampiamente considerato uno dei principali risultati dell'Unione europea, lo spazio Schengen ha recentemente dovuto affrontare una minaccia esistenziale a causa della pandemia di COVID-19 quando gli Stati membri hanno chiuso le frontiere per controllare la diffusione del virus, prima di introdurre il certificato COVID digitale dell'UE nel luglio 2021. In precedenza le sfide principali sono state il notevole afflusso di rifugiati e migranti nell'UE, nonché gli attentati terroristici.

B. Libera circolazione dei cittadini dell'UE e dei loro familiari

1. Prima fase

Nell'intento di trasformare la Comunità in uno spazio caratterizzato da un'autentica libertà e mobilità per tutti i suoi cittadini, nel 1990, al fine di garantire il diritto di soggiorno a categorie di persone diverse dai lavoratori, sono state adottate le seguenti direttive: direttiva 90/365/CEE del Consiglio sul diritto di soggiorno dei lavoratori salariati e non salariati che hanno cessato la loro attività professionale; direttiva 90/366/CEE del Consiglio relativa al diritto di soggiorno degli studenti; e direttiva 90/364/CEE del Consiglio relativa al diritto di soggiorno (per i cittadini degli Stati membri che non beneficiano di questo diritto in virtù di altre disposizioni del diritto comunitario e per i loro familiari).

2. Direttiva 2004/38/CE

Al fine di consolidare diversi atti normativi (tra cui quelli citati) e tenere conto del vasto corpus giurisprudenziale legato alla libera circolazione delle persone, nel 2004 è stata adottata una nuova direttiva generale – la direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. La direttiva è concepita per incoraggiare i cittadini dell'UE a esercitare il loro diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, ridurre al minimo indispensabile le formalità amministrative, fornire una migliore definizione dello status di «familiare» e limitare le possibilità di rifiuto dell'ingresso o di estinzione del diritto di soggiorno. Ai sensi della direttiva 2004/38/CE, la definizione di «familiare» include:

  • il coniuge (anche dello stesso sesso, come precisato dalla Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE) nella sua sentenza Coman, C-673/16);
  • il partner che abbia contratto un'unione registrata, qualora la legislazione dello Stato membro ospitante equipari l'unione registrata al matrimonio;
  • i discendenti diretti di età inferiore a 21 anni o a carico e quelli del coniuge o partner registrato;
  • gli ascendentidiretti a carico e quelli del coniuge o partner registrato.

Un'ampia maggioranza di Stati membri applica inoltre la direttiva per garantire il diritto di libera circolazione ai partner registrati e ai partner dello stesso sesso in una relazione stabile.

a. Diritti e obblighi

  • Per soggiorni inferiori a tre mesi: l'unico requisito per i cittadini dell'UE è il possesso di un documento di identità o di un passaporto in corso di validità. Lo Stato membro ospitante può imporre agli interessati di registrare la loro presenza nel paese.
  • Per soggiorni superiori a tre mesi: i cittadini dell'UE e i loro familiari – se non lavorano – devono disporre di risorse sufficienti e di un'assicurazione sanitaria al fine di non rappresentare un onere per i servizi sociali dello Stato membro ospitante durante il soggiorno. I cittadini dell'UE non hanno bisogno di un permesso di soggiorno, ma gli Stati membri possono imporre loro di registrarsi presso le autorità. I familiari dei cittadini dell'UE che non sono cittadini di uno Stato membro devono richiedere un permesso di soggiorno valido per la durata del loro soggiorno o per un periodo di cinque anni.
  • Diritto di soggiorno permanente: i cittadini dell'UE acquisiscono tale diritto dopo un periodo di cinque anni di ininterrotta residenza legale, a condizione che non sia stato applicato nei loro confronti un provvedimento di allontanamento. Tale diritto non è più soggetto ad alcuna condizione. La stessa norma si applica ai familiari che non sono cittadini di uno Stato membro e che vivono con un cittadino dell'UE da cinque anni. Il diritto di soggiorno permanente si perde solo in caso di assenza dallo Stato membro ospitante per più di due anni consecutivi.
  • Limitazioni al diritto di ingresso e al diritto di soggiorno: i cittadini dell'UE o i loro familiari possono essere espulsi dallo Stato membro ospitante per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza o sanità pubblica. Sono previste garanzie per far sì che tali decisioni non siano adottate per ragioni economiche, rispettino il principio di proporzionalità e siano anche basate sul comportamento personale.

Infine, la direttiva consente agli Stati membri di adottare le misure necessarie per rifiutare, estinguere o revocare ogni diritto conferito dalla direttiva in caso di abuso di diritto o frode, quale ad esempio un matrimonio fittizio.

b. Attuazione della direttiva 2004/38/CE

La direttiva è intrisa di problemi e controversie e vede l'emergere di gravi carenze nell'attuazione e di continui ostacoli in materia di libera circolazione, come sottolineato nelle relazioni della Commissione e negli studi del Parlamento relativi all'applicazione della direttiva, nelle procedure di infrazione contro gli Stati membri per il recepimento scorretto o incompleto, dalla consistente quantità di petizioni presentate al Parlamento e dalla quantità di cause dinanzi alla CGUE. Le critiche sollevate da alcuni Stati membri nel 2013-2014 sul presunto abuso delle norme sulla libera circolazione da parte dei cittadini dell'UE a fini di «turismo sociale» hanno condotto a discussioni a livello dell'UE sulle possibili riforme, nel frattempo accantonate dopo la decisione del Regno Unito di uscire dall'UE.

c. Cittadini di paesi terzi

Le disposizioni applicabili ai cittadini di paesi terzi diversi dai familiari di un cittadino dell'UE sono illustrate qui (4.2.3).

Ruolo del Parlamento europeo

Il Parlamento lotta duramente da tempo per difendere il diritto alla libera circolazione, che ritiene un principio fondamentale dell'Unione europea. Nella sua risoluzione del 16 gennaio 2014 sul rispetto del diritto fondamentale alla libera circolazione all'interno dell'UE, il Parlamento ha respinto gli sforzi intesi a limitare i diritti relativi alla libera circolazione e ha invitato gli Stati membri a rispettare le disposizioni del trattato per quanto concerne le norme dell'UE che disciplinano la libera circolazione e a garantire il rispetto del principio di uguaglianza e del diritto fondamentale alla libera circolazione in tutti gli Stati membri. Nella sua risoluzione del 15 marzo 2017 sugli ostacoli alla libertà dei cittadini dell'UE di circolare e lavorare nel mercato interno, e in quella del 12 dicembre 2017 sulla relazione sulla cittadinanza dell'UE 2017, il Parlamento ha chiesto ancora una volta l'eliminazione degli ostacoli al diritto di libera circolazione. La decisione del Regno Unito di uscire dall'Unione europea ha privato il tema della libera circolazione di uno dei suoi principali critici.

Per quanto riguarda lo spazio Schengen, nella sua risoluzione del 30 maggio 2018 sulla relazione annuale sul funzionamento dello spazio Schengen, il Parlamento ha condannato «la continua reintroduzione dei controlli alle frontiere interne», in quanto sono «pregiudizievoli per l'unità dello spazio Schengen e dannosi per la prosperità dei cittadini europei e il principio della libera circolazione».

La pandemia di COVID-19 ha indotto la maggior parte degli Stati membri a ripristinare i controlli alle frontiere interne, a chiudere le frontiere e ad applicare restrizioni temporanee ai viaggi da altri paesi dell'UE, sebbene tali misure siano state parzialmente allentate con l'introduzione del certificato COVID digitale dell'UE. In varie risoluzioni, il Parlamento ha ripetutamente espresso le proprie preoccupazioni e ha chiesto un migliore coordinamento a livello dell'UE e un rapido ritorno a uno spazio Schengen pienamente operativo e riformato.

Più recentemente, in una risoluzione approvata nell'ottobre 2022, il Parlamento ha invitato il Consiglio ad approvare la piena applicazione delle disposizioni dell'acquis di Schengen alla Bulgaria e alla Romania.

 

Ottavio Marzocchi