Politica ambientale: principi generali e quadro di riferimento

La politica dell'Unione in materia di ambiente si fonda sui principi della precauzione, dell'azione preventiva e della correzione alla fonte dei danni causati dall'inquinamento, nonché sul principio «chi inquina paga». I programmi pluriennali di azione per l'ambiente definiscono il quadro per l'azione futura in tutti gli ambiti della politica ambientale. Essi sono integrati in strategie orizzontali e sono presi in considerazione nell'ambito dei negoziati internazionali in materia di ambiente. La politica ambientale è stata recentemente messa al centro dell'elaborazione delle politiche dell'UE e la Commissione europea ha varato il Green Deal europeo (2019), il principale motore della sua strategia di crescita economica.

Base giuridica

Articoli 11 e da 191 a 193 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). L'Unione europea dispone delle competenze per intervenire in tutti gli ambiti della politica ambientale, come ad esempio l'inquinamento dell'aria e dell'acqua, la gestione dei rifiuti e i cambiamenti climatici. Il suo campo d'azione è limitato dal principio di sussidiarietà e dal requisito dell'unanimità in seno al Consiglio per quanto riguarda le questioni di natura fiscale, la pianificazione del territorio, la destinazione dei suoli, la gestione quantitativa delle risorse idriche, la scelta delle fonti di energia e la struttura dell'approvvigionamento energetico.

Origini e sviluppo

La politica dell'Unione in materia di ambiente risale al Consiglio europeo tenutosi a Parigi nel 1972, in occasione del quale i capi di Stato o di governo (sulla scia della prima conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente) hanno dichiarato la necessità di una politica comunitaria in materia di ambiente che accompagnasse l'espansione economica e hanno chiesto un programma d'azione. L'Atto unico europeo del 1987 ha introdotto un nuovo titolo «Ambiente», che ha costituito la prima base giuridica per una politica ambientale comune finalizzata a salvaguardare la qualità dell'ambiente, proteggere la salute umana e garantire un uso razionale delle risorse naturali. Le successive revisioni dei trattati hanno rafforzato l'impegno della Comunità a favore della tutela ambientale e il ruolo del Parlamento europeo nello sviluppo di una politica in materia. Il trattato di Maastricht (1993) ha fatto dell'ambiente un settore ufficiale della politica dell'UE, introducendo la procedura di codecisione e stabilendo come regola generale il voto a maggioranza qualificata in seno al Consiglio. Il trattato di Amsterdam (1999) ha stabilito l'obbligo di integrare la tutela ambientale in tutte le politiche settoriali dell'Unione al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile. «Combattere i cambiamenti climatici» (2.5.2) è divenuto un obiettivo specifico con il trattato di Lisbona (2009), insieme al perseguimento dello sviluppo sostenibile nelle relazioni con i paesi terzi. Con il trattato di Lisbona, inoltre, l'UE è dotata di personalità giuridica, il che le consente di concludere accordi internazionali.

Principi generali

La politica dell'Unione in materia di ambiente si fonda sui principi della precauzione, dell'azione preventiva e della correzione dell'inquinamento alla fonte, nonché sul principio «chi inquina paga». Il principio di precauzione è uno strumento di gestione dei rischi cui è possibile ricorrere in caso d'incertezza scientifica in merito a un rischio presunto per la salute umana o per l'ambiente derivante da una determinata azione o politica. Per esempio, qualora sussistano dubbi in merito all'effetto potenzialmente pericoloso di un prodotto e qualora, in seguito a una valutazione scientifica obiettiva, permanga l'incertezza, può essere impartita l'istruzione di bloccare la distribuzione di tale prodotto o di ritirarlo dal mercato. Tali misure devono essere non discriminatorie e proporzionate e vanno riviste non appena si rendano disponibili maggiori informazioni scientifiche.

Il principio «chi inquina paga» è attuato dalla direttiva sulla responsabilità ambientale, che è finalizzata a prevenire o altrimenti riparare il danno ambientale alle specie e agli habitat naturali protetti, all'acqua e al suolo. Gli operatori che esercitano talune attività professionali quali il trasporto di sostanze pericolose, o attività che comportano lo scarico in acqua, sono tenuti ad adottare misure preventive in caso di minaccia imminente per l'ambiente. Qualora il danno si sia già verificato, essi sono obbligati ad adottare le misure del caso per porvi rimedio e a sostenerne i costi. Il campo di applicazione della direttiva è stato ampliato tre volte per includere rispettivamente la gestione dei rifiuti di estrazione, l'esercizio dei siti di stoccaggio geologico e la sicurezza delle operazioni offshore nel settore degli idrocarburi.

Inoltre, l'integrazione delle istanze ambientali in altri settori della politica dell'UE rappresenta oggi un concetto importante nell'ambito delle politiche europee, sin da quando è emerso per la prima volta da un'iniziativa del Consiglio europeo di Cardiff del 1998. Negli ultimi anni, l'integrazione delle politiche ambientali ha compiuto progressi significativi, ad esempio, nel campo della politica energetica, come evidenziano lo sviluppo parallelo del pacchetto UE in materia di clima ed energia o la tabella di marcia verso un'economia competitiva a basse emissioni di carbonio entro il 2050.

Nel dicembre 2019 la Commissione ha varato il Green Deal europeo, che dovrebbe contribuire a incentrare le politiche dell'UE sulla trasformazione dell'Europa nel primo continente a impatto climatico zero al mondo.

Quadro di riferimento

A. Programmi di azione per l'ambiente

Dal 1973 la Commissione emana programmi di azione per l'ambiente (PAA) pluriennali che definiscono le proposte legislative e gli obiettivi futuri per la politica ambientale dell'Unione. Nel maggio 2022 è entrato in vigore l' 8º PAA, con l'accordo giuridico dell'UE su un'agenda comune per la politica ambientale fino alla fine del 2030.

Il programma ribadisce l'impegno assunto dall'UE a favore della visione per il 2050 delineata nel settimo PAA, ovvero garantire il benessere per tutti, nel rispetto dei limiti del pianeta.

Il nuovo programma si basa sugli obiettivi ambientali e climatici del Green Deal europeo, li appoggia e fornisce un quadro favorevole per il conseguimento dei sei obiettivi prioritari:

  • conseguire l'obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra per il 2030 e la neutralità climatica entro il 2050;
  • rafforzare la capacità di adattamento, consolidare la resilienza e ridurre la vulnerabilità ai cambiamenti climatici;
  • progredire verso un modello di crescita rigenerativo, dissociando la crescita economica dall'uso delle risorse e dal degrado ambientale e accelerando la transizione verso un'economia circolare;
  • perseguire l'ambizione in materia di inquinamento zero, compreso quello dell'aria, dell'acqua e del suolo, e proteggere la salute e il benessere degli europei;
  • proteggere, preservare e ripristinare la biodiversità e rafforzare il capitale naturale (in particolare l'aria, l'acqua, il suolo e le foreste, le acque dolci, le zone umide e gli ecosistemi marini);
  • ridurre le pressioni ambientali e climatiche connesse alla produzione e al consumo (in particolare nei settori dell'energia, dello sviluppo industriale, dell'edilizia e delle infrastrutture, della mobilità e dei sistemi alimentari).

B. Strategie orizzontali

Nel 2001 l'Unione europea ha introdotto la sua prima strategia per lo sviluppo sostenibile (SSS), apportando così una dimensione ambientale alla sua strategia di Lisbona. In risposta all'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel settembre 2015, nel 2016 la Commissione ha pubblicato una comunicazione dal titolo «Il futuro sostenibile dell'Europa: prossime tappe – L'azione europea a favore della sostenibilità», che illustra le modalità di integrazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) nelle priorità politiche dell'UE.

Nel gennaio 2019 la Commissione ha presentato un documento di riflessione sugli obiettivi di sviluppo sostenibile, dal titolo Verso un'Europa sostenibile entro il 2030», che presenta tre scenari per il futuro. Il Parlamento europeo ha espresso il proprio sostegno allo scenario più ambizioso, che propone di orientare tutte le azioni dell'UE e degli Stati membri definendo obiettivi specifici di attuazione degli OSS, proponendo risultati concreti per il 2030 e istituendo un meccanismo di rendicontazione e monitoraggio dei progressi compiuti verso gli OSS.

Nel 2011 l'UE ha adottato la sua strategia sulla biodiversità fino al 2020, che riflette gli impegni assunti nell'ambito della Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica, il principale accordo internazionale in materia di biodiversità, di cui l'UE è parte. Come contributo alle discussioni su un quadro globale post-2020 in materia di biodiversità (Conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità del 2022 (COP15)), nel maggio 2020 la Commissione ha presentato la sua strategia sulla biodiversità per il 2030 quale piano globale, ambizioso e a lungo termine volto a proteggere la natura e invertire il degrado degli ecosistemi. Nel giugno 2021 il Parlamento europeo ha approvato tale strategia e ha formulato ulteriori suggerimenti per rafforzarla.

Nel quadro del Green Deal europeo, nel maggio 2020 la Commissione europea ha presentato la sua strategia «Dal produttore al consumatore», che mira a rendere i sistemi alimentari equi, sani e rispettosi dell'ambiente. Il Parlamento europeo ha ampiamente approvato la visione e gli obiettivi di tale strategia nell'ottobre 2021.

C. Cooperazione internazionale in materia ambientale

L'UE svolge un ruolo essenziale nei negoziati internazionali in materia di ambiente. Essa è parte di numerosi accordi ambientali a livello mondiale, regionale o subregionale che coprono un'ampia gamma di questioni, quali la protezione della natura e la biodiversità, i cambiamenti climatici e l'inquinamento transfrontaliero dell'aria e dell'acqua. L'UE ha contribuito a definire diversi importanti accordi internazionali adottati nel 2015 a livello delle Nazioni Unite, quali l'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile (che comprende i 17 OSS e i 169 obiettivi associati), l'accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e il quadro di riferimento di Sendai per la riduzione del rischio di catastrofi. Nello stesso anno l'UE ha aderito inoltre alla Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e di fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES)

D. Valutazione dell'impatto ambientale e partecipazione del pubblico

Alcuni progetti (privati o pubblici) che si presume avranno effetti significativi sull'ambiente, ad esempio la costruzione di un'autostrada o di un aeroporto, sono sottoposti a una valutazione dell'impatto ambientale (VIA). Analogamente, una serie di piani e programmi pubblici (riguardanti, ad esempio, la destinazione dei suoli, i trasporti, l'energia, i rifiuti o l'agricoltura) sono sottoposti a un processo simile denominato valutazione ambientale strategica (VAS). In questo contesto, le considerazioni di natura ambientale sono già integrate in fase di pianificazione e le possibili conseguenze sono prese in considerazione prima che un progetto sia approvato o autorizzato, in modo da garantire un elevato livello di protezione ambientale. In entrambi i casi, la consultazione del pubblico costituisce un aspetto essenziale. Questo approccio risale alla convenzione di Århus, un accordo multilaterale in materia ambientale sotto gli auspici della Commissione economica delle Nazioni Unite per l'Europa (UNECE), che è entrato in vigore nel 2001, e di cui l'UE e tutti i suoi Stati membri sono parti contraenti. Esso garantisce ai cittadini tre diritti: la partecipazione del pubblico ai processi decisionali in materia ambientale, l'accesso alle informazioni ambientali detenute dalle autorità pubbliche (ad esempio sullo stato dell'ambiente o della salute umana, se da esso influenzata) e il diritto all'accesso alla giustizia, qualora gli altri due diritti siano stati violati.

E. Attuazione, applicazione e monitoraggio

Il diritto ambientale dell'Unione viene sviluppato sin dagli anni settanta. Attualmente sono in vigore alcune centinaia di direttive, regolamenti e decisioni in materia. L'efficacia della politica ambientale dell'Unione europea dipende tuttavia in larga misura dalla sua attuazione a livello nazionale, regionale e locale e il deficit in termini di attuazione e applicazione resta una questione importante. È fondamentale il monitoraggio, sia dello stato dell'ambiente sia del livello di attuazione del diritto ambientale dell'UE.

Per contrastare le ampie disparità tra gli Stati membri per quanto concerne il livello di attuazione, nel 2001 il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato criteri minimi (non vincolanti) per le ispezioni ambientali-. Al fine di migliorare l'applicazione del diritto ambientale dell'UE, gli Stati membri devono prevedere sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive per i crimini ambientali più gravi. Tali crimini comprendono, ad esempio: l'immissione o lo scarico illeciti di sostanze nell'aria, nell'acqua o nel suolo; il commercio illegale di specie selvatiche; il commercio illegale di sostanze che riducono lo strato d'ozono; e la spedizione o lo scarico illegali di rifiuti. La rete dell'Unione europea per l'attuazione e il controllo del rispetto del diritto dell'ambiente (IMPEL) è una rete internazionale composta dalle autorità ambientali degli Stati membri dell'UE, dei paesi in via di adesione e dei paesi candidati, nonché della Norvegia, creata per stimolare l'effettiva applicazione mediante la fornitura di una piattaforma che serve ai responsabili politici, agli ispettori ambientali e alle autorità di contrasto per scambiare idee e migliori prassi.

Nel maggio 2016, la Commissione ha avviato il riesame dell'attuazione delle politiche ambientali, un nuovo strumento finalizzato al conseguimento della piena attuazione della legislazione ambientale dell'UE, che va di pari passo con il controllo dell'adeguatezza (programma di controllo dell'adeguatezza e dell'efficacia della regolamentazione - REFIT) degli obblighi di monitoraggio e di comunicazione nell'ambito della legislazione UE in vigore, in modo da renderla più semplice e meno onerosa.

Nel 1990, è stata istituita l'Agenzia europea per l'ambiente (AEA), con sede a Copenaghen, al fine di sostenere lo sviluppo, l'attuazione e la valutazione della politica ambientale e di informare il pubblico su tale argomento. Nel 2020 l'Agenzia ha pubblicato la sua sesta relazione sullo stato dell'ambiente concernente lo stato e le prospettive dell'ambiente in Europa.

L'UE gestisce inoltre il programma europeo di osservazione della Terra (Copernicus), che fornisce dati di osservazione satellitare sulla terra, l'ambiente marino, l'atmosfera e i cambiamenti climatici. Per quanto concerne gli agenti inquinanti rilasciati nell'aria, nell'acqua e nel terreno, il Registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti (E-PRTR) fornisce dati ambientali essenziali provenienti da oltre 30 000 impianti industriali.

Ruolo del Parlamento europeo

Il Parlamento europeo svolge un ruolo importante nell'elaborazione del diritto ambientale dell'Unione. Nel corso dell'ottava legislatura (2014-2019), si è occupato, tra l'altro, della legislazione derivata dal piano d'azione dell'Unione per l'economia circolare (rifiuti, batterie, veicoli fuori uso, discariche, ecc.) e dei problemi connessi ai cambiamenti climatici (ratifica dell'accordo di Parigi, condivisione dello sforzo, contabilizzazione dell'uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e silvicoltura negli impegni dell'UE in materia di cambiamenti climatici, riforma del sistema di scambio di quote di emissione, ecc.).

Il Parlamento ha in più occasioni riconosciuto la necessità di una migliore attuazione in quanto priorità essenziale. In una risoluzione sul tema «Come trarre il massimo beneficio dalle misure ambientali dell'UE: instaurare la fiducia migliorando le conoscenze e rafforzando la capacità di risposta», il Parlamento ha criticato il livello insoddisfacente di attuazione del diritto ambientale negli Stati membri e ha formulato diverse raccomandazioni volte a garantire un'attuazione più efficace, come ad esempio la divulgazione delle migliori prassi tra gli Stati membri e fra gli enti regionali e locali. Nel corso della sua nona legislatura (2019-2024), il Parlamento europeo ha svolto un ruolo chiave nel discutere le proposte presentate dalla Commissione europea nell'ambito del Green Deal europeo, sia reagendo alle proposte che indicando gli ambiti in cui auspica ulteriori ambizioni e azioni. Nell'ottobre 2021 il Parlamento ha approvato il regolamento Aarhus modificato negoziato con gli Stati membri per ampliare l'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale.

Per maggiori informazioni sull'argomento, si rimanda al sito web della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (ENVI).

 

Christian Kurrer / Nicoleta Lipcaneanu