RELAZIONE sulla clausola relativa ai diritti dell'uomo e alla democrazia negli accordi dell'Unione europea

23.1.2006 - (2005/2057(INI))

Commissione per gli affari esteri
Relatore: Vittorio Agnoletto


Procedura : 2005/2057(INI)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo del documento :  
A6-0004/2006

PROPOSTA DI RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO

sulla clausola relativa ai diritti dell'uomo e alla democrazia negli accordi dell'Unione europea

(2005/2057(INI))

Il Parlamento europeo,

–   visti gli articoli 3, 6, 11 e 19 del trattato sull'Unione europea e gli articoli 177, 300 e 310 del trattato CE,

–   vista la sua risoluzione del 12 febbraio 2004 su un nuovo impulso alle azioni dell'UE con i partner mediterranei nel campo dei diritti umani e della democratizzazione [1],

–  vista la sua risoluzione del 25 aprile 2002 sulla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sul ruolo dell'Unione europea nella promozione dei diritti umani e della democratizzazione dei paesi terzi (COM (2001)0252)[2],

–  vista la sua risoluzione del 20 settembre 1996 sulla comunicazione della Commissione sul richiamo al rispetto dei principi democratici e dei diritti dell'uomo negli accordi tra la Comunità e i paesi terzi (COM(1995)0216)[3],

–  viste le sue precedenti risoluzioni sui diritti umani nel mondo del 28 aprile 2005[4], del 22 aprile 2004[5], del 4 settembre 2003[6], del 25 aprile 2002[7], del 5 luglio 2001[8], del 16 marzo 2000[9], del 17 dicembre 1998[10], del 12 dicembre 1996[11], del 26 aprile 1995[12], del 12 marzo 1993[13], del 12 settembre 1991[14], del 18 gennaio 1989[15], del 12 marzo 1987[16], del 22 ottobre 1985[17], del 22 maggio 1984[18] e del 17 maggio 1983[19],

–  visto l'accordo di partenariato tra i membri del gruppo di stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico e l'UE, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000 e modificato a Lussemburgo il 25 giugno 2005,

–  vista la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea proclamata il 7 dicembre 2000 a Nizza,

–  vista la proposta di regolamento del Consiglio che istituisce l'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali (COM(2005)0280),

–  visti la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (1948) e altri strumenti dell'ONU in materia di diritti umani, in particolare i Patti sui diritti civili e politici (1966) e sui diritti economici, sociali e culturali (1966), la Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale (1965), la Convenzione sull'eliminazione della discriminazione nei confronti delle donne (1979), la Convenzione contro la tortura (1985), la Convenzione sui diritti dell'infanzia (1989), la Dichiarazione di Vienna e il programma d'azione della Conferenza mondiale sui diritti umani (1993) e la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani (1998),

–  viste le Convenzioni elaborate nel quadro dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL),

–  viste le norme delle Nazioni Unite del 2003 sulla responsabilità delle compagnie transnazionali e di altre imprese riguardo ai diritti umani, che mettono in relazione tali standard con specifiche responsabilità delle imprese in materia di diritti umani,

–  visti tutti gli accordi tra l'UE e i paesi terzi,

–   visto l'articolo 45 del suo regolamento,

–   visti la relazione della commissione per gli affari esteri e i pareri della commissione per il commercio internazionale e della commissione per lo sviluppo (A6‑0004/2006),

A. considerando che è necessario mantenere e promuovere l'universalità, l'individualità e l'indivisibilità dei diritti umani, nella loro accezione di diritti civili e politici ma anche economici, sociali e culturali, e che a tal fine l'Unione europea deve continuare a dotarsi di strumenti coerenti,

B.  considerando che lo sviluppo e il consolidamento della democrazia e dello stato di diritto e il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali costituiscono un obiettivo globale della politica estera e di sicurezza comune e devono essere parte integrante della politica esterna dell'Unione europea,

C. considerando che gli sforzi tesi a promuovere il rispetto dei diritti umani e la democrazia quali obiettivi fondamentali delle politiche nell'ambito delle relazioni esterne dell'UE sono destinati a fallire se non si darà sufficiente priorità ai principi loro intrinseci in relazione agli interessi economici, politici e di sicurezza,

D. sottolineando che l'Unione europea deve essere in grado di reagire rapidamente ed efficacemente in caso di gravi e persistenti violazioni dei diritti umani e dei principi democratici, e che ciò molte volte non è avvenuto, indipendentemente da valutazioni oggettive sullo stato dei diritti umani e della democrazia nei paesi terzi,

E.  considerando che il valore legalmente vincolante della clausola relativa ai diritti dell'uomo e alla democrazia dovrebbe farne uno strumento importante nella politica europea di promozione dei diritti fondamentali e che, a dieci anni dalla sua prima elaborazione, è necessario valutare in che modo è stata applicata e in che modo può essere migliorata,

F.  considerando che la clausola è stata ora introdotta in più di 50 accordi e si applica a oltre 120 paesi; ricordando nel contempo che la clausola non è l'unico mezzo a disposizione dell'UE per promuovere i diritti fondamentali e che nel suo complesso la politica esterna europea, nella sua dimensione politica, economica e commerciale, dovrebbe basarsi sulla promozione dei principi democratici fondamentali,

G. sottolineando l'importanza in questo campo dell'Accordo di Cotonou, firmato nel giugno 2000 con i paesi ACP, che ha potenziato la clausola democratica introdotta dalla Comunità europea come "elemento essenziale" di tutti i suoi accordi con paesi terzi e si fonda ora sul rispetto dei diritti umani, dei principi democratici e dello stato di diritto nonché sulla "good governance" e la sana gestione degli affari pubblici,

H. considerando che molti accordi con paesi sviluppati e accordi settoriali, ad esempio in materia di prodotti tessili, agricoltura e pesca, non contengono ancora tale clausola,

I.   considerando che i diritti umani dovrebbero costituire un importante elemento del mandato negoziale per gli accordi esterni conferito dal Consiglio alla Commissione e che la procedura di definizione di detto mandato negoziale dovrebbe essere improntata a maggiore trasparenza,

J.   considerando che il Parlamento europeo deve esprimere il suo parere conforme prima dell'entrata in vigore di un accordo ma non per avviare la consultazione o sospendere parzialmente un accordo, e che ciò ne sminuisce il ruolo politico ed istituzionale,

K. sottolineando che la società civile ed il sistema internazionale delle ONG in materia di diritti umani possono dare un notevole contributo globale all'elaborazione, implementazione e valutazione della clausola democratica UE-paesi terzi,

L.  convinto che l'Unione europea deve elaborare nuove procedure e nuovi criteri per l'applicazione della clausola relativa ai diritti dell'uomo e alla democrazia, da applicarsi senza discriminazioni tra Stati o tra i livelli di sviluppo dei medesimi,

M. considerando che la clausola relativa ai diritti dell'uomo si applica sia all'Unione europea che al paese terzo, ma che la dimensione di reciprocità della clausola stessa non è stata pienamente sfruttata,

N. ribadendo che gli aiuti umanitari d'urgenza devono comunque rimanere esclusi da qualsiasi eventuale applicazione "in negativo" della clausola relativa ai diritti dell'uomo, in nome del principio fondamentale della solidarietà tra i popoli;

1.  si compiace della pratica generale, cui la Comunità europea ricorre dal 1992, di inserire clausole relative ai diritti dell'uomo e alla democrazia – le cosiddette clausole sugli "elementi essenziali" e di "non esecuzione" – nei suoi accordi internazionali;

2.  chiede che sia aumentata la trasparenza quando è il momento di applicare la clausola democratica, un elemento fondamentale della politica estera dell'UE, e che vi sia una maggiore partecipazione del Parlamento europeo; ricorda che le eventuali sanzioni possono essere applicate non a seconda dei paesi dove si registravano violazioni dei diritti umani ma in relazione alla violazione stessa;

3.  ritiene che rientri nella responsabilità dell'Unione, quando essa conclude un accordo internazionale con un paese terzo comprendente una clausola relativa ai diritti umani, vigilare affinché il paese terzo in questione rispetti le norme internazionali in materia di diritti umani al momento della firma dell'accordo;

4.  sottolinea che uno dei motivi che hanno compromesso l'applicazione della clausola è la genericità della sua stessa formulazione, dato che essa non individua modalità precise di interventi "in positivo" e "in negativo" nell'ambito della cooperazione UE-paesi terzi, lasciando il campo al Consiglio e alle esigenze nazionali degli Stati membri rispetto a quelle più generali dei diritti umani;

5.  plaude invece all'esperienza sin qui maturata in relazione alla clausola democratica contenuta negli articoli 9 e 96 degli Accordi di Cotounou con i paesi ACP, che ha portato anche alla sospensione temporanea della cooperazione economica e commerciale con alcuni paesi ACP per violazioni gravi dei diritti umani, rafforzando la determinazione e la credibilità dell'Unione europea; si esprime a favore di una valorizzazione di tale esperienza e di una sua inclusione generalizzata negli accordi tra UE e paesi terzi;

6.  sottolinea che negli Accordi di Cotounou vengono precisati in modo efficace i contenuti politici e giuridici della clausola democratica e descritti dettagliatamente i meccanismi di consultazione e scambio reciproco di informazioni prima della sospensione temporanea della cooperazione bilaterale;

7.  si esprime a favore dell'elaborazione di un nuovo testo di "clausola modello", tale da perfezionare l'attuale formulazione del cosiddetto "articolo 2", in modo da garantire un approccio più coerente, efficace e trasparente alla politica europea dei diritti umani negli accordi con i paesi terzi; il testo dovrebbe tener conto dei seguenti principi:

(a) la promozione della democrazia, dei diritti umani, compresi i diritti delle minoranze, dello stato di diritto e della "good-governance" sono un elemento fondamentale della cooperazione multilaterale; questo vale sia per gli accordi con i paesi in via di sviluppo che con quelli industrializzati;

(b) per quanto attiene alla formulazione giuridica di tali diritti, le parti dovrebbero fare riferimento in particolare ai loro obblighi ed impegni internazionali già ratificati e deve essere chiaro che le parti hanno l'obbligo di conformarsi alle norme che costituiscono un "elemento essenziale" dell'accordo; in particolare, le parti dovrebbero impegnarsi a promuovere i diritti fondamentali definiti dalla dichiarazione dell'ONU sui diritti dell'uomo del 1948, dalle due convenzioni ONU sui diritti civili e politici, e sui diritti economici, sociali e culturali nonché dalle convenzioni e norme imperative dell'ONU riconosciute a livello internazionale;

     ricorda che nelle sue relazioni con i paesi terzi e nel contesto della promozione dei principi democratici e dei diritti umani attraverso la clausola democratica l'Unione europea è tenuta a dedicare particolare attenzione all'attuazione di politiche per l'uguaglianza di genere e per i diritti della donna;

     sottolinea che, in conformità dei trattati europei, nelle sue relazioni con i paesi terzi e nel contesto della promozione dei principi democratici e dei diritti umani attraverso la "clausola democratica", l'Unione europea si impegna anche contro ogni discriminazione basata sull'orientamento sessuale o concernente i diritti dei disabili;

(c) le parti dovrebbero fare riferimento alle convenzioni dell'ONU alle quali sono vincolate e alle convenzioni delle sue agenzie specializzate nell'individuazione dei diritti settoriali che la cooperazione dovrebbe promuovere, in particolare quelle dell'OIL che ha creato un corpus giuridico sui diritti fondamentali accettato a livello internazionale;

(d) la clausola dovrebbe contenere una procedura di consultazione tra le parti, che illustri dettagliatamente i meccanismi politici e giuridici cui ricorrere in caso di richiesta di sospensione della cooperazione bilaterale per violazioni ripetute e/o sistematiche dei diritti umani in spregio del diritto internazionale; è ovvio che la sospensione è una "extrema ratio" nei rapporti tra l'UE e paesi terzi e che pertanto andrebbe sviluppato un chiaro sistema di sanzioni per offrire misure alternative, ma il condiviso ed essenziale approccio positivo ai diritti umani non dovrebbe escludere la possibilità di arrivare alla sospensione temporanea della cooperazione per violazione dei diritti umani e della clausola democratica;

(e) la clausola dovrebbe altresì includere i dettagli di un meccanismo che consenta la temporanea sospensione dell'accordo di cooperazione come pure un "meccanismo di avvertimento" in risposta a una violazione della clausola relativa ai diritti umani e alla democrazia;

(f)  la clausola dovrebbe basarsi sulla reciprocità tenendo conto sia del territorio dell'Unione europea che di quello del paese terzo;

8.  chiede che la clausola relativa ai diritti dell'uomo e alla democrazia sia estesa a tutti i nuovi accordi tra l'Unione Europea e paesi terzi, siano essi industrializzati o in via di sviluppo, e comprenda anche accordi settoriali, aiuti commerciali, tecnici o finanziari, sull'esempio di quanto fatto con i paesi ACP;

9.  chiede che si estenda la dimensione positiva della clausola sui diritti umani, il che comporta la necessità di adottare misure efficaci per contribuire al godimento dei diritti umani da parte delle rispettive parti e al loro interno, di prevedere una valutazione e un monitoraggio continui dell'attuazione dell'accordo per quanto concerne il godimento dei diritti umani, e di adottare un approccio imperniato sui diritti umani in sede di attuazione di tutti gli aspetti dell'accordo;

10. sottolinea che non è più disposto a dare il proprio parere conforme a nuovi accordi internazionali che non contengano una clausola relativa ai diritti dell'uomo e alla democrazia;

11. ritiene di dover partecipare alla definizione del mandato negoziale relativo a nuovi accordi con paesi terzi, soprattutto all'elaborazione delle loro finalità politiche e di promozione dei diritti umani; ritiene, a tal fine, che la Commissione ed il Consiglio debbano maggiormente coinvolgere il Parlamento europeo, tramite le sue commissioni parlamentari competenti, nell'elaborazione del mandato negoziale degli accordi UE-paesi terzi; sottolinea, a questo proposito, la necessità di migliorare lo scambio di informazioni a livello interistituzionale e di avere accesso alla banca dati della Commissione e del Consiglio;

12. rileva quanto segue in merito alla necessità di un efficace meccanismo di controllo dell'osservanza, da parte dei partner, dei diritti umani e dei principi democratici:

     a) sollecita il Consiglio e la Commissione ad avviare procedure strutturate di dialogo nell'ambito di questa valutazione periodica dell'osservanza da parte dei partner degli obblighi in materia di diritti umani; ritiene che l'inclusione sistematica delle questioni attinenti ai diritti umani negli ordini del giorno del Consiglio di associazione faccia parte di tale dialogo;

     b) raccomanda un ruolo maggiore dei capi delle delegazioni esterne della Commissione nei paesi terzi; chiede l'elaborazione, a cura dei capi delegazione, di "documenti strategici pluriennali per paese" e che i documenti "di strategia per paese" riservino maggiore attenzione alla situazione dei diritti umani, individuino le priorità e precisino i mezzi e gli strumenti impegnati dall'Unione per far rispettare la clausola democratica e migliorare il livello del rispetto dei diritti fondamentali; chiede altresì che la formulazione di dette strategie sia rivista periodicamente, in particolare con il Parlamento europeo, e diventi l'oggetto di discussioni nelle sue delegazioni competenti e in plenaria, specialmente per quanto riguarda l'attuazione; raccomanda che i documenti strategici ed i piani d'azione per paese della Commissione contengano chiare analisi comparative in merito ai progressi compiuti in materia di diritti umani nonché un calendario da rispettare per l'introduzione di modifiche;

     c) quando uno dei governi competenti, il Parlamento europeo o i parlamenti nazionali interessati chiedono la sospensione di un accordo bilaterale o l'implementazione di altre misure appropriate invocando la clausola democratica, il Consiglio di Associazione dovrebbe automaticamente iscrivere al suo ordine del giorno tale dibattito; nota di essersi formalmente espresso, in alcuni casi, in tal senso ma che il Consiglio d'Associazione ha semplicemente ignorato tali richieste;

     d) raccomanda la messa a punto di un "dialogo strutturato" tra il Consiglio di Associazione e/o la sua "sottocommissione sui diritti umani", il Parlamento europeo e le ONG e/o i soggetti non statali indipendenti e democratici nell'ambito di discussioni inerenti alle violazioni delle clausole relative ai diritti dell'uomo e alla democrazia negli accordi dell'Unione europea, comprese le proposte relative al miglioramento della clausola (nessuna esclusa);

     e) deplora di non essere coinvolto nel processo decisionale concernente l'avvio di una consultazione o la sospensione di un accordo; insiste fermamente, pertanto, sulla necessità di co-decidere con Commissione e Consiglio in questo settore, come pure, analogamente, per quanto concerne la decisione di sospendere eventuali misure adeguate negative già imposte ad un paese ("sospensione della sospensione");

     f) propone che la Commissione elabori, insieme alle sottocommissioni sui diritti umani, una relazione annuale e discuta in sede di Parlamento europeo sull'applicazione della clausola relativa ai diritti dell'uomo e alla democrazia contenuta negli accordi internazionali vigenti e che la relazione contenga un'analisi caso per caso di ogni procedura di consultazione e di altre misure adeguate che sono state avviate o rifiutate dal Consiglio durante l'anno in questione e sia corredata di raccomandazioni particolareggiate e di una valutazione dell'efficacia e della coerenza delle azioni intraprese;

13. ricorda che, in linea generale, i Consigli di Associazione disciplinano le relazioni tra l'UE e paesi terzi e chiede la istituzione generalizzata di sottocommissioni sui diritti umani ai sensi degli accordi di associazione, incaricate di verificare il rispetto, l'applicazione e l'implementazione della clausola democratica nonché di proporre azioni specifiche positive volte al miglioramento della democrazia e dei diritti umani; ritiene che tali sottocommissioni dovrebbero riunirsi periodicamente (e comunque ogni qualvolta si riunisce il Consiglio di Associazione) nonché comprendere e consultare rappresentanti dei parlamenti e delle organizzazioni della società civile; ritiene, a tale proposito, che un approccio caso per caso non costituisca il metodo più adeguato da adottare nei confronti dei paesi partner per quanto riguarda l'istituzione di sottocommissioni sui diritti umani e la definizione del loro mandato; sottolinea ancora una volta la necessità di esaminare casi individuali nell'ambito di tali sottocommissioni;

14. chiede che il Parlamento europeo venga associato al Consiglio di Associazione e alle sottocommissioni sui diritti umani e che le sue delegazioni interparlamentari svolgano un ruolo rafforzato al riguardo, comprendendo sempre discussioni sulla clausola nell'ordine del giorno relativo alle proprie visite;

15. sottolinea che i criteri relativi all'avvio di una procedura di consultazione o all'applicazione di adeguate misure devono essere obiettivi e trasparenti;

16. sottolinea che nessuna misura potrà essere revocata finché non saranno cessati i motivi che ne hanno determinato l'applicazione e chiede l'introduzione di misure aggiuntive qualora le misure esistenti non abbiano dato risultati dopo un lasso di tempo considerevole;

17.  riconosce che l'applicazione della clausola è stata resa più difficile dalla necessità dell'unanimità in seno al Consiglio per l'avvio di una procedura di consultazione e chiede l'abolizione dell'unanimità a tal fine e la revisione dell'articolo 300, paragrafo 2 del trattato CE, che limita il ruolo del Parlamento europeo in questi casi;

18. sottolinea l'importanza di richiamare l'attenzione del grande pubblico sul fatto che la clausola sui diritti umani è prevista negli accordi tra l'UE e paesi terzi;

19. ritiene che, per il caso specifico dei paesi con cui l'UE condivide valori fondamentali e politiche comuni a lungo termine, per esempio i paesi interessati dalla "nuova politica di vicinato", si potrebbe prevedere la firma di accordi che vadano oltre la "clausola democratica", basati sulla condivisione di istituzioni comuni per la promozione dei principi democratici e dei diritti umani, sull'esempio del Consiglio d'Europa e/o di altri accordi regionali;

20. rileva che, con specifico riferimento ai paesi rientranti nella politica europea di vicinato con cui l'Unione europea intrattiene legami particolarmente stretti tramite accordi di associazione, la clausola dovrebbe precisare che i firmatari di detti accordi devono riconoscersi reciprocamente il diritto di inviare osservatori elettorali alle rispettive elezioni legislative e presidenziali; chiede al Consiglio e alla Commissione di incoraggiare maggiormente i paesi interessati ad ammettere, a fini di trasparenza, osservatori internazionali alle loro elezioni;

21. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.

MOTIVAZIONE

1. Struttura e contenuto della clausola sui diritti dell'uomo

L’inserimento della cosiddetta "clausola sui diritti dell'uomo" in tutti gli accordi quadro stipulati dalla Comunità europea con i paesi terzi, dagli accordi commerciali e di cooperazione agli accordi di associazione quali gli accordi europei, gli accordi mediterranei fino all’accordo di Cotonou, risale ai primi anni ’90. Fanno eccezione gli accordi concernenti l’agricoltura, il settore tessile e il settore della pesca. Sono già stati firmati più di 50 accordi di questo tipo e la clausola sui diritti dell’uomo si applica ormai ad oltre 120 paesi.

Nel corso degli anni la clausola ha subito un’evoluzione e pertanto non è identica in tutti gli accordi. Nella versione definita per la prima volta in una comunicazione della Commissione del 1995 essa si articola in due parti. La prima parte contiene la clausola cosiddetta dell’"elemento essenziale" inserita nelle prime disposizioni dell’accordo, la quale recita:

Il rispetto dei principi democratici e dei diritti umani fondamentali così come definito [nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo]/[nell’atto finale di Helsinki e nella Carta di Parigi per una nuova Europa] ispira le politiche interne ed internazionali della Comunità e [del paese o del gruppo di paesi interessati] e costituisce un elemento essenziale del presente accordo.[20]

La seconda parte è contenuta nelle disposizioni finali dell’accordo ed istituisce la possibilità di adottare "misure appropriate" in caso di violazione di un elemento essenziale. Tale disposizione, denominata "clausola di non esecuzione", si riferisce nuovamente agli elementi essenziali dell’accordo. Tale riferimento consente alle parti contraenti di sospendere l’accordo conformemente alle relative disposizioni della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati (VCLT)[21]. La cosiddetta clausola di "non esecuzione" è così formulata:

Se una parte ritiene che l’altra non abbia adempiuto ad un obbligo ai sensi del presente accordo, può adottare misure appropriate. Prima di fare ciò dovrà, tranne che in casi di particolare urgenza, fornire al Consiglio di associazione tutte le informazioni utili necessarie per un esame approfondito della situazione in vista di conseguire una soluzione accettabile per le parti.

La scelta dovrà riguardare, in via prioritaria, misure che perturbino il meno possibile il funzionamento del presente accordo. Tali misure saranno immediatamente notificate al Consiglio di associazione e saranno oggetto di consultazioni nell’ambito di quest’ultimo se l’altra parte lo richiede.[22]

Spesso, nella parte finale dell'accordo, viene aggiunta una dichiarazione interpretativa dove si stabilisce che per "casi di particolare urgenza" si intendono "casi di violazione sostanziale del trattato ad opera di una delle parti" e che una violazione sostanziale consiste in una violazione degli elementi essenziali dell'accordo.

L’inserimento di una clausola nel corpo del testo dell’accordo, e non solo nel preambolo o come riferimento specifico, rappresenta una novità in quanto fa della clausola uno strumento giuridicamente vincolante e, in base alla comunicazione del 1995 della Commissione, "pone la Comunità europea all’avanguardia delle iniziative prese dalla comunità internazionale in questo settore". Dopo dieci anni di pratica, purtroppo non è più dato constatare lo stesso ottimismo.

2. Origini ed evoluzione della clausola sui diritti dell'uomo

La clausola sui diritti dell'uomo è stata inserita per la prima volta nell’accordo di Lomé IV, seguito dall’accordo di cooperazione con l’Argentina entrato in vigore nel 1990.

Sin dalla fine degli anni ’70, il verificarsi di palesi violazioni dei diritti dell’uomo in paesi legati tramite accordi alla CEE è stato motivo di gravi preoccupazioni. A titolo di esempio, gli aiuti all’Uganda sono stati sospesi in seguito alle violazioni dei diritti umani commesse dal governo di Idi Amin, dopo che il Consiglio aveva rilasciato una dichiarazione, nota come Linee guida per l’Uganda. Tali linee guida, che condannavano apertamente la situazione e minacciavano l’adozione di misure nel quadro dell'accordo, erano tuttavia prive di qualsiasi riferimento ad una base giuridica che consentisse di adottare le suddette misure.

Dopo un decennio caratterizzato da vari tentativi da parte della CEE, i paesi ACP hanno infine accettato di inserire una clausola sui diritti umani nel testo della convenzione di Lomé. Si è così istituito un precedente.

A partire dai primi anni ’90, la necessità di consolidare la democrazia nei paesi dell’Europa centrale ed orientale, così come le prospettive di democratizzazione apertesi per gran parte dell'America Latina e del continente africano, hanno dato vita ad un nuovo slancio politico che ha offerto la possibilità alla Commissione di avviare un’importante iniziativa in tale ambito. Il 25 marzo del 1991 la Commissione ha adottato una comunicazione in materia di diritti dell’uomo, democrazia e cooperazione allo sviluppo,[23] cui sono ben presto seguite due risoluzioni del Consiglio. Nella prima il Consiglio accoglieva con favore la comunicazione della Commissione e successivamente, nel novembre del 1991, esso istituiva un mandato specifico per l’inserimento di una clausola sui diritti dell’uomo negli accordi con i paesi terzi.[24]

La risoluzione poneva l’accento sulla necessità di accordare un’elevata priorità ad un approccio positivo ai diritti dell’uomo, sull’esigenza di istituire un dialogo sistematico e sul fatto che la sospensione dell’accordo o l’adozione di misure ostili dovessero verificarsi unicamente in ultima istanza.

Un anno dopo, l’11 maggio 1992, il Consiglio ha dichiarato che il rispetto dei principi democratici costituiva una parte essenziale dell’accordo tra la CE e i paesi aderenti alla Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa (CSCE). In seguito a tale dichiarazione, negli accordi CE conclusi nel 1992 con gli Stati baltici e l’Albania, è stata effettivamente inserita una clausola, la cosiddetta "clausola baltica", che consentiva la sospensione immediata in caso di violazione dei diritti umani. Essa è stata ben presto sostituita dalla cosiddetta "clausola bulgara", che ampliava l’ambito di applicazione e le possibilità di azione e, rispetto ad una sospensione immediata dell’accordo, favoriva il proseguimento del dialogo politico ed istituiva un meccanismo di conciliazione.

In seguito alla succitata comunicazione della Commissione sul richiamo al rispetto dei diritti dell’uomo negli accordi tra la Comunità e i paesi terzi, rilasciata il 23 maggio 1995, e dopo che il Consiglio ne ha preso atto il 29 maggio, l’inserimento delle clausole nei nuovi accordi è diventato sistematico.

La comunicazione conteneva inoltre, all’allegato 2, un elenco di eventuali misure da adottare in caso di violazione, quali:

- modifica del contenuto dei programmi di cooperazione o dei canali utilizzati;

- riduzione dei programmi di cooperazione culturale, scientifica e tecnica;

- rinvio della riunione di una commissione mista;

- sospensione dei contatti bilaterali ad alto livello;

- rinvio di nuovi progetti;

- rifiuto di dare seguito alle iniziative dell’altra parte;

- embarghi commerciali;

- sospensione della vendita di armi;

- sospensione della cooperazione militare;

- sospensione della cooperazione.

La formulazione inaugurata dalla comunicazione ha da allora costituito il modello di riferimento per la definizione della clausola inserita negli accordi negoziati dopo il 1995, ma è stata in seguito sviluppata nell’accordo di Cotonou, firmato con i paesi ACP nel 2000.

Dal 1995, la clausola sui diritti umani è stata invocata quale base per l’avvio di consultazioni, per la sospensione degli aiuti o l’adozione di altre misure in 12 casi che hanno coinvolto 10 paesi ACP: Niger, Guinea-Bissau, Repubblica centrafricana, Togo, Haiti, Comore, Costa d’Avorio, Figi, Liberia e Zimbabwe.[25]

La clausola sui diritti umani ha inoltre impedito la conclusione di accordi bilaterali con l’Australia e la Nuova Zelanda, con le quali sono state concluse, invece, dichiarazioni congiunte meno vincolanti, rispettivamente nel 1997 e nel 1999. L’accordo di partenariato e di cooperazione negoziato nel 1995 con la Bielorussia non è mai entrato in vigore a causa della mancata ratifica in seguito all'evoluzione del governo di Lukashenko verso un regime totalitario.

3. La posizione del Parlamento europeo in merito alla clausola sui diritti dell'uomo

Il Parlamento europeo è stato molto attivo nel corso degli anni per quanto riguarda la clausola sui diritti dell'uomo, dedicando particolare attenzione al monitoraggio e all’attuazione della clausola, nonché al ruolo del Parlamento nell’ambito della società civile.

Il 20 settembre 1996, il Parlamento ha approvato la relazione di Carlos Carnero Gonzalez[26] sulla comunicazione del 1995 della Commissione, in cui si chiedeva alla commissione di istituire un metodo obiettivo di applicazione in caso di violazioni palesi dei diritti umani e sociali e di definire "i criteri, le procedure, le forme di sanzione ed i relativi metodi di applicazione".

Uno dei punti principali sollevati dalla relazione di Rosa Díez Gonzalez sul ruolo dell’Unione europea nella promozione dei diritti umani e della democratizzazione nei paesi terzi [27] consiste nella richiesta di un codice di condotta chiaro per l'applicazione della clausola sui diritti dell’uomo.

Secondo la relazione, la UE deve istituire nuovi meccanismi paralleli di monitoraggio a sostegno dei meccanismi esistenti, che le consentano di verificare il rispetto dei diritti umani e della democratizzazione da parte di tutti i suoi partner politici ed economici.

Finora, le richieste avanzate dal Parlamento europeo per un metodo oggettivo ed un codice di condotta chiaro per l’applicazione della clausola sui diritti umani non hanno ottenuto risposte soddisfacenti e devono pertanto essere reiterate.

Anche le relazioni annuali sulla situazione dei diritti umani nel mondo hanno, in diverse occasioni, offerto la possibilità al Parlamento di esprimere la propria posizione in merito alla clausola sui diritti umani, come ad esempio nella relazione annuale del 2002 di Bob van den Bos, che pone l’accento sull'assenza di un meccanismo di attuazione:

"9. Invita la Commissione a presentare la proposta necessaria per un meccanismo di attuazione della clausola sul rispetto dei diritti umani al fine di mantenere un'esplicita pressione affinché si compiano miglioramenti significativi della situazione dei diritti umani nei paesi interessati e di incoraggiare i settori della società che sono a favore della promozione della democrazia e del rispetto dei diritti umani".[28]

Nella relazione, il Parlamento chiede inoltre quadri di riferimento chiari per l’adozione di misure restrittive e di incentivazione, procedure di dialogo strutturate, sottocommissioni specifiche in materia di diritti umani nell’ambito dei Consigli di associazione e di cooperazione e si rammarica del fatto di non essere coinvolto nel processo decisionale per l'avvio delle consultazioni o la sospensione degli accordi.

Nella relazione annuale del 2003 di Véronique de Keyser, il Parlamento accoglie con favore l’entrata in vigore dell’accordo di Cotonou e considera il meccanismo di attuazione definito nell’accordo, che prevede l’istituzione di un dialogo tra i governi e la società civile, come un modello di riferimento per i negoziati successivi.

La relazione del 2004 di Simon Coveney chiede l'istituzione di sottocommissioni sui diritti umani nel quadro degli accordi di associazione e che la Commissione elabori una relazione di valutazione sulla situazione dei diritti umani nei paesi ENP.

Occorre infine ricordare che la clausola sui diritti dell'uomo e la situazione dei diritti umani in generale hanno svolto un ruolo importante nella conclusione di diversi accordi, stipulati con i paesi terzi, per i quali era richiesto il parere conforme del Parlamento europeo, quali l’accordo di associazione con l’Egitto, il Pakistan o quello con la Siria, attualmente ancora in fase negoziale.

4. Il futuro della clausola sui diritti dell'uomo

Dieci anni dopo la comunicazione che ha formalmente istituito e definito la struttura della clausola sui diritti dell'uomo, è giunto il momento di valutarne l’attuazione e di esaminare nuove possibilità per un suo miglioramento, dalla fase negoziale di un accordo e dalla formulazione specifica della clausola, fino alla fase di monitoraggio ed attuazione, prendendo in considerazione l’adozione di misure sia negative sia positive.

4.1 In che modo è possibile migliorare la fase negoziale?

1. Una procedura più aperta che preveda un ruolo per il PE e la società civile.

Il conferimento di un mandato negoziale per la conclusione di nuovi accordi con i paesi terzi è, attualmente, di responsabilità esclusiva del Consiglio. La natura di tale mandato non è tuttavia del tutto chiara né trasparente ed una procedura più aperta consentirebbe di conseguire risultati notevoli. Rendendo la procedura più trasparente ed associando il Parlamento europeo, i parlamenti nazionali e la società civile al processo di definizione della clausola sui diritti dell’uomo si favorirebbero inoltre il dialogo e l’attuazione, una volta entrato in vigore l’accordo.

Il Parlamento europeo svolge, effettivamente, un ruolo esprimendo un parere conforme prima dell’entrata in vigore di un accordo, ma non interviene nella procedura di avvio dei negoziati o di parziale sospensione di un accordo. Nell’ambito dell’intera procedura concernente la clausola sui diritti umani, il ruolo svolto dalla società civile è invece molto scarso.

A titolo di paragone, è opportuno citare l’accordo di Cotonou, in cui gli attori non statali sono esplicitamente definiti come attori del partenariato e in cui, all’articolo 8, paragrafo 7 concernente il dialogo politico tenuto su base regolare, il ruolo della società civile è chiaramente definito, in quanto si afferma che le organizzazioni regionali e subregionali, così come i rappresentanti delle organizzazioni della società civile, devono essere associati al dialogo.

Tale dialogo politico va peraltro ulteriormente sviluppandosi, in seguito all’adozione di linee guida e alla definizione, in corso di svolgimento, di un allegato all’accordo in cui sono specificati modalità e meccanismi del suddetto dialogo.

2. Estensione della clausola a tutti i settori ed i paesi

Benché la politica volta ad inserire il richiamo ai diritti nell'uomo negli accordi sia stata perseguita con impegno costante, vi sono ancora alcuni settori in cui tale richiamo è assente, in particolare gli accordi settoriali e gli accordi con i paesi sviluppati. Ciò è talvolta dovuto al fatto che i trattati di cooperazione con questi ultimi paesi risalgono ad un periodo precedente alla politica dell’Unione in materia, anche se non è questo il caso dell’accordo SEE. Di conseguenza, sarebbe opportuno estendere la clausola a tutti gli accordi, sia con i paesi sviluppati sia con i paesi in via di sviluppo.

Lo stesso vale per gli accordi commerciali, gli accordi concernenti il settore tessile e quello della pesca. Molto spesso tali accordi prevedono cospicue dotazioni finanziarie e, in nome della coerenza politica, sarebbe auspicabile che anche questi ultimi contengano un richiamo al rispetto dei diritti dell’uomo e dei principi democratici.

4.2 Come migliorare il monitoraggio e l’attuazione?

3. Necessità di un monitoraggio migliore che ponga l’accento sulla dimensione dei diritti umani.

Sin dall’inizio il Parlamento ha sempre attribuito grande importanza alla necessità di istituire procedure di monitoraggio e di attuazione efficaci e trasparenti. Anche se non vi è dubbio che alcuni risultati siano stati conseguiti, vi è ancora spazio per ulteriori miglioramenti.

La recente istituzione, nel 2004, dell’obbligo di elaborare schede informative sui diritti umani, compito che spetta a ciascun capo missione nell'ambito delle delegazioni della Commissione europea, ed il seguito dato ai diversi orientamenti approvati, tra cui gli orientamenti sulla tortura adottati nel 2001, hanno senza dubbio contribuito ad una migliore comprensione della situazione dei diritti dell'uomo in ciascun paese. Tuttavia, queste schede informative sui diritti umani non sono pubbliche. Si dovrebbe quindi prendere in considerazione un qualche tipo di relazione annuale, come è stato chiesto nell'ambito della Politica europea di vicinato, anche se tale relazione non dovrebbe essere necessariamente limitata solo a questi paesi, ma dovrebbe includere tutti i paesi con cui è stato concluso un accordo contenente una clausola. Si avverte ancora l’esigenza di quadri di riferimento più chiari per l'applicazione di misure restrittive e di incentivazione.

La procedura di adesione, basata su criteri chiaramente definiti (i cosiddetti criteri di Copenaghen), potrebbe servire da esempio per l’elaborazione di tali quadri di riferimento. In tale contesto, i nuovi piani d’azione nell’ambito della Politica europea di vicinato potrebbero rappresentare un'opportunità per la determinazione di obiettivi maggiormente operativi. I documenti di strategia nazionale dovrebbero inoltre essere maggiormente focalizzati e strategici per quanto concerne la situazione dei diritti umani.

L’inserimento sistematico di questioni concernenti i diritti umani all'ordine del giorno dei Consigli di associazione deve essere accompagnato dall'istituzione di sottocommissioni sui diritti umani, le quali rappresentano un altro importante strumento per il monitoraggio della situazione nei paesi interessati. Gruppi di lavoro di questo tipo sono stati costituiti con il Bangladesh, il Vietnam, il Marocco e la Giordania.

In tale contesto, è peraltro importante sottolineare l'importanza del ruolo di monitoraggio svolto dalla società civile, nonché individuare nuove modalità per consentire agli attori non statali ed agli esperti in materia di monitorare e di riferire in merito all'attuazione dei diritti umani e dei principi democratici ai sensi dell’accordo, ad esempio attraverso gruppi di lavoro collegati al Consiglio di associazione, oppure mediante la loro partecipazione alle sottocommissioni di cui sopra.

La proposta di regolamento del Consiglio che istituisce l'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali propone quanto segue all'articolo 3, paragrafo 4:

"4. Fermo restando il disposto dell'articolo 27, l'Agenzia fornisce, a richiesta della Commissione, informazioni e analisi su questioni relative a diritti fondamentali indicate nella domanda stessa e che riguardano i paesi terzi con i quali la Comunità abbia concluso accordi di associazione o accordi contenenti disposizioni sul rispetto dei diritti dell'uomo o con i quali ha avviato o intende avviare negoziati per la conclusione di siffatti accordi, in particolare con i paesi contemplati dalla Politica europea di vicinato".

Anche se la discussione in seno al Parlamento sulla portata dell'azione dell'Agenzia non è ancora terminata, l'Agenzia potrebbe avere un ruolo da svolgere nel processo di verifica degli accordi con paesi terzi.

4. L’esigenza di un chiaro meccanismo di attuazione per tutti gli accordi che prevedono la clausola rappresenta una delle questioni più urgenti.

La Commissione ci tiene a sottolineare che le clausole dell’"elemento essenziale", o le clausole relative ai diritti dell'uomo, non devono necessariamente suggerire un approccio negativo o punitivo, ma costituiscono piuttosto uno strumento positivo che può essere utilizzato per promuovere il dialogo e la cooperazione tra le parti, incoraggiando azioni congiunte volte a favorire la democratizzazione e i diritti umani, quali un’attuazione efficace degli strumenti internazionali in materia di diritti umani o la prevenzione delle crisi, mediante l’istituzione di relazioni cooperative costanti e a lungo termine. Tale posizione è condivisa dal Parlamento, al quale si devono molte delle idee attualmente messe in pratica. Nella stessa formulazione della clausola è specificato che la sospensione deve costituire un’ultima istanza. Il fatto che la clausola sia stata invocata molto raramente non significa automaticamente che essa non sia efficace, appare tuttavia evidente che l’assenza di un chiaro meccanismo di attuazione ne riduce l’efficacia. Il fatto che la clausola abbia trovato una più ampia applicazione nell’ambito dell’accordo di Cotonou, rispetto a quanto avvenuto per gli altri accordi che la contengono, è riconducibile a diverse ragioni; tuttavia, la presenza di una procedura di consultazione, sospensione e partecipazione più complessa ha molto probabilmente contribuito a tale situazione.

La Commissione ha dichiarato di non volere un’"applicazione meccanicistica". Il Consiglio ha tuttavia adottato alcuni orientamenti in materia di attuazione e valutazione delle misure restrittive (sanzioni) nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune (PESC) della UE, le quali non contemplano però né la sospensione o risoluzione di accordi bilaterali, né la sospensione o risoluzione della cooperazione con i paesi terzi. Ciò necessita pertanto di alcune rettifiche.

Il modo in cui la clausola è stata utilizzata, o non lo è stata, nel corso degli anni, lascia anch’esso spazio alla riflessione per chiedersi se i criteri necessari per l'avvio di una procedura di consultazione o per l'applicazione di misure restrittive siano oggettivi o non dipendano piuttosto da interessi politici o commerciali. Una migliore definizione della procedura favorirebbe, probabilmente, un’applicazione più oggettiva.

Tale procedura dovrebbe naturalmente coinvolgere anche il Parlamento europeo nel processo decisionale per l'avvio dei negoziati o la sospensione di un accordo ed attribuire un ruolo alla società civile.

Si dovrebbe anche considerare la possibilità che attori indipendenti non statali o singoli individui invochino la clausola, ad esempio mediante un meccanismo che porti la Commissione a chiedere all'Agenzia per i diritti fondamentali di presentare una relazione sui presunti casi di violazioni nei paesi dell'UE o di politiche dell'UE che contribuiscono a violazioni in un paese terzo.

Accanto all’elaborazione di una procedura di consultazione più dettagliata, occorre impegnarsi affinché tutti gli accordi prevedano procedure più snelle. Ciò comprende l’introduzione di clausole di non esecuzione laddove esse siano assenti, la definizione dei casi di "particolare urgenza" e le disposizioni per la composizione vincolante delle controversie per le quali, in caso di mancata composizione a livello amministrativo, si ricorrerà in ultima istanza ad una decisione vincolante.

Occorre nel contempo prestare maggiore attenzione alle violazioni dei diritti sociali, quali le norme fondamentali del lavoro. I casi in cui si è fatto ricorso alla clausola erano generalmente dovuti a violazioni dei diritti politici, ad elezioni irregolari o a colpi di Stato.

4.3 Cosa ne è della reciprocità della clausola?

4. Occorre individuare modalità e strumenti per migliorare il carattere di reciprocità della clausola.

I dialoghi specifici sui diritti umani, come quelli con la Cina, l’Iran o la Russia implicano chiaramente una comunicazione reciproca, dove sia la UE sia il paese con il quale il dialogo è instaurato hanno la possibilità di sollevare questioni di particolare interesse. La clausola presenta anch’essa una dimensione di reciprocità che non è ancora stata pienamente sviluppata. In essa si afferma che "il rispetto dei principi democratici e dei diritti umani fondamentali ispira le politiche interne ed esterne della Comunità e del [paese interessato]". Tuttavia, la clausola non è mai stata utilizzata per mettere in discussione il modo in cui la UE o i suoi Stati membri adempiono ai propri obblighi in materia di diritti umani. I diritti delle minoranze, l’immigrazione e il diritto d’asilo sono settori in cui un dibattito potrebbe rivelarsi particolarmente proficuo.

4.4 E' necessria una nuova clausola modello?

Appare pertanto opportuno valutare la possibilità di una nuova formulazione della clausola, rispettando i seguenti principi:

a)        la promozione e la tutela dei diritti umani dovrebbero essere tra gli obiettivi dell'accordo,

b)        dev'essere chiaro che le parti hanno l'obbligo di conformarsi alle norme che costituiscono un "elemento essenziale" della clausola,

c)        dovrebbe esserci chiarezza sui criteri applicabili, il che potrebbe essere realizzato con un riferimento più generale ai diritti umani o menzionando strumenti specifici di base in materia di diritti umani cui le parti hanno aderito,

d)        la clausola dovrebbe prevedere un dialogo politico con la partecipazione dei parlamenti e dei rappresentanti della società civile,

e)        dovrebbe contenere una procedura dettagliata di consultazione, con un ruolo specifico per i parlamenti,

f)         dovrebbe prevedere una revisione obbligatoria delle misure adeguate che sono state prese e la possibilità di una "sospensione della sospensione",

g)        dovrebbe sostenere il concetto di ricorso a procedure vincolanti in materia di composizione delle controversie con terzi nei casi che prevedono misure adeguate,

Una proposta formulazione della clausola potrebbe quindi essere:

           (A)      Gli obiettivi di questo/questa (quadro/associazione) sono [...] la promozione e la tutela del rispetto dei principi democratici e dei diritti umani, sia civili che politici o economici, sociali e culturali.

           (B)      Le parti rispettano i principi democratici giuridicamente vincolanti e i diritti umani [come definiti nello [strumento giuridico]] nelle loro politiche interne ed esterne.

           (C)      Il dialogo politico riguarda tutte le questioni di interesse comune per le parti, segnatamente [...] e gli obblighi delle parti di cui all'articolo B.

           Il Parlamento europeo, il parlamento [nazionale], e i rappresentanti delle organizzazioni regionali e subregionali nonché i rappresentanti della società civile sono associati al dialogo.

           (D)      Qualora una delle parti ritenga che l'altra non si sia conformata all'articolo B, essa fornisce, salvo che in casi di urgenza speciale, al [Consiglio congiunto] l'informazione attinente necessaria per un esame approfondito della situazione allo scopo di pervenire ad una soluzione accettabile per le parti. A tal fine, invita l'altra parte a tenere consultazioni che si incentrino sulle misure che la parte interessata ha adottato o adotterà per rimediare alla situazione.

           Il Parlamento europeo, il parlamento [nazionale] e i rappresentanti della società civile sono associati a tali consultazioni.

           Le consultazioni vengono portate avanti al livello e nella forma ritenuti più appropriati per giungere ad una soluzione.

           Le consultazioni iniziano non oltre [X] giorni dall'invito e continuano per un periodo stabilito di comune accordo, a seconda del carattere e della gravità della violazione. In ogni caso le consultazioni non durano più di [Y] giorni.

           Durante le consultazioni, le parti mettono a punto e concordano criteri o obiettivi specifici in relazione agli obblighi delle parti di cui all'articolo B tenendo conto di circostanze specifiche proprie alla parte interessata. I criteri sono costituiti da meccanismi per raggiungere obiettivi attraverso la fissazione di obiettivi intermedi e coordinate temporali per conformarvisi.

           Qualora le consultazioni non portino ad una soluzione accettabile per entrambi le parti, qualora la consultazione sia rifiutata o in casi di urgenza speciale è possibile adottare misure specifiche. Tali misure specifiche devono essere adeguate alla violazione e conformi al diritto internazionale.

           Le misure specifiche devono essere riviste in sede di [Consiglio congiunto] ogni [X] mesi. Vengono revocate non appena non sussistono più i motivi per applicarle.

           Il concetto di "casi di urgenza speciale" si riferisce a casi eccezionali di particolare gravità e flagrante violazione dell'articolo B che richiedono una reazione immediata. Qualora le misure vengano adottate in casi di urgenza speciale esse sono immediatamente notificate al [Consiglio congiunto]. Su richiesta delle parti interessate le consultazioni possono essere indette conformemente al presente articolo.

Negli accordi esclusivamente comunitari

[Articolo E] Parti dell'accordo

Ai fini del presente accordo si intendono per "parti" da un lato la Comunità, conformemente alle sue competenze, e, dall'altro, [l'altra parte].

27.9.2005

PARERE della commissione per lo sviluppo

destinato alla commissione per gli affari esteri

sulla clausola relativa ai diritti dell'uomo e alla democrazia negli accordi dell'Unione europea

2005/2057(INI)

Relatore per parere: Fernando Fernández Martín

SUGGERIMENTI

La commissione per lo sviluppo invita la commissione per gli affari esteri, competente per il merito, ad includere nella proposta di risoluzione che approverà i seguenti suggerimenti:

1.  ricorda il carattere universale e indivisibile dei diritti dell'uomo e l'interdipendenza tra il rispetto dei diritti dell'uomo, la democrazia e lo sviluppo;

2.  ricorda che non sarà possibile lottare contro la povertà senza un approccio globale che comprenda anche la difesa dei diritti dell'uomo e il rispetto dei valori e dei principi democratici;

3.  sottolinea che la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e il Patto internazionale sui diritti civili e politici sono favorevoli all'effettuazione di elezioni libere e giuste allo scopo di riflettere la libera espressione della volontà delle popolazioni e di rispettare i diritti fondamentali;

4.  ritiene che affinché le elezioni possano essere considerate democratiche, libere e corrette, devono essere rispettate in via preliminare alcune condizioni: rispetto dei diritti politici e civici, rispetto della libertà di espressione e d'informazione, accesso paritetico ai media pubblici, rispetto di un pluralismo politico che offra una vera scelta agli elettori;

5.  ricorda che i diritti dell'uomo costituiscono parte integrante della politica esterna dell'Unione europea e che la clausola concernente la democrazia e i diritti dell'uomo rappresenta un elemento essenziale degli accordi con paesi terzi – siano essi paesi in via di sviluppo o paesi industrializzati – e chiede una sua effettiva applicazione;

6.  ritiene che l'adesione dei cittadini europei agli sforzi finanziari per l'Aiuto pubblico allo sviluppo (APS) dipenda anche dalla capacità dei dirigenti europei di non sostenere regimi politici responsabili di violazioni gravi e continuate dei diritti dell'uomo; ricorda che il Parlamento europeo dispone di meccanismi propri per denunciare individualmente tali violazioni;

7.  insiste sulla necessità di una duplice impostazione della condizionalità per i paesi beneficiari dell'aiuto – una condizionalità positiva caratterizzata da un maggiore sostegno ai paesi che compiono progressi in materia di diritti dell'uomo, ed una condizionalità negativa in caso di violazioni gravi e continuate dei diritti dell'uomo e dei principi democratici;

8.  chiede alla Commissione e al Consiglio di adottare criteri concreti, coerenti e trasparenti allo scopo di valutare il processo di democratizzazione dei paesi terzi, comprese le elezioni democratiche, sotto il profilo del rispetto dei diritti dell'uomo, dei principi dello Stato di diritto e della democratizzazione della società in generale;

9.  chiede una procedura più aperta nella fase di negoziazione degli accordi con una maggiore partecipazione del Parlamento europeo e della società civile;

10. chiede che la clausola si riferisca a un testo che occupi un posto importante nella gerarchia normativa del paese firmatario; tale testo dovrebbe essere concordato prima della firma degli accordi;

11. raccomanda che il testo della clausola menzioni strumenti specifici delle Nazioni Unite in materia di diritti dell'uomo, come il Patto internazionale sui diritti civili e politici, la Convenzione contro la tortura, la Convenzione sui diritti del bambino, la Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne e la Dichiarazione sui diritti delle persone appartenenti a minoranze nazionali o etniche, religiose e linguistiche;

12. ricorda che per conseguire gli Obiettivi di sviluppo del millennio è necessario un impegno globale da parte di tutti gli attori internazionali; si compiace, al riguardo, della decisione del G-8 di condonare il debito ai 18 paesi più poveri e indebitati del mondo, nonché del recente impegno dell'Unione europea di portare la quota dell'aiuto comunitario allo 0,56% del reddito nazionale lordo entro il 2010, al fine di raggiungere lo 0,7% nel 2015 e sostenere così gli Obiettivi di sviluppo del millennio;

13. esorta le organizzazioni regionali e i paesi in via di sviluppo, così come altri paesi terzi con cui la UE ha concluso accordi, ad impegnarsi senza riserve a favore del buon governo, della trasparenza, della lotta contro la corruzione, della democrazia, dello stato di diritto, del rispetto dei diritti dell'uomo e del progresso economico – fattori indispensabili affinché le azioni intraprese per eliminare la povertà risultino utili;

14. sottolinea l'urgente necessità di sostenere gli sforzi di stabilizzazione dei paesi in cui si registrano situazioni postconflittuali,

15. rileva l'importanza di penalizzare il meno possibile le popolazioni nell'eventualità di sanzioni, cercando di realizzare per quanto possibile un aiuto che vada direttamente a beneficio delle popolazioni, se del caso attraverso l'ONU e le organizzazioni non governative; ricorda che in ogni caso l'aiuto umanitario è politicamente neutro e deve poter essere fornito ogniqualvolta ne sorga la necessità;

16. sottolinea il valore esemplare dell'Accordo di Cotonou, i cui meriti principali consistono:

     -    nel contenere un riferimento esplicito agli impegni internazionali in materia di rispetto dei diritti dell'uomo quali elementi essenziali dell'accordo, e nel prevedere una clausola sospensiva in caso di violazione, a seguito di una procedura di consultazione (articolo 96) nell'ambito della quale ciascuna delle parti può sostenere il proprio punto di vista e tentare di pervenire ad una soluzione diversa dalle sanzioni;

     -    nell'essere applicabile a 78 paesi e pertanto alla maggior parte dei paesi terzi con cui l'Unione europea ha stipulato accordi;

     -    nell'essere l'unico accordo ad essere sfociato nell'imposizione di sanzioni e ad aver relativamente funzionato;

17. insiste sul fatto che la trasparenza è uno dei principi alla base di qualunque procedimento sanzionatorio e sollecita una maggiore partecipazione del Parlamento europeo a detto processo; invita la Commissione e il Consiglio ad applicare sanzioni trasparenti e coerenti, basate su criteri chiari, nei confronti di ogni paese terzo che non rispetti le clausole relative ai diritti dell'uomo, allo scopo di evitare la politica dei due pesi e delle due misure;

18. si compiace, al riguardo, della modifica sottoscritta il 24 giugno a Lussemburgo, che prevede l'inserimento nell'Accordo di Cotonou di un nuovo allegato il quale definisce le modalità del dialogo politico per quanto riguarda i diritti dell'uomo, i principi democratici e il rispetto della norma giuridica;

19. invita l'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE a portare avanti la propria azione per diventare un attore a pieno titolo nel dialogo politico in materia di diritti dell'uomo;

20. ritiene che i paesi ACP debbano rimanere all'erta per scoprire preventivamente i casi di violazioni dei diritti dell'uomo, e ritiene inoltre che tali paesi debbano adottare iniziative proprie quando si tratta di individuare e sanzionare i casi di violazioni dei diritti dell'uomo;

21. si rammarica che l'imposizione e la cessazione delle sanzioni non corrispondano sempre a criteri obiettivi, come attesta la ripresa parziale della cooperazione con il Sudan nel gennaio 2005, nonostante si continuino a commettere violazioni estremamente gravi dei diritti dell'uomo nella regione del Darfour;

22. raccomanda lo scambio di relazioni annuali sui diritti dell'uomo tra l'UE e il paese firmatario dell'accordo, prevedendo anche un meccanismo di consultazione con le ONG;

23. chiede la designazione di un rappresentante della delegazione della Commissione in ogni paese in cui sia stato firmato un accordo che preveda la clausola, con il compito di controllare che sia rispettata;

24. invita il Consiglio e la Commissione a coordinare con le altre organizzazioni internazionali la propria politica in materia di sanzioni, allo scopo di rafforzarne l'efficacia.

PROCEDURA

Titolo

Clausola relativa ai diritti dell'uomo e alla democrazia negli accordi dell'Unione europea

Riferimenti

2005/2057(INI)]

Commissione competente per il merito

AFET

Commissione competente per parere

        Annuncio in Aula

DEVE

12.5.2005

Cooperazione rafforzata

no

Relatore per parere
  Nomina

Fernando Fernández Martín24.5.2005

Esame in commissione

29.8.2005

26.9.2005

 

 

 

Approvazione dei suggerimenti

26.9.2005

Esito della votazione finale

favorevoli:

contrari:

astensioni:

26

0

3

Membri titolari presenti al momento della votazione finale

Margrete Auken, Alessandro Battilocchio, Margrietus van den Berg, Danutė Budreikaitė, Thierry Cornillet, Nirj Deva, Koenraad Dillen, Alexandra Dobolyi, Fernando Fernández Martín, Michael Gahler, Hélène Goudin, Filip Andrzej Kaczmarek, Maria Martens, Miguel Angel Martínez Martínez, Gay Mitchell, Luisa Morgantini, José Javier Pomés Ruiz, Pierre Schapira, Jürgen Schröder, Feleknas Uca, Anna Záborská, Jürgen Zimmerling

Supplenti presenti al momento della votazione finale

Marie-Hélène Aubert, John Bowis, Linda McAvan, Karin Scheele, Anne Van Lancker, Anders Wijkman, Gabriele Zimmer

Supplenti (art. 178, par. 2) presenti al momento della votazione finale

 

12.10.2005

PARERE della commissione per il commercio internazionale

destinato alla commissione per gli affari esteri

sulla clausola relativa ai diritti dell'uomo e alla democrazia negli accordi dell'Unione europea

(2005/2057(INI))

Relatore per parere: Glyn Ford

SUGGERIMENTI

La commissione per il commercio internazionale invita la commissione per gli affari esteri, competente per il merito, a includere nella proposta di risoluzione che approverà i seguenti suggerimenti:

1.  accoglie con favore la prassi generale della Comunità europea di inserire nei suoi accordi internazionali, sin dal 1992, clausole relative ai diritti umani e alla democrazia - le cosiddette clausole sull'"elemento essenziale" e di "non esecuzione" - ma allo stesso tempo constata la maniera selettiva in cui tali clausole vengono applicate in alcuni casi;

2.  chiede alla Commissione di inserire una clausola standard sui diritti umani in tutti i suoi futuri accordi internazionali, compresi gli accordi commerciali settoriali conclusi con paesi terzi e le misure commerciali autonome concesse a questi ultimi; chiede inoltre che la Commissione, nel valutare l'osservanza di tale clausola da parte dei vari paesi, stabilisca priorità specifiche per ogni singolo paese;

3. raccomanda l'introduzione di parametri di riferimento specifici nel settore dei diritti umani e della democrazia sulla base del dialogo politico e in funzione delle pertinenti norme internazionali e dei trattati internazionali;

4.  chiede alla Commissione di stabilire un meccanismo di monitoraggio che colleghi l'attuazione e la sospensione temporanea di accordi commerciali e di misure commerciali autonome all'osservanza, da parte del paese beneficiario, delle basilari norme democratiche e al suo rispetto dei diritti dell'uomo e delle minoranze, come indicato nella Relazione annuale del Parlamento europeo sui diritti umani nel mondo;

5.  chiede a questo riguardo alla Commissione di associare pienamente il Parlamento alla verifica dell'applicazione delle clausole sui diritti umani o di requisiti analoghi in materia di osservanza delle basilari norme democratiche e di rispetto dei diritti umani e delle minoranze inclusi in tali accordi; sottolinea l'importanza di consultare la società civile durante questo processo di verifica al fine di migliorare il monitoraggio della situazione dei diritti umani;

6.  rileva che la sospensione temporanea di accordi commerciali e di misure commerciali autonome andrebbe attuata secondo criteri oggettivi e trasparenti, uguali per tutti i paesi, e regolamentata in modo chiaro mediante una clausola di scadenza in ciascun accordo internazionale, affinché i paesi terzi si conformino al rispetto dei diritti umani al più tardi al termine del periodo di sospensione;

7.  raccomanda alla Commissione di mettere a punto una metodologia obiettiva e trasparente che definisca il legame esatto tra rispetto, da parte dei paesi terzi, delle norme in materia di diritti dell'uomo e un'appropriata risposta della Comunità;

8.  è del parere che la creazione di sottogruppi o sottocommissioni permanenti sui diritti umani nell'ambito degli accordi internazionali, inclusi gli accordi commerciali settoriali, contribuirebbe chiaramente all'ulteriore sviluppo di un dialogo strutturato sui diritti umani e i principi della democrazia;

9.  chiede al Consiglio e alla Commissione di associare pienamente il Parlamento europeo allo sviluppo di un siffatto sistema;

10. invita la Commissione a fare un uso migliore delle conoscenze di cui la società civile dispone sulle situazioni locali in materia di diritti umani, poiché tali conoscenze non sono sufficientemente utilizzate nei suoi attuali documenti di decisione;

11. invita i membri del Parlamento europeo che partecipano alle missioni nei paesi a valutare attivamente le situazioni locali in materia di diritti umani e ad inserire le loro conclusioni nelle loro relazioni finali; chiede alla Commissione di tener conto di tali conclusioni nell'elaborazione della sua politica.

PROCEDURA

Titolo

Clausola relativa ai diritti dell'uomo e alla democrazia negli accordi dell'Unione europea

Riferimenti

2005/2057(INI)

Commissione competente per il merito

AFET

Commissione competente per parere

        Annuncio in Aula

INTA                    DEVE                                                  

13.6.2005               24.5.2005

Cooperazione rafforzata

Relatore per parere
  Nomina

Glyn Ford30.8.2005

Esame in commissione

30.8.2005

12.9.2005

 

 

 

Approvazione dei suggerimenti

11.10.2005

Esito della votazione finale

favorevoli:

contrari:

astensioni:

20

1

0

Membri titolari presenti al momento della votazione finale

Jean-Pierre Audy, Enrique Barón Crespo, Jean-Louis Bourlanges, Nigel Farage, Béla Glattfelder, Jacky Henin, Alain Lipietz, Erika Mann, Helmuth Markov, David Martin, Javier Moreno Sánchez, Georgios Papastamkos, Tokia Saïfi, Peter Šťastný, Robert Sturdy, Johan Van Hecke, Zbigniew Zaleski

Supplenti presenti al momento della votazione finale

Panagiotis Beglitis, Danutė Budreikaitė, Elisa Ferreira, Filip Andrzej Kaczmarek, Jörg Leichtfried, Antolín Sánchez Presedo, Mauro Zani

Supplenti (art. 178, par. 2) presenti al momento della votazione finale

Syed Kamall

PROCEDURA

Titolo

Clausola relativa ai diritti dell'uomo e alla democrazia negli accordi dell'Unione europea

Numero di procedura

2005/2057(INI)

Base regolamentare

art. 45

Commissione competente per il merito
  Annuncio in Aula dell'autorizzazione

AFET12.5.2005

Commissione(i) competente(i) per parere
  Annuncio in Aula

INTA12.5.2005

DEVE12.5.2005

 

 

 

Proposta(e) di risoluzione inclusa(e) nella relazione

 

 

 

Relatore(i)
  Nomina

Vittorio Agnoletto1.2.2005

 

Relatore(i) sostituito(i)

 

 

Esame in commissione

10.10.2005

21.11.2005

22.11.2005

 

 

Approvazione

23.11.2005

Esito della votazione finale

favorevoli:

contrari:

astensioni:

56

1

2

Membri titolari presenti al momento della votazione finale

Vittorio Agnoletto, Angelika Beer, André Brie, Elmar Brok, Simon Coveney, Ryszard Czarnecki, Véronique De Keyser, Giorgos Dimitrakopoulos, Camiel Eurlings, Alfred Gomolka, Klaus Hänsch, Richard Howitt, Anna Ibrisagic, Toomas Hendrik Ilves, Jelko Kacin, Helmut Kuhne, Joost Lagendijk, Vytautas Landsbergis, Cecilia Malmström, Francisco José Millán Mon, Pierre Moscovici, Pasqualina Napoletano, Baroness Nicholson of Winterbourne, Raimon Obiols i Germà, Vural Öger, Justas Vincas Paleckis, Alojz Peterle, Tobias Pflüger, João de Deus Pinheiro, Paweł Bartłomiej Piskorski, Michel Rocard, Raül Romeva i Rueda, Libor Rouček, José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra, Jacek Emil Saryusz-Wolski, György Schöpflin, Gitte Seeberg, István Szent-Iványi, Konrad Szymański, Antonio Tajani, Paavo Väyrynen, Inese Vaidere, Geoffrey Van Orden, Ari Vatanen, Luis Yañez-Barnuevo García, Josef Zieleniec

Supplenti presenti al momento della votazione finale

Árpád Duka-Zólyomi, Kinga Gál, Marie Anne Isler Béguin, Tunne Kelam, Jaromír Kohlíček, Janusz Onyszkiewicz, Doris Pack, Aloyzas Sakalas, Csaba Sándor Tabajdi, María Elena Valenciano Martínez-Orozco, Marcello Vernola

Supplenti (art. 178, par. 2) presenti al momento della votazione finale

Thomas Wise, Sylwester Chruszcz

Deposito – A6

23.1.2006

A6‑0004/2006

  • [1]  GU C 97 E del 22.4.2004, pag. 656.
  • [2]  GU C 131 E del 5.6.2003, pag. 147.
  • [3]  GU C 320 del 28.10.1996, pag. 261.
  • [4]  Testi approvati, P6_TA(2005)0150
  • [5]  GU C 104 E del 30.4.2004, pag. 1048.
  • [6]  GU C 76 E del 25.3.2004, pag. 386.
  • [7]  GU C 131E del 5.6.2003, pag. 138.
  • [8]  GU C 65 E del 14.3.2002, pag. 336
  • [9]  GU C 377 del 29.12.2000, pag. 336.
  • [10]  GU C 98 del 9.4.1999, pag. 267.
  • [11]  GU C 20 del 20.1.1997, pag. 161.
  • [12]  GU C 126 del 22.5.1995, pag. 15.
  • [13]  GU C 115 del 26.4.1993, pag. 214.
  • [14]  GU C 267 del 14.10.1991, pag. 165.
  • [15]  GU C 47 del 27.2.1989, pag. 61.
  • [16]  GU C 99 del 13.4.1987, pag. 157.
  • [17]  GU C 343 del 31.12.1985, pag. 29.
  • [18]  GU C 172 del 2.7.1984, pag. 36.
  • [19]  GU C 161 del 10.6.1983, pag. 58.
  • [20]  Comunicazione della Commissione sul richiamo ai principi democratici e ai diritti dell’uomo negli accordi tra la Comunità e i paesi terzi, COM(95) 216 def. del 23 maggio 1995.
  • [21]  L’articolo 60, paragrafi 1 e 3 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati stabilisce che una "violazione sostanziale" di un trattato bilaterale ad opera di una delle parti autorizza l’altra parte ad invocare tale violazione per porre termine al trattato o sospenderne totalmente o parzialmente l’applicazione. Si ha una "violazione sostanziale" qualora il trattato sia respinto senza che ciò sia autorizzato dalla convenzione di Vienna oppure qualora vi sia violazione di una disposizione ritenuta essenziale ai fini del conseguimento dell’oggetto o dello scopo del trattato.
  • [22]  COM(95) 216 def. del 23 maggio 1995.
  • [23]  SEC(61) 91
  • [24]  Risoluzione del Consiglio e degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio concernente i diritti umani, la democrazia e lo sviluppo, 28 novembre 1991, Boll. CE 11/1991, pagg. 122-3
  • [25]  Comunicazione della Commissione su Governance e sviluppo, 20 ottobre 2003, COM(2003) 615 def.
  • [26]  A4-0212/1996 - T4-0499/1996 - relazione sulla comunicazione della Commissione sul richiamo al rispetto dei diritti dell’uomo negli accordi tra la comunità e i paesi terzi (COM(95) 0216 - C4 - 0197/95).
  • [27]  A5-0084/2002 relazione sul ruolo dell’Unione europea nella promozione dei diritti umani e della democratizzazione nei paesi terzi (COM(2001) 252 - C5-0653/2001 - 2001/2276(COS)).
  • [28] A5-0274/2003 - T5-375/2003 Relazione annuale sulla situazione dei diritti umani nel mondo nel 2002 e la politica dell’UE in materia.