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Procedura : 2013/2666(RSP)
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Ciclo del documento : B7-0482/2013

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B7-0482/2013

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PV 21/10/2013 - 11
CRE 21/10/2013 - 11

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PV 23/10/2013 - 11.8
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P7_TA(2013)0443

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Mercoledì 23 ottobre 2013 - Strasburgo
Conferenza sul cambiamento climatico
P7_TA(2013)0443B7-0482/2013

Risoluzione del Parlamento europeo del 23 ottobre 2013 sulla Conferenza di Varsavia (Polonia) sul cambiamento climatico (COP 19) (2013/2666(RSP))

Il Parlamento europeo,

–  visti la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (UNFCCC) e il protocollo di Kyoto di detta convenzione,

–  visti i risultati della Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico svoltasi a Bali nel 2007 e il piano d'azione di Bali (Decisione 1/COP 13),

–  viste la quindicesima conferenza delle parti (COP 15) dell'UNFCCC e la quinta conferenza delle parti che funge da riunione delle parti del protocollo di Kyoto (CMP5), tenutesi a Copenaghen (Danimarca) dal 7 al 18 dicembre 2009, e visto l'accordo di Copenaghen,

–  viste la sedicesima conferenza delle parti (COP 16) dell'UNFCCC e la sesta conferenza delle parti che funge da riunione delle parti del protocollo di Kyoto (CMP 6), tenutesi a Cancún (Messico) dal 29 novembre al 10 dicembre 2010, e visti gli accordi di Cancún,

–  viste la diciassettesima conferenza delle parti (COP 17) dell'UNFCCC e la settima conferenza delle parti che funge da riunione delle parti del protocollo di Kyoto (CMP7), tenutesi a Durban (Sudafrica) dal 28 novembre al 9 dicembre 2011, e in particolare le decisioni comprendenti la piattaforma di Durban per un'azione rafforzata,

–  viste la diciottesima conferenza delle parti (COP 18) dell'UNFCCC e l’ottava conferenza delle parti che funge da riunione delle parti del protocollo di Kyoto (CMP8), tenutesi a Doha (Qatar) dal 26 novembre all’8 dicembre 2012, nonché l'adozione del "Doha Climate Gateway”,

–  viste la diciannovesima conferenza delle parti (COP 19) dell'UNFCCC e la nona conferenza delle parti che funge da riunione delle parti del protocollo di Kyoto (CMP9), che si terranno a Varsavia (Polonia) dall’11 al 23 novembre 2013,

–  visto il pacchetto dell'UE sul clima e l'energia del dicembre 2008,

–  vista la direttiva 2008/101/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, che modifica la direttiva 2003/87/CE al fine di includere le attività di trasporto aereo nel sistema comunitario di scambio delle quote di emissioni dei gas a effetto serra(1),

–  vista la sua risoluzione del 4 febbraio 2009 dal titolo: “2050: il futuro inizia oggi - Raccomandazioni per la futura politica integrata dell'UE sul cambiamento climatico” (2),

–  viste le sue risoluzioni del 25 novembre 2009 sulla strategia dell'Unione europea per la conferenza di Copenaghen sui cambiamenti climatici (COP 15) (3), del 10 febbraio 2010 sull'esito della conferenza di Copenaghen sui cambiamenti climatici (COP 15) (4), del 25 novembre 2010 sulla conferenza sul cambiamento climatico di Cancún (COP 16) (5), del 16 novembre 2011 sulla conferenza di Durban sul cambiamento climatico (COP 17) (6) e del 22 novembre 2012 sulla conferenza di Doha (Qatar) sul cambiamento climatico (COP 18) (7),

–  vista la sua risoluzione del 15 marzo 2012 su una tabella di marcia verso un'economia competitiva a basse emissioni di carbonio nel 2050(8),

–  vista la comunicazione consultiva della Commissione del 26 marzo 2013 dal titolo: “L’accordo internazionale del 2015 sui cambiamenti climatici: definizione della politica internazionale in materia di clima dopo il 2020” (SWD(2013)0097),

–  viste le conclusioni del Consiglio del 9 marzo 2012 sul seguito dato alla diciassettesima conferenza delle Parti (COP 17) dell'UNFCCC e sulla settima sessione della riunione della conferenza delle Parti del protocollo di Kyoto (CMP 7) (Durban (Sudafrica), 28 novembre-9 dicembre 2011),

–  viste le conclusioni del Consiglio del 15 maggio 2012 sui "finanziamenti per il clima – finanziamento rapido" ("fast-start finance"),

–  viste le conclusioni del Consiglio del 18 luglio 2011 e del 24 giugno 2013 sulla diplomazia climatica dell’UE,

–  vista la relazione di sintesi del Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP), del novembre 2012, intitolata: “Colmare il divario delle emissioni”,

–  vista la relazione della Banca mondiale intitolata: “Turn Down the Heat: Why a 4 °C Warmer World Must be Avoided” (Spegnere il riscaldamento: perché è necessario evitare un pianeta più caldo di 4 gradi),

–  viste le interrogazioni al Consiglio e alla Commissione sulla Conferenza di Varsavia (Polonia) sul cambiamento climatico (COP 19) (O-000095/2013 – B7‑0517/2013 e O‑000096/2013 – B7‑0518/2013),

–  visti l'articolo 115, paragrafo 5, e l'articolo 110, paragrafo 2, del suo regolamento,

A.  considerando che il cambiamento climatico rappresenta una minaccia urgente e potenzialmente irreversibile per le società umane, per la biodiversità e per il pianeta ed è perciò un problema che deve essere affrontato a livello internazionale da tutte le parti;

B.  considerando che il "Doha Climate Gateway" evidenzia con grave preoccupazione il significativo divario esistente tra l'effetto aggregato degli attuali impegni delle parti per la riduzione delle emissioni annuali di gas a effetto serra a livello mondiale entro il 2020 e i percorsi di emissione aggregati che occorre seguire per poter far sì che l'aumento della temperatura superficiale media annua del pianeta non superi i 2 °C ("l'obiettivo dei 2 °C");

C.  considerando che, secondo i dati scientifici presentati dal Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), l'obiettivo dei 2 °C richiede che le emissioni globali, raggiunto il livello più alto entro il 2015, siano ridotte entro il 2050 di almeno il 50% rispetto ai livelli del 1990 e successivamente continuino a diminuire; e che l'UE dovrebbe pertanto spingere per iniziative concrete e per la loro effettiva attuazione a livello globale prima del 2020;

D.  considerando che, secondo la relazione della Banca mondiale dal titolo "Turn Down the Heat" (Abbassare il riscaldamento), le attuali tendenze in termini di emissioni porteranno a un riscaldamento di 2 °C rispetto all'epoca preindustriale nell'arco di 20/30 anni e a un riscaldamento di 4 °C entro il 2100; e che l’aumento di 4 °C potrebbe comportare aumenti di temperatura sostanzialmente più elevati nelle regioni tropicali particolarmente sensibili;

E.  considerando che recenti risultati scientifici sottolineano i pericoli inerenti anche a un riscaldamento di 2 °C e si registra un ampio consenso sul fatto che il riscaldamento finora prodotto (pari, a livello globale, a circa 0,8 °C al di sopra delle temperature pre-industriali) costituisca uno dei fattori alla base di varie crisi umanitarie e alimentari già verificatesi, in particolare quelle più gravi in Africa, soprattutto nel Corno d'Africa e nel Sahel;

F.  considerando che i rischi e i costi ampiamente riconosciuti che l'attuale andamento delle emissioni comporta per il mondo richiedono non solo l'impegno ma anche la volontà politica di tutti di farvi fronte;

G.  considerando che per molte regioni un riscaldamento di 2 °C è già estremamente pericoloso; e che 112 paesi, tra cui quelli più vulnerabili, i piccoli stati insulari e i paesi meno sviluppati, hanno chiesto, oltre a una riduzione del livello di biossido di carbonio nell'atmosfera che porti a una concentrazione inferiore a 350 parti per milione, anche una stabilizzazione dell'aumento globale della temperatura al di sotto di 1,5 °C;

H.  considerando che la conferenza di Varsavia (COP 19) sarà cruciale per realizzare i progressi necessari nell'avanzamento della piattaforma di Durban e per aprire la strada alla preparazione degli impegni e alla conclusione di un accordo globale giuridicamente vincolante entro il 2015;

I.  considerando che tale accordo globale giuridicamente vincolante deve essere coerente con un bilancio del carbonio compatibile con l'obiettivo dei 2 °C, con il criterio dell'equità e con il principio delle "responsabilità comuni ma differenziate e rispettive capacità" (CBDRRC: common but differentiated responsibilities and respective capabilities), nonché riconoscere la necessità che tutti i principali responsabili delle emissioni adottino obiettivi ambiziosi e sufficienti e misure politiche corrispondenti per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra che rispecchino l'evoluzione delle responsabilità e delle capacità; ribadisce che il 90% dell'aumento delle emissioni globali è riconducibile ai paesi in via di sviluppo che non sono soggetti a obblighi di riduzione in virtù dell'attuale protocollo di Kyoto;

J.  considerando che, alla COP 16 di Cancún (2010), i paesi industrializzati si sono impegnati a fornire 30 miliardi di dollari per il periodo 2010-2012 e, entro il 2020, 100 miliardi di dollari di finanziamenti "nuovi e addizionali" ogni anno al fine di rispondere alle necessità legate ai cambiamenti climatici nei paesi in via di sviluppo; che tale finanziamento doveva garantire una ripartizione equilibrata tra l’adattamento e l'attenuazione; e che, finora, non vi è una definizione concordata a livello internazionale dell’espressione "nuovi e addizionali";

K.  considerando che, a dispetto dell'impegno accettato dalle parti a Copenaghen per quanto riguarda la messa a disposizione di 30 miliardi di USD nell'arco di tre anni in qualità di finanziamento rapido (fast-start finance), non vi sono tuttora certezze in merito all'entità dei finanziamenti per il clima che saranno resi disponibili a titolo di garanzia di affidabilità dell'impegno stesso;

L.  considerando che è sempre più riconosciuta la necessità di vigilare sui tentativi, posti in essere da attori economici che emettono volumi significativi di gas a effetto serra o traggono vantaggio della combustione di combustibili fossili, di compromettere o invalidare gli sforzi in materia di protezione del clima;

M.  considerando che, secondo uno studio realizzato dall'Istituto di Potsdam per la ricerca sull'impatto climatico e dall'Università di Madrid, la frequenza delle ondate di calore estremo raddoppierà da oggi al 2020 e si quadruplicherà nel periodo fino al 2040: che lo studio giunge altresì alla conclusione che la tendenza descritta può essere scongiurata nella seconda metà del secolo in caso di riduzione sostanziale delle emissioni globali; che gli eventi sembrano suffragare le affermazioni degli studiosi, come dimostra la maggiore frequenza anche in Europa di catastrofi naturali quali inondazioni e violenti nubifragi;

N.  considerando che, in base alle conclusioni di uno studio del Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale (CEDEFOP), è possibile raggiungere un'economia sostenibile nonché efficiente sotto il profilo energetico garantendo nel contempo un aumento dell'occupazione;

O.  considerando che, secondo le conclusioni di uno studio realizzato dall'Istituto di Potsdam per la ricerca sull'impatto climatico, in caso di posticipo dell'azione globale su un'ampia strategia climatica a livello internazionale fino a dopo il 2030 la crescita economica mondiale potrebbe subire un decremento anche del 7% nell'arco dei primi dieci anni di attuazione della strategia climatica, quando invece lo stesso valore sarebbe limitato al 2% in caso di conclusione di un accordo già nel 2015;

P.  considerando che l'iniziativa dell'UE "Patto dei sindaci" continua a rappresentare un grande successo, con circa 5 000 enti locali ora impegnati ad andare oltre gli obiettivi fissati dall'UE in ambito climatico ed energetico per il 2020; che l'entusiasmo e l'impegno così dimostrati dagli enti locali europei dovrebbero fungere da esempio per la definizione di ambiziose strategie per il clima e l'energia anche a livello internazionale;

Q.  considerando che i paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo hanno raggiunto un accordo sul principio delle responsabilità comuni ma differenziate e rispettive capacità (CBDRRC: common but differentiated responsibilities and respective capabilities); considerando che gli sforzi per limitare le emissioni di gas a effetto serra sono tuttavia del tutto insufficienti e che lo scarso risultato emerso dalle precedenti COP deriva da una mancanza di volontà politica da parte di alcuni paesi; che affrontare questa mancanza è necessario alla luce delle recenti catastrofi naturali estreme;

R.  considerando che i governi hanno la responsabilità collettiva di assicurare che si risponda in modo adeguato alla sfida climatica cui sono confrontati l'umanità e il pianeta; che dovrebbero ricevere il sostegno di tutti i soggetti interessati, compresi i cittadini e le imprese nei loro rispettivi paesi;

S.  considerando che la comunità internazionale si adopera per addivenire a un nuovo quadro di sviluppo globale attraverso due percorsi paralleli: la revisione degli obiettivi di sviluppo del millennio e il processo di definizione degli obiettivi di sviluppo sostenibile avviato dalla conferenza di Rio+20; che tra questi due percorsi vi sono importanti sovrapposizioni;

T.  considerando che la sfida climatica non riduce in alcun modo la sfida dello sviluppo, ma l'aumenta; che i fondi dell'aiuto pubblico allo sviluppo (APS) non devono essere reindirizzati verso finanziamenti per il clima ma che deve essere continuamente ribadito il principio secondo il quale il finanziamento a favore del clima si deve aggiungere ai livelli e agli impegni in materia di APS;

U.  considerando che i cambiamenti climatici rappresentano un'imponente minaccia per tutta una serie di diritti umani, compresi il diritto all'alimentazione, il diritto all'acqua e ai servizi igienico-sanitari e, più in generale, il diritto allo sviluppo;

V.  considerando che a livello mondiale circa il 20% delle emissioni di gas serra è dovuto alla deforestazione e ad altre forme di uso del suolo e di cambiamenti di tale uso; che l'agrosilvicoltura aumenta gli effetti di mitigazione della CO2 grazie a un maggiore stoccaggio del carbonio e riduce la povertà diversificando le entrate delle comunità locali;

W.  considerando che secondo l'International Energy Outlook 2013, tra il 2010 e il 2040(9) la domanda energetica globale dovrebbe crescere del 56%, e che soddisfare tale domanda comporterebbe un notevole aumento delle emissioni di CO2; che la parte più consistente dell'aumento della domanda e delle emissioni si verificherà nelle economie emergenti; che, stando ai dati forniti dal Fondo monetario internazionale (FMI), i sussidi ai combustibili fossili sono pari a USD 1,9 trilioni a livello mondiale, con il massimo dei contributi provenienti dagli Stati Uniti, dalla Cina e dalla Russia (che insieme rappresentano circa la metà di tali sussidi(10));

X.  considerando che molti paesi stanno predisponendo azioni per realizzare un'economia più verde nei settori dell'industria e dell'energia, includendo per vari motivi la protezione del clima, la scarsità e l'efficienza delle risorse, la sicurezza energetica, l'innovazione e la competitività; che, stando all'International Energy Outlook, nel 2012 le emissioni globali di CO2 hanno comunque raggiunto un livello record;

Y.  considerando che nel settore energetico e dell'industria l'applicazione dell'innovazione inerente al clima costituirebbe un vantaggio per l'UE, ponendola all'avanguardia nel mercato globale in crescita dei beni e dei servizi correlati all'energia;

Z.  considerando che in tutto il mondo le innovazioni nel settore dell'energia sostenibile (a livello sia di produzione che di utenza) creano occupazione, stimolano la crescita economica, rafforzano l'indipendenza energetica e determineranno un mondo più pulito capace di mitigare i cambiamenti climatici e di garantire un approvvigionamento energetico sufficiente;

Avanzamento della piattaforma di Durban

1.  è del parere che l'accordo per il periodo successivo al 2020 dovrà riunire l'attuale "mosaico" di accordi vincolanti e non conclusi nel quadro della convenzione delle Nazioni Unite sul clima e del protocollo di Kyoto in un unico grande sistema coerente, vincolante per tutte le parti; pone l'accento sul fatto che l'accordo per il periodo successivo al 2020 non dovrebbe più suddividere il mondo nelle due categorie dei paesi "in via di sviluppo" e "industrializzati", ma dovrebbe piuttosto imporre a tutti i paesi l'obbligo di contribuire in base al principio "responsabilità comuni ma differenziate"; ritiene, a tale proposito, che le riduzioni delle emissioni calcolate in base a una serie di indicatori tra cui anche il PIL pro capite, l'accesso alla tecnologia e l'indice di qualità della vita, tra gli altri, potrebbero rappresentare un valido strumento;

2.  sottolinea l'importante lavoro che dovrà essere svolto dal gruppo di lavoro ad hoc sulla piattaforma di Durban per un'azione rafforzata al fine di stabilire i principi e il quadro applicabili al nuovo accordo mondiale sul clima, nonché i mezzi per raggiungerlo in tempo per la COP 21 che si terrà a Parigi nel 2015; osserva inoltre che il lavoro del gruppo dovrà basarsi sul quinto rapporto di valutazione dell'IPCC, previsto entro il 2014; sottolinea che l'accordo del 2015 deve centrare l'obiettivo riguardante una riduzione delle emissioni globali che riporti, entro il 2030, a livelli inferiori a quelli del 1990, puntando alla progressiva eliminazione delle emissioni globali di carbonio entro il 2050;

3.  osserva che il mancato sviluppo di un approccio improntato all'equità per la condivisione degli sforzi di mitigazione e adattamento tra i paesi ha rappresentato un ostacolo in vista del raggiungimento di un accordo appropriato; pone l'accento sul fatto che il criterio dell'equità, inteso come comprensivo di un approccio dinamico alle responsabilità comuni ma differenziate e alle rispettive capacità, deve essere al centro del nuovo accordo affinché lo stesso possa rappresentare una risposta efficace in ambito climatico;

4.  ritiene che il protocollo vincolante a livello internazionale attualmente in fase di negoziazione nell'ambito della piattaforma di Durban dovrebbe utilizzare le norme già concordate nel quadro dell'UNFCCC e del protocollo di Kyoto come punto di partenza, per poi svilupparle e migliorarle; ritiene, quindi, che debba essere previsto un processo di esame di vari principi e indicatori di equità quali adeguatezza, responsabilità, capacità, nonché sviluppo e adattamento;

5.  ritiene che l'UE si trovi nella posizione di svolgere un ruolo costruttivo in vista di un più agevole conseguimento di un accordo che preveda un'equa condivisione degli sforzi; invita la Commissione a presentare una proposta dell'UE in materia di condivisione degli sforzi a livello globale;

6.  si compiace della proposta di Ban-Ki Moon di organizzare un vertice dei leader mondiali sul clima nel settembre 2014 e una riunione preparatoria in vista della COP, sempre nel 2014 in Venezuela; sottolinea l'importanza che l'evento sia preparato con cura e che produca risultati significativi e impegni al più alto livello politico, oltre che nell'ambito della società civile, al fine di garantire e conservare lo slancio politico necessario in vista delle conferenze del 2014 e del 2015; considera necessario, ai fini di un positivo accordo 2015, che i paesi propongano impegni di riduzione dei gas a effetto serra prima del vertice dei leader mondiali;

7.  auspica una decisione della COP di Varsavia che definisca il calendario e il processo che porteranno tutte le parti a formulare nel 2014 impegni in materia di mitigazione, da valutare e rivedere poi nel 2015; ritiene che le decisioni della COP di Varsavia debbano anche definire gli obblighi di informazione legati agli impegni in materia di mitigazione proposti, garantendo altresì l'applicazione di criteri di trasparenza, quantificazione, comparabilità, verificabilità e adeguatezza;

8.  ritiene che gli impegni in materia di mitigazione proposti dalle parti debbano basarsi sul principio delle CBDRRC e debbano essere misurabili, notificabili e verificabili, nonché sufficienti per conseguire l'obiettivo dei 2 °C (e debbano pertanto "colmare il divario di mitigazione" portando i limiti delle emissioni di gas a effetto serra e gli obiettivi di riduzione per il 2020 in linea con quanto è necessario per rimanere entro l'obiettivo dei 2 °C); ribadisce che, di conseguenza, gli impegni esistenti dovrebbero essere collettivamente rivisti ed essere più ambiziosi al fine di conseguire detto obiettivo; sottolinea che è dovere dell'UE esercitare pressione sulle parti che stanno seguendo percorsi non compatibili con l'obiettivo dei 2 °C;

9.  sottolinea l'importanza di una politica basata sulla scienza e l'assoluta necessità di mantenere e perseguire con maggior vigore l'obiettivo dei 2°C; ritiene che le misure volte a rafforzare gli impegni in materia di mitigazione e la loro attuazione debbano essere non già sprovviste di scadenze precise ma collegate a verifiche dei progressi meglio definite, regolari e rigorose, con dati scientifici, al fine di garantire che il divario di mitigazione sarà colmato;

10.  prende nota del nesso esistente tra l'obiettivo di eliminazione della povertà a livello mondiale, alla base degli Obiettivi di sviluppo del Millennio – attualmente in fase di revisione – e il processo degli obiettivi di sviluppo sostenibile avviato dalla conferenza di Rio+20; chiede che questi due processi siano integrati in un quadro unico, generale e globale e che siano fissati una serie di obiettivi per eliminare la povertà e promuovere lo sviluppo sostenibile dopo il 2015;

11.  pone l'accento sul fatto che un quadro strategico stabile e di lungo periodo comprendente ambiziosi obiettivi a lungo termine rappresenta la sfida più importante, parallelamente alla promozione degli investimenti;

12.  ribadisce che l'attuale sistema "pledge and review" (impegno e riesame) non permetterà di realizzare le trasformazioni radicali necessarie per combattere il cambiamento climatico nel lungo periodo; esorta pertanto tutte le parti a valutare anche altri approcci;

13.  ricorda che, stando all'AIE, le emissioni dell'UE rappresentano circa l'11% delle emissioni globali e rappresenteranno una quota persino più bassa nei decenni a venire; sottolinea che gli attori industriali e i settori energetici potrebbero mirare a obiettivi più elevati e accettare strategie più ambiziose in materia di cambiamenti climatici qualora altre economie globali mostrassero un livello di ambizione più alto attraverso sforzi analoghi;

Protocollo di Kyoto

14.  plaude alla decisione dell'UE, della Svizzera, della Norvegia, del Liechtenstein, dell'Islanda e dell'Australia di aderire al secondo periodo di impegno del protocollo di Kyoto a partire dal 1° gennaio 2013, come fase di transizione verso un nuovo regime internazionale che coinvolgerà tutte le parti e dovrà essere attuato entro il 2020; chiede inoltre una tempestiva ratifica di tale regime, come concordato a Doha; rileva che alle summenzionate parti è imputabile meno del 14% delle emissioni globali;

15.  precisa che, sebbene il secondo periodo di impegno del protocollo di Kyoto avrà una durata limitata, esso va considerato una tappa intermedia estremamente importante in quanto costituisce un ponte verso un accordo internazionale post 2020 più efficace e globale, vincolante per tutte le parti;

16.  ribadisce che molti paesi hanno già dato il buon esempio, dimostrando che è possibile perseguire strategie di sviluppo a basse emissioni di carbonio e fornire un tenore di vita elevato a una più ampia porzione della generazione attuale senza pregiudicare la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni, creando nel contempo nuovi posti di lavoro e assicurando una minore dipendenza dalle importazioni energetiche; precisa che non si devono temere ripercussioni negative se la protezione del clima è integrata in una strategia generale di sviluppo sostenibile e politica industriale;

Divario in materia di mitigazione

17.  ricorda che, secondo i risultati del quarto rapporto di valutazione dell'IPCC, i paesi industrializzati devono ridurre le loro emissioni entro il 2020 del 25-40% rispetto ai livelli del 1990, mentre i paesi in via di sviluppo dovrebbero puntare a realizzare collettivamente una diminuzione sostanziale del tasso di crescita delle emissioni attualmente previsto, vale a dire una riduzione del 15-30% entro il 2020;

18.  ribadisce pertanto l'urgenza di innalzare il livello di ambizione globale da qui al 2020, al fine di conseguire l'obiettivo dei 2 ºC; sottolinea, in particolare, l'urgenza di progredire verso l'eliminazione del "gigatonne gap" esistente tra i dati scientifici e gli attuali impegni delle parti; sottolinea l'importante ruolo di altre misure politiche, tra cui l'efficienza energetica, risparmi energetici consistenti, nonché l'energia rinnovabile compartecipativa e la graduale riduzione di idrofluorocarburi (HFC), per contribuire a colmare il "gigatonne gap";

19.  osserva che l'UE è sulla buona strada per realizzare una riduzione delle emissioni ben oltre l'attuale obiettivo del 20% e ribadisce che l'UE si è offerta di innalzare il proprio obiettivo di riduzione delle emissioni al 30% entro il 2020 se altri paesi tra i principali responsabili di emissioni si impegnano a perseguire obiettivi di riduzione comparabili, generando così una crescita sostenibile e nuovi posti di lavoro e riducendo la dipendenza dalle importazioni energetiche;

20.  osserva che una riduzione graduale degli idrofluorocarburi a livello globale potrebbe impedire l'emissione di 2,2 gigatonnellate di CO2 equivalente entro il 2020 e di quasi 100 gigatonnellate di CO2 equivalente entro il 2050; invita l'UE a intensificare gli sforzi al fine di regolamentare la riduzione graduale di idrofluorocarburi a livello globale nel quadro del protocollo di Montreal;

21.  osserva che l'UE potrebbe svolgere un ruolo essenziale nella riduzione delle emissioni adottando politiche atte a bloccare lo sviluppo di combustibili fossili non convenzionali a emissioni oltremodo elevate di gas serra, come le sabbie bituminose; ritiene che le sovvenzioni pubbliche a sostegno dello sviluppo di combustibili fossili non convenzionali debbano essere gradualmente eliminate, come già espresso nella sua risoluzione relativa all'eliminazione delle sovvenzioni pubbliche ai combustibili fossili;

22.  ritiene opportuno collegare il sistema di scambio delle quote di emissione (ETS) dell'UE agli altri sistemi ETS già attivi in tutto il mondo; raccomanda che lo spirito originario del meccanismo flessibile sia rinvigorito, vale a dire che esso ritorni a essere un meccanismo di mercato e al tempo stesso uno strumento di sviluppo, caratterizzato da una struttura estremamente semplificata ma più trasparente;

Finanziamenti per il clima

23.  sottolinea che gli impegni e gli sforzi concreti volti ad aumentare gradualmente i finanziamenti per il clima fino a 100 miliardi di dollari all'anno entro il 2020 sono essenziali per garantire che si realizzino progressi a Varsavia e per adempiere agli impegni in materia di mitigazione complessivamente necessari; prende atto dell'agenda per lo sviluppo dopo il 2015 e chiede la creazione di sinergie effettive tra i due processi, al fine di ottenere risultati positivi sia per lo sviluppo sia per la politica climatica; deplora che la maggioranza degli Stati membri non abbia ancora assunto impegni in relazione ai finanziamenti per il clima per il periodo successivo al 2013 e li invita a impegnarsi a stanziare risorse nuove e supplementari a favore del clima per il periodo 2013-2015;

24.  deplora che l'attuale livello medio degli APS, pari allo 0,29% del PIL, sia lontano dall'impegno dello 0,7%; ribadisce che il finanziamento a favore del clima si deve aggiungere agli APS; sottolinea, tuttavia, la necessità di conciliare gli obiettivi di sviluppo con quelli in materia di cambiamento climatico; osserva quindi che la garanzia della coerenza delle politiche e l'integrazione dell'ambiente nei progetti di sviluppo deve essere al centro di una strategia dell'UE per un'efficace mitigazione dei cambiamenti climatici e un efficace adattamento ai medesimi;

25.  invita tutte le parti presenti alla COP a precisare come intendano incrementare anno per anno i finanziamenti a favore del clima per tenere fede all'impegno assunto a Copenaghen nel 2009 di mobilitare 100 miliardi di dollari all'anno entro il 2020, quale intervento aggiuntivo rispetto all'impegno di versare lo 0,7% dell'RNL come APS;

26.  osserva con preoccupazione che il Fondo verde per il clima annunciato a Copenaghen nel 2009 e istituito a Cancún nel 2010 non è ancora operativo e invita tutte le parti a completare quanto prima le procedure; chiede che, nel corso del 2014, l'UE e gli altri paesi sviluppati stanzino finanziamenti destinati al Fondo verde per il clima, al Fondo per l'adattamento e ad altri Fondi delle Nazioni Unite per il clima e che lo annuncino in occasione della COP di Varsavia;

27.  si compiace dei progressi compiuti nel rendere operativo il meccanismo tecnologico e sottolinea la necessità di migliorare lo sviluppo, l'applicazione e il trasferimento delle tecnologie, stabilendo il giusto equilibrio tra adattamento e mitigazione e la tutela dei diritti di proprietà intellettuale;

28.  invita gli Stati membri a eliminare gradualmente entro il 2020 le sovvenzioni aventi ripercussioni negative per l'ambiente, in particolare le sovvenzioni ai combustibili fossili, e a destinare tali fondi a una produzione energetica sostenibile; chiede inoltre un'attuazione rapida e coordinata a livello internazionale dell'obiettivo definito al vertice del G20 di Pittsburgh di eliminare gradualmente a medio termine le sovvenzioni inefficienti concesse ai combustibili fossili, il che rappresenterebbe un contributo importante alla protezione del clima e sarebbe inoltre pertinente nell'attuale contesto di deficit pubblico in numerosi paesi; osserva che tale ambizione è stata riconfermata dai leader al vertice del G20 di Los Cabos e che l'UE ha chiesto di compiere progressi in materia in vista del vertice del G20 di San Pietroburgo(11); deplora l'assenza di proposte riguardanti misure concrete che vadano nella direzione dell'attuazione di questo obiettivo;

29.  osserva che il Fondo verde per il clima in futuro non dovrebbe essere finanziato solamente dai paesi industrializzati, ma anche dalle economie emergenti con un PIL pro capite in aumento; precisa, in tale contesto, che 32 paesi considerati "paesi in via di sviluppo" secondo la Convenzione hanno già un PIL pro capite superiore agli Stati membri dell'UE con i livelli più bassi di PIL pro capite;

Adattamento, perdite e danni

30.  riconosce l'attenzione accordata a Doha alla necessità di affrontare le perdite e i danni associati all'impatto dei cambiamenti climatici nei paesi in via di sviluppo, che sono particolarmente vulnerabili agli effetti negativi di tali cambiamenti; prende atto della decisione di definire, durante la conferenza di Varsavia, gli accordi istituzionali necessari per affrontare tale questione;

31.  ricorda che, nonostante i paesi poveri abbiano contribuito in minima parte alla crescente concentrazione di gas a effetto serra nell'atmosfera, essi sono i più vulnerabili all'impatto dei cambiamenti climatici e hanno le minori capacità di adattamento; invita l'Unione europea a cercare accordi in materia di finanziamenti per il clima, trasferimento di tecnologie e rafforzamento delle capacità;

32.  invita i governi a cercare un accordo sui principi di ripartizione degli sforzi e, se possibile, a formulare uno o più modelli per tale ripartizione; ritiene che tali principi e modelli debbano assolutamente tener conto delle emissioni di gas serra passate, presenti e future, così come dei potenziali livelli di capacità futuri e dei livelli attuali in relazione alla mitigazione, all'adattamento e all'apporto di assistenza; ritiene che si debba tener conto anche del diritto allo sviluppo;

33.  ricorda la disponibilità dell'Unione e di altri paesi sviluppati a sostenere i paesi a bassa resilienza, soprattutto attraverso lo sviluppo delle capacità e lo scambio delle migliori prassi, ma anche mediante un sostegno finanziario;

34.  chiede una maggiore sensibilizzazione riguardo ai possibili effetti dei cambiamenti climatici sulla durata dei periodi di siccità, sullo stress idrico che interessa particolari regioni e sulla ridotta accessibilità alle risorse idriche necessarie per la vita di tutti i giorni;

35.  riconosce che l'adattamento rappresenta di fatto una questione locale, ma insiste sulla cooperazione a livello regionale, nazionale e internazionale onde garantire un approccio coerente;

Destinazione dei suoli, cambiamento della destinazione dei suoli e silvicoltura (LULUCF) e riduzione delle emissioni da deforestazione e degrado delle foreste (REDD+)

36.  osserva il ruolo essenziale di LULUCF e REDD+ per la riduzione delle emissioni e, in particolare, per colmare il divario in materia di mitigazione entro il 2020; rileva la necessità di adoperarsi ulteriormente per una contabilizzazione completa, al fine di garantire l'integrità ambientale dei contributi settoriali alla riduzione delle emissioni;

37.  osserva che una quota significativa del finanziamento pubblico sarà destinata ai progetti REDD+; sottolinea l'urgente necessità di elaborare indicatori di rendimento precoci per l'efficace monitoraggio, la comunicazione e la verifica delle attività REDD+; accoglie favorevolmente, a tale proposito, i continui sforzi volti ad accordare priorità alla selezione dei progetti REDD+ nelle zone prive di strade;

38.  rileva i contributi positivi apportati alla lotta contro la deforestazione mondiale dagli accordi volontari di partenariato tra i paesi esportatori di legname e l'Unione europea in base al piano d'azione dell'Unione europea per l'applicazione delle normative, la governance e il commercio nel settore forestale (FLEGT); evidenzia che sono necessari ulteriori interventi per affrontare le cause della deforestazione a livello internazionale attraverso accordi ambientali e commerciali giuridicamente vincolanti;

39.  ricorda che i cambiamenti climatici minacciano la capacità di intere regioni di nutrirsi; esorta l'Unione europea a affrontare la tematica delle ripercussioni sui cambiamenti climatici della politica agricola che conduce; ribadisce che, come osservato dal relatore speciale per il diritto all'alimentazione delle Nazioni Unite, Olivier De Schutter, i cosiddetti sistemi agro-ecologici, cioè metodi agricoli a basse emissioni di CO2 e che conservano le risorse, offrono un modello alternativo in grado sia di mitigare i cambiamenti climatici, limitando le emissioni di gas a effetto serra, sia di migliorare i mezzi di sussistenza delle comunità rurali povere, riducendone la dipendenza dai costosi mezzi di produzione agricoli basati sui combustibili fossili e innalzando al contempo i livelli di produzione; esorta pertanto l'Unione europea a promuovere lo sviluppo rurale, lo sviluppo sostenibile, la produttività dei sistemi agricoli e la sicurezza alimentare, in particolare nei paesi in via di sviluppo;

Energia compartecipativa

40.  osserva che una notevole riduzione delle emissioni potrebbe essere conseguita muovendo in modo significativo verso sistemi energetici puliti e sicuri, caratterizzati da un'elevata integrazione delle energie rinnovabili attraverso investimenti nella produzione di energia su piccola scala, nota anche come micro-generazione; ritiene che i finanziamenti pubblici debbano essere orientati diversamente e mobilitati in modo da assicurare una transizione verso l'energia rinnovabile pubblica e compartecipativa/decentrata;

41.  avverte che la produzione di combustibili agricoli basati su colture alimentari (ad esempio i semi oleosi, l'olio di palma, i semi di soia, di colza o di girasole, la canna o la barbabietola da zucchero e il frumento) potrebbe dare luogo a un'enorme domanda di terreni, mettendo a rischio le popolazioni dei paesi poveri il cui sostentamento dipende all'accesso alla terra e alle risorse naturali;

Aviazione internazionale e trasporti marittimi

42.  sottolinea che, benché l'Unione abbia recentemente concordato di sospendere l'inclusione dei voli internazionali nel suo sistema per lo scambio di quote di emissioni (EU ETS), tale deroga è limitata a un anno e subordinata al fatto che, nel quadro dei negoziati internazionali, si raggiungano decisioni concrete relative all'adozione di una misura mondiale, basata sul mercato, sulle emissioni prodotte dall'aviazione internazionale;

43.  sottolinea la necessità di fissare un prezzo per le emissioni di CO2 prodotte dall'aviazione internazionale e dai trasporti marittimi che, oltre a ridurre le emissioni, permetta altresì di generare entrate;

44.  ribadisce la sua richiesta di uno strumento internazionale con obiettivi globali di riduzione delle emissioni volti ad attenuare l'impatto climatico dei trasporti marittimi;

Industria e competitività

45.  esprime preoccupazioni in merito all'aumento, stando ai dati dell'Agenzia internazionale per l'energia (AIE), delle emissioni di CO2 nel 2012, nonostante in Europa e negli Stati Uniti le emissioni siano diminuite; suggerisce pertanto di prendere in considerazione la possibilità di scindere le responsabilità, affinché ciascun paese contribuisca agli sforzi mondiali nell'ambito della strategia industriale ed energetica;

46.  sottolinea che l'Europa dovrebbe promuovere, nella propria strategia industriale, l'innovazione e la diffusione di tecnologie ecocompatibili, anche nel campo dell'informazione e della comunicazione (TIC), delle energie rinnovabili, delle tecnologie per un uso innovativo ed efficiente dei combustibili fossili e, in particolare, delle tecnologie efficienti sotto il profilo energetico; sottolinea la necessità di elaborare accordi quadro volti a incoraggiare e incentivare una più rapida diffusione delle nuove tecnologie a livello internazionale, dal momento che la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie sono essenziali ai fini di un futuro sostenibile;

47.  ricorda altresì che il perseguimento di ambiziose politiche unionali per il 2030 nel settore dell'industria, dell'innovazione, del clima e dell'energia consentirebbe all'Unione europea di rimanere all'avanguardia e di avere pertanto un impatto positivo sui negoziati internazionali, incoraggiando gli interlocutori internazionali ad aumentare di conseguenza le loro ambizioni;

48.  accoglie con favore qualsiasi sviluppo positivo e ribadisce che un'azione coordinata a livello internazionale contribuirebbe ad affrontare le preoccupazioni riguardo alla fuoriuscita delle emissioni di CO2 e alla competitività di alcuni settori, in particolare quelli ad elevata intensità energetica;

Ricerca e innovazione

49.  sottolinea che lo sviluppo e l'impiego di tecnologie pionieristiche sostenibili sono la chiave per lottare contro i cambiamenti climatici e, allo stesso tempo, convincere gli interlocutori dell'Unione europea in tutto il mondo che è possibile ridurre le emissioni senza perdere competitività e posti di lavoro;

50.  chiede un impegno internazionale per incrementare gli investimenti destinati alla ricerca e allo sviluppo (R&S) in tecnologie pionieristiche sostenibili nei settori pertinenti; ritiene essenziale che l'Unione europea dia l'esempio indirizzando la spesa destinata alla ricerca verso attività di dimostrazione delle tecnologie rispettose del clima ed efficienti sul piano energetico, e che sviluppi una stretta cooperazione scientifica in questo campo con gli interlocutori internazionali, quali i paesi BRIC e gli USA;

Politica energetica

51.  valuta positivamente i recenti segnali lanciati dal governo degli Stati Uniti riguardo ad azioni per il clima e alla sua disponibilità a svolgere un ruolo di maggiore rilievo nel contesto degli sforzi mondiali per fare fronte ai cambiamenti climatici;

52.  osserva che i prezzi delle diverse fonti di energia svolgono un ruolo importante nel determinare il comportamento degli operatori di mercato, tra cui l'industria e i consumatori, e che l'incapacità dell'attuale quadro politico internazionale di internalizzare integralmente i costi esterni perpetua modelli di consumo non sostenibili; ribadisce inoltre che un mercato mondiale del CO2 sarebbe una solida base per conseguire sia una sostanziale riduzione delle emissioni che condizioni di parità per l'industria; esorta l'Unione europea e i suoi partner a trovare, nell'immediato futuro, il modo più efficace di promuovere collegamenti tra il sistema di scambio delle quote di emissioni dell'Unione europea (EU ETS) e altri sistemi di scambio, con l'obiettivo di realizzare un mercato mondiale del CO2 che garantisca opzioni di riduzione più diversificate, un incremento delle dimensioni e della liquidità del mercato, la trasparenza e, in ultima analisi, una più efficiente assegnazione delle risorse al settore energetico e all'industria;

53.  chiede un più stretto coordinamento tra il Consiglio, la Commissione e il Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) affinché l'Unione europea sia in grado di parlare in modo univoco in seno a organizzazioni internazionali quali l'Agenzia internazionale dell'energia (AIE), l'Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (IRENA), la Partnership internazionale per la cooperazione sull'efficienza energetica (IPEEC) e l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA), e di svolgere pertanto un ruolo più attivo e influente, soprattutto nel premere per politiche energetiche sostenibili e politiche di sicurezza energetica;

54.  deplora il fatto che il potenziale di risparmio energetico non sia trattato adeguatamente a livello internazionale e nell'Unione europea; sottolinea che il risparmio energetico consente di creare posti di lavoro, ottenere risparmi economici, sicurezza energetica e competitività nonché ridurre le emissioni e può anche contribuire a invertire la tendenza dei prezzi e dei costi dell'energia; invita l'Unione europea a prestare maggiore attenzione al risparmio energetico nell'ambito dei negoziati internazionali riguardanti il trasferimento di tecnologia, i programmi di sviluppo per i paesi in via di sviluppo o l'assistenza finanziaria; rileva che, per essere credibili, l'Unione europea e i suoi Stati membri devono conseguire gli obiettivi che si sono fissati;

55.  ricorda che, secondo le stime, 1,3 miliardi di persone nel mondo non hanno accesso all'elettricità e 2,6 miliardi di persone continuano a ricorrere al tradizionale uso di biomassa per cucinare(12); sottolinea la necessità di affrontare il problema della povertà energetica secondo gli obiettivi della politica climatica; rileva che sono già disponibili tecnologie energetiche che rispondono tanto alle esigenze di tutela dell'ambiente a livello mondiale quanto alle necessità di sviluppo locali;

Diplomazia climatica

56.  sottolinea a tale proposito l'importanza che l'Unione europea, essendo uno dei principali protagonisti (in particolare quest'anno dato che la conferenza delle parti (COP 19) è presieduta e ospitata da uno Stato membro), si esprima in modo univoco alla conferenza nel cercare di compiere progressi verso un accordo internazionale e rimanga unita a questo riguardo;

57.  sottolinea la posizione nodale della Polonia in quanto paese ospitante e auspica che essa, ancora fortemente dipendente dalle fonti di energia fossile ma dotata di esperienza di negoziati nel contesto della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), sia in grado di rafforzare il processo, dare l'esempio e contribuire alla creazione di nuove alleanze; accoglie favorevolmente l'affermazione del presidente designato secondo cui, agendo in modo creativo, è possibile ridurre le emissioni di gas a effetto serra e al tempo stesso creare nuovi posti di lavoro, promuovere la crescita economica e garantire un migliore tenore di vita; auspica che la Polonia avanzi proposte concrete a tale proposito;

58.  sottolinea che l'obiettivo principale dovrebbe essere un nuovo "Patto sul clima" che sia applicabile a tutti e coinvolga sia i paesi industrializzati che quelli in via di sviluppo; sottolinea inoltre che uno dei più importanti compiti dell'Unione è quello di assicurare un approccio coordinato e graduale alla protezione del clima, garantendo l'adozione di misure a tutti i livelli di governo, comprese le autorità locali e regionali;

59.  sottolinea che l'attuale periodo di crisi economica dimostra chiaramente che solo un'economia sostenibile può garantire la prosperità a lungo termine e che la protezione del clima è uno dei principali pilastri di una tale economia sostenibile; pone in evidenza il fatto che non è mai stato tanto importante chiarire le ragioni dell'azione politica nell'ambito della protezione del clima, ossia garantire a un maggior numero di persone l'accesso a un tenore di vita elevato e assicurare, nel contempo, alle generazioni future le risorse e le possibilità di sviluppo;

60.  ribadisce che la sfida posta dai cambiamenti climatici non può essere considerata in modo isolato, ma va sempre affrontata nel contesto dello sviluppo sostenibile, della politica industriale e della politica in materia di risorse; sottolinea, in tale contesto, che è essenziale spiegare le politiche climatiche ai cittadini e assicurare il diffondersi di una nuova consapevolezza; evidenzia la necessità che ogni accordo futuro preveda anche iniziative dal basso verso l'alto, ad esempio nel settore dell'efficienza energetica, giacché queste costituiscono uno strumento importante ai fini dell'accettazione da parte dei cittadini;

61.  ribadisce che per qualsiasi accordo giuridicamente vincolante in materia di cambiamenti climatici è essenziale un valido sistema di controllo della conformità e dell'applicazione, onde garantire che tutti i paesi partecipanti all'accordo sui cambiamenti climatici rispettino gli impegni assunti, ricevano sostegno ove necessario e siano ritenuti responsabili in caso di inosservanza;

62.  reputa necessario aumentare l'efficacia e l'efficienza del processo dell'UNFCCC, garantendo che rifletta in modo più adeguato i mutamenti della realtà; ritiene, in tale contesto, che la regola del consenso vada abolita per evitare risultati basati sul minimo comun denominatore;

63.  condivide il parere secondo cui è opportuno che la presidenza della conferenza, anziché ruotare annualmente, sia condivisa da diversi paesi per più anni o sia detenuta da un paese per due anni, onde garantire un approccio più coerente;

64.  richiama l'attenzione sugli sviluppi positivi durante i negoziati della 25a riunione delle parti al protocollo di Montreal ed esorta tutte le parti a cercare di trarre insegnamenti da questo efficace accordo internazionale; invita le parti a considerare in particolare i meccanismi di votazione e decisione, il diverso approccio alle responsabilità nonché i meccanismi di applicazione e sanzione e di finanziamento del protocollo di Montreal come un esempio che potrebbe essere messo in pratica anche nel quadro dell'UNFCCC;

65.  sottolinea che, per il progresso generale dei negoziati internazionali sul clima, è importante che l'UE svolga un ruolo proattivo in tale contesto; osserva che la capacità dell'UE di svolgere un ruolo guida e le prospettive di compiere progressi generali dipendono dalle azioni per il clima che l'UE stessa adotta; sottolinea la necessità di potenziare l'azione per il clima dell'UE, anche mediante l'adozione di un quadro ambizioso in materia di clima ed energia per il 2030, e di dissipare i dubbi suscitati dalla scarsa efficacia del sistema di scambio delle quote di emissione dell'UE nel fornire incentivi alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e dal rinvio dell'inclusione del settore aereo nell'ETS;

66.  sottolinea anche il ruolo che dovrebbero svolgere i paesi sviluppati nell'aiutare i paesi in via di sviluppo a ridurre le loro emissioni; prende atto dell'enorme potenziale di energia rinnovabile e di efficienza energetica esistente in molti paesi in via di sviluppo; incoraggia le economie sviluppate ed emergenti a promuovere e ad attuare progetti di energia rinnovabile nei paesi in via di sviluppo e a mettere a disposizione tecnologie, competenze e investimenti in tale ambito;

Delegazione del Parlamento europeo

67.  ritiene che la delegazione dell'UE svolga un ruolo essenziale nei negoziati sui cambiamenti climatici e reputa quindi inaccettabile che i deputati al Parlamento europeo non abbiano potuto partecipare alle riunioni di coordinamento dell'UE durante le precedenti conferenze delle parti; si attende che almeno il capo della delegazione del Parlamento europeo sia autorizzato a partecipare alle riunioni di coordinamento dell'UE che si terranno a Varsavia;

68.  osserva che, in conformità dell'accordo quadro concluso tra la Commissione e il Parlamento nel novembre 2010, la Commissione è tenuta ad agevolare l'inclusione di deputati al Parlamento europeo, in qualità di osservatori, nelle delegazioni dell'Unione responsabili di negoziare gli accordi multilaterali; ricorda che, in base al trattato di Lisbona (articolo 218 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea), gli accordi tra l'Unione e i paesi terzi o le organizzazioni internazionali richiedono l'approvazione del Parlamento;

o
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69.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri nonché al Segretariato dell'UNFCCC, con richiesta di distribuirla a tutte le parti contraenti esterne all'UE.

(1) GU L 8 del 13.1.2009, pag. 3.
(2) GU C 67 E del 18.3.2010, pag. 44.
(3) GU C 285 E del 21.10.2010, pag. 1.
(4) GU C 341 E del 16.12.2010, pag. 25.
(5) GU C 99 E del 3.4.2012, pag. 77.
(6) GU C 153 E del 31.5.2013, pag. 83.
(7) Testi approvati, P7_TA(2012)0452.
(8) GU C 251 E dell'31.8.2013, pag. 75.
(9) http://www.eia.gov/forecasts/ieo/?src=Analysis-b2
(10) http://www.imf.org/external/pubs/ft/survey/so/2013/int032713a.htm
(11) http://europa.eu/rapid/press-release_MEMO-13-717_en.html
(12) Relazione speciale sulle prospettive dell'energia mondiale dell'AIE "Ridisegnare la mappa energetico-climatica".

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