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Procedura : 2008/0142(COD)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo del documento : A6-0233/2009

Testi presentati :

A6-0233/2009

Discussioni :

PV 23/04/2009 - 3
CRE 23/04/2009 - 3

Votazioni :

PV 23/04/2009 - 8.12
CRE 23/04/2009 - 8.12
Dichiarazioni di voto
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Testi approvati :

P6_TA(2009)0286

Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 23 aprile 2009 - Strasburgo Edizione GU

3. Diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera (discussione)
Video degli interventi
Processo verbale
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  Presidente. - L'ordine del giorno reca la relazione (A6-0233/2009), presentata dall'onorevole Bowis a nome della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera [COM(2008)0414 – C6-0257/2008 – 2008/0142(COD)].

Come in molti già sapete, recentemente l’onorevole Bowis non è stato bene a Bruxelles ed è stato ricoverato. Ha subito un intervento, fortunatamente andato bene, e ora si sta riprendendo: un esempio appunto di sanità transfrontaliera. Per oggi sarà sostituito dal mio amico e collega, l’onorevole Bushill-Matthews.

 
  
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  Philip Bushill-Matthews, relatore. - (EN) Signor Presidente, ho un compito difficile e facile al contempo. Difficile perché questo è un dossier molto complesso e sensibile, sul quale personalmente io ho fatto molto poco. Facile perché la relazione è stata redatta dall'autorevole collega, l’onorevole Bowis, ora convalescente da un grosso intervento di cardiochirurgia effettuato un paio di settimane fa a Bruxelles come abbiamo detto.

A lui va l'enorme merito di aver portato aggi questo dossier a una conclusione tanto positiva, ma anche di aver gettato le basi di tale successo già nell'originaria relazione sulla mobilità dei pazienti, nel giugno 2005. Sono certo di interpretare il suo pensiero ringraziando personalmente il commissario per il suo sostegno, i relatori ombra e la segreteria del nostro gruppo, senza dimenticare l'assistente di ricerca, per l'enorme lavoro che hanno svolto al fine di rendere possibile il consenso su tanti temi controversi. Con il loro aiuto, l’onorevole Bowis ha tentato di far luce in un ambito assai fosco, di fare chiarezza dove prima regnava l'incertezza, in base a due principi indissociabili: innanzi tutto, il paziente viene prima di ogni altra cosa e in secondo luogo, il paziente deve poter scegliere in base alle sue necessità, non ai suoi mezzi.

Da ormai dieci anni, cittadini europei vanno continuamente a battagliare davanti al giudice per far valere il diritto di curarsi in un altro Stato membro. E' evidente che il paziente pretende questo diritto, peraltro sacrosanto. E' inaccettabile dover andare in causa per farlo valere e questa relazione offre l'occasione per porvi rimedio. E' il momento di prenderci le nostre responsabilità di politici, definendo criteri di legge certi che rendano superfluo ricorrere al giudice.

Quasi tutti preferiscono curarsi non lontano da casa, ma vi saranno sempre pazienti decisi a recarsi in un altro Stato membro per farsi curare, per le ragioni più varie. Se la scelta del paziente è questa, dobbiamo garantire che possa farla in base a criteri trasparenti ed equi, che sappia esattamente quanto dovrà pagare, quali standard di qualità e sicurezza attendersi, quali diritti far valere quando qualcosa va storto. La relazione tratta tutti questi problemi.

Sia chiaro: questo diritto del paziente non pregiudica minimamente la capacità degli Stati membri di erogare una sanità adeguata a tutti i cittadini. La relazione non dice agli Stati come organizzare la propria sanità, non detta la qualità da fornire; anzi, tutela gli Stati membri proprio nella salvaguardia dei rispettivi sistemi sanitari nazionali, per esempio con un sistema di autorizzazione preventiva in determinate circostanze.

Ma l'autorizzazione preventiva non va intesa come un pretesto per limitare la scelta del paziente: anzi, una maggior possibilità di curarsi oltrefrontiera dovrebbe stimolare i sistemi nazionali a garantire standard sanitari sempre più elevati.

Attendo ora con interesse le osservazioni dei colleghi nella discussione.

 
  
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  Daniela Filipiová , presidente in carica del Consiglio. – (CS) Onorevoli deputati, sono davvero onorata di essere qui con voi e di poter partecipare a una discussione su temi tanto importanti per la sanità pubblica quali quelli all'ordine del giorno d'oggi. Tra questi, il rispetto dei diritti del paziente nella sanità transfrontaliera, la sicurezza del paziente e le azioni congiunte dell'Unione europea sulle patologie rare.

Inizio dicendo che questi tre temi rientrano fra le priorità della presidenza ceca e che figureranno all'ordine del giorno del Consiglio “Occupazione, politica sociale, salute e consumatori” che si terrà a Lussemburgo il 7 giugno 2009. Accogliamo quindi con grande favore questa discussione.

La presidenza ceca è ben conscia dell'importante ruolo del Parlamento europeo nel processo legislativo in materia di sanità pubblica; comprende l'importanza fondamentale di una stretta cooperazione tra Parlamento e Consiglio. Le vostre relazioni su questi tre temi giungono quindi al momento opportuno.

Vorrei ora dedicare, nell'ottica del Consiglio, due parole alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'applicazione dei diritti dei pazienti nell'assistenza sanitaria transfrontaliera.

Questa presidenza trova del tutto indispensabile garantire la certezza del diritto ai pazienti che si curano in un altro Stato membro e si rifà ai risultati già conseguiti su questo fronte dalla presidenza francese. Il nostro obiettivo è veder approvato questo testo, un testo chiaro e comprensibile agli occhi del cittadino, rispettoso del diritto primario e del principio di sussidiarietà, ma anche dell'obiettivo dichiarato di garantire certezza giuridica ai cittadini europei in merito ai loro diritti al momento di farsi curare all’estero. Tuttavia, occorre soppesare attentamente anche l'eventuale impatto del testo sulla stabilità dei sistemi sanitari nei vari Stati membri.

Data la fondamentale importanza della proposta, in seno alle istanze giuridiche del Consiglio si è dibattuto e si dibatte tuttora intensamente. Ora come ora, quindi, non sono in grado di dirvi se il Consiglio raggiungerà un accordo prima del termine della presidenza ceca, ossia prima del consiglio di giugno. Posso già anticipare però alcune conclusioni generali. La futura direttiva dovrà codificare tutta la giurisprudenza della Corte di giustizia applicabile all'attuazione del principio della libera circolazione di beni e servizi nell'ambio della sanità pubblica, nonché disciplinare il coordinamento dei sistemi di protezione sociale e consentire agli Stati membri di subordinare alla propria autorizzazione la prestazione di cure in un altro Stato membro, o di ricorrere a sistemi di presidio dei cardini del proprio sistema.

Sono principi che si ritrovano nella relazione Bowis sulla proposta di direttiva ora in discussione. Vi sono altri punti in cui Parlamento e Consiglio sono in sintonia: l'importanza di garantire una piena e corretta informazione del paziente in merito alle opzioni di cura transfrontaliere, o l'enfasi sull'elevata qualità delle prestazioni sanitarie erogate.

La presidenza ceca apprezza la cura posta dal Parlamento nella stesura del testo, la cui formulazione è frutto di un intenso, difficile eppure fecondo dibattito in più commissioni competenti. Mi rendo conto che la lettera del testo esprima un compromesso tra più gruppi politici e che raggiungere tale compromesso non sia stato affatto facile. Ringrazio tutti coloro che vi hanno contribuito e il relatore, l’onorevole Bowis, al quale tutti auguriamo naturalmente una pronta guarigione. E' un contributo prezioso al prosieguo del percorso legislativo della proposta di direttiva. Il Consiglio vaglierà in dettaglio il testo della relazione e degli emendamenti, considerando attentamente se recepirli nella posizione comune allo scopo di agevolare un accordo in seconda lettura.

Signor Presidente, onorevoli, come ho ricordato è ancora presto per dire se al consiglio competente, in giugno, emergerà un accordo politico sulla direttiva in causa: il dibattito sulla proposta di compromesso presentata dalla presidenza ceca non si è ancora concluso. Ad ogni buon conto, il Consiglio proseguirà la discussione, tenendo conto della relazione da voi approvata.

 
  
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  Presidente. - Sono certo che il ministro Filipiová non me ne vorrà se informo l'Aula che ella stessa è su una sedia a rotelle.

 
  
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  Androulla Vassiliou, membro della Commissione. - (EN) Signor Presidente, prima di intervenire sui diritti del paziente nella sanità transfrontaliera, rendo un particolare omaggio al relatore Bowis, che purtroppo non può essere qui con noi, ma al quale siamo debitori per il suo lavoro su questo tema. Gli auguro una pronta guarigione, ma anche tanta salute e serenità dopo tutti questi anni di impeccabile impegno al servizio dei cittadini europei.

(Applausi)

Ringrazio anche tutti i relatori ombra per il lavoro costruttivo e, naturalmente, l'onorevole Bushill-Matthews che interviene oggi in sostituzione del relatore.

Ieri, qui a Strasburgo abbiamo celebrato la Giornata europea dei diritti del paziente, in riconoscimento del crescente ruolo del paziente nella sanità e dell'importanza che questi abbia fiducia nelle cure ricevute e ne abbia una buona conoscenza.

Il punto essenziale è: per i pazienti, che cosa può fare l'Unione europea? Abbiamo qui l'occasione di compiere un deciso passo avanti verso la costruzione di un'Europa dei pazienti, per tutti i cittadini che voi, onorevoli, siete chiamati a rappresentare.

Anzitutto, devo dire di apprezzare grandemente il duro lavoro svolto dal Parlamento sull'esame della proposta di direttiva sui diritti dei pazienti nell'assistenza sanitaria transfrontaliera che tra breve voterete. Vi ringrazio e mi congratulo con tutti voi per un dibattito interessante e spesso impegnativo, nonché per i progressi segnati con grande efficienza.

Ricordo ora brevemente la ratio della proposta di direttiva, i suoi principali obiettivi, i principi che la informano. La proposta nasce da un decennio di giurisprudenza della Corte di giustizia, che ha sancito il diritto del paziente al rimborso per le cure ricevute all'estero, anche se quelle stesse cure sono accessibili in patria.

E' un aspetto importante, un diritto che il trattato riconosce direttamente al cittadino. Ma se quelle sentenze erano chiare sul singolo caso individuale, la loro applicazione ad altri casi lo era molto meno. E' così emersa l'esigenza di un quadro legislativo che permetta a tutti i pazienti d'Europa di far valere il proprio diritto al rimborso delle cure transfrontaliere.

Un diritto, questo, che non può limitarsi ai soli pazienti in grado di pagarsi un avvocato e di accedere a informazioni non di pubblico dominio. Dopo un'attenta riflessione e un'ampia consultazione, il 2 luglio del 2008 la Commissione adottava la sua proposta di direttiva.

Anzitutto, lo scopo di fondo è garantire al paziente migliori opportunità di accesso alla sanità in tutta Europa. Al centro stesso di questo disegno di legge è il paziente, sempre nel rispetto della diversità dei sistemi sanitari europei. Voglio essere esplicita: so che vi sono timori, ma questa legislazione non imporrà alcuna modifica nell'organizzazione e nel finanziamento dei sistemi sanitari nazionali.

La direttiva proposta risponde a tre grandi obiettivi: primo, fare chiarezza sulle condizioni per il rimborso, in base al tariffario del proprio paese, delle cure transfrontaliere; secondo, garantire la qualità e la sicurezza della sanità in tutta Europa: terzo, incoraggiare la cooperazione europea fra sistemi sanitari.

Sulla base di questi tre pilastri si può fare molto per il cittadino, specie per chi vuole farsi curare oltrefrontiera, ma anche per tutti i pazienti in generale. Attendo con interesse la vostra discussione.

 
  
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  Iles Braghetto, relatore per parere della commissione per l’occupazione e gli affari sociali. - Signor Presidente, onorevoli colleghi, come possiamo definire questa direttiva? Un’opportunità per i pazienti, per scegliere una cura adeguata e un accesso rapido ai servizi; un’opportunità per i sistemi sanitari regionali, per accrescere la qualità e l’efficacia del proprio servizio sanitario; un’opportunità di maggiore integrazione europea nel settore dei servizi alla persona. Reti di riferimento europeo, standard sulle tecnologie, sviluppo della telemedicina, svilupperanno cooperazioni transfrontaliere già in corso.

Ciò richiede un sistema informativo adeguato, un monitoraggio sulla qualità e sull’efficienza delle strutture sanitarie, una garanzia sulla deontologia professionale degli operatori sanitari, una modalità non burocratica di regolare la mobilità transfrontaliera. La direttiva corrisponde in maniera equilibrata a tali esigenze.

 
  
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  Françoise Grossetête, relatore per parere della commissione per l'industria, la ricerca e l'energia.(FR) Signor Presidente, Commissario Vassiliou, anche se non è oggi presente in Aula, voglio anzitutto congratularmi con l'onorevole Bowis, rincrescendomi a maggior ragione per la sua assenza poiché conosco il suo coinvolgimento in questa relazione sui diritti dei pazienti. Avrebbe davvero dovuto essere qui con noi.

E' evidente che non stiamo parlando di una nuova direttiva sui servizi, ma di respingere la tesi che a legiferare sia la Corte di giustizia in luogo dei politici: è inaccettabile.

I cittadini europei hanno ogni diritto di farsi curare in un altro Stato membro, ma a certe condizioni. Tengo a rassicurare gli Stati che temono futuri abusi: la direttiva rispetta appieno la sovranità nazionale sui sistemi sanitari. Diversamente da quanto sostengono alcuni detrattori, il testo è pensato per tutti i pazienti e ha l'effetto di ristabilire la giustizia e l'equità in quanto, sinora, solo i più facoltosi hanno avuto la possibilità di farsi curare all'estero.

Con questa direttiva ogni cittadino potrebbe invece farlo, a condizione di farsi rilasciare, nel caso di cure ospedaliere, l'autorizzazione preventiva dello Stato in cui è iscritto alla sanità, ottenendo così il rimborso delle spese secondo il tariffario dello Stato membro di origine.

Se si farà tutto il possibile per prevenire un turismo medico, vi scorgo solo vantaggi. E' questo un enorme passo avanti verso un'Europa della sanità, verso una maggiore equità e una miglior informazione del cittadino sulle cure disponibili, oltre a incentivare la cooperazione sul fronte delle nuove tecnologie sanitarie.

 
  
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  Bernadette Vergnaud, relatore per parere della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori.(FR) Signor Presidente, Commissario Vassiliou, onorevoli colleghi, stiamo per esprimerci su un testo per il quale spero e prego ormai da tanto, specie pensando alla mia relazione sull'impatto dell'esclusione dei servizi sanitari dalla direttiva sui servizi.

Ma il recente voto mi ha lasciato l'amaro in bocca. La relazione, come adottata in commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare con il sostegno di quasi tutti i gruppi politici a eccezione dei socialisti, pur con qualche miglioria è solo la mera risposta alle sentenze della corte, non certo alle grandi sfide di politica sanitaria nell'Unione europea, né al problema dell'incertezza giuridica del paziente. Per giunta, si accosta alla sanità con un approccio commerciale.

Sull'incertezza giuridica, mi pare ovvio che l'incoerenza tra le condizioni per l'applicazione di questa direttiva, del regolamento (CEE) 1408/1971 e, ben presto, del regolamento (CE) 883/2004 – adottato ieri – darà adito a nuove sentenze della Corte.

Quanto all'approccio commerciale, lo spirito della relazione è evidente già nella base giuridica, l'articolo 95 che disciplina il mercato interno: la salute come una merce qualsiasi, sottoposta alle stesse leggi della domanda e dell'offerta.

Ciò può solo portare a discriminazioni nell'accesso alla sanità: i più facoltosi e meglio informati potranno scegliere le migliori cure nell'Unione europea, mentre tutti gli altri dovranno arrangiarsi con servizi già indeboliti in tanti Stati membri e che la direttiva non mira minimamente a rafforzare.

Nella stessa logica, l'emendamento n. 67 innesca la concorrenza fra le sanità pubbliche dei vari Stati, dal momento che chiunque, purché paghi, sarà libero di farsi curare, nell’Unione europea, dove gli pare.

E ora giungo alla questione dell'autorizzazione preventiva per le cure ospedaliere, subordinata a una serie di limitazioni per gli Stati membri sebbene tale principio consenta sia di salvaguardare l'equilibrio finanziario dei sistemi sociali, sia di fornire ai pazienti garanzie sulle condizioni di rimborso.

Per tutte queste ragioni, e perché non nutro soverchie illusioni sull'esito del voto d'oggi, vista la strabiliante unanimità...

(Il Presidente interrompe l'oratore)

 
  
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  Diana Wallis, relatore per parere della commissione giuridica. - (EN) Signor Presidente, a nome della commissione giuridica accolgo con favore questa proposta e ribadisco il suo apporto alla certezza del diritto, il che è un bene, ma anche alla scelta del paziente. La nostra commissione ritiene però – lo reputo importante, date le preoccupazioni emerse stamani – che la sussidiarietà sia rispettata e che l'integrità dei sistemi sanitari nazionali non sia dunque inficiata.

Vi è solo un aspetto in cui ci siamo discostati dalla relazione principale: avremmo voluto fare di più per quei pazienti a cui, purtroppo, qualcosa va storto. Le norme sul diritto applicabile e sul foro competente non ci paiono sufficientemente chiare e sarebbe stata necessaria una maggiore attenzione al paziente per rendere possibile, come in altri ambiti, il ricorso al giudice nel paese di residenza e un risarcimento ai sensi del proprio diritto nazionale. E' opportuno rivedere la nostra posizione.

 
  
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  Anna Záborská, relatore per parere della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere. – (SK) Come relatrice della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere, ringrazio l'onorevole Bowis per la stretta cooperazione e le tante discussioni nella preparazione della relazione. Gli auguro naturalmente ogni bene.

La relazione è direttamente legata ai diritti del paziente: il legislatore europeo deve garantire la coerente applicazione della parità tra i due sessi nell'accesso alla sanità. Ogni forma di discriminazione in base al genere da parte di strutture sanitarie, assicuratori o funzionari pubblici è inammissibile. Il rischio insito nel sistema proposto è che la sanità transfrontaliera, che comporta una forma di trattamento preferenziale, venga usufruita soprattutto dai più facoltosi.

Una possibile soluzione consisterebbe in una cooperazione interregionale. Accordi transfrontalieri regionali tra istituti finanziari e strutture sanitarie contribuirebbero all'armonizzazione dei requisiti per il paziente, alla stabilità delle finanze pubbliche e ancor più alla tutela della salute dei cittadini, che per lo Stato rappresenta una priorità.

 
  
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  Avril Doyle, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signor Presidente, già nel 1998 la Corte di giustizia europea sanciva il diritto dei cittadini al rimborso delle cure sanitarie ricevute in un altro Stato membro. La relazione, sulla base della proposta del commissario, tenta di chiarire come applicare i principi definiti nella giurisprudenza della Corte di giustizia.

Saluto l'eccellente relazione dell'onorevole Bowis, con le sue intelligenti soluzioni alle legittime preoccupazioni destate dalla proposta originaria. La relazione parte dalle esigenze del paziente, non dai suoi mezzi. La definizione di cure ospedaliere e di autorizzazione preventiva è stata oggetto di dibattito e, mi par di capire, è stata concordata con il Consiglio e la Commissione. Gli standard qualitativi rimarranno di competenza degli Stati membri, mentre gli standard di sicurezza divengono una competenza europea. Per una scelta informata, è essenziale che in ogni Stato membro vi siano centri unici di informazione del paziente; non meno importante, e da aggiungere presto a questa legislazione, è il mutuo riconoscimento delle prescrizioni.

Sebbene inizialmente i servizi sanitari fossero stati inclusi nella bozza della direttiva Bolkenstein sui servizi transfrontalieri, si è colta ben presto la necessità di una direttiva a sé stante su un aspetto tanto importante della sanità, con implicazioni a tutti i livelli nei sistemi dei 27 Stati membri. I pazienti preferiranno sempre farsi curare vicino a casa propria: oggi solo l'uno percento della spesa sanitaria va a coprire cure transfrontaliere. E' un dato da tener presente.

Quando però le circostanze lo impongono, può essere di giovamento ricorrere a cure in un altro paese europeo – specie in regioni di frontiera, in cui magari la struttura più vicina è all'estero dove magari vi è una maggiore esperienza in una malattia rara, o dove una data cura o terapia possono essere somministrate in tempi più brevi. Ma ribadisco senza mezzi termini che la competenza generale in materia di politiche sanitarie e finanziamento della sanità resta, e resterà, una competenza nazionale.

Ho un'osservazione sulla relazione Trakatellis. Sull'emendamento n. 15 regnano preoccupazione e confusione ed io saluto l'occasione del voto per parti separate che consentirà di esprimersi contro la nozione di "eradicazione" delle malattie rare, fonte di tanti timori. Sosterrò però il resto dell'emendamento e l'eccellente lavoro del collega, l’onorevole Trakatellis, sulle malattie rare.

 
  
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  Dagmar Roth-Behrendt, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, a nome del mio gruppo auguro anzitutto all'onorevole Bowis una pronta guarigione. So quanto abbia lavorato sodo in commissione sino all'ultimo giorno, quello del voto, e mi auguro che si riprenda presto dall'intervento, e magari di vederlo qui prima della pausa estiva.

Inizierò dicendo che il mio gruppo reputa questa un'ottima relazione. La proposta della Commissione è stata sensibilmente migliorata grazie ai numerosi emendamenti della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare e alle soluzioni di compromesso raggiunte insieme. Commissario Vassiliou, con la sua squadra ha fatto un ottimo lavoro, ma vi era spazio per migliorarlo e noi ci siamo riusciti.

Siamo riusciti a garantire che tutti i pazienti sappiano ora di avere dei diritti in seno all'Unione europea, esattamente come tutti gli altri. Possono spostarsi, cosa ovvia per ogni lavoratore o studente e per le merci, i servizi o altro ancora. Nel mercato unico, anche i pazienti hanno i loro diritti. E' quanto sancito da questa legislazione, che noi salutiamo senza riserve.

Teniamo, però, a evidenziare gli aspetti della relazione che più apprezziamo, quale ad esempio, il diritto alla libera circolazione dei pazienti per cure non ospedaliere. Ma pensiamo anche che gli Stati membri debbano preservare la competenza sui rispettivi sistemi sanitari, che debbano poter pianificare l'assistenza ospedaliera o specialistica, che non siano tenuti a investimenti insostenibili. Non abbiamo inteso togliere agli Stati tale autorità e tale competenza, né prosciugarne le risorse. E' quindi giusto che per alcuni trattamenti sia richiesta un'autorizzazione preventiva. E' una scelta che il mio gruppo sostiene appieno e vi ritornerò alla fine del mio intervento, un'impostazione corretta, che è poi il segno dell'intera relazione.

Sul piano personale, un elemento che ho molto apprezzato è il fatto che, finalmente, vi saranno reti di riferimento europee. Da quanto tempo andiamo chiedendo che sia chiaro dove, in Europa, si registrino le migliori prassi? Dove un dato trattamento venga eseguito al meglio? Dove siano più bravi? Quale équipe, in quale ospedale e in quale Stato membro abbia una scoperta da comunicare? Ora come ora, tutto ciò è lasciato al caso. Forse ne è a conoscenza una piccola parte della comunità scientifica, ma non certo ogni medico di base. Poter ora migliorare questo stato di cose grazie alle reti europee equivale a un enorme progresso. Simili fonti di informazione consentiranno ogni paziente, in ciascun paese, di informarsi, anche al telefono, chiedendo: "Quali sono i miei diritti?" La comunicazione avverrà ricevuta nella propria lingua e, ai problemi, verranno date risposte. E' un'evoluzione in meglio.

Poiché sto esaurendo il tempo di parola, menziono ancora gli aspetti che la maggioranza del mio gruppo, invece, deplora. Per una vasta maggioranza del gruppo, ciò riguarda due aspetti ritenuti critici anche ai fini del voto di oggi. Primo, vogliamo una base giuridica duplice. Occorre far uso dell'articolo 152 relativo alla sanità per lanciare il messaggio che è questo un problema di politica sanitaria e non solo di libera circolazione. E' una condizione per il nostro assenso.

Secondo, siamo convinti che l'autorizzazione preventiva di cui all'articolo 8, paragrafo 3, non sia definita chiaramente. Se non sarà possibile un miglioramento grazie agli emendamenti che abbiamo presentato, purtroppo il mio gruppo non potrà votare per la relazione, cosa che io personalmente deploro, anche se forse ciò sarà di sprone a far di meglio in seconda lettura se oggi non sarà invece possibile.

 
  
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  Jules Maaten, a nome del gruppo ALDE. – (NL) Questa è una direttiva sui pazienti e questo non sarà mai ribadito abbastanza. In materia di sanità transfrontaliera, si è fatto un gran parlare di tanti altri aspetti, dalla libera circolazione dei servizi sanitari a come trattare il mercato nella sanità. Ebbene, non è questo il tema della relazione.

Il tema è invece quello di un approccio pragmatico: come conformare il sistema a vantaggio del paziente? Se non vi penseremo noi, chi altri mai? Il paziente è già in posizione di debolezza e ora ci manca solo che ora debba ingaggiare bracci di ferro con gelidi burocrati della sanità, che aprono un foglio elettronico e danno un'occhiata alla sua posizione tra dati e statistiche. No, non deve accadere.

Ecco perché questa è anche una direttiva sociale. Le cure transfrontaliere, naturalmente, esistono già da tempo per chi se le può permettere, ma occorre fare qualcosa anche per chi non può. E proprio di questo stiamo parlando oggi, signor Presidente.

E' anche per queste ragioni che il mio gruppo reputa importante l'autorizzazione preventiva, un elemento qui cruciale, Ministro Filipiová. Tra l'altro, apprezzo molto la presenza del Consiglio oggi. Lo scopo dell'autorizzazione preventiva non è impedire le cure transfrontaliere – anzi – ma, semmai, proprio evitare che i sistemi nazionali vengano minati alla base. E' una linea che condividiamo e, su questo fronte, siamo disposti a spingerci più in là del solito. Occorre un compromesso; riteniamo necessarie deroghe in caso di malattie rare o di pazienti in pericolo di vita in lista d'attesa. Vorremmo vedere le cure ospedaliere definite a livello europeo e non separatamente in ogni Stato membro, proprio in ossequio alla certezza del diritto per i pazienti e in seno ai sistemi nazionali.

Inoltre, siamo del parere che i pazienti già malati non si debbano, qualora qualcosa vada storto, imbarcare in lunghi contenziosi legali, ma che vada invece istituito un sistema come un mediatore europeo dei pazienti.

In Commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare vi è stato naturalmente un dissidio al riguardo ed io invito tutti i colleghi della sinistra a metter da parte l'ideologia per questa volta e a permettere l'adozione di una direttiva utile ai pazienti, con un'impostazione pragmatica. Ho ascoltato con grande rispetto le parole dell’onorevole Roth-Beherndt al riguardo.

Infine, un sincero grazie al relatore, l’onorevole Bowis. Ha svolto un lavoro eccellente e spero che si ristabilisca presto.

 
  
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  Salvatore Tatarella, a nome del gruppo UEN. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi noi approviamo una direttiva assai importante, una direttiva che riguarda i pazienti – come è stato già sottolineato – e riguarda tutti i cittadini europei. Proprio alla vigilia delle elezioni europee tutti i cittadini europei possono constatare, ancora una volta, come il Parlamento possa positivamente incidere nella vita di ciascuno di loro.

La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea afferma il diritto alle cure sanitarie, oggi con questa direttiva noi diamo concretezza a questo diritto. E’ un problema che riguarda una moltitudine enorme di cittadini, una recente indagine di Eurobarometro sottolinea che già oggi il 50% dei cittadini europei è disposto a spostarsi per ricevere cure all’estero, nella speranza di trovare un migliore più rapido trattamento della propria malattia, e il 74% dei cittadini ritiene che nel caso in cui si vada all'estero per le cure, queste siano rimborsate dal proprio Stato membro.

Attualmente la materia è disciplinata solo dalle norme nazionali, il cittadino è poco informato sulle possibilità, sui rimborsi e sulle cure possibili all’estero. Infatti, oggi solo il 4% dei cittadini europei si cura all’estero. Una disciplina uniforme, l’Unione europea l’ha soltanto nei casi di trattamento delle cure per emergenze sanitarie occorse all’estero in base al regolamento sulla tessera sanitaria europea.

Oggi il Parlamento risponde positivamente alla domanda di tutela sanitaria da parte di cittadini europei, l’Europa si appresta anche in materia di sanità ad abbattere le frontiere e a dare a tutti i pazienti, la possibilità di scegliere il luogo di cura!

 
  
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  Claude Turmes, a nome del gruppo Verts/ALE. (FR) Signor Presidente, la direttiva ora in discussione va vista come un complemento alla cooperazione già esistente da trent'anni fra Stati membri e sistemi di protezione sociale.

Nel mio paese, il Lussemburgo, già oggi oltre il 30 per cento delle prestazioni sanitarie sono erogate all'estero e proprio il caso dell'onorevole Bowis, al quale auguro di ristabilirsi pienamente, è l'esempio lampante di un buon uso delle norme esistenti oggi: è stato ricoverato in ospedale a Bruxelles come caso urgente. Ha ricevuto ottime cure e, in quanto cittadino britannico, non avrà difficoltà di rimborso.

Ma allora, che cosa va migliorato con questa direttiva? Anzitutto l'informazione al cittadino: sulle prestazioni, sui centri di eccellenza come magistralmente spiegato dalla onorevole Roth-Behrendt e, soprattutto sula qualità delle cure. Credo che molti Stati membri, fra i quali il mio, debbano fare progressi sui criteri di qualità e sulla qualità dell'informazione sanitaria. Inoltre, ovviamente, se mi trovo all'estero e qualcosa va male, devo avere a chi rivolgermi.

Nel testo attuale tutto ciò è ben disciplinato, ma vi sono tre elementi perfettibili. Primo, riteniamo che il sistema dell'autorizzazione preventiva alle cure ospedaliere abbia un duplice vantaggio: è un grosso passo avanti per il cittadino, che saprà esattamente quando verrà rimborsato e otterrà il prefinanziamento delle cure, ma consente anche la pianificazione nei grandi centri ospedalieri, perché uno buon sistema sanitario non viene creato dalla mano invisibile del mercato: va pianificato.

La seconda esigenza del mio gruppo riguarda la doppia base giuridica, perché non vogliamo che la sanità venga vista alla stregua di un mercato. Deve essere chiarissimo che si tratta di un sistema organizzato, soprattutto dagli Stati membri.

Il terzo elemento riguarda le malattie rare: chiediamo una legislazione specifica. Vista la loro importanza, faremmo un torto ai cittadini di tutta Europa dicendo: "Beh, fatevi un giro in Europa, qualcuno vi curerà". Vogliamo una legislazione in materia. Non una Bolkenstein II, ma un testo che dia certezza giuridica e che serva la maggioranza dei cittadini europei.

 
  
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  Kartika Tamara Liotard, a nome del gruppo GUE/NGL. – (NL) Anch'io desidero ringraziare sinceramente l'onorevole Bowis. Ha svolto un lavoro enorme su questa relazione e spero che si rimetta al più presto.

Devo però dire che la Commissione europea sta tentando, sotto la locuzione fuorviante di "diritti del paziente", di introdurre principi di mercato nella sanità in tutta Europa. Ovviamente il mio gruppo è favorevole ad ampliare i diritti dei pazienti e la loro mobilità nelle regioni frontaliere. Ma noi ci spingiamo ben oltre. Riteniamo che chiunque, ricco o povero, abbia il diritto a un adeguato accesso a una sanità di qualità.

Sono molto in difficoltà per il fatto che la proposta si basi sull'articolo relativo al mercato interno, a dimostrazione di come l'interesse economico prevalga su quello del paziente. Ed è una proposta superflua: il rimborso delle spese è già disciplinato. Va gestito meglio il fatto che alcuni assicuratori e alcuni Stati membri non rispettino gli accordi.

La proposta, inoltre, pregiudica l'uguaglianza in una materia di competenza degli Stati, con il risultato che ad accedere a cure migliori sono solo i più abbienti. Il sistema proposto per il rimborso delle spese in base alle norme del paese d'origine introduce una forma di mobilità che contrasta con il principio della parità di accesso alla sanità. La proposta implica poi il grave rischio che, ben presto, non sarà il paziente ad avere il diritto di farsi curare all'estero, ma saranno invece gli assicuratori, o gli Stati membri, a obbligarlo ricorrere alle cure dove queste costano meno: per il paziente, un obbligo anziché un diritto.

Poiché vi sono 27 Stati membri e 27 sistemi sanitari diversi, la proposta della Commissione, basata unicamente sull'articolo 95 – il celebre articolo sull'armonizzazione – porterà allo smantellamento dei servizi sanitari nazionali e alla fine della competenza nazionale in materia. Per noi, il punto di partenza deve essere la parità di accesso alla sanità tra i pazienti, e non certo dare più spazio al mercato.

 
  
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  Hanne Dahl, a nome del gruppo IND/DEM. (DA) Signor Presidente, una conseguenza della direttiva sui diritti del paziente nella versione attuale è la difficoltà di tenere sotto controllo la spesa pubblica nella sanità. Chiedo quindi un voto a favore dell'emendamento n. 122 sull'autorizzazione preventiva. Reputo fondamentale che ogni cittadino abbia libertà e parità di accesso alle cure, a tempo debito e in funzione delle sue esigenze. Deve essere quindi il medico a decidere quale trattamento somministrare, e quando.

Purtroppo, questa direttiva esemplifica una tendenza inequivocabile: la trasformazione generalizzata dal cittadino in consumatore. Anziché cittadini in una società basata sul principio del mutuo soccorso, siamo divenuti consumatori in un vasto mercato unico. Ma "cittadini" è sinonimo di "esseri umani" e, proprio come siamo tutti esseri umani, siamo tutti cittadini. Da consumatori, invece, eccoci ridotti a oggetto di azioni di marketing: non più soggetti, ma oggetti. Ma il paziente è un soggetto, non l'oggetto di una campagna di marketing.

 
  
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  Jim Allister (NI). - (EN) Signor Presidente, mi associo ai sinceri auguri espressi al nostro relatore, augurandogli una pronta guarigione e un celere ritorno.

Certamente è interesse di tutti noi ottenere il miglior servizio per i nostri elettori. Per me, però, è essenziale che questa direttiva garantisca un equilibrio tra libera circolazione, sicurezza del paziente e responsabilità. Non ho alcun interesse a promuovere un turismo sanitario e ritengo quindi che l'autonomia nazionale in materia di regolamentazione vada tutelata, evitando un'armonizzazione degli standard verso il basso ma anche un eccessivo carico per le strutture sanitarie a detrimento dei pazienti locali: ciò vale particolarmente per le zone in cui una data specialità risulti presa d'assalto.

Va inoltre trattato adeguatamente il problema delle cure successive a quelle ricevute all'estero: pavento infatti un sovraccarico di servizi quali quelli di fisioterapia, o altri, sotto il peso di una maggior domanda di cure secondarie.

 
  
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  Colm Burke (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, accolgo con grande favore la relazione dell'esimio collega, l’onorevole Bowis, sui diritti dei pazienti nell'assistenza sanitaria transfrontaliera. Mi rincresce che il relatore non possa essere con noi in Aula stamani e gli auguro una pronta guarigione.

Per me è stato un onore poter contribuire a potenziare i diritti nel paziente nelle cure transfrontaliere, delle quali usufruisco io per primo. Ho la fortuna di potermele permettere, ma voglio che anche chi è meno fortunato di me possa usufruire dello stesso diritto di ricevere all'estero le cure del caso senza doversi preoccupare dei costi e con un'adeguata informazione sui propri diritti e sulla qualità delle cure che può attendersi.

La questione dei diritti del paziente nell'assistenza sanitaria transfrontaliera è oggetto di dibattimenti e di pronunce della Corte di giustizia ormai da anni. E' giunto il momento che noi, rappresentanti dei cittadini, sanciamo in modo chiaro e inequivocabile il diritto inalienabile del paziente a una sanità di qualità, a prescindere dalle possibilità economiche o dal luogo di residenza.

Il diritto di accesso a una sanità di qualità va garantito anche vicino a casa; va però riconosciuto che non sempre ciò è possibile, specie in caso di patologie rare per le quali non è detto che nel paese di affiliazione del paziente vi siano cure.

Se si rende necessario recarsi all'estero per farsi curare, ciò non può avvenire con l'angoscia di non poter pagare il conto di terapie spesso costose. Sono lieto che, su tale incertezza, su tale confusione, sia stata fatta chiarezza una volta per tutte. In circostanze normali, ottenuta l'autorizzazione preventiva il paziente si farà carico solo della differenza di costo rispetto alle stesse cure – o a cure analoghe – somministrate in patria.

Per chi deve recarsi all'estero per curarsi, un altro elemento importante è l'informazione sulla qualità e gli standard dell'assistenza in altri Stati membri. Ci siamo prodigati per garantire che il paziente, qualora desideri o debba curarsi all'estero, riceva tale informazione. I punti di contatto nazionali proposti nel testo sono una delle innovazioni chiave e svolgeranno un ruolo essenziale nell'incoraggiare e agevolare la mobilità dei pazienti. Saluto la relazione e confido che venga approvata oggi.

 
  
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  Guido Sacconi (PSE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'on. Roth-Behrendt ha spiegato benissimo qual è la posizione del nostro gruppo, in particolare, ha motivato perfettamente perché noi apprezziamo moltissimo la tanta strada che è stata compiuta per migliorare questo testo. Ma ha anche spiegato bene quanto sia importante quell’ultimo miglio che rimane da percorrere, doppia base legale e una più chiara e forte possibilità di diritto per gli Stati membri di avere autorizzazione preventiva sulle cure ospedaliere.

Allora, non giriamo insomma intorno a quei discorsi, conosciamo benissimo questa direttiva, ne abbiamo discusso da mesi. Io rivolgo due domande eminentemente politiche, perché è il momento delle decisioni. La prima, alla Commissaria Vassiliou: cosa ne pensa esattamente la Commissione sulla doppia base legale. Secondo, mi rivolgo in particolare al gruppo del PPE – mi dispiace che non ci sia il mio amico John Bowis con cui abbiamo risolto tanti e tanti dossier nel corso di questa legislatura, come coordinatore dei principali gruppi della commissione ambiente, e anch’io naturalmente gli auguro un pronto ristabilimento – domando al PPE e anche credo al gruppo liberale: ma ritenete più utile andare alla seconda lettura senza il voto del PSE? Senza una grande maggioranza?

Allora io vi invito a riflettere seriamente per quanto riguarda la doppia base legale sugli emendamenti 116 e 125 e per quanto riguarda l’autorizzazione preventiva sul 156/118. Se vengono approvati questi documenti noi voteremo a favore; altrimenti sarà impossibile. Valutate e scegliete voi qual è lo scenario che preferite.

 
  
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  Karin Riis-Jørgensen (ALDE). - (DA) Signor Presidente, siamo in piena campagna elettorale per le europee e in questa campagna va costruito un rapporto più stretto con il cittadino. Ecco un atto di legge che ha proprio questo effetto: cogliamone l'occasione e poniamo al centro il paziente. Essendo uno dei relatori per il gruppo ALDE, mi sono concentrata su un cittadino-tipo che tutti voi, nelle vostre circoscrizioni, riconoscerete subito. Vengo da un paese in cui, andando al supermercato, incrocio sempre qualche fattorino in sella a un motorino con una cassetta di legno sul portapacchi. Ecco il cittadino-tipo interessato dalla mobilità del paziente: chiunque deve potersi curare all'estero, a prescindere dalla busta paga o dai soldi che ha messo via. I pazienti disposti a simili viaggi sono in realtà pochi: sono quelli senza più speranze.

Comunque, se il nostro fattorino può permettersi di andare all'estero ciò non significa che debba farlo di tasca propria. Per fortuna, in questo Parlamento vi è ampio consenso sul fatto che a pagare non debba essere il singolo paziente, con i propri soldi. E' questo un vero progresso rispetto alla proposta della Commissione. Il principale emendamento del gruppo ALDE riguardava la nomina di un mediatore europeo dei pazienti e vi ringrazio di averlo recepito. Tale mediatore avrà appunto il compito di garantire che i cittadini europei, i pazienti, possano far valere i diritti riconosciuti da questa legislazione. La palla passa ora al Consiglio, nel campo di quegli stessi ministri che non fanno che ripeterci che dobbiamo essere più a contatto con i cittadini. Ma io dico che è l'Unione europea a dover essere più a contatto con i cittadini. Ecco un'occasione servita su un vassoio d'argento: forza, non facciamocela sfuggire!

 
  
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  Ewa Tomaszewska (UEN).(PL) Signor Presidente, definire i diritti dei pazienti nell'assistenza sanitaria transfrontaliera è un compito urgente. I pazienti hanno il diritto di sapere su che base riceveranno assistenza, a prescindere dal fatto che si ammalino improvvisamente durante un viaggio o che debbano recarsi presso strutture di un altro paese dell'Unione europea perché in difficoltà a ottenere determinate prestazioni sanitarie nel proprio.

Devono essere informati delle spese in cui rischiano di incorrere e delle possibilità di prefinanziamento. E devono vedersi garantito l'accesso a un'informazione attendibile sulla qualità delle prestazioni erogate presso strutture suggerite. E qui penso alle reti di rifermento e ai punti di contatto. In caso di danno da cure inadeguate, il paziente va informato dei propri diritti, così come va informato sul mutuo riconoscimento delle prescrizioni. Per una valutazione in proposito, sarà utile il monitoraggio dell'assistenza sanitaria transfrontaliera. Auguro all'onorevole Bowis una pronta guarigione.

 
  
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  Margrete Auken (Verts/ALE). - (DA) Signor Presidente, desidero ringraziare l'onorevole Bowis per l'eccellente lavoro svolto nel gestire negoziati tanto complessi. Uno dei punti più delicati riguardava l'assistenza a pazienti con patologie rare – tema del quale parleremo nella seconda parte della mattinata. Tutti noi intendiamo garantir loro le migliori opzioni terapeutiche esistenti e, naturalmente, ci rendiamo conto che la cooperazione europea porterà grandi benefici al riguardo. Ma non servirebbe a nulla se ci limitassimo a far viaggiare i pazienti per l'Europa, senza consentire al paese di origine di esercitare un controllo su tali spostamenti, sul piano sia sanitario, sia finanziario. Se adottato nella presente forma, il testo riconoscerà ai pazienti affetti da patologie rare il diritto di recarsi all'estero e di ricevere ogni cura, a spese del paese d'origine. Ma come controllare la spesa? Come garantire che il paziente non riceva cure inadeguate, o in eccesso? Dopotutto, è lasciato nelle mani degli operatori sanitari. E vi è il rischio di contenziosi con il paese d'origine, che magari si rifiuterà di pagare con il pretesto che quella patologia non sia abbastanza rara. E non abbiamo ancora raggiunto un accordo su come identificare quella fascia di popolazione sanitaria. In materia, preferiremmo di gran lunga una legislazione a sé stante, proprio per assicurare a chi soffre di patologie rare un'assistenza ottimale.

 
  
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  Adamos Adamou (GUE/NGL). - (EL) Signor Presidente, desidero augurare anch'io all'amico e collega, l’onorevole Bowis, una pronta guarigione, ogni bene e, al contempo, ringraziarlo per il suo enorme lavoro.

Inizierò dicendo che non abbiamo obiezione alcuna a una sanità transfrontaliera. Anzi, noi riconosciamo la necessità per gli Stati membri di far uso delle competenze riconosciute loro dall'articolo 152 del TUE. Purtroppo, questa direttiva ha come base l'articolo 95 e mi attendo che il commissario ci chiarisca la questione della base giuridica.

Noi non vogliamo veder applicata una politica che favorisca i pazienti economicamente privilegiati a detrimento dei ceti meno abbienti. Ora l'onorevole Maaten non c'è, ma non penso che ricordare il rischio di una sanità a due velocità sia segno di rigidità ideologica.

Il nostro obiettivo deve essere una sanità egalitaria, senza ingerenze dell'Unione europea nei sistemi di protezione sociale e senza mirare a mercantilizzare il settore della sanità.

 
  
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  Urszula Krupa (IND/DEM).(PL) Signor Presidente, la disciplina delle cure ricevute in altri Stati membri dell'Unione europea, che entrerà in vigore con l'adozione della direttiva sull'applicazione dei diritti dei pazienti nell'assistenza sanitaria transfrontaliera, equivarrà a un'ingerenza comunitaria nei sistemi sanitari, in contrasto con precedenti disposizioni. Per giunta, per i pazienti facoltosi si creeranno opportunità di cure, ma si ostacolerà l'accesso alla sanità soprattutto per i pazienti degli Stati membri più poveri. L'attuale governo liberale in Polonia persegue proprio questa strategia: garantire all'élite particolari privilegi nell'accesso a una sanità di qualità. Ciò sta portando alla privatizzazione di strutture sanitarie pubbliche e sta privando dell'opportunità di curarsi il grosso della società. Con buona pace della Corte di giustizia, la salute umana non è un bene commerciabile, ma un diritto inalienabile che va garantito da servizi sanitari di Stato, secondo il principio del rispetto e della tutela della salute e del diritto alla vita, in base al valore inalienabile di ogni essere umano.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI).(DE) Signor Presidente, diritti pensionistici, sussidi di disoccupazione e assistenza sanitaria: a quasi 25 anni dagli accordi di Schengen, tutto ciò continua a zoppicare. In estate, i turisti vengono spesso spennati in modo scandaloso, costretti a saldare sul posto parcelle esorbitanti che al rientro in patria, in uno Stato membro, vengono rimborsate solo in parte, o per nulla.

Spesso la tessera sanitaria europea non viene accettata, purtroppo, e il saldo dei pagamenti tra Stati membri non funziona davvero. Specie in epoche di ristrettezze di bilancio, però, il paziente va messo maggiormente al centro dell'assistenza sanitaria. A tale scopo vanno naturalmente rafforzati i suoi diritti. Non è affatto certo che, in situazioni di emergenza, il paziente sia in grado di farsi rilasciare l'autorizzazione preventiva per il rimborso delle spese sanitarie. Se non si fa altro che tagliare sul personale medico per contenere i costi, il nostro sistema sanitario prende una brutta piega. Sì, quindi, una miglior cooperazione, a condizione che non degeneri in una corsa a ostacoli contro la burocrazia.

 
  
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  Péter Olajos (PPE-DE).(HU) "Chi sa usare il martello vede chiodi dappertutto", recita un detto. Ecco come mi pongo davanti alla crisi: vedo segnali di crescita e di ripresa ovunque.

Penso che questa legislazione schiuderà un'ampia gamma di opportunità. Oltre a rivoluzionare l'assistenza sanitaria, può ridare slancio alla creazione di posti di lavoro e allo sviluppo economico. L'introduzione della mobilità del paziente non avrà un impatto solo sulla sanità; può avere molteplici effetti benefici, dall'offerta culturale del paese ospitante alla ristorazione. Anzi, può comportare la creazione di migliaia di posti di lavoro anche nel settore ricettivo, con un aumento del reddito non solo nel settore sanitario, ma anche nei servizi dell'indotto.

Analogamente, anche nei servizi finanziari è lecito attendersi una crescita. Per funzionare, il nuovo sistema abbisognerà di stanze di compensazione, broker sanitari, pubblicità, assicuratori, interpreti e traduttori. Durante una riabilitazione, l'intera catena del turismo sanitario ne trarrà giovamento. Il principale beneficio di questa normativa è che configura una situazione doppiamente vantaggiosa, perché lo Stato membro che non volesse che i propri cittadini usufruiscano di questa opportunità dovrà migliorare la propria assistenza sanitaria e tagliare i tempi d'attesa. Se uno Stato membro attrae pazienti esteri, ciò comporta un afflusso monetario per il paese e per il suo settore sanitario, a tutto vantaggio della qualità delle cure offerte al paziente.

Da deputato ungherese, ritengo che la promozione del turismo sanitario tramite la mobilità dei pazienti in Europa rappresenti un'eccezionale opportunità. Sono già numerosi i pazienti che, dall'estero, vengono a farsi curare in Ungheria, ma soprattutto sul piano della copertura vi è stata una certa confusione. Molto è dipeso dalle più recenti normative dei paesi di origine. Sono certo che questo regolamento migliorerà la qualità di vita di tutti noi. Auguro all'onorevole Bowis una pronta guarigione e, per inciso, ricordo che anche lui, in passato, si è curato a lungo in Ungheria. Mi congratulo per questa legislazione e sarà per me un piacere sostenere una relazione tanto eccellente.

 
  
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  Anne Van Lancker (PSE). (NL) Onorevoli colleghi, per una buona politica sanitaria ciò che più conta è che tutti possano ottenere cure adeguate e a costi abbordabili, preferibilmente vicino a casa. Ma se solo l'1 per cento dei pazienti si reca all’estero per farsi curare, lo si deve all'incertezza sulla qualità e sul tema dei rimborsi.

Ecco perché questa direttiva è una buona notizia, specie per chi abita in regioni di frontiera, per i pazienti in lunghe liste d'attesa, per chi è affetto da condizioni trattabili meglio all'estero. Ma il diritto del paziente di curarsi all'estero non deve minacciare la capacità degli Stati membri di organizzare e finanziare adeguatamente la propria sanità, dato che ciò e fondamentale per un'adeguata assistenza sanitaria universale. Il Parlamento fa dunque bene a mettere i puntini sulle "i". Citerò tre esempi.

Primo: questa direttiva disciplina, e giustamente, solo la mobilità dei pazienti, non quella degli operatori sanitari. Lo scopo non deve essere la creazione di un mercato dei servizi sanitari e, da questo punto di vista, la relazione va benissimo.

Secondo: gli Stati membri devono poter decidere autonomamente delle prestazioni erogate e dei rimborsi. Aspetto che la direttiva affronta molto bene.

Terzo: il rimborso delle prestazioni ambulatoriali va semplificato, ma nel caso di prestazioni ospedaliere o specialistiche occorre l'autorizzazione preventiva, poiché sono prestazioni costose. Un paese che desideri garantire un'assistenza sanitaria universale deve poter fare questo tipo di pianificazione. Su questo punto, onorevole Bushill-Matthews, la relazione manca l'obiettivo, perché fissa ancora troppe condizioni per l'autorizzazione preventiva, complicando la vita agli Stati membri. Appoggio i colleghi che l'hanno definito un aspetto determinante per il placet del mio gruppo alla direttiva.

Infine, due parole a sostegno della doppia base giuridica, perché l'assistenza sanitaria è davvero una responsabilità pubblica degli Stati nei confronti della popolazione e non può essere lasciata al libero mercato. Con queste puntualizzazioni, spero giungeremo al traguardo.

 
  
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  Elizabeth Lynne (ALDE). - (EN) Signor Presidente, perché mai, per esempio, nel Regno Unito si deve rischiare di perdere la vista in attesa dell’operazione di cataratta, quando questa potrebbe essere eseguita facilmente in un altro Stato membro? Perché mai chi attende con angoscia la protesi all’anca non potrebbe sfruttare il fatto che in altri Stati membri non vi sono liste d’attesa – e magari con costi anche inferiori rispetto al proprio paese? Perché certi cardiopatici dovrebbero aspettare inutilmente mesi per l’angioplastica? Se il medico prescrive un trattamento che in patria non è possibile, occorre allora un quadro normativo che permetta al paziente di rivolgersi altrove.

Come abbiamo visto, troppo spesso sono i meno abbienti a vedersi discriminati e penalizzati nell’accesso alla sanità. Ecco perché sono lieta che il relatore abbia accolto il mio emendamento che ribadisce la responsabilità degli Stati membri rispetto all’autorizzazione e al pagamento delle cure in un altro paese.

La sanità transfrontaliera non può essere ristretta a chi se la può permettere. Né vanno esclusi i disabili: sono lieta che molti miei emendamenti al riguardo siano stati recepiti. I diritti e la sicurezza del paziente vengono prima di ogni cosa. Ecco perché, ancora una volta, mi compiaccio che il relatore abbia accolto i miei emendamenti sulla regolamentazione dei professionisti della sanità. Ricordo ai colleghi che queste proposte hanno l’effetto di tutelare quello che è un diritto già riconosciuto al cittadino dell’Unione europea già da qualche anno in una sentenza della Corte di giustizia.

Infine, auguro all’onorevole Bowis una pronta guarigione. La sua vicenda mostra l’importanza di una cooperazione fra gli Stati membri.

 
  
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  Jean Lambert (Verts/ALE). - (EN) Signor Presidente, è da tempo che sono in difficoltà su questa direttiva, perché il titolo non rispecchia i contenuti. In alcuni interventi abbiamo sentito parlare di nuovi posti di lavoro eccetera, e ciò non fa che rafforzare i miei timori. Molti degli aspetti in gioco riguardano come sappiamo la libertà di scelta e il pagamento: non è solo un problema di sanità, quindi, ma anche di protezione sociale.

Questa settimana abbiamo aggiornato il regolamento facente parte del sistema che già consente la cooperazione e che già evita, in caso di urgenza, il diniego delle cure in un altro Stato membro. Esorto i colleghi a leggere ciò che dice il regolamento ora.

E’ una direttiva sul diritto di scelta e sul finanziamento della scelta del paziente: esorto i colleghi a non fare confusione tra i due diversi sistemi, come avviene in alcuni emendamenti. A mio avviso, proprio perché abbiamo queste due diverse filosofie occorre una doppia base giuridica.

 
  
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  Jens Holm (GUE/NGL) . – (SV) Signor Presidente, la relazione poggia su basi completamente sbagliate: l’articolo 95 del trattato, che tutela il libero mercato e che non c’entra nulla con la sanità pubblica o con i pazienti. Il diritto a un’assistenza adeguata in tutti gli Stati membri va ritenuto una priorità assoluta, ma ecco che la Commissione invece parte dal presupposto di un mercato in cui la sanità viene trattata come qualunque altra merce. La direttiva privilegia i cittadini in grado di pagare a caro prezzo viaggio e alloggio, i più informati e i più introdotti nella burocrazia sanitaria. E’ una direttiva per i ricchi, per gli istruiti, non perché invece ha più bisogno.

Qualcuno potrebbe credere che l’emendamento presentato dalla commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare sull’autorizzazione preventiva delle cure da parte degli Stati membri sia un buon emendamento. Peccato però che sia infarcito di restrizioni e che, per poterlo applicare, sulle spalle dello Stato membro gravi un pesante onere della prova. La pianificazione pubblica sarà più difficile e i sistemi sanitari nazionali rischiano di vedersi prosciugati.

In ultima istanza, a stabilire se le autorizzazioni preventive rilasciate dagli Stati membri siano congrue saranno Corte di giustizia e Commissione. Se la direttiva si baserà sull’articolo 95, relativo al mercato, il criterio ultimo sarà appunto il mercato, non la sanità.

 
  
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  Johannes Blokland (IND/DEM). (NL) Negli ultimi cinque mesi, su questa relazione sui diritti dei pazienti nell’assistenza sanitaria transfrontaliera si è lavorato molto. Ringrazio il relatore, l’onorevole Bowis, per tutto il lavoro svolto e gli auguro un pronto ristabilimento.

La sanità transfrontaliera è una realtà e, al riguardo, vanno tutelati i diritti del paziente. Senza però esagerare: la sanità deve restare una competenza degli Stati membri. La cooperazione a livello di Unione europea non deve andare a detrimento della qualità delle cure, o delle scelte etiche e di principio dei vari Stati membri. Va salvaguardata la diversità etica e sono lieto che la relazione affronti il problema.

Quello della base giuridica è un punto difficile. Trovo infelice la scelta dell’articolo 95, come suggerito anche dalla commissione giuridica. A mio avviso, però, è una scelta contraria al principio di sussidiarietà in questo campo di intervento, una scelta che rende più difficile per gli Stati membri scegliere in autonomia senza che intervenga la Corte di giustizia.

 
  
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  Lydia Schenardi (NI).(FR) Signor Presidente, il 2 luglio 2008 la Commissione ha presentato un progetto di direttiva sull’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera, nel tentativo di superare le barriere esistenti.

Si tratta di una priorità per tutti gli Stati membri. Non tutti, però, hanno le risorse necessarie per garantire ai pazienti un dato livello di qualità e sicurezza, sia nelle cure, sia nell’abilità professionale degli operatori sanitari. Vanno quindi precisate le responsabilità degli Stati membri al riguardo.

Stante l’eterogeneità organizzativa della sanità nell’Unione europea, non si dimentichi che la salute deve rimanere una competenza squisitamente nazionale e che ogni Stato è libero di definire la propria politica sanitaria.

Tenendo però conto della mobilità del lavoro in Europa – pur se interessa solo il 3-4 per cento dei cittadini per un valore di meno di 10 miliardi di euro annui – restano dubbi circa la qualità e la sicurezza dell’assistenza, i diritti del paziente, la protezione dati e le vie di ricorso in caso di lesioni.

Purtroppo si profila un’inevitabile armonizzazione al ribasso: resteremo quindi estremamente vigili nel nostro sostegno alla relazione, per meglio difendere le conquiste sociali dei nostri concittadini.

 
  
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  Pilar Ayuso (PPE-DE) . – (ES) Signor Presidente, anzitutto esprimo il mio apprezzamento verso l’impegno dell’onorevole Bowis nella ricerca del consenso e gli auguro di cuore un pronto ristabilimento.

La bozza di documento che stiamo per votare segnerà un netto passo avanti: gli Stati membri ingaggiano un progetto di sanità condivisa. E’ una problematica complessa: nell’Unione europea, la sanità è una competenza sottoposta al principio di sussidiarietà. Ma con questa bozza abbiamo abbattuto tale barriera, e l’abbiamo fatto proprio pensando al paziente.

E’ una grande conquista: senza entrare nel merito della base giuridica, la direttiva riconosce i diritti irrefutabili del paziente e schiude una nuova gamma di opportunità nell’accesso a cure migliori.

E’ una direttiva sui pazienti e per i pazienti.

E’ una direttiva molto complessa, che in paesi come il mio desta diffidenze, che affronta il tema di una sanità universale per oltre un milione di cittadini comunitari.

Al riguardo, in sistemi sanitari come il nostro va chiaramente riconosciuto che il paziente in visita non deve avere più diritti del cittadino del paese in cui sono prestate le cure.

Abbiamo così introdotto un emendamento alla relazione nel quale chiediamo che i pazienti provenienti da altro Stato membro devono assoggettarsi alle norme e regolamenti dello Stato in cui vengono erogate le prestazioni, specie per quanto riguarda la scelta del medico o dell’ospedale.

In questo modo, diviene chiaro che l’afflusso di pazienti da altri Stati membri non può tradursi in discriminazioni nei confronti dei pazienti del paese in cui sono prestate le cure.

Né si può garantire al paziente un diritto a viaggiare senza limitazioni.

Sosteniamo poi la proposta di escludere dalla direttiva il trapianto d’organi.

In conclusione, lo ritengo un importante passo avanti e, per questa ragione, il gruppo PPE/DE presta il proprio sostegno alla direttiva. Avremmo però voluto che si spingesse oltre, segnatamente sulla posizione dei cittadini europei residenti in un altro Stato membro, specie se affetti da patologie croniche.

 
  
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  Edite Estrela (PSE).(PT) Signor Presidente, gli onorevoli Roth-Behrendt e Sacconi hanno già illustrato chiaramente la posizione del nostro gruppo: reputiamo essenziale il cambio della base giuridica.

Signor Commissario, la sanità non è una merce e non capiamo quindi perché la Commissione non abbia previsto l’articolo 152 del trattato CE. Inoltre, l’autorizzazione preventiva alle cure ospedaliere o specialistiche è fondamentale per tutelare il paziente: solo con tale obbligo può essere garantita una sanità sicura e di qualità.

Concludo augurando al relatore un pronto ristabilimento. Il suo caso è la riprova che la sanità transfrontaliera funziona già oggi, anche senza questa direttiva.

 
  
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  Siiri Oviir (ALDE) . (ET) Signor Presidente, onorevoli deputati, tra i legali vi è un detto: dove ci sono due avvocati, ci sono tre pareri. Non voglio gettare il dubbio sulle sentenze della Corte, ma non accetto che, sinora, a decidere in materia di mobilità dei pazienti siano stati i giuristi. Ogni assistenza medica, a prescindere dalle caratteristiche specifiche, rientra nel campo di applicazione del trattato sull’Unione europea.

L’obiettivo del pacchetto sociale che abbiamo approvato l’anno scorso non verrà centrato, se non approveremo una parte tanto importante quale i diritti del paziente nell’assistenza sanitaria transfrontaliera. Come rappresentanti eletti, abbiamo il dovere di garantire la certezza delle politiche e del diritto in questo importante campo. La direttiva in discussione, se approvata, non farà venir meno le disuguaglianze nei sistemi sanitari degli Stati membri, ma segna un importante passo verso l’equità e l’uguaglianza tra i pazienti.

Non è accettabile spendersi per l’equità in teoria, per poi in pratica snobbarla per ragioni di conti pubblici. Le restrizioni di ordine finanziario, per giustificate che siano, non possono legittimare l’inosservanza, o la messa a repentaglio, dei diritti del paziente. In conclusione, desidero ringraziare il relatore Bowis per un lavoro responsabile e altamente competente.

 
  
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  Roberto Musacchio (GUE/NGL). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, innanzitutto auguri di cuore a John Bowis. La cartina tornasole di questa direttiva è la sua base giuridica.

Se si tratta di garantire il diritto di tutti a farsi curare al meglio ovunque, cosa centra la base giuridica del mercato? Dovrebbe essere il diritto della salute a fare da base giuridica. E il diritto alla salute dovrebbe prevedere innanzitutto il diritto a essere curati al meglio nei propri paesi, cui andrebbero dati standard europei di qualità, non nascondendosi dietro la sussidiarietà.

Ma se c’è invece la base giuridica del mercato, si può pensare che si voglia fare la Bolkenstein della salute e guardare agli interessi delle assicurazioni o di chi vuole fare profitti sulla salute.

E’ dunque incredibile che emendamenti parlamentari proprio sul tema cardine della base giuridica rischino di essere considerati non ammissibili e ciò richiede una chiarificazione indispensabile anche da parte del Commissario prima che si eserciti il voto in Aula.

 
  
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  Kathy Sinnott (IND/DEM). - (EN) Signor Presidente, abbiamo lavorato sodo per garantire che chi è malato riceva le cure del caso, chiunque sia e ovunque si trovi.

Purtroppo, è stato fatto molto lavoro anche per garantire che così non sia. Nella direttiva, l’autorizzazione preventiva delle autorità sanitarie anteposta alla diagnosi del medico vanifica i diritti del paziente e ci riporta al punto di partenza. E’ stata proprio l’autorizzazione preventiva a spingere i pazienti davanti al giudice europeo ed è per quelle sentenze che oggi siamo qui con questa direttiva.

Rieccoci al punto di partenza: si continuerà a morire in base alla geografia. Le autorità sanitarie, come quelle del mio paese, l’Irlanda, continueranno a negare l’autorizzazione alle cure all’estero ai sensi della direttiva, proprio come fanno con l’attuale modulo E112 che ci eravamo prefissi di perfezionare.

 
  
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  Ria Oomen-Ruijten (PPE-DE).(NL) Signor Presidente, anzitutto faccio i migliori auguri all’onorevole Bowis. In questa direttiva, al centro è il paziente, il cittadino più combattivo e determinato a scegliere il trattamento migliore, tanto meglio se vicino, ma anche più lontano se del caso.

Per questa legislazione dobbiamo ringraziare i cittadini dell’Unione europea più coraggiosi, che sono ricorsi alla Corte di giustizia per ottenere trattamenti e cure adeguate in un altro Stato membro quando il loro li ha lasciati soli. La sentenza della Corte ha dato loro piena ragione. Oggi stiamo solo codificando in legge la giurisprudenza della Corte, e stiamo enunciando le specifiche condizioni alle quali il cittadino che si fa valere abbia diritto alla sanità transfrontaliera.

E’ questa una direttiva eccezionale per chi vive in zone di frontiera, una splendida notizia per chi è affetto da patologie rare, o per chi è su lunghe liste d’attesa con l’angoscia che in settembre l’anca ceda. Ora costoro possono scegliere.

Sono migliorate le disposizioni in materia di informazione, abbiamo definito con più esattezza le regole sui rimborsi, abbiamo introdotto le reti di riferimento europee per garantire una sanità di miglior qualità. Abbiamo previsto la risoluzione dei contenziosi davanti a un mediatore, sebbene vi fossero anche altre strade come per esempio il sistema olandese per la ricomposizione delle controversie nella sanità, varato di recente. Vi è la possibilità di sperimentazioni regionali e in Limburgo, la mia regione, saremmo lieti di partecipare. Va evidenziato che i sistemi sanitari dei vari paesi sono stati lasciati invariati: il cittadino ha il diritto di scegliere e, per me, la libertà di scelta è una cosa importante.

 
  
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  María Sornosa Martínez (PSE). - (ES) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli, grazie anzitutto al relatore, l’onorevole Bowis, e ai relatori ombra per il loro lavoro; all’onorevole Bowis, auguri di pronta guarigione.

Credo che questa direttiva abbia segnato il tentativo di definire un quadro normativo più ampio delle attuali disposizioni, che già riconoscono il diritto dei cittadini di ricevere assistenza in altri Stati membri, codificando la giurisprudenza della Corte di giustizia. Ma non centra tale obiettivo, perché genera più incertezza giuridica perché la mobilità transita in due canali che non si escludono a vicenda: le regolamentazioni e la direttiva. E perché manca una chiara definizione dei diritti fondamentali: portafoglio dei servizi, prestazioni a carico della protezione sociale, autorizzazione preventiva necessaria e indispensabile. La sola base giuridica è quella del mercato interno.

Onorevoli deputati, è inammissibile che un principio tanto universale, l’accesso alla sanità, venga sancito solo in base alle norme sul mercato unico. Ciò mette a repentaglio i sistemi sanitari di tanti Stati membri e, soprattutto, in questo modo non si danno risposte al cittadino su un diritto tanto basilare, un diritto di tutti.

 
  
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  Holger Krahmer (ALDE).(DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, sentenziando che il paziente ha diritto al rimborso per le cure ricevute all’estero, la Corte di giustizia ci ha assegnato un compito ben preciso. Al riguardo, Commissario Vassiliou, la proposta della Commissione è eccellente e va appoggiata. Deploro quanto accaduto in questo Parlamento nelle ultime settimane attorno a questa direttiva. Sono stati evocati gli spauracchi del mercato e di assurdi legami con la direttiva sui servizi. Alcuni emendamenti – e lo dico da persona cresciuta nella ex RDT – mi hanno fatto gelare il sangue. In uno, per esempio, si dice che gli Stati membri possono adottare misure adeguate per bloccare i flussi di pazienti. Ma come si fa a ragionare così? Volete tante nuove cortine di ferro? Ed è ancora singolare che simili proposte siano giunte, manco a farlo apposta, dal gruppo Verde/Alleanza libera europea.

Qui stiamo parlando di Europa sociale, tema tanto in voga di questi tempi – tanto caro a tanti membri del Gruppo socialista in questo Parlamento. Bene, a mezzogiorno ci sarà la prova del nove, che chiarirà se, dal nostro punto di vista, siano in gioco i diritti del paziente o se preferiamo seguire le burocrazie sanitarie nazionali nella loro miopia.

 
  
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  Frieda Brepoels (PPE-DE). - (NL) In Europa la salute diviene sempre più importante e penso proprio che i pazienti si attendano una maggior certezza dei propri diritti, ma anche un’informazione adeguata e puntuale. Questa proposta sulla mobilità dei pazienti non giunge certo anzitempo visto che la attendiamo da un pezzo. Mi rincresce che proprio colui che ha dedicato gran parte della sua carriera a questa materia sia ora assente per ragioni, appunto, di salute. Di vero cuore, mi associo agli auguri di pronta guarigione all’onorevole Bowis.

Desidero concentrarmi su una serie di aspetti positivi che tutelano l’interesse del paziente. L’istituzione di un punto di contatto nel paese del paziente, al quale rivolgersi per ogni informazione, o di un mediatore dei pazienti, e i benefici di scala recati da una miglior cooperazione fra Stati membri comportano decisamente un valore aggiunto per i pazienti, specie se affetti da patologie rare.

Quanto poi alla vexata queaestio dell’autorizzazione preventiva alle cure ospedaliere, ritengo sia stato raggiunto un compromesso intelligente, a beneficio sia del paziente, sia dell’assicuratore sanitario. Ma per tenere sotto controllo il fenomeno inverso, quello di un eccessivo afflusso di pazienti – aspetto importante per la mia regione, le Fiandre – la relazione dice a chiare lettere che un ospedale non può mai essere obbligato ad accogliere pazienti dall’estero, se i cittadini del paese finiscono invece in lista d’attesa.

Vivendo al crocevia tra Fiandre, Paesi Bassi, Germania e Vallonia, sono lieta della richiesta alla Commissione di designare alcune regioni frontaliere quali aree di prova per progetti innovativi in materia di sanità transfrontaliera. Credo che i risultati di tale sperimentazione saranno utilissimi ad altre regioni. Spero che l’Euroregione possa fungere da esempio in tal senso.

 
  
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  Dorette Corbey (PSE). - (NL) Inizio con un grazie all’onorevole Bowis per l’energico, indefesso impegno a favore della sanità pubblica e della mobilità del paziente, e gli auguro una pronta guarigione.

L’assistenza sanitaria è una competenza nazionale, ma vi sono punti di contatto con l’Europa. I pazienti conoscono le possibilità terapeutiche in altri paesi e vogliono usufruire dei servizi all’estero. E’ certo il caso di pazienti in regioni frontaliere, o con lunghe liste d’attesa nel proprio paese.

Non vi è nulla di sbagliato nel farsi curare all’estero, ma è una prassi che va regolamentata. Anzitutto, non può portare a un turismo sanitario forzato. Non sarebbe ammissibile che gli assicuratori facciano pressioni al paziente per andare a curarsi altrove, a costi inferiori.

In secondo luogo, deve esservi una qualità minima garantita. Chiunque faccia trattare pazienti all’estero deve fornire informazioni adeguate ed accertarsi del livello di qualità.

In terzo luogo – cosa molto importante – gli Stati membri debbono riservarsi il diritto di imporre l’autorizzazione preventiva. La sanità non è un libero mercato e per preservare i servizi esistenti occorre fare pianificazione, occorre che gli ospedali sappiano che flussi di pazienti attendersi.

A mio avviso, ciò che più conta è che la direttiva contribuirà a garantire che ad attraversare la frontiera saranno soprattutto le metodiche terapeutiche. Vi è oggi grande disparità tra gli Stati membri, e questa non viene certo risolta spedendo i pazienti oltrefrontiera, ma con scambi terapeutici e anche su questo la direttiva può rivelarsi utile.

 
  
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  Zuzana Roithová (PPE-DE). – (CS) Ministro, onorevoli, da anni vado criticando il fatto che sia la Corte di giustizia a determinare il diritto dei pazienti al rimborso delle spese all’estero. La Corte garantisce che i cittadini non debbano attendere il placet della propria assicurazione e che possano rivolgersi direttamente al medico se necessario, e che hanno diritto a un rimborso pari almeno al costo dello stesso trattamento in patria, proprio per evitare una barriera alla libera circolazione delle persone. Ciò figura nei trattati, ma da cinque anni i socialisti si oppongono a questo diritto. Nel frattempo, i governi hanno perso altre cause intentate dai loro cittadini. Abbiamo ascoltato centinaia di volte i lobbisti parlare del rischio che le compagnie assicuratrici falliscano. Temono che i pazienti affluiscano in paesi in cui non occorra aspettare mesi, o anni, per un’operazione, diversamente che in patria. I pazienti dovranno quindi, prima di sottoporsi a costose cure, farsi autorizzare dal proprio assicuratore. Sia ai pazienti, sia ai medici di tutta l’Unione, occorrono norme chiare su quando vada richiesta l’autorizzazione. Non appoggio quindi l’idea di introdurre a tale scopo 27 definizioni della nozione di cure costose e specialistiche. E’ un’ipocrisia: tutto dipende dal livello di costi che le compagnie assicuratrici sono disposte a sostenere per le cure all’estero. Ma allora, perché non fissare direttamente dei valori in euro?

Mi sono fatta latrice di proposte per lo sviluppo di un sistema che migliori qualità e sicurezza dell’assistenza sanitaria, nonché per la pubblicazione di valutazioni di qualità obiettive delle varie strutture sanitarie. Ciò riporta al tema dell’accreditamento nazionale ed estero dei centri ospedalieri. La proposta di compromesso sarà pure più generica, ma fa ugualmente da stimolo ai paesi privi di un sistema del genere. Credo che tutti gli ospedali, ben presto, otterranno un accreditamento nazionale o europeo che comporti controlli sulla qualità. Per gli ospedali della Repubblica ceca è già un obbligo. E credo che la commissione non debba designare, ma solo coordinare le regioni frontaliere come aree pilota in cui testare progetti sanitari transfrontalieri. Mi rincresce che i socialisti, in modo ipocrita e pretestuoso, continuino a remare contro un chiarimento dei diritti del paziente nell’Unione europea.

 
  
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  Genowefa Grabowska (PSE).(PL) Signor Presidente, non è certo un bene che sia la Corte di giustizia a decidere dei diritti dei cittadini, ma è anche peggio quando le situazioni si ripetono e quando è la Corte a dover subentrare in quello che sarebbe un compito del Parlamento e del Consiglio. Saluto allora la relazione Bowis e auguro al relatore un pronto ristabilimento. Nella relazione scorgo l’occasione per migliorare gli standard sanitari del mio paese, la Polonia.

Tengo però a richiamare l’attenzione su tre elementi importanti nel testo. Primo, trovo che trattare la sanità elusivamente come un servizio sul mercato sia un errore. Il diritto alla salute è riconosciuto sia nelle Costituzioni nazionali, sia nel diritto comunitario. La base giuridica va dunque modificata. In secondo luogo, il ricorso all’assistenza sanitaria transfrontaliera deve basarsi sulla scelta informata del paziente, non sulla coercizione. Terzo, la decisione di concedere cure in un altro Stato membro deve essere presa in funzione della necessità, non dei mezzi del paziente.

Sono convinta che uno spazio europeo aperto ai cittadini in salute debba essere aperto anche per i cittadini malati che abbiano bisogno di cure in un altro Stato membro.

 
  
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  Christofer Fjellner (PPE-DE). - (SV) Signor Presidente, tra le decisioni prese in questo Parlamento, quella di oggi mi riempie particolarmente di orgoglio. Una decisione che aprirà l'Europa e che garantirà la libertà di spostamento ai malati bisognosi di cure, a coloro per i quali poter viaggiare può significare salvarsi la vita; una decisione che dà a ognuno l'occasione di decidere da sé come curarsi, e non soltanto ai più informati o ai più ricchi: permetterà a tutti di farsi curare dove preferiranno.

Voi socialdemocratici volete imporre l'obbligo dell'autorizzazione preventiva. In parole povere, volete costringere un malato a chiedere il permesso per andare dal medico, quantomeno se il medico è in un altro Stato membro. E perché? Ovvio: per poter rispondere di no! Voi volete controllare, regolamentare e pianificare – volete esautorare il paziente. Ma non c'è bisogno della vostra autorizzazione per andar dal medico gratis: se vado dal dottore a Stoccolma, non devo chiedere il permesso e non devo neppure pagare. La realtà è che siete sempre stati contrari a questa proposta sin dall'inizio, che le avete tentate tutte per ostacolarla, limitarla e vanificarla. Come state facendo anche ora.

Nel dibattito sul tema in Svezia, avete cercato di far sì che non ci fosse la libera scelta di dove curarsi in Svezia. Ora non volete che neanche in Europa la gente possa farsi curare dove vuole. Dite di sostenere la proposta, ma nel voto in commissione vi siete astenuti. Che codardia! Non sapete neppure come votare oggi. Non sapete neppure per che cosa voterete.

Oggi siamo davanti a un bivio. Possiamo difendere i diritti dei pazienti, oppure il diritto dei burocrati e dei politici di decidere e di regolamentare. Io so bene come votare: voterò perché al centro venga posto il paziente. Come dovremo fare tutti in quest'Aula, se stanotte vogliamo dormire con la coscienza a posto.

 
  
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  Åsa Westlund (PSE). - (SV) Signor Presidente, tutti i pazienti hanno diritto alla sanità ogni qualvolta sia necessario. Noi socialdemocratici reputiamo essenziale che si possano ricevere cure all'estero, per esempio se le liste d'attesa in patria sono troppo lunghe. Ecco perché in Svezia un governo socialdemocratico ha assunto l'iniziativa di una direttiva in materia. Ma non deve mai essere lo spessore del portafoglio a determinare chi riceva le cure e ogni decisione sanitaria va presa il più vicino al paziente, non dai burocrati del sistema dell'Unione europea.

A tali burocrati, invece, la proposta della Commissione conferisce enormi poteri. Per giunta, non tiene in considerazione il caso di chi non è in grado di pagare ingenti somme. Eppure, i deputati svedesi di centrodestra di questo Parlamento, in modo del tutto acritico, si sono sperticati in elogi a tale proposta. Noi abbiamo invece presentato delle controproposte e ci siamo spesi per rendere più accessibili i viaggi all'estero per ragioni sanitarie anche ai meno abbienti. E ci siamo adoperati per chiarire che la sanità è una competenza degli Stati membri, non una materia in cui a decidere possano essere i burocrati dell'Unione. Non abbiamo ottenuto tutto ciò che avremmo voluto. Esorto quindi tutti i deputati ad appoggiare il nostro emendamento all'articolo 8, paragrafo 3. Ciò permetterà a noi di appoggiare l'intera direttiva e di giungere rapidamente a una soluzione per tutti i pazienti d'Europa.

 
  
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  Emmanouil Angelakas (PPE-DE). - (EL) Signor Presidente, signor Commissario, Ministro Filipiová, mi congratulo anzitutto con il commissario Vassiliou per la sua iniziativa sulla proposta di direttiva e con il relatore Bowis per l'eccellente lavoro, associandomi agli auguri di pronto ristabilimento.

So che non è facile giungere a un risultato che promuova ancor più l'assistenza sanitaria transfrontaliera, tenuto conto delle differenze tra i sistemi di protezione sociale dei vari paesi, del diverso grado di sviluppo economico e dei diversi livelli di prestazioni sanitarie erogate in ciascuno Stato membro. Pertanto, il relatore ha fatto un ottimo lavoro.

La relazione ora in discussione tratta il tema della mobilità del paziente, specie in rapporto alle visite e alle cure presso centri specializzati. Di certo non rafforzerà forme di turismo sanitario, ma darà ai cittadini europei la possibilità di usufruire della miglior sanità possibile, con la cognizione dei propri diritti e senza l'incognita del rimborso delle spese, dal momento che gli Stati membri dovranno istituire un sistema chiaro per l'approvazione preventiva di tali spese.

Non dimentichiamo che proprio questo aspetto è stato oggetto di numerose pronunce della Corte di giustizia europea e la relazione tratta aspetti di grande rilevanza: definire la propria sanità resta una competenza degli Stati, i costi sono rimborsati a concorrenza delle stesse cure prestate in patria, viene affrontato il nodo dell'assistenza ai pazienti affetti da patologie rare, siano queste coperte dallo Stato membro d'origine oppure no, le proposte sul mediatore europeo preposto a esaminare i reclami dei pazienti vanno nella giusta direzione, e, infine, viene posto l'accento sulla necessità di una campagna che informi i pazienti dei loro diritti.

Restano diversi nodi da sciogliere: anzitutto, l'ulteriore mappatura dei meccanismi di calcolo dei costi; in secondo luogo, il prontuario delle affezioni coperte dal sistema; in terzo luogo, il riconoscimento delle prescrizioni mediche, poiché gli stessi farmaci non sono disponibili in tutti i paesi; e, infine, la promozione della sanità elettronica.

Ad ogni buon conto, questo sforzo è, nell'insieme, incamminato nella giusta direzione ed è un peccato che i socialisti oggi facciano retromarcia. Confido che il dibattito sia spedito e penso che il contributo del Parlamento europeo darà risposte a un'esigenza vitale del nostro tempo e dei nostri concittadini.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. COCILOVO
Vicepresidente

 
  
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  Charles Tannock (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, la maggior parte dei miei elettori di Londra nutre scarso interesse per il lavoro dei parlamentari europei né conosce realmente le finalità dell’Unione europea. Ciononostante, questa settimana verranno presentate in plenaria due relazioni il cui contenuto riguarda veramente da vicino l’opinione pubblica. La prima riguarda il tetto massimo sulle tariffe dei servizi in roaming nell’ambito del pacchetto telecomunicazioni, mentre la seconda concerne i diritti dei pazienti sulla scelta delle cure mediche prestate in altri paesi dell’Unione europea.

Condivido il sostegno manifestato per la relazione del collega londinese, l’onorevole Bowis, che purtroppo oggi non può essere con noi per ragioni di salute. Gli auguro una pronta guarigione e, naturalmente, sono sicuro che il nuovo Parlamento europeo sentirà molto la sua mancanza.

Nel Regno Unito, il servizio sanitario pubblico (NHS) è spesso lento e assai più costoso che in altri paesi dell’Unione europea. Un mercato comunitario più flessibile, con ragionevoli tutele nell’assistenza sanitaria basate su un sistema di autorizzazioni, costituisce una situazione vantaggiosa sia per i cittadini sia per i bilanci nazionali della sanità di tutti gli Stati membri.

 
  
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  Catiuscia Marini (PSE). - Signor Presidente, onorevoli colleghi, affrontiamo oggi una direttiva importante per garantire in maniera sostanziale il diritto alla mobilità dei pazienti in Europa, il diritto alle cure sanitarie nei paesi dell’Unione.

Ma l’assistenza sanitaria non può essere considerata alla pari di un qualunque altro servizio erogato nel mercato interno, i cittadini non possono essere assimilati come pazienti a normali consumatori, il diritto alla salute si sostanzia nel diritto a ricevere cure e assistenze a cominciare dal proprio paese d'origine. Il diritto alla mobilità dei pazienti non può essere la scappatoia per il disimpegno di alcuni Stati’membri a non investire nei servizi sanitari a livello nazionale, obbligando di fatto i cittadini alla migrazione sanitaria e non alla scelta.

La direttiva dovrebbe affrontare meglio le diseguaglianze all’accesso e alla qualità dei servizi anche nei paesi di residenza! La sanità non è una merce, è un diritto sociale! La questione giuridica e dell'autorizzazione preliminare è una forma sostanziale per declinare il diritto alla salute!

 
  
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  Marios Matsakis (ALDE). - (EN) Signor Presidente, questa relazione segna un punto di svolta nella prestazione di servizi sanitari ai cittadini dell’Unione europea. In modo chiaro e deciso, essa pone al primo posto la salute dei pazienti e prepara il terreno affinché i servizi sanitari dei diversi Stati membri competano per migliorarsi in maniera sana. Questa legislazione contribuirà indubbiamente a un sostanziale miglioramento dell’assistenza sanitaria in Europa. Inoltre, essa introdurrà anche pari diritti nelle cure ai pazienti, facendo sì che tutti i cittadini, ricchi o poveri, noti o meno noti, possano avvalersi della possibilità di ricevere cure migliori all’estero, qualora necessario.

Le mie iniziali preoccupazioni circa possibili effetti negativi sui servizi sanitari nazionali degli Stati membri più piccoli e più poveri sono state dissipate dalla disposizione sull’autorizzazione preventiva da includere a titolo di salvaguardia. Posso ora dire con certezza che questa legislazione è vantaggiosa sia per i pazienti sia per i servizi sanitari di tutti gli Stati membri e che merita il nostro totale e unanime sostegno. Mi stupisce la posizione negativa assunta dai miei colleghi socialisti a questo riguardo.

 
  
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  Elisabeth Schroedter (Verts/ALE).(DE) Signor Presidente, non sono affatto d’accordo con l’onorevole Matsakis, in quanto la proposta della Commissione europea, in effetti, non fornisce alcuna certezza giuridica per i pazienti che ricevano cure mediche al di fuori del proprio paese. Inoltre, essa non chiarisce i dubbi riguardanti i sistemi di sicurezza sociale ai sensi del regolamento (CE) n. 883/2004. Soltanto un sistema chiaro di autorizzazione preventiva per i casi che prevedono cure mediche costose garantirebbe un rimborso ai pazienti.

Inoltre, la direttiva è poco chiara anche in termini di base giuridica – come già sottolineato da altri colleghi – nonché riguardo alla divisione delle competenze tra gli Stati membri e l’Europa. I servizi sanitari degli Stati membri sono basati sulla solidarietà e garantiscono pari accesso a tutti, indipendentemente dalla disponibilità economica o dal luogo di residenza. Le leggi comunitarie non devono mettere a repentaglio questi sistemi di solidarietà. Anche a tale riguardo, la proposta della Commissione è inadeguata e, pertanto, occorre far sì che i nostri emendamenti siano adottati se dobbiamo votare a favore di questa proposta.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL).(PT) Signor Presidente, è inammissibile che, avvalendosi del pretesto dell’applicazione dei diritti dei pazienti all’assistenza sanitaria, in realtà la Commissione europea e la maggioranza del Parlamento vogliano chiamare in questione il servizio sanitario nazionale e pubblico, come nel caso del Portogallo.

Con l’invito ad adottare questa proposta sulla base dell’articolo 95 del trattato sull’Unione europea, che prevede l’armonizzazione del mercato interno, in realtà si sta tentando di liberalizzare il settore, il che è inammissibile. Questo è un ambito nel quale non può prevalere la logica del mercato e del lucro asservita agli interessi dei gruppi economici e finanziari. La sanità non può essere un’attività commerciale. Per questa ragione intendiamo respingere questa proposta della Commissione .

Regolamenti e accordi volti a fornire assistenza sanitaria transfrontaliera esistono già e possono essere migliorati senza tirare in ballo le competenze e i diritti degli Stati membri relativamente alla proprietà e alla gestione del loro servizio sanitario nazionale che, a nostro avviso, deve essere pubblico, universale e accessibile a tutti.

 
  
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  Christel Schaldemose (PSE). - (DA) Signor Presidente, abbiamo dedicato l’intera mattinata a dire quanto sia importante creare un’assistenza sanitaria di qualità e fornire tutele adeguate ai cittadini attraverso questa proposta. E’ vero che la proposta contiene numerosi aspetti positivi, per esempio, molti requisiti che regolamentano l’accesso dei pazienti all’informazione, eccetera. Ma ora cerchiamo di essere davvero franchi. Potremo assicurare la sicurezza dei pazienti soltanto se garantiremo l’esistenza di un’autorizzazione preventiva prima che i pazienti si rechino all’estero. In tal modo ai pazienti sarà garantito al 100 per cento il diritto a tutte le cure per cui dispongono di copertura, come puro di essere indirizzati nel luogo giusto e ricevere le cure del caso. A mio avviso, questo tipo di garanzia è essenziale. L’autorizzazione preventiva costituirà, inoltre, uno strumento per permettere alle autorità sanitarie di garantire la sicurezza dei pazienti che restano nei propri paesi d’origine.

 
  
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  Olle Schmidt (ALDE). - (SV) Signor Presidente, signor Commissario, finalmente! Il Commissario e l’onorevole Bowis hanno svolto un ottimo lavoro. L’acceso dibattito che ha preceduto questa direttiva è stupefacente. L’Unione europea e noi in quest’Aula abbiamo un’opportunità straordinaria di riavvicinarci alle persone assecondando un nostro desiderio più volte espresso. Ma che cosa accade? Esitiamo, e molti parlamentari – inclusi i socialdemocratici svedesi – vogliono complicare le cose per i pazienti e ostacolare la possibilità di ricevere assistenza sanitaria all’estero. Perché? Posso soltanto immaginare che ciò sia dettato dal desiderio di salvare i servizi sanitari anziché i pazienti bisognosi di cure. Mi compiaccio del fatto che siamo arrivati a questo punto, signor Commissario. Lei si è assunto la sua parte di responsabilità, ora tocca a noi in quest’Aula assumerci la nostra. Mi auguro che anche il Consiglio voglia assumersi la sua!

 
  
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  Proinsias De Rossa (PSE). - (EN) Signor Presidente, è responsabilità di ciascuno Stato membro provvedere all’erogazione e al finanziamento di un’assistenza sanitaria accessibile e di qualità elevata. L’Europa ricopre un ruolo di coordinamento. E’ naturalmente giustificata la richiesta di un migliore coordinamento dei servizi sanitari in tutta l’Unione europea e, in particolare, nelle aree di confine, ma questa direttiva non può aspirare a questo. Essa mira a garantire che sia dato valido contesto al diritto di ogni cittadino all’assistenza sanitaria, affinché la capacità di ciascuno Stato membro di finanziare e organizzare i propri servizi nazionali non sia messa a repentaglio dal “turismo sanitario”.

Devo dire che l’onorevole Sinnott, che oggi in Aula ha agitato lo spauracchio dei decessi, ha torto come sempre. Nessun paziente in Irlanda è deceduto perché gli è stato negato il diritto di recarsi in un altro Stato membro per ricevere assistenza sanitaria; anzi, esiste un fondo apposito.

In ultima analisi, sono le esigenze sanitarie dei pazienti che contano, non le scelte dei consumatori. L’autorizzazione preventiva e una base giuridica adeguata sono essenziali e, a meno che tali punti non siano inclusi nel testo, non potrò votare a favore della direttiva.

 
  
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  Daniela Filipiová, presidente in carica del Consiglio. – (CS) Onorevoli parlamentari, desidero ringraziare tutti per i commenti, i suggerimenti e le osservazioni. Le opinioni del Consiglio e del Parlamento coincidono su numerosi aspetti, per quanto vi siano ancora questioni da approfondire insieme. L’onorevole Bushill-Matthews, che sostituisce il relatore, l’onorevole Bowis, ha ricordato nella sua presentazione che si tratta di una questione difficile e delicata. Come sottolineato dall’onorevole Maaten, occorre raggiungere un compromesso non solo in seno al Parlamento europeo, ma naturalmente anche in seno al Consiglio . Sono lieta che la commissione giuridica abbia accolto con favore la proposta di rafforzare la certezza giuridica. Allo stesso modo, concordo con l’onorevole Braghetto circa il fatto che la proposta rappresenti un’opportunità per i servizi sanitari nazionali e che, come sottolineato dall’onorevole Roth-Behrendt, migliorerà i diritti dei pazienti. Naturalmente, bisogna ricordare che la direttiva deve essere praticabile anche in termini operativi e deve, pertanto, rispecchiare le possibilità finanziarie, legislative e organizzative dei singoli Stati membri. E’ altrettanto chiaro che, alla luce delle numerose proposte di emendamento, il Consiglio avrà bisogno di tempo per prenderli in esame tutti. Il dibattito tra Consiglio e Parlamento europeo continuerà. Occorre trovare il giusto equilibrio tra i diversi punti di vista e proposte, ma ritengo che alla fine ci riusciremo attraverso la reciproca collaborazione.

 
  
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  Androulla Vassiliou, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, come abbiamo visto di nuovo oggi, le discussioni del Parlamento su questo argomento sono sempre produttive e appassionate. Rappresentano un contributo importante all’iniziativa della Commissione ed anche gli emendamenti su cui quest’ultima sarà chiamata a votare costituiranno un apporto prezioso circa una serie di argomenti chiave.

Riguardo ai diritti dei pazienti a un’assistenza sanitaria sicura e di qualità, molti di voi hanno confermato l’importanza fondamentale di garantire chiarezza e dare rassicurazioni. Concordo nel modo più assoluto e mi auguro davvero che quest’obiettivo ambizioso sia raggiunto.

Circa la questione dell’assunzione dei costi dell’assistenza sanitaria transfrontaliera, sono state espresse chiare preoccupazioni per il fatto che un numero significativo di pazienti non possa permettersi di essere curato all’estero. In effetti, si tratta di un punto importante e pertinente. Le differenze di reddito esistono in tutta l’Europa, chiaramente, con le relative conseguenze in termini di accesso a una serie di servizi fondamentali, tra cui l’assistenza sanitaria. E’ sicuramente un aspetto da tenere in debita considerazione. Ciononostante, ridurre queste differenze è una sfida ardua, resa ancor più difficile dall’attuale crisi economica. Sarà necessario un impegno notevole e coordinato da parte dell’Unione europea e degli Stati membri a tutti i livelli.

Purtroppo, la nostra possibilità di adire nell’ambito della proposta di direttiva è limitata. La proposta della Commissione lascia la porta aperta agli Stati membri che vogliano farsi direttamente carico dei costi per le cure transfrontaliere, per esempio tramite un sistema di conferma scritta dell’importo che sarà versato. Se il Parlamento europeo desidera rendere chiaro questa situazione nel testo proposto, incontrerà di certo il mio favore. La proposta di direttiva non vuole impedirlo, ma è attenta a rispettare le responsabilità degli Stati membri nell’organizzazione dell’assistenza sanitaria e proprio per questo siamo stati cauti nel limitare l’impatto finanziario dell’assistenza sanitaria transfrontaliera sui servizi sanitari nazionali e sui fondi privati di assicurazione malattia. Ciononostante, i due obiettivi non sono incompatibili. E’ compito degli Stati membri conciliarli quanto più possibile a vantaggio dei pazienti, in particolare di chi ha limitate disponibilità economiche.

Per quanto concerne il legame tra questa direttiva e il regolamento sulla sicurezza sociale, credo che tutti concordiamo sulla necessità di una strutturazione chiara; questo significa che, una volta richiesta l’autorizzazione preventiva da parte di un paziente e se tutte le condizioni del regolamento siano soddisfatte – in altre parole, quando si è verificato un ritardo indebito – il regolamento va applicato. Deve quindi risultare estremamente chiaro che saranno applicate le tariffe del regolamento di modo che i pazienti possano beneficiare del sistema più vantaggioso.

Riguardo all’autorizzazione preventiva per le cure ospedaliere, le disposizioni proposte si basano su due ordini di considerazioni. In primo luogo, la giurisprudenza: la Corte ha deciso, come codificato all’articolo 8 paragrafo 3, che questo sistema potrebbe essere giustificato in determinate circostanze. In secondo luogo, non sarebbe appropriato andare oltre tali disposizioni con un sistema meno rigido – o addirittura incondizionato – di autorizzazione preventiva, legalmente o di fatto generalizzato a tutti gli Stati membri. Tutti ormai sappiamo che la mobilità dei pazienti resterà un fenomeno molto limitato, come sarà di conseguenza limitato il suo impatto sul bilancio. Non vi è quindi bisogno di creare ostacoli inutili per i pazienti. L’autorizzazione preventiva per le cure ospedaliere deve restare un meccanismo di salvaguardia, da applicare quando è giustificato farlo.

In questo contesto, i sistemi di notifica preliminare così come proposti dal relatore potrebbero diventare un controllo indiretto – e addirittura inutile – dei pazienti, che ostacolerebbe la procedura anziché agevolarla. Comprendo che questo non è l'obiettivo della proposta, ma verrebbero in effetti limitati i diritti dei pazienti, come rilevato dalla Corte, poiché questi meccanismi amministrativi rischiano di essere ingombranti e arbitrari.

Mi preoccupa la proposta sulla definizione di cure ospedaliere, che rappresenta un punto chiave per i diritti dei pazienti poiché definisce il confine del sistema dell’autorizzazione preventiva. Abbiamo proposto di definire il concetto di cure ospedaliere attraverso una lista comunitaria basata su un’intesa comune tra esperti, che terrebbe conto dello sviluppo delle tecnologie. Questo garantirebbe di dare un’impostazione ragionevole e moderna al concetto di cure ospedaliere.

Alcuni parlamentari, così come la maggior parte degli Stati membri, chiedono che siano stilate liste nazionali indipendenti. Una definizione basata su liste nazionali porterebbe in realtà a discrepanze sul concetto di cure ospedaliere per ciascuno Stato membro, con un rischio considerevole di erosione dei diritti dei pazienti. Per seguire questa strada, dovremmo assicurarci che queste liste si basino su criteri ben definiti e sottoposti a un processo di revisione. In caso contrario, i diritti dei pazienti, così come definiti dai giudici europei, sarebbero in pericolo.

Alcuni di voi hanno detto che, se adottiamo questa proposta di direttiva, pochi pazienti ne trarrebbero vantaggio, ovvero i pochi pazienti informati. Al contrario, ritengo che, in conformità alla direttiva, stiamo offrendo ad ogni singolo paziente la possibilità nonché il diritto, prima di lasciare il proprio paese, di ricevere tutte le informazioni necessarie per operare una scelta informata.

Comprendo le preoccupazioni espresse circa la difficoltà di ottenere informazioni chiare sugli operatori sanitari nel momento in cui ci si rivolge all’estero per le cure sanitarie. Si tratta semplicemente di una questione di sicurezza del paziente. Su questo aspetto, dobbiamo concordare soluzioni pratiche che rispettino una serie di principi fondamentali, come il diritto alla protezione dei dati personali e la presunzione d’innocenza. Sono certo che si possa raggiungere un compromesso sulla base dei vostri suggerimenti preliminari.

Si è fatto cenno all’emendamento n. 67 sull’allentamento della regola sull’affiliazione a regimi assicurativi sanitari, che purtroppo non può essere accettato.

Per quanto riguarda la base giuridica per la proposta di direttiva, molti parlamentari vorrebbero aggiungere l’articolo 152 all’articolo 95. Comprendo l’importanza che la questione riveste per alcuni gruppi politici, ma è difficile avere punti di vista ben definiti in questa fase di esame della direttiva. E’ importante valutare la questione alla luce dell’evoluzione del testo, al fine di decidere quale sia la base giuridica adeguata. Chiaramente, se il contenuto del testo finale lo giustifica, l’aggiunta dell’articolo 152 all’articolo 95 potrebbe essere certamente presa in considerazione. Resto disponibile a questa possibilità in qualsiasi fase futura del processo di codecisione.

(Applausi)

Alcuni parlamentari hanno sollevato di nuovo la questione di un possibile flusso eccessivo di pazienti in arrivo da altri Stati membri e delle eventuali tutele per il servizio sanitario ricevente. La mia risposta è la stessa che darei a chi nutre timori di flussi eccessivi di pazienti in uscita in assenza di un’autorizzazione preventiva alle cure ospedaliere, ovvero che l’intenzione della proposta non consiste nel promuovere la mobilità dei pazienti. Come ho già sottolineato, la mobilità dei pazienti è un fenomeno limitato e non prevediamo cambiamenti. Dare carta bianca agli Stati membri per l’adozione di provvedimenti volti a respingere i pazienti e controllare così i flussi in arrivo sarebbe una misura del tutto sproporzionata. Gli Stati membri devono accertarsi che non si verifichino discriminazioni nei confronti di pazienti provenienti da altri Stati membri. Bisogna valutare eventuali forme di controllo dei pazienti in arrivo, per verificare se questa potrebbe essere una deroga ammissibile al principio della non discriminazione sulla base della nazionalità, come stabilito dal trattato UE.

Per quanto riguarda i pazienti affetti da malattie rare, mi sembra di capire che si stia cercando il metodo migliore affinché essi possano ricevere l’assistenza sanitaria di cui hanno bisogno, ma a volte la perfezione è nemica del bene. Oggi, avrà si voterà la relazione Trakatellis, riguardante la recente strategia sulle malattie rare già definita dalla Commissione europea e che include la proposta di raccomandazione del Consiglio. Com’è noto, una diagnosi rapida e l’accesso alle cure per queste patologie sono complessi e non sempre possibili o disponibili in patria. Pertanto, per permettere ai pazienti affetti da malattie rare di godere dei benefici della cooperazione europea, occorre includerli effettivamente nella direttiva sui diritti dei pazienti relativa all’assistenza transfrontaliera. Credo che siamo tutti ampiamente concordi sulla necessità di una cooperazione europea circa i centri di riferimento per le malattie rare, per esempio. Vi inviterei, pertanto, a mantenere le malattie rare nel contesto della direttiva.

Non posso invece assolutamente condividere la proposta di escludere i trapianti di organi. Il trapianto è una procedura medica ed è difficile giustificare la ragione per cui i pazienti non dovrebbero averne il diritto come assistenza transfrontaliera, come deciso dalla Corte di giustizia. L’’assegnazione degli organi è invece tutt’altra questione. Ho, pertanto, chiesto agli esperti della Commissione di esaminare questo aspetto per esaminare la questione dell’assegnazione degli organi in un diverso contesto.

Oggi, possiamo fare un passo importante verso l’adozione di questa direttiva. A poche settimane di distanza dalle prossime elezioni europee, mi si consenta di rendere omaggio a questo Parlamento e alla sua amministrazione per l’impegno profuso per rendere possibile la votazione di oggi, per la quale sono grata a tutti. Vorrei rinnovare i miei ringraziamenti all’onorevole Bowis e ai relatori ombra per il loro impegno e il serio lavoro svolto. Auguro un pronto recupero all’onorevole Bowis, che speriamo che posso tornare presto al suo lavoro e alla normalità.

(Applausi)

 
  
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  Philip Bushill-Matthews, in sostituzione del relatore. − (EN) Signor Presidente, desidero ringraziare tutti gli onorevoli colleghi per questa discussione, consentitemi il gioco di parole, estremamente sana. Sono particolarmente grato – e mi scuso per non averli menzionati prima – ai relatori delle sei commissioni, che hanno elaborato preziosi pareri, per i commenti e le idee apportate alla discussione di questa mattina. Devo, inoltre, ringraziare tutti i colleghi del Parlamento per le parole di elogio rivolte all’onorevole Bowis, sia dal punto di vista professionale per il lavoro svolto, sia dal punto di vista personale, con gli auguri di una pronta guarigione. Sarò lieto di riportargli le vostre parole.

Come tutte le relazioni, anche questa è basata su compromessi e non sempre è possibile mettere tutti d’accordo su tutte le questioni. Riconosco e rispetto le difficoltà che ancora incontrano alcuni gruppi politici e alcune delegazioni; vi sono ancora alcuni emendamenti da decidere in plenaria nel seguito della mattinata.

Desidero, pertanto, ringraziare in particolare il commissario per i commenti conclusivi, che spero possano essere di aiuto per i colleghi di altri gruppi nel decidere il proprio voto. Spero sinceramente che, in seguito a tali commenti, la relazione nel suo complesso possa ricevere un vasto sostegno da parte di tutti i gruppi politici e in seno ad essi, in quanto trasformare in priorità le necessità dei pazienti deve indubbiamente essere al di sopra della politica dei partiti.

Qualsiasi accordo raggiunto oggi arriverebbe comunque troppo tardi per concludere un accordo formale in prima lettura durante la presidenza ceca. Mi pare comunque di capire che esiste già un accordo politico sostanziale in seno al Consiglio in linea di principio e questo grazie al lavoro già svolto dalla presidenza per il quale sono estremamente grato.

So che l’onorevole Bowis vorrebbe che questo accordo fosse messo in pratica al più presto possibile, rispondendo al desiderio di molti pazienti in tutta l’Unione europea che hanno già atteso a sufficienza. A nome del relatore, invito la Commissione europea, la presidenza del Consiglio entrante ed anche i nuovi parlamentari della prossima legislatura a far sì che una sollecita seconda lettura diventi una priorità nella seconda metà dell’anno, in modo da risolvere rapidamente eventuali difficoltà. Non vogliamo perdere quest’occasione proprio ora. Questa relazione non solo porterà benefici reali ai cittadini europei, ma dimostrerà che, lavorando insieme a livello di Unione europea, ogni singolo cittadino potrà trarne vantaggio, indipendentemente da dove viva e dalla disponibilità economica. La votazione odierna aprirà la strada per il futuro. Seguiamo questo percorso il più rapidamente possibile, perché, dopo tutto, come è stato per il relatore, ad ognuno di noi potrebbe capitare di aver improvvisamente bisogno dell’assistenza sanitaria transfrontaliera.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà oggi giovedì 23 aprile 2009 alle 12.00.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)

 
  
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  Cristian Silviu Buşoi (ALDE), per iscritto.(RO) Vorrei ringraziare i relatori delle diverse commissioni per il ragguardevole lavoro svolto. La relazione segna un passo importante in termini di miglioramento della mobilità dei pazienti nell’ambito dell’Unione europea.

In un’Europa in cui la libertà di circolazione rappresenta un valore fondamentale, garantire la mobilità dei pazienti è normale e assolutamente vitale se si vuole offrire assistenza medica dello standard più elevato possibile a chi ne ha bisogno. Nel lungo termine, questo potrebbe comportare un miglioramento dei servizi sanitari nazionali, creando un certo grado di concorrenza tra loro.

Nonostante i significativi miglioramenti, questa proposta non riesce tuttavia a risolvere alcuni problemi. Ritengo che serva maggiore chiarezza sulle condizioni di rimborso e sulle norme alla base del sistema di autorizzazione preliminare, laddove questo sia necessario. Mi rammarico, inoltre, del fatto che la proposta non includa la mobilità del personale medico, strettamente correlata alla mobilità dei pazienti. Al fine di rispondere con efficacia alle esigenze dei pazienti, servono anche regole che consentano anche al personale medico di spostarsi all’interno dell’UE, pur sempre mantenendo un equilibrio nell’ambito del sistema sanitario nazionale di modo che nessuno Stato si trovi di fronte a una carenza di operatori sanitari.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) La proposta relativa a un sistema di assistenza sanitaria transfrontaliera deve prevedere innanzi tutto un sistema che rappresenti i diritti dei pazienti, basato sui principi della sanità pubblica e del mercato interno, e che non operi discriminazioni nei confronti dei pazienti in base alle loro capacità di sostenere i costi delle cure mediche. A mio avviso, il servizio sanitario nazionale del Regno Unito (NHS) deve avere il diritto di insistere affinché si conceda un’autorizzazione preventiva per i pazienti che intendono ricevere cure mediche all’estero. I pazienti britannici che non possono permettersi di recarsi all’estero per l’assistenza sanitaria non devono essere discriminati rispetto a coloro che invece possono sostenere i costi delle cure mediche e che vogliono essere rimborsati per tali spese dal servizio sanitario nazionale una volta ritornati in patria. Ritengo che questa soluzione sia ingiusta poiché consente ai pazienti di avere la precedenza per l’assistenza all’estero, pertanto “saltando la coda” nell’ambito del sistema sanitario nazionale.

 
  
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  Iosif Matula (PPE-DE), per iscritto.(RO) Le nuove opportunità di cui possono godere i pazienti in Europa rappresentano un passo importante nell’armonizzazione dei servizi sanitari europei e nel garantire cure mediche di buona qualità a tutti i cittadini europei. La proposta di direttiva stabilisce i principi comuni a tutti i servizi sanitari: creazione di reti europee modello, apertura di punti informativi per i pazienti in tutti gli Stati membri nonché l’e-health, ovvero la sanità elettronica.

Questa relazione offre vantaggi significativi per tutti gli Stati membri che includono, implicitamente, la Romania. La direttiva soddisfa meglio le esigenze dei pazienti, che possono ora ricevere assistenza medica in un altro Stato membro se questa non può essere fornita da un ospedale del paese di origine oppure se l’assistenza viene fornita in ritardo. I relativi costi saranno sostenuti dal paese di origine.

Un altro aspetto importante si riferisce allo scambio di buone prassi e alla mobilità del personale medico specializzato, nonché al libero accesso dei cittadini alle informazioni sull’assistenza transnazionale. Gli Stati membri devono garantire che i cittadini siano al corrente delle formalità necessarie e dei criteri di ammissibilità, nonché dei costi di viaggio e delle norme sanitarie presso i centri di trattamento all’estero. Proprio per questo sono a favore della creazione di centri informativi, affinché i cittadini possano scegliere sia la metodica sia il luogo dove ricevere le cure.

 
  
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  Mary Lou McDonald (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) Gli Stati membri hanno la responsabilità nei confronti dei loro cittadini di programmare e fornire assistenza sanitaria.

La salute non è una merce che può essere acquistata e venduta sul mercato interno.

Questa proposta è scandalosa. Dimostra che la Commissione sta perseguendo ciecamente il suo programma, screditato e obsoleto, di liberalizzazione. Vuole soltanto privatizzare tutto il possibile e accentrare ulteriormente il potere nelle proprie mani. La proposta è discriminatoria nei confronti dei cittadini più poveri che vivono in paesi ricchi e nei confronti di tutti, ad eccezione dei super-ricchi nei paesi ricchi più poveri. E’ una vera e propria carta per la distruzione dei servizi sanitari pubblici degli Stati membri.

La Commissione europea dovrebbe abbassare il capo per la vergogna e ritirare questa proposta immediatamente.

 
  
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  Nicolae Vlad Popa (PPE-DE), per iscritto.(RO) La proposta di direttiva concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera mira a creare un contesto comunitario uniforme per offrire certezze ai pazienti in questo settore dove, ad oggi, gli orientamenti erano stati definiti dalla Corte di giustizia europea. Sebbene i principi della Corte siano pienamente applicabili, la relazione fa luce su alcuni punti che erano ancora poco chiari.

Durante il processo di recepimento nella legislazione comunitaria delle decisioni emesse dalla Corte di giustizia europea circa il diritto dei pazienti di ricevere assistenza sanitaria in un altro Stato membro, la proposta di direttiva mantiene il necessario equilibrio riguardo alle responsabilità degli Stati membri in questo ambito.

Le disposizioni della direttiva mirano altresì ad agevolare l’accesso ai servizi di assistenza sanitaria lanciando un appello circa la necessità di creare un sistema di rimborsi diretti tra l’organismo di finanziamento del paese d’origine e l’ospedale nello Stato ospite.

Un ulteriore punto interessante della relazione riguarda al reciproco riconoscimento delle prescrizioni mediche. Il testo offre soltanto raccomandazioni sulla possibilità che una farmacia del paese di origine accetti una prescrizione medica rilasciata da un medico di un altro paese, lasciando agli Stati membri la libertà di decidere quali farmaci necessiteranno di prescrizione medica.

 
  
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  Richard Seeber (PPE-DE), per iscritto. – (DE) L’accordo raggiunto per migliorare la mobilità dei pazienti è positivo, nel suo complesso. La semplificazione dell’erogazione di servizi di assistenza sanitaria transfrontaliera rappresenta un passo importante verso una circolazione di persone realmente libera. Anche dal punto di vista economico, un migliore uso della capacità delle cliniche specialistiche comporterà vantaggi. Lasciando da un lato i fattori positivi, tuttavia, non bisogna scordare le sfide immense che nasceranno in seguito a un migliore collegamento dei sistemi nazionali. Innanzi tutto, vi deve essere maggiore certezza in termini di pagamento delle spese. Lo Stato membro che eroga le cure mediche non deve trovarsi svantaggiato a causa della poca chiarezza in merito a chi deve farsi carico delle spese, se il paziente o il suo paese d’origine.

Il sistema delle condizioni di pagamento deve essere stabilito con precisione, tenendo conto delle diverse situazioni nazionali.

Va inoltre salvaguardata l’erogazione dell’assistenza sanitaria nazionale per evitare che i servizi sanitari nazionali soffrano a causa della maggiore mobilità dei pazienti. Sono lieto di vedere che questa mia preoccupazione trova conferma nel testo. Per il futuro, la fornitura di servizi di assistenza sanitaria transfrontaliera costituisce una pietra miliare sulla strada verso l’integrazione europea. Quando si tratta di applicazione, tuttavia, occorre prestare la massima attenzione per far sì che la migliore mobilità dei pazienti non abbia come conseguenza un turismo sanitario.

 
  
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  Esko Seppänen (GUE/NGL), per iscritto. (FI) In uno Stato membro come la Finlandia, dove, per i poveri, la geografia e la lingua sono delle vere e proprie barriere per la ricerca di servizi sanitari oltre confine, una direttiva come questa potrebbe aumentare le disuguaglianze nell’accesso ai servizi. Soltanto i ricchi possono scegliere servizi alternativi in altri paesi, mettendo in questo modo in grave pericolo il sistema sanitario pubblico che rappresenta la rete di sicurezza dei cittadini meno abbienti. Il denaro pubblico sta lentamente gocciolando nei servizi sanitari all’estero accessibili soli ai ricchi. Per questo motivo non posso sostenere l’adozione di questa direttiva. Ritengo insensato che la base legale della direttiva debba essere l’efficienza economica del mercato interno e non i diritti dei pazienti.

 
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