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Procedura : 2010/2202(INI)
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A7-0339/2010

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Giovedì 16 dicembre 2010 - Strasburgo
Diritti umani nel mondo nel 2009 e politica dell'Unione europea in materia
P7_TA(2010)0489A7-0339/2010

Risoluzione del Parlamento europeo del 16 dicembre 2010 sulla relazione annuale sui diritti umani nel mondo e sulla politica dell'Unione europea in materia (2010/2202(INI))

Il Parlamento europeo,

–  vista l'undicesima relazione dell'Unione europea sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel periodo compreso tra luglio 2008 e dicembre 2009,

–  visti gli articoli 6 e 21 del trattato di Lisbona,

–  visti la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e tutti gli strumenti internazionali pertinenti in materia di diritti umani,

–  vista la Carta delle Nazioni Unite,

–  viste tutte le convenzioni delle Nazioni Unite sui diritti umani e i relativi protocolli opzionali(1),

–  visti gli strumenti regionali in materia di diritti umani, compresi, in particolare, la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli, il protocollo opzionale sui diritti delle donne in Africa, la convenzione americana sui diritti dell'uomo, la Carta araba dei diritti dell'uomo e la commissione intergovernativa dell'ASEAN per i diritti dell'uomo,

–  viste l'entrata in vigore, in data 1° luglio 2002, dello statuto di Roma della Corte penale internazionale (ICC) e le risoluzioni del Parlamento relative all'ICC(2),

–  visti la posizione comune 2003/444/PESC del Consiglio, del 16 giugno 2003, sulla Corte penale internazionale e il piano d'azione del Consiglio per dare seguito a tale posizione comune; rammentando il ruolo essenziale della Corte penale internazionale nella prevenzione dei crimini gravi che rientrano nella sua giurisdizione,

–  visto l'impegno dell'Unione europea a sostenere il funzionamento efficace della Corte penale internazionale,

–  visto che è dovere di ciascuno Stato esercitare la propria giurisdizione penale nei confronti dei responsabili di crimini internazionali,

–  vista la Convenzione europea dei diritti dell'uomo e i negoziati in corso per l'adesione dell'Unione europea alla Convenzione,

–  vista la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,

–  visto l'accordo di partenariato ACP-UE e la sua revisione(3),

–  visto il regolamento (CE) n. 1889/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, che istituisce uno strumento finanziario per la promozione della democrazia e dei diritti umani nel mondo(4) (strumento europeo per la democrazia e i diritti umani o EIDHR),

–  viste le sue precedenti risoluzioni sui diritti umani nel mondo,

–  viste le sue risoluzioni del 14 gennaio 2009(5) sullo sviluppo del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, incluso il ruolo dell'Unione europea, e del 25 febbraio 2010(6) sulla tredicesima sessione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite,

–  viste le sue risoluzioni del 1° febbraio 2007(7) e del 26 aprile 2007(8) sull'iniziativa a favore della moratoria universale in materia di pena di morte, e la risoluzione 62/149 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, del 18 dicembre 2007, su una moratoria sull'uso della pena di morte, nonché la sua risoluzione del 7 ottobre 2010 sulla Giornata mondiale contro la pena di morte,

–  visto il protocollo n. 13 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali (CEDU), relativo all'abolizione della pena di morte in ogni circostanza,

–  visti la dichiarazione delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani, le attività dei rappresentanti speciali del Segretario generale dell'ONU sulla situazione dei difensori dei diritti umani, gli orientamenti dell'UE sui difensori dei diritti umani e la risoluzione del Parlamento del 17 giugno 2010 sui difensori dei diritti umani(9),

–  vista la dichiarazione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme d'intolleranza e di discriminazione fondate sulla religione o il credo,

–  visti gli orientamenti dell'Unione europea per favorire l'osservanza del diritto internazionale umanitario (IHL)(10), gli orientamenti in materia di pena di morte, tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, nonché in materia di difensori dei diritti umani, dialoghi sui diritti umani con i paesi terzi, promozione e tutela dei diritti del minore, violenze contro le donne e le ragazze e lotta contro ogni forma di discriminazione nei loro confronti,

–  visto lo strumentario per la promozione e la tutela dell'esercizio di tutti i diritti umani da parte di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali (LGBT) adottato dal Consiglio(11),

–  vista la sua risoluzione del 22 ottobre 2009 sulla costruzione della democrazia nelle relazioni esterne dell'UE(12),

–  viste tutte le risoluzioni che ha adottato su casi urgenti di violazioni dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto,

–  vista la sua risoluzione del 21 gennaio 2010 sulle violazioni dei diritti umani in Cina, e in particolare sul caso di Liu Xiaobo(13),

–  visti l'articolo 48 e l'articolo 119, paragrafo 2, del suo regolamento,

–  vista la relazione della commissione per gli affari esteri (A7-0339/2010),

A.  considerando che la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo rimane il documento di riferimento a livello mondiale e che pone ogni essere umano al centro dell'azione,

B.  considerando che l'undicesima relazione annuale dell'Unione europea sui diritti umani (2008/2009) presenta il quadro generale dell'azione dell'Unione in materia di diritti umani e democrazia nel mondo,

C.  considerando che la presente risoluzione si propone di esaminare, valutare e, in casi specifici, formulare critiche costruttive sulle attività dell'Unione europea in materia di diritti umani e democrazia,

D.  considerando che i risultati interni dell'Unione europea in materia di diritti umani hanno un impatto diretto sulla sua credibilità e sulla sua capacità di attuare una politica esterna efficace a tale riguardo,

E.  considerando che l'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi la libertà di religione o di credo e i diritti delle persone appartenenti a minoranze,

F.  considerando che la giustizia, la democrazia e lo Stato di diritto, dal momento che garantiscono le libertà fondamentali e i diritti umani, sono i pilastri di una pace durevole e che quest'ultima non può essere conseguita proteggendo i responsabili di abusi sistematici dei diritti umani o di violazioni del diritto penale internazionale,

G.  considerando che il trattato di Lisbona ha accresciuto le competenze dell'Unione europea in materia di politica estera in modo da rafforzare i suoi valori e obiettivi; che le principali innovazioni relative all'azione esterna dell'Unione europea, quali l'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza/Vicepresidente della Commissione e il Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE), dovrebbero consolidare ulteriormente l'azione esterna dell'Unione europea nel campo dei diritti umani e offrire migliori opportunità in termini di integrazione di tali diritti in tutti i settori politici pertinenti,

H.  considerando che il trattato conferisce all'Unione europea una personalità giuridica unica, che le consentirà di aderire alla convenzione europea dei diritti dell'uomo e permetterà alla Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) di Strasburgo di verificare che gli atti dell'Unione rispettino la Convenzione,

I.  considerando che con l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea è diventata giuridicamente vincolante, rafforzando così la protezione dei diritti umani in Europa,

J.  considerando che l'UE, forte sostenitrice della Corte penale internazionale, promuove l'universalità e difende l'integrità dello statuto di Roma, allo scopo di tutelare e rafforzare l'indipendenza della Corte,

K.  considerando che la posizione comune del Consiglio del 16 giugno 2003 e il piano d'azione del 2004 vanno aggiornati alla luce degli sviluppi intervenuti nel diritto penale internazionale dopo il 2004; che l'effettiva opera di assistenza e cooperazione dell'UE deve essere intensificata e migliorata, dato che il numero dei mandati d'arresto e dei processi dinanzi alla Corte penale internazionale è in aumento,

L.  considerando che gli sforzi messi in atto per combattere il terrorismo nel mondo hanno fatto emergere la necessità di conciliare la sicurezza e il rispetto dei diritti umani,

M.  considerando che la crisi economica e finanziaria globale ha avuto un impatto negativo sui diritti economici, sociali e culturali; che sono stati i diritti dei più poveri a essere maggiormente colpiti; che, a causa dell'aumento e della volatilità dei prezzi nonché delle speculazioni sui prodotti di base, milioni di persone hanno difficoltà a soddisfare i loro bisogni essenziali in numerosi paesi in Africa, Asia e America Latina; che milioni di persone hanno dovuto far fronte all'insicurezza e a oltraggi, e che in alcuni paesi le proteste hanno dato luogo a una reazione repressiva e violenta,

N.  considerando che i diritti economici, sociali e culturali devono ricevere la stessa attenzione ed essere considerati altrettanto importanti dei diritti civili e politici; che le clausole sui diritti umani contenute negli accordi sottoscritti fra UE e paesi terzi devono essere rispettate e rese operanti,

O.  considerando che il cambiamento climatico ha un impatto durevole e a lungo termine sui diritti umani; che le conseguenze negative sono particolarmente probabili per i gruppi vulnerabili, quali i popoli indigeni, sia nei paesi in via di sviluppo sia nella regione artica, ma che potrebbero anche avere ripercussioni molto più estese,

P.  considerando che la lotta contro l'impunità ha un'importanza cruciale in quanto tesa a prevenire e punire i reati più gravi e chi li perpetra; che l'impunità è un problema trasversale che riguarda tutta una serie di questioni attinenti ai diritti umani come la tortura, la pena capitale, la violenza contro le donne, la persecuzione ai danni dei difensori dei diritti umani e la lotta contro il terrorismo,

Q.  considerando che, secondo l'ONU, la vecchia questione della decolonizzazione in quanto problema di diritti umani non è completamente risolta, come avviene, nelle immediate vicinanze dell'UE, precisamente nel Sahara occidentale,

R.  vista la sua risoluzione del 25 novembre 2010 sulla situazione nel Sahara occidentale(14)

S.  considerando l'enorme importanza per la vita delle istituzioni europee dell'attuazione e del rispetto effettivi dei principi fondanti codificati nella convenzione europea dei diritti dell'uomo,

T.  considerando che nel mondo si stanno manifestando nuove forme di abusi dei diritti umani, in particolare nell'ambito delle nuove tecnologie dell'informazione, tra cui l'uso deviato della rete e la censura su Internet e la violazione del diritto alla vita privata attraverso lo sfruttamento dei dati personali,

U.  considerando che sulla libertà di religione o di credo pesano crescenti minacce, ad opera soprattutto di governi autoritari che prendono di mira le minoranze religiose o di governi che non impediscono aggressioni, vessazioni o altri atti lesivi nei confronti di determinate persone o comunità religiose,

V.  considerando che si registrano violazioni dei diritti umani in paesi che hanno riconosciuto le giurisdizioni discendenti dagli strumenti internazionali in materia di diritti umani e in paesi che ignorano diritti storicamente acquisiti,

1.  ribadisce la forte determinazione del Parlamento europeo e ricorda i suoi sforzi a lungo termine volti a difendere i diritti umani e la democrazia nel mondo attraverso lo sviluppo di una politica UE in materia di diritti umani forte ed efficace, che garantisca maggiore coerenza ed uniformità in tutte le aree di intervento, e attraverso le relazioni bilaterali con i paesi terzi e una partecipazione attiva nelle sedi internazionali, come pure attraverso il sostegno delle organizzazioni della società civile internazionali e locali;

2.  è del parere che l'entrata in vigore del trattato di Lisbona rappresenti un'opportunità storica per affrontare le rimanenti carenze della politica dell'UE in fatto di diritti umani e democrazia; chiede a tale riguardo la piena osservanza da parte del SEAE delle finalità e dello spirito del trattato di Lisbona, il quale dispone che il rispetto e la promozione dei diritti umani siano al centro dei vari settori della politica esterna dell'Unione, come previsto anche dagli articoli 2, 3 e 21 TUE;

3.  ricorda che, conformemente al titolo V, capo 1, del trattato UE, l'azione dell'Unione sulla scena internazionale si fonda sui principi della democrazia, dello Stato di diritto, dell'universalità, dell'inalienabilità e dell'indivisibilità dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali; sottolinea che tali principi costituiscono una base comune fondamentale per le relazioni dell'UE con i paesi terzi;

4.  ritiene pertanto che la decisione su dove situare i diritti umani nella struttura del SEAE sia di grande importanza; chiede pertanto l'istituzione di una Direzione per i diritti umani e la democrazia avente il compito di sviluppare una solida strategia UE in materia di diritti umani e democrazia e di curare il coordinamento generale con tutte le sedi multilaterali; è fermamente persuaso, pur sottolineando la necessità di considerare che le competenze in materia di diritti umani e democrazia debbano essere fissate come principale missione dei responsabili di settore geografico o politico del SEAE, che tale approccio evita di isolare i diritti umani ed è il solo modo per garantire il pieno rispetto delle disposizioni del trattato di Lisbona;

5.  riconosce l'impegno dell'Alto rappresentante/Vicepresidente di consolidare il ruolo attivo dell'Unione europea nel mondo, allo scopo di migliorare la situazione dei diritti umani e della democrazia a livello globale; sollecita a tale riguardo l'Alto rappresentante/Vicepresidente ad adoperarsi per la costituzione di un gruppo di lavoro del Consiglio sui diritti umani (COHOM) con sede a Bruxelles, che garantisca e integri un tempestivo contributo in altri settori di azione delle istituzioni e delle politiche UE; invita, nello stesso spirito, l'Alto rappresentante/Vicepresidente a considerare l'importanza di una formazione obbligatoria in materia di diritti umani per il personale dell'UE, fra cui i capi delegazione e i direttori del SEAE;

6.  chiede la nomina di un rappresentante speciale per i diritti umani; sottolinea che la nomina di rappresentanti speciali dell'UE per i diritti umani, in particolare per i difensori di tali diritti, per il diritto umanitario internazionale e per la giustizia internazionale nonché per i diritti delle donne e i diritti dei bambini, potrebbe conferire una maggiore coerenza e visibilità all'azione esterna dell'UE in tale settore; sottolinea l'opportunità che questi rappresentanti speciali siano designati per l'elevato e comprovato livello delle loro competenze in materia di diritti umani;

7.  ritiene che suscita un'impellente necessità di un quadro più coerente per rendere più efficace il sostegno dell'Unione europea alla costruzione della democrazia in tutto il mondo; ritiene che una politica estera coerente dell'Unione europea debba dare la priorità assoluta alla promozione della democrazia e dei diritti umani, dal momento che una società democratica, lo Stato di diritto e la garanzia delle libertà fondamentali costituiscono la base per il rispetto dei diritti umani, che vanno inseriti in tutti gli accordi di cooperazione e di partenariato strategico fra l'UE e i paesi non UE; è del parere che la nuova struttura istituzionale dell'Unione europea, e in particolare il SEAE, offra l'opportunità di rafforzare la coerenza e l'efficacia dell'Unione in questo ambito;

8.  invita l'Alto rappresentante/Vicepresidente a tenere fede agli impegni che riguardano l'integrazione dei diritti umani in tutte le azioni esterne dell'Unione europea, in modo che si riflettano nella struttura del SEAE e nelle risorse messe a sua disposizione e che il nuovo Servizio possa assicurare che le questioni in materia di diritti umani siano recepite in tutti i settori dell'azione esterna, inclusi PSDC, sviluppo e commercio;

9.  è del parere che i rappresentanti speciali dell'UE debbano aumentare e non diminuire progressivamente di numero, specie per coprire paesi e regioni in cui l'UE non dispone di una missione diplomatica; giudica indispensabile che, data l'importanza delle questioni relative ai diritti umani in situazioni belliche e postbelliche, il mandato di tutti i rappresentanti speciali dell'Unione europea comprenda i diritti civili e politici, i diritti economici, sociali e culturali, i diritti delle donne e dei bambini come pure il diritto umanitario internazionale e la giustizia internazionale, e che menzioni specificamente la promozione e la garanzia del rispetto dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto; sottolinea che i rappresentanti speciali dell'UE rappresentano i punti di riferimento in fatto di orientamenti interni, competenza e propugnazione nonché i naturali interlocutori dei paesi terzi e di altri attori non UE; accoglie con favore la designazione, in ciascuna delegazione UE, di almeno un funzionario che funga da primo referente per il coordinamento, l'integrazione e il monitoraggio della politica in materia di diritti umani;

10.  si compiace della volontà dell'Alto rappresentante/Vicepresidente di intraprendere una revisione fondamentale dell'efficacia di tutti gli strumenti dell'Unione europea in questo ambito, dai dialoghi sui diritti umani agli orientamenti dell'UE, dallo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (EIDHR) all'assistenza bilaterale dell'Unione e alle azioni nei forum multilaterali, e di avviare un processo di consultazione sullo sviluppo di una strategia per paese in materia di diritti umani che includa tutti i diritti umani codificati dalle convenzioni internazionali e dalle convenzioni delle Nazioni Unite, compresi anche i diritti economici, sociali e culturali; sottolinea la determinazione del Parlamento europeo a partecipare pienamente a tale consultazione e l'importanza di tale partecipazione; sottolinea la necessità che le organizzazioni della società civile siano coinvolte nella consultazione;

11.  condivide la posizione secondo cui tale strategia per paese sui diritti umani, ripetutamente richiesta dal Parlamento, potrà rafforzare notevolmente la coerenza e l'efficacia dell'azione esterna dell'UE quando diventerà un documento di riferimento che stabilisca per il paese in questione le priorità e gli obiettivi specifici da integrare in ogni pertinente politica e strumento esterno dell'UE;

12.  insiste in particolare, nel contesto della revisione, sull'importanza di condurre una valutazione completa degli aspetti della politica europea di vicinato (PEV) riguardanti i diritti umani, che esamini soprattutto la coerenza e l'efficienza dei meccanismi esistenti, come i piani d'azione, le relazioni sullo stato di avanzamento, i dialoghi sui diritti umani e il processo decisionale per l'intensificazione delle relazioni con i paesi non UE;

13.  considera l'accordo quadro riveduto sulle relazioni tra il Parlamento europeo e la Commissione un esito positivo per il Parlamento nella sua cooperazione con la Commissione, ma deplora che il Consiglio non faccia parte dell'accordo; ribadisce la necessità di aumentare la trasparenza e l'accesso incondizionato ai documenti tra tutte le istituzioni dell'Unione europea, al fine di sviluppare una cooperazione interistituzionale più efficace e una maggiore coerenza;

14.  rammenta che lo sviluppo di una politica estera coerente dell'UE è essenziale se si vuole che l'Unione svolga un ruolo rilevante e costruttivo nella promozione dei diritti umani nel mondo; invita gli Stati membri a mostrare impegno incondizionato e volontà politica nel perseguimento di questo obiettivo;

15.  sottolinea che occorre attribuire maggiore importanza al miglioramento della capacità dell'Unione europea di reagire rapidamente alle violazioni dei diritti umani da parte di paesi non UE, specie quando si tratta di dare sostegno ai difensori dei diritti umani in situazione di pericolo, nonché alle violazioni dei diritti umani compiute nei paesi non UE da società con sede nell'UE, elaborando piani strategici d'azione;

16.  riconosce che le organizzazioni non governative sono indispensabili per lo sviluppo e il successo delle società democratiche, per la promozione della reciproca comprensione e tolleranza nonché per la definizione e il sostegno di priorità programmatiche praticabili e di soluzioni condivise per le sfide che si palesano per lo sviluppo democratico;

Relazione annuale dell'Unione europea sui diritti umani nel mondo

17.  sottolinea l'importanza della relazione annuale dell'Unione europea sui diritti dell'uomo per quanto riguarda l'analisi e la valutazione della politica dell'UE in materia di diritti umani, soprattutto al fine di dare maggiore visibilità alle questioni relative ai diritti umani in generale; sottolinea il diritto del Parlamento europeo di vagliare l'azione condotta nel campo dei diritti umani dalla Commissione e dal Consiglio; chiede la piena partecipazione del Parlamento europeo nella redazione di alcune sezioni delle future relazioni annuali per le attività condotte dallo stesso Parlamento nel campo dei diritti umani, secondo la prassi seguita da alcune delle passate presidenze;

18.  si compiace della presentazione della relazione annuale dell'Unione europea effettuata dall'Alto rappresentante/Vicepresidente al Parlamento e del nuovo periodo di riferimento, basato su un anno civile, che offre al Parlamento l'opportunità di dedicare la plenaria di dicembre ai diritti umani, con l'attribuzione del premio Sacharov annuale per la libertà di pensiero e la discussione della relazione annuale del Parlamento europeo sui diritti umani nel mondo e sulla politica dell'Unione in materia;

19.  invita questo Parlamento, il Consiglio e la Commissione a intensificare gli sforzi intesi a diffondere la relazione annuale dell'Unione europea sui diritti umani e sulla democrazia e a garantire che raggiunga il più ampio numero di destinatari possibile, in particolare quanti sono coinvolti nella promozione dei diritti umani e della democrazia in tutto il mondo; chiede inoltre la realizzazione di campagne d'informazione pubblica che conferiscano maggiore visibilità al ruolo dell'Unione europea in quest'ambito; riconosce che l'edizione attuale è migliorata in termini di chiarezza della presentazione;

20.  ribadisce che il Consiglio, la Commissione, le delegazioni dell'UE e le ambasciate locali devono fornire maggiori e migliori informazioni per la valutazione delle politiche e che è necessario definire e proporre orientamenti specifici per migliorare l'approccio generale, ridurre al minimo le eventuali contraddizioni e adattare le priorità politiche al contesto di ciascun paese, allo scopo di adottare una strategia per paese in materia di diritti umani, come prevede il programma del SEAE; ritiene che la questione della trasparenza debba posta essere al centro dell'azione dell'UE e che dovrà riflettersi maggiormente nelle agende e nei documenti in cui i diritti umani siano oggetto di specifici colloqui con i paesi terzi;

21.  ribadisce la richiesta di introdurre una valutazione regolare dell'uso e dei risultati delle politiche, degli strumenti e delle iniziative e dei dialoghi dell'Unione europea in materia di diritti umani nei paesi terzi e di comunicarne i risultati al Parlamento in modo completo; invita il Consiglio e la Commissione a elaborare indici e parametri di riferimento specifici e quantificabili per misurare l'efficacia di dette politiche;

Attività dell'Unione europea nell'ambito dei diritti umani nelle sedi internazionali

22.  sottolinea che la futura adesione dell'Unione europea alla convenzione europea dei diritti dell'uomo costituisce un'opportunità per dimostrare il suo impegno a favore della difesa dei diritti umani all'interno e all'esterno delle sue frontiere; invita gli Stati membri dell'Unione a offrire il loro sostegno e a fare in modo che i cittadini si impegnino a tale riguardo;

23.  sollecita la Commissione e il Consiglio a svolgere una vasta opera di promozione della convenzione europea dei diritti dell'uomo all'interno e all'esterno dell'Unione al fine, tra l'altro, di informare il pubblico sulla realtà giurisdizionale della Corte europea dei diritti dell'uomo, che può essere adita per ottenere giustizia contro le violazioni patite da uno Stato membro del Consiglio d'Europa o dai suoi cittadini;

24.  sollecita l'Alto rappresentante a garantire che il SEAE sia ben integrato e coordinato con gli altri organismi internazionali, con le organizzazioni regionali e con la loro attività a sostegno dei diritti umani; invita l'Alto rappresentante a far sì che le raccomandazioni, le preoccupazioni e le priorità espresse dal sistema ONU, dal Consiglio d'Europa, dall'OSCE e da altre istituzioni internazionali e in seno a tali organismi siano pienamente e sistematicamente integrate in tutti i settori di intervento dell'Unione europea, specie in quello relativo ai diritti umani;

25.  rileva con rammarico la lentezza del processo di esame dei casi portati dinanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo, la cui durata ha raggiunto anche i sette anni; nota che i casi pendenti dinanzi alla Corte sono circa 100 000; sottolinea che la Corte deve porsi come istituzione esemplare per la tutela del diritto alla giustizia e a un giusto processo; insiste affinché le istituzioni e gli Stati membri dell'UE compiano ogni sforzo per dare assistenza alla Corte; dà atto alla Russia, ultimo dei 47 Stati membri del Consiglio d'Europa a dover ratificare il protocollo 14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, per aver provveduto a tale ratifica; rammenta che il protocollo, che tratta dell'efficienza della Corte, prevede la semplificazione delle sue procedure e mira a contribuire a recuperare l'arretrato di cause, può entrare in vigore solo dopo essere stato ratificato da tutti i membri del Consiglio d'Europa;

26.  chiede una maggiore cooperazione tra il Consiglio d'Europa e l'Unione europea nel promuovere e garantire il rispetto dei diritti umani, compresi i diritti economici e sociali e i diritti delle persone appartenenti a minoranze, nel promuovere i diritti delle persone LGBT e dei loro difensori e nell'assicurare che le vittime di discriminazioni siano consapevoli dell'esistenza di efficaci rimedi giuridici contro la discriminazione dinanzi alle autorità nazionali e che vi abbiano accesso, utilizzando gli strumenti giuridici della non discriminazione e gli organi che operano nel campo dei diritti sociali per sostenere la diversità e la tolleranza;

27.  invita gli Stati membri dell'Unione europea a firmare e ratificare tutte le convenzioni principali in materia di diritti umani delle Nazioni Unite e del Consiglio d'Europa e i relativi protocolli opzionali, in particolare a ratificare la convenzione internazionale del 1990 sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, la convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate, la dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni del 13 settembre 2007, la dichiarazione dell'Organizzazione internazionale del lavoro del 1998 sui principi e i diritti fondamentali sul lavoro, la convenzione quadro del Consiglio d'Europa per la protezione delle minoranze nazionali, la Carta europea delle lingue regionali e minoritarie, il protocollo opzionale del patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, i protocolli opzionali della convenzione sui diritti del fanciullo e la convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità; ribadisce che il protocollo opzionale dovrebbe essere ritenuto parte integrante della convenzione e chiede l'adesione simultanea a quest'ultima (convenzione e protocollo)(15);

28.  sottolinea che le definizioni di diritti umani adottate dalla comunità internazionale dalla fine della seconda guerra mondiale si sono dimostrate sufficientemente flessibili da includere nuovi aspetti legati all'evoluzione della società umana, ma rimarca la necessità di codificare nuovi diritti capaci di rispondere alle nuove minacce portate alla libertà, come quelli relativi alla libertà scientifica, di coscienza e conoscenza, di identità di genere o di orientamento sessuale, unitamente a tutti i diritti attinenti al settore digitale, in primo luogo l'accesso universale a Internet;

29.  sottolinea l'importanza di rafforzare la razionalizzazione e se possibile coordinare maggiormente gli organismi internazionali competenti per i diritti umani e le loro procedure, al fine di garantire una più efficace promozione e difesa dei diritti fondamentali sanciti nei pertinenti strumenti internazionali;

30.  sottolinea la necessità di dare più seria attenzione ai vari meccanismi di monitoraggio del Consiglio d'Europa e dell'ONU e di intensificare la cooperazione con i loro vari organi istituzionali, al fine di garantire un migliore esito ai risultati da essi acquisiti e di utilizzarne le competenze nel settore;

31.  accoglie con soddisfazione gli sforzi profusi dall'Unione europea in seno alla terza commissione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite (per gli affari sociali, umanitari e culturali) su un gran numero di risoluzioni, in particolare sull'appello a favore di una moratoria sul ricorso alla pena di morte, sostenuta da un maggior numero di paesi, sui diritti del minore, sull'intolleranza religiosa e sulla situazione dei diritti umani in Birmania/Myanmar e nella Repubblica democratica popolare di Corea (RDPC);

32.  accoglie con favore l'apertura, nell'ottobre 2009 a Bruxelles, del primo Ufficio regionale europeo dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani; propone di istituire un'efficace cooperazione con l'Alto Commissario per meglio promuovere e dar seguito in Europa alla definizione e attuazione degli standard e delle politiche in materia di diritti umani all'interno dell'Unione europea e nel resto dell'Europa;

33.  invita il Consiglio e la Commissione a definire una strategia nei confronti dei paesi che rifiutano di cooperare pienamente con i meccanismi delle Nazioni Unite affinché consentano l'accesso agli esperti indipendenti e ai relatori speciali delle Nazioni Unite, concedendo loro pieno accesso ai loro territori ed evitando di ostacolare il loro lavoro;

34.  si rammarica dell'indebolimento della politica e della condotta dell'UE nei confronti della giunta birmana e sottolinea che l'atteggiamento attuale non aiuta a combattere la tragica situazione politica, sociale e umanitaria che il popolo birmano è costretto a vivere dall'instaurazione del regime militare, e che tale atteggiamento rischia di apparire una sorta di acquiescenza verso la dittatura;

35.  si felicita del sostegno dell'Unione europea alle iniziative per la decriminalizzazione dell'omosessualità portate avanti in seno alle Nazioni Unite e in altre sedi internazionali; chiede un costante sostegno dell'Unione europea a favore delle iniziative che condannano le violazioni dei diritti umani in tema di orientamento sessuale e di identità di genere in tutte le sedi internazionali, in coordinamento con gli Stati schierati su analoghe posizioni; sottolinea che la politica della maggior parte dei paesi del mondo, compresi quelli dell'Unione, nei confronti delle lesbiche, degli omosessuali, dei bisessuali e dei transessuali e transgenere è discriminatoria e viola i diritti umani; chiede pertanto agli Stati membri e all'Unione di rimediare a questa situazione e di garantire un accesso paritario alla sanità e alle cure sanitarie, comprese quelle operatorie, per queste persone; chiede all'Unione e agli Stati membri di prestare una particolare attenzione, in particolare mediante una politica di accoglienza, ai cittadini dei paesi terzi vittime di discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e il sesso;

36.  invita la Commissione e il Consiglio a promuovere la legittimazione ufficiale e giuridica della nozione di «rifugiati climatici» (ossia coloro che sono costretti a lasciare le proprie case e a rifugiarsi all'estero per effetto dei mutamenti climatici), ancora non riconosciuta dal diritto internazionale o da accordi internazionali legalmente vincolanti;

37.  chiede una cooperazione rafforzata fra le Nazioni Unite, il suo Forum permanente sui popoli indigeni e l'Unione europea nel campo della tutela dei diritti delle popolazioni indigene, che sono fra i gruppi più vulnerabili del pianeta;

Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (UNHRC)

38.  sottolinea il ruolo dell'UNHRC in seno alla struttura generale delle Nazioni Unite e il suo potenziale per quanto concerne lo sviluppo di un quadro prezioso per le iniziative multilaterali dell'Unione europea in materia di diritti umani; ritiene che tale nuovo organismo debba proseguire nei suoi sforzi per operare secondo gli standard più elevati e nel modo più efficiente possibile al fine di acquisire maggiore credibilità;

39.  sottolinea che la partecipazione attiva delle organizzazioni della società civile è essenziale per l'efficacia dell'UNHRC;

40.  valuta molto positivamente il fatto che l'attuale governo statunitense miri a un maggiore coinvolgimento con le Nazioni Unite e che abbia assunto un seggio in seno all'UNHRC per il periodo 2009-2012; riconosce che la partecipazione degli Stati Uniti accresce la credibilità e la capacità dell'UNHRC; chiede all'Unione europea di rafforzare la cooperazione con gli Stati Uniti, in particolare in termini di scambio di esperienze nei dialoghi sui diritti umani;

41.  ricorda che nel 2011 l'UNHRC sarà sottoposto a un'importante revisione delle sue procedure e chiede pertanto all'Unione europea di prepararsi e di partecipare attivamente a tale revisione;

42.  sottolinea il ruolo importante delle revisioni periodiche universali e invita il Consiglio, la Commissione e, in particolare, il nuovo Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) a seguire e a monitorare attentamente le iniziative legate alla revisione periodica universale e, nel quadro della revisione dell'UNHRC, a rendere più efficaci le revisioni periodiche universali e a rafforzare le consulenze indipendenti;

43.  sostiene vivamente gli sforzi dell'Unione europea intesi a evitare qualunque parzialità e manipolazione delle revisioni periodiche universali; deplora fermamente, a tale riguardo, il risultato della sessione di febbraio 2009, che ha pesantemente sofferto di impedimenti procedurali e tentativi di manipolazione durante il processo di revisione;

44.  invita l'Alto rappresentante/Vicepresidente a visitare regolarmente l'UNHRC e ad assicurarsi personalmente che tra l'UNHRC e il SEAE vi siano collegamenti quanto più stretti possibili a tutti i livelli; incoraggia il futuro settore dei diritti umani del SEAE a stabilire stretti contatti lavorativi con l'UNHRC; chiede un dialogo coordinato con i paesi terzi sulle posizioni assunte in seno al Consiglio per i diritti umani dell'ONU, non solo a Ginevra e nel quadro dei dialoghi specifici sui diritti umani, ma anche come parte integrante di tutti i colloqui bilaterali, politici, commerciali e di sviluppo con questi paesi;

45.  osserva che gli Stati membri dell'Unione europea sono una minoranza in seno all'UNHRC; chiede alle istituzioni dell'Unione e agli Stati membri di mettere a punto un'azione concertata per sviluppare le opportune alleanze con i paesi e gli attori non statali che portano avanti la difesa della dimensione universale e indivisibile dei diritti umani;

46.  invita l'Alto rappresentante e i ministri degli esteri dell'UE ad approvare le conclusioni del Consiglio Affari esteri che definiscono le priorità e le strategie dell'UE, prima di ogni sessione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite e delle sessioni dell'Assemblea generale dell'ONU;

47.  invita il Consiglio, la Commissione e il SEAE a rafforzare il loro impegno con i governi democratici o in via di democratizzazione degli altri gruppi regionali in seno all'UNHRC, al fine di migliorare le probabilità di successo delle iniziative a favore del rispetto dei principi contenuti nella dichiarazione universale dei diritti dell'uomo; invita a tal fine la Commissione e gli Stati membri a coordinare meglio i rispettivi interventi e chiede alla Commissione di fornire una relazione annuale sulle tendenze di voto alle Nazioni Unite per le questioni riguardanti i diritti umani, che analizzi in che modo tali questioni sono state influenzate dalle politiche dell'UE e dei suoi Stati membri e da quelle di altri blocchi; ribadisce che la delegazione UE e gli Stati membri dell'UE a Ginevra devono privilegiare maggiormente la necessità di intervenire presso i paesi non UE in una fase anteriore ai colloqui, evitando di dare eccessiva importanza ai dibattiti interni finalizzati a ricercare l'unità dell'UE, con i quali si rischia un approccio del «minimo comune denominatore»;

48.  ribadisce l'importanza cruciale delle procedure speciali e dei mandati per paese nel contesto dell'UNHRC; valuta positivamente il mandato tematico di recente istituzione nell'ambito dei diritti culturali e si compiace della proroga dei mandati tematici relativi al diritto all'alimentazione, alla libertà di religione o di credo e agli sfollati interni; si compiace inoltre della proroga dei mandati per paese per Burundi, Haiti, Cambogia, Somalia, Repubblica democratica popolare di Corea (RDPC), Myanmar e Sudan; si rammarica che non siano stati prorogati i mandati per Liberia e Repubblica democratica del Congo (RDC);

49.  accoglie calorosamente la decisione dell'UNHRC del 2008 di prorogare il mandato del rappresentante speciale ONU del Segretario generale per le imprese e i diritti umani e le conclusioni del Consiglio adottate nel dicembre 2009 sotto la Presidenza svedese, che esprimono apprezzamento per il lavoro svolto dal rappresentante speciale; invita gli Stati membri dell'UE a proseguire l'opera di traduzione in termini operativi delle raccomandazioni finali del mandato e del quadro «Protect, Respect, Remedy» che sarà presentato all'UNHRC nel 2011;

50.  valuta positivamente le sessioni speciali del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nella regione orientale della RDC, sull'impatto delle crisi economica e finanziaria globali sulla realizzazione universale e sull'effettivo godimento dei diritti umani, sulla situazione dei diritti umani in Sri Lanka, nonché sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati e a Gerusalemme Est; deplora il fatto che nel corso della 12a sessione dell'UNHRC del 16 ottobre 2009 gli Stati membri dell'UE non abbiano raggiunto una posizione unica in occasione del voto sulla relazione Goldstone, che ha visto 4 Stati membri contrari, 2 astenuti e 2 assenti durante la votazione; invita gli Stati membri e tutte le istituzioni UE interessate a realizzare un più stretto coordinamento programmatico sia in seno all'HRC che in altri organismi ONU; sottolinea che il rispetto del diritto internazionale in materia di diritti umani e del diritto umanitario internazionale da parte di tutti i soggetti e in qualunque circostanza costituisce una precondizione essenziale per il conseguimento di una pace giusta e duratura nel Medio Oriente; sollecita pertanto entrambe le parti a condurre indagini che rispondano agli standard internazionali, in linea con le risoluzioni approvate dall'Assemblea generale dell'ONU il 5 novembre 2009 e il 26 febbraio 2010; invita l'Alto rappresentante/Vicepresidente ad assicurare che chi ha commesso violazioni del diritto internazionale sia tenuto a rispondere del proprio operato, conformemente agli obblighi derivanti all'UE dalla convenzione di Ginevra e alla priorità dell'Unione di combattere l'impunità;

51.  sostiene l'indipendenza dell'Ufficio dell'Alto Commissario per i diritti umani (OHCHR); si rammarica che, durante la decima sessione regolare di marzo 2009, nonostante l'opposizione dell'Unione europea, sia stata adottata una risoluzione intesa a limitare l'indipendenza dell'OHCHR; invita le istituzioni dell'UE a fornire ulteriore sostegno finanziario al sistema generale di procedure speciali dell'OHCHR, onde assicurare che tutti i detentori del mandato delle procedure speciali dispongano di risorse sufficienti per assolvere adeguatamente il proprio incarico;

Cooperazione dell'Unione europea con la Corte penale internazionale

52.  ribadisce il suo fermo sostegno alla Corte penale internazionale e alla sua finalità primaria di combattere l'impunità per genocidio, crimini di guerra e crimini contro l'umanità; si compiace che la ratifica dello statuto di Roma da parte del Bangladesh, delle Seychelles, di Santa Lucia e della Moldova nel marzo, nell'agosto e nell'ottobre 2010 abbia portato il numero degli Stati parte a 114; sottolinea che lo statuto di Roma della Corte penale internazionale è stato ratificato da tutti gli Stati membri dell'UE come parte integrante dei principi e dei valori democratici dell'Unione e chiede pertanto agli Stati membri di conformarsi pienamente allo statuto in quanto parte dell'acquis dell'UE; sottolinea l'importanza del principio di universalità e invita il SEAE, gli Stati membri dell'UE e la Commissione a proseguire nel loro fermo impegno di promuovere la ratifica universale dello statuto di Roma, dell'accordo sui privilegi e le immunità della Corte penale internazionale e della legislazione attuativa nazionale, nonché a rivedere la posizione comune 2003/444/PESC del Consiglio del 16 giugno 2003 sulla Corte penale internazionale e il piano d'azione del 2004 per dar seguito alla posizione comune; chiede che tale impegno sia esteso all'accordo sui privilegi e le immunità della Corte penale internazionale (APIC), che costituisce un importante strumento operativo per la Corte; invita inoltre gli Stati membri dell'UE a riesaminare e aggiornare la posizione comune e il piano d'azione relativo alla Corte penale internazionale al fine di rendere più efficace l'assistenza dell'UE alla Corte alla luce degli sviluppi, delle sfide e delle esigenze attuali di quest'ultima, visto che i mandati d'arresto e i processi dinanzi alla Corte non cessano di aumentare, e ad avviare colloqui per un'eventuale adozione di orientamenti dell'UE in materia di giustizia internazionale e Corte penale internazionale;

53.  incoraggia vivamente il SEAE, la Commissione e gli Stati membri dell'UE a sostenere l'applicazione delle decisioni della Corte penale internazionale nonché la cooperazione con la Corte durante i negoziati per l'allargamento e i processi di adesione come pure in tutti i vertici e i dialoghi dell'UE con i paesi non UE, compresi gli Stati Uniti, la Cina, la Russia, l'Unione africana e Israele; esorta in particolare il Consiglio e la Commissione ad assicurare che la giustizia divenga parte integrante di tutti i negoziati di pace; invita il SEAE a promuovere sistematicamente l'inclusione di una clausola relativa alla Corte penale internazionale nei pertinenti accordi con i paesi non UE; fa appello all'Alto rappresentante affinché assicuri che la Corte penale internazionale sia integrata in tutte le priorità di politica estera dell'UE, sia opportunamente incorporata nel mandato dei rappresentanti speciali e il personale del SEAE sia inoltre regolarmente formato su di essa, sia in sede che presso le delegazioni UE; invita l'Alto rappresentante a nominare un inviato speciale per la giustizia internazionale con l'incarico di promuovere, integrare e rappresentare l'impegno dell'UE nella lotta contro l'impunità e a favore della Corte penale internazionale in tutte le politiche esterne dell'Unione;

54.  saluta l'esecuzione da parte del Belgio del mandato d'arresto emesso dalla terza Camera preliminare della Corte penale internazionale il 3 luglio 2008 nei confronti di Jean Pierre Bemba; nota tuttavia con grave preoccupazione che gli otto mandati d'arresto emessi dalla Corte penale internazionale, fra cui quelli nei confronti di quattro importanti esponenti dell'Esercito di Resistenza del Signore (Lord's Resistance Army – LRA) in Uganda, di Bosco Ntaganda nella RDC, di Ahmad Harun, Ali Kushayb e del Presidente sudanese Omar Hassan Ahmad Al-Bashir in Sudan, non sono stati ancora eseguiti; deplora la persistente inadempienza e rifiuto del Sudan di arrestare e trasferire i sospetti alla Corte penale internazionale, in spregio agli obblighi che gli incombono in virtù della risoluzione del Consiglio di sicurezza 1593 dell'ONU (2005); nota che il 26 maggio 2010 la prima camera preliminare della Corte penale internazionale ha informato il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite della mancanza di cooperazione da parte della Repubblica del Sudan nel procedimento contro Harun e Kushayb; esprime grave preoccupazione per il fatto che due Stati parte della Corte penale internazionale, il Ciad e il Kenya, hanno recentemente invitato e accolto sul loro territorio il Presidente Omar al-Bashir, benché fossero tenuti a norma dello statuto di Roma ad arrestarlo, e hanno omesso di eseguire il mandato d'arresto nei loro confronti; chiede di continuare le ricerche di imputati di spicco ancora latitanti e sottolinea il ruolo che l'UE e la Corte penale internazionale potrebbero svolgere affinché si indaghi sugli eventuali crimini di guerra commessi nello Sri Lanka e nella Repubblica democratica del Congo;

55.  saluta l'impegno e il rinnovato interesse degli USA per la Corte penale internazionale manifestato in particolare con la sua partecipazione in veste di osservatore all'ottava sessione dell'Assemblea degli Stati parte (ASP) svoltasi all'Aia nel novembre 2009 e alla prima conferenza di revisione dello statuto di Roma del giugno 2010; rileva con soddisfazione che durante la conferenza di revisione l'amministrazione statunitense ha reso per la prima volta incoraggianti dichiarazioni sulla Corte penale internazionale e ha espresso il suo impegno a cooperare con essa; invita gli USA a ripristinare la propria firma e ad impegnarsi ulteriormente nei confronti della Corte penale internazionale, soprattutto cooperando pienamente in casi oggetto di inchiesta o di valutazione preliminare da parte della Corte e adottando una politica articolata e completa nei suoi confronti;

56.  esorta la prossima Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE a discutere la lotta contro l'impunità nell'ambito della cooperazione internazionale allo sviluppo e nelle opportune sedi di dialogo politico, come sostenuto in varie risoluzioni e all'articolo 11.6 dell'Accordo di Cotonou rivisto, al fine di integrare la lotta contro l'impunità e il rafforzamento dello Stato di diritto negli attuali programmi e nelle azioni di cooperazione allo sviluppo; invita l'UE e i suoi Stati membri a proseguire il dialogo con l'Unione africana su tali questioni e a incitare gli Stati parte dell'Africa a continuare ad ottemperare agli obblighi sanciti dallo statuto di Roma; esprime sostegno alla richiesta della Corte di aprire un ufficio di collegamento con l'Unione africana ad Addis Abeba;

57.  nota che la cooperazione fra gli Stati parte, gli Stati firmatari e la Corte prevista dall'articolo 86 dello statuto di Roma resta essenziale per l'efficacia e il successo del sistema di giustizia penale internazionale, specie in termini di capacità esecutoria e per l'efficacia e l'indipendenza dell'attività giudiziaria della Corte; prende inoltre atto dell'accordo in materia di cooperazione e assistenza tra l'Unione europea e la Corte penale internazionale e, alla luce di tale accordo, chiede all'Unione europea e ai suoi Stati membri di fornire alla Corte tutta l'assistenza necessaria, incluso il sostegno sul campo, per le cause in corso e soprattutto per l'esecuzione dei mandati d'arresto emessi; sollecita tutti gli Stati membri dell'UE che non vi abbiano ancora provveduto ad emanare disposizioni nazionali di legge in materia di cooperazione, come previsto dal capitolo IX dello statuto di Roma e a concludere con la Corte accordi ad hoc per l'esecuzione delle sue sentenze nonché per la protezione e il trasferimento delle vittime e dei testimoni; invita gli Stati membri dell'UE a inserire la cooperazione come punto permanente all'ordine del giorno dell'Assemblea degli Stati parte (ASP) della Corte penale internazionale, onde assicurare la condivisione delle migliori pratiche e fare in modo che l'ASP discuta casi di non cooperazione e prenda opportuni provvedimenti al riguardo;

58.  sottolinea la necessità di rafforzare il sistema di giustizia penale internazionale nel suo complesso e osserva al riguardo con preoccupazione che Ratko Mladić e Goran Hadžić, tuttora latitanti, non sono stati portati dinanzi all'ICTY; invita a tal riguardo le autorità serbe ad assicurare la piena cooperazione con l'ICTY, per portare all'arresto e al trasferimento di tutti i restanti imputati e aprire così la strada alla ratifica di un accordo di stabilizzazione e di associazione; rileva la necessità di un continuo sostegno, anche finanziario, al Tribunale speciale per la Sierra Leone perché completi i procedimenti in corso, inclusi gli eventuali procedimenti d'appello; constata inoltre progressi nella cooperazione multilaterale sotto forma di consulenza e assistenza nei casi in cui l'identificazione, la raccolta e la conservazione di informazioni sarebbe di ausilio a un vasto corredo di opzioni giudiziarie internazionali e transitorie, in particolare attraverso il meccanismo di risposta rapida in campo giudiziario (Justice Rapid Response – JRR) cui partecipa oltre la metà degli Stati membri dell'UE e che merita di essere costantemente sostenuto e ulteriormente promosso;

Orientamenti dell'UE in materia di diritti umani
Pena di morte

59.  rammenta la risoluzione che auspicava una moratoria sull'uso della pena di morte (risoluzione 63/168) adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 2008; sottolinea che la risoluzione è attualmente sostenuta da 106 paesi e che tale circostanza conferma un graduale consolidamento dell'opposizione alla pena di morte a livello globale;

60.  si compiace della decisione di abolire la pena di morte adottata nel 2009 da Burundi e Togo nonché dallo Stato USA del Nuovo Messico; fa appello agli USA perché aboliscano la pena capitale e si rammarica del fatto che essa sia tuttora eseguita in 35 Stati americani su 50;

61.  invita il Consiglio e la Commissione a incoraggiare i paesi che non l'hanno ancora fatto a firmare, ratificare o attuare il secondo protocollo facoltativo del patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (ICCPR) oppure un analogo strumento regionale;

62.  invita la Commissione e gli Stati membri a garantire che la produzione e la vendita di tiopental sodico da parte di aziende con sede nell'UE sia consentita solo per scopi medici e che qualsiasi licenza per la produzione di questo farmaco imponga obblighi di etichettatura che prevedano, sull'imballaggio, l'indicazione che il farmaco non può essere utilizzato per praticare iniezioni letali, in accordo con le leggi nazionali ed europee che vietano la pena di morte, la tortura o altri trattamenti o pene crudeli e inumani o degradanti;

63.  ribadisce che l'Unione europea è sempre contraria alla pena di morte, incluse le esecuzioni extragiudiziali; ricorda che l'UE è il principale donatore di fondi a favore delle organizzazioni della società civile che lottano contro la pena di morte; chiede alla Commissione di continuare a dare priorità alla lotta contro una pena crudele e disumana come quella in questione e di mantenere il carattere prioritario di tale tematica nell'ambito dell'EIDHR e degli strumenti geografici; ritiene che l'ergastolo non rappresenti un'alternativa accettabile alla pena capitale;

64.  esorta i paesi che fanno ancora ricorso alla pena di morte per lapidazione a cancellare questa pratica disumana dal proprio apparato legislativo; esorta i leader iraniani a emanare una legge che vieti in maniera inequivocabile le condanne alla lapidazione, che sono la forma più barbara di pena capitale; deplora il fatto che numerosi paesi continuino a comminare la pena capitale ai minori responsabili di reati; esprime la propria condanna per il ricorso alla pena capitale da parte del regime iraniano, che colloca l'Iran in seconda posizione, alle spalle della Cina, nella classifica dei paesi con il più alto numero di esecuzioni; depreca l'aumento del numero di esecuzioni a seguito delle dimostrazioni pacifiche dopo le elezioni presidenziali in Iran del giugno 2009; esprime preoccupazione per il fatto che la Cina resta tuttora il paese con il più alto numero di esecuzioni capitali al mondo e la invita a rendere pubbliche le cifre relative alle esecuzioni compiute nel paese, onde consentire un'analisi e un dibattito trasparente sulla pena capitale; accoglie favorevolmente le azioni concrete intraprese dalle autorità bielorusse in vista della costituzione di un gruppo di lavoro per l'elaborazione di proposte sull'imposizione di una moratoria sulla pena di morte; ribadisce la propria preoccupazione per il persistente ricorso alle esecuzioni capitali in Bielorussia, l'unico paese in Europa che continua ad applicare la pena di morte e che lascia le famiglie dei giustiziati senza informazioni circa la data dell'esecuzione o del luogo di sepoltura;

65.  osserva che al mondo vi sono trentadue ordinamenti in cui la legge consente di comminare la pena di morte per i reati di droga; rileva che l'Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC), la Commissione europea e i governi di alcuni Stati europei partecipano attivamente al finanziamento e/o alla fornitura di assistenza tecnica e giuridica nonché di aiuti finanziari volti a rafforzare le attività antidroga in Stati che, in tale contesto, continuano ad applicare la pena di morte; esprime preoccupazione per l'eventualità che tale assistenza possa contribuire all'aumento del numero di condanne ed esecuzioni capitali; invita la Commissione a elaborare appositi orientamenti applicabili al finanziamento internazionale delle attività antidroga a livello nazionale e regionale, in modo da garantire che tali programmi non diano adito a violazioni dei diritti umani, ivi inclusa l'applicazione della pena di morte; sottolinea l'opportunità di imporre l'abolizione della pena di morte per i reati legati alla droga come prerequisito per l'assistenza tecnica e finanziaria nonché per il potenziamento delle capacità e altre forme di sostegno delle attività antidroga;

66.  è preoccupato per il persistente ricorso alle esecuzioni capitali in Bielorussia, l'unico paese in Europa che continua ad applicare la pena di morte; sostiene al riguardo l'iniziativa delle autorità di costituire un gruppo di lavoro per l'elaborazione di proposte sull'imposizione di una moratoria sulla pena di morte;

67.  esprime grave preoccupazione per il progetto di legge del 2009 contro l'omosessualità, attualmente all'esame del parlamento ugandese, che punisce il favoreggiamento delle lesbiche, dei gay e dei bisessuali con multe e reclusione e gli atti omosessuali consensuali con multe, carcere e pena capitale; invita il parlamento ugandese a respingere il progetto di legge e ogni analoga normativa; condanna la criminalizzazione dell'omosessualità in tutto il mondo;

Diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali (LGBT)

68.  in considerazione delle numerose violazioni dei diritti umani subite da lesbiche, gay, bisessuali e transessuali in tutto il mondo nel 2009, si compiace dell'approvazione, da parte del gruppo di lavoro «Diritti umani» del Consiglio dell'Unione europea, dello strumentario per la promozione e la tutela dell'esercizio di tutti i diritti umani da parte di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali (LGBT); invita le delegazioni dell'UE e il servizio europeo per l'azione esterna ad attuare integralmente gli orientamenti contenuti nello strumentario;

Violenza sulle donne

69.  osserva che il programma delle tre Presidenze francese, ceca e svedese (luglio 2008-dicembre 2009) ha attribuito carattere prioritario alla questione della violenza sulle donne e le ragazze e invoca la coerenza a livello di principi e politiche all'interno e all'esterno dell'UE, anche per quanto riguarda il sostegno alla messa al bando delle mutilazioni genitali femminili in quanto atto di violazione dei diritti umani; prende atto della recente adozione di una nuova serie di orientamenti in materia e si attende che la Commissione presenti al Parlamento i risultati della relativa attuazione;

70.  prende atto della nuova strategia della Commissione europea in materia di parità di genere con specifico riguardo alla questione delle mutilazioni genitali femminili; ribadisce la necessità della coerenza delle politiche interne ed esterne dell'UE relativamente a questo tema specifico; sollecita la Commissione europea e gli Stati membri dell'UE ad affrontare il problema della mutilazione genitale femminile nel quadro dei colloqui politici e programmatici con i paesi partner e i soggetti interessati a questa sensibile problematica in ambito nazionale, adottando un approccio partecipativo e coinvolgendo le comunità interessate; invita la Commissione, il Consiglio e gli Stati membri ad adoperarsi con tutti i mezzi politici e istituzionali per sostenere iniziative volte all'approvazione quanto più possibile rapida di una risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite in cui si chieda una moratoria internazionale sulla mutilazione genitale femminile;

71.  ritiene che la violenza nei confronti delle donne si esprima anche sul piano psicologico; constata che in campo lavorativo le donne continuano a essere sottopagate rispetto agli uomini e sono più numerose nei posti precari o a tempo parziale; sottolinea pertanto che il ruolo della Commissione e degli Stati membri in tale settore, sia all'interno che all'esterno dell'Unione europea, non deve limitarsi alla lotta contro le violenze di ogni tipo commesse nei confronti delle donne, fisiche, psicologiche, sociali ed economiche, ma deve anche porre prioritariamente l'accento sull'educazione non sessista dei ragazzi e delle ragazze fin dalla più giovane età nonché sulla lotta contro gli stereotipi di genere;

72.  sottolinea l'importanza di un'attuazione globale delle risoluzioni 1325, 1820, 888 e 1889 del Consiglio di sicurezza dell'ONU che chiedono la partecipazione delle donne in tutte le fasi e a tutti i livelli della risoluzione dei conflitti e la protezione delle donne e delle ragazze dalla violenza sessuale e dalla discriminazione; invita gli Stati membri che non hanno ancora un piano d'azione nazionale per l'attuazione della risoluzione 1325 delle Nazioni Unite ad adottarlo d'urgenza; condanna fermamente lo stupro come strumento di guerra e gli stupri di massa che si perpetrano ripetutamente nella Repubblica democratica del Congo; chiede che sia apertamente dichiarata l'incapacità della forza di pace MONUSCO di far cessare gli stupri di massa; sollecita l'Alto rappresentante dell'UE a condurre un'inchiesta nella RDC per il tramite delle missioni EUSEC e EUPOL e a riferire al Parlamento europeo su tutte le società o entità congolesi e internazionali operanti nel settore estrattivo della RDC che pagano gruppi armati e personale di sicurezza responsabili di stupri di massa e di altri crimini sistematici contro la popolazione civile;

73.  invita l'Alto rappresentante/Vicepresidente ad assegnare più risorse umane ai servizi che si occupano delle questioni di genere nell'ambito dell'azione esterna e a creare strutture dedicate; riconosce i progressi compiuti nell'ambito della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) per quanto concerne sia le missioni che la formazione del personale;

74.  esprime viva preoccupazione per i radicati fenomeni di discriminazione di genere e di violenza domestica in vari paesi e rileva che le donne che abitano nelle aree rurali costituiscono una categoria particolarmente vulnerabile; è del pari preoccupato per i casi di violenza sessuale e per l'alta incidenza dei reati di stupro di cui sono vittime le donne e le ragazze in Sudafrica, dove le indagini sono sovente inadeguate ed ostacolate da pregiudizi di genere e le vittime incontrano numerosi ostacoli nell'accesso all'assistenza sanitaria e subiscono ritardi nella somministrazione di cure mediche; condanna fermamente la violenza contro le donne come problema endemico del Guatemala e del Messico;

75.  esprime profonda preoccupazione per la situazione delle donne e delle ragazze in Iran, nella Repubblica democratica del Congo (RDC) e in Afghanistan; condanna le brutali violazioni dei diritti delle donne nella RDC, sollecita la comunità internazionale a rafforzare notevolmente i fondi destinati alle iniziative di protezione delle donne dallo stupro e sottolinea la necessità che l'attenzione internazionale si rivolga prioritariamente e urgentemente alla situazione delle donne nella RDC; condanna la legge sciita sullo status personale, adottata nel marzo 2009, in quanto non solo viola gravemente i diritti delle donne afgane ma è in contrasto con la costituzione dell'Afghanistan e con i principi internazionali in materia di diritti umani; accoglie con favore le modifiche apportate alla legge sulla famiglia basata sulla giurisprudenza sciita tradizionale, ma resta profondamente preoccupato per taluni articoli della legge che sono in contraddizione con gli obblighi assunti dall'Afghanistan in virtù del patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, della convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna e della convenzione sui diritti del fanciullo; esorta le autorità afgane a intervenire quanto prima per migliorare la situazione del paese per quanto concerne i diritti della donna;

76.  insiste affinché i diritti delle donne siano affrontati esplicitamente nell'ambito di tutti i dialoghi sui diritti umani, in particolare promuovendo la lotta e l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione e di violenza contro le donne e le ragazze, fra cui – e in primo luogo – l'aborto selettivo dei feti femminili, tutte le pratiche e usanze tradizionali lesive dell'integrità fisica, ad esempio la mutilazione genitale femminile o il matrimonio forzato o in età precoce, tutte le forme di tratta di esseri umani, la violenza domestica e l'uccisione di donne, lo sfruttamento sul lavoro e lo sfruttamento economico; insiste anche perché sia respinto l'atteggiamento degli Stati che invocano usi, tradizioni o considerazioni religiose di qualunque tipo per sottrarsi al dovere di eliminare tali atti di brutalità; sottolinea che occorre intensificare gli sforzi, tesi a eliminare tutte le forme di mutilazioni genitali femminili, sia a livello locale sia nel processo di formulazione delle politiche, in modo da sottolineare il fatto che tali mutilazioni rappresentano sia una questione di genere sia una violazione dei diritti umani legata al rispetto dell'integrità fisica; richiama l'attenzione sulla situazione delle giovani donne immigrate che, per motivi legati agli usi di certe comunità, alla religione o all'onore familiare, devono subire maltrattamenti, delitti d'onore o mutilazioni genitali e sono private della loro libertà;

77.  ricorda gli Obiettivi di sviluppo del Millennio e sottolinea che l'accesso all'istruzione e alla sanità sono diritti umani fondamentali; è del parere che nell'ambito della politica UE per lo sviluppo e i diritti umani occorra attribuire un ruolo di primo piano ai programmi sanitari, compresi quelli inerenti la salute sessuale e riproduttiva, alla promozione della parità di genere, all'emancipazione delle donne e ai diritti dei minori, in particolare in quei contesti in cui la violenza sessista è diffusa e donne e bambini sono esposti al rischio di contrarre l'AIDS o di vedersi precluso l'accesso alle informazioni, alle misure di prevenzione e/o alle cure; invita la Commissione ad integrare nella sua politica di sviluppo i diritti fondamentali in materia di lavoro e l'agenda per le condizioni di lavoro dignitose, particolarmente nel quadro dei programmi di assistenza in materia commerciale;

78.  saluta con favore la risoluzione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite del 16 giugno 2009 sulla mortalità e la morbilità materne prevenibili e i diritti umani, nella quale si chiede un'azione urgente in linea con gli obiettivi di sviluppo del millennio onde impedire che le donne muoiano per cause evitabili durante la gravidanza e il parto; osserva che tale risoluzione è stata sostenuta dagli Stati membri dell'UE e invita questi ultimi a promuovere efficacemente la tutela dei diritti umani di donne e ragazze, in particolare il loro diritto alla vita, alla pari dignità, all'istruzione, alla libertà di cercare, ricevere e diffondere informazioni, a fruire dei benefici del progresso scientifico, a non subire discriminazioni e a godere dei più elevati standard ottenibili di salute fisica e mentale, compresa la salute sessuale e riproduttiva;

79.  chiede al Consiglio, alla Commissione e agli Stati membri di promuovere in particolare la ratifica e l'attuazione da parte degli Stati membri dell'Unione africana del Protocollo dell'Unione africana sui diritti delle donne in Africa;

Tortura e altri trattamenti crudeli, disumani o degradanti

80.  invita a riconoscere che gli abusi sanitari a danno di pazienti e singoli cittadini, in particolare se incapaci di difendersi, costituiscono un trattamento crudele, disumano e degradante; ammette peraltro la difficoltà di dimostrare la perpetrazione di determinati atti, per cui esorta alla massima vigilanza;

81.  chiede il riconoscimento del fatto che minoranze quali le popolazioni indigene e gli individui discriminati in ragione della loro casta, sono di gran lunga più vulnerabili e soggetti ad atti di tortura;

82.  invita tutti gli Stati che non l'hanno ancora fatto ad aderire alla convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti o al relativo protocollo facoltativo; esorta gli Stati a sciogliere le eventuali riserve espresse su tali strumenti; esorta gli Stati che hanno firmato il protocollo facoltativo della convenzione contro la tortura (OPCAT) ad attuare in modo più rapido ed efficace il meccanismo nazionale di prevenzione (NPM);

83.  esorta gli Stati di tutto il mondo ad adottare e attuare in modo efficace il manuale per un'efficace indagine e documentazione di tortura o altro trattamento o pena crudele, disumana o degradante, comunemente noto come protocollo di Istanbul (IP); ritiene che l'IP sia uno strumento essenziale per raccogliere prove e prevenire l'impunità; è persuaso che l'impunità dei torturatori resti un grosso ostacolo alla prevenzione della tortura, in quanto finisce per incitare i suoi perpetratori ad insistere in tali abominevoli pratiche;

84.  sottolinea l'importanza di un'efficace attuazione degli orientamenti dell'UE in materia di tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti; invita il Consiglio e la Commissione a presentare i risultati dell'attuazione di tali orientamenti ponendo l'accento, in particolare, sui risultati in termini di riabilitazione delle vittime di torture conseguiti attraverso lo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani;

85.  invita gli Stati membri a dare seguito alle richieste formulate nella sua risoluzione del 17 giugno 2010 sul commercio di determinate merci che potrebbero essere utilizzate per la pena di morte, per la tortura o per altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti(16); invita la Commissione a presentare quanto prima una revisione di molte delle disposizioni contenute nel regolamento (CE) n. 1236/2005 del Consiglio, del 27 giugno 2005;

86.  è particolarmente preoccupato per la forte ondata di corruzione, criminalità, persecuzione politica, impunità, tortura e incarcerazione di membri dell'opposizione in Venezuela, dovuta alla «politicizzazione» delle forze di polizia, alla mancanza di politiche adeguate e alla incapacità del governo di contrastare questi gravi attentati ai diritti umani;

87.  esprime profonda preoccupazione per l'intensificarsi di violazioni dei diritti umani perpetrate nel mondo a danno di persone a causa del loro orientamento sessuale e condanna ogni atto di violenza nei loro confronti; rileva un aumento degli omicidi di transgenere in tutto il mondo; deplora vivamente che in molti paesi l'omosessualità sia ancora considerata come un reato punibile con pene detentive e in qualche caso perfino con la pena capitale; accoglie con favore al riguardo la decisione dell'Alta Corte di Delhi del 2 luglio 2009 che depenalizza l'omosessualità in India, e invita gli altri paesi a seguirne l'esempio;

Diritti dei minori

88.  esprime profondo rammarico per il fatto che, secondo le stime, i bambini vittima del lavoro minorile sarebbero circa 215 milioni, tre quarti dei quali impegnati nelle peggiori forme di lavoro minorile esistenti (dati OIL, 2009); accoglie con favore le conclusioni del Consiglio UE del 14 giugno 2010 sul lavoro minorile e il correlato studio della Commissione (SEC(2010)0037) in cui si chiede una politica organica dell'UE incentrata sullo sviluppo e sull'eliminazione della povertà; invita la Commissione ad assicurare l'effettiva verifica dei progressi compiuti in tale ambito e, insieme agli Stati membri dell'UE, ad incoraggiare l'attuazione di tali politiche nei dialoghi con i paesi terzi;

89.  ricorda il successo dell'undicesimo Forum UE-ONG sui diritti umani dedicato alla lotta alla violenza sui minori, che si è tenuto a Stoccolma nel luglio 2009 in concomitanza con la Presidenza svedese, e i relativi appelli alla prosecuzione delle attività giuridiche volte a proibire le varie forme di punizione corporale in qualunque contesto, ivi incluse le mura domestiche, a individuare migliori prassi e insegnamenti da trarre in relazione alla lotta alla violenza sui minori in situazioni belliche e postbelliche, nonché a incrementare la coerenza tra l'azione esterna dell'UE e le politiche interne della stessa UE/degli Stati membri in materia di diritti dei minori;

90.  constata con grave preoccupazione che milioni di minori sono tuttora vittime di stupri, violenze domestiche, abusi fisici, emotivi e sessuali nonché di sfruttamento sessuale ed economico; sottolinea che tutti i diritti riconosciuti dalla convenzione sui diritti del fanciullo e dai suoi protocolli facoltativi hanno pari importanza, e chiede la piena ratifica ed attuazione degli obblighi ivi previsti e una particolare attenzione per le nuove forme di sfruttamento sessuale dei minori a fini commerciali;

91.  si dichiara profondamente preoccupato per il fatto che l'Europa orientale e l'Asia centrale continuano a registrare un rapido aumento delle infezioni da HIV tra uomini, donne e bambini; osserva con inquietudine che l'accesso al trattamento antiretrovirale continua ad essere tra i più bassi al mondo; osserva parimenti con inquietudine che la stigmatizzazione e la discriminazione, che violano i diritti fondamentali e la dignità dei bambini contagiati dall'HIV, sono di ostacolo a qualsiasi ulteriore progresso in termini di prevenzione, cura e sostegno; invita la Commissione a prendere in considerazione riforme della strategia, un riorientamento dei programmi e una revisione dell'assegnazione delle risorse per tutelare i diritti e la dignità dei bambini e dei giovani che sono vulnerabili, si trovano in una situazione a rischio, sono portatori del virus o sono affetti da HIV;

92.  invita l'UE ad adottare urgentemente ulteriori provvedimenti per contrastare il lavoro minorile e ad applicare in maniera più efficiente gli strumenti a sua disposizione integrandoli nei dialoghi e nelle consultazioni sui diritti umani; esorta l'Unione europea ad attuare efficacemente i propri orientamenti sui diritti del bambino e a valutare la possibilità di adottarne altri sulla lotta al lavoro minorile; rammenta che anche la politica commerciale dell'UE può esplicare un utile ruolo nell'ambito della lotta al lavoro minorile, in particolare attraverso gli incentivi del sistema di preferenze generalizzate Plus; auspica che in futuro tale strumento sia meglio valutato e formi oggetto di una analisi valutativa annuale sottoposta al Parlamento europeo in occasione del dibattito annuale su diritti umani;

93.  fa notare che il 2009 ha segnato il 20º anniversario della convenzione sui diritti del fanciullo; osserva con soddisfazione che l'adesione alla convenzione è ormai praticamente universale ed esorta i paesi che non l'hanno ancora fatto ad aderirvi senza indugio; ribadisce la propria profonda preoccupazione per il fatto che i diritti sanciti dalla convenzione non sono, in molti casi, pienamente osservati; chiede che si presti maggiore attenzione al bisogno da parte del bambino di protezione e cure speciali, inclusa una tutela giuridica appropriata, sia prima che dopo la nascita, come previsto dalla convenzione per i diritti del fanciullo e dalla dichiarazione sui diritti dei bambini; saluta con favore la nomina del rappresentante speciale del Segretario generale sulla violenza contro i minori e sottolinea l'importanza del relativo mandato;

94.  esprime profonda preoccupazione per i bambini coinvolti o colpiti in altro modo nei conflitti armati o addirittura costretti a parteciparvi attivamente; esorta il Consiglio e la Commissione a rafforzare l'attuazione degli orientamenti dell'Unione europea sui bambini e i conflitti armati; accoglie con favore la nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU 1882(2009) che rafforza ulteriormente la protezione dei minori implicati o coinvolti nei conflitti armati;

95.  esprime profonda preoccupazione per lo sfruttamento dei bambini reclutati come soldati; chiede iniziative immediate da adottare da parte dell'UE e dell'ONU per la loro smobilitazione, riabilitazione e reinserimento;

Difensori dei diritti umani

96.  accoglie con favore le iniziative intraprese per procedere alla revisione e all'aggiornamento della versione 2008 degli orientamenti dell'Unione europea sui difensori dei diritti umani; prende atto dello sviluppo di oltre sessanta strategie di attuazione locali e della nomina di appositi funzionari di collegamento; resta tuttavia particolarmente preoccupato per l'incapacità delle delegazioni dell'UE di implementare detti orientamenti, sollecita il SEAE a elaborare un piano di attuazione con indicatori e scadenze chiari al fine di avanzare in direzione dell'effettiva implementazione degli orientamenti e chiede un elenco delle strategie locali a disposizione; invita il SEAE, il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri a prendere le misure necessarie per una maggiore diffusione degli orientamenti fra i difensori dei diritti umani e i diplomatici UE che operano nei paesi non UE; invita le missioni UE a intrattenere contatti regolari con i difensori dei diritti umani prima di intervenire per loro conto, e a dar loro un feedback; sottolinea che nel contesto del processo di elaborazione di strategie di attuazione locale occorre consultare su ampie basi i difensori dei diritti umani operanti in ambiente urbano e rurale in merito ai diritti economici, sociali e culturali nonché ai diritti civili e politici; osserva che le strategie locali di attuazione devono comprendere un piano concreto di interventi per rafforzare la protezione dei difensori dei diritti umani e che l'impatto di tali strategie deve essere valutato dopo un ragionevole periodo di tempo; chiede al riguardo che sia valutata l'attuazione dell'assistenza e delle misure intraprese dalle organizzazioni della società civile per sostenere i difensori dei diritti umani nel quadro dello strumento europeo per la democrazia e i diritti Umani (EIDHR);

97.  sollecita l'Alto Rappresentante/Vicepresidente a considerare prioritaria l'effettiva applicazione degli attuali strumenti e mezzi per una protezione coerente e sistematica dei difensori dei diritti umani, invita l'Alto Rappresentante/Vicepresidente dell'Unione europea e tutti i Commissari competenti in materia di relazioni esterne a istituzionalizzare una politica di incontri sistematici con i difensori dei diritti umani in occasione di missioni in paesi non UE e sottolinea che il sostegno ai difensori dei diritti umani deve rientrare tassativamente nel mandato dei rappresentanti speciali UE; ribadisce che sia l'Alto rappresentante sia i rappresentanti speciali dovranno rispondere dinanzi al Parlamento europeo per le azioni intraprese al riguardo;

98.  esorta il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri ad attuare le misure proposte dal Parlamento nella sua risoluzione, approvata nel giugno 2010, sulle politiche dell'Unione europea a favore dei difensori dei diritti umani, privilegiando le misure volte a fornire assistenza rapida ai difensori dei diritti umani in situazione di rischio, come visti di urgenza e rifugi, e quelle che comportano pubblico sostegno e palese riconoscimento per l'opera da essi svolta, adottando una prospettiva di genere nell'attuazione degli orientamenti a favore delle donne impegnate nella difesa dei diritti umani e di altri gruppi particolarmente vulnerabili, come coloro che si adoperano per promuovere i diritti economici, sociali e culturali e quelli che si occupano dei diritti delle minoranze e degli indigeni; invita l'Alto Rappresentante/Vicepresidente a spingere per l'attuazione del programma «Città rifugio» (Shelter Cities) che concede accoglienza ai difensori dei diritti umani nelle città d'Europa;

99.  chiede che, nell'ambito dell'attuazione del trattato di Lisbona e dell'istituzione del SEAE, le istituzioni dell'UE istituiscano un meccanismo di cooperazione interistituzionale sui difensori dei diritti umani; ritiene che la creazione di tale meccanismo potrebbe essere agevolata mediante l'istituzione di punti focali e direttive specifiche per i difensori dei diritti umani in tutte le istituzioni dell'Unione europea nonché con lo sviluppo di una più stretta collaborazione con i responsabili dei diritti umani e della democrazia nelle missioni e delegazioni dell'Unione europea; invita il SEAE a costituire una base dati statistica per i casi in cui le delegazioni UE hanno prestato assistenza ai difensori dei diritti umani, al fine di valutare l'efficacia degli orientamenti, e a riferire al Parlamento europeo i risultati di dette valutazioni;

100.  prende atto delle conclusioni di diverse relazioni sui diritti umani secondo cui i difensori di tali diritti, pur apportando un prezioso contributo alla protezione e promozione dei diritti umani a rischio dell'incolumità personale, sono vittima di attacchi sempre più gravi sotto diverse forme, ad esempio attentati alla libertà di pensiero, alla libertà religiosa, alla libertà di espressione o di associazione, aggressioni e uccisioni a danno degli esponenti più noti, arresti arbitrari, processi iniqui e chiusura delle sedi delle organizzazioni della società civile; chiede alle delegazioni dell'Unione di assumere un ruolo più attivo nella prevenzione di tali attentati in cooperazione con le organizzazioni della società civile dei paesi interessati, avendo cura di non esporre a pericoli il personale e i militanti di tali organizzazioni;

101.  mantiene alta l'attenzione nei confronti dei governi di paesi terzi che utilizzano l'emanazione di leggi controverse sulle ONG come tentativo teso a soffocare i movimenti per i diritti umani, come avvenuto nel caso della cosiddetta «Charities and Societies Proclamation», legge sulle organizzazioni caritative e civili che, approvata dal parlamento etiopico nel gennaio 2009, vieta di fatto ogni attività nel campo dei diritti umani;

102.  condanna il fatto che in diversi paesi aggressioni e minacce anonime nei confronti dei difensori dei diritti umani siano divenuti ordinaria amministrazione e che i giornalisti, specie coloro che scrivono sulla corruzione e il traffico di droga, sono esposti a minacce e aggressioni a causa del loro lavoro;

103.  esprime profondo rammarico per taluni avvenimenti registrati nel corso del periodo di riferimento, ad esempio l'omicidio di, tra gli altri, Stanislav Markelov, Anastasia Baburova e Natalja Estemirova in Russia e di André Rwisereka e Jean Leonard Rugambage in Ruanda, la detenzione arbitraria di Roxana Saberi e Abdolfattah Soltani in Iran, nonché il continuo stato di detenzione cui è soggetto in Cina Hu Jia, Premio Sacharov 2008, che non può beneficiare di cure mediche adeguate; sollecita le autorità cinesi a chiarire senza indugio la situazione dell'avvocato Gao Shisheng, personalità di spicco in materia di difesa di diritti umani, scomparso il 4 febbraio 2009, e ad aprire un'inchiesta del tutto indipendente e trasparente sulla sua scomparsa;

104.  condanna la detenzione illegittima e le vessazioni nei confronti dei difensori Saharawi dei diritti umani nel territorio del Sahara occidentale controllato dal Marocco e sollecita l'ONU a includere il monitoraggio della situazione in fatto di diritti umani nel mandato della missione ONU per il Sahara occidentale (MINURSO);

105.  prende atto del rilascio di difensori dei diritti umani locali a Cuba; deplora vivamente il fatto che il governo cubano rifiuta di riconoscere il monitoraggio sui diritti umani come attività legittima e nega statuto giuridico alle associazioni locali per la difesa dei diritti umani; segnala con preoccupazione che la detenzione dei difensori dei diritti umani nel paese costituisce a sua volta una grave violazione dei diritti umani; chiede al governo cubano di non mandare in esilio i prigionieri politici tout court, ma di dar loro la possibilità di rientrare a Cuba senza dover subire l'arresto;

106.  accoglie con favore la decisione della commissione del Premio Nobel di attribuire il Nobel per la pace per il 2010 a Liu Xiaobo per la sua lunga e non violenta battaglia a favore dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Cina; sollecita il governo di Pechino a liberare immediatamente e senza condizioni Liu Xiaobo dalla detenzione e a revocare le restrizioni applicate alla moglie Liu Xia;

107.  è gravemente preoccupato del fatto che l'Iran ha continuato nel 2008 e 2009 a sopprimere difensori dei diritti umani e membri della società civile indipendenti, e che le violazioni dei diritti umani di una certa gravità non sono cessate, ma sono anzi aumentate; condanna l'arresto, la tortura e l'incarcerazione arbitraria dei difensori dei diritti umani che per l'opera da essi condotta sono accusati di svolgere «attività contrarie alla sicurezza nazionale»; deplora l'attuale politica del governo iraniano volta a osteggiare l'operato di insegnanti ed esponenti del mondo accademico impedendo agli studenti l'accesso all'istruzione superiore, e condanna la persecuzione e l'incarcerazione degli studenti attivisti; si rammarica per i disordini avvenuti all'indomani delle elezioni presidenziali del 12 giugno 2009 e la violenza usata delle autorità iraniane e sfociata nella detenzione arbitraria di almeno 400 persone e nell'uccisione – secondo quanto viene riferito – di almeno 40 persone, nei processi di massa a carico di persone accusate di reati contro la sicurezza nazionale, nonché in atti di maltrattamento e di tortura e in condanne a morte;

Clausole relative ai diritti umani

108.  pone in risalto l'importanza e la necessità delle clausole sui diritti umani e la democrazia, nonché di meccanismi efficaci di risoluzione delle controversie negli accordi commerciali, compresi gli accordi di pesca, tra l'UE e i paesi non UE; ribadisce peraltro la sua richiesta che la clausola sia accompagnata da un meccanismo vincolante che ne garantisca l'applicazione effettiva; sottolinea l'importanza di seguire da vicino il comportamento in fatto di diritti umani dei paesi non UE che intrattengono relazioni commerciali con l'UE; sottolinea l'opportunità che tale opera di monitoraggio e valutazione deve comprendere consultazioni formali con la società civile riguardo all'impatto di tali accordi; chiede che sia chiaramente definita una serie di parametri in materia di diritti umani nel quadro dei singoli accordi commerciali, onde garantire l'introduzione di precisi standard e permettere alle due parti di conoscere quali azioni e situazioni possano far scattare le clausole sui diritti umani;

109.  riafferma il principio della indivisibilità dei diritti umani e condanna i tentativi di considerare questo o quel diritto o motivo di discriminazione meno importante degli altri; invita la Commissione e il Consiglio a rispettare il principio della indivisibilità al momento di negoziare le clausole sui diritti umani con i paesi terzi;

110.  sottolinea che, per rispettare i propri impegni internazionali in materia di diritti umani, l'UE dovrebbe includere sistematicamente negli accordi, tenendo conto della natura di questi ultimi e della situazione specifica di ciascun paese partner, clausole relative alla democrazia, alla legalità e ai diritti umani nonché agli standard sociali e ambientali; ritiene altresì che dette clausole dovrebbero permettere alla Commissione di sospendere quanto meno temporaneamente i vantaggi commerciali, compresi quelli derivanti dagli accordi di libero scambio, di propria iniziativa oppure su richiesta di uno Stato membro o del Parlamento europeo, qualora si raccolgano prove sufficienti in merito alla violazione dei diritti umani o delle disposizioni di diritto del lavoro; ritiene in ogni modo che l'UE debba chiaramente indicare quali idonee sanzioni potrebbero essere applicate ai paesi non UE che commettono gravi violazioni dei diritti umani ed applicarle effettivamente; reitera ancora una volta la sua richiesta alla Commissione e al Consiglio, e in particolare all'Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune e Vicepresidente della Commissione europea, di rendere operante la clausola sui diritti umani contenuta nei vigenti accordi internazionali e quindi istituire un meccanismo di applicazione effettiva della clausola, secondo lo spirito degli articoli 8, 9 e 96 dell'accordo di Cotonou;

111.  accoglie con favore il ricorso a studi d'impatto sullo sviluppo sostenibile, ma ritiene che dovrebbero essere effettuati anche quando il contratto è già in vigore, e non solamente ex ante, e ciò per assicurare una valutazione continua;

112.  prende atto del funzionamento del sistema di preferenze generalizzate Plus (SPG+); ritiene tuttavia che tale sistema, che premia con notevoli benefici commerciali i paesi che osservano le convenzioni internazionali sui diritti umani e sui diritti del lavoratori, debba essere sorvegliato in modo più rigoroso e trasparente, anche ricorrendo a valutazioni d'impatto particolareggiate sui diritti umani, a un sistema di parametri coerenti ed equi e a consultazioni aperte al momento di accordare la preferenza, e che le preferenze commerciali debbano essere concesse solo ai paesi che hanno ratificato e attuato efficacemente le principali convenzioni internazionali in materia di sviluppo sostenibile, diritti umani – in particolare per quanto riguarda il lavoro minorile – e buona governance; sollecita un migliore monitoraggio dell'attuazione da parte della società civile, dei sindacati e delle comunità, tenendo in conto i successi e gli insuccessi registrati nell'affermazione dei diritti umani, inclusi i diritti sociali, economici, culturali e ambientali; sottolinea l'importanza di monitorare strettamente l'attuazione del patto sui diritti civili e politici (ICCPR) da parte del Pakistan, che è stato invitato a prendere parte al sistema SPG+;

113.  sollecita la Commissione a presentare una proposta di regolamento che vieti l'importazione nell'UE di beni prodotti ricorrendo al lavoro forzato e in particolare al lavoro minorile, in violazione degli standard fondamentali in materia di diritti umani; sottolinea che un tale regolamento dovrebbe consentire all'UE di svolgere indagini su determinate dichiarazioni;

114.  accoglie con favore l'inclusione di una clausola relativa ai diritti umani nell'accordo di partenariato UE-Indonesia e nell'accordo di stabilizzazione e di associazione con l'Albania entrati in vigore nel periodo di riferimento; si compiace del fatto che, pertanto, i paesi che accettano l'inclusione della citata clausola nei propri accordi con l'Unione sono ormai più di 120;

115.  deplora il deludente follow-up delle clausole sui diritti umani contenute nell'accordo di Cotonou ed esorta l'Alto Rappresentante/Vicepresidente, la Commissione, il Consiglio e gli Stati membri a far pieno uso di dette clausole, sollevando sistematicamente i problemi in materia di diritti umani e la promozione degli stessi nei colloqui bilaterali e regionali con i partner ACP;

Promozione della democrazia e della legalità nelle relazioni esterne

116.  accoglie con favore le conclusioni del Consiglio sul sostegno alla democrazia nelle relazioni esterne dell'UE(17) e l'adozione di un'agenda dell'UE per un'azione di sostegno alla democrazia nelle relazioni esterne dell'UE in quanto strumenti volti a migliorare la coerenza e l'efficacia del sostegno alla democrazia offerto dall'Unione europea;

117.  sollecita la Commissione a dare finalmente seguito senza indugio, mediante le iniziative e gli impegni finanziari necessari, alla relazione sui diritti umani nel 2007 in cui il Parlamento considerava «la nonviolenza (…) lo strumento più adeguato per il pieno godimento, l'affermazione, la promozione e il rispetto dei diritti umani fondamentali», ritenendo «necessario che la sua diffusione divenga obiettivo prioritario nella politica di promozione dei diritti umani e della democrazia da parte dell'Unione europea»;

118.  invita la Commissione a integrare più pienamente l'agenda per l'azione di sostegno alla democrazia nei programmi d'azione annuali relativi ai suoi strumenti esterni, in particolare allo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani, come pure nei documenti strategici regionali e nazionali, tenendo conto ogni volta, in tal modo, della situazione specifica di ciascun paese e della strategia regionale dell'UE;

119.  prende atto del rapporto 2010 di Amnesty International che richiama l'attenzione sul secondo processo, attualmente in corso, a carico del capo dell'ex compagnia petrolifera YUKOS, Mikhail Khodorkovsky e del suo socio Platon Lebedev, in quanto emblematico dell'iniqua amministrazione della giustizia in Russia; invita la Federazione russa a garantire che il sistema giudiziario del paese rispetti i principi fondamentali della certezza del diritto e i diritti umani nei procedimenti a carico di questi e di ogni altro imputato;

120.  sollecita le autorità giudiziarie russe ad accelerare l'inchiesta sulla morte dell'avvocato russo Sergey Magnitsky, avvenuta il 16 novembre 2009; deplora che questo caso fornisca un ulteriore clamoroso esempio delle gravi carenze del sistema giudiziario del paese; si duole di questa situazione in cui, mentre i difensori dei diritti umani sono spesso sottoposti a duri trattamenti e a processi che ignorano il codice di procedura penale della Federazione russa (ad esempio l'articolo 72 nel procedimento per diffamazione a carico di Oleg Orlov di Memorial ), i colpevoli di aggressioni o addirittura dell'omicidio di difensori dei diritti umani, giornalisti indipendenti e avvocati godono ancora troppo spesso dell'impunità; invita il Consiglio, in assenza di passi concreti compiuti dalle autorità russe per cooperare e indagare sul caso di Sergey Magnitsky, ad insistere affinché dette autorità consegnino i responsabili alla giustizia e ad esaminare l'opportunità di imporre un divieto d'ingresso nell'UE per i funzionari russi coinvolti in questo caso, e incoraggia le agenzie dell'UE responsabili dell'applicazione della legge a cooperare per congelare i conti bancari e gli altri beni di questi funzionari russi in tutti gli Stati membri dell'UE;

121.  invita l'Alto rappresentante/ Vicepresidente della Commissione a garantire che i diritti umani e lo sviluppo della democrazia divengano effettivamente il «filo rosso» che attraversa tutte le politiche inerenti all'azione esterna; osserva nel contempo con preoccupazione che il Consiglio non ha preso atto formalmente di nessuna relazione di follow up rispetto alle conclusioni del Consiglio del novembre 2009 sul sostegno alla democrazia nelle relazioni esterne dell'UE e all'agenda dell'UE per l'azione di sostegno alla democrazia, contrariamente a quanto stabilito nelle suddette conclusioni del Consiglio;

Diritto internazionale umanitario

122.  saluta le conclusioni sulla promozione dell'osservanza del diritto internazionale umanitario adottate dal Consiglio nel dicembre 2009 (ovvero nello stesso anno in cui si festeggiava il 60º anniversario delle convenzioni di Ginevra);

123.  prende nota dell'adozione, nel 2009, di una versione aggiornata degli orientamenti dell'Unione europea per promuovere l'osservanza del diritto internazionale umanitario; invita il Consiglio a creare una più efficace integrazione tra l'attuazione degli orientamenti in materia di diritto internazionale umanitario e altri orientamenti dell'UE nel campo dei diritti umani; lo invita altresì a migliorare l'integrazione del diritto internazionale umanitario in tutti gli ambiti dell'azione esterna dell'UE;

124.  accoglie con favore il rapporto della missione d'inchiesta internazionale indipendente sul conflitto in Georgia del settembre 2009 (IIFFMCG – CEIIG – c.d. rapporto Tagliavini) pubblicato il 30 settembre 2009 e ne avalla le principali osservazioni e conclusioni alla luce del diritto umanitario internazionale e della normativa sui diritti umani, in particolare la necessità di garantire il principio di responsabilità e l'obbligo di riparazione per tutte le violazioni commesse nell'agosto 2008, e si attende che la vasta documentazione fornita nel rapporto possa essere utilizzata per istituire procedimenti a livello nazionale e internazionale, in modo che gli autori dei crimini commessi durante il conflitto fra Russia e Georgia dell'agosto 2008 siano finalmente chiamati a risponderne;

125.  deplora profondamente il fatto che nel corso del conflitto armato dell'agosto 2009 fra Russia e Georgia per l'Ossezia meridionale e l'Abkhazia le violazioni del diritto umanitario internazionale hanno registrato un bilancio di centinaia di vittime e di decine di migliaia di sfollati; rammenta che finora la Russia ha attuato solo il primo dei sei punti dell'accordo di cessate il fuoco con la Georgia; deplora la distruzione deliberata di villaggi dell'Ossezia meridionale e dell'Abkhazia durante e dopo il conflitto; sottolinea che tali violazioni restano a tutt'oggi impunite;

Libertà di religione o di credo

126.  sottolinea che la libertà di religione e di credo è, fra tutti i diritti umani, un diritto primario e fondamentale che deve essere rispettato, e che la condizionalità per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani, prevista negli accordi bilaterali con i paesi non UE, deve poter essere imposta con maggiore forza ed efficacia;

127.  saluta le conclusioni del Consiglio sulla libertà di religione o di credo adottate nel novembre 2009; riconosce l'importanza della libertà di religione o di credo per l'identità degli individui, religiosi o meno, visto che le convinzioni personali, qualunque forma assumano, sono una componente vitale del patrimonio personale e sociale; invita il Consiglio e la Commissione ad adottare e tradurre in atto misure concrete per combattere l'intolleranza religiosa e la discriminazione e per promuovere la libertà di religione o di credo nel mondo, in linea con le considerazioni svolte nelle summenzionate conclusioni; invita il Consiglio e la Commissione a coinvolgere in tale processo il Parlamento europeo, le organizzazioni della società civile e le altre parti interessate;

128.  invita l'Alto rappresentante/Vicepresidente della Commissione a integrare la libertà di religione o di credo nella politica UE in materia di diritti umani e procedere a una valutazione accurata della situazione della libertà di religione o di credo nella relazione annuale sui diritti umani dell'UE;

129.  invita l'Alto Rappresentante/Vicepresidente ad assegnare più risorse umane ai servizi che si occupano delle questioni attinenti al rispetto della libertà di religione o di credo nell'ambito dell'azione esterna e a creare strutture dedicate, specie nel quadro della costituzione del Servizio europeo di azione esterna; sostiene l'opportunità di individuare nella questione del rispetto della libertà di religione o di credo nel mondo una della priorità del SEAE, in considerazione delle gravi violazioni di tale libertà nel mondo e della palese necessità di assistere le minoranze religiose perseguitate in molte aree del pianeta;

130.  invita il Consiglio e la Commissione a tener conto, ai fini della prevenzione e risoluzione dei conflitti e della riconciliazione, dell'aspetto della religione e del dialogo con le autorità religiose e con gli organismi impegnati nel dialogo interconfessionale;

131.  ribadisce la propria profonda preoccupazione per il fatto che la discriminazione fondata sulla religione o sul credo è un fenomeno tuttora diffuso in tutte le parti del mondo e che i membri di comunità religiose particolari, come le minoranze religiose, continuano a essere privati dei diritti umani in molti paesi, tra cui Corea del Nord, Iran, Arabia Saudita, Somalia, Maldive, Afghanistan, Yemen, Mauritania, Laos, Uzbekistan, Eritrea, Iraq, Pakistan ed Egitto; condanna le autorità cinesi per le persecuzioni a danno di coloro che praticano la propria religione al di fuori dei canali ufficiali previsti a tale scopo, ivi inclusi i cristiani, i musulmani, i buddisti o i seguaci del movimento Falun Gong; sollecita la Cina a ratificare, come promesso, il patto sui diritti civili e politici (ICCPR); esorta le autorità cinesi a non portare avanti la propria politica oppressiva in Tibet in quanto la stessa potrebbe portare al definitivo annientamento della religione e della cultura tibetane; condanna le autorità iraniane per la persecuzione di individui appartenenti a minoranze religiose, fra cui cristiani, Bahá'í nonché musulmani che hanno abiurato o si sono convertiti a un'altra religione; esorta le autorità iraniane a proteggere le minoranze religiose in conformità degli obblighi loro derivanti dall'ICCPR; esorta le autorità della Federazione russa a imporre una moratoria sull'applicazione della legge del 2002 sulla repressione delle attività estremiste, che viene ampiamente ed impropriamente utilizzata per reprimere piccole e pacifiche minoranze religiose; esprime preoccupazione per la situazione della minoranza cristiana dei Montagnards che vive nelle aree montuose centrali del Vietnam; rammenta alle autorità vietnamite che i diritti delle minoranze comprendono la libertà di praticare le religioni senza restrizioni, la libertà di associazione e di espressione, il diritto di riunione pacifica, l'eguale diritto di possedere e di usare il suolo e il diritto di partecipare pienamente ed efficacemente al processo decisionale sulle questioni che le riguardano, compresi i progetti di sviluppo economico e di reinsediamento;

132.  sollecita l'UE a sviluppare uno strumentario per la promozione del diritto alla libertà di religione o di credo nella sua politica esterna, a ritenere fondamentale la libertà di religione o di credo, a includere una lista di controllo delle libertà che fanno parte integrante della libertà di religione o di credo onde accertare se siano rispettate, e prevedere meccanismi atti a identificare le violazioni della libertà di religione e di credo, al fine di rafforzare la promozione della libertà di religione o di credo nelle attività degli addetti alla funzione pubblica, soprattutto in seno al Servizio europeo per l'azione esterna, nonché ad associare le organizzazioni della società civile alla preparazione dello strumentario;

133.  saluta con soddisfazione la posizione di principio costantemente assunta dall'UE sulle risoluzioni dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite (e dell'UNHRC) relative alla lotta contro il vilipendio alle religioni; accoglie con favore la risoluzione sull'eliminazione di tutte le forme di intolleranza e discriminazione basate sulla religione o sul credo presentata dall'UE; esorta l'UE a continuare ad adoperarsi per un approccio equilibrato fra libertà di espressione e divieto di incitamento all'odio religioso; incoraggia l'UE ad impegnarsi in un dialogo costruttivo con l'Organizzazione delle conferenze islamiche e altri sostenitori del principio del vilipendio della religione;

134.  sottolinea che il diritto internazionale umanitario riconosce la libertà di religione o di credo indipendentemente dal fatto di essersi o meno registrati e che la registrazione non deve essere una condizione obbligatoria per la pratica religiosa; sottolinea inoltre con preoccupazione che in Azerbaigian, Kazakstan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan, Uzbekistan e Vietnam le comunità religiose religiosi devono registrarsi presso l'amministrazione e far capo per la loro attività a comitati di gestione controllati dallo Stato che interferiscono con la loro autonomia religiosa e pongono vincoli alla loro attività;

135.  invita la Russia a introdurre una moratoria sull'attuazione della legge del 2002 relativa alla repressione delle attività estremiste, che viene usata, ed abusata, per limitare la libertà religiosa, per reprimere e cercare di mettere al bando comunità religiose non violente; nota inoltre con grande preoccupazione che 265 organizzazioni religiose o di ispirazione religiosa si trovano sulla lista nera delle cosiddette organizzazioni estremiste;

136.  sollecita inoltre i seguenti paesi a eliminare le restrizioni alla libertà di associazione e di riunione delle comunità religiose e a rispettare la libertà di religione e di credo: Arabia saudita, Egitto, Eritrea, Iran, Somalia, Yemen, Bielorussia, Corea del Nord e Laos;

137.  sottolinea gli ostacoli che in talune parti del mondo – come Arabia Saudita, Indonesia, Pakistan, Iraq, Somalia e Sudan - ancora si frappongono alla libera professione della fede, a livello sia individuale che collettivo, come pure la crescente intolleranza contro le minoranze religiose in paesi con radicate tradizioni democratiche come l'India, e invita la Commissione a insistere su questi temi nel quadro dei pertinenti colloqui politici;

138.  condanna fermamente le criminalizzazioni o le pene comminate per «apostasia» in casi di conversione da una religione o da una confessione religiosa a un'altra, secondo una pratica ancora vigente nella maggior parte dei paesi del Medio Oriente e dell'Africa settentrionale; invita le istituzioni dell'UE ad esercitare pressioni su questi paesi affinché ripudino tali sistemi, specie quando sia prevista la pena capitale; è profondamente preoccupato per la pratica delle conversioni coatte che ancora esiste in paesi come l'Arabia Saudita e l'Egitto e chiede alle istituzioni UE un chiaro impegno alla lotta contro tali violazioni dei diritti umani;

139.  rammenta che, in un certo numero di Stati del mondo, divieti, confische e distruzione di luoghi di culto e di pubblicazioni religiose e divieto di formazione del clero sono ancora oggi pratica comune; sollecita le istituzioni UE a servirsi dei contatti con i governi dei paesi in cui le leggi sulla blasfemia sono strumentalizzate per perseguire i membri di minoranze religiose a contrastare simili violazioni ed esortare tali paesi a modificare o abrogare le leggi in questione;

140.  sottolinea che la libertà di coscienza è per l'UE un valore fondamentale e che tale libertà ricomprende quella di credere o di non credere così come di praticare la religione di propria scelta;

Libertà di espressione

141.  esprime preoccupazione per le nuove forme di limitazione della libertà di espressione, in particolare quelle basate sulle moderne tecnologie come ad esempio Internet; ribadisce che il diritto alla libertà di espressione comprende il diritto di cercare, ricevere e diffondere con qualsiasi mezzo le informazioni e le idee;

142.  riconosce che le nuove tecnologie offrono opportunità senza precedenti per partecipare alla vita pubblica, esprimere opinioni, avere accesso alle informazioni sui diritti umani e rendere note in tutto il mondo le relative violazioni; esprime preoccupazione non solo per il ricorso degli Stati a tecnologie sempre più sofisticate - come le tecnologie a duplice uso - per censurare l'informazione e per controllare le attività su Internet, ma anche per gli episodi di intimidazioni, persecuzione e addirittura detenzione e arresto di cittadini che utilizzavano Internet per esercitare il diritto alla libertà di opinione e di espressione verificatisi in numerosi paesi;

143.  esorta l'Alto Rappresentante/Vicepresidente ad adottare una posizione di prima linea e a sviluppare politiche concrete che permettano all'UE di agire come attore mondiale sulla questione della libertà digitale (Internet), intervenendo su due fronti, contrastare le minacce portate ai diritti umani con l'uso delle nuove tecnologie e potenziare le opportunità di proteggere e sostenere i diritti umani grazie alle nuove tecnologie;

144.  esorta i paesi che limitano l'accesso a Internet ad abolire tali restrizioni al libero scambio delle informazioni; osserva che, secondo «Reporter senza frontiere», «l'elenco dei nemici di Internet» comprende i seguenti Stati che attuano una politica invasiva di censura su Internet: Bielorussia, Cina, Cuba, Egitto, Iran, Myanmar/Birmania, Corea del Nord, Arabia Saudita, Siria, Tunisia, Turkmenistan, Uzbekistan e Vietnam;

145.  esorta la Commissione a redigere un elenco di persone responsabili di violazioni gravi dei diritti umani - quali tortura, censura, stupri ed esecuzioni extragiudiziali - in Iran, in particolare dopo le elezioni del 2009, e a considerare l'ipotesi di imporre loro sanzioni sotto forma di congelamento dei beni e divieto di viaggio;

146.  sostiene il diritto alla libertà di espressione e di riunione pacifica garantito formalmente, ma non di fatto, dall'articolo 31 della Costituzione russa; esprime solidarietà per gli organizzatori e i fautori di «Strategia 31», ovvero la serie di proteste civili a favore del citato diritto iniziata il 31 luglio 2009 e che si tiene il 31 di ogni mese che ha appunto 31 giorni in Piazza del Trionfo a Mosca; si rammarica per il rifiuto finora opposto, ad eccezione dell'ultima, il 31 ottobre 2010, all'organizzazione delle manifestazioni di «Strategia 31» da parte dalle autorità con il pretesto dello svolgimento di altre attività precedentemente previste alla stessa ora in Piazza del Trionfo; esprime profonda preoccupazione per l'arresto, effettuato il 31 dicembre 2009 dalla polizia russa fra i numerosi manifestanti pacifici, della presidente del Gruppo Mosca-Helsinki Ljudmila Alekseeva, cui il Parlamento aveva assegnato il proprio premio Sacharov proprio poche settimane prima del citato arresto; sostiene la richiesta di Vladimir Lukin, ombudsman russo per i diritti umani, di aprire un'inchiesta sui pesanti interventi della polizia in occasione delle proteste del 31 maggio 2010;

147.  è profondamente preoccupato della mancanza di libertà di espressione nel Venezuela e a Cuba, oltre che del controllo esercitato sull'informazione di attualità, delle restrizioni e del controllo sull'utilizzo di Internet e dei tentativi di soffocare i dissensi;

Diritti umani e lotta al terrorismo

148.  condanna il terrorismo in tutte le sue forme; rammenta che il terrorismo internazionale ha provocato migliaia di vittime fra civili innocenti e ha sconvolto la vita di tante famiglie; è del parere che nel caso degli attacchi terroristici è imperativo parlare innanzitutto dei diritti delle vittime e non dei perpetratori di tali atti; sottolinea la necessità di garantire che i terroristi siano assicurati alla giustizia;

149.  osserva che le iniziative per contrastare il terrorismo si sono convertite in violazioni dei diritti umani fondamentali in diversi paesi del mondo a causa dell'applicazione di misure di vigilanza sproporzionate, delle detenzioni illegali e del ricorso alla tortura come strumento per estorcere informazioni ai presunti terroristi; esprime preoccupazione per il fatto che taluni paesi utilizzano la lotta al terrorismo come facciata per poter schiacciare le minoranze etniche e i difensori dei diritti umani operanti localmente e insiste che la lotta al terrorismo non va sfruttata come prestato per restringere o vietare il legittimo operato dei difensori dei diritti umani; condanna tali violazioni dei diritti umani, sottolinea la posizione dell'UE secondo cui la lotta al terrorismo va attuata nel pieno rispetto dei diritti fondamentali e della legalità ed esprime la propria convinzione secondo cui la lotta al terrorismo non dovrebbe compromettere le libertà civili;

150.  invita la Commissione e il Consiglio a cogliere l'occasione dei dialoghi bilaterali con paesi non UE, sia politici che in materia di diritti umani, per rammentare che questi diritti vanno rispettati anche nel combattere il terrorismo e che la politica anti-terroristica non deve mai essere strumentalizzata per azioni di repressione contro i difensori dei diritti umani o gli oppositori politici; invita in particolare l'Alto Rappresentante/Vicepresidente a denunciare pubblicamente le violazioni dei diritti umani commesse nel quadro di politiche ed operazioni di anti-terrorismo;

151.  chiede su questo tema un maggiore coordinamento e interazione fra COTER e COHOM, al fine di condannare i casi di uso abusivo della politica antiterroristica a danno dei difensori dei diritti umani, avviando sistematicamente iniziative basate sugli orientamenti dell'UE relative ai difensori dei diritti umani, e adottando lo stesso approccio in casi di tortura e maltrattamento legati alla lotta contro il terrorismo, facendo riferimento agli orientamenti UE sulla tortura;

152.  ricorda la decisione del presidente degli Stati Uniti Barack Obama di chiudere il centro di detenzione di Guantanamo Bay nel gennaio 2009; si rammarica per il fatto che tale decisione non abbia ancora potuto essere pienamente attuata; rammenta la sua risoluzione del 13 giugno 2006 sulla situazione dei prigionieri a Guantanamo, in cui si insiste sul fatto che ogni prigioniero deve essere trattato conformemente al diritto umanitario internazionale e, se incriminato, deve beneficiare senza indugio di un equo processo e di un pubblico dibattimento; rammenta la dichiarazione congiunta UE-USA del 15 giugno 2009 sulla chiusura del centro di detenzione di Guantanamo Bay e la futura cooperazione anti-terrorismo, che ha accolto con favore la determinazione degli USA a eliminare le strutture detentive segrete; invita il governo degli Stati Uniti a far fronte a tutti gli impegni assunti; invita gli Stati membri dell'UE a concordare un piano coordinato per assistere gli USA in occasione della chiusura delle strutture detentive di Guantanamo, prevedendo la concessione dello status di rifugiato agli ex-detenuti non accusati di reati che non possono essere rimpatriati o ritrasferiti negli USA; accoglie favorevolmente l'impegno costruttivo dimostrato da diversi Stati membri dell'UE che si sono prodigati per fornire assistenza accogliendo alcuni ex detenuti di Guantanamo o trovando un alloggio per altri che hanno già ottenuto il decreto di scarcerazione dalla medesima struttura detentiva; ; nota tuttavia che a tutt'oggi solo i seguenti Stati membri dell'UE – Germania, Irlanda, Slovacchia, Danimarca, Regno Unito, Spagna, Portogallo, Belgio, Francia, Ungheria e Italia – hanno accettato di accogliere detenuti; è preoccupato per il fatto che gli USA continuano a tenere in carcere senza processo alcuni detenuti, ad esempio presso la base aerea di Bagram in Afghanistan;

153.  nota che il 16 settembre 2008 si è svolto sotto la Presidenza francese il primo vertice dedicato ai Rom e che un secondo si è tenuto sotto la Presidenza spagnola il 9-10 aprile 2010; constata con estrema preoccupazione le espulsioni forzate di comunità Rom in Europa e l'intensificarsi del linguaggio xenofobo e incitante all'odio all'indirizzo delle minoranze e delle comunità di immigrati; ribadisce il suo invito agli Stati membri affinché onorino pienamente gli obblighi loro derivanti dal diritto UE e, in caso di loro inadempienza, chiede alla Commissione europea di agire formalmente e con determinazione sulla base di una procedura di infrazione;

154.  fa notare che, a seguito dell'entrata in vigore del trattato di Lisbona, alle direttive e agli altri testi normativi sulla lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata si applica la procedura di codecisione, mentre per gli accordi internazionali in tale ambito è prevista la previa approvazione del Parlamento; rileva che grazie ai citati cambiamenti il Parlamento potrà esercitare maggiori pressioni per quanto concerne il giusto equilibrio tra sicurezza e diritti umani; si impegna pertanto, in base alle sue nuove prerogative, ad agire per il rispetto e la promozione dei diritti umani, delle libertà civili e politiche e della democrazia, e senza operare distinzioni, nel quadro di tutte le relazioni che l'Unione intrattiene con gli Stati non UE o le organizzazioni regionali;

155.  ribadisce che ogni Stato membro ha il preciso obbligo di proteggere possibili vittime identificabili che corrono rischi reali ed immediati di atti terroristici e aggiunge che tutti gli Stati membri devono prendere ogni ragionevole provvedimento volto a predisporre mezzi di prevenzione degli atti terroristici e a ridurre al minimo l'impatto collaterale delle attività di anti-terrorismo;

156.  rammenta il contenuto della decisione quadro del Consiglio del marzo 2001 sulle vittime del terrorismo: assistenza urgente, assistenza continua, indagini e procedimento penale, accesso effettivo al diritto e alla giustizia, amministrazione della giustizia, compensazione, protezione della vita privata e familiare delle vittime e tutela della loro dignità e sicurezza, informazioni per le vittime, addestramento specifico per i responsabili dell'assistenza alle vittime;

Dialoghi e consultazioni sui diritti umani con i paesi terzi

157.  esprime delusione per il mancato conseguimento di progressi in un certo numero di dialoghi e consultazioni sui diritti umani; nota il fatto che la partecipazione della società civile nei dialoghi e nelle consultazioni in questione non sia sistematicamente garantita e sia talvolta soggetta ai vincoli imposti dalle controparti esterne all'UE; è preoccupato del fatto che, se dei casi vengono sollevati, i governi non assolvono il loro impegno di riferire a loro volta all'UE sulle questioni, individuali e strutturali, sollevate nel quadro del dialogo;

158.  invita a una partecipazione autentica del Parlamento europeo alle valutazioni dei dialoghi e delle consultazioni sui diritti umani attualmente in corso; chiede di poter accedere a tutti i documenti finali nonché alle altre fonti di informazione pertinenti; auspica che, a seguito delle valutazioni, siano elaborati parametri chiari per misurare l'impatto dei dialoghi e siano formulate proposte esplicite, basate su un approccio per paese, sui modi per migliorare i risultati esposti nei documenti finali e fare in modo che le consultazioni dell'UE sui diritti umani non abbiano a fallire ripetutamente;

159.  invita le istituzioni europee ad assicurare trasparenza e coerenza reciproca in questo settore, in termini di finalità, valori e posizioni da adottare;

160.  fa notare che occorre far confluire i risultati dei dialoghi e delle consultazioni sui diritti umani nei vertici tra l'UE e i suoi partner;

161.  ritiene indispensabile che, in generale, i dialoghi e le consultazioni sui diritti umani siano programmati e condotti in maniera trasparente e che gli obiettivi stabiliti prima del dialogo siano sottoposti a valutazione subito dopo; invita il Consiglio e la Commissione a fare pressioni sulle autorità dei paesi terzi affinché via sia un'ampia ed elevata partecipazione ministeriale ai dialoghi e alle consultazioni;

162.  invita i paesi in via di adesione all'UE a migliorare il livello di protezione dei diritti umani sul proprio territorio, in linea con le garanzie date dalla Carta dei diritti fondamentali e dalla convenzione per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali;

163.  invita la Commissione e il Consiglio, in occasione delle loro consultazioni e dialoghi con i paesi non UE, a focalizzare l'attenzione sulla situazione delle minoranze etniche e religiose e sulle frequenti violazioni dei loro diritti;

164.  saluta con soddisfazione l'intensificarsi del coordinamento e della cooperazione fra gli Stati Uniti e l'Unione europea in materia di diritti umani;

165.  si compiace dell'instaurazione di dialoghi sui diritti umani con i seguenti paesi dell'Asia centrale: Tagikistan, Kazakstan, Kirghizistan, Turkmenistan e Uzbekistan e dello svolgimento di un secondo dialogo con ciascuno di tali paesi fino al novembre 2009; saluta inoltre il primo seminario della società civile UE-Uzbekistan sul dialogo sui diritti umani tenutosi nell'ottobre 2008; si rammarica per il fatto che i dialoghi sui diritti umani UE-Cina non abbiano portato ad alcun miglioramento in relazione a specifiche violazioni dei diritti umani in Cina; rileva che, nonostante alcune iniziative delle autorità cinesi che vanno nella giusta direzione (riforma del lavoro, revisione delle pene capitali da parte della Corte popolare suprema), la situazione in fatto di diritti umani continua a deteriorarsi contrassegnata com'è dall'aggravarsi delle tensioni sociali e dal rafforzamento dei controlli e della repressione nei confronti di difensori dei diritti umani, avvocati, blogger ed attivisti sociali, e da politiche mirate volte a emarginare i tibetani e la loro identità culturale; è profondamente preoccupato per l'assenza di progressi nel dialogo sino-tibetano; esprime profonda preoccupazione per il deterioramento della situazione dei diritti umani del popolo Uighur in Cina, condanna l'oppressione da lungo tempo esercitata nel Turkestan orientale e deplora l'inosservanza da parte delle autorità cinesi delle garanzie di libertà sancite dalla costituzione della Repubblica popolare cinese – fra cui libertà di espressione, di manifestazione, di riunione, di religione e libertà personale; deplora altresì le politiche di trasferimento etnico adottate dalla Repubblica popolare cinese, intese a «diluire» la cultura del popolo Uighur e a frammentarne l'unità; esprime la propria delusione per il mancato raggiungimento di risultati di rilievo nel quadro delle consultazioni UE-Russia sui diritti umani; si compiace dell'avvio, nel 2009, di dialoghi sui diritti umani con l'Indonesia e dello svolgimento delle prime riunioni di dialogo con la Georgia e l'Armenia; considera che, se tali dialoghi richiamano opportunamente l'attenzione sulle questioni in fatto di diritti umani nelle relazioni esterne dell'UE, essi non possono diventare fine a se stessi e devono invece concentrarsi sul seguito dato alle questioni sollevate e discusse in occasione dei dialoghi stessi; si rammarica che il dialogo sui diritti umani con l'India non abbia dato risultati e constata con delusione che la questione della discriminazione fondata sulla casta non sia stata dibattuta durante l'ultimo dialogo sui diritti umani;

166.  chiede lo stretto coordinamento fra gli Stati membri dell'UE, la Commissione europea e l'Agenzia per i diritti fondamentali prima di ogni dialogo UE con i paesi non UE sui diritti umani; sottolinea la necessità che l'UE sia essa stessa in grado di affrontare le violazioni dei diritti umani al suo interno, se vuol essere internazionalmente considerata un faro di civiltà in questo settore;

167.  si compiace dello svolgimento, nel giugno 2009, del primo dialogo sui diritti umani UE-Bielorussia; si rammarica tuttavia per il fatto che la situazione dei diritti umani nel paese resti disastrosa a causa delle continue restrizioni alla libertà di associazione, di riunione e di espressione e delle repressioni nei confronti dei difensori dei diritti umani e dei giornalisti;

168.  saluta gli sforzi del governo del Messico nella lotta contro il traffico di droga e la criminalità organizzata e la presentazione al Congresso di un progetto di legge sulla riforma del codice di giustizia militare; sottolinea che il partenariato strategico UE-Messico deve essere visto come opportunità per rafforzare i diritti umani e la democrazia;

169.  prende atto della modifica della costituzione, introdotta dal parlamento della Repubblica democratica popolare di Corea (Corea del Nord) nell'aprile 2009, volta a integrare, tra le altre, una disposizione in base alla quale la Corea del Nord «rispetta e tutela i diritti umani»; sollecita le autorità nordcoreane ad adottare provvedimenti concreti e tangibili per migliorare la situazione dei diritti umani; invita al riguardo le autorità ad autorizzare le ispezioni di ogni tipo di struttura carceraria da parte di esperti internazionali indipendenti e a permettere ai relatori speciali dell'ONU di visitare il paese; sottolinea che, in sede di valutazione della situazione dei diritti umani nel paese, si deve tener conto non soltanto delle disposizioni della costituzione ma anche e soprattutto dell'applicazione di misure concrete; invita inoltre le autorità nord-coreane a revocare le restrizioni che limitano la capacità degli operatori internazionali di monitorare la distribuzione degli aiuti e ad assicurare che tali aiuti raggiungano chi ne ha bisogno; sollecita la leadership nord-coreana a impegnarsi a un dialogo costruttivo con l'UE in materia di diritti umani;

170.  resta preoccupato per l'interruzione sin dal 2004 del dialogo sui diritti umani con l'Iran a causa della mancanza di cooperazione da parte dell'Iran e ritiene che sia giunto il momento per la comunità internazionale di agire a sostegno della società civile iraniana in questo cruciale momento della storia del movimento democratico del paese; invita le autorità iraniane a riprendere il dialogo a beneficio di tutti gli attori della società civile impegnati per la democrazia e a rafforzare, in modo pacifico e non violento, i processi in atto che possono favorire le riforme democratiche, istituzionali e costituzionali, garantire la sostenibilità di tali riforme e consolidare la partecipazione di tutti i difensori iraniani dei diritti umani e i rappresentanti della società civile nei processi di definizione delle politiche, rafforzando il ruolo che essi svolgono nella vita politica; invita il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri a sostenere e rafforzare detto processo; esprime profonda preoccupazione per il peggioramento della situazione dei diritti umani in Iran nel 2008 e nel 2009 e per il permanere delle restrizioni alla libertà di espressione e di riunione; a tale riguardo, è gravemente preoccupato per la soppressione dei diritti di giornalisti, scrittori, studiosi e attivisti nel campo dei diritti delle donne e dei diritti umani; permane preoccupato per la repressione delle minoranze etniche e religiose in Iran;

171.  prende atto della preoccupante svolta autoritaria in atto in Cambogia, sottolineata dalla consolidata impunità per le violazioni dei diritti umani e dal restringimento dello spazio politico e della libertà di espressione per quanti appartengono a partiti politici di opposizione e per altri attivisti politici; invita la Commissione ad adoperarsi per riattivare l'accordo di Parigi del 1991 sulla Cambogia;

Diritti economici, sociali e culturali

172.  riconosce la necessità di attribuire pari importanza ai diritti economici, sociali e culturali e ai diritti civili e politici, tenendo presente il carattere universale, indivisibile, interconnesso e interdipendente di tutti i diritti umani confermato dalla conferenza mondiale sui diritti umani tenutasi a Vienna nel 1993; esorta tutti i paesi del mondo ad aderire al protocollo facoltativo del patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, aperto alla firma il 24 settembre 2009;

173.  sottolinea che i diritti umani comprendono anche il diritto all'alimentazione, all'acqua e infrastrutture igieniche, all'istruzione, a un alloggio adeguato, al territorio, a un lavoro dignitoso e alla sicurezza sociale; che di tali diritti vanno garantiti in termini di giusto accesso alle risorse naturali in un quadro di sostenibilità, anche per le generazioni future; osserva che, nella maggior parte dei casi, dietro il mancato rispetto di tali diritti vi sono fattori gravi come la povertà e l'assenza di buongoverno; invita l'UE a moltiplicare gli sforzi a favore del conseguimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio alla luce del fatto che il mondo è ancora ben lungi dal raggiungere gli obiettivi fissati per il 2015; ribadisce in tale contesto l'importanza di attuare politiche basate sui diritti umani per realizzare gli Obiettivi di sviluppo del Millennio;

174.  riconosce l'importanza del sistema di vigilanza dell'Organizzazione internazionale del lavoro nell'ambito della difesa dei diritti nei settori del commercio, dell'occupazione, dei sistemi statistici, della tutela sociale e delle politiche lavorative nonché della salute e della sicurezza sul posto di lavoro;

175.  invita la Commissione e gli Stati membri a vigilare affinché le imprese soggette al diritto nazionale o europeo non si sottraggano al rispetto dei diritti umani e delle norme sanitarie e ambientali loro applicabili quando si insediano o operano in un paese non UE, segnatamente nei paesi in via di sviluppo;

176.  chiede alla Commissione e agli Stati membri di onorare i loro impegni APS (Aiuto pubblico allo sviluppo) verso i paesi in via di sviluppo al fine di contrastare la crisi economica e finanziaria globale, che hanno permesso di limitare le conseguenze negative della crisi stessa sulla situazione dei diritti umani nel mondo; saluta con soddisfazione la 10a sessione speciale del Consiglio dei diritti umani, tenutasi il 20 febbraio 2009, incentrata sull'impatto della crisi economica e finanziaria mondiale sulla realizzazione universale e l'effettivo godimento dei diritti umani; invita gli Stati membri dell'UE a mantenere, malgrado la crisi, la loro cooperazione con i paesi non UE sui diritti umani e insiste nell'affermare che la mancanza di risorse non può mai essere invocata per giustificare violazioni dei diritti umani;

I programmi di assistenza esterna della Commissione e l'EIDHR

177.  si compiace della considerazione riservata alle priorità del Parlamento nei documenti di programmazione dell'EIDHR per il 2008 e il 2009;

178.  sostiene i contributi dell'EIDHR, in particolare mediante progetti della società civile gestiti da organizzazioni del settore locali e internazionali (90% dei contributi) nonché attraverso organizzazioni regionali e internazionali attive nell'ambito in questione, ad esempio il Consiglio d'Europa, l'OSCE e l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (10% dei contributi);

179.  rileva che, nel periodo 2008-2009, le risorse consacrate ai diritti umani e alla democrazia hanno superato i 235 milioni di euro, rendendo possibile il finanziamento di 900 progetti in circa 100 paesi; rileva che un numero particolarmente significativo di progetti è stato finanziato in paesi rientranti nella politica europea di vicinato e che, invece, sono i paesi ACP ad aver beneficiato del maggiore importo complessivo; prende atto con preoccupazione di uno squilibrio a svantaggio dei progetti di sostegno alla democrazia diversi dalle missioni di osservazione elettorale; considera che i fondi EIDHR devono essere notevolmente rafforzati in modo da avere risorse sufficienti per un «National Endowment for Democracy» (fondo per la democrazia) europeo, a sostegno delle capacità in materia di diritti umani e della promozione della democrazia nelle società che ne hanno maggiore bisogno;

180.  sottolinea che uno dei principali punti di forza dell'EIDHR consiste nel fatto che tale strumento non dipende dall'approvazione del governo ospitante e che può quindi concentrarsi su questioni politiche sensibili e approcci innovativi cooperando altresì direttamente con le organizzazioni della società civile locali, che devono mantenersi indipendenti dalle autorità pubbliche;

181.  sottolinea l'importanza del ricorso all'EIDHR quale strumento per combattere le minacce per i diritti umani e offrire maggiore sostegno ai difensori dei diritti umani e alle vittime delle violazioni di tali diritti; è favorevole a una rete di undici organizzazioni finanziate dall'EIDHR finalizzata, nello specifico, a tutelare i difensori dei diritti umani e a fornire una risposta rapida in situazioni di emergenza; incoraggia lo sviluppo di strategie specifiche che rispondano alle necessità delle varie categorie di difensori dei diritti umani, compresi quelli che difendono i diritti degli LGBTI o sono associati a inchieste sulle violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario;

182.  invita la Commissione ad accertarsi della coerenza fra le priorità politiche dell'Unione e i suoi accordi di partenariato e di cooperazione, e i progetti e programmi che essa sostiene, soprattutto nel quadro della sua programmazione bilaterale con i paesi non UE;

183.  è consapevole della situazione, tuttora preoccupante, dei diritti umani nel continente africano e convinto che gli Stati africani abbiano fatto notevoli passi avanti verso la promozione della legalità a livello di continente con l'adozione della Carta africana dei diritti umani e dei popoli (altrimenti nota come Carta di Banjul) e pertanto sta seriamente esaminando la possibilità di creare una linea di bilancio specifica per sostenere l'opera della Corte africana per i diritti umani e dei popoli;

184.  invita il personale della Commissione a organizzare regolarmente incontri con i rappresentanti della società civile a Bruxelles in modo da favorire il dialogo con i partner attualmente impegnati nell'attuazione di progetti sul campo;

185.  si compiace della moltiplicazione dei fondi a favore dei diritti umani attraverso i programmi geografici e l'attuazione delle politiche a livello nazionale e regionale sostenute dal Fondo europeo di sviluppo (nei paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico), dallo strumento di cooperazione allo sviluppo (in America latina, Asia e Sudafrica) e dello strumento europeo di vicinato e partenariato (nelle regioni vicine), nonché mediante strumenti tematici quali l'EIDHR, lo strumento per la stabilità, lo strumento per la cooperazione allo sviluppo e quello per i paesi industrializzati (ICI Plus);

Assistenza e osservazione elettorali

186.  constata con soddisfazione che l'Unione europea sempre più spesso fa ricorso all'assistenza e all'osservazione elettorali per promuovere la democrazia nei paesi non UE, rafforzando così il rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali e dello Stato di diritto, e che la qualità e l'indipendenza di tali missioni sono ampiamente riconosciute;

187.  invita l'Alto Rappresentante/Vicepresidente a controllare l'attuazione delle raccomandazioni formulate nelle relazioni conclusive delle missioni di osservazione elettorale (MOE) dell'UE, ad assicurare l'assistenza successiva eventualmente necessaria e a riferire regolarmente al Parlamento europeo;

188.  rinnova la sua richiesta di integrare il processo elettorale, ivi incluse le relative fasi pre- e post-elettorale, nei vari livelli del dialogo politico con i paesi non UE interessati, eventualmente prevedendo misure accompagnatorie concrete, al fine di assicurare la coerenza delle politiche dell'Unione europea e di riaffermare il ruolo centrale dei diritti umani e della democrazia;

189.  insiste affinché sia esercitata una maggiore vigilanza sui criteri che presiedono alla scelta dei paesi in cui condurre una missione di assistenza/monitoraggio elettorale, nonché sul rispetto della metodologia e delle regole introdotte a livello internazionale, con particolare riguardo all'indipendenza ed efficacia della missione;

190.  si compiace dell'ammontare dei finanziamenti che, nei 18 mesi oggetto della presente relazione, hanno subito un incremento complessivo di 50 milioni di euro;

Utilizzo delle iniziative del Parlamento europeo in materia di diritti umani

191.  invita il Consiglio e la Commissione a fare tesoro delle risoluzioni, in particolare le risoluzioni d'urgenza, e delle altre comunicazioni del Parlamento fornendo risposte concrete alle preoccupazioni e alle aspettative espresse;

192.  ribadisce la necessità di conferire maggiore visibilità al Premio Sacharov per la libertà di pensiero assegnato ogni anno dal Parlamento europeo; si rammarica che non si proceda a un vero accertamento delle condizioni effettive di candidati e vincitori o sulla situazione nei loro paesi; invita anche il Consiglio e la Commissione a dare visibilità al Premio, fra l'altro includendolo nella relazione annuale sui diritti umani; chiede inoltre al Consiglio e alla Commissione a tenersi in contatto con i candidati e i vincitori del Premio Sacharov per garantire il proseguimento del dialogo e del monitoraggio della situazione dei diritti umani nei rispettivi paesi e per offrire protezione a quanti siano oggetto di gravi persecuzioni;

193.  ricorda alle delegazioni del Parlamento di inserire sistematicamente nell'ordine del giorno delle riunioni interparlamentari un dibattito sui diritti umani, di visitare durante le missioni delle delegazioni progetti e istituzioni finalizzati a rafforzare il rispetto dei diritti umani nonché di organizzare incontri con i difensori dei diritti umani fornendo loro, ove opportuno, visibilità e protezione internazionali;

194.  accoglie favorevolmente la creazione della rete dei vincitori del Premio Sacharov; esorta a reperire quanto prima le risorse necessarie per il conseguimento degli obiettivi della rete stessa e per agevolare la comunicazione tra il Parlamento e i vincitori del Premio Sacharov garantendo a questi ultimi uno status speciale che consenta loro di accedere agli edifici dello stesso Parlamento con una procedura agevolata;

o
o   o

195.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e dei paesi candidati, alle Nazioni Unite, al Consiglio d'Europa, all'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa e ai governi dei paesi e dei territori citati nella presente risoluzione.

(1) Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura; convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo; convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna; convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità; convenzione internazionale delle Nazioni Unite per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate.
(2) GU C 379 del 7.12.1998, pag. 265; GU C 262 del 18.9.2001, pag. 262; GU C 293 E del 28.11.2002, pag. 88; GU C 271 E del 12.11.2003, pag. 576; GU C 279 E del 19.11.2009, pag. 109; GU C 15 E del 21.1.2010, pag. 33; GU C 15 E del 21.1.2010, pag. 86; GU C 87 E dell'1.4.2010, pag. 183; GU C 117 E del 6.5.2010, pag. 198; GU C 212 E del 5.8.2010, pag. 60; GU C 265 E del 30.9.2010, pag. 15; GU C 286 E del 22.10.2010, pag. 25.
(3) GU L 317 del 15.12.2000, pag. 3; GU C 303 del 14.12.2007, pag. 1; GU L 209 dell'11.8.2005, pag. 27.
(4) GU L 386 del 29.12.2006, pag. 1.
(5) GU C 46 E del 24.2.2010, pag. 71.
(6) Testi approvati, P7_TA(2010)0036.
(7) GU C 250 E del 25.10.2007, pag. 91.
(8) GU C 74 E del 20.3.2008, pag. 775.
(9) Testi approvati, P7_TA(2010)0226.
(10) GU C 327 del 23.12.2005, pag. 4.
(11) Documento del Consiglio n. 11179/10.
(12) GU C 265 E del 30.9.2010, pag. 3.
(13) GU C 305 E dell'11.11.2010, pag. 9.
(14) Testi approvati, P7_TA(2010)0443.
(15) A dicembre 2009, Austria, Belgio, Germania, Ungheria, Italia, Portogallo, Slovenia, Spagna, Svezia e Regno Unito avevano ratificato sia la Convenzione che il protocollo opzionale; tutti gli Stati membri avevano firmato la Convenzione, ma 15 di loro non l'avevano ancora ratificata (Bulgaria, Cipro, Estonia, Finlandia, Francia, Grecia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Romania, Slovacchia); 19 Stati membri avevano firmato anche il protocollo, ma 10 di loro non l'avevano ancora ratificato (Bulgaria, Cipro, Repubblica ceca, Finlandia, Francia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Romania, Slovacchia).
(16) Testi approvati, P7_TA(2010)0236.
(17) Consiglio «Affari generali e relazioni esterne» (CAGRE) del 17 novembre 2009.

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