Globalizzazione: ecco come la politica commerciale dell'UE aiuta a promuovere i diritti umani
La globalizzazione e il commercio internazionale possono ripercuotersi sui diritti umani, ragione per cui la politica commerciale dell'UE prevede strumenti per tutelarli. Vediamo come.
Grazie al commercio internazionale e alla globalizzazione possono emergere molte opportunità di lavoro, nell'UE e non solo. Tuttavia, la crescente concorrenza su scala globale rischia di ripercuotersi negativamente sui diritti umani, ad esempio causando uno sfruttamento dei lavoratori. Poiché i diritti umani sono una priorità della sua politica estera, l'UE adotta una politica commerciale che mira a promuovere e a tutelare i diritti umani nei paesi terzi, stipulando accordi commerciali preferenziali e introducendo restrizioni commerciali unilaterali.
Accesso commerciale preferenziale
Uno dei principali strumenti a disposizione dell'UE per tutelare i diritti umani e i diritti dei lavoratori nei paesi terzi è il sistema di preferenze generalizzate (SPG), un regime in base al quale 90 paesi in via di sviluppo godono di un accesso preferenziale al mercato dell'UE, a condizione che rispettino i diritti umani. In caso di violazioni sistematiche, l'accesso può essere revocato.
La strategia dell'UE consiste nell'incoraggiare progressi graduali attraverso il dialogo e il monitoraggio. Il ricorso alle sanzioni avviene solo in casi estremi. L'SPG è stato sospeso tre volte: con il Myanmar nel 1997, la Bielorussia nel 2007 e lo Sri Lanka nel 2010.
Se il sistema ha indotto i paesi beneficiari ad apportare modifiche legislative e istituzionali per promuovere i diritti umani, la sua attuazione è stata più lenta in alcuni paesi.
Restrizioni commerciali
L'UE può anche imporre restrizioni commerciali unilaterali od obblighi di dovuta diligenza agli importatori al fine di garantire che il denaro proveniente dal commercio con l'UE non venga utilizzato per finanziare conflitti e violazioni dei diritti umani in questi paesi.
L'UE si è altresì dotata di norme rigorose per impedire che beni e tecnologie di origine europea vengano usati altrove per finalità contrarie all'etica, come nel caso di sostanze mediche che potrebbero essere utilizzate nelle esecuzioni.
Anche le importazioni di articoli la cui produzione è legata a violazioni dei diritti umani sono soggette a restrizioni, compresi i minerali provenienti da zone di conflitto e gli oggetti potenzialmente utilizzabili come strumenti di tortura.
Divieto di importazione dei minerali dei conflitti
L'UE ha adottato misure per vietare l'importazione di minerali provenienti da zone di conflitto.
Nel 2002, dopo aver riconosciuto le conseguenze del commercio internazionale di diamanti sui diritti umani, l'UE ha adottato norme che vietano tutte le importazioni di diamanti grezzi privi di certificato di origine. Analogamente, i minerali utilizzati per la produzione, ad esempio, di dispositivi ad alta tecnologia, provengono spesso da paesi dilaniati da conflitti. Gli introiti derivanti dalle esportazioni di minerali verso l'UE sono stati spesso utilizzati per alimentare rivolte armate.
Per evitare che il commercio internazionale di minerali finanzi i conflitti e le violazioni dei diritti umani, nel 2017 i deputati al Parlamento europeo hanno approvato norme che obbligano gli importatori europei di stagno, tungsteno, tantalio e oro ad effettuare controlli di dovuta diligenza sui loro fornitori. Il regolamento entrerà pienamente in vigore a partire dal 2021.
Divieto di esportazione di strumenti di tortura
Le norme UE vietano qualsiasi transazione commerciale di beni e servizi che possa contribuire alla tortura o all'esecuzione.
Dal 2004 è in vigore un sistema di controllo delle esportazioni che consente di ispezionare e vietare le merci potenzialmente utilizzabili a fini di tortura. È necessaria l'autorizzazione per quei prodotti che, pur avendo scopi legittimi, possono essere utilizzati anche per compiere violazioni dei diritti umani, come i medicinali.
Le norme comprendono anche il divieto di commercializzazione e transito di strumenti utilizzati per trattamenti crudeli, disumani e degradanti che non hanno altro uso pratico se non l'esecuzione o la tortura, come le sedie elettriche o i sistemi automatici per l'iniezione di droghe.
Controllo delle esportazioni per il commercio di prodotti potenzialmente utilizzabili per violazioni dei diritti umani
L'UE si è dotata di una normativa per garantire che i prodotti e le tecnologie originariamente prodotti per uso civile in Europa non siano utilizzati per violare i diritti umani.
I prodotti a duplice uso sono beni, software o tecnologie che, oltre allo scopo originario, possono essere impiegati a fini illeciti, ad esempio per sviluppare armi, compiere attacchi terroristici, spiare i cittadini, infiltrarsi nei sistemi informatici, piratare i computer o intercettare i telefoni cellulari.
È in discussione un aggiornamento delle norme che prevede controlli più rigorosi delle esportazioni, dell'intermediazione, del transito e del trasferimento di prodotti a duplice uso e che tiene conto degli sviluppi tecnologici. I controlli delle esportazioni sono agevolati da una lista comune europea di prodotti a duplice uso.
Norme UE per prevenire lo sfruttamento dei lavoratori
Nel 2017 il Parlamento ha approvato una risoluzione in cui chiedeva l'adozione di norme UE che obblighino i fornitori di prodotti tessili e di abbigliamento a rispettare i diritti dei lavoratori. Ha proposto un sistema di obblighi di dovuta diligenza, ossia un'indagine sulle norme in materia di diritti umani prima di concludere un accordo commerciale. I paesi terzi sarebbero tenuti a rispettare le norme UE per la fabbricazione di prodotti tessili sostenibili ed etici. Il Parlamento vuole inoltre che l'UE e gli Stati membri promuovano le norme dell'Organizzazione internazionale del lavoro sui salari e sugli orari di lavoro con i paesi partner nel settore dell'abbigliamento.
Lavoro minorile e lavoro forzato
In una risoluzione del 2016 il Parlamento europeo chiede di individuare modi per rintracciare le prove del lavoro forzato e del lavoro minorile. Le misure includono l'etichettatura dei prodotti con la dicitura "senza ricorso al lavoro minorile", la concessione di preferenze commerciali ai paesi che rispettano determinate norme del lavoro e il divieto di importazione per i prodotti fabbricati ricorrendo al lavoro minorile.
L'attuazione di un meccanismo efficace di tracciabilità orienterebbe verso un divieto totale di tali prodotti. Nella risoluzione si chiede inoltre che la lotta al lavoro forzato e al lavoro minorile sia inclusa nei capitoli relativi al commercio e allo sviluppo sostenibile degli accordi dell'UE finalizzati alla promozione dei diritti umani attraverso il commercio internazionale.
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