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> Human rights in the world
> Resolution condemning Communism
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I diritti dell'uomo al centro della politica estera europea

C'è una battaglia che il Parlamento europeo affronta da lungo tempo: la difesa e la promozione dei diritti dell'uomo sia all'interno che all'esterno dell'Unione. Oggi, grazie al ruolo determinante dei deputati, i diritti dell'uomo sono al centro della politica estera dell'Unione.

Le discussioni sui diritti dell'uomo non devono abbassarsi a chiacchere "da bar dello sport" e nemmeno limitarsi a semplici scambi di opinione sulle diversità storiche e culturali. Queste sono le intenzioni esposte con franchezza nell'ultima relazione approvata dal Parlamento sulla situazione dei diritti dell'uomo nel mondo nel 2002. Spesso i deputati hanno invitato il Consiglio e la Commissione a rafforzare le loro esigenze in materia nel quadro del dialogo politico, della concessione di aiuti e della conclusione di accordi con paesi terzi.

Una politica, diversi strumenti

Da decenni i deputati europei si battono per mettere i diritti dell'uomo e la democrazia al centro della politica estera dell'Unione. Queste richieste si sono concretizzate con i trattati di Maastricht e di Amsterdam, che hanno gettato le basi giuridiche necessarie a tal fine. Inoltre, è stato il Parlamento a creare la linea di bilancio per consentire all'Unione di finanziare progetti in diversi settori quali l'educazione civica, lo sviluppo di media indipendenti, la prevenzione della violenza contro le donne, la formazione dei servizi di polizia, ecc.

Una clausola sistematica

È anche grazie all’insistenza del Parlamento che l'Unione iscrive sistematicamente delle clausole relative ai diritti dell’uomo negli accordi che stipula con i paesi terzi. Queste clausole vincolano l'attuazione di tali accordi prevedendone, ad esempio, la sospensione qualora il paese terzo interessato violasse i diritti dell'uomo. Una tale politica si è progressivamente sviluppata intorno agli anni '90, per diventare sistematica dal 1995. Tali disposizioni sono incluse in una trentina di accordi conclusi prima del 1995 e in una ventina attuati successivamente.

Non basta però proclamare principi o esigenze. Bisogna anche metterli in atto. Per i deputati, il rispetto effettivo di questa clausola dipende innanzitutto dalla volontà politica degli Stati membri, i cui interessi a volte impediscono all'Unione di agire efficacemente. Per ridurre questo tipo di "incongruenza" il Parlamento considera che tale clausola dovrebbe essere accompagnata da un meccanismo di applicazione ben definito, in modo da mantenere una pressione sui paesi terzi. Il Parlamento deplora altresì il fatto di non essere adeguatamente coinvolto nelle decisioni che portano a consultazioni o alla sospensione di accordi bilaterali a causa delle violazioni dei diritti dell'uomo.

Ma il Parlamento dispone di un'arma importante: il parere conforme che deve manifestare e senza il quale questi accordi bilaterali non possono essere attuati. È già successo che, pur senza rifiutare il parere conforme, il Parlamento abbia temporeggiato per far pressione su un paese terzo. Nel 1993, ad esempio, questo avvenne per un accordo con la Siria e tutto lascia pensare che tale pressione abbia contribuito a far sì che numerosi ebrei siriani potessero emigrare. Questo temporeggiamento può anche favorire l'organizzazione di audizioni a cui sono invitate le autorità politiche degli Stati terzi per incitarli a chiarire e rafforzare le loro politiche in materia di diritti umani. In alcune occasioni il Parlamento ha corredato il parere conforme di una risoluzione in cui venivano espresse le proprie richieste. Nell'attuale legislatura ciò è avvenuto per gli accordi di associazione con l'Egitto e il Libano, così come con l'Algeria, paese in cui si è recata una delegazione di deputati europei per esaminare la situazione reale. Per quanto riguarda il Pakistan, l'accordo è stato bloccato per via del degrado costatato in materia di diritti dell'uomo in tale paese.

Una costante sorveglianza

In ciascuna tornata mensile, a Strasburgo, il Parlamento discute dei temi di attualità relativi alla violazione dei diritti dell'uomo nel mondo e approva risoluzioni. I deputati dimostrano di essere particolarmente attenti e critici per quanto riguarda la libertà di espressione e di stampa e lo svolgimento di elezioni veramente democratiche o di processi equi. Numerosi governi autoritari sono stati così messi all'indice per le violenze o le intimidazioni perpetrate nei confronti dell'opposizione, e le loro vive reazioni fanno dedurre che la vigilanza del Parlamento rappresenti anch'essa uno strumento valido di pressione morale. Le pressioni dei deputati hanno spesso indotto le autorità di taluni paesi a rivedere il proprio atteggiamento nei confronti dei militanti per i diritti dell'uomo o degli oppositori politici, come nei casi di Ryad al-Turk in Siria, Saad Eddine Ibrahimin in Egitto o Hamma Hammami in Tunisia.

Ogni anno il Parlamento esamina la situazione dei diritti dell'uomo nel mondo. Questa relazione annuale, discussa in Aula e accompagnata da una risoluzione, evidenzia le situazioni ritenute inaccettabili e suggerisce azioni specifiche volte a rafforzare l'efficacia e la coerenza dell'Unione in questo ambito. L'ultima relazione sulle condizioni dei diritti dell'uomo del 2002 (discussa nel settembre 2003) evidenziava in modo particolare come l'intolleranza religiosa fosse una minaccia per la pace nel mondo. La relazione del 2001 invece insisteva sul traffico di esseri umani e sul terrorismo, mentre la relazione del 2000 era incentrata sulla libertà di espressione e dei mezzi d’informazione.

Un impegno concreto

Oltre alle discussioni mensili e alle relazioni annuali, il Parlamento ha sovente incoraggiato l’invio di osservatori dell'Unione durante lo svolgimento di elezioni in taluni paesi terzi e vi ha spesso partecipato. Dei membri del PE hanno presieduto talune di queste missioni. I deputati ritengono tuttavia che le missioni debbano andare oltre alla semplice azione puntuale in periodo elettorale e chiedono che vi sia dato un seguito.

In questi ultimi anni il Parlamento ha chiesto e sostenuto delle sanzioni (come l'embargo sulle armi o la sospensione degli aiuti comunitari) contro i paesi che violano sistematicamente i diritti dell'uomo. Ciò è avvenuto, in particolare, nei casi dello Zimbabwe, di Haiti, della Liberia, della Somalia, della Repubblica democratica del Congo, della Sierra Leone, dell'Indonesia o della Moldavia. Per coerenza, in occasione dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE, il Parlamento ha rifiutato l'ingresso nei suoi edifici di due delegati dello Zimbawbe cui era stato negato il visto. Ciò ha portato all'annullamento della riunione.

Premio Sacharov

Ogni anno, da quindici anni a questa parte, il Parlamento europeo, con il conferimento del prestigioso "Premio Sacharov", dà il proprio riconoscimento a personalità o organismi che hanno lasciato un segno nella lotta in difesa dei diritti dell'uomo nel proprio paese. Seguendo l'esempio di Andrej Sacharov, vengono premiati coloro che si sono prodigati nel combattere l'oppressione e l'ingiustizia.

Durante l'attuale legislatura il premio è stato conferito a:

- José Alexandre "Xanana" Gusmão, Timor orientale (1999);
- ¡Basta Ya!, Paesi Baschi (2000);
- Izzat Ghazzavwi e Nurit Peled-Elhanan, Territori palestinesi e Israele, e a Dom Zacarias Kamwenho, Angola 2001;
- Oswaldo José Payá Sardiñas, Cuba (2002);
- Kofi Anan, Segretario generale dell'ONU, e tutto il personale dell'ONU, in modo particolare alla memoria del Sig. Sergio Vieira de Mello e di numerosi altri funzionari delle Nazioni Unite che hanno perso la loro vita al servizio della pace (2003).



  
Relatori:
  
Relazione annuale 1999-2000: Matti Wuori (Greens/EFA, FIN)
Relazione annuale 2001: Johan Van Hecke (ELDR, B)
Relazione annuale 2002: Bob van den Bos (ELDR, NL)
Relazione annuale 1999-2000
Relazione annuale 2001
Relazione annuale 2002
Relazione annuale 1999-2000 (testo approvato dal PE)
Relazione annuale 2001 (testo approvato dal PE)
Relazione annuale 2002 (testo approvato dal PE)

 

 

 
  Publishing deadline: 2 April 2004